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I DIECI COMANDAMENTI SECONDO BENIGNI
Una lettura parziale (il 5° comandamento vieterebbe la pena di morte e non l'aborto) ed a tratti totalmente fuorviante (il 6° comandamento sarebbe inventato dalla Chiesa e la masturbazione ammessa), ma Benigni non è un vescovo
di Alessandro Rico

C'era quasi riuscito a piacermi. La prima serata di Benigni era stata magistrale, al netto di qualche inciampo. E pure l'avvio della seconda puntata sui Dieci comandamenti pareva promettente. Fino al quinto comandamento. Poi, il Roberto nazionale è caduto sulle marchette.
Un'infinita serie di luoghi comuni sul sesto comandamento, che la Chiesa avrebbe «manipolato» (non si capisce a che scopo), creando generazioni di repressi sessuali. E invece il senso del comandamento sull'adulterio sarebbe la lotta alla violenza sulle donne (Dio, una Boldrini ante-litteram), l'esaltazione della fedeltà che protegge l'amore vero e i figli. Per il resto, love is love, fate l'amore non fate la guerra e tutto l'arcinoto e melenso repertorio retorico. Peccato che Benigni abbia frainteso la profondità dell'insegnamento cattolico sulla sessualità, che la Chiesa considera un preziosissimo dono del Signore e perciò difende da ogni banalizzazione: dal sentimentalismo come dalla bestialità, dall'irresponsabilità come dalla compulsione. Il sesso è libertà e realizzazione della propria natura relazionale, non impulso animalesco cui sottomettersi come a un idolo, e torniamo al primo comandamento: di Dio c'è solo Dio, non il denaro, il successo o il sesso. Di qui, le sciocchezze sul "non desiderare la donna d'altri": guardare non è peccato, basta fermarsi là. Visto che questo monologo ci è costato due milioni a serata, ci saremmo aspettati che oltre all'Esodo, Benigni leggesse pure il Vangelo, laddove il Cristo ammonisce: «Avete inteso che fu detto: Non commetterai adulterio. Ma io vi dico: chiunque guarda una donna per desiderarla ha già commesso adulterio con lei nel suo cuore» (Mt 5, 28).
Persino su un comandamento "facile" Benigni è scivolato rovinosamente. "Non rubare". Come volevasi dimostrare, ci ha messo in mezzo pure gli evasori: «Violano un patto che abbiamo stabilito tutti». Caro Benigni, quand'è che avremmo stabilito consensualmente di essere derubati dallo stato? Proprio in questi giorni il Leviatano ci chiede il conto: 144 miliardi di euro sottratti alle tasche degli italiani. Chi sarebbe il ladro? E pensare che gli avevo perdonato l'imprecisione sulle guerre di religione: attingendo al leitmotiv della violenza in nome di Dio, Benigni aveva deplorato l'enormità dei massacri commessi per questioni di fede. Tuttavia, la maggior parte delle fonti accreditate smentisce questa tesi. Le varie enciclopedie sulle guerre storiche mostrano come i conflitti religiosi siano una minoranza: si va dall'Encyclopedia edita da Gordon Martel, per la quale solo il 6% delle guerre censite possono essere considerate guerre di religione; al volume di Phillips e Axelrod, che arriva alla cifra più alta, ma ancora minoritaria, del 25% – senza contare che molto spesso, dietro il casus belli religioso si sono nascoste questioni politiche ed economiche.
 "Povero" (tra virgolette, dato l'incasso) Benigni, proprio sul più bello è partito per la tangente. Eppure, un piccolo applauso glielo tributiamo anche noi, perché in mezzo a una televisione generalista affollata di anticlericalismo e omosessualismo, se non altro è riuscito a parlare di Dio con il consueto appeal mediatico. E nonostante qualche grossolana fesseria antropologica e teologica, ci ha dato almeno il la per precisare, chiarire, arricchire, puntando i riflettori su temi banditi dal dibattito pubblico, quando non vilipesi. Una controcultura cattolica deve iniziare ad aggrapparsi anche a queste circostanze. A Benigni, invece, diamo un consiglio: la prossima volta, anziché andarsi a cercare la consulenza dei pastori valdesi, dia una letta a Joseph Ratzinger.

Nota di BastaBugie: vuoi sapere davvero cosa dicono in dieci comandamenti? Puoi leggere il Catechismo della Chiesa Cattolica dal n° 2052 al n° 2557, cliccando sul seguente link
http://www.vatican.va/archive/ccc_it/documents/2663cat473-668.PDF
A seguire, il commento di Riccardo Cascioli, direttore de La Nuova Bussola Quotidiana, pubblicato il 21-12-2014:
IL "CASO BENIGNI" EVIDENZIA L'ASSENZA DELLA CHIESA
Lo confesso: sono uno dei pochi italiani che non ha visto lo show di Roberto Benigni in tv sui Dieci comandamenti. Non per snobismo, ma perché impegnato in altre cose. Sto seguendo tuttavia con molta attenzione reazioni e commenti a quella esibizione. [...] Al proposito è curioso notare che a un parere a caldo quasi unanimemente molto positivo - al limite dell'entusiasmo - si vanno aggiungendo delle critiche che aumentano col passare dei giorni. In ogni caso si tratta di un programma che ha riscosso un grande interesse e acceso un forte dibattito.
Proprio questo dibattito, aldilà del merito dello spettacolo, mi sembra importante rilevare, perché fa emergere con chiarezza il terribile vuoto di proposta culturale in cui viviamo.
Vuoto di proposta, anzitutto della tv. Così che un semplice programma di buona qualità, fondato non sugli effetti speciali ma su un discorso - per quanto brillantemente sostenuto da un comico - e su un argomento niente affatto scontato, diventa un evento del quale si va avanti a parlare per giorni e giorni. Vuol dire che per il resto c'è il deserto. E se dieci milioni di persone hanno seguito un lungo monologo sui dieci comandamenti, vuol dire che per i programmi-spazzatura che occupano quasi tutto il palinsesto non vale più il luogo comune per cui «è quello che la gente vuole». La gente evidentemente apprezza molto di più programmi che, pur leggeri, mettono in moto la testa.
Ma il vuoto di proposta ancor più preoccupante è quello religioso, anzi cattolico. Non può non stupire tanta animosità, da parte di alcuni che imperversano su blog e social network, per gli errori "teologici" di Benigni, come se da lui ci si dovesse aspettare una lezione di catechismo, magari su richiesta della Conferenza episcopale. A tutti è chiesto il rispetto e di non usare le capacità artistiche per irridere alla religione e offendere la fede di tanta gente, e di non strumentalizzare la religione per propri fini ideologici (vedi Dario Fo). Ma nessuno dei critici muove questa accusa a Benigni, gli si rimprovera invece di aver dato letture parziali o troppo "umane" ai comandamenti.
Ma Benigni non è un prete o un vescovo: è un uomo di spettacolo, neanche credente - a quanto ne sappiamo - che però si fa interrogare dal fatto religioso, ne è in qualche modo attratto, e davanti ai comandamenti o alla Divina Commedia cerca di andarci a fondo, di capire, di studiare. Sicuramente non tutte le sue fonti sono ortodosse, e altrettanto le sue considerazioni, ma è innegabile che ci sia anche un cammino (basti pensare ai Dieci comandamenti proposti trent'anni fa). Non è certo a lui che possiamo o dobbiamo chiedere una spiegazione del catechismo, piuttosto dovremmo riflettere sul fatto che solo grazie a lui in televisione vanno quei Dieci comandamenti che - e sono ottimista - almeno la metà di coloro che partecipano alla messa ogni domenica non sarebbero neanche in grado di elencare in ordine.
Il fatto è che dei Dieci comandamenti normalmente non si sente parlare neanche in chiesa, figurarsi se possiamo pensare a una loro riproposta culturalmente intelligente in tv o nei teatri. Al recente Sinodo sulla famiglia abbiamo sentito vescovi e cardinali fare affermazioni sulla sessualità che negano la Rivelazione, e ce la vogliamo prendere con Benigni perché del sesto comandamento dà una versione molto personale? La Conferenza episcopale manda a commentare il vangelo su Rai Uno (e senza neanche essere simpatici) a quelli che sono stati definiti "preti di strada", che più volte hanno sostenuto pubblicamente posizioni tutto fuorché ortodosse, e vogliamo crocifiggere Benigni perché dà un'interpretazione poco trascendente all'amore per il prossimo?
C'è qualcosa che non quadra. Non si può chiedere a Benigni di fare opera di supplenza alla Chiesa. Né si deve guardare a lui come un faro che ci guida nella fede. Se ci fosse una proposta pubblica seria, sia ecclesiale sia culturale, della fede cattolica non spaventerebbero le affermazioni eterodosse di Benigni, ai suoi spettacoli sarebbe dato il giusto peso e, forse, lo stesso Benigni sarebbe in grado di confrontarsi e fare proprie delle letture dei comandamenti più aderenti alla Verità.

 
Titolo originale: Povero Benigni, si è perso sul più bello
Fonte: Campari e de Maistre, 17/12/2014