BastaBugie n�502 del 19 aprile 2017

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OMELIA II DOMENICA DI PASQUA - ANNO A (Gv 20,19-31)
A coloro a cui perdonerete i peccati, saranno perdonati
Fonte: Il settimanale di Padre Pio, (omelia per il 23 aprile 2017)

La seconda domenica di Pasqua è la cosiddetta "Domenica della Divina Misericordia". È chiamata così in seguito alle richieste che Gesù rivolse a santa Faustina, di celebrare la domenica successiva a quella di Pasqua in onore dell'infinita misericordia con cui Egli ci ha amati e redenti.
Il Vangelo di oggi si armonizza molto bene con il tema della Misericordia. Il brano dell'evangelista Giovanni riporta infatti l'apparizione di Gesù agli Apostoli avvenuta «la sera di quel giorno» (Gv 20,19), il giorno della Risurrezione. In quella apparizione Gesù istituì il sacramento della Riconciliazione.
Gesù mostra agli Apostoli le piaghe alle mani e al costato. Questo particolare è molto importante per dimostrare la verità della Risurrezione. È proprio Lui che appare loro; Lui che è morto in croce. I segni della Passione ora risplendono come emblemi di gloria e come simboli di vittoria.
Apparendo agli Apostoli, Gesù affida a loro la stessa missione che Egli ha ricevuto dal Padre: «Come il Padre ha mandato me, anche io mando voi» (Gv 20,21). La missione è quella di portare la salvezza fino agli estremi confini della terra. Gli Apostoli devono predicare il Vangelo ed essere ministri del perdono di Dio. Per questo motivo, Gesù, dopo aver alitato su di loro, disse: «Ricevete lo Spirito Santo. A coloro a cui perdonerete i peccati, saranno perdonati; a coloro a cui non perdonerete, non saranno perdonati» (Gv 20,22-23). Con queste parole, Gesù ha dato alla Chiesa il potere di rimettere i peccati.
A Santa Faustina, Gesù fece una meravigliosa promessa. Egli volle che in questa domenica si parlasse della Divina Misericordia e disse: «Chi si accosterà alla sorgente della vita - ovvero alla Confessione e alla Comunione - questi conseguirà la remissione totale delle colpe e delle pene». Poi continuò dicendo: «L'umanità non troverà pace, finché non si rivolgerà con fiducia alla Mia Misericordia. Oh quanto mi ferisce la diffidenza di un'anima! Tale anima riconosce che sono santo e giusto, e non crede che Io sono misericordioso, non ha fiducia nella Mia bontà».
In questa domenica siamo chiamati anche noi a glorificare l'infinita Misericordia di Dio. Accostiamoci con fiducia al Sacramento del suo perdono, fondando il nostro proposito di non peccare più non sulle nostre forze, che sono molto piccole, ma sul suo santo aiuto, come recitiamo nell'"Atto di dolore".
Per fare una buona Confessione c'è bisogno di cinque cose: un buon esame di coscienza dall'ultima Confessione ben fatta; un'accusa sincera dei peccati, senza tacere volutamente nulla; un vivo dolore per le colpe commesse; un fermo proposito di non commetterle più; l'adempimento della penitenza imposta dal sacerdote. Chiediamo la grazia di pentirci con tutto il nostro cuore e di confessarci sempre bene. È questa la grazia più grande che è come la base per un cammino spirituale che ci porterà molto in alto.
Nella vita della beata Angela da Foligno si racconta un particolare molto importante. La Beata, quando era giovane, ebbe la sventura di confessarsi male per diversi anni, tacendo volutamente per vergogna alcuni peccati. A distanza di tempo, ella trovò la forza di "vuotare il sacco" e di dire tutto al sacerdote. Fu quello il tempo di un "nuovo inizio" che la portò ai vertici dell'esperienza mistica. Tutto iniziò con una Confessione ben fatta. Glorifichiamo anche noi l'infinita Misericordia di Dio confessandoci sempre bene e sinceramente.
Nel Vangelo di oggi c'è un altro particolare che è di grande insegnamento. Tommaso, uno dei Dodici, «non era con loro quando venne Gesù» (Gv 20,24). Egli non volle credere alla testimonianza degli altri Apostoli riguardo alla Risurrezione del Signore, e disse: «Se non vedo nelle sue mani il segno dei chiodi e non metto il mio dito nel segno dei chiodi e non metto la mia mano nel suo fianco, io non credo» (Gv 20,25). Otto giorni dopo, Gesù apparve di nuovo, e c'era anche Tommaso. Gesù entrò a porte chiuse e disse a Tommaso: «Metti qui il tuo dito e guarda le mie mani; tendi la tua mano e mettila nel mio fianco; e non essere incredulo ma credente!» (Gv 20,27). A quella vista, Tommaso fece uno stupendo atto di fede: vide l'umanità gloriosa di Cristo Risorto e credette nella sua divinità, esclamando: «Mio Signore e mio Dio!» (Gv 20,28).
Un atto di fede simile lo facciamo anche noi ogni volta che partecipiamo all'Eucaristia. Ogni volta che vediamo l'Ostia consacrata, noi non vediamo l'umanità di Gesù e neppure la sua divinità, eppure noi riconosciamo in quell'Ostia Gesù, vero Dio e vero uomo. Quando, durante la Messa, il sacerdote eleva l'Ostia Santa, e quando preghiamo davanti al Tabernacolo, è una cosa molto bella ripetere l'atto di fede di Tommaso: «Mio Signore e mio Dio». Ripetiamolo spesso e crediamo senza esitare che quello che vediamo non è pane e vino, ma è Gesù vivo e vero.
A san Tommaso Apostolo ravveduto, Gesù poi disse: «Perché mi hai veduto, tu hai creduto; beati quelli che non hanno visto e hanno creduto» (Gv 20,29). Tommaso vide l'umanità di Gesù e credette alla sua divinità; noi non vediamo nulla e, perciò, siamo beati, come ha affermato il Signore.
Volendo ora sintetizzare il contenuto del Vangelo di oggi, possiamo adoperare due parole: Confessione e Comunione. Esse costituiscono la "fonte della vita" di cui parlava Gesù a santa Faustina. Accostiamoci con fiducia a questa fonte per attingervi la vita in abbondanza. La Madonna, Madre dell'Eucaristia, ci ispiri sempre una grande fiducia nell'infinita Misericordia di Dio.

Fonte: Il settimanale di Padre Pio, (omelia per il 23 aprile 2017)

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