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SOLO LA CHIESA BIASIMA IL SESSO PREMATRIMONIALE E LA CONTRACCEZIONE
Falso!
di Giacomo Samek Lodovici

I filosofi stoici a difesa di etica e matrimonio.

 Così pensa una stragrande maggioranza di persone. Ma un bell’articolo di Ilaria Ramelli (sull’ultimo numero della rivista il Timone, pp. 26-27), fa un’interessante carrellata di autori antichi non cattolici che hanno espresso idee simili a quelle dell’etica familiare e sessuale cattolica. Alcune delle loro argomentazioni sono convincenti, altre meno (per esempio, talvolta c’è una condanna del piacere che la Chiesa – a dispetto di molti luoghi comuni – non condivide affatto); ma, per quel che ci interessa, esse dimostrano che il tema della purezza prematrimoniale e la riprovazione morale della contraccezione non sono un’invenzione dei cattolici e possono essere argomentate anche con la filosofia.
 Per esempio, Musonio Rufo (stoico romano-etrusco del I secolo d.C., vissuto in età neroniana, soprattutto a Roma, da cui Nerone lo esiliò quando scatenò la prima persecuzione dei Cristiani) si occupa estesamente della famiglia, della fedeltà e della castità richiesta a entrambi i coniugi.
  Specialmente nella Diatriba XII afferma chiaramente che le uniche unioni da considerarsi 'giuste' sono quelle tra sposi e, tra queste, esclusivamente quelle che mirano, non a perseguire il piacere, ma a generare un bambino: «Gli unici tipi di unioni che dovrebbero essere considerate giuste, sono quelle che hanno luogo all’interno di un matrimonio e sono finalizzate alla procreazione di bambini, in quanto sono anche legittime, laddove quelle che perseguono il mero piacere sono ingiuste e illegittime, anche qualora dovessero avere luogo all’interno di un matrimonio».
 Seneca (il massimo stoico romano del I secolo d.C.), loda l’amore sponsale contrapponendolo ad altre unioni da lui considerate contro natura ( Epistulae ad Lucillium, 116, 5; 123, 15). Nel suo De matrimonio insiste proprio sulla liceità delle sole unioni sponsali e finalizzate alla procreazione di bambini e raccomanda fortemente la castità e la moderazione agli sposi. Epitteto, analogamente, biasima le unioni non matrimoniali e approva solo quelle dirette alla procreazione ( Diatribe,  III 7, 21; II 18, 15-18; III 21, 13).
 Il pitagorico Sesto (I-II secolo d.C.) afferma (in Sent. 231-232E) che «ogni intemperante è l’amante della sua stessa moglie», anziché esserne lo sposo.
  Intemperante, secondo Sesto, è precisamente chi persegue soltanto il piacere senza avere l’intento di procreare: «Non fare mai nulla ai fini del mero piacere».
 La Ramelli, studiosa giovane eppur eruditissima e molto competente (e conosce numerose lingue antiche – per esempio il greco, il latino il siriano, l’aramaico, il copto, il persiano, il sanscrito – e diverse moderne), nell’articolo da cui abbiamo attinto fornisce anche una bibliografia dei suoi numerosi lavori scientifici sull’argomento di cui ci siamo oggi occupati (ad esempio: La tematica De matrimonio nello Stoicismo romano: alcune osservazioni, '’Ilu', 5 (2000), pp. 145-162).

 
Fonte: Avvenire, 24/10/08