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LA RAGGI CENSURA IL NUOVO MANIFESTO PROVITA
Oltre alla sindachessa di Roma, contro il manifesto ''Due uomini non fanno una madre'' si schierano Miguel Bosè, Ricky Martin, Monica Cirinnà, L'Espresso, ecc.
di Marcello Veneziani

"Due uomini non fanno una madre", diceva il manifesto-gigante di ProVita e Generazione Famiglia affisso nelle città d'Italia, con un neonato in primo piano. La Raggi e l'Appendino, collaboratrici domestiche del politically correct, ingaggiate dall'agenzia pulizie Casaleggio per i comuni di Roma e di Torino, hanno fatto rimuovere in fretta quei manifesti osceni. Sai, difendevano la maternità e i figli, che orrore. Il poster condannava gli uteri in affitto e lo squallido mercato; e due donne sindaco, grillo-femministe, dovrebbero difendere la dignità della donna. Macché. In una città sommersa dai rifiuti, la Raggi - il peggior sindaco che Roma abbia mai avuto e ce ne voleva a vincere la gara - ha trovato la premura non per rimuovere le immondizie che merdeggiano in ogni angolo della Capitale, ma quei poster "scorretti" che denunciavano la compravendita di madri e bimbi e la difesa della famiglia con padre e madre, senza uteri in affitto.

I LIBERI, MODERNI, CIVILI E TOLLERANTI FANNO RIMUOVERE IL MANIFESTO
Anche se non le condivido affatto, arrivo a capire le ragioni opposte a quelle esposte in quel manifesto. Ma in un paese davvero libero e civile, si risponde a una tesi con una tesi opposta, a un manifesto con un contromanifesto. No, i liberi e moderni, i civili e i tolleranti fanno rimuovere il manifesto; se hai un'idea diversa dalla nostra, anche se è poi l'idea che ha permeato da sempre ogni civiltà, te la devi ricacciare in gola, non puoi esprimerla, non hai il diritto di dissentire. E visto che non capisci, ti arriva l'accusa: omofobia. Chi chiede che un bambino abbia un papà e una mamma è omofobo. Chi contrasta il vergognoso traffico di bambini su commissione, è omofobo. Vi rendete conto in che mondo capovolto ci troviamo a vivere?
Nel frattempo, l'immancabile organo radical L'Espresso rispondeva a pro-Vita con uno slogan per le famiglie arcobaleno: "Ho due papà e sono felice". Ma non faceva in tempo a pubblicare l'elogio filiale alle famiglie con papà doppi e senza mamme, che veniva fuori la storia di Miguel Bosè. L'avrete letta. In un'intervista, il famoso figlio del torero aveva detto: "E' stato il mio amico Ricky Martin a suggerirmi una madre "in affitto": in Spagna non è legale, ma negli Stati Uniti sì. Lì è il mercato che crea la legge e sono più avanti di noi." Le Tavole di Bosé. Così ha commissionato all'utero in affitto una coppia di gemelli, e si è unito a un compagno anch'egli padre unico di due gemelli nati pure loro noleggiando un utero. Ma a un certo punto la felice famiglia arcobaleno si è sfasciata, i genitori si dividono e i figli pure.

IL NUOVO CHE AVANZA
Provo a ricapitolare la sequenza generale, dall'inizio. Due persone dello stesso sesso decidono di far coppia. Sono liberi, fatti loro, nulla da dire. No, loro vogliono essere considerati alla pari delle famiglie e vogliono unirsi in matrimonio. E le sindache, come la Raggi e l'Appendino, subito accorrono a celebrare i loro matrimoni. Ma non basta. Vogliono adottare un figlio, e poco importa se questa creatura crescerà con una sola figura genitoriale a doppione, senza la madre. Ma non basta ancora: non adottano un bambino che ha perduto i genitori ma ne vogliono uno nuovo di zecca e allora se lo comprano ancora cellofanato nella placenta tramite quella pratica vergognosa che è l'utero in affitto, ipocritamente ribattezzato maternità surrogata. I più ricchi possono permettersi anche stock di figli in confezioni gemellari. E i sindaci grillo-progressisti benedicono e celebrano.
Ma poi, prendi il caso Bosé, il capriccio finisce male: la coppia omosex scoppia, come capita anche alle coppie tradizionali e i quattro bambini comprati all'ipermarket (o super-racket) delle maternità svendute, devono ripartirsi tra i due genitori. Ma niente paura, avvertono i due papà, c'è Skype, che permetterà ai bambini divisi di parlarsi e vedersi come se fossero a casa. Che felicità per quei bambini, diremo con l'Espresso.
Ma come si sentiranno quei bambini, venduti alla nascita dalle loro mamme, vissuti con due omo-padri ma senza una madre, che ora si ritrovano pure con mezza paternità ciascuno? Pensate che sia civile, moderno, libertario tutto questo? O pensate che sia incivile, bestiale, egoistico, capriccioso, offensivo per la dignità della donna e lesivo per la vita dei bambini? Immaginate il mio parere, ma guai a renderlo manifesto. Perché il meraviglioso mondo lgbt e i censori piddini, boldrini, grillini, ti cancellano e magari dopo ti denunciano pure. Acchiappatelo, è un delinquente, difende la dignità delle mamme e la vita dei bambini.

Nota di BastaBugie: Caterina Giojelli nell'articolo seguente dal titolo "Sarebbero questi i sostenitori dell'utero in affitto?" intervista a Elena Donazzan, titolare di istruzione, lavoro e pari opportunità in Veneto. Dopo aver condannato la maternità surrogata, ha ricevuto messaggi di questo tenore: «Io intanto carico il fucile per ammazzarla».
Ecco l'articolo completo pubblicato su Tempi il 19 ottobre 2018:
Pensavamo che per capire che l'utero in affitto fosse un abominio non occorresse essere né di destra né di sinistra, né donna né uomo, né credente o agnostico. Tantomeno per affermare che la carne delle donne non è mercanzia, o che ordinare un bambino e saldarne il prezzo alla nascita significa trattarlo come un prodotto fabbricato e non come una persona umana (copyright Sylviane Agacinski, intellettuale francese femminista). Soprattutto che esporsi pubblicamente per criticare una pratica vietata dalla legge italiana non potesse che incontrare il plauso di madrine e padrini del rispetto dei diritti, della legalità e della libertà di espressione. Oggi abbiamo scoperto che se a dire queste cose è un politico, donna, di destra, finisce a minacce di fucilate e quasi tutti zitti.
«Io intanto carico il fucile per ammazzarla»: ai Jesse James da tastiera Elena Donazzan, battagliera assessore regionale all'istruzione, alla formazione, al lavoro e pari opportunità del Veneto ha già risposto da signora, ovvero sporgendo denuncia e invitando a un più nobile confronto: «Ditemi dove preferite incontrarmi, i codardi siete voi». Detto questo, «è curioso come la difesa della vita e del diritto di un bambino ad avere una mamma e un papà dia a un'orda di sedicenti alfieri della libertà assoluta il diritto e licenza di uccidere la libertà di chi non la pensa come loro».
Donazzan racconta a tempi.it che dopo aver aderito alla campagna #stoputeroinaffitto, pubblicando sui social il manifesto "Due uomini non fanno una madre" di Pro Vita Onlus e Generazione Famiglia (che raffigura due uomini, "genitore 1" e "genitore 2", che spingono un carrello con dentro un bambino che piange col codice a barre sul petto), ha passato ore a rimuovere insulti e minacce contro di lei, contro i veneti, contro chi la pensa come lei, «e dunque contro la stragrande maggioranza di chi ragiona in maniera sensata. Faccio politica da sempre, detesto il turpiloquio, ma di che razza di dialettica e argomentazioni stiamo parlando quando il dissenso nei confronti di una persona si trasforma in minacce di morte per chi difende la vita dal suo inizio? Sarebbero questi i sostenitori dell'utero in affitto? Le ronde degli haters con la tastiera in braccio?».
Ora l'amministrazione capitolina guidata dalla solerte Virginia Raggi, dopo un tweet della madrina della surrogata e delle unioni civili Monica Cirinnà, che la invitava a rimuovere subito i manifesti e a fare «una telefonata a Chiara Appendino per farsi spiegare cosa deve fare un sindaco contro le discriminazioni», ha provveduto a levare tutto. Per il Campidoglio infatti «il messaggio e l'immagine veicolati dal cartellone - mai autorizzato da Roma Capitale e dal Dipartimento di competenza - violano le prescrizioni previste al comma 2 dell'art. 12 bis del Regolamento in materia di Pubbliche affissioni di Roma Capitale, che vieta espressamente esposizioni pubblicitarie dal contenuto lesivo del rispetto di diritti e libertà individuali». È la seconda volta che Raggi dà mandato di rimuovere un manifesto di Pro Vita: già ad aprile il manifesto con l'immagine di un feto (accompagnato dalle scritte: «Tu eri così», «i tuoi organi erano presenti», «il tuo cuore batteva già dalla terza settimana dopo il concepimento», «già ti succhiavi il pollice», «e ora sei qui perché tua mamma non ti ha abortito») aveva fatto scattare la censura.
«Ironia della sorte, proprio sabato scorso ho partecipato all'incontro "Libertà di informazione e manipolazione mediatica", promosso dall'Associazione Opera dell'Amore-Schio, in collaborazione con Pro Vita onlus e il quotidiano La Verità, si è parlato di disinformazione, bavagli mediatici e omissione di informazione. Vediamo ora chi derubricherà le minacce che ho ricevuto riguardo a questo tema specifico alle dinamiche del web. Perché la verità è che se avessi detto il contrario avrei incassato la solidarietà di giornali e politici che cantano la messa alla surrogata, pratica abominevole e vietata in Italia, tutti i giorni».
Invece? Invece della solidarietà dei giornali, di Boldrini, Lucarelli, Iene, «ho ricevuto quella del mio presidente Zaia e di tantissime persone comuni. Oggi è diventato un "noi" contro di "loro", loro predicano la libertà assoluta ma solo per chi la pensa come loro. Chi disturba viene censurato. In questo senso Virginia Raggi che dice che il manifesto "offende tutti i cittadini" si dimostra ancora una volta una oscurantista. Una violenta oscurantista. Si ricorda quando nel 2007 vennero affissi i manifesti di Oliviero Toscani con la fotografia della modella e attrice francese Isabelle Caro, malata di anoressia, che all'età di 27 anni pesava 31 chili? Un'immagine "choc" e violenta, certamente dolorosa o offensiva per chiunque soffrisse di anoressia o avesse figli in quella situazione. Undici anni dopo Virginia Raggi e le altre si stracciano le vesti perché il rispetto dei diritti e delle libertà individuali - leggi: la loro cultura e visione materialista della vita - è lesa da un manifesto con due uomini che spingono un carrello con un bambino. Peccato che la Gpa (gestazione per altri, ndr) non sia un diritto né tanto meno una libertà individuale, bensì un reato».
Sorvolando su Roma che affonda nella spazzatura e avrebbe in questo momento problemi di rimozione più importanti, i giornali non sono stati da meno: "Manifesti omofobi", titola Repubblica, «"Un bimbo conosce la propria famiglia per quella che è. Senza numeri né genere". Il commento dei ragazzi di famiglie Arcobaleno è la più bella reazione al manifesto omofobo appeso sui muri di Roma», scrive l'Espresso. «L'Espresso - chiosa Donazzan - dovrebbe leggere i commenti e messaggi arrivati a me dopo la campagna da uomini omosessuali fermamente contrari alla surrogata, "Natura vuole che i bambini nascano dall'unione di un uomo e una donna", "mamma e papà non si toccano", "tutta la mia solidarietà a lei". E dovrebbe avere l'onestà intellettuale di ammettere che ai ragazzi dei commenti riportati non è offerta la dimensione di crescere in una famiglia con un padre e una madre. Il rispetto dell'affettività e la capacità di amare un bambino non ha nulla a che vedere con l'estremizzazione dell'amore propinataci dai giornaloni, dai radical chic che mercanteggiano sulla vita, censurano i manifesti e si riempiono la bocca della parola "amore" per giustificare l'acquisto dei bambini. Dicono che due padri che si comprano un bambino possono amarlo, ma può dirsi buono e giusto questo che chiamano amore? Togliere loro una madre? Qui di estremizzazione in estremizzazione si arriva alla sindrome di Stoccolma». O alla regolamentazione della Gpa, come quella dei giuristi di Articolo29 fortemente promossa da Cirinnà «in spirito di solidarietà, eguaglianza e giustizia».

 
Titolo originale: I bimbivendoli
Fonte: Il Tempo, 19/10/2018