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Va fatta una riflessione sulla paternità. Potremmo dire sulla paternità responsabile, che non è quella cosa su cui si è tanto insistito negli ultimi decenni nel mondo cattolico per giustificare una certa ristrettezza nella generosità della vita, dimenticando che la vera paternità responsabile è quella di essere "responsabili" dinanzi alla generosità di Dio. No, in questo caso non vogliamo riferirci a questa paternità responsabile, ma ad un'altra. Anzi, è significativo il fatto che da quando si è iniziato a parlare di "responsabilità" nel generare, si contano sempre più casi di irresponsabilità genitoriale. Ovviamente non è un solo caso a far tendenza, deve essere sempre qualcosa di più e questo qualcosa di più purtroppo c'è ed è sociologicamente riscontrabile. È infatti sempre più diffuso un prolungamento dell'irresponsabilità adolescenziale negli adulti. Non solo negli adulti single (come oggi si ama dire), ma anche in quelli sposati e con figli. Il che è molto preoccupante.
Una volta si diceva: sposati, così metterai la testa a posto! E succedeva quasi sempre. Ci si sposava, si avevano diversi figli, e la testa... davvero si metteva a posto. Nel senso che si era costretti a metterla a posto per portare il pane a casa e sfamare un numero di figli che spesso non era dei più smilzi. Quell'impegno necessario, quello stringere i denti, quell'incrociare i volti dei propri bambini che esigevano di essere sostenuti e accuditi, costringevano a... mettere la testa a posto.
Oggi, invece, mancano motivi seri e persuasivi per mettere la testa a posto. La cultura che respiriamo è quella della superficialità. A che pro sacrificarsi? A che pro stringere i denti? A che pro rinunciare a me per pensare a te? Piuttosto è necessario il contrario. Anzi, non necessario, persino doveroso. L'uomo non deve sacrificarsi, non deve spendersi, non deve negarsi, perché non c'è nulla fuori dei diritti dell'uomo. Figuriamoci, poi, quando si è sposati. Perché due genitori che non vanno più d'accordo dovrebbero rimanere insieme per salvare la famiglia? No, è assurdo. Perché rinunciare ai propri diritti? Perché rinunciare a rifarsi una vita?
Si sa: se si semina vento, si raccoglie tempesta. Se ciò che conta non è più Dio, ma l'uomo, perché orientarsi necessariamente verso una "fatica" che costringe ad una non soddisfazione personale, ma ad un bene altrui? Non ha senso.
E così l'unico scopo che si staglia all'orizzonte è quello del gioco. L'unico imperativo è giocare, giocare e basta!
Pensare solo ai propri diritti ha ridotto tutto a "burletta". Ad una tragica "burletta" dove non si ride... ma si finisce sempre con l'essere costretti a piangere.
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