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USCITO DOPO 10 ANNI DALLO STATO VEGETATIVO, RACCONTA
Sentivo tutto, compresi i medici che mi davano per spacciato
di Lucia Bellaspiga

 Due vite parallele, quelle di Eluana e Massimiliano, almeno per un lungo tratto: hanno entrambi 21 anni quando un incidente d’auto, a pochi mesi l’uno dall’altro, interrompe il corso normale della vita e spazza via pensieri, azioni, speranze. Per entrambi è l’inizio del lungo sonno, chiusi in un corpo che sembra non comunicare più nulla a nessuno. Poi nella vita di Max succede qualcosa e tra i due giovani è il bivio: «Dopo quasi 10 anni di stato vegetativo, la sera di Natale del 2000 Max ha sollevato la mano e ha fatto da solo il gesto che gli avevo sempre fatto fare io, il segno della Croce. Credevo di essere impazzita ». Così Lucrezia Tresoldi, la mamma che, con il marito Ernesto, aveva passato giorni e notti attorno a quel figlio, parlandogli, muovendogli braccia e gambe, stimolandolo senza sosta.
 QUAL ERA STATA LA DIAGNOSI?
 Il cervello era così lesionato che i medici escludevano nel modo più assoluto qualsiasi ripresa anche parziale. Un neurologo fece un paragone: Max era come una centralina elettrica, se tagli i fili non ci sarà mai più alcun contatto. Sulla cartella clinica scrivevano ogni giorno 'non collabora'. Non vedevano segni di risposta, loro.
 PERCHÉ, VOI LI VEDEVATE?
 Io un giorno colsi il movimento di un mignolo. Ma i neurologi dissero che era un riflesso condizionato, che mi illudevo. Negli anni quante volte ci hanno dato degli illusi o dei visionari...
 OGGI I FATTI VI DANNO RAGIONE, MA IN EFFETTI NON ERA FACILE CREDERVI, ALLORA.
 Il fatto incredibile è che quelle lesioni cerebrali Max le ha ancora, come rileva la risonanza magnetica, il che prova quanto poco si sappia del cervello umano.
 PER TANTI ANNI NESSUN SEGNO DI COSCIENZA. POI?
 Dopo nove anni di stato vegetativo abbiamo visto un sorriso. I neurologi sostenevano che era uno spasmo involontario, ma la cosa si ripeté e mai per caso, sempre quando gli amici di Max lo venivano a trovare. Un anno dopo, quando nostro figlio si è risvegliato, ci ha spiegato quei sorrisi... Durante quei lunghi dieci anni Massimiliano era sempre stato 'qui', con noi, solo che non poteva comunicarlo. Al risveglio ricordava perfettamente chi in passato era venuto a trovarlo, raccontava episodi avvenuti in camera sua...
 QUANTO CONTA CHE LO ABBIATE PORTATO A CASA E LA FAMIGLIA GLI SIA SEMPRE STATA ACCANTO?
 Gli studi dimostrano che lo stimolo maggiore per questi casi è proprio il contatto con i genitori. Anche l’infermiere più bravo non potrà mai trasmettere le sensazioni, i rumori, gli 'odori' della famiglia, soprattutto l’amore, che sul cervello ha effetti molto forti. Quando lo abbiamo portato a casa, dopo 8 mesi di ospedali e di sondino, aveva già ricevuto l’estrema unzione, non poteva più deglutire, pesava 39 chili, era tutto piagato, aveva 40 di febbre. Noi a casa gli abbiamo tolto il sondino e, cucchiaino per cucchiaino, lo abbiamo imboccato con i frullati, a ogni sorso gli muovevamo il collo perché imparasse il movimento giusto. Ci sono voluti mesi.
 IL GIORNO PRIMA DELLA MORTE, L’ÉQUIPE DI UDINE HA PROVATO A FAR BERE ACQUA A ELUANA PER DIMOSTRARNE L’INCAPACITÀ.
 Una follia: a una persona in agonia? E con i liquidi Max si strozza anche oggi che mangia spaghetti e cotolette. Comunque ci vogliono mesi e mesi di esercizio costante, dopo anni di sondino.
 MAX ACCETTA LA SUA DISABILITÀ?
 È un ragazzo felice e ringrazia Dio se tre medici su cinque si opposero al distacco dalle macchine. Da un mese a questa parte sta pronunciando sempre nuove parole e ora ha il sogno di camminare, grazie a uno speciale ausilio che però aspettiamo dall’Asl... Lo vedremo mai?
 CHE AIUTI RICEVETE DALLA ASL?
 Tre ore a settimana di fisioterapia, cioè zero. Ci siamo comprati il letto antidecubito, l’aspiratore per il catarro, la palestra. Solo da un anno ci possiamo permettere il logopedista, ma quanti anni fa Max avrebbe parlato, se le sedute fossero iniziate prima?
 PERCHÉ NESSUN GENITORE IN QUESTO ANNO HA SEGUITO LA VIA APERTA DA ENGLARO?
 Tutti combattono per ottenere gli aiuti e garantire a questi figli le cure cui hanno diritto, non per farli morire. Magari avessimo tutti le suore Misericordine.

 
Fonte: Avvenire, 9 febbraio 2010