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QUANDO LENIN IMPOSE AGLI ORTODOSSI LA DECISIONE DI UN PAPA
Il motivo? Semplice: come sempre la Chiesa Cattolica stava dalla parte della scienza, mentre i non cattolici la rifiutavano
di Vittorio Messori

A proposito di Unione Sovietica: fu essa che, trattando brutalmente quella Chiesa ortodossa russa che perseguitava, decise di adeguarsi alla decisione di un pontefice romano. Un paradosso significativo. Lenin, insomma, che accettava e imponeva una decisione di un Papa che proprio dei cristiani da secoli non volevano accettare. Vale la pena di raccontarlo.
Come tutti sanno, papa Gregorio XIII decise nel 1582 di mettere mano all'antico calendario che, a causa delle insufficienti conoscenze astronomiche, era ormai sfalsato di una decina di giorni rispetto alle fasi stagionali. I Paesi cattolici accettarono subito la riforma, necessaria e attesa da tempo. Non così quelli protestanti che diedero un esempio poco edificante di settarismo, rifiutando un calendario elaborato dai migliori scienziati e matematici dell'epoca, uno strumento che risolveva molti problemi anche pratici, ma che aveva un peccato originale. Quello, cioè, di essere stato redatto da una commissione convocata dalla Chiesa cattolica. Non era certo questione di teologia ma di scienza e tutti i sapienti, di qualunque confessione, concordavano che i risultati del lavoro erano stati i migliori possibili. Eppure, i Paesi dove il protestantesimo era maggioranza continuarono a servirsi dell'antico, imperfetto calendario giuliano: elaborato sì anch'esso a Roma, ma in quella pagana, non in quella pontificia. Per fare un solo esempio ma significativo: l'Inghilterra, che pur aveva interessi non solo in Europa ma in tutti i continenti conosciuti e quindi necessitava in modo particolare di una concordanza nelle date, si decise ad adottare la riforma di papa Gregorio solo nel 1752. Nella Svizzera, che era unita in una confederazione, i cantoni cattolici si erano subito adeguati al nuovo calendario ma quelli protestanti si rassegnarono soltanto un paio di secoli dopo o addirittura - come alcune zone dei Grigioni - verso il 1810, con quasi due secoli e mezzo di ritardo.
Ancor più tenace fu il rifiuto previo, di principio, nell'area dell'ortodossia greco-slava. Mosse essi pure dal rifiuto di tutto ciò che venisse da Roma, foss'anche un risultato scientifico, quelle Chiese non vollero accettare la riforma gregoriana. Non solo continuarono a seguire l'antico calendario giuliano per l'anno liturgico, ma ottennero che anche gli Stati e i loro governi lo imponessero a tutti, pure al mondo civile. In Grecia si giunse persino a uno scisma quando, nel 1924, il Santo Sinodo di quel patriarcato tentò un compromesso e decise di accettare il calendario del XVI secolo per le feste fisse, conservando quello antico per le feste mobili, a cominciare dalla Pasqua. Ci fu una insurrezione - fomentata dai monaci, con quelli del Monte Athos tra i primi - e si gridò anche sulle piazze che la Chiesa greca si sottometteva al cattolicesimo e ne nacque una comunità scismatica che ancora esiste. La stessa rivolta esplose in Bulgaria. Per superare quella allergia dei popoli ortodossi verso un pontificato che aborrivano, sarebbe occorso un despota che le domasse. E proprio questo accadde in Russia. Quel despota fu nientemeno che Lenin che nel marzo del 1923, un anno prima della morte, impose per diktat a tutti, in tutti i territori della giovane Unione delle Repubbliche Socialiste Sovietiche, il calendario gregoriano. Fu dunque il più feroce apostolo del XX secolo dell'ateismo e del materialismo dialettico a voler adottare una misura, voluta ed elaborata da quel cattolicesimo in cui vedeva uno dei principali avversari. Ma, per ancora maggior paradosso, successe pure che mentre il governo dei "senza Dio" accettava un sistema "cattolico", quanto restava della Chiesa russa, soggetta alla sanguinosa persecuzione che sappiamo, si ostinava in un rifiuto indomabile.

 
Titolo originale: Spigolature
Fonte: Il Timone, Dicembre 2014