BastaBugie n�42 del 08 agosto 2008

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1 LA CROAZIA VIETA I NEGOZI APERTI LA DOMENICA E INCORAGGIA I CITTADINI A DEDICARE TEMPO ALLA FAMIGLIA E ALLA MESSA
Domenica giorno del Signore. Il parlamento della Croazia prende i primi provvedimenti.
Autore: Thaddeus M. Baklinski - Fonte: fonte non disponibile
2 INVECE IN ITALIA CONFCOMMERCIO E SINDACATI SI ACCORDANO PER LO SHOPPING 7 GIORNI SU 7

Autore: Giuseppe Biffi - Fonte: fonte non disponibile
3 SENZA IL GIORNO DEL SIGNORE NON POSSIAMO VIVERE: QUANDO I CRISTIANI MORIVANO PER DIFENDERE LA DOMENICA
Viaggio Apostolico di Sua Santità Benedetto XVI in Austria
Autore: Benedetto XVI - Fonte: vatican.va
4 FINALMENTE SVELATO IL VERO SHAKESPEARE: E' CATTOLICO
Strano posto l'Inghilterra protestante: i suoi maggiori letterati (da Oscar Wilde a Shakespeare a Tolkien) erano tutti cattolici
Autore: Rino Cammilleri - Fonte: fonte non disponibile
5 INTERVISTA A PADRE BERNARDO CERVELLERA DI ASIANEWS: LA CINA CHE TEME LE OLIMPIADI
«È solo un’operazione di immagine » «Il regime teme che la manifestazione faccia da cassa di risonanza di tutte le ambiguità interne alla società».
Autore: Lucia Capuzzi - Fonte: fonte non disponibile
6 IL PARLAMENTO ITALIANO APPROVA ALL'UNANIMITÀ IL TRATTATO DI LISBONA. NEMMENO UN VOTO CONTRARIO: CHE STRANO!

Autore: Giuseppe Biffi - Fonte: fonte non disponibile
7 IL VERO VOLTO DEL TRATTATO DI LISBONA: UNA DITTATURA CHE NEMMENO HITLER E STALIN AVREBBERO SOTTOSCRITTO.

Autore: Nicolò Stenone - Fonte: fonte non disponibile
8 L'ULTIMA RIVELAZIONE: IL ROMANZO ANTI-CODICE DA VINCI

Autore: Rino Cammilleri - Fonte: fonte non disponibile
9 ELUANA ED EUTANASIA: L'ABILE COLPO DI MANO DEI FIGLI DELLE TENEBRE
Il ruolo della commissione oleari nell’introdurre l’eutanasia per omissione
Autore: Gian Luigi Gigli - Fonte: fonte non disponibile

1 - LA CROAZIA VIETA I NEGOZI APERTI LA DOMENICA E INCORAGGIA I CITTADINI A DEDICARE TEMPO ALLA FAMIGLIA E ALLA MESSA
Domenica giorno del Signore. Il parlamento della Croazia prende i primi provvedimenti.
Autore: Thaddeus M. Baklinski - Fonte: fonte non disponibile, 16 luglio 2008

Il parlamento della Croazia, paese a maggioranza cattolica, esorta a i propri cittadini a reclamare la Domenica come giorno per celebrare l'Eucaristia, per dedicarsi alla famiglia e al riposo.
Il parlamento croato il 15 luglio ha approvato una legge che prescrive alla maggior parte degli esercizi commerciali la chiusura domenicale. Tale legge permette, tuttavia, lo shopping domenicale durante la stagione turistica estiva e le vacanze natalizie.

La nuova legge permette anche l'apertura domenicale per tutto l'anno dei negozi negli ospedali, nelle stazioni di servizio, nelle stazioni degli autobus e in quelle ferroviarie. I forni, le edicole e i fioristi sono anch'essi esenti dal divieto.
La maggior parte dei paesi post-comunisti, Croazia compresa, hanno attraversato problemi nella transizione dall'oppressione dell'ideologia marxista, la quale proclama che Dio non esiste e dunque non c'è bisogno di alcun giorno per le pratiche religiose o il riposo, ad un'economia di mercato dove dominano il fascino e il desiderio di tutto quel che è occidentale.
La Croazia, tuttavia, si trova ora in una situazione politica ed economica più stabile, in cui il popolo può riaffermare le sue secolari tradizioni di famiglia e di fede, e vivere un rinascimento della propria cultura. La messa al bando dell'apertura domenicale dei negozi è un passo significativo in quella direzione.
I benefici di non rendere la domenica una semplice estensione del sabato sono stati ben documentati. Ad esempio, un rapporto intitolato "Chiesa contro centro commerciale: cosa avviene quando la religione deve affrontare una crescente competizione secolarista?" che fu pubblicato dall'Ufficio Nazionale di Ricerche Economiche nel 2006, indicava che l'approvazione dello shopping domenicale provocava un aumento nell'uso di droga e alcool tra i fedeli che altrimenti si sarebbero recati alla Messa.
Il vescovo cattolico Thomas Olmsted di Phoenix, Arizona, osservò nel 2005 che "il mondo ha sofferto con la perdita dell'osservanza religiosa della Domenica come giorno di riposo", e rifletteva che il giorno che soleva essere riservato per stare insieme nella preghiera e in famiglia era diventato "un'estensione del sabato", riempito di commissioni che includevano invariabilmente lo shopping.
Olmsted, vescovo di Phoenix, diceva: "mantenete la santità della domenica... evitate ogni tipo di acquisto e godetevi la domenica come giorno di riposo, di svago, un giorno per la famiglia, un giorno per celebrare l'Eucaristia".
Nel Regno Unito, recenti ricerche da parte del Sondaggio Consumatori NOP hanno rivelato che il 71% delle persone sarebbero poco dispiaciute, o non dispiaciute affatto, se i negozi fossero chiusi la domenica, eccetto i piccoli negozi di alimentari e casalinghi.
Quando è stato chiesto agli interrogati se pensavano che almeno un giorno della settimana - la domenica - dovessero essere differente dagli altri, due terzi hanno risposto si, le donne in maggioranza (70% contro 61%).
Più di tre quarti (81%) ritenevano che preservare la domenica come giorno dedicato alla famiglia fosse una buona idea. Questo si è verificato particolarmente nel gruppo di età dai 65 anni in su, in cui l'88% pensava che fosse una buona idea, rispetto al 74% del gruppo dai 16 ai 24 anni. Più di due quinti degli interrogati (42%) hanno detto che è molto importante per la stabilità familiare e la vita comunitaria avere un giorno libero settimanale condiviso e comune a tutti. Solo il 3% ha detto che la cosa non aveva alcuna importanza. [...]

Fonte: fonte non disponibile, 16 luglio 2008

2 - INVECE IN ITALIA CONFCOMMERCIO E SINDACATI SI ACCORDANO PER LO SHOPPING 7 GIORNI SU 7

Autore: Giuseppe Biffi - Fonte: fonte non disponibile, 21-07-2008

"Nel rispetto della libertà religiosa e del bene comune di tutti, i cristiani devono adoperarsi per far riconoscere dalle leggi le domeniche e i giorni di festa della Chiesa come giorni festivi. Spetta a loro offrire a tutti un esempio pubblico di preghiera, di rispetto e di gioia e difendere le loro tradizioni come un prezioso contributo alla vita spirituale della società umana". Così il Catechismo della Chiesa Cattolica al numero 2188.
E così mentre il parlamento croato il 15 luglio scorso ha approvato una legge che prescrive alla maggior parte degli esercizi commerciali la chiusura domenicale, in Italia la scorsa settimana, dopo diciotto mesi di trattative, è stato firmato un accordo tra Confcommercio e sindacati (accordo sottoscritto da Uiltucs-Uil e Fisascat-Cisl, ma non dagli esponenti di Filcams-Cgil). Con questo accordo i negozi staranno aperti alla domenica. Quella che, finora, era solo un'abitudine sempre più diffusa, adesso è una firma in calce al contratto dei lavoratori del commercio valevole fino al 2010.
Sulla stampa si trovano queste esilaranti affermazioni:
«La battaglia è stata lunga – su Il Giornale - ma ora la domenica, giorno di riposo, è un fortino crollato sotto i colpi dello shopping», «Il tabù domenicale - su Il Sole 24 ore - è crollato per oltre due milioni di lavoratori, che ottengono un aumento del trenta per cento dello stipendio per il giorno festivo, in media 150 euro». «È l'addio definitivo alla vecchia domenica, l'ultima barriera da abbattere in nome dei consumi», «Il rito della festa è diventato quello dello shopping: lo dicono i numeri, delle entrate e dei desideri. Alla domenica gli incassi dei supermercati sono da record, secondi solo agli introiti del sabato; una ricerca realizzata da Cermes-Bocconi ha calcolato che quasi l'80 per cento degli italiani vorrebbe negozi sempre aperti. L'oblio della domenica è stato quantificato anche dal Censis: meno di un italiano su due la considera un giorno di riposo, quasi la metà (il 46 per cento) preferisce dedicare le ore domenicali al turismo» (cfr. Eleonora Barbieri, "Negozi sempre aperti, così crolla il tabù del lavoro di domenica", Il Giornale n. 172 del 2008-07-20).
Insomma tutti contenti, tutti felici. Finalmente il tabù della domenica è abbattuto ed in più i lavoratori del commercio si vedranno un po' meglio remunerati...
In realtà ci si trova davanti ad una dura sconfitta, che l'Italia ha patito sia dal punto di vista culturale, che sociale e – per i cattolici, che in Italia sono ancora il 96% – anche e soprattutto morale.
La salvaguardia della Domenica, quale giorno festivo nazionale e non lavorativo, è atto dovuto, dato che costituisce parte integrante del grande patrimonio culturale del nostro Paese. Non si può cancellare con un colpo di spugna – senza gravi conseguenze - ciò che ha costituito per secoli un elemento basilare della vita della Nazione.
La salvaguardia della Domenica, quale giorno festivo nazionale e non lavorativo, è atto dovuto, dato che la frammentazione del riposo settimanale, dal punto di vista sociale, produce un'ulteriore - e non piccola - divisione nel tessuto sociale. Questo è un dato evidente. Una Nazione frammentata e divisa è ciò che desiderano tutti coloro che la vogliono "svendere" ai "poteri forti".
La salvaguardia della Domenica, quale giorno festivo nazionale e non lavorativo, è atto dovuto specialmente da parte di coloro che si professano cristiani. La Domenica, il "Giorno del Signore", è sempre stata considerata - fin dai tempi della Chiesa primitiva - come il "cuore" della comunità cristiana. Non lottare per custodire questa realtà preziosissima sarebbe una grave omissione che avrebbe gravi ripercussioni sulla comunità ecclesiale e, per riflesso, anche sulla società tutta.
Madre e Regina d'Italia, prega per noi.

Fonte: fonte non disponibile, 21-07-2008

3 - SENZA IL GIORNO DEL SIGNORE NON POSSIAMO VIVERE: QUANDO I CRISTIANI MORIVANO PER DIFENDERE LA DOMENICA
Viaggio Apostolico di Sua Santità Benedetto XVI in Austria
Autore: Benedetto XVI - Fonte: vatican.va, 9 settembre 2007

Cari fratelli e sorelle!
"Sine dominico non possumus!" Senza il dono del Signore, senza il Giorno del Signore non possiamo vivere: così risposero nell'anno 304 alcuni cristiani di Abitene nell'attuale Tunisia quando, sorpresi nella Celebrazione eucaristica domenicale, che era proibita, furono portati davanti al giudice e fu loro chiesto perché avevano tenuto di Domenica la funzione religiosa cristiana, pur sapendo che questo era punito con la morte. "Sine dominico non possumus". Nella parola dominicum/dominico sono indissolubilmente intrecciati due significati, la cui unità dobbiamo nuovamente imparare a percepire. C'è innanzitutto il dono del Signore – questo dono è Lui stesso: il Risorto, del cui contatto e vicinanza i cristiani hanno bisogno per essere se stessi. Questo, però, non è solo un contatto spirituale, interno, soggettivo: l'incontro col Signore si iscrive nel tempo attraverso un giorno preciso. E in questo modo si iscrive nella nostra esistenza concreta, corporea e comunitaria, che è temporalità. Dà al nostro tempo, e quindi alla nostra vita nel suo insieme, un centro, un ordine interiore. Per quei cristiani la Celebrazione eucaristica domenicale non era un precetto, ma una necessità interiore. Senza Colui che sostiene la nostra vita, la vita stessa è vuota. Lasciar via o tradire questo centro toglierebbe alla vita stessa il suo fondamento, la sua dignità interiore e la sua bellezza. …
…  "Sine dominico non possumus!". Senza il Signore e il giorno che a Lui appartiene non si realizza una vita riuscita. La Domenica, nelle nostre società occidentali, si è mutata in un fine-settimana, in tempo libero. Il tempo libero, specialmente nella fretta del mondo moderno, è una cosa bella e necessaria; ciascuno di noi lo sa. Ma se il tempo libero non ha un centro interiore, da cui proviene un orientamento per l'insieme, esso finisce per essere tempo vuoto che non ci rinforza e non ricrea. Il tempo libero necessita di un centro – l'incontro con Colui che è la nostra origine e la nostra meta. Il mio grande predecessore sulla sede vescovile di Munchen und Freising, il Cardinale Faulhaber, lo ha espresso una volta così: "Dà all'anima la sua Domenica, dà alla Domenica la sua anima".
Proprio perché nella Domenica si tratta in profondità dell'incontro, nella Parola e nel Sacramento, con il Cristo risorto, il raggio di tale giorno abbraccia la realtà intera. I primi cristiani hanno celebrato il primo giorno della settimana come Giorno del Signore, perché era il giorno della risurrezione. Ma molto presto la Chiesa ha preso coscienza anche del fatto che il primo giorno della settimana è il giorno del mattino della creazione, il giorno in cui Dio disse: "Sia la luce!" (Gn 1,3). Per questo la Domenica è nella Chiesa anche la festa settimanale della creazione – la festa della gratitudine e della gioia per la creazione di Dio. In un'epoca, in cui, a causa dei nostri interventi umani, la creazione sembra esposta a molteplici pericoli, dovremmo accogliere coscientemente proprio anche questa dimensione della Domenica. Per la Chiesa primitiva, il primo giorno ha poi assimilato progressivamente anche l'eredità del settimo giorno, dello shabbat. Partecipiamo al riposo di Dio, un riposo che abbraccia tutti gli uomini. Così percepiamo in questo giorno qualcosa della libertà e dell'uguaglianza di tutte le creature di Dio. …
… Amen.

Fonte: vatican.va, 9 settembre 2007

4 - FINALMENTE SVELATO IL VERO SHAKESPEARE: E' CATTOLICO
Strano posto l'Inghilterra protestante: i suoi maggiori letterati (da Oscar Wilde a Shakespeare a Tolkien) erano tutti cattolici
Autore: Rino Cammilleri - Fonte: fonte non disponibile, 28-07-2008

Insomma, è sicuro: il maggiore poeta e drammaturgo di lingua inglese di tutti i tempi (e che nella cultura anglosassone occupa il posto che ha per noi Dante) era cattolico. Un libro di Joseph Pearce (intervistato dall'agenzia Zenit.org il 14 luglio 2008) lo dimostra inequivocabilmente. The Quest for Shakespeare: the Bard of Avon and the Church of Rome (questo il titolo) non è comunque una novità, essendo stato preceduto da Shadowplay: the hidden beliefs and coded politics of Shakespeare, di Claire Asquith. «Esiste una schiera di illustri studiosi di Shakespeare che sono arrivati alla conclusione che il Poeta era cattolico», dice Pearce.
Ma la sua fede è rimasta nascosta per il semplice motivo che il cattolicesimo ai suoi tempi era fuorilegge. E lo fu praticamente fino al XIX secolo. Furono oltre settantamila i cattolici uccisi in Inghilterra per la loro fedeltà al papa. Che Shakespeare fosse cattolico lo sapeva bene anche Elisabetta I, ma la di lui discrezione le consentiva di tollerarlo. Erano del pari tollerati, benché cattolici, il compositore di corte William Byrd e il conte di Southampton, non a caso benefattore di Shakespeare. Di quest'ultimo, «la famiglia della madre era una delle famiglie cattoliche più note in Inghilterra e diverse cugine di Shakespeare erano state giustiziate per il loro coinvolgimento nei cosiddetti complotti cattolici.
Il padre di Shakespeare era stato multato in quanto cattolico e così anche la sorella Susanna». L'impronta cattolica è, nelle opere del Poeta, giudicata «evidente» da Pearce, anche se, date le circostanze, espressa «in modo circospetto». Strano posto l'Inghilterra protestante: tutti i suoi maggiori letterati (da Wilde a Tolkien) erano cattolici.

Nota di BastaBugie: per approfondimenti su Shakespeare si può leggere il seguente articolo cliccando sul seguente link

WILLIAM SHAKESPEARE ERA CATTOLICO
Nel 450° anniversario ormai è chiaro che faceva parte della dissidenza cattolica nella spietata Inghilterra anglicana
di Elisabetta Sala
https://www.bastabugie.it/it/articoli.php?id=3509

Fonte: fonte non disponibile, 28-07-2008

5 - INTERVISTA A PADRE BERNARDO CERVELLERA DI ASIANEWS: LA CINA CHE TEME LE OLIMPIADI
«È solo un’operazione di immagine » «Il regime teme che la manifestazione faccia da cassa di risonanza di tutte le ambiguità interne alla società».
Autore: Lucia Capuzzi - Fonte: fonte non disponibile, 02/08/08

« Siamo pronti», si legge ovunque per le strade di Pechino. La Cina attende con ansia l’8 agosto – data di inizio dei Giochi – per mostrare al mondo la faraonica macchina olimpica che è riuscita a costruire in sette anni. Man mano che quel giorno si avvicina, però, si fanno più evidenti le contraddizioni interne alla società cinese che il partito si sforza di tenere in ombra: la censura della stampa, la repressione del dissenso, reale o potenziale. «C’è il rischio che i Giochi si trasformino nella cassa di risonanza di tutte le ambiguità proprie di una società vuole mostrarsi moderna ma, al contempo, nega il fondamento stesso della modernità: la tutela delle libertà individuali». Da questo presupposto, parte l’analisi di padre Bernardo Cervellera, direttore di AsiaNews, sulle contraddizioni della “Pechino ai tempi dei Giochi”, a cui ha dedicato il libro “L’altra faccia delle medaglie. La Cina e le Olimpiadi”, pubblicato quest’anno da Ancora.
 Padre Cervellera, ieri, Pechino ha deciso di consentire ai giornalisti stranieri di connettersi ad alcuni siti che  «Pochi scampoli di verità potranno filtrare dal gigantesco apparato di sicurezza. Tocca agli operatori dei media riuscire a metterli in luce».  Prima erano stati censurati. Pensa che si tratti di un reale cedimento da parte del governo?
 È un tentativo di salvare l’immagine. La stampa internazionale è indignata con Pechino perché nonostante avesse promesso ai reporter stranieri piena libertà, da gennaio a ottobre, ha, invece, censurato i siti scomodi. Sbloccarne alcuni è solo un’operazione di facciata.
 Nessuna apertura, dunque, da Pechino. Perché la posizione del governo resta così rigida alla vigilia dei Giochi?
 La leadership del partito vive un momento di frustrazione. Il regime si aspettava che le Olimpiadi diventassero il coronamento del “miracolo economico” cinese, l’occasione per mostrare alla comunità internazionale la potenza e ricchezza raggiunte. Il governo, però, ha capito che la società civile mondiale non è disposta a chiudere gli occhi di fronte alle palesi violazioni dei diritti umani in atto nel Paese. I Giochi possono, dunque, trasformarsi in un’arma a doppio taglio. Perché molti dei cronisti stranieri inviati per l’evento sono interessati a conoscere la realtà della nazione, al di là della facciata ufficiale. Le Olimpiadi, che dovevano rappresentare il trionfo “dell’orgoglio cinese”, rischiano di diventare un grande palcoscenico per accusare il regime.
 E i cinesi come vivono l’evento?
 Anche la società civile cinese si sente frustrata. Per anni, il regime ha promesso ai cittadini che le Olimpiadi avrebbero portato benessere e prosperità. Ma questo non sta accadendo. La repressione della crisi tibetana, il terremoto in Sichuan, hanno scoraggiato molti visitatori da recarsi a Pechino 2008. Negli alberghi le prenotazioni sono molto inferiori alle aspettative. Le compagnie aeree hanno venduto pochi biglietti. La delusione, per chi sperava di ottenere facili guadagni dall’evento, è forte. Anche perché, in nome del “sogno olimpico”, la classe dirigente ha chiesto ai cinesi enormi sacrifici. E ora la gente si sente tradita. La rabbia, a volte, esplode in rivolte contro la polizia o le sedi del partito.
 Può fare qualche esempio dei sacrifici che i cinesi hanno dovuto sostenere per costruire il grande scenario di Pechino 2008?
 Solo nella capitale, un milione e mezzo di persone ha perso la casa in seguito agli espropri forzati per “far posto” al villaggio olimpico. La maggior parte ha ricevuto un indennizzo minimo, ad altri non è stato dato niente. Chi ha protestato è stato incarcerato. Di fatto, una massa di persone è stata espulsa da Pechino che, ora, è stata blindata con tre anelli di sicurezza.
 Che cosa pensa nell’idea di boicottare i Giochi?
 Non sono d’accordo. Si deve andare in massa a Pechino, soprattutto i giornalisti, e cercare di raccontare proprio quegli aspetti che il governo si sforza di tenere nascosti. Non è facile, le maglie del regime sono strette: ci sono mezzo milione di 'volontari' per la sicurezza e 34mila agenti che cercheranno di impedire che si faccia luce sulle “ombre cinesi”. Ma qualche “scampolo di verità” verrà comunque fuori. Spetterà ai giornalisti riuscire a vederlo.

Fonte: fonte non disponibile, 02/08/08

6 - IL PARLAMENTO ITALIANO APPROVA ALL'UNANIMITÀ IL TRATTATO DI LISBONA. NEMMENO UN VOTO CONTRARIO: CHE STRANO!

Autore: Giuseppe Biffi - Fonte: fonte non disponibile, 25 Luglio 2008

''Con Barroso c'è totale sintonia per le soluzioni da prendere per il futuro dell'Ue. Per prima cosa si deve superare il veto dell'Irlanda, ma nessuno pensa di svuotare il Trattato di Lisbona che è da approvare così come è'' (15 luglio). Parole pronunciate dal Presidente del Consiglio, Silvio Berlusconi, nella conferenza stampa al termine del colloquio a Palazzo Chigi con il presidente della Commissione Ue, José Manuel Durão Barroso. E difatti mercoledì pomeriggio, 23 luglio, il Senato della Repubblica Italiana ha approvato all'unanimità (286 «Sì» sui 286 votanti sul totale dei 315 senatori elettivi più i sette a vita) il disegno di legge che ratifica il Trattato Ue di Lisbona. Il ddl passa ora all'esame della Camera. Dunque i senatori del Popolo della Libertà e quelli del centro-sinistra hanno schiacciato gli stessi pulsanti. Anche i senatori leghisti hanno votato a favore, facendo nei loro interventi alcuni distinguo, ma che - seguiti dal voto favorevole - paiono puramente formali.
Il tutto si è consumato in un gran silenzio, senza che ai cittadini sia stata detta da parte del Governo, da parte dei politici e di quasi tutti i mezzi d'informazione, una parola chiarificatrice non soltanto sulla sua approvazione, ma anche sul suo contenuto, sulle gravi conseguenze che esso comporta. Basterebbe questo silenzio, questa precisa volontà di passare sopra la testa dei cittadini in modo da non suscitare in loro neanche la minima curiosità, per far comprendere che l'approvazione unanime data dal Senato rappresenta un fatto inquietante.
Non dimentichiamo, che il popolo irlandese si è chiaramente espresso non contro l'Europa dei popoli, ma - come ha spiegato il prof. Roberto de Mattei - contro un'Europa dei burocrati, che vorrebbe eliminare le identità nazionali e le radici cristiane del continente, per costituire un super-stato dalle fondamenta laiciste, il quale governi in nome dei popoli, ma al di sopra della volontà popolare. Evidentemente i nostri Senatori non si sono accorti di questo...

Fonte: fonte non disponibile, 25 Luglio 2008

7 - IL VERO VOLTO DEL TRATTATO DI LISBONA: UNA DITTATURA CHE NEMMENO HITLER E STALIN AVREBBERO SOTTOSCRITTO.

Autore: Nicolò Stenone - Fonte: fonte non disponibile, 20 Luglio 2008

I potenti dell'Europa si mostrano indignati e offesi perché la voce del popolo irlandese (che nulla conta davanti alla loro volontà di onnipotenza) si è espressa democraticamente contro il trattato di Lisbona, così come nel passato la saggezza del popolo francese e olandese si espresse contro l'approvazione della costituzione europea.
I super burocrati che pretendono di mettere in ginocchio, in nome dell'U.E., tutti gli Stati membri a un solo cenno del loro comando, rifiutano drasticamente questo nuovo smacco, impedendo che altre Nazioni esprimano democraticamente il loro voto, perché hanno ben capito che la gente comune, i lavoratori con mutuo casa, i cittadini fedeli alle loro tradizioni...non vogliono l'Unione Europea perché la sentono solo come imposizione dall'alto e come peso per le proprie tasche.
Ma la precarietà della situazione economica, resa ancora più difficile dal caro petrolio voluto dal mondo arabo per piegare l'occidente, è solo un aspetto della deriva a cui sta andando la nuova Europa, tutta protesa all'insegna del relativismo e della dittatura più pericolosa, perché subdola.
L'Unione Europea appena insediata, quasi non ci fossero problemi più urgenti e gravi, ha fatto approvare le unioni omosessuali con adozioni di poveri bambini indifesi.
Ha volutamente ignorato la cultura cattolica senza mai menzionarla nella costituzione.
Ha sanzionato con pesanti multe agricoltori e affini colpevoli di aver lavorato troppo.
Ha imposto ai suoi 27 stati membri di rendere legale l'aborto come "diritto giuridico della donna" a scapito del diritto alla vita del bambino, incentivando anche il diritto all'eutanasia.
Ha penalizzato l'obiezione di coscienza nei confronti dell'aborto e dell'omosessualità.
Ha inventato la cosiddetta "identità di genere" per spazzare via l'evidenza dei due sessi, maschile e femminile, allo scopo di legalizzare qualunque tendenza fuorviante.
Ha incentivato ogni tipo di ricerca sugli embrioni, compresa quella fra uomo e animale.
Ha proibito di manifestare pubblicamente la propria fede religiosa con sentenza del 21.2 diffidando la Chiesa dall'esercitare il suo ministero esterno, quale ad esempio la benedizione pasquale delle case ecc.. In seguito vedremo quale altra proibizione ci verrà imposta...
Come se tutto ciò non bastasse adesso ci impone il misterioso TRATTATO DI LISBONA che annullerà col tempo tutte le Costituzioni dei singoli Stati, sostituendosi ad esse, in modo tale che a nulla varranno col tempo le nostre leggi interne, comprese quelle riguardanti temi etici e sociali.
È il crollo del primordiale diritto alla democrazia, alla libertà e alla sovranità nazionale.
Praticamente vogliono cancellare le singole identità delle Nazioni ricche del loro patrimonio culturale, artistico, storico, religioso ecc. legato anche alle singole tradizioni millenarie, per imporre un'unica costituzione che non rispetta assolutamente né l'identità dell'Europa nè dei singoli Stati, ma oltretutto lo fanno in maniera subdola, larvata, per impedire che gli europei usino il cervello e si pronuncino sul loro futuro chiedendo di essere interpellati e documentati mediante un referendum.
Pagare i politici europei perché ci facciano schiavi della dittatura è il colmo.

Fonte: fonte non disponibile, 20 Luglio 2008

8 - L'ULTIMA RIVELAZIONE: IL ROMANZO ANTI-CODICE DA VINCI

Autore: Rino Cammilleri - Fonte: fonte non disponibile, 15 giugno 2008

Al tempo in cui furoreggiava nelle classifiche librarie il romanzo Il Codice da Vinci, di fronte all’ampiezza incredibile del fenomeno (una settantina di milioni di copie vendute, seguite dall’ovvio film) mi è capitato più volte di discutere con amici e conoscenti cattolici sulle cause di tale spropositato evento.
Infatti, a leggerlo, quel thriller non aveva niente di particolarmente eccezionale. Certo, c’era un ritmo concitato ed era scritto in modo da indurre il lettore a seguire quella specie di caccia al tesoro in cui i protagonisti erano impegnati. Ma questo non lo rendeva granché diverso da altri thriller di successo.
Perciò, l’unica cosa che poteva spiegarne l’affermazione planetaria era il «tesoro» oggetto della «caccia», questo sì differente da ogni altro. Come ormai tutti sanno, alla fine del libro si scopriva che Gesù aveva avuto figli con la Maddalena e che la loro ultima discendente era la co-protagonista del romanzo. Si scopriva pure che avevano ragione i cosiddetti vangeli apocrifi e che tutto quello che credevamo di sapere su Cristo e il cristianesimo è pura invenzione della Chiesa. Così, tra Templari, Rennes-le-Château, Priorato di Sion e Santo Graal, venivano a galla duemila anni di mistificazioni vaticane, perché Cristo avrebbe voluto instaurare (meglio: restaurare) l’antica religione universale dell’«eterno femminino» e darne il sacerdozio alla Maddalena. Invece, i maschilisti Pietro e Paolo, dopo la dipartita di Gesù, avevano imbrogliato le carte, perseguitando la Maddalena e i suoi discendenti (i Merovingi) e dandocela a bere per due millenni.
Ma via, in fondo è solo un romanzo! –fu detto.
Epperò settanta milioni di copie costituiscono un fenomeno sociale la cui importanza non è forse da sottovalutare.
Non solo. La tesi di fondo, il «tesoro» da ritrovare, era ripresa pari pari da un libro che non era affatto un romanzo ma aveva pretese assolutamente serie. Cioè, Il Santo Graal di Baigent, Lincoln e Leigh, che diversi anni prima aveva venduto la non piccola cifra di un milione di copie.
La discussione tra cattolici, cui accennavo più sopra, vedeva divisi complottisti e non complottisti. I primi sostenevano che certi libri vengono «pompati» da forze ostili alla Chiesa, forze potenti come, tanto per dirne una, la massoneria o almeno un ramo di essa. E portavano ad esempio il grandissimo successo, a suo tempo, della saga di Ramses, serie di libri a puntate che diede vita a un vero e proprio filone. Fortuna editoriale di una buona idea? No, dicevano, perché l’antico Egitto non era propriamente un tema attesissimo, laddove è sempre stato particolarmente caro ai massoni specialmente francesi fin dal tempo della spedizione napoleonica alle piramidi. Ora, la massoneria francese, diversamente da quella anglosassone, si è sempre distinta per il suo anticlericalismo. E, guarda caso, l’autore di Ramses ne era un alto esponente. Fin qui la discussione.
Ora, personalmente, non ho mai creduto nei complotti. Non perchè non creda che non ci sia gente che ci provi ma perché non credo ci riesca. Infatti, credere nel complotto implica una fiducia nell’intelligenza del mio prossimo che io non ho.
Non so perché i libri e i film che parlano male della Chiesa e dei cattolici «tirino» molto. Può darsi che scatti quella molla psicologica che, ai tempi dell’Indice, faceva sì che certi librai si procurassero solo opere messe all’Indice sapendo che il gusto del proibito avrebbe permesso loro di venderle a caro prezzo. E’ anche vero che a parlar male della Chiesa e del cattolicesimo non si rischia niente, mentre altre realtà hanno la querela (o il coltello) facile. Ed è vero che certe opere hanno largo spazio sui media, anche –ahimé- su quelli cattolici.
Tuttavia, nessuno vieta di rispondere a romanzo complottista con un romanzo altrettanto complottista.
A dar voce letteraria a quei cattolici che credono nel complotto ai danni della Chiesa ha pensato Joseph Thornborn col thriller L’ultima rivelazione (Piemme). Anche qui una caccia al tesoro, ma di segno inverso. Il lettore scopre che dietro un romanzo da settanta milioni di copie che afferma la discendenza di Gesù e il sacerdozio «femminino» della Maddalena sta un gruppo di potere (che ha la sua sede occulta e sotterranea proprio sotto la più grande Loggia massonica americana) che, attraverso la maggioranza azionaria di una piramide di società, controlla gran parte dei media mondiali. Questi ultimi non fanno che enfatizzare i casi di pedofilia a carico del clero cattolico e passare sotto silenzio o minimizzare quelli, pur non inferiori, di tutte le altre categorie. Ciò allo scopo di screditare i prelati “papabili” e far convergere i voti nel conclave su un preciso candidato, complice del complotto. Il papa regnante, grazie a un infiltrato debitamente ricattato, viene lentamente avvelenato in un Vaticano zeppo di microspie. Nel frattempo, in Giordania viene scoperto un papiro redatto dall’evangelista Luca, nel quale la Madonna stessa profetizza che un giorno suo Figlio sarà infangato e si dirà che ha avuto figli con la Maddalena. Ma gli scopritori vengono uccisi (tranne una, che riesce a fuggire). La setta che tende a distruggere la Chiesa «dall’interno» fa sparire il papiro e opera in modo che al suo posto vengano scoperti papiri coevi dei vangeli apocrifi. In tal modo, questi risultano molto più antichi di quelli canonici ed è fatta: un papa complice e la rivelazione al mondo che Gesù ha inteso imporre la religione del «femminino» spacceranno il cattolicesimo una volta per tutte. Naturalmente, il diavolo (c’è anche lui nel thriller) fa le pentole ma non i coperchi e all’ultimo soffio tutto finisce bene. Ma proprio nell’ultima pagina.
La cosa singolare nel romanzo di Thornborn è la precisissima aderenza all’attualità.
Solo i nomi sono cambiati (per esempio, il romanziere da settanta milioni di copie si chiama Murray e Gregorio XVII il papa) ma i riferimenti sono lampanti. Thornborn, ci avverte l’aletta di copertina, è un quarantenne specialista in storia delle religioni che ha insegnato alla Columbia University, collabora con il «New York Times» ed ha al suo attivo un bestseller internazionale, Il quarto segreto.
Il suo L’ultima profezia è, in ogni caso, una lettura che consiglio, si creda o meno nei complotti.
Se non altro, è un buon esempio di come si possa fare un thriller cattolico che non annoia e tiene col fiato sospeso pur senza ricorrere a descrizioni gratuite di amplessi o di violenza sanguinolenta.

RIASSUNTO DEL ROMANZO.
Pella, in Giordania, ai giorni nostri. Una spedizione archeologica ritrova un antico papiro, risalente al 70 d.C., anno della fuga della prima comunità cristiana durante le persecuzioni romane. Si tratta del testamento di Maria, raccolto dall'evangelista Luca negli ultimi giorni della sua vita. In esso si racconta la vera storia di Maria Maddalena, i suoi rapporti con Gesù e la questione del "sangue reale". Inoltre, questo testo contiene una profezia sul drammatico futuro che attende l'umanità nell'era dell'Anticristo. Una serie di incidenti e morti misteriose porterà però alla sparizione dell'antico documento. Intanto il giornalista John Costa svolge segretamente, per conto del Vaticano, una inchiesta sugli scandali legati alla pedofilia del clero negli Stati Uniti e scopre che dietro a tutto questo c'è una campagna mediatica diretta da una segreta setta satanica, diffusa a tutti i massimi livelli nei governi mondiali, determinata a distruggere la Chiesa cattolica. È coinvolto anche un arcivescovo del Vaticano, che viene misteriosamente rapito.

Thornborn Joseph, L'ULTIMA RIVELAZIONE, (Romanzo), PIEMME 2008, pp. 426, Euro 18,50;

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Fonte: fonte non disponibile, 15 giugno 2008

9 - ELUANA ED EUTANASIA: L'ABILE COLPO DI MANO DEI FIGLI DELLE TENEBRE
Il ruolo della commissione oleari nell’introdurre l’eutanasia per omissione
Autore: Gian Luigi Gigli - Fonte: fonte non disponibile, 29 luglio 2008

L’irrompere sulla scena del caso di Eluana Englaro pare aver colto di sorpresa l’opinione pubblica.
  Evidentemente il dibattito parlamentare sulle dichiarazioni anticipate di trattamento non aveva ancora investito tutti gli strati della società per la mancanza di un caso concreto con cui confrontarsi. Ora invece il dilemma, nei suoi crudi contorni, non è più astratto, ha il volto di una giovane donna, gravemente disabile, per la quale bisogna decidere se possano essere interrotte l’alimentazione e la nutrizione, con l’inevitabile conseguenza di decretarne la morte.
  Tuttavia, il dibattito sulle 'decisioni di fine vita' viene da lontano e sembra disegnare, per la Terri Schiavo italiana e per molte altre persone nelle sue condizioni dopo di lei, quasi la cronaca di una morte annunciata.
  La possibilità di anticipare la fine delle persone il cui trattamento viene ritenuto futile (perché la loro stessa vita è ritenuta ormai priva di significato) incominciò a proporsi a livello internazionale nel 1986, quando l’American Medical Association trasformò l’alimentazione e l’idratazione assistite da cura di base a trattamento medico, rifiutabile dal paziente o da chi lo rappresenta legalmente. La prima applicazione della nuova definizione si ebbe nel 1990 con la messa a morte di Nancy Cruzan, una giovane in stato vegetativo.
  In Italia, un piccolo, ma agguerrito gruppo di opinione, nel quale spiccano il magistrato Amedeo Santosuosso e il neurologo Carlo Alberto De Fanti, ha perseguito tenacemente negli anni una via mirante a penetrare lentamente i codici di deontologia medica e a riconoscere giuridicamente il valore assoluto del principio di autodeterminazione del paziente e la piena potestà del legale rappresentante, anche quando sono in gioco la vita e la morte del soggetto rappresentato.
  Il gruppo ha trovato un primo significativo riconoscimento nel 2000, quando Veronesi installò una commissione ministeriale di quattro membri, presieduta da Fabrizio Oleari e della quale faceva parte lo stesso giudice Santosuosso. Questa Commissione Oleari, rifacendosi a un orizzonte di letteratura molto limitato, costituito per un terzo da citazioni dei membri (Santosuosso e Manfredi) e da articoli apparsi sulla rivista Bioetica (uno dei quali di De Fanti) non esitò a concludere che 'l’idratazione e la nutrizione artificiali degli individui in Stato Vegetativo Permanente possono essere interrotte dopo che la Commissione medica abbia accertato la condizione di irreversibilità', e che è necessario 'considerare valido criterio orientativo delle decisioni la volontà precedentemente espressa e ricostruibile attraverso testimonianze o in documenti'.
  Molte cose sono cambiate da allora. I gruppi di ricerca di Cambridge, del New Jersey e di Liegi hanno sollevato molti dubbi sulla completa abolizione della coscienza nei pazienti in stato vegetativo. La neuropatologia delle lesioni si è dimostrata molto variabile.
  Clamorosi risvegli a distanza di anni dal trauma hanno portato ad abbandonare il concetto di 'permanente' per la condizione di stato vegetativo. La ricerca scientifica e gli studi sugli anencefalici sopravvissuti sembrano indicare un ruolo nei meccanismi della coscienza anche per il tronco dell’encefalo.
  Ciò che non è cambiato è il disegno del gruppo bioetico-giuridico milanese che è riuscito a fare qualche breccia nella stessa Federazione degli Ordini dei Medici e che sembra aver fornito il canovaccio per la sentenza che condanna a morte lenta Eluana. Infatti, trascurando ogni fatto nuovo, la Corte di Appello di Milano si è appiattita sul testo della Commissione Oleari, riportandone integralmente molte pagine e definendola 'organo tecnico di primario livello' (nonostante di essa facesse parte un solo clinico), oltre che sulla relazione, estesamente citata, di De Fanti (definito 'neurologo di chiara fama').
  Peraltro, la Corte d’Appello si è limitata ad applicare la sentenza della Cassazione del 2007, senza sentire il bisogno d’ulteriori accertamenti.
  Si chiude così un circuito autoreferenziale che, a partire da un ristretto gruppo di pressione e scavalcando il Parlamento, sta introducendo in Italia l’eutanasia per omissione. La Convenzione di Oviedo afferma che 'nessun intervento può essere effettuato su una persona incapace se non in vista di un diretto beneficio per essa'.
  Dimenticarlo oggi per Eluana può preannunziare la fine anche per altri soggetti in condizioni di estrema fragilità.

Fonte: fonte non disponibile, 29 luglio 2008

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