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La parabola riportata nel Vangelo di oggi non è di facile comprensione e urta contro il nostro modo di pensare e di giudicare. Davvero, come dice la prima lettura di oggi, «i miei pensieri non sono i vostri pensieri, le vostre vie non sono le mie vie [...] quanto il cielo sovrasta la terra, tanto le mie vie sovrastano le vostre vie, i miei pensieri sovrastano i vostri pensieri» (Is 55,8-9).
La parabola di oggi, prima di tutto, ci insegna che Dio chiama tutti a lavorare alla sua vigna che è la Chiesa. Ognuno di noi, secondo le proprie capacità e doni ricevuti, è tenuto a collaborare per la diffusione del Regno dei cieli. Questo vale per i sacerdoti, per i religiosi, e anche per i laici. Ciascuno deve vivere secondo la grazia ricevuta, mettendola a servizio degli altri (cf 1 Pt 4,10).
Servire il Signore qui in terra significherà regnare con Lui in Cielo. Dio non ha bisogno di noi; ma, per un mistero della sua Misericordia, Egli si vuole servire delle creature per compiere le sue meraviglie. Dobbiamo ringraziare Dio per questo suo dono, ritenendoci sempre dei servi inutili, per nulla indispensabili. Se riusciamo a fare del bene, pensiamo che Dio poteva servirsi di mille persone diverse per compiere la stessa cosa; anzi, poteva fare benissimo da solo.
La parabola del Vangelo presenta però delle difficoltà. Apparentemente, sembra che il padrone della vigna abbia fatto un'ingiustizia retribuendo allo stesso modo gli operai dell'ultima ora e quelli che invece avevano affrontato il peso di tutta la giornata. Non è un'ingiustizia. Tale parabola ci insegna che davanti a Dio nessuno può pretendere dei diritti. La ricompensa di Dio è un dono, non un diritto. La parola "grazia" indica proprio il dono gratuito di Dio. Per comprendere il modo di agire di Dio bisogna comprendere la logica dell'amore e non quella della nostra pretesa giustizia.
Al termine della parabola, a chi mormorava contro di lui, il padrone della vigna di
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