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« Torna agli articoli di Andrea Tornielli

Ieri sera Annozero di Michele Santoro è stato dedicato al voto di fiducia del 14 dicembre e alle manifestazioni di piazza sfociate in atti di guerriglia urbana. Roma, come sapete, è stata messa a ferro e fuoco: carabinieri, poliziotti e finanzieri, che facevano il loro dovere e presidiavano due luoghi simbolo della democrazia rappresentativa, il Senato della Repubblica e la Camera, sono diventati bersaglio di sassaiole e sprangate. I loro mezzi sono stati dati alle fiamme, alcuni manifestanti hanno tirato loro addosso anche transenne, pali della segnaletica stradale divelti, tavoli e sedie dei bar. Sono state incendiate autovetture, distrutte vetrine e bancomat. I danni ammontano a venti milioni di euro.
In trasmissione, Santoro aveva invitato una rappresentanza degli studenti universitari arrabbiati. Ne ha fatti parlare tre. Tutti hanno cercato di spiegare la loro rabbia, provocata dall’appartenere a una generazione a cui è stato “rubato” il futuro, costretta a frequentare un’università che ora, dopo la riforma Gelmini, «non sarà più pubblica». Tutti hanno spiegato e giustificato l’inaudita violenza, dicendo, in sostanza, che se manifesti per due anni e nessuno ti ascolta, l’esito scontato è quello della violenza stile black-bloc. Mentre il ministro Ignazio La Russa, il leader Udc Pierferdinando Casini e il vicedirettore del Giornale Nicola Porro chiedevano ai tre rappresentanti di dire una parola chiara per prendere le distanze da chi ha pestato i poliziotti e incendiato i loro automezzi, cercando di attaccare il Senato e la Camera e trasformando il centro di Roma in un campo di guerra, l’ex poliziotto ed ex magistrato Antonio Di Pietro, ora parlamentare, ha sì condannato le violenze, aggiungendo però il suo «ma...», e legando quanto accaduto alle politiche del governo, che dunque, a suo dire, se l’è cercata.
Non uno degli studenti intervenuti ha speso una parola per dire che quanto accaduto è inaccettabile, per ribadire che la maggioranza dei manifestanti (studenti, lavoratori, cittadini dell’Aquila), pur arrabbiata con il governo, non approvava i gesti inconsulti di guerra. E questa, a detta di Santoro, è la novità di quanto accaduto martedì scorso. Insomma, se qualcuno ha qualcosa da ridire contro le politiche del governo legittimamente votato dal Parlamento, cioè dall’organo rappresentativo leggittimamente eletto dai cittadini, e dopo un anno, un anno e mezzo o due, la sua idea o la sua pacifica protesta – in piazza, sui tetti, per strada, nelle stazioni ferroviarie bloccate, etc. – non ottiene la risposta da lui desiderata, è legittimato a massacrare di botte i poliziotti che per 1200 euro al mese fanno la guardia all’ingresso delle istituzioni.
È legittimato a dare alle fiamme le auto di ignari e incolpevoli cittadini che magari alle elezioni hanno votato centrosinistra e dunque contro il governo; può distruggere le vetrine di incolpevoli negozianti e i bancomat degli istituti di credito. Può tirare sanpietrini e colpire a sprangate. Solo per sfogare la sua rabbia giovanile, il suo disagio represso. La sua profonda amarezza per il fatto che il decadente Cavaliere non è decaduto e ha superato lo scoglio della fiducia. Certo, il fenomeno non è solo italiano. Si dirà che ciò accade anche in Inghilterra, culla della democrazia. Lì però il governo ha deciso di triplicare le tasse universitarie, cosa che in Italia non è accaduta.
Quello che dovrebbe preoccupare tutti, invece, oltre alla barbara violenza da parte di piccole minoranze ideologizzate e antagoniste, è la giustificazione di questa stessa violenza da parte degli studenti che occupano le università, e di quei politici e intellettuali che per far cadere il governo son pronti a usare anche i black-bloc.
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