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LA VERITA' SUI MIGRANTI DELLA NAVE AQUARIUS
Inaccettabile la presenza di giornalisti sulla nave della ong con lo scopo premeditato di accusare gli italiani di essere un popolo egoista come uno che prende il sole sulla spiaggia e non aiuta un gruppo di poveri naufraghi
di Stefano Fontana

Vicende come quella della nave Aquarius e dei porti italiani bloccati dal ministro Salvini ci vengono presentate, con un ricatto morale, come questioni personali di coscienza di ognuno di noi. Come se fossimo su una spiaggia calabra o siciliana e vedessimo all'improvviso un profugo che, sbracciandosi, ci chiede aiuto. É evidente che continuare a passeggiare sulla spiaggia o prendere il sole mentre l'altro grida aiuto è un atteggiamento immorale e disumano. Un discorso simile viene fatto per la nave Aquarius, come se gli italiani fossero un popolo spensierato ed egoista steso a prendere il sole sulla spiaggia e non volesse rispondere alla richiesta di aiuto di un gruppo di poveri naufraghi.
Posta così, la questione si configura come un ricatto morale. Ed anche come un ricatto religioso, quando gli ecclesiastici, come ha fatto per esempio il cardinale Ravasi, se la cavano con un tweet di citazione evangelica su "ero straniero e mi avete accolto" per condannare come anticristiana qualsiasi politica seria di governo dell'immigrazione.
Questo tipo di impostazione morale è una forzatura. Nel caso della Aquarius (e non solo, come sperimentiamo ormai da tempo), i richiedenti aiuto non sono naufraghi come nell'esempio fatto sopra, ossia non sono persone che hanno subito una disgrazia improvvisa in mare dopo la quale ci si sono presentati davanti per chiedere aiuto. Essi sono stati portati lì, davanti alla nostre coste, come sono stati portati lì tanti altri prima di loro.

LE DOMANDE A CUI NESSUNO RISPONDE
Sono stati portati lì da Organizzazioni non governative sulla cui connivenza con la criminalità organizzata lo stesso Governo ha espresso sospetti. In molti casi convogli di questo genere che puntavano su altre spiagge diverse da quelle italiane, per esempio le coste spagnole, sono stati dirottati da quelle autorità verso le nostre coste. Ora il neopresidente del consiglio spagnolo Sánchez si dichiara pronto ad accogliere la Aquarius a Valencia, ma in passato i suoi predecessori hanno fatto il contrario.
Si può essere certi che solo una minima parte del carico umano della Aquarius è fatta di profughi (nonostante i giornali li chiamino tutti così per realizzare meglio il ricatto morale) ossia di persone che scappano da una guerra o da una persecuzione politica e che nel loro Paese erano a rischio della vita. Gli altri perché si sono imbarcati? Chi e perché ha organizzato il loro viaggio? Perché le autorità delle sponda meridionale del Mediterraneo li hanno fatti partire? Una volta accolti faranno tutti domanda d'asilo, noi impiegheremo tre anni per vagliare le domande e nel frattempo loro se ne saranno andati qui o là a discrezione. Si dice che sulla nave ci siano 124 minori non accompagnati. Chi ce li ha messi? Chi ha pagato il trasporto? Cosa è stato loro promesso e da chi? Che fine faranno? Una seria politica dell'immigrazione non può trascurare questi aspetti. Se lo facesse sarebbe immorale, mentre viene accusata di essere immorale se lo fa.
Ogni azione morale ha il fine in se stessa. Ciò vuol dire che non si deve fare il bene per qualche scopo particolare, per raggiungere qualche obiettivo o conseguire qualche risultato. Ciò però non vuol dire che l'azione morale debba essere cieca, impulsiva o sentimentale e che non tenga conto della situazione precedente e di quella successiva all'azione morale stessa. Ciò vale soprattutto a livello di etica pubblica, di cui si occupa appunto l'attività politica.

MOTIVI INCONFESSABILI
La politica delle immigrazioni non è come l'azione di chi sta sulla spiaggia e vede il naufrago agitare le braccia e gridare. L'azione politica, per essere buona, deve tenere presente il bene comune in tutti i suoi aspetti. Se gruppi di malviventi debitamente pagati per farlo portano ogni giorno davanti a casa mia delle persone che si fingono profughi e non lo sono, se i miei vicini di casa anziché accoglierne qualcuno, mandano davanti alla mia porta anche quelli che hanno bussato alla loro e ormai davanti alla mia c'è sistematicamente la fila mentre davanti alla sua non c'è nessuno, se in questa fila vengono infiltrate ad arte persone poco raccomandabili, minori non accompagnati destinati poi ad esiti poco felici, donne per il traffico umano dei mercati della prostituzione o giovani destinati al lavoro nero per due euro al giorno... continuare ad aprire la porta e ad ospitare in casa mia tutta la fila non sarebbe moralmente e politicamente responsabile. E' vero che il nostro prossimo non ce lo possiamo scegliere noi, ma non possiamo nemmeno permettere che ce lo scelga qualcun altro per motivi inconfessabili.
Considerare cosa c'è dietro questi imbarchi avventurosi e non assecondare le manovre politiche e gli interessi che li animano è un dovere morale che non può essere sottaciuto nel momento di decidere le politiche di assistenza in mare o di accoglienza a terra. L'applicazione del diritto umanitario in mare deve essere esercitata da tutti i Paesi rivieraschi del Mediterraneo e senza che ciò copra e giustifichi i traffici illeciti di persone spacciate poi per profughi.

Nota di BastaBugie: Andrea Zambrano nell'articolo sottostante dal titolo "Contro il governo xenofobo, il piano dei cronisti embedded" spiega che nonostante le accuse che piovono su Salvini, nessuno dei 629 a bordo di Aquarius è in pericolo di vita. Lo dimostrano i reportages dei giornalisti imbarcati sulla nave della Ong. Saliti a bordo certi di incontrare molte vite da salvare. Con un unico scopo che dimostra la premeditazione del "piano": raccontare la prima missione da quando "si è insediato il governo xenofobo".
Ecco dunque l'articolo completo pubblicato su La Nuova Bussola Quotidiana il 12 giugno 2018:
Nessuno è in pericolo di vita. Se qualcuno dei migranti a bordo della nave Aquarius lo fosse la notizia farebbe il giro del mondo. Per il semplice motivo che il natante di proprietà della Ong Sos Mediterrèe ha a bordo anche persone capaci di farsi intendere nelle redazioni. Giornalisti. Giornalisti a bordo, emebedded, si direbbe mutuando una terminologia bellica. Ingaggiati per raccontare che cosa succede dentro la nave, ma forse anche qualcosa di più.
Sono la prova che il piano di Aquarius è stato preparato nei minimi dettagli per provocare, diciamo così, una sorta di stress test nel ministro Salvini che, reagendo, ha squarciato il velo su un sistema di taxi del mare mascherato da soccorso umanitario.
Niente accade per caso. Va da sé che se il braccio di ferro ha costituito il primo banco di prova per la tenuta del nascente governo Conte, è stato anche perché l'operazione Aquarius non è partita la mattina di domenica quando il ministro degli interni Matteo Salvini ha bloccato la nave in procinto di dirigersi verso un porto italiano.
E' iniziata due giorni prima.
E' venerdì 8 giugno quando la giornalista di Radio National España, Sara Alonso Esparza posta sul suo profilo Twitter una foto-cartolina dell'Etna visto dal porto di Catania. "Inizia la missione a bordo di Aquarius. Salpiamo dalla Sicilia verso la zona Sar dove presumibilmente arriveremo domenica". Non è lì per fare un servizio turistico. E' lì per raccontare. Con lei ci sono altre due giornaliste, una spagnola e una corrispondente americana da Parigi e un fotoreporter anch'egli spagnolo.
Perché proprio la nave che è balzata agli onori della cronaca, perché proprio la nave che sta creando i maggiori grattacapi al governo, è quella che a bordo aveva ben prima dello stop di Salvini un numero di cronisti così elevato? Perché un gruppo di giornalisti di testate importanti decide di salpare proprio a bordo dell'Aquarius sapendo che l'indomani si troverà di fronte un'emergenza da gestire?
Per mettere alla prova il governo razzista Lega-Cinque Stelle. Quello che sarebbe normale diritto-dovere di cronaca si copre di una nuvola di ambiguità se si pensa che i giornalisti hanno, sì, tutte le ragioni del mondo per raccontare i fatti, ma perché la Ong che comanda Aquarius ha colto proprio quell'occasione per far salire a bordo i cronisti certa che di lì a poche ore si sarebbe imbattuta in una "pesca" molto ricca?
Non è un mistero, lo dice candidamente la collega di Sara, Naiara Gallaraga, giornalista del quotidiano spagnolo El Pais. Nel video postato su Twitter, la donna si fa riprendere in banchina alle spalle della nave: "Siamo a Catania, in Sicilia - dice facendo le presentazioni ai suoi lettori dell'Aquarius -. Salperemo con l'equipaggio nella prima missione di questo tipo da quando in Italia si è insediato un governo xenofobo, antimigranti e populista. Nei prossimi giorni ve lo racconteremo". Insomma, sembra un programma di tutto rispetto quello annunciato dalla giornalista che poche ore dopo, nella notte tra venerdì e sabato immortala romanticamente anche il tratto di costa siciliana che si allontana a poppa mentre la scia bianca della nave macina miglia.
La donna prosegue nelle ore successive con il racconto della vita a bordo e le operazioni di recupero di tre imbarcazioni alla deriva specificando che tutto viene coordinato dal Centro di Coordinamento Marittimo di Roma. Alla mattina del 10 giugno la cronista può fare il bilancio: "Dopo una intensissima e drammatica notte l'Aquarius naviga con 629 migranti a bordo: 229 da due imbarcazioni una delle quali rotta, 40 salvati dall'acqua e 400 salvati da altri mercantili o dalla Marina italiana e trasferiti a bordo".
Il reportage mostra dunque che anche la Marina, una volta caricati i naufraghi, li consegna alle navi della Ong che può così fare rotta per l'Italia per "scaricare" l'equipaggio.
Qualche ora prima la sua collega aveva annunciato: "Aquarius sta arrivando nella zona SAR. Sembra che avremo da lavorare stanotte. Ci sono naufraghi nell'immensità del Mediterraneo".
A bordo c'è anche Anelise Borges, corrispondente dalla Francia per Euronews e Nbc. Anche lei documenta le operazioni di salvataggio e tiene monitorata la posizione della nave nel Mediterraneo.
Le tre donne seguono la vita all'interno della nave documentando anche alcuni momenti lieti: alcuni migranti si abbracciano per lo scampato pericolo, ci sono donne che cantano e ballano e altre vengono riprese durante la preghiera del mattino. Nessuna di loro documenta però lo stato di profondo rischio per la salute fisica dei 629. I rifornimenti sanitari sono adeguati, il vitto pure. Non ci sono casi di pericolo imminente per la vita dei migranti. Eppure i giornali e molti politici hanno calcato la mano sul fatto che con questa decisione Salvini avrebbe avuto sulla coscienza numerosi morti. Dai reportages degli unici giornalisti presenti a bordo non traspare nulla di tutto questo. Al massimo un po' di sconforto per le lungaggini di un'operazione che con un altro governo sarebbe terminata prima. Ma, prontamente, l'equipaggio provvede alzando la musica a tutto volume.
Sembra che il suolo italico sia il preferito e per farlo comprendere si fa leva sulla paura. La giornalista infatti se ne esce ad un certo punto con un tweet strano: "Ricordiamo d'altra parte che Valencia dista 700 miglia marine. Ritarderemmo alcuni giorni nell'arrivo e non abbiamo da mangiare". Eppure alcune ore dopo la donna immortala la preparazione della cena per i migranti, che viene fornita attraverso imbarcazioni di altre ong che nel frattempo sono arrivate a supporto.
Dov'è dunque il pericolo? Il rischio incolumità? Tutto sembra estremamente abitudinario, salvo il no di Salvini, solo che questa volta Aquarius non approderà in Italia. Ma in Spagna, Paese dal quale provengono proprio due delle giornaliste che hanno raccontato in presa diretta tutta l'operazione. Coincidenza o destino?

 
Titolo originale: Il ricatto morale è inaccettabile
Fonte: La Nuova Bussola Quotidiana, 12/06/2018