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La mancata visita del vescovo agli studenti della scuola di Rosia ha suscitato una vivace polemica. Finalmente ieri sono intervenuti alcuni dei docenti, sollevando, quasi a margine del loro articolo, la questione che mi sembra centrale di tutta la problematica. Hanno posto una domanda: «è davvero con operazioni ad effetto e con il clamore che si pensa di rispondere al bisogno di "spiritualità" dell'individuo?».
Lasciando perdere l'aspetto aggressivo della domanda (ovvero l'accusa alla chiesa di aver montato un caso per attirare l'attenzione), nelle parole si riconosce un orientamento educativo pericolosamente dualistico. La religione si occupi dello spirito, che alla ragione ci pensiamo noi. Ebbene, credo che qui stia la radice del disagio dei nostri ragazzi, dello scarso successo delle scuole nell'aiutare le famiglie a crescere uomini e donne capaci di affrontare il domani. I giovani, che vivono un'età segnata dal dramma esistenziale, che si chiedono se vale la pena vivere, per cosa giocare la vita, non sono interessati che a ciò che risponde a questa domanda. La storia, la letteratura, la geografia, la matematica sono capaci di attirare le loro energie e di stimolare la loro intelligenza solo nella misura in cui siano in qualche modo "vitali", cioè li riguardino e muovano non solo il loro ragionamento, ma anche il loro cuore, il loro "spirito" per usare la parola dei professori.
Se togliamo alle materie quest'anima, si isteriliscono. Se ci chiediamo per quale motivo oggi i ragazzi siano così superficiali e distratti, poveri di cultura, la risposta va cercata in quello che si insegna: offriamo loro tanti "strumenti", senza dir loro perché valga la pena di usarli. Un giovane vuole essere felice, non vuole andare bene ad un'interrogazione, non desidera saper risolvere un'equazione di secondo grado. A meno che in quella equazione scorga qualcosa che ha a che fare con la sua felicità.
Insomma, cari docenti, penso proprio che se tutta la ragione con la quale argomentate il vostro insegnamento non è aperta a tutta la dimensione umana, cuore compreso, spirito compreso, perdete tempo e soprattutto i ragazzi perdono tempo, perché non imparano l'unica cosa necessaria: ad essere uomini, ad affrontare la vita usando cervello e cuore per giudicare tutto ciò che accade. A me l'ha insegnato la Chiesa, ma anche un grande professore di Lettere del Liceo Scientifico, che entrava in classe con l'Unità e il Manifesto. Portava con sè anche una grande carica di umanità, una vera disponibilità a discutere su tutto e non ci zittiva quando le nostre ragioni trovavano appoggio nella fede.
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