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Il 19 di ottobre il Consiglio di Amministrazione dell’Aifa ha dato il via libera alla pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale della determina dell’autorizzazione all’introduzione in commercio della pillola RU486. La pubblicazione della determina è prevista entro il 19 di novembre.
La decisione era nell’aria, visto che un resoconto tecnico-scientifico, redatto dalla casa farmaceutica Exelgyn produttrice del Mifepristone, rivela che la RU486, se usata in modo corretto e nelle dosi indicate, non uccide nessuno (sic!).
Certamente tale resoconto tecnico-scientifico desta più di un sospetto e lascia aperti molti interrogativi, pur tuttavia la strategia messa in campo dalla gran parte degli esponenti cattolici e pro vita si è rivelata perdente, trasformandosi anzi in un clamoroso autogol. L’aver puntato quasi esclusivamente sulla pericolosità del farmaco per la salute della donna, lasciando fuori dal dibattito politico e mediatico il bambino, la vera ed unica vittima certa dell’aborto sia esso chirurgico o farmacologico, significa ora doversi arrendere al “nemico” e senza condizioni.
L’unico “successo” che verrà probabilmente raggiunto riguarda il rispetto della legge 194 che non contempla l’aborto a domicilio, come ribadisce in una nota il sottosegretario alla salute Eugenia Roccella. Già nel comunicato del 30 luglio scorso l’Aifa spiegava che «deve essere garantito il ricovero in una struttura sanitaria, così come previsto dall’art. 8 della Legge n. 194, dal momento dell’assunzione del farmaco sino alla certezza dell’avvenuta interruzione della gravidanza, quindi in regime di ricovero ordinario». Come mettere in atto tale determinazione, visti i costi elevatissimi che comporta il ricovero ospedaliero fino al momento dell’espulsione e vista l’impossibilità di obbligare la donna al ricovero, non è dato sapere. Comunque, sarà difficile se non impossibile, un improvviso cambiamento di strategia che possa portare ad una inversione di tendenza. Una volta data per certa l’assoluta non nocività (per la donna) della pillola abortiva ed il rispetto almeno formale dei criteri stabiliti dall’intoccabile Legge 194, c’è da scommettere che le parti avverse ben volentieri smetteranno di fronteggiarsi.
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