« Torna alla edizione


I SENATORI ANTI-TRUMP GIUSTIFICANO L'INFANTICIDIO DI CHI SOPRAVVIVE ALL'ABORTO
I democratici, abusando della regola numero 22 del senato, bloccano la legge che vietava l'uccisione di bambini vivi (VIDEO: fa nascere il figlio anche se era stata violentata)
di Caterina Giojelli

Pensavamo che la giustificazione sociale dell'infanticidio non fosse un obiettivo facilmente raggiungibile. Che l'equiparazione logica dell'aborto prima della nascita con la soppressione di un bambino dopo la nascita fosse cosa da eugenisti di là da venire - questo per lo meno dopo le critiche mosse dai Democrats for Life of America al provvedimento del governatore democratico dello Stato di New York, Andrew Cuomo, che il mese scorso ha posto la sua firma sotto un provvedimento che consente l'aborto fino al nono mese di gravidanza. Ci sbagliavamo: diventato l'aborto un diritto della donna, era chiaro che il bambino diventasse un diritto degli abortisti. E non è tanto una questione filosofica (l'incapacità di riconoscere una persona nel bambino non nato che diventa incapacità di riconoscerla anche dopo la nascita del neonato), quanto di business e calcolo politico, il più criminale e vigliacco.

SI PARLA DI NEONATI, NON DI FETI
Bambini di carne, ossa, sangue che respirano, di questo si è parlato al Senato degli Stati Uniti il 25 febbraio: «Esorto i miei colleghi ad immaginare un bambino che è già nato, che è fuori dal grembo ansimante in cerca di ossigeno. Questa è l'unica cosa su cui stiamo votando oggi. Stiamo parlando di bambini che sono già nati. Niente in questo disegno di legge tocca l'accesso all'aborto». Eppure all'esortazione del senatore repubblicano Ben Sasse, promotore del Born-Alive Abortion Survivors Protection Act, i democratici hanno risposto in modo inequivocabile: le uccisioni dei bambini nati vivi, dopo essere sopravvissuti a un aborto, possono continuare.
Ha ragione da vendere Donald Trump quando commenta che «questo sarà ricordato come uno dei voti più scioccanti nella storia del Congresso». In Senato non è stata trovata la maggioranza dei due terzi necessaria per portare avanti un disegno di legge che garantisse assistenza medica ai neonati venuti al mondo dopo la procedura abortiva. Nulla a che vedere con i diritti riproduttivi e la libera scelta delle donne, eppure va da sé, alla stregua di quanto accaduto a New York, sono stati questi gli argomenti sbandierati dai senatori democratici (elogiati da Leana Wen, presidente di Planned Parenthood, per avere combattuto «bugie e disinformazione», non votando una legge che è «un attacco diretto alla salute e ai diritti delle donne»), secondo i quali il disegno avrebbe costretto i medici a fornire cure non necessarie o addirittura «dannose». Ma dannose per chi?

LA NECESSITÀ DI UNA LEGGE
La necessità del Born-Alive Abortion Survivors Protection Act non è affatto campata per aria: nel 2002 il presidente George W. Bush firmò il Born-Alive Infant Protection Act, che definisce ogni bambino nato vivo dopo un tentativo di aborto indotto «persona, essere umano, bambino, individuo», e gli riconosce tutti i diritti umani. La legge tuttavia non menziona sanzioni penali nel caso in cui il personale della clinica abortiva non fornisca cure mediche a questi bambini. Il Born-Alive Abortion Survivors Protection Act, bloccato in Senato il 25 febbraio, avrebbe risolto esattamente questo problema: il testo del disegno di legge, come ben spiegato dal National Review, implicava, per esempio, che ogni bambino nato vivo dovesse essere trasportato in ospedale invece di rimanere in carico alla clinica abortiva. Richiedeva ad operatori sanitari e impiegati di segnalare violazioni e istituiva pene per l'omicidio intenzionale di questi bambini, multe e fino a cinque anni di reclusione.
Sollevava inoltre da ogni responsabilità e garantiva che la madre non fosse perseguibile in caso non fossero state prestate cure al suo bambino. Cosa c'entra tutto questo con l'aborto, i diritti delle donne e la libertà procreativa? Nulla dal punto di vista legislativo, molto dal punto di vista della logica, se è vero che siamo arrivati a questo punto, fino a tenere dibattiti sull'infanticidio.

GOSNELL NON È UN MOSTRO ISOLATO
I democratici si sono riparati dietro al paravento della casistica: i nati vivi da aborto sono così rari da ritenere trascurabile una legislazione che li protegga. Falso: il Centers for Disease Control and Prevention indica come causa di morte infantile in 588 casi, avvenuti tra il 2003 e il 2014, la cessazione di gravidanza, e per 143 di questi (ed è una sottostima) specifica che si tratta di un aborto indotto. Tutti in America conoscono il caso del serial killer Kermit Gosnell, il ginecologo che dirigeva la Women's Medical Society a Philadelphia praticando a centinaia di bambini l'aborto a nascita parziale (una metodologia orribile che consiste nel recidere con le forbici il midollo spinale appena sono nati). Gosnell è stato condannato all'ergastolo il 13 maggio 2013 per l'omicidio colposo di una donna e per tre omicidi di bambini nati vivi nella sua struttura. Ma il problema è tornato prepotentemente alla ribalta nel corso di una recente indagine del Congresso sull'industria del traffico dei tessuti fetali. Secondo le indagini, le aziende del biotech pagano fior di quattrini le cliniche per alterare le procedure abortive fino alla nascita dei bambini, così da consegnare alla ricerca un cadavere intatto e con tutti i suoi preziosissimi organi sviluppati inalterati. Un bambino a fine gestazione vale molto più di parti, organi o tessuti fetali a uno stadio precedente.

FATTI A PEZZI CON LE FORBICI
Nei video girati sotto copertura che hanno avviato le indagini del Congresso, i medici di Planned Parenthood (Pp) hanno ammesso di non trattare i feti con la digossina, un veleno iniettato nel feto in grembo che serve a ucciderlo prima di estrarlo dall'utero materno, perché il tessuto non contaminato è molto più utile per i ricercatori e quindi vale più denaro. Tempi aveva già dedicato ampio spazio al mega scandalo Planned Parenthood e a quella lunga galleria degli orrori e di immagini vietate ai minori: colazioni di lavoro in cui si discute con disinvoltura di quantità e qualità di fegati, cuori, polmoni, reni, braccia e gambe "prodotti" in serie dalle cliniche affiliate a Pp. Battute su Lamborghini pretese in premio per gli ottimi accordi strappati o su teste intere di bambini abortiti inviate ai laboratori di ricerca per garantire la conservazione del tessuto neurale richiesto («così aprono la scatola e fanno: "Oddio!"»).
Manager che sorseggiano vino e gustano insalatine mentre spiegano di avere «fatto un 17 settimane proprio stamattina». O che discettano delle tecniche abortive più adatte alla conservazione degli organi. Testimoni che ricordano casi di bambini nati vivi e fatti a pezzi con le forbici. Intermediari di tessuti fetali che raccontano di ordini da «50 fegati a settimana» e di "prodotti del concepimento" letteralmente «caduti fuori» dalle pazienti.
Sempre all'interno dell'indagine un testimone di Planned Parenthood ha ammesso alla commissione del Congresso che «nessuno dei nostri centri fornisce cure ostetriche. Nessuno sa farlo (...), non sanno come gestire un bambino a fine termine o un prematuro». In pratica nelle cliniche deputate, qualora fallisse un aborto non ci sarebbe personale addestrato a prendersi cura del bambino. Ma nel paese in cui da oggi il diritto all'aborto equivale al diritto di infanticidio si tratta di un'eventualità del tutto trascurabile.

Nota di BastaBugie: la maggioranza al senato degli Stati Uniti è repubblicana, ma i democratici hanno fatto ostruzionismo, abusando della regola numero 22 del senato che permette ai senatori di parlare quanto vogliono a meno che 60 senatori non impongano la fine della discussione, approfittando quindi del fatto che i repubblicani non hanno 60 senatori. Ringraziamo il nostro fedele lettore Giacomo che ci ha segnalato il motivo preciso dell'ostruzionismo dei democratici (come si vede, ben poco democratici).
Altra storia, altra battaglia prolife (persa). Jennifer è rimasta incinta dopo essere stata violentata da uno sconosciuto e di comune accordo con il marito ha deciso di allevare il bambino. Questa è la sua testimonianza del 20 marzo 2018 al parlamento dell'Iowa a favore di una proposta di legge per impedire gli aborti dopo la comparsa del battito fetale (ovvero alla sesta-settima settimana di gestazione). La legge è stata approvata ma è stata giudicata incostituzionale dalla corte suprema dello Stato.


https://www.youtube.com/watch?v=VtxIG39pgg4

 
Titolo originale: Erode vive in America. E in punto di diritto legittima l'infanticidio
Fonte: Tempi, 27/02/2019