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«La droga non si vince con la droga!», ha detto il Pontefice. «La droga è un male, e con il male non ci possono essere cedimenti o compromessi»
«No ad ogni tipo di droga. È un flagello». Lo ha detto oggi papa Francesco durante un'udienza in cui ha incontrato i partecipanti alla 31esima edizione dell'International Drug Enforcement Conference. «La droga non si vince con la droga!», ha detto il Papa. «La droga è un male, e con il male non ci possono essere cedimenti o compromessi».
Non è la prima volta che il Pontefice interviene sul tema e anche questa volta è stato molto esplicito nel ribadire che «le legalizzazioni delle cosiddette "droghe leggere", anche parziali, oltre ad essere quanto meno discutibili sul piano legislativo, non producono gli effetti che si erano prefisse. Le droghe sostitutive, poi, non sono una terapia sufficiente, ma un modo velato di arrendersi al fenomeno. Intendo ribadire quanto già detto in altra occasione: no ad ogni tipo di droga. Semplicemente. No ad ogni tipo di droga. Ma per dire questo no, bisogna dire sì alla vita, sì all'amore, sì agli altri, sì all'educazione, sì allo sport, sì al lavoro, sì a più fonti di lavoro. La sanità di vita è la strada della prevenzione della droga. Se si realizzano questi "sì", non c'è posto per la droga, per l'abuso di alcol, per le altre dipendenze».
NARCOTRAFFICO
Per papa Francesco sono d'esempio i tanti giovani che sono riusciti a sottrarsi dalle dipendenze: essi sono uno «stimolo a guardare in avanti con fiducia». E ha invitato coloro che sono chiamati a combattere i traffici a intensificare i loro sforzi contro il narcotraffico. «Il flagello della droga – ha proseguito Bergoglio – continua ad imperversare in forme e dimensioni impressionanti, alimentato da un mercato turpe, che scavalca confini nazionali e continentali. In tal modo continua a crescere il pericolo per i giovani e gli adolescenti. Di fronte a tale fenomeno, sento il bisogno di manifestare il mio dolore e la mia preoccupazione».
LA CHIESA NON ABBANDONA
Preoccupazione missione della Chiesa è quella di «andare dovunque c'è un essere umano sofferente, assetato, affamato, in carcere. La Chiesa non ha abbandonato quanti sono caduti nella spirale della droga, ma con il suo amore creativo è andata loro incontro. Li ha presi per mano, attraverso l'opera di tanti operatori e volontari, perché potessero riscoprire la propria dignità, aiutandoli a far resuscitare quelle risorse, quei talenti personali che la droga aveva sepolto, ma che non poteva cancellare, dal momento che ogni uomo è creato a immagine e somiglianza di Dio». Al lavoro di recupero («che non è sufficiente») bisogna affiancare «la prevenzione, questo farà molto bene».
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