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CARITAS IN VERITATE
I cristianesimo e' il primo e fondamentale fattore di sviluppo
di Giacomo Samek Lodovici

Una delle tante affermazioni importanti della Caritas in veritate di Benedetto XVI si trova enunciata al punto n. 8: «L’annuncio di Cristo è il primo e fondamentale fattore di sviluppo». In più luoghi, l’enciclica mostra come alcune idee del cristianesimo siano tutt’altro che d’ostacolo alla possibilità di un vero umanesimo ( si pensi a Feuerbach, Nietzsche ed ai loro epigoni): esse sono invece decisive già per il miglioramento delle condizioni materiali di vita (che poi i cristiani le mettano sempre in pratica è un altro discorso). Vediamo di seguito alcuni (pochi) esempi. Intanto, il cristianesimo proclama instancabilmente l’incommesurabile dignità di ogni uomo (n. 9 e 18) e con ciò incentiva una prassi di sollecitudine e di solidarietà verso ciascun essere umano, promuove un vero umanesimo e una società dove ognuno possa vivere, anche materialmente, in condizioni adeguate a tale valore ontologico.
  Esso inoltre bandisce inequivocabilmente ogni forma di violenza (29), che frena lo sviluppo. E se la ragione può da sola cogliere l’uguaglianza di tutti gli uomini, tuttavia (n. 19) non può davvero riuscire a motivare la fraternità universale – e quindi una prassi corrispondente – perché quest’ultima è fondata dal pensarsi figli dello stesso Padre.
  Ancora, in passato «Grandi nazioni hanno potuto uscire dalla miseria anche grazie al numero e alla capacità dei loro abitanti»; ma oggi vediamo che «Nazioni un tempo floride conoscono […] una fase di incertezze e in qualche caso di declino proprio a causa della denatalità», dato che (per fare solo qualche esempio) essa mette in crisi i sistemi di assistenza sociale, riduce la disponibilità di lavoratori qualificati e di intelligenze a cui attingere, ecc. (44). Ora, il cristianesimo insiste molto sulla grandezza del matrimonio, invitando i coniugi ad accogliersi reciprocamente nella distinzione e nella complementarietà, e ad essere aperti alla vita.
  Ma l’accoglienza alla vita è fondamentale anche per un altro motivo (n. 28): coltivando l’apertura alla vita i popoli ricchi possono meglio promuovere una politica internazionale di aiuto agli altri Paesi, perché tale apertura li aiuta a comprendere meglio le necessità di quelli poveri, ad «evitare di impiegare ingenti risorse economiche e intellettuali per soddisfare desideri egoistici tra i propri cittadini». D’altra parte, il cristianesimo ha il suo centro ed il suo ideale nell’amore (illuminato dalla verità) e quest’ultimo rende particolarmente ingegnosi e motivati a trovare soluzioni al disagio, al degrado ed alla povertà. Dunque, l’amore «non è un’aggiunta posteriore, quasi un’appendice a lavoro ormai concluso delle varie discipline, bensì dialoga con esse sin dall’inizio» ( n. 30).
  Del resto (e il Papa lo ha sottolineato in altre occasioni), il cristianesimo ha diffuso tra le masse (la filosofia greca lo ha fatto solo tra pochi) l’idea della grandezza della ragione umana, immagine di quella divina, da impiegare in tutti gli ambiti nel modo migliore possibile. Ancora: la virtù cristiana soprannaturale della speranza (tema della precedente enciclica), incoraggia la ragione a non demordere di fronte ai problemi, a non scoraggiarsi (n. 34). Infine, il cristianesimo insiste molto anche sulle virtù umane (n. 71): di nuovo la sollecitudine, ma altresì la laboriosità, l’onestà, e così via. Anche questo aspetto del messaggio cristiano è decisivo per lo sviluppo, già a livello materiale, perché molte crisi finanziarie scaturiscono (anche) da un deficit etico.

 
Fonte: Avvenire, 15/07/09