BastaBugie n�208 del 02 settembre 2011

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OMELIA XXIII DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO - ANNO A - (Mt 18,15-20)
Dove sono due o tre riuniti nel mio nome, io sono in mezzo a loro
Fonte: Il settimanale di Padre Pio, (omelia per il 04/09/2011)

Il tema centrale delle letture di questa domenica è la carità fraterna. San Paolo, nella seconda lettura, dice chiaramente: «Non siate debitori di nulla a nessuno, se non dell'amore vicendevole; perché chi ama l'altro ha adempiuto la Legge» (Rm 13,8). Egli insegna che i Comandamenti di Dio, come non commettere adulterio, non uccidere, non rubare, non desiderare, e qualsiasi altro comandamento, «si ricapitola in questa parola: amerai il tuo prossimo come te stesso» (Rm 13,9). Da ciò si capisce che ogni peccato, ogni trasgressione ai Comandamenti di Dio, è una mancanza di carità. Questo vale anche per i Comandamenti della purezza, ovvero il sesto e nono, in quanto, se si ama veramente il prossimo, si desidera vivamente il suo bene spirituale e lo si rispetta anche nel più piccolo pensiero.
Per questo motivo, sant'Agostino affermava: «Ama e fa' quello che vuoi», nel senso che per chi ama veramente Dio e il prossimo diventa una esigenza osservare i Comandamenti di Dio, per lui non potrebbe essere diversamente; al contrario, quando prevale l'egoismo, allora la nostra volontà si oppone a quella di Dio e noi desideriamo ciò che Dio proibisce. San Paolo conclude questa breve lettura affermando che «pienezza della Legge infatti è la carità» (Rm 13,10).
Quando si parla di carità si parla sempre di una comunione di persone. Dio stesso è una Comunione di Persone: il Padre ama il Figlio, il Figlio ama il Padre, e l'Amore reciproco tra il Padre e il Figlio è lo Spirito Santo. Il Padre è Dio, il Figlio è Dio, lo Spirito Santo è Dio, e, insieme, le tre divine Persone sono l'unico vero Dio. Le creature umane, create a sua immagine e somiglianza, devono riflettere questa Comunione divina d'amore. Per tale motivo, la prima cosa che Dio chiede alle sue creature è l'amore reciproco. Gesù, nel brano del Vangelo di oggi, afferma con autorità: «Dove sono due o tre riuniti nel mio nome, lì sono io in mezzo a loro» (Mt 18,20). Dove regna la carità, la vita in comune si trasforma in un Paradiso anticipato, e Gesù rimane tra di noi; ma, dove trionfa l'egoismo, l'esistenza umana preannuncia l'eterna perdizione.
Faremo rimanere Gesù in mezzo a noi se ci ameremo scambievolmente come Lui ci ha amati e se ognuno di noi cercherà non tanto di stare bene, ma di far stare bene il prossimo. Le letture di oggi ci indicano alcune forme di carità fraterna, ai giorni d'oggi poco praticate. La prima è quella della "correzione fraterna", la seconda riguarda la "preghiera".
La correzione fraterna è forse la carità più difficile da praticare. Nella prima lettura, Dio diceva al profeta Ezechiele che se egli non avesse richiamato il peccatore, questi sarebbe morto nei suoi peccati, ma il profeta avrebbe dovuto rendere conto della sua morte; se invece egli lo avesse messo in guardia, egli non sarebbe stato responsabile della sua perdizione. Così, nel brano del Vangelo che abbiamo ascoltato, Gesù dice che guadagneremo un fratello se riusciremo a convertirlo dalla sua condotta perversa (cf Mt 18,15).
Queste parole devono farci riflettere seriamente. Quante volte noi, per non avere fastidi, non diciamo niente ai nostri fratelli che sbagliano e vivono lontani da Dio! Tuttavia, questo silenzio è pieno di responsabilità. Dobbiamo parlare, e la nostra parola sarà accolta solo se sarà unita all'umiltà e alla carità. Diversamente le nostre parole allontaneranno ancora di più le anime da Dio.
Dove le parole non arrivano, giunge la preghiera. Ecco la seconda forma di carità indicataci dal Vangelo di oggi. L'efficacia della preghiera, e soprattutto della preghiera in comune, è messa in luce da queste parole di Gesù: «In verità io vi dico ancora: se due di voi sulla terra si metteranno d'accordo per chiedere qualunque cosa, il Padre mio che è nei cieli gliela concederà» (Mt 18,19).
Raccontava un sacerdote, che poi divenne vescovo di Praga e cardinale, mons. Giuseppe Beran, che quando egli doveva richiamare qualche fratello che sbagliava, lo faceva con parole umili e piene di carità. Lo richiamava alcune volte; poi, quando si accorgeva che le sue parole cadevano nel vuoto, egli non diceva più nulla e si limitava a pregare e ad offrire sacrifici. Gli effetti desiderati non si facevano di molto attendere: alla fine egli riusciva sempre ad ottenere la sospirata conversione.
Imitiamo anche noi un esempio così bello e ci accorgeremo che la preghiera da sola otterrà molto di più di tutte le più belle parole.

Fonte: Il settimanale di Padre Pio, (omelia per il 04/09/2011)

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