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1) VEGLIA PASQUALE
Con un granello di fede pasquale sposteremo le montagne
La pagina del vangelo di Marco, che è stata proclamata, insiste a presentare la paura come il sentimento che
domina gli animi delle donne, quella mattina di Pasqua quando, recatesi
al sepolcro con gli oli aromatici, lo trovano scoperchiato, vuoto del
corpo del Signore, ravvivato invece dalla misteriosa presenza di un
essere biancovestito. Ebbero paura (Mc 16,5). Erano piene di timore e di
spavento (Mc 16,8). Non dissero niente a nessuno perché avevano paura
(ib.)
Come si vede, prima che la gioia, lo sbigottimento è stata la
reazione spontanea di fronte all'evento pasquale. Il che non meraviglia:
la risurrezione del Figlio di Dio crocifisso e la sua trascendente
esaltazione è l'intervento più forte, più nuovo, più sconvolgente della
potenza divina entro il succedersi ripetitivo e usuale degli accadimenti
terrestri.
La nostra storia ne è stata segnata per sempre: con la
pietra tombale è stato ribaltato ogni valore mondano, la prospettiva
sulle cose e su ciò che deve essere ritenuto prezioso ai nostri occhi si
è rovesciata. Dopo questo ingresso nella nostra vicenda della forza di
Dio, ciò che deve contare per noi è ormai l'assimilarci a colui che è
stato costituito nella condizione eterna di letizia e di luce, raggiunta
attraverso la strada della croce.
Dal momento che il condannato del
Golgota, avvilito da tutti i tribunali umani, è stato glorificato, è
iniziato il tempo in cui i superbi già sono dispersi nei pensieri del
loro cuore, anche se non sempre appare. Dal momento che colui che era
stato schiacciato per le nostre iniquità (cf. Is 53,5) "emise il potente
anelito della seconda vita", ha preso avvio l'epoca in cui vengono
davvero innalzati gli umili. Dal momento che è stato liberato dal
carcere della morte colui che, innocente, era stato annoverato trai
malfattori (cf Is 53,12), possono sperare di venire presto saziati
quelli che nel deserto della vita hanno fame e sete della giustizia (Mt
5,6).
Con la risurrezione di Cristo, oltre l'apparenza della scena
vecchia e contaminata che ancora sussiste, comincia ad affermarsi la
realtà nuova ed eterna, e il Regno di Dio con la sua efficacia è già
arrivato in mezzo a noi, anche se non è ancora arrivato con la sua piena
visibilità.
NON ABBIATE PAURA
Non abbiate paura, voi (Mc
16,6), dice l'angelo alle donne. Perché temere la vittoria di Dio? Anzi,
proprio questa affermazione trionfale del Signore che ha sconfitto la
morte può riscattarci dalle molte ansie che spesso prendono oggi l'uomo.
Sono ansie che di solito sono conseguenza di illusioni senza saggezza.
Per esempio, illusione di non invecchiare mai, perché ci si affida a
tecniche scientifiche di ringiovanimento o almeno di restauro;
l'illusione di poter guardarsi da ogni malanno in virtù dei continui
progressi della scienza medica; l'illusione di saper vivere senza
soffrire per le precauzioni che si hanno di rinchiudersi egoisticamente
in se stessi, senza i rischi di troppi affetti e di troppe amicizie;
l'illusione di trovar la felicità aderendo ai messaggi esotici di
salvezza proposti dalle varie sette e dai vari circoli di iniziazione, o
semplicemente stordendosi in un'esistenza senza domande inquietanti sul
senso ultimo delle cose e sulla nostra fine.
Sono miraggi destinati
tutti a cadere e a lasciare in un vuoto disperato gli incauti che
puntano su di essi. Non a questi illusi si rivolgono le parole
rasserenanti dell'angelo della Pasqua. A loro l'augurio pasquale è
piuttosto di venire salutarmente scossi, come gli inutili soldati che
custodivano il sepolcro di Cristo, e richiamati dalle strade aberranti;
l'augurio è piuttosto di ritrovare presto, mediante un impatto
felicemente impietoso con la realtà, la primaria sapienza che è data dal
"timore di Dio".
Non abbiate paura, voi!: voi che non cercate altre
ragioni solide di speranza al di fuori di Gesù crocifisso - anche se
spesso lo cercate dove non c'è, anche se lo cercate ancora senza aver
capito la sorprendente grandezza del disegno del Padre, anche se lo
cercate superando mille esitazioni e mille debolezze -, voi non avete
motivo di angustiarvi e di impensierirvi. Lo vedrete (Mc 16,7): il
Signore da voi si lascerà trovare e vi farà il dono della vostra
interiore risurrezione, per la quale, come ci ha detto san Paolo, la
vostra vita sarà nascosta con Cristo in Dio (Col 3,3).
CHI ROTOLERA' VIA LA PIETRA DAL SEPOLCRO
Le
donne, avviate verso la sepoltura del Signore e desiderose di compiere
sul suo corpo esangue gli uffici pietosi in uso presso il loro popolo,
erano giustamente preoccupate, secondo una prospettiva umana, di una
difficoltà che pareva insormontabile: Chi ci rotolerà via il masso
dall'ingresso del sepolcro? (Mc 16,3). Ma quando arrivano, trovano che
la potenza di Dio aveva già misteriosamente eliminato l'ostacolo: anche
quando i calcoli umanamente più ragionevoli pare non debbano riuscire a
tornare, chi seriamente si appoggia alla speranza che nasce dalla fede,
alla fine trova che tutto, contro ogni previsione, si pareggia e si
appiana.
È una grande lezione per noi; soprattutto è una lezione di fiducia ecclesiale.
Chi
ci rotolerà via - anche noi qualche volta ci domandiamo - il macigno di
ottusità spirituale, per cui molti nostri contemporanei non arrivano
mai a percepire l'amore materno della Chiesa, che non ha altro intento
nel suo agire se non il vero bene degli uomini? Chi ci rotolerà via
quella massa di rancori accumulati, di malintesi, di interessate
ostilità che circondano la Sposa di Cristo e ne nascondono la bellezza
entusiasmante agli sguardi di gran parte della nostra gente? Chi ci
rotolerà via il cumulo di luoghi comuni e di menzogne che nascondono la
verità storica, la verità esistenziale, la verità morale agli occhi di
numerosi nostri contemporanei?
Sono i pensieri che spesso opprimono
l'anima di chi vuol bene alla Chiesa e al tempo stesso vuole il bene di
tutti i fratelli, anche di quelli che vogliono restare lontani; e non si
dà pace nel vedere cosi malauguratamente ostruito per troppi uomini il
cammino che porta al Regno di Dio. Ma questi, in fondo, non sono
pensieri "pasquali": il masso era già stato rotolato via, benché fosse
molto grande (Mc 16,4). Il Signore sa sempre guidare la storia secondo i
suoi disegni, anche se noi non riusciamo sempre a capirli; e sono
sempre disegni di salvezza e di pace per coloro che non si stancano di
cercarlo. Con un granello di fede pasquale saremo capaci anche noi di
spostare le montagne.
2) MESSA DEL GIORNO DI PASQUA
Gesù non si lascia "imbalsamare" e neppure la Chiesa sua sposa
Era ancora notte, quando Maria di Magdala, Maria di Giacomo e Salome -
le donne fedeli che avevano seguito Gesù fin dalla Galilea - non ebbero
ritegno ad andare a svegliare i bottegai e, dopo la pausa del sabato che
interdiceva ogni commercio, comprarono gli olii aromatici (Mc 16,1),
come ci ha detto il Vangelo. Era un pensiero ispirato dalla pietà e
dall'affetto, ma spogliato di ogni speranza: non cercavano il Vivente,
colui che per tutti noi è principio di vita; cercavano un cadavere da
onorare con i riti funebri consueti del loro popolo.
Quelle donne
erano generose e solerti, ma giustamente il Vangelo ci fa capire che si
muovevano ancora al buio: ancora i loro volti non erano stati
rischiarati e allietati dalla luce pasquale. Perciò volevano imbalsamare
Gesù (ib).
IMBALSAMARE GESU'
Quello di imbalsamare Gesù è un tentativo che si ripete nei secoli.
C'è
molta ammirazione per lui; ma è troppo spesso l'ammirazione per un uomo
ghermito come tutti dalla morte. C'è chi lo vuole "imbalsamare"
lodandolo per la sua dirittura morale e per la sua giustizia: ma che ce
ne faremmo di un onesto e valente predicatore ormai zittito per sempre?
C'è chi lo vuole "imbalsamare" esaltando la sua bontà di cuore e la sua
compassione per i poveri e gli sventurati: ma che valore avrebbe la sua
filantropia se il suo cuore, avendo cessato di battere e restando
inerte, avesse avuto una conclusione praticamente non diversa da quella
di uomini crudeli come Erode o di uomini egoisti e vili come Pilato? C'è
chi lo vuole "imbalsamare" riconoscendo la straordinaria profondità del
suo pensiero e la sublimità del senso di Dio: ma come potrebbe davvero
consolarci una dottrina sia pure luminosissima, mettere a tacere le
nostre paure esistenziali, se il suo autore fosse anche lui tra coloro
che sono irrimediabilmente sconfitti dalla morte?
Quasi nessuno parla
male di Cristo; ma troppi di quelli che lo gratificano di favorevoli
giudizi lo fanno come si copre di fiori una bara. Le loro lodi sono come
le frasi che si incidono sulle pietre tombali.
Ma Gesù non si lascia
"imbalsamare". Nessuna pietra tombale grava più su di lui. Egli non si
lascia annoverare tra gli illustri defunti.
Anche se molti non lo
vogliono riconoscere - forse per paura di essere disturbati nei loro
pregiudizi, forse per pigrizia ad affrontare il nodo centrale
dell'esistenza, forse per la pesantezza del loro spirito che non vuole
alzarsi un po' sopra la terra - Gesù è vivo, animato di nuovo e
sovrumano vigore; vivo e inquietante, in agguato sulla strada di ogni
uomo, che non può evitare di imbattersi in lui.
Ogni altra
considerazione è irrilevante. Che se ne parli bene o no, che lo si
ritenga o no un "grande" della storia, che si consideri o no la sua
comparsa una fortuna per l'umanità: tutto ciò è del tutto secondario
entro la questione circa ciò che si deve pensare di lui, perché non è lì
il nocciolo del problema.
Il nocciolo del problema è la sua
risurrezione: l'importanza, l'originalità, l'unicità di Gesù di Nazaret
sta nel fatto che egli è attualmente esistente, corporalmente vivo,
instancabilmente attivo fra di noi.
IMBALSAMARE LA CHIESA
Ma
anche il "Cristo totale", cioè la Chiesa, corpo di Cristo, conosce i
suoi "imbalsamatori". Non ci sono soltanto quelli che a ogni epoca la
denigrano apertamente e ostinatamente la combattono. Ci sono anche
quelli che la rispettano, la stimano, le attribuiscono perfino una certa
benefica funzione sociale; a patto però che non pensi di essere una
realtà viva nel mondo di oggi e di avere un'azione incisiva e
determinante sull'umanità dei nostri giorni, nelle cose che contano.
C'è
chi la onora, imbalsamandola, come la custode di riti vetusti e di
manifestazioni folcloristiche, quali le cerimonie natalizie e le feste
tradizionali. La sua presenza nel mondo è apprezzata come si apprezza un
mobile antico, senza pratica utilità, che però riesce un po' a
nobilitare la banalità di una casa troppo moderna. C'è chi assegna alla
Chiesa essenzialmente un compito storico-artistico, e le dà volentieri
un ragguardevole spazio, ma più che altro come la depositaria delle
bellezze architettoniche, delle pitture sacre, dell'oreficeria, dei
ricami di un tempo. L'ideale di molti parrebbe quello di fare dei nostri
templi quasi dei musei tipici o delle specializzate sale da concerto,
dove i moderni pagani si possano illudere, frequentandoli, di avere
ancora qualche sbrendolo di anima cristiana, e possano confondere nelle
loro coscienze svagate la pur preziosa emozione artistica con il genuino
sentimento religioso, che esige il coinvolgimento della vita e la
ricerca operosa della volontà di Dio.
Oppure c'è chi pensa alla
comunità cristiana come a una vasta organizzazione assistenziale, che ha
il merito di raggiungere molti casi di sfortuna umana che sfuggono
all'intervento pubblico.
NON E' QUI
Noi siamo lieti di questi
riconoscimenti, perché tutte queste attività nella Chiesa ci sono e -
con tutte le attenzioni e le regolamentazioni necessarie, a tutela della
vera natura ecclesiale - ci devono anche essere.
Noi apprezziamo
questi volonterosi "imbalsamatori" come apprezziamo la buona intenzione
delle donne di cui ci ha parlato il Vangelo.
Ma l'angelo della Pasqua
ripete, anche a proposito del "Cristo totale", cioè della Chiesa, ciò
che ha detto a Maria di Magdala e alle sue compagne: Non è qui (Mc
16,6). Anche la Sposa di Cristo è una realtà viva, eloquente, operante
in tutti gli ambiti dell'esistenza. È madre feconda ancora di molti
figli, è maestra di verità, è guida per ogni uomo e per l'intera
comunità umana. È presente vivacemente e vitalmente in ogni angolo della
terra, e ha qualcosa da dire, da proporre, da ispirare dovunque l'uomo
sta correndo la sua rischiosa avventura: nella famiglia, nella scuola,
nel mondo del lavoro, nel campo sociale.
Nelle sue vene scorre la
stessa vita nuova che c'è nel suo Sposo: gli "olii aromatici"
dell'imbalsamazione perciò non convengono nemmeno a lei come non
convengono a Cristo. C'è nelle sue membra la stessa energia del
Risorto: non si può tentare di avvolgerla nelle bende funebri come fosse
una mummia.
Questo è, nella sua sostanziale verità, il messaggio
pasquale: in virtù di questo messaggio e di questa grazia, dopo ogni
Pasqua la Chiesa ringiovanisce e riprende rinvigorita il suo cammino
nella storia, cercando di stare al passo con la giovinezza del suo
Signore.
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