BastaBugie n�60 del 12 dicembre 2008

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1 CORRIERE DELLA SERA E MANIFESTO
Come manipolare la realtà
Autore: Tommaso Gomez - Fonte: 27/11/2008
2 LA TESTIMONIANZA DI UNA RAGAZZA IRANIANA CRISTIANA COSTRETTA A CONVERTIRSI ALL’ISLAM

Autore: Lucia Capuzzi - Fonte: 30 novembre 2008
3 L'IMPORTANZA DELLA SPERANZA IN UN MONDO DISPERATO

Autore: Giacomo Samek Lodovici - Fonte: 28 novembre 2008
4 SOSTEGNO AL GRANDUCA DEL LUSSEMBURGO NELLA SUA OPPOSIZIONE ALL'EUTANASIA

Autore: Mario Palmaro - Fonte: 10 Dicembre 2008
5 LA VITA UN DIRITTO INDISPONIBILE

Autore: Giorgio Carbone - Fonte: 20/11/08
6 CANZONE PER ELUANA

Autore: Gianluca Zappa - Fonte:
7 ABORTO IN URUGUAY
Il presidente Vázquez per dire no all'aborto lascia il partito socialista e pone il veto alla legge
Autore: Michela Coricelli - Fonte: 5 dicembre 2008
8 ABORTO IN SPAGNA
Effetto Zapatero, interruzioni di gravidanza record
Autore: 3 dicembre 2008 - Fonte:
9 ABORTO IN U.S.A.
Bush vuol proteggere l'obiezione contro la pillola del giorno dopo
Autore: Alberto Simoni - Fonte: 3 dicembre 2008

1 - CORRIERE DELLA SERA E MANIFESTO
Come manipolare la realtà
Autore: Tommaso Gomez - Fonte: 27/11/2008

Il Corriere della sera, venerdì scorso. Intervista di Marco Cremonesi a Umberto Bossi. Titolo: «Bossi ed Eluana. 'Se capita a me lasciatemi morire'». Quella frase nell’intervista non c’è.
  Diciamo che è una libera interpretazione (forzatura?) del titolista protetto da anonimato.
  Bossi confida di aver detto alla moglie che «non avrebbe dovuto permettere accanimenti». Quanto al testamento biologico, annota il titolista, «non si farà». Ma perché? Bossi ribatte a Cremonesi che gli chiede se non sia qualcosa di analogo al testamento tradizionale: «No, qui non si tratta di trasmettere dei beni, si tratta di rinunciare alla vita. Per prima cosa, una cosa del genere non dovrebbe essere fatta quando una persona è già malata.
  Perché lì la volontà è già deviata, dal dolore e ancor più dalla paura. Mentre se lo si fa quando si sta bene, molto spesso è per motivi ideologici.
  Uno viene convinto dai mass media. Dai fetentoni come lei». Touché.
  I giornalisti tutti fetentoni? Bossi, si sa, ama esagerare. Ad esempio, ci sono dei gentleman (anzi, gentlewoman) per nulla affetti da ideologia acuta come Mariangela Maturi, che il 21 novembre sul Manifesto esordisce con toni rispettosi e misurati: «La guerra santa dei cattolici contro la volontà di Eluana e di suo padre non conosce ravvedimenti». La colpa dei cattolici?
  Pregare. Davanti alla Corte di Strasburgo. La preghiera sarebbe dunque una forma di 'guerra santa'.
La giornalista gentildonna scruta nelle coscienze da ineffabile inquisitrice laica e sentenzia che la (buona) fede non c’entra nulla: «Salgono alla ribalta tutte le forze che di speculazioni e battaglie etiche si nutrono». Nel mirino del Manifesto è il Movimento per la vita, reo di aver «ingaggiato una battaglia a colpi di firme da presentare al Parlamento europeo». Guerre, battaglie... a colpi di preghiere e di firme. Noi pensavamo che pregare e raccogliere firme fossero pacifici diritti di pacifici cittadini. Invece siamo dei guerriglieri. Non si finisce mai di imparare.

Fonte: 27/11/2008

2 - LA TESTIMONIANZA DI UNA RAGAZZA IRANIANA CRISTIANA COSTRETTA A CONVERTIRSI ALL’ISLAM

Autore: Lucia Capuzzi - Fonte: 30 novembre 2008

Noi oppositori torturati e uccisi. Marina aveva 16 anni nel 1982 quando venne rinchiusa a Evin per aver criticato il regime. Cristiana, fu costretta a convertirsi all’islam

 « Sono stati i miei aguzzini a dirmi che ero stata condannata a morte, mentre mi frustavano sulle piante dei piedi. Non avevo neppure idea che ci fosse stato il processo». Marina Nemat è stata una delle migliaia di adolescenti iraniane rinchiusa nel carcere di Evin durante la “rivoluzione culturale islamica”, inaugurata da Khomeini. Nel 1982, a 16 anni, Marina è stata arrestata per aver criticato, sul giornale della scuola, l’opera di indottrinamento svolta dai suoi insegnanti. «Invece di studiare storia, geografia, letteratura, eravamo costretti ad ascoltare per ore la propaganda governativa. Per me, cristiana ed educata dai miei genitori al rispetto della libertà, era intollerabile».
  Ventisei anni dopo a Teheran lo scenario resta, per molti aspetti, immutato. Il dissenso viene represso, le esecuzioni sono quotidiane. Come dimostra la condanna alla lapidazione per «un’adultera» emessa dalla Corte suprema. O l’agghiacciante decisione di accecare un ragazzo di 27 anni colpevole di aver sfregiato e fatto perdere la vista alla moglie.
  Signora Nemat, perché dopo l’era riformatrice di Khatami, il regime è tornato alla politica del pugno di ferro?
 Il governo degli ayatollah alterna fasi di feroce repressione a momenti di distensione. Ma si tratta di aperture fittizie. Khatami ha concesso alle donne di scoprire un po’ di più i capelli. Non ci sono stati, però, cambiamenti sostanziali. Né si potranno avere finché tutto il potere sarà nelle mani di un solo uomo. Che non è di certo Ahmadinejad.
  Chi detiene allora la vera autorità nel Paese?
 L’ayatollah Khamenei, che ha sostituito Khomeini. Lui controlla la società e le massime cariche dello Stato, incluso il presidente. Ogni forma di opposizione viene stroncata. Ora, come negli anni Ottanta, le carceri sono stracolme di prigionieri politici che vengono spesso torturati e in alcuni casi uccisi.
 Com’è riuscita a evitare il patibolo?
  Uno dei miei carcerieri – Alì – mi ha fatto commutare la sentenza in ergastolo. In cambio, mi ha obbligato a sposarlo e a convertirmi all’islam. In realtà, mi considerava una schiava. Dopo le nozze sono rimasta nell’inferno di Evin. Dormivamo in 70 in una cella. Per andare in bagno dovevamo camminare sui corpi tumefatti dalle torture degli altri prigionieri. Quando sono stata rilasciata – dopo due anni, due mesi e 12 giorni – Alì era stato assassinato. Così, sfidando il regime, ho sposato in Chiesa Andre, il mio vecchio amore. Un reato – per gli ayatollah restavo musulmana – punibile con la morte. Ho vissuto nella paura fino al 1990, quando siamo fuggiti in Canada.
 Crede che il programma nucleare del presidente Ahmadinejad rappresenti una minaccia concreta per l’Occidente?
 Ahmadinejad è uno “showman”. Interpreta la parte del duro – e la minaccia nucleare è parte di questa strategia – per dimostrare agli iraniani e al mondo che ha il potere. Mentre è Khamanei, che resta nell’ombra, a decidere. Non credo che ci sia un rischio atomico reale. È solo propaganda.
 Dopo la vittoria in America di Obama i rapporti tra Usa e Iran potranno cambiare?
 Lo spero. Gli errori di Bush hanno favorito il regime iraniano. Gli Usa hanno eliminato Saddam, il peggior nemico di Teheran, che ora spera di veder nascere una repubblica sciita in Iraq. L’interventismo americano ha, inoltre, rafforzato i conservatori. Perché la gente, vedendosi minacciata dall’esterno, si è stretta intorno al governo. La democrazia non si importa, si costruisce col tempo.

Fonte: 30 novembre 2008

3 - L'IMPORTANZA DELLA SPERANZA IN UN MONDO DISPERATO

Autore: Giacomo Samek Lodovici - Fonte: 28 novembre 2008

PRIMO ANNIVERSARIO DELLA SPE SALVI: Quella certezza di futuro che già cambia il presente

Ricorre il 30 novembre il primo anniversario della Spe salvi, l’enciclica di Benedetto XVI sulla speranza, un tema che stava a cuore anche a Giovanni Paolo II (cfr. l’esortazione post-sinodale Ecclesia in Europa). In effetti, si tratta di un tema decisivo e fondamentale, tanto più in un mondo come il nostro che prova spesso smarrimento nell’affrontare il futuro, in un’epoca di offuscamento della speranza nell’esistenza (per esempio) di un senso della vita e della sofferenza, di un senso della malattia e della disabilità (per esempio di un senso dello stato «vegetativo»).
Ora, la speranza è l’aspettativa fiduciosa di un bene, ritenuto raggiungibile durante la vita, o dopo la morte biologica, ed è l’energia – come racconta Viktor Frankl, psicoterapeuta sopravvissuto ai lager – che ha permesso a diversi internati, anche fisicamente deboli, di sopravvivere persino all’abominio del campo di concentramento. Similmente, la Spe salvi dice che un presente faticoso può essere accettato se conduce verso una meta grande di cui possiamo essere certi. E mentre le religioni antiche crollarono perché dai loro dei non emanava una speranza ben fondata, viceversa il cristianesimo ha proposto una speranza affidabile, quella che hanno sperimentato i grandi credenti, che, nella relazione con il Dio-Amore, hanno potuto trovare le risorse per sopravvivere anche in condizioni disumane e di violenza, e che hanno sperimentato di essere attesi, anzi già amati da questo Amore. Il cristianesimo si fonda su una speranza affidabile nella vita eterna e nella sconfitta della morte, perché nell’incontro con questo Dio i grandi credenti sperimentano già un anticipo di vita eterna: grazie alla fede, «la vita eterna prende inizio in noi», è già presente in germe, e ciò costituisce una prova della vita eterna futura che ancora non si vede. Così, «il fatto che questo futuro esista cambia il presente». Possiamo avere speranza perché siamo in grado di comprendere (con la fede, ma anche, in una certa misura, con la filosofia) che non sono le leggi della materia che governano l’uomo, bensì un Dio personale.
Dunque, tutti gli sforzi di miglioramento dell’umanità vanno promossi, ma non bisogna sostituire la speranza escatologica nel Dio di Gesù Cristo con una speranza intramondana, come fanno alcune concezioni atee o che portano all’ateismo.
La Spe salvi cita, per esempio, la speranza del comunismo nella creazione del paradiso in terra, purché venissero cambiate (anche con la violenza) le condizioni economiche, e la speranza degli scientisti (da non confondere con gli scienziati) nella possibilità che la scienza possa realizzare la redenzione. Queste aspettative sono state fallimentari: il comunismo ha prodotto uno spaventoso massacro di decine di milioni di morti e la scienza, che «può contribuire molto all’umanizzazione del mondo», se non segue nel suo esercizio dei principi etici, «può anche distruggere il mondo e l’uomo». In effetti, «non è la scienza che redime l’uomo. L’uomo viene redento mediante l’amore». Quando un uomo nella sua vita fa l’esperienza di un grande amore, vive già un momento di «redenzione». D’altra parte, l’essere umano ha bisogno di un Amore infinito, pertanto «chi non conosce Dio, pur potendo avere molteplici speranze, in fondo è senza speranza, senza la grande speranza che sorregge tutta la vita (cfr. Ef 2,12). La vera, grande speranza dell’uomo, che resiste nonostante tutte le delusioni, può essere solo Dio – il Dio che ci ha amati e ci ama tuttora “sino alla fine”» (Gv, 13,1).

Fonte: 28 novembre 2008

4 - SOSTEGNO AL GRANDUCA DEL LUSSEMBURGO NELLA SUA OPPOSIZIONE ALL'EUTANASIA

Autore: Mario Palmaro - Fonte: 10 Dicembre 2008

 Il Parlamento del Granducato del Lussemburgo vuole depenalizzare eutanasia e suicidio assistito, ma il sovrano – il Granduca Henri – si rifiuta di firmare la legge. Un atto di straordinario coraggio e di coerenza, che denuncia la deriva antiumana delle democrazie relativiste: un parlamento, democraticamente eletto, vuole legalizzare l’omicidio del consenziente, e un sovrano – che regna per meccanismo ereditario – difende la vita dei suoi sudditi e resta fedele alla verità sull’uomo.
Non si può che additare all’esempio della comunità internazionale il sovrano del piccolo stato europeo, che con il suo “no” suona come rimprovero a tutti quei politici che in questi decenni hanno accettato di firmare – senza colpo ferire – le leggi di morte sull’aborto, la fecondazione artificiale, l’eutanasia.
Inqualificabile, invece, la condotta del Primo Ministro Jean-Claude Juncker, che vuole modificare la costituzione per esautorare il Granduca dal legittimo potere di veto sulle leggi approvate dal parlamento. Il fatto più agghiacciante è che Junnker è un esponente dei cristiano sociali, cioè della democrazia cristiana lussemburghese. Da perfetto erede dei funambolismi morotei, questo Junker si è opposto alla legge sull’eutanasia durante il dibattito parlamentare, ma ora si appresta ad attuare un vero e proprio “colpo di stato” istituzionale per togliere di mezzo le resistenze del sovrano e proseguire a occupare la sua poltrona di primo ministro.

Fonte: 10 Dicembre 2008

5 - LA VITA UN DIRITTO INDISPONIBILE

Autore: Giorgio Carbone - Fonte: 20/11/08

 Il drammatico caso esistenziale di Eluana Englaro, i pronunciamenti della giurisprudenza e il vivace dibattito che ne è seguito hanno riportato alla ribalta un tema di carattere fondamentale, quello dei beni indisponibili. Esistono, cioè, beni di cui la persona umana può disporre nell’esercizio della sua libertà ed esistono beni di cui la stessa persona non può disporre. A proposito di questi ultimi, pur essendo beni propri della persona, al punto che si chiamano anche beni personalissimi, ognuno di noi non ne può disporre per il semplice fatto che, se ne disponesse, non potrebbe poi più disporre degli altri beni disponibili e né potrebbe disporre della stessa libertà. Scendendo nei particolari, il primo bene indisponibile è la mia vita fisica, cioè il mio atto di esserci, il mio esistere. Che sia un bene indisponibile lo illustro ricorrendo a due considerazioni. Prima: il mio esistere è indisponibile, perché è la condizione per poter compiere atti e gesti di libertà.
  Perciò è ovvio ricordare che, se disponessi del mio esistere privandomi di esso, mi precluderei qualsiasi esercizio futuro della libertà. Seconda: perché io, pur godendo dell’esistenza, sperimento di non esser venuto all’esistenza di mia iniziativa, ma che l’ho ricevuta senza un mio intervento e che mi potrebbe essere tolta in qualsiasi istante, sebbene la volontà mia o altrui si opponga.
  In altri termini, io non sono la causa efficiente del mio esserci, perché se lo fossi dovrei essere prima ancora di esistere. Perciò devo ammettere di dipendere nell’essere e che il mio esistere è un bene che supera la mia capacità di realizzazione. Ora mentre posso disporre di quei beni che rientrano nelle mie capacità, cioè di quei beni alla cui esistenza io concorro come causa efficiente (come ad esempio la proprietà di oggetti o le prestazioni professionali), non posso eticamente disporre di quei beni che eccedono le mie capacità.
  Ed è proprio questo il caso del mio esserci. È vero che di fatto posso suicidarmi, cioè disporre della mia esistenza. Ma che ciò sia fisicamente possibile non significa che sia eticamente sostenibile, che sia corrispondente alla dignità umana. Anzi, se disponessi del mio esserci mediante il suicidio, andrei al di là di quelle che sono le mie competenze e cadrei nella più tragica delle contraddizioni, perché eserciterei la mia libertà a danno di me stesso.
 Che il mio esistere sia un bene indisponibile lo posso solo mostrare, ma non dimostrare in modo apodittico, perché si tratta di un principio fondante e non di un giudizio, che è la conclusione di un ragionamento. Come nelle scienze gli assiomi non si dimostrano, ma si mostrano e si accettano per progredire nella ricerca e nelle conoscenze scientifiche, e in logica il principio di identità e di non contraddizione si mostra ma non si dimostra, perché è il fondamento di qualsiasi dimostrazione, così uno dei principi della vita umana buona e, quindi, della civilizzazione umana, è questo: «L’esistenza fisica umana è un bene indisponibile». Su questo principio si è costruita la civiltà umana e la pacifica convivenza. Da questo principio si è sviluppata la convinzione della pari dignità e dell’uguaglianza tra gli esseri umani, perché dire che l’esistenza fisica umana è un bene indisponibile significa dire che essa non ha un prezzo, non è misurabile in termini monetari, ma ha un valore mai riducibile in termini quantitativi: ha, appunto, una dignità eccelsa. Le diverse sentenze sul drammatico caso di Eluana, e da ultimo anche la sentenza della Cassazione del 13 novembre, hanno contraddetto di fatto questo principio fondamentale di civiltà e hanno introdotto il suo contrario, sostenendo la disponibilità della vita umana e in particolare della vita umana malata. Ciò è particolarmente grave perché di fatto sono così negati la pari dignità tra gli esseri umani e il principio di uguaglianza.

Fonte: 20/11/08

6 - CANZONE PER ELUANA

Autore: Gianluca Zappa - Fonte:

Io ci sarò
finchè l'ultimo respiro tuo
sorvolerà
quest'aiuola di dolore.
Ti prenderò
con l'amore forte delle braccia mie,
ti porterò
dove libera sarai.
 
Io ci sarò,
come sempre, invisibile
a chi non spera più,
a chi non crede in me
e ti consolerò
come un mattino lieto,
nel dialogo segreto
che c'è fra me e te.
 
Tu sei per me
il più grande miracolo.
Tu sei per me
un diamante unico.
Anche insensibile, incomprensibile,
anche così
che non risplendi più come facevi quand'eri bambina.
Impenetrabile, inarrivabile,
anche così
su questa croce, patibolo atroce… con te io soffro qui!
 
Io ci sarò
quando non potrai più bere.
Per la tua sete
acqua viva ti darò.
Io ci sarò
quando non potrai mangiare.
Io sarò il pane,
alimento ti sarò.
Io ci sarò,
tu lo senti, io ci sono,
scendo con il tuo perdono
per chi è morto e non lo sa.
Io sono qua,
dammi adesso la tua mano.
Per chi soffre è pronto il premio
della mia eternità.

(testo e musica di G. Zappa)

Se volete, ascoltate la canzone per Eluana Englaro di Gianluca Zappa collegandovi a questo indirizzo:
http://www.radioformigoni.it/ascolta.asp?path=1059_Canzone_Eluana_musica_28_11.mp3&nID=317


7 - ABORTO IN URUGUAY
Il presidente Vázquez per dire no all'aborto lascia il partito socialista e pone il veto alla legge
Autore: Michela Coricelli - Fonte: 5 dicembre 2008

  Dopo il veto alla legge sull’aborto e lo scontro con i compagni, il capo dello Stato abbandona il partito dopo 30 anni «Integrità e coerenza».

 Addio al Partito socialista dopo 30 anni di militanza. La causa: posizioni opposte sull’aborto. E’ andato fino in fondo il presidente dell’Uruguay Tabaré Vázquez. Di fronte alla valanga di critiche dei suoi compagni di partito – infuriati per il veto presidenziale contro la riforma della legge di interruzione della gravidanza – ha deciso di rinunciare alla tessera del Ps. «Continuo a sentirmi socialista», ha scritto in una lettera inviata al segretario generale del partito, Eduardo Fernández. Ma il capo dello Stato è «addolorato»: non ha digerito i duri attacchi sferrati dai colleghi contro la sua decisione all’ultimo Congresso del Ps.
  Il Partito socialista fa parte della coalizione di sinistra che detiene la maggioranza in Uruguay (Frente Amplio). È stata proprio questa formazione a presentare e approvare, qualche settimana fa, un polemico progetto di legge per liberalizzare completamente l’aborto entro le prime 12 settimane di gestazione. Il capo dello Stato aveva ribadito in numerose occasioni la sua ferrea opposizione all’interruzione della gravidanza per ragioni «biologiche, scientifiche e filosofiche». Ma i suoi compagni di partito sono andati avanti. Vázquez, medico oncologo, ha dunque fatto ricorso al veto: «La legislazione non può non riconoscere la realtà dell’esistenza della vita umana nella sua tappa di gestazione, come lo rivela in modo evidente la scienza», ha scritto. La sinistra ha cercato di sbloccare la situazione, ma non ha raggiunto la maggioranza qualificata necessaria per annullare il veto: la destra ha appoggiato la posizione del presidente. I socialisti sperano ancora di convincere Vázquez a fare dietrofront e restare nel Ps.
  Dopo la tradizionale riunione di fine anno fra il presidente e il Consiglio permanente della Conferenza episcopale, il segretario generale – monsignor Luis Del Castillo – ha spiegato che i vescovi hanno riconosciuto al capo dello Stato la sua «integrità e coerenza nel porre il veto all’aborto».

Fonte: 5 dicembre 2008

8 - ABORTO IN SPAGNA
Effetto Zapatero, interruzioni di gravidanza record
Autore: 3 dicembre 2008 - Fonte:

Ricerca choc del ministero della Salute: dal 1998 al 2007 il numero dei feti uccisi è raddoppiato passando a 112mila l’anno.

Il governo socialista del premier José Luis Rodriguez Zapatero si prepara a riformare (e rendere più flessibile) la legge sull’aborto. Nel frattempo il ministero della Salute pubblica cifre agghiaccianti. In appena dodici mesi – fra il 2006 e il 2007 – il numero di interruzioni volontarie della gravidanza è aumentato del 10%: in media 11,49 aborti per ogni 1000 spagnole in età fertile.
  Negli ultimi dieci anni il Paese iberico ha registrato una silenziosa e ininterrotta strage. Dal 1998 al 2007 (in meno di un decennio) gli aborti sono passati da 53.847 a 112.138: le cifre sono raddoppiate. Nell’inquietante quadro presentato dal ministero spiccano alcuni elementi particolarmente interessanti. Chi ricorre all’aborto? Dieci anni fa le ragazze sotto i 19 anni erano solo il 5,7%, mentre nel 2007 sono diventate il 13,7% del totale. Chi difende l’aborto come via d’uscita per i problemi economici non può eludere un altro elemento chiave: l’assoluta maggioranza delle donne che hanno abortito lo scorso anno lavoravano ed erano indipendenti (oltre 70.000), solo 14.000 erano disoccupate, 11.000 casalinghe e 15.000 studentesse. Il 70% delle spagnole che hanno optato per interrompere la gravidanza erano single. Nel Paese iberico l’aborto è permesso solo in tre casi: grave malformazione del feto, violenza sessuale e rischio psicologico e fisico per la madre. Quest’ultimo criterio è stato il motivo del 97% dei casi del 2007.


9 - ABORTO IN U.S.A.
Bush vuol proteggere l'obiezione contro la pillola del giorno dopo
Autore: Alberto Simoni - Fonte: 3 dicembre 2008

Tutelati medici e farmacisti che non vogliono prescrivere la pillola del giorno dopo.

 L’Amministrazione Bush vuole estendere il diritto all’obiezione di coscienza in modo da consentire a medici, infermieri e a tutto il personale che opera nel campo della sanità, di rifiutarsi «per motivi religiosi o convinzioni morali» di praticare interruzioni di gravidanza. Ma se il segretario della Sanità, Michael Leavitt sostiene che le regole mirano a offrire una maggior tutela ai medici, c’è chi ritiene invece che il pacchetto di norme avrà ripercussioni più vaste offrendo protezione anche ai farmacisti contrari alla pillola del giorno dopo o a dottori che rifiutano l’inseminazione artificiale.
  Il dipartimento della Sanità ha specificato che il provvedimento riguarderà ogni istituto che riceve fondi federali. Secondo stime del  Los Angeles Times il regolamento verrebbe applicato a 584mila enti coperti, fra cui 4.800 ospedali, 234mila studi medici e 58mila farmacie.
  Già oggi medici e infermieri, alla luce di una legge del Congresso che risale ai primi anni ’70, sono autorizzati a rifiutare trattamenti contrari alla loro etica e alle convinzioni personali e religiose. La norma proposta da Leavitt intende proteggere anche da ripercussioni e discriminazioni chiunque operi in campo sanitario. Un esempio: non sono solo il dottore che pratica l’aborto in una sala operatoria o l’infermiera che assiste ad essere protetti. Il provvedimento include anche l’operatore che pulisce la stanza e disinfetta i ferri del chirurgo.
  Se il regolamento sarà promulgato entro il 20 dicembre, entrerà in vigore prima dell’insediamento della nuova Amministrazione. Per annullarlo, Obama dovrà (o meglio il suo segretario alla Sanità, Tom Daschle) presentare una nuova proposta e sottoporla a un iter di valutazione che richiede mesi anche con un Congresso a maggioranza democratica.
  Lo scontro sull’obiezione di coscienza è comunque destinato a riportare alla ribalta il tema dell’aborto, da sempre la questione che più polarizza l’America.
  Durante le primarie Obama aveva cercato di trovare una mediazione su questo “issue”. «C’è una dimensione morale nell’aborto che non può essere ignorata», disse. Tuttavia il presidente eletto aveva promesso che avrebbe difeso il diritto delle donne di interrompere una gravidanza indesiderata. La Conferenza episcopale Usa sostiene, insieme a molte associazione pro-life, l’iniziativa di Leavitt. Nel mondo cattolico Usa è infatti diffuso il timore che tra le prime iniziative di Obama ci siano gli interventi per cancellare le limitazioni all’aborto decise negli ultimi anni. In particolare preoccupa la promessa fatta dal presidente eletto di firmare, quando il Congresso lo avrà messo a punto, il Freedom of Choice Act, una legge per facilitare l’accesso all’interruzione di gravidanza.
  «La vera battaglia – ha detto David Stevens, presidente della Chistian Medical Association favorevole all’iniziativa di Leavitt – è la pillola del giorno dopo». «I dottori – ha aggiunto – non dovrebbero essere obbligati a prescrivere un farmaco verso il quale hanno obiezioni etiche».
  È questo allargamento dei paletti per l’obiezione ad aver scatenato la reazione dei sostenitori dei diritti riproduttivi. Già in ottobre l’associazione dei medici Usa aveva invocato la rinuncia alle nuove normative. Planned Parenthood, la più grande e influente associazione abortista Usa, ha definito la norma una concessione alla base conservatrice che «politicizza la salute delle donne».

Fonte: 3 dicembre 2008

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