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DICI ''PER FORTUNA'' O ''GRAZIE A DIO''?
Chi si appella a Dio, legge la realtà come razionalità, cioè qualcosa che rientra in un progetto più grande, anche se non immediatamente comprensibile (impariamo da Seneca e Bach)
da I Tre Sentieri

Nelle Lettere a Lucilio Seneca scrive: "Uomo buono, senza Dio, non è nessuno: nessuno può senza l'aiuto di Dio innalzarsi sopra la fortuna".
Dunque, il famoso scrittore latino dice che senza Dio non ci si può innalzare sopra la fortuna. Cosa significa "innalzarsi sopra la fortuna"?
Significa poter vincere la sorte. Quella sorte che sovrasta irrazionalmente, senza un perché, senza un significato, senza una ragione che la renda credibile e quindi accettabile.
È la fortuna come fattore imponderabile o come decisione già precostituita, cioè già decisa, che inevitabilmente costringe in tutto ciò che accade o che accadrà.
Chi invece si rimette a Dio - dice Seneca - ha la possibilità di oltrepassare la fortuna, di mettersi in un certo qual modo al di sopra dell'ineluttabilità degli eventi, di poter addirittura dominare gli eventi.
Tutto questo per dire cosa? Per dire quanto siamo caduti in basso ...e tutto a discapito della nostra intelligenza. Oggi si sente continuamente l'espressione per fortuna! Mi è andata bene... per fortuna! Sono guarito... per fortuna! Ho risolto questo problema... per fortuna!
Invece le nostre nonne non si sognavano affatto di dire per fortuna! Piuttosto dicevano: ringraziando Dio! Ringraziando Dio, mi è andata bene. Ringraziando Dio, sono guarita. Ringraziando Dio, ho risolto questo problema.
L'alternativa fortuna-Dio non è un'alternativa di poco conto. E' piuttosto un'alternativa tra due modi d'intendere il reale. Da una parte, appellandosi alla fortuna,  si legge la realtà come puro non-senso, come caos, come - appunto - fortuità. Dall'altra, appellandosi a Dio, si legge la realtà come logos, come razionalità, come qualcosa che rientra in un progetto più grande, anche se non immediatamente comprensibile.
Da una parte, con la fortuna, vi è la resa dell'intelligenza; dall'altra, con Dio, vi è il desiderio di intelleggere (cioè leggere dentro) il reale, di renderlo cioè ragionevole, comprensibile, appunto: intellegibile.
I fatti del mondo, i fatti della vita, tutto ciò che esiste e accade e si pone dinanzi, non sono tessere che fortuitamente e caoticamente si legano fra loro senza che ne venga fuori un mosaico comprensibile. No, sono piuttosto come le singole note che, messe insieme con ordine, danno l'armonia della musica.
E, proprio a proposito della musica, il grande Johan Sebastian Bach soleva dire: "Io suono le note come sono scritte, ma è Dio che fa la musica". Appunto: Dio fa la musica, non la fortuna.
Ma Bach non era stupido... era intelligente.

 
Titolo originale: Chi sceglie la stupidità dice: per fortuna! Chi sceglie l'intelligenza dice: ringraziando Dio!
Fonte: I Tre Sentieri, 26 aprile 2020