BastaBugie n�36 del 27 giugno 2008

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1 LA BANDIERA DELLA PACE È NEW AGE NON VA PIÙ ESPOSTA

Autore: Andrea Tornielli - Fonte: fonte non disponibile
2 IL VERO SIGNIFICATO DEL NO DELL’IRLANDA AL TRATTATO DI LISBONA
L’Irlanda e l’Europa
Autore: Roberto de Mattei - Fonte: fonte non disponibile
3 EGITTO: ISLAM MODERATO? MA MI FACCIA IL PIACERE... IL RECENTE (E FREQUENTE) CASO DI UNA CRISTIANA RAPITA

Autore: Lorenzo Fazzini - Fonte: fonte non disponibile
4 LE FARMACIE AMERICANE SCHIERATE PER LA VITA (ANCHE A SCAPITO DEL PROFITTO...)
America. Una catena di farmacie 100% pro-life.
Autore: Lorenzo Schoepflin - Fonte: fonte non disponibile
5 IL BAMBINO, LE CORNACCHIE E L'ESULTANZA DELLA CEI: CHE TRISTEZZA!
Il bambino e le cornacchie
Autore: Mario Palmaro - Fonte: fonte non disponibile
6 IN OLANDA IL GOVERNO USA I SOLDI DEI CITTADINI PER CONVINCERLI CHE GAY È BELLO

Autore: Andrea Tornielli - Fonte: fonte non disponibile
7 CINA: LEZIONE DI GALATEO TRALASCIANDO I DIRITTI UMANI
Cinesi, occhio alla creanza. Ma sui diritti si sorvola. Interessante campagna in vista delle olimpiadi.
Autore: Bernardo Cervellera - Fonte: fonte non disponibile
8 IL TIBET E IL TENTATIVO DI STRUMENTALIZZARE IL PAPA
II Tibet per il Vaticano
Autore: Bernardo Cervellera - Fonte: fonte non disponibile
9 DECRETO PER LE INDULGENZE IN OCCASIONE DELL’ANNO PAOLINO
Decreto della Penitenzieria Apostolica con il quale vengono concesse speciali Indulgenze in occasione dell’Anno Paolino
Autore: James Francis Stafford - Fonte: fonte non disponibile

1 - LA BANDIERA DELLA PACE È NEW AGE NON VA PIÙ ESPOSTA

Autore: Andrea Tornielli - Fonte: fonte non disponibile, 2008-06-21

Fuori dalle chiese la bandiera della pace! Era ora…
L’agenzia vaticana «Fides» spiega le origini del vessillo del movimento pacifista: «È legato alla teosofia e al relativismo. Tornate alla croce»...

Perché preti e laici cattolici usano la bandiera arcobaleno come simbolo di pace invece della croce? Non sanno che quella bandiera è collegata alla teosofia e al New Age? È netto e documentato il giudizio contenuto in un articolo pubblicato da «Fides», l’agenzia della Congregazione vaticana per l’evangelizzazione dei popoli diretta da Luca De Mata, nei confronti del vessillo, simbolo del movimento pacifista, appeso anche nelle chiese e da qualche prete pure sull’altare.
«Come mai uomini di Chiesa, laici o chierici che siano - si chiede “Fides” - hanno per tutti questi anni ostentato la bandiera arcobaleno e non la croce, come simbolo di pace? Sarebbe interessante interrogare uno per uno coloro che hanno affisso sugli altari, ingressi e campanili delle chiese lo stendardo arcobaleno». L’agenzia vaticana ipotizza qualche risposta in proposito, vale a dire «la lunga litania degli eventi in cui la Chiesa avrebbe brandito la croce come simbolo di sopraffazione», dalle Crociate alla caccia alle streghe ai roghi di eretici. «Fides» a questo proposito ricorda però che non è il simbolo della croce in quanto tale «ad aver bisogno di essere emendato», quanto piuttosto «gli atteggiamenti degli uomini che, guardando a tale segno, possono ritrovare motivo di conversione». Poi rilancia: «Questi uomini e donne di chiesa sanno qual è l’origine della bandiera della pace? Molti probabilmente no. Altri, pur sapendo, non se ne preoccupano più di tanto».
Le origini della bandiera della pace vanno ricercate, spiega l’agenzia, «nelle teorie teosofiche nate alla fine dell’800. La teosofia (letteralmente “Conoscenza di Dio”) è quel sistema di pensiero che tende alla conoscenza intuitiva del divino». Da sempre presente nella cultura indiana, ha preso la sua moderna versione dalla Società Teosofica, «un movimento mistico, esoterico, spirituale e gnostico fondato nel 1875 da Helena Petrovna Blavatsky, più nota come Madame Blavatsky». Il pensiero della corrente rappresentata dalla bandiera arcobaleno si basa sullo «gnosticismo», sulla «reincarnazione e trasmigrazione dell’anima», sull’esistenza di «maestri segreti» e riconduce al New Age, mentalità che predica la libertà più assoluta e il relativismo, l’idea dell’«uomo divino», il rifiuto della nozione di peccato.
«Fides» spiega che esistono diverse versioni di questa bandiera, una delle quali è riconosciuta ad Aldo Capitini, fondatore del Movimento nonviolento, «che nel 1961 la usò per aprire la prima marcia per la pace Perugia-Assisi», mentre un’altra «segnala che la sua origine risale al racconto biblico dell’Arca di Noè» e dunque sarebbe un simbolo cristiano a tutti gli effetti. In realtà - scrive l’agenzia dopo aver ricordato che è anche il simbolo dei movimenti di liberazione omosessuali - la bandiera rappresenta un’idea secondo la quale «per esempio è possibile mettere sullo stesso piano partiti politici o gruppi culturali che rivendicano, legittimamente, la difesa della dignità della donna, e gruppi, come è accaduto recentemente in Europa, che rivendicano la depenalizzazione dei reati di pedofilia. Si tratta ovviamente di aberrazioni possibili, solo all’interno di una mentalità relativistica come quella che caratterizza le nostre società occidentali».
La bandiera, conclude «Fides», è un simbolo sincretistico, che propone l’unità New Age nella sintesi delle religioni. Introdurla nelle chiese e nelle celebrazioni è da considerarsi «un abuso».

Fonte: fonte non disponibile, 2008-06-21

2 - IL VERO SIGNIFICATO DEL NO DELL’IRLANDA AL TRATTATO DI LISBONA
L’Irlanda e l’Europa
Autore: Roberto de Mattei - Fonte: fonte non disponibile, 18 giugno 2008

Il no dell’Irlanda al nuovo progetto di Unione Europea (53,4% contro il 46,6%) ha un eloquente significato, che va considerato in tutti i suoi aspetti.
C’è chi afferma che 4 milioni di irlandesi, meno dell’1 per cento della popolazione del continente, non possono bloccare la volontà di 497 milioni di cittadini europei. La verità è però un’altra, sottolineata dal presidente ceco Vaclav Haus: i politici europei hanno permesso ai cittadini di esprimere la loro opinione in un solo Paese in Europa, e in questo paese sono stati bruscamente contraddetti.
I pianificatori dell’Europa unita, consapevoli del fatto che qualsiasi trattato europeo sarebbe stato rigettato dagli elettori, hanno deciso di evitare di sottoporglielo. Anziché interpellare direttamente l’opinione pubblica, ventisei Stati membri dell’Unione hanno scelto di approvare il Trattato in Parlamento (diciotto Paesi lo hanno già ratificato). L’Irlanda è l’unico Paese ad avere indetto un referendum, perché a ciò era obbligata da una sua recente legge.
Ma il referendum irlandese ha confermato lo iato esistente tra “Europa reale” e “Europa legale”. Ogni qual volta i cittadini europei sono chiamati alle urne per esprimere il loro giudizio sulle istituzioni comunitarie, le rifiutano con decisione. E’ accaduto con i referendum del maggio-giugno 2005 in Francia e in Olanda, e si è ripetuto il 13 giugno in Irlanda. “Gli elettori europei – ha scritto Fausto Carioti su “Libero” (14 giugno 2008) – si dividono in due categorie: quelli che hanno bocciato i trattati europei e quelli ai quali è stata negata la possibilità di bocciarli”.
I risultati di queste consultazioni elettorali rivelano l’esistenza di una forte divaricazione tra il sentimento popolare e il “potere senza volto” dei “piani alti” di Bruxelles. Lucio Caracciolo ricorda il perfido motto di uno dei “padri” dell’Europa, Jean Monnet: “l’essenziale non è sapere dove andare, ma andarci” (Il trionfo dell’euronoia, “La Repubblica”, 14 giugno 2008).  Le strade per raggiungere la meta sono tortuose, ma gli “eurocrati”  non rinunciano al progetto di dissoluzione degli Stati nazionali avviato dal Trattato di Maastricht del 1992.
La bocciatura irlandese non è però un semplice “incidente di percorso” ma una brutale battuta d’arresto. Il presidente della Commissione Barroso ha ammesso che non esiste un “piano B” per aggirare il no dell’Irlanda, anche perché il Trattato di Lisbona rappresentava già un “piano B”, rispetto alla Costituzione Europea bocciata dai referendum del maggio 2005. Francia e Germania si ripropongono ora come le “locomotive” di un’Europa a più velocità, ma il cammino appare impervio. La data del 1 gennaio 2009, prevista per l’entrata in vigore del Trattato, è irrimediabilmente saltata e non sarà facile approntare nuove soluzioni, almeno a breve termine.
Quanto è accaduto offre un’importante conferma del fatto che niente è irreversibile nella storia, se esiste una ferma volontà di resistenza. In Irlanda, come già era accaduto in Francia e in Olanda, l’intero establishment si è schierato per l’approvazione del Trattato: i due principali partiti, Nuova Democrazia, al governo, e Pasok, opposizione di sinistra; i sindacati e gli industriali; tutti gli organi di informazione. Eppure una attiva minoranza, guidata da vivaci associazioni come la “Irish Society for Christian Civilisation”, è riuscita a dar voce all’opinione pubblica, inceppando il meccanismo, montato dai tecno-burocrati e mutando così il corso della storia europea.
Va aggiunto che la principale ragione per cui il nuovo progetto europeo è stato rifiutato è dovuta ai suoi contenuti palesi, e non ai suoi aspetti criptici e farraginosi. Lo ha visto bene il senatore Marcello Pera che ha sottolineato come il no irlandese al trattato di Lisbona è «l’inevitabile reazione alla cancellazione delle radici cristiane dalla Costituzione e alle eurodirettive, prive di legittimazione democratica, che stravolgono le legislazioni nazionali sui temi bioetici (…) i cattolici irlandesi si sono ribellati ad un’Europa che nella Costituzione mette al bando Dio per orientare verso l’anarchia del relativismo le legislazione nazionali sui temi eticamente sensibili (adozioni ai gay, eutanasia, aborto, “provetta selvaggia” (“La Stampa, 14 giugno 2008).
Nel Trattato di Lisbona assume forza giuridica obbligatoria la Carta dei Diritti fondamentali, varata nel dicembre 2000 a Nizza, che costituisce il cuore della nuova costruzione europea. Nella Carta di Nizza, condannata da Giovanni Paolo II pochi giorni dopo la sua promulgazione, non c’è solo il rinnegamento formale delle radici cristiane dell’Europa. Nell’articolo 21, per la prima volta in un documento giuridico internazionale, l’“orientamento sessuale” è riconosciuto come fondamento di non-discriminazione, mentre due altri articoli del nuovo Trattato sul funzionamento dell’UE, il 10 e il 19, ribadiscono lo stesso principio.
Questi articoli traducono in termini giuridici la cosiddetta teoria del gender, che distingue il sesso fisico-biologico dalla tendenza sessuale o “identità di genere”. La sessualità, in questo modo, diventa non un dato di natura, ma una scelta “culturale”, puramente soggettiva. L’art. 9 della Carta dei diritti di Nizza dissocia inoltre il concetto di famiglia da quello di matrimonio tra un uomo e una donna, aprendo la porta alle unioni omosessuali e alle adozioni di bambini da parte delle coppie “gay”.
La Carta conferisce inoltre ai cittadini la possibilità di ricorrere contro le legislazioni nazionali, con il rischio di creare un meccanismo per cui, attraverso i ricorsi dei cittadini e le sentenze della Corte di Giustizia europea a cui essi adiscono, si arrivi a determinare una giurisprudenza comunitaria che esautori le legislazioni nazionali. I singoli possono tutelare i diritti loro garantiti dal Trattato appellandosi alla Corte di Giustizia, le cui sentenze si applicano direttamente all’interno degli Stati membri. La sovranità degli Stati sarebbe progressivamente liquidata a colpi di sentenze dei Tribunali europei.
Se il Trattato di Maastricht, con l’introduzione dell’euro, ha voluto dare all’Europa una costituzione economica, con il Trattato di Lisbona, stiamo passando non ad una costituzione politica, ma ad una costituzione giuridica, fondata sui nuovi diritti postmoderni, diametralmente opposti ai “principi non negoziabili” a cui tanto spesso si è richiamato Benedetto XVI.

Fonte: fonte non disponibile, 18 giugno 2008

3 - EGITTO: ISLAM MODERATO? MA MI FACCIA IL PIACERE... IL RECENTE (E FREQUENTE) CASO DI UNA CRISTIANA RAPITA

Autore: Lorenzo Fazzini - Fonte: fonte non disponibile, 19/06/08

Tensione Al Cairo. Almeno diciassette i fermati dalla polizia dopo le proteste Incendio non doloso nella chiesa che per la tradizione locale conserva l’impronta di Gesù bambino.
Egitto  rapita ragazza copta.  Cristiani scendono in piazza. La giovane sequestrata all’uscita di scuola. Sospetti sul vicino di casa musulmano:  «Voleva convertirla».

Nuovo atto di violenza contro la comunità copta in Egitto. Una ragazza cristiana è stata rapita nei giorni scorsi da un giovane musulmano, presumibilmente per essere convertita con la forza all’islam. Maria Gerges Labib, questo il nome della vittima, 17 anni, è stata sequestrata sabato scorso all’uscita della sua scuola nella località di Abu Al Matamer, nella provincia settentrionale di Al Behera dove si era recata per gli esami di fine anno. I genitori della ragazza hanno sporto una denuncia contro il loro vicino, un giovane musulmano chiamato Amro Abd Mazen. Al momento, la sorte della ragazza è un “giallo”, visto che alcune fonti locali danno notizia della sua liberazione, ma nulla vi è ancora di ufficiale. La denuncia arriva dall’associazione “ Voice of the Copts”, che si batte per la difesa dei diritti dei copti in Egitto, la più grande comunità cristiana di tutto il Medio Oriente e che rappresenta circa il 10% della popolazione egiziana. «Denunciamo l’ennesimo coinvolgimento dell’autorità egiziana filo-wahabita che protegge i sequestratori di giovani copti allo scopo di convertirli all’islam»: è l’allarme di Ashraf Ramelah, presidente di “Voices of Copts”. Oltre al danno la beffa: appresa la notizia del rapimento dell’adolescente cristiana, centinaia di copti si sono riuniti davanti al commissariato locale della polizia chiedendo notizie della rapita, ma la polizia ha arrestato 17 persone. Gali Eskander, un avvocato che difende la famiglia della giovane, ha dichiarato che i copti hanno iniziato una protesta pacifica di fronte al commissariato a causa dell’inerzia della polizia sul caso.
  Il caso della Labib è l’ultima vicenda di una pesante recrudescenza di violenza contro i copti. Il 28 maggio un gioielliere cristiano e tre suoi impiegati erano stati assassinati a colpi di arma da fuoco nel sobborgo di Zeitoun, quartiere a maggioranza cristiana nella periferia del Cairo. Il 6 giugno un giovane cristiano, MIlad Ibrahim Farag, 20 anni, è stato ucciso a Dafash, nell’Egitto meridionale, da un vicino musulmano. Di recente il monastero copto di Abu Fana, vicino alla città di Minya, è stato assaltato e dato alle fiamme da una folla di islamici che accusava i monaci di illegalità per la costruzione di un muro dell’edificio: negli scontri un musulmano è rimasto ucciso. Commentando questi fatti. Il giornalista egiziano Ahmad AlAswani ha scritto che «ciò che sta accadendo ai nostri fratelli copti non sono episodi sporadici, ma un’ininterrotta serie di omicidi, rapimenti e assalti». A turbare la comunità copta, poi, l’altro giorno è sopravvenuto un incendio nella chiesa di Vergine Maria a Sakha sul delta del Nilo, conosciuta perché – secondo la tradizione – conserva l’impronta di Gesù bambino mentre si apprestava a lasciare l’Egitto per tornare a Nazareth dopo la fuga da Erode. Le autorità e i religiosi copti hanno escluso però il dolo e hanno parlato di «incidente».

Fonte: fonte non disponibile, 19/06/08

4 - LE FARMACIE AMERICANE SCHIERATE PER LA VITA (ANCHE A SCAPITO DEL PROFITTO...)
America. Una catena di farmacie 100% pro-life.
Autore: Lorenzo Schoepflin - Fonte: fonte non disponibile, 19/06/08

Le sette farmacie prolife sparse sul territorio Usa, delle quali ha parlato recentemente il  Washington Post, sarebbero solo la punta dell’iceberg, a detta di Karen Brauer, presidentessa di «Pharmacists for life international», un’associazione che si propone di coordinare l’attività di farmacisti, medici, operatori sanitari e studenti che vogliono che medicina e farmacia tornino ad essere professioni al servizio della vita. E c’è da crederle se Marcia Greenberger, membro del «National women’s law center», si è detta molto preoccupata del fenomeno, sempre più diffuso, di farmacisti che si rifiutano di prescrivere la pillola del giorno dopo e non solo. Nelle sette farmacie è impossibile trovare qualsiasi prodotto contraccettivo: niente pillola anticoncezionale, niente preservativi, nulla la cui vendita non risponda ai criteri a cui si ispirano le coscienze dei farmacisti.
Per adesso sono solo nove gli stati degli Usa che prevedono il diritto di non prescrivere la cosiddetta contraccezione di emergenza. In molti altri, invece, le battaglie legali si concludono col licenziamento dei farmacisti, come accaduto proprio alla Brauer. In una intervista rilasciata alla Cnn nel 2005, la Brauer, ha riaffermato il diritto dei farmacisti a essere interlocutori dei pazienti e non solo semplici commercianti.
 Queste farmacie si definiscono «100% prolife», ma quello che è interessante è che l’obiezione di coscienza viene esercitata in piena libertà non solo per difendere la vita nascente, ma anche per promuovere uno stile di vita che non sia allineato al pensiero unico della cosiddetta «salute riproduttiva».

Fonte: fonte non disponibile, 19/06/08

5 - IL BAMBINO, LE CORNACCHIE E L'ESULTANZA DELLA CEI: CHE TRISTEZZA!
Il bambino e le cornacchie
Autore: Mario Palmaro - Fonte: fonte non disponibile, 21 Giugno 2008

  18 giugno, Torino. Erano le 8,15 quando il signor G., dopo aver parcheggiato la sua auto, si stava avviando a passo svelto verso la porta 9 della FIAT di corso Settembrini. Camminava in mezzo a due file di macchine parcheggiate sul marciapiede e normalmente non avrebbe mai fatto caso a quella busta di plastica azzurra abbandonata in mezzo a spazzatura e bottiglie di plastica (e chissà quanti finiscono nei cassonetti, dove nessuno può notarli). Quella mattina invece la sua attenzione è stata attirata dalla presenza di alcuni uccelli che la becchettavano con insistenza. Incuriosito si è avvicinato per controllare e, quando anche l’ultima cornacchia è volata via, si è sentito raggelare il sangue. Nel sacchetto c’era un piccolissimo corpicino insanguinato con tanto di cordone ombelicale. La placenta era sparsa sull’asfalto. Cercando di mantenere ferma la voce l’impiegato ha chiamato il 113: «Correte presto c’è un bambino abbandonato in un sacchetto davanti alla fabbrica di Mirafiori». La segnalazione è stata girata ai carabinieri di via Plava che hanno inviato immediatamente una pattuglia sul posto. È bastata una rapida occhiata del medico legale per capire che il signor G. non si era sbagliato. Si intravedevano le gambe e le manine, era un bambino.
La notizia, anche se racchiusa in poche righe, era su tutti i giornali. La maggior parte hanno usato il termine ‘feto’, ma qualcuno -stranamente- lo ha chiamato ‘neonato’, un altro addirittura ‘bambino’, un altro ancora ‘bambino mai nato’.
Certo una notizia così suscita sdegno, orrore, tristezza. Perché questo corpicino è impietosamente sotto gli occhi di tutti. E poi c’è il macabro particolare delle cornacchie. Eppure ogni giorno, altri 400 bimbi vengono fatti a pezzi da cornacchie in camice bianco, e i loro corpicini straziati sono gettati tra i rifiuti ospedalieri o bruciati negli inceneritori degli ospedali. Altre cornacchie bianche studiano farmaci abortivi sempre più sofisticati; spopola il Norlevo (la pillola del giorno dopo) fra le giovanissime: nel 2007 ne sono state vendute 360.000 confezioni.
E cosa dire degli altri avvoltoi, che addirittura fabbricano corpicini innocenti, per poi vantarsi di aver fatto nascere 7.507 bambini nel 2006, “nel rispetto dell’articolo 1 della Legge 40 che riconosce la dignità dell’embrione”? Il virgolettato è tratto dal quotidiano dei vescovi italiani, “L’Avvenire”, che ha pubblicato questi dati in un editoriale di Domenico Delle Foglie del 12 giugno scorso, dal titolo: “I buoni frutti della legge 40”.
“Ciò che preme sottolineare -scrive Delle Foglie- è che una valutazione serena e puntuale delle cifre porta ad una sola, inequivocabile conclusione: la Legge 40 funziona. Aumentano i nati con le nuove regole: nel 2006 sono venuti al mondo 7.507 bambini contro i 4.940 del 2005. Crescono le coppie che, complici purtroppo l’età avanzata e l’estendersi della sterilità, si rivolgono ai centri italiani di fecondazione assistita: erano 43.024 nel 2005, sono diventate 52.506 nel 2006. Aumentano i centri italiani che, con sempre maggior perizia, applicano le tecniche di procreazione medicalmente assistita: erano 330 quelli censiti nel 2005, sono saliti nel 2006 a 342. Il che dimostra che si va all’estero solo per le pratiche proibite, come l’eterologa e la diagnosi preimpianto. Ed ancora: cresce la 'via italiana' alla ricerca di settore, nel campo del congelamento degli ovociti e della diagnosi sul globulo polare prima della fecondazione. Dunque, un bilancio tutto positivo”.
Numeri che fanno rabbrividire! Perché? Ascoltiamo il grande genetista Angelo Serra:
“L’analisi dei dati indica che, in media, per ogni gravidanza che inizia, circa 30 embrioni -come minimo- per diverse ragioni vanno perduti. Anche se si sta riproponendo un’accettabile probabilità di successo riducendo a 2 o 1 il numero degli embrioni trasferiti in utero allo stadio di blastociste, la produzione di più embrioni rimarrà sempre una esigenza tecnica. È evidente che il diritto alla vita di questi embrioni è coscientemente violato” (da “Fecondazione extracorporea, pro o contro l’uomo”, a cura di Giuseppe Garrone, Ed. Gribaudi, 2001).
L’editorialista di Avvenire si è dunque ‘dimenticato’ di dare i numeri più importanti, quelli dei bambini vittime di morte programmata. Un semplice conto: moltiplichiamo i 7507 bambini nati grazie alla fivet, per 30 (come minimo! scriveva Serra). Fa 225.210.
E questi sarebbero i ‘buoni frutti’?
Proseguiamo la lettura dell’editoriale:
“Ma è anche il dato sulla percentuale di successo di tali concepimenti che fa ben sperare. È vero, l’Italia in questo caso non ha migliorato la performance, ferma al 17,4% sul totale dei pazienti trattati. Ma noi siamo sostanzialmente in linea con gli altri Paesi europei, pur avendo rinunciato alla selezione degli embrioni. Ci sarebbe di che vantarsi per la lungimiranza degli italiani e per il loro amore per la vita, ma vallo a spiegare a certi laicisti in servizio permanente effettivo”.
Lungimiranza? Amore per la vita? ma ci rendiamo conto della schizofrenia che ci ha preso? Da una parte non vogliamo figli, e li uccidiamo con la legge 194, dall’altra li vogliamo a tutti i costi e li fabbrichiamo (e ne uccidiamo trenta per uno) con la legge 40. E nonostante queste due aberranti leggi, li uccidiamo ancora anche con l’aborto clandestino, come dimostra il sacchetto azzurro abbandonato a Torino.
Conclude il quotidiano della Cei:
“Un ultimo tassello: se è vero che la Legge 40 ha impedito la produzione di più di tre embrioni per ogni ciclo di fecondazione assistita, questa disciplina ha il merito straordinario di aver interrotto la pratica della creazione indiscriminata di embrioni umani che venivano poi distrutti o condannati al gelo eterno dei frigoriferi. Oggi, di sicuro, sarebbero altre decine di migliaia in più. Qualcosa ci dice che gli italiani non sono solo prudenti, sono un popolo straordinario”.
Consolati, sig. G.: le cornacchie di via Settembrini sono volate via, il sacchetto azzurro è stato rimosso, ma forse tu non potrai mai dimenticarlo.

Fonte: fonte non disponibile, 21 Giugno 2008

6 - IN OLANDA IL GOVERNO USA I SOLDI DEI CITTADINI PER CONVINCERLI CHE GAY È BELLO

Autore: Andrea Tornielli - Fonte: fonte non disponibile, 15 dicembre 2007

Due milioni e mezzo di euro, quasi 5 miliardi di vecchie lire, da destinare a una campagna contro l’omofobia, per convincere chi «segue uno stile di vita religioso più ortodosso» della «normalità» dell’omosessualità. Li investirà dal 2008 al 2011 il governo olandese, che nei giorni scorsi ha annunciato il finanziamento. Dunque, chi segue uno stile di vita religiosamente «ortodosso» dovrà essere catechizzato e convinto che non c’è nulla di male o di riprovevole nel comportamento omosessuale.
Ronald Plasterk, dallo scorso febbraio ministro dell’Educazione, proveniente da una famiglia cattolica, presentando il progetto ha ammesso che gli omosessuali godono in Olanda degli stessi diritti di qualsiasi altro cittadino, ma ha spiegato che «dal punto di vista sociale l’accettazione dell’omosessualità non è così automatica soprattutto presso alcune minoranze etniche o presso persone che seguono stili di vita religiosamente ortodossi». Nel mirino del governo sono innanzitutto i giovani musulmani, nelle scuole, nelle palestre e nelle associazioni. Ma è evidente che anche qualche cattolico potrebbe rientrare nelle categorie «a rischio», come chiunque altro abbia nel suo subconscio qualche obiezione alle pubbliche manifestazioni di omosessualità. L’attivista gay Franc van Dalen, presidente nazionale dei gruppi gay olandesi (Federazione delle associazioni per l’integrazione dell’omosessualità in Olanda), ha ricordato che un recente sondaggio tra la popolazione del suo Paese ha dimostrato che il 48^ dei cittadini rimane scioccato nel vedere due uomini che si baciano e che questa percentuale sale al 75 fra gli immigrati. L’Olanda è stato il primo Paese al mondo a istituire il matrimonio tra persone dello stesso sesso e a consentire a due partner gay di adottare un bambino. Il governo olandese, ha spiegato il ministro per l’Aiuto allo sviluppo olandese, Bert Koenders, «promuoverà al massimo l’uguaglianza dei diritti per i gay, e su ciò non si discute». Per questo sono state date istruzioni agli ambasciatori di aumentare le pressioni nei confronti di quelle nazioni che criminalizzano l’omosessualità.
Dalle dichiarazioni dei ministri olandesi, si comprende però chiaramente che l’obiettivo della campagna non sono i diritti dei gay, quanto il tentativo di convincere chi ha sull’omosessualità opinioni diverse – in base a credenze religiose – per «rieducarli». «Usare denaro pubblico per questo tipo di campagne – dichiara al Giornale Carlo Casini, parlamentare europeo, docente di diritti umani e di bioetica, presidente del Movimento per la vita italiano – mi sembra qualcosa che si avvicina al totalitarismo. Oggi si dibatte molto sulla possibilità che hanno i governi di influenzare gli stili di vita dei loro cittadini, ad esempio con campagne per una corretta alimentazione o contro il fumo. Io mi domando – continua Casini – se non vi sia da parte dei governi una responsabilità precisa nel promuovere campagne per il rispetto dei diritti umani, primo fra tutti quello alla vita, dal suo concepimento al suo fine naturale». «Nessuno vuole negare diritti agli omosessuali, che in quanto persone godono degli stessi diritti di tutti i cittadini. Ma i rapporti tra di loro, la loro compagnia, non è qualcosa che abbia un pubblico interesse.
L’interesse pubblico, come sancito nella Dichiarazione dei diritti umani, è rappresentato dalla famiglia, nucleo fondamentale della società. I gay non possono pretendere che i loro privati legami affettivi diventino di pubblico interesse. Il caso olandese, va oltre. Oltre il Grande Fratello di orwelliana memoria: si pretende di colpire, di “rieducare” chi la pensa diversamente sull’omosessualità!».

Fonte: fonte non disponibile, 15 dicembre 2007

7 - CINA: LEZIONE DI GALATEO TRALASCIANDO I DIRITTI UMANI
Cinesi, occhio alla creanza. Ma sui diritti si sorvola. Interessante campagna in vista delle olimpiadi.
Autore: Bernardo Cervellera - Fonte: fonte non disponibile, 19/06/08

Una delle preoccupazioni più acute del governo cinese in vista delle Olimpiadi di agosto non sembra essere più la minaccia di terrorismo da parte di tibetani o uighuri, ma semplicemente la maleducazione. Così, per rendere Pechino «pronta ad accogliere i visitatori stranieri», da mesi l’esecutivo ha lanciato una nuova campagna per «cedere il posto sui mezzi pubblici», esortando i cittadini della capitale ad avere «un comportamento adeguato in nome del patriottismo». Non sventolando bandiere o manifestando in piazza, ma facendo sfoggio di galateo. Di solito, nel mondo cinese, dati i lunghi viaggi cui sono costretti le persone che lavorano in città, un posto sull’autobus o sulla metropolitana è la cosa più agognata e non appena si sale sul mezzo pubblico si corre a sedersi. Anziani e donne incinte difficilmente trovano qualcuno disposto a lasciare il sedile. Da poco tempo, però, si assiste su metro e pullman a scambi di cortesia e inchini per cedersi reciprocamente il posto. Va detto che se qualcuno è renitente, vi sono incaricati che costringono a essere gentili. In previsione delle Olimpiadi, è stata lanciata in tutta la Cina una campagna di 'buona educazione'. Un miliardo e passa di persone devono imparare a limitare (almeno nel periodo dei Giochi) caos e disordine, offrendo un’immagine di grande cortesia ed efficienza, degne di una metropoli internazionale, conforme allo status di una potenza economica mondiale assunta dal Paese. Il 'galateo' per i Giochi comprende il divieto di sputare per terra, di gettare rifiuti in strada, di 'saltare' le file, di imprecare e gridare ad alta voce e, da poco, impone anche di far sedere donne e anziani sui mezzi pubblici. Chi pratica il mondo cinese da tempo può capire quanto tali regole siano ardue da far rispettare. Così il giorno 22 di ogni mese è dedicato a cedere il posto; il giorno 11 è invece il 'giorno della fila', per insegnare ad attendere in modo ordinato. Grazie alle correzioni e alle multe dei funzionari sparsi nelle città, l’ufficio per il civismo ha stabilito che la frequenza degli sputi è scesa dall’8,4% nel 2005 al 4,9% quest’anno (senza peraltro spiegare il metodo usato per il rilevamento dei dati).
  Per migliorare i servizi, la municipalità della capitale ha ordinato il cambio di vetture: tutti i vecchi taxi rossi, quelli più malandati, sono stati sostituiti da spaziose berline, con tassametro in cinese e in inglese e con la voce – un po’ metallica – di una segreteria che augura buon soggiorno a Pechino. Altro problema che si vuole estirpare è quello della puzza sulle auto pubbliche. Molti tassisti provengono dalla periferia e vivono per l’intera giornata nell’abitacolo della vettura: nel veicolo mangiano, dormono, sudano e fumano.
  Così, dall’aprile 2007, è stata prevista una multa, con sospensione di due giorni della licenza per i taxi che 'emanano cattivo odore'. I poveri tassisti sono obbligati perfino ad avere la testa lavata e pulita, mentre è vietato chiedere mance. La cultura cinese ha nella sua storia opere gigantesche, come la Muraglia, e opere microscopiche, come certi gioielli di giada lavorata. Anche 'l’opera' delle Olimpiadi risponde allo stesso stile: smisurate costruzioni da una parte; meticolosa attenzione ai particolari dall’altra. Zhang Faqiang, vicepresidente del Comitato olimpico cinese, spiega: «I Giochi non sono solo una competizione sportiva, ma anche [l’occasione per] avere a cuore il miglioramento del civismo nella popolazione». L’unica cosa a cui i Giochi non devono educare è il miglioramento per i diritti umani e per il rispetto della persona nella sua libertà. Un operaio che domandava «prima i diritti umani e poi le Olimpiadi» è stato 'gentilmente' arrestato e condannato a 5 anni.

Fonte: fonte non disponibile, 19/06/08

8 - IL TIBET E IL TENTATIVO DI STRUMENTALIZZARE IL PAPA
II Tibet per il Vaticano
Autore: Bernardo Cervellera - Fonte: fonte non disponibile, 17 giugno 2008

Nell'incertezza delle diplomazie su come reagire alla vicenda tibetana, c'è stato un tentativo di strumentalizzare le posizioni vaticane. Da parte sua, il papa ha insistito sulla libertà religiosa, sul rifiuto della violenza, sui diritti umani.

Quando nel marzo scorso sono scoppiate le rivolte dei monaci buddisti prima a Lhasa, e poi in altre regioni cinesi abitate da tibetani (Gansu, Sichuan, Qinghai), molte personalità politiche mondiali si sono trovate in una posizione scomoda: spinte dallo sdegno dell'opinione pubblica internazionale, hanno ipotizzato un boicottaggio delle Olimpiadi o quantomeno una simbolica assenza alla cerimonia d'apertura.
In questo clima di incertezza, nei media è corsa la domanda quasi spasmodica: "Cosa dirà il papa?"; "Condannerà la Cina?"; "Difenderà i diritti umani?". A tratti è sembrato quasi che le diplomazie di mezzo mondo stessero a guardare il Vaticano per prendere una decisione. Alcune settimane prima (1), da parte cinese, erano circolate voci di un'imminente miglioramento dei rapporti fra la Cina e il Vaticano, tanto da poter pensare a una visita di Benedetto XVI a Pechino, magari proprio in occasione delle Olimpiadi. Le fonti di questi apprezzamenti erano nientemeno che il direttore dell'amministrazione statale per gli affari religiosi, Ye Xiaowen e il vicepresidente dell'Associazione patriottica dei cattolici, Antonio Liu Bainian. Durante un suo viaggio a Washington in febbraio, Ye ha dichiarato che "la distanza fra le due parti sta diventando sempre minore". Anche Liu ha spesso affermato di sognare il papa che celebra messa nella capitale cinese. Fonti di AsiaNews in Cina hanno fatto notare che tutto questo ottimismo cinese verso il papa era strumentale: si è cercato di riparare il danno d'immagine creato dal rifiuto di Steven Spielberg a organizzare la cerimonia delle Olimpiadi, accusando la Cina di non fare abbastanza per risolvere la crisi del Darfur (2). Far girare la voce che il papa sarebbe pronto ad andare a Pechino per le Olimpiadi o comunque che vi sia un miglioramento dei rapporti, è un tentativo di mettersi sotto un ombrello morale, al riparo dalla pioggia di critiche relative ai diritti umani. Del resto, i due "sognatori ottimisti", Ye Xiaowen e Liu Bainian, sono conosciuti come quelli che bloccano la diffusione della Lettera del papa (pubblicata nel giugno 2007) ai cattolici cinesi, i fautori delle ordinazioni episcopali senza il permesso del Vaticano, i responsabili degli arresti di vescovi e sacerdoti della Chiesa sotterranea.
Anche la domanda del mondo occidentale — "Che dirà il Vaticano sul Tibet?" — è in fondo il tentativo di far scivolare sul versante religioso-spirituale una questione che è politica e che necessita una presa di posizione politica.
L'IMPEGNO DEL PAPA E L'IMMOBILISMO DELLE DIPLOMAZIE.
Benedetto XVI, incurante dei tentativi di strumentalizzazione da oriente e da occidente, ha parlato con "tristezza e dolore" del Tibet e delle uccisioni, e all'udienza generale del 19 marzo scorso ha lanciato un appello per ricordare che "con la violenza non si risolvono i problemi ma solo si aggravano". Egli ha anche pregato che ''Dio illumini le menti di tutti e dia a ciascuno il coraggio di scegliere la via del dialogo e della tolleranza". La risposta della Cina è stata durissima. Il giorno successivo, il portavoce del ministero degli Esteri di Pechino ha affermato che la "cosiddetta tolleranza... non può esistere per i criminali, che devono essere puniti secondo la legge" (3). Il papa è tornato a parlare della "piaga" del Tibet anche il giorno di Pasqua, alla benedizione Urbi et orbi. Citando il Darfur, il Medio Oriente e il Tibet, egli ha auspicato "la ricerca di soluzioni che salvaguardino il bene e la pace".
Benedetto XVI dunque sembra fare il suo "lavoro" di coscienza dell'umanità mondiale. Non sembra invece che i governi occidentali facciano altrettanto. Dopo i giorni del massacro tibetano, mentre Pechino continuava a isolare Lhasa e ad arrestare migliaia di monaci e laici, a lanciare campagne violente contro il Dalai Lama e "la sua cricca", la diplomazia mondiale ha taciuto.
Queste violazioni durano in effetti da quasi cinquant'anni, da quando il Dalai Lama è fuggito dopo un tentativo di ribellione alle armate cinesi nel 1959. Perfino una visita del capo del buddismo tibetano a Bruxelles è stata "auspicata", ma senza fissare una data, forse per non dispiacere troppo a Pechino. Del resto, mesi prima delle rivolte di Lhasa, il Dalai Lama aveva fatto un giro nelle capitali europee e tutti i capi di governo avevano finto di non poterlo incontrare. Anche il papa, in quella occasione, non l'aveva incontrato, per "problemi di agenda” (4).

Alcuni media hanno voluto vedere in questo "silenzio del Vaticano sul Tibet" un segno dell'interesse della Santa Sede a non voler distruggere il "buon clima" e i "fruttuosi dialoghi" con Pechino, che starebbero per portare alle tanto sperate relazioni diplomatiche: il Tibet varrebbe dunque una messa (a Pechino)! In realtà il Tibet è nel cuore del papa. Anche quando Benedetto XVI parla della Chiesa in Cina e della chiesa perseguitata, vi è sempre l'accenno alla persecuzione dei non cristiani. Per la Via Crucis del venerdì santo di quest'anno, il pontefice ha voluto che le meditazioni fossero scritte dal campione della libertà religiosa per la Cina, che è il cardinale Joseph Zen, vescovo di Hong Kong: una scelta perlomeno poco diplomatica, conoscendo le critiche spietate del governo di Pechino contro questo prelato divenuto un simbolo per gli attivisti democratici e i dissidenti cinesi. Nella riflessione sulla (quinta stazione (Gesù è giudicato da Pilato), il cardinale Zen scrive che il governatore romano è l'immagine di "coloro che detengono l'autorità come strumento di potere  e non si curano della giustizia". E nella preghiera si chiede a Dio di dar loro "il coraggio di rispettare la libertà religiosa", per i cristiani e per tutti.
LA LETTERA DEL GIUGNO 2007.
Lo stesso messaggio si ritrova nella lettera ai cattolici cinesi che Benedetto XVI ha scritto il 27 maggio 2007, per poi essere pubblicala il 30 giugno. Il documento è anzitutto rivolto ai cattolici, alla loro storia e alla situazione della Chiesa cinese: vi si afferma nuovamente che la Chiesa è una sola, perché cattolici sotterranei (non riconosciuti dal governo) e cattolici ufficiali (riconosciuti dal governo) sono uniti alla Santa Sede.
Il papa domanda poi con molto rispetto alle autorità politiche del paese di garantire una vera libertà religiosa alla Chiesa. Egli mette in chiaro da subito che "la Chiesa cattolica che è in Cina ha la missione non di cambiare la struttura o l'amministrazione dello Stato, bensì di annunziare agli uomini il Cristo". E citando la sua enciclica Deus Caritas est, ricorda che "la Chiesa non può e non deve prendere nelle sue mani la battaglia politica", pur aggiungendo che "non può e non deve neanche restare ai margini nella lotta per la giustizia". Quest'affermazione avvicina le richieste del pontefice a quelle del Dalai Lama, che cerca autonomia religiosa e culturale — non indipendenza — per il Tibet. La stessa frase si distanzia dai movimenti tibetani violenti, frustrati da decenni di oppressione, che però rischiano di naufragare nella lotta violenta e disperata contro il colosso cinese. Benedetto XVI chiede anche che alla Santa Sede sia lasciata l'ultima parola sulle nomine episcopali, rimanendo aperto a un possibile accordo con il governo cinese. Nel fare questo, egli si appella ai "documenti internazionali" che valutano "la nomina di pastori per una determinata comunità religiosa [...] come un elemento costitutivo del pieno esercizio del diritto alla libertà religiosa". Anche qui si vede che difendendo la libertà religiosa per i cattolici, il papa difende pure la libertà religiosa per i tibetani, sottomessi anch'essi al controllo del partito sulle gerarchie religiose. Per prepararsi alla successione del Dalai Lama, Pechino ha stabilito che tutte le reincarnazioni di lama dovranno avere l'approvazione del governo. Agli occhi della Cina ciò dovrebbe impedire al Dalai Lama di riconoscere — prima di morire — il suo successore, e ai suoi fedeli di riconoscere la quindicesima reincarnazione dell' “Oceano di Saggezza".
Forse le diplomazie occidentali dovrebbero davvero ascoltare di più il papa, e lavorare perché in Cina ci sia piena libertà religiosa per i cattolici e per tutti.

Note
1) Si veda wwvv.AsiaNews.it. 22 febbraio 2008.
2) La Cina è il miglior partner commerciale del Sudan e vende armi alle milizie Janjaweed, che li usano contro le popolazioni del Darfur.
3) Si veda www.AsiaNews.it, 20 marzo 2008. Va ricordato che il governo tibetano in esilio ha apprezzato le parole del pontefice.
4) Come si è scoperto, infatti, il responsabile delle pubbliche relazioni del Dalai Lama non aveva mai chiesto un'udienza in Vaticano! Il fatto mi è stato confermato personalmente da alcuni lama del seguito.

Fonte: fonte non disponibile, 17 giugno 2008

9 - DECRETO PER LE INDULGENZE IN OCCASIONE DELL’ANNO PAOLINO
Decreto della Penitenzieria Apostolica con il quale vengono concesse speciali Indulgenze in occasione dell’Anno Paolino
Autore: James Francis Stafford - Fonte: fonte non disponibile

In occasione dei duemila anni dalla nascita del Santo Apostolo Paolo, vengono concesse speciali Indulgenze. Nell’imminenza della solennità liturgica dei Principi degli Apostoli, il Sommo Pontefice, mosso da pastorale sollecitudine, ha in animo di provvedere tempestivamente ai tesori spirituali da concedere ai fedeli per la loro santificazione, in modo che essi possano rinnovare e rinforzare, con fervore anche maggiore in questa pia e felice occasione, propositi di salvezza soprannaturale già a partire dai primi vespri della ricordata solennità, principalmente in onore dell’Apostolo delle Genti, di cui ora si avvicinano i duemila anni dalla nascita terrena.
Invero il dono delle Indulgenze, che il Romano Pontefice offre alla Chiesa Universale, spiana la strada per attingere in sommo grado la purificazione interiore che, mentre rende onore al Beato Paolo Apostolo, esalta la vita soprannaturale nel cuore dei fedeli e li sprona dolcemente a portare frutti di buone opere.
Pertanto questa Penitenzieria Apostolica, alla quale il Santo Padre ha affidato il compito di preparare e redigere il Decreto sull’elargizione e l’ottenimento delle Indulgenze che varranno per tutta la durata dell’Anno Paolino, col presente Decreto, emesso in conformità al volere dell’Augusto Pontefice, benignamente elargisce le grazie che qui di seguito sono elencate:
I.- A tutti i singoli fedeli cristiani veramente pentiti che, debitamente purificati mediante il Sacramento della Penitenza e ristorati con la Sacra Comunione, piamente visiteranno in forma di pellegrinaggio la Basilica papale di San Paolo sulla via Ostiense e pregheranno secondo le intenzioni del Sommo Pontefice, è concessa ed impartita l’Indulgenza plenaria della pena temporale per i loro peccati, una volta ottenuta da essi la remissione sacramentale e il perdono delle loro mancanze.
L’Indulgenza plenaria potrà essere lucrata dai fedeli cristiani sia per loro stessi, sia per i defunti, tante volte quante verranno compiute le opere ingiunte; ferma restando tuttavia la norma secondo la quale si può ottenere l’Indulgenza plenaria soltanto una volta al giorno.
Affinché poi le preghiere che vengono elevate in queste sacre visite conducano e sollecitino più intensamente gli animi dei fedeli alla venerazione della memoria di San Paolo, è stabilito e disposto quanto segue: i fedeli, oltre ad elevare le proprie suppliche davanti all’altare del Santissimo Sacramento, ognuno secondo la sua pietà, si dovranno portare all’altare della Confessione e devotamente recitare il “Padre nostro” e il “Credo”, aggiungendo pie invocazioni in onore della Beata Vergine Maria e di San Paolo. E tale devozione sia sempre strettamente unita alla memoria del Principe degli Apostoli San Pietro.
II.- I fedeli cristiani delle varie chiese locali, adempiute le consuete condizioni (Confessione sacramentale, Comunione eucaristica e preghiera secondo le intenzioni del Sommo Pontefice), escluso qualsiasi affetto verso il peccato, potranno lucrare l’Indulgenza plenaria se parteciperanno devotamente ad una sacra funzione o ad un pio esercizio pubblicamente svolti in onore dell’Apostolo delle Genti: nei giorni della solenne apertura e chiusura dell’Anno Paolino, in tutti i luoghi sacri; in altri giorni determinati dall’Ordinario del luogo, nei luoghi sacri intitolati a San Paolo e, per l’utilità dei fedeli, in altri designati dallo stesso Ordinario.
III.- I fedeli infine impediti da malattia o da altra legittima e rilevante causa, sempre con l’animo distaccato da qualsiasi peccato e col proposito di adempiere alle consuete condizioni non appena sarà possibile, potranno anche loro conseguire l’Indulgenza plenaria, purché si uniscano spiritualmente ad una celebrazione giubilare in onore di San Paolo, offrendo a Dio le loro preghiere e sofferenze per l’unità dei Cristiani.
Affinché poi i fedeli possano più facilmente essere partecipi di questi celesti favori, i sacerdoti approvati per l’ascolto delle confessioni dall’autorità ecclesiastica competente si prestino, con animo pronto e generoso, ad accoglierle.
Il presente Decreto ha validità solo per la durata dell’Anno Paolino. Nonostante qualunque disposizione contraria.
Dato in Roma, dalla sede della Penitenzieria Apostolica, il 10 Maggio, anno dell’incarnazione del Signore 2008, nella vigilia di Pentecoste.

JAMES FRANCIS S. R. E. Card. STAFFORD
Penitenziere Maggiore
+ Gianfranco Girotti, O. F. M. Conv.
Vescovo Tit. di Meta, Reggente

Fonte: fonte non disponibile

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