BastaBugie n�26 del 25 aprile 2008

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1 IL PAPA ALL'ONU: LA MODESTIA E LA FORZA DELLA RAGIONE
Il Papa all'ONU: te li do' io i diritti umani
Autore: Riccardo Cascioli - Fonte: fonte non disponibile
2 ASIA, L’UMILIAZIONE DEI DIRITTI
Grande malattia dell’Asia, l’umiliazione dei diritti Il continente del futuro stenta a rispettare l’uomo
Autore: Bernardo Cervellera - Fonte: fonte non disponibile
3 ELEZIONI: ANALISI DEI RISULTATI (E DI COSA CI AVEVANO DETTO I GIORNALI)
Perchè i giornali non capiscono l'Italia Spariti i sinistri ultrà, son tutti nei giornali
Autore: Antonio Socci - Fonte: fonte non disponibile
4 DECOLONIZZAZIONE: L'INDIPENDENZA HA GIOVATO AGLI AFRICANI?

Autore: Rino Cammilleri - Fonte: fonte non disponibile
5 QUANTO COSTANO LE FALSE PAURE SUL CLIMA?
Avevano previsto ed hanno detto che il 2007 sarebbe stato l’anno più caldo del secolo (ANSA 26.11.2007).
Autore: Antonio Gaspari - Fonte: fonte non disponibile
6 SULLA LINGUA E NON SULLE MANI
Il modo più corretto per prendere la comunione
Autore: Marcello Stanzione - Fonte: Milizia di San Michele Arcangelo
7 PROSTITUZIONE: UN LAVORO COME UN ALTRO? NO!
Tentativi di legalizzare il mestiere più antico del mondo
Autore: John Flynn, L.C. - Fonte: fonte non disponibile

1 - IL PAPA ALL'ONU: LA MODESTIA E LA FORZA DELLA RAGIONE
Il Papa all'ONU: te li do' io i diritti umani
Autore: Riccardo Cascioli - Fonte: fonte non disponibile, 19/04/2008

Con il discorso alle Nazioni Unite pronunciato il 18 aprile, il Papa ha ancora una volta spiazzato la maggior parte degli analisti. Era noto che avrebbe parlato di diritti umani, anche perché l’invito a parlare al Palazzo di Vetro coincideva proprio con il 60° anniversario della Dichiarazione Universale dei diritti dell’uomo. Ma in molti si aspettavano che si soffermasse su sviluppo, ambiente, vita, famiglia, pace e così via. Argomenti che il Papa ha soltanto sfiorato, a titolo esemplificativo, andando invece al cuore del problema: cosa sono i diritti umani, qual è la loro radice, e qual è dunque il compito degli Stati.
Si tratta di un intervento che, pur nella morbidezza dei toni, è di una grande durezza e determinazione perché si tratta di una critica radicale al dibattito sui diritti umani così come viene condotto alle Nazioni Unite. La battaglia che le solite lobby e tanti governi (Unione Europea in testa) stanno conducendo oggi, ruota infatti intorno al tentativo di “ridefinire” i diritti umani legandoli ai contesti culturali, sociali e politici. E’ quello che accade con il tentativo di invocare un diritto universale all’aborto, e con il tentativo di considerare famiglia ogni genere di unione. Ma non solo: in Europa, ad esempio, aumentano le sentenze di tribunali che “giustificano” la violazione del nostro diritto in nome della cultura di provenienza degli immigrati islamici (vedi la poligamia e la violenza contro le donne). Ed è una visione che fa gioire anche la Cina e altri Paesi asiatici che hanno sempre invocato una propria, originale, concezione dei diritti umani a motivo della loro cultura (in realtà per giustificare l’oppressione dei propri popoli).
Il Papa ha spazzato via qualunque ambiguità al proposito: “I diritti umani sono basati sulla legge naturale iscritta nel cuore dell’uomo e presente nelle diverse culture e civiltà… Non solo i diritti sono universali, ma lo è anche la persona umana, soggetto di questi diritti”. Se si viene meno a questa concezione, ha detto il Papa, il risultato è il restringersi dei diritti umani, anche quando sembrerebbe che se ne voglia allargare l’ambito.
Il Papa è consapevole che alle Nazioni Unite sono rimasti ben pochi a sostenere che i diritti umani sono universali e fondati sulla legge naturale e – potremmo aggiungere – una spallata decisiva si sta portando sulla spinta dell’ideologia ecologista che pretende addirittura di cancellare la centralità dell’uomo quale criterio ultimo delle politiche globali (la Carta della Terra promulgata nel 2000 all’interno del sistema delle Nazioni Unite sostituisce i diritti dell’uomo con i diritti della comunità di vita, in cui uomini, animali e piante hanno gli stessi diritti).
Così il Papa chiama a "raddoppiare gli sforzi di fronte alle pressioni per reinterpretare i fondamenti della Dichiarazione (Universale dei diritti dell’uomo) e di comprometterne l’intima unità, così da facilitare un allontanamento dalla protezione della dignità umana per soddisfare semplici interessi, spesso interessi particolari”.
Da questo punto di vista colpisce anche l’insistenza di Benedetto XVI sulla differenza tra legalità (ovvero norme volute da chi detiene il potere) e giustizia (che non cambia ed è l’unica fonte dei diritti umani). Proprio su questa distinzione poggia l’istituto dell’obiezione di coscienza che, ad esempio, l’Unione Europea amerebbe limitare o addirittura cancellare (ci ha provato anche il governo italiano uscente). Tutto il resto – la libertà religiosa, il ruolo della scienza, il superamento delle ineguaglianze, il rispetto del Creato, la promozione della famiglia – è una conseguenza ed è importante andarsi a rileggere l’intero discorso del Papa per cogliere l’intima unità tra tutti gli aspetti che riguardano la persona umana.
Un’ultima notazione: i rappresentanti dei 192 Paesi che hanno ascoltato il discorso, hanno tributato al Papa una “standing ovation” di un minuto: sembrerebbe contraddittorio considerando che in nome dei propri governi, gran parte di quei rappresentanti lavorano ogni giorno nella direzione contraria a quella indicata dal Papa. Escludiamo che si sia trattato di un applauso di circostanza, era troppo partecipato e sincero. Rimangono due possibilità: la prima è che non abbiano capito in realtà cosa abbia detto il Papa, ma escluderemmo anche questa ipotesi; sia perché il discorso era molto chiaro e senza giri di parole sia perché chi non capisce al massimo resta in silenzio o applaude giusto per educazione. Sicuramente non dedica una “standing ovation”. C’è dunque una sola spiegazione plausibile: che abbiano cioè applaudito non in rappresentanza dei propri governi, ma come persone che si sono sentite “lette” nel cuore, nel loro desiderio personale di giustizia e di libertà; che si sono sentite valorizzate nella loro dignità di uomini. In altre parole: hanno applaudito come uomini, non come rappresentanti; in nome della giustizia, non della legalità. 

Il discorso integrale del Santo Padre all'ONU lo trovi alla pagina internet:
http://www.vatican.va/holy_father/benedict_xvi/speeches/2008/april/documents/hf_ben-xvi_spe_20080418_un-visit_it.html

Fonte: fonte non disponibile, 19/04/2008

2 - ASIA, L’UMILIAZIONE DEI DIRITTI
Grande malattia dell’Asia, l’umiliazione dei diritti Il continente del futuro stenta a rispettare l’uomo
Autore: Bernardo Cervellera - Fonte: fonte non disponibile, 17/04/08

L’Asia, questo continente così sterminato, che raccoglie più del 60% della popolazione mondiale, soffre di una grave malattia: l’umiliazione dei diritti umani. Poche enclave   – quelle forse più esposte alla modernità – riescono a emergere illese da questa accusa dolorosa: parliamo di Paesi come Hong Kong, la Corea del Sud, il Libano, il Giappone. Per il resto nel continente si assiste a una diffusa assenza dello stato di diritto, sostituito con lo stato della forza e del potere.
  A questa situazione contribuiscono eredità storiche, culturali e religiose. Molti Paesi asiatici, dalla Turchia al Giappone, hanno sì delle Costituzioni, ispirate anche all’Occidente – patria dell’illuminismo e dei diritti umani universali – ma esse le hanno applicate in una prospettiva nazionalistica, salvaguardando elementi a prima vista importanti della loro cultura, che rischiano di essere invece dei valori negativi.
  La questione cruciale è proprio questa: le culture asiatiche fanno fatica a valorizzare l’individuo e i suoi diritti. La persona, l’individuo, è inglobato nella famiglia e nel clan. Il suo 'bene' sono le tradizioni del suo entourage, da cui dipende il suo sviluppo, l’istruzione, la professione. Questo frena l’affermazione libera della persona e dei suoi desideri personali, sottomettendoli sempre e comunque alle esigenze del gruppo. E ciò spiega perché una bambina di otto anni può essere data in sposa a un uomo di trenta, come è avvenuto nello Yemen, ma come avviene in India e in Cina.
  L’assorbimento dell’individuo nel gruppo determina anche una serie di ingiustizie: in molti Paesi – Pakistan, Cina, Malaysia – le colpe di un membro del clan ricadono su tutto il gruppo e il processo legale contro uno determina l’arresto di tutti.
 Un altro elemento che pesa sull’umiliazione dell’uomo asiatico è l’esercizio del potere, troppo spesso ateo o «fin troppo» religioso: quelli atei – come accade in Nord Corea o in Cina – divinizzano se stessi; quelli «troppo religiosi», islamici o indù, si fanno passare come custodi della legge e della fede. In entrambi i casi il potere prende il posto di Dio, il punto estremo della gerarchia, senza alcuna possibilità di appellarsi ad alcuna autorità superiore. Fa parte di questa visione il fatto che se il potere ti dichiara colpevole, tu 'sei' colpevole. In molti Paesi asiatici i processi vengono fatti partendo a priori dalla colpevolezza dell’imputato. Sarà lui durante il processo a dover dimostrare la sua innocenza, se ci riesce. Molte condanne a morte vengono inflitte in Cina in questo modo. Ma anche molti linciaggi per blasfemia in Pakistan vengono compiuti in onore alla 'legge divina' in base all’accusa di un semplice testimone.
  La secolarizzazione del potere – strappandogli l’aura sacrale e divina – e la valorizzazione dell’individuo sono due frutti precisi del cristianesimo primitivo.
  Proprio per questo gruppi religiosi islamici, buddisti, indù stanno maturando rapporti con le comunità cristiane asiatiche: non per un semplice dialogo 'teologico', ma per crescere insieme nello sviluppo della società asiatica. Per questo, la libertà religiosa e la libertà di evangelizzare è uno degli strumenti più efficaci per lo sviluppo sociale del continente .
  L’Occidente in generale guarda all’Asia solo per lo sfavillio dei commerci e della manodopera a basso costo, o come il concorrente del presente e del futuro e non si accorge che le popolazioni del grande continente cercano qualcosa di più. Se i rapporti non fossero solo su base commerciale, ma valorizzassero anche la dimensione culturale, giuridica, religiosa, si potrebbe sperare in qualcosa di meglio, per loro e per noi.

 

Fonte: fonte non disponibile, 17/04/08

3 - ELEZIONI: ANALISI DEI RISULTATI (E DI COSA CI AVEVANO DETTO I GIORNALI)
Perchè i giornali non capiscono l'Italia Spariti i sinistri ultrà, son tutti nei giornali
Autore: Antonio Socci - Fonte: fonte non disponibile, 16 aprile 2008

Eugenio Scalfari, il 30 marzo scorso, ha fatto questa perspicace previsione nel suo editoriale sulla Repubblica: “Ho un presentimento: il centrosinistra vincerà sia alla Camera sia al Senato.
Fino a pochi giorni fa pensavo il contrario, che non ce l'avrebbe fatta.
Ebbene ho cambiato idea. Ce la fa. Con avversari di questo livello non si può perdere. Gli elettori cominciano a capirlo. Io sono pronto a scommetterci”.

Quando si dice cogliere nel segno! Si può ironizzare. Ma stiamo parlando del decano dei giornalisti italiani, colui che, una settimana fa, ha inaugurato con la sua lectio magistralis il “Festival del giornalismo” di Perugia.
E’ il perfetto simbolo di una classe intellettuale che si scopre (ancora una volta) lontana anni luce dal Paese e dalla vita concreta.

Ieri, in un filo diretto con i lettori sulla tv di Repubblica, un ascoltatore ha detto a Scalfari: “la smettete di trattare da cretini la maggioranza degli italiani?
Fatevi un esame di coscienza piuttosto.
Magari, visto che siete così intelligenti, riuscirete anche a capire perché padri di famiglia monoreddito con tre figli a carico (di cui uno con handicap) come il sottoscritto, abbiano votato Pdl.
Ma avete visto la Bindi cos’ha combinato nelle due finanziarie? Si può far ministro per le politiche familiari chi una famiglia non l’ha mai avuta?”.

Scalfari è ammutolito e poi ha farfugliato qualcosa per cambiar discorso.
La gente comune, diversamente dai giornalisti, ha capito che la sinistra se ne infischiava delle famiglie vere e anche dei lavoratori.
Ha visto che per quella sinistra l’Italia era quella dei Vladimir Luxuria. Era la sinistra che voleva “farmaci gratis per chi vuol cambiare sesso”, mentre la povera gente si deve pagare di tasca propria tanti farmaci per curarsi.
Per questo l’Italia vera, fatta di famiglie che pagano tasse esose e tirano la cinghia, li ha mandati a quel paese.
Gli arcobaleno e i socialisti – che hanno fatto di queste “battaglie di laicità” la loro bandiera - sono stati letteralmente polverizzati dal corale “vaffa” degli elettori.
Con buona pace della corte salottiera di attori che magari si dicono “comunisti”, fanno il predicozzo sociale all’Italia berlusconiana, e poi si comprano barche da 4 milioni di euro mentre vanno a votare Bertinotti.
Una sinistra così, già cancellata dal Parlamento, non dovrebbe essere ridimensionata anche sui giornali? La gente comune, la gente vera, incompresa dai giornali, è stata invece capita molto bene da Berlusconi.
La sua scelta di dare il segno della svolta già al primo consiglio dei ministri, con l’abolizione dell’Ici e il bonus bebè, è perfetta.
Dice tutto. E’ un altro mondo. E’ l’Italia che vuole farcela e vuole avere un futuro.
Se continua così avrà sempre con sé la stragrande maggioranza del Paese e inizia un’epoca nuova.
Anche se non compresa da ex sessantottini, prigionieri di ideologie, snobismi e pregiudizi altezzosi, che tuoneranno con i loro editoriali su giornali che, alle 11 del mattino, già incartano l’insalata ai mercati rionali.

E’ stata emblematica la puntata di “Otto e mezzo” di lunedì sera.
Per commentare i risultati delle elezioni c’erano Ritanna Armeni e Lanfranco Pace e avevano come ospiti Gad lerner, Lucia Annunziata e Giuliano Ferrara.
Tutte ottime persone e anche intelligenti, ma tutti opinionisti di sinistra eccetto Giulianone che è fra i pochi anticonformisti, ma viene pur sempre dall’aristocrazia del Pci e dal ’68.
Tutti questi magnifici cinque hanno fatto il ’68 e hanno letto gli stessi libri.
La loro è l’Italia di serie A. L’aristocrazia. Poi c’è quella (molto più vasta) di serie B a cui ha dato espressione politica Berlusconi, non a caso ritenuto per anni un parvenu.
Ce n’è uno, fra gli opinionisti di Corriere, Repubblica, Stampa e compagnia che sia culturalmente in sintonia con quel popolo e – per dirla brutalmente - col “fenomeno Berlusconi”, con quello che rappresenta?
No. Con Veltroni, D’Alema e Prodi sì.
La storia sono loro. Il resto (quasi) non esiste. O esiste solo a modo loro. Per questo, per anni, il “berlusconismo” è esistito sui media solo in forma di caricatura, di demonizzazione, o come plebe volgare, un’Italia taroccata a piacimento.

Mentre la sinistra politica e quella giornalistica sono sempre state contigue. Essere stato (o essere) comunista in Italia ha sempre fatto curriculum.
Puoi passare tranquillamente dalla direzione di un “quotidiano comunista” al ruolo di commentatore sulla prima pagina del giornale di Agnelli. E nessuno avverte la minima contraddizione. Bene.
Però nel frattempo il Paese reale ha cancellato dalla storia i comunisti e pure i socialisti (con i verdi) e loro se ne sono accorti solo a cose fatte, dopo un milione di comparsate televisive di Berti-night, il simbolo del comunismo al caviale del tramonto, leader di una rivoluzione che russa nei salotti, ben aggrappata alle poltrone.
E’ la sinistra che ha prediletto il “proletariato esterno” (quello degli immigrati e delle delocalizzazioni) e ha accantonato quello italiano. Per forza che gli operai poi hanno votato centrodestra.

Paolo Garimberti, nel suddetto filo diretto sulla tv di Repubblica, ha riferito a Scalfari che molti ascoltatori erano assai critici con loro: “molti dicono che noi, inteso come giornalisti, osservatori, in fondo non conosciamo l’Italia vera, l’Italia profonda.
A Sesto San Giovanni – che è sempre stata una roccaforte rossa, si chiamava addirittura la Stalingrado d’Italia - ieri ha vinto Berlusconi.
Tanti voti sono andati alla Lega che – diceva proprio ieri qui Massimo Cacciari – ha saputo cogliere e interpretare meglio i sentimenti di frustrazione di persone monoreddito, magari con figli a carico.
Tu Scalfari pensi che ci sia, fra l’élite intellettuale, politica e giornalistica del Paese e il Paese, un gap che ci impedisce di cogliere fino in fondo gli umori della gente?”.

Scalfari lo nega. Se i fatti dimostrano il contrario tanto peggio per i fatti.
Però si intuisce che l’establishment, anche quello dei giornali, stavolta – almeno per i primi mesi – non alzerà le barricate.
Proverà a blandire Berlusconi. In fondo ora hanno scoperto – grazie al libro di Giulio Tremonti – che il centrodestra ha persino un pensiero. E per niente banale.
Infatti lo stesso Scalfari ieri, da volpone di classe, in quel filo diretto sulla tv di Repubblica, ha abbozzato una piccola autocritica: “Io ho detto, forse insistendo eccessivamente, che Berlusconi era inadatto.
Ho detto che non è fascista (come alcuni ritengono), non è razzista, non è xenofobo, non è uno a vocazione dittatoriale di tipo militaresco. Ma che è inadatto.
Poi ho aggiunto: è inadatto per una parte degli italiani che lo reputano tale. Ma non lo è per una serie di altri ceti e forze.
E’ evidente che questi si sono dimostrati la maggioranza.
Non resta che congratularsi con lui per la sua vittoria. Può darsi che questa inadeguatezza, alla luce di una vittoria così netta si mitighi. Dobbiamo vedere alla prova la nuova maggioranza”.

Queste parole rappresentano già una virata rispetto alle cose che Scalfari scriveva prima delle elezioni. Ma siamo lontani dal capire il fenomeno in corso in Italia.
Il fatto è che anni e anni di caricature e invettive contro Berlusconi si sono dimostrate analisi da buttare (comprese alcune di noi opinionisti di centrodestra).
Ormai il leader del Pdl può permettersi il lusso di snobbare gli editoriali dei giornali, prenotandosi alcune pagine sui libri di storia se non altro perché è di fatto l’uomo che ha messo ko la sinistra comunista in Italia e ci ha portati fuori dal fascismo e dall’antifasciamo.
Oggi comincia la terza repubblica e stavolta ci sono tutte le condizioni perché – anche facendo tesoro degli errori passati – Berlusconi dia il meglio di sé e cambi l’Italia.
Forse alla fine cambieranno perfino i giornali.   

Fonte: fonte non disponibile, 16 aprile 2008

4 - DECOLONIZZAZIONE: L'INDIPENDENZA HA GIOVATO AGLI AFRICANI?

Autore: Rino Cammilleri - Fonte: fonte non disponibile, 12 aprile 2008

Da Mondo e missione (dicembre 2007), p. Piero Gheddo: «Esempio classico il Congo belga (oggi Repubblica democratica del Congo), esteso sette volte l’Italia e con 15 milioni di abitanti nel 1960.

Il 1° luglio di quell’anno giunge all’indipendenza con soli 14 laureati, alcuni dei quali purtroppo educati a Mosca all’odio verso l’Occidente. Sale al potere uno di questi, Patrice Lumumba, che una settimana dopo l’indipendenza espelle tutti gli stranieri e specialmente i belgi che tenevano in piedi l’economia, i trasporti, gli aerei, le banche, i commerci internazionali, la medicina e gli ospedali, le scuole superiori, la polizia e l’esercito, ecc. In un mese il Congo è precipitato nel caos».

Commento: a quel tempo la parola d’ordine era «indipendenza senza se e senza ma». Nel secolo precedente, l’Africa era stata colonizzata con diversa parola d’ordine: «il fardello dell’uomo bianco». Che portò strade, scuole, ospedali, sì, ma non creò un ceto medio che fosse in grado di reggere il proprio Paese da solo.

Ma a quel tempo le Potenze europee non avevano alcun motivo, né interesse, per farlo. Avrebbero dovuto farsi precedere dai missionari, o aprire loro la strada, perché cambiassero previamente le mentalità indigene (improntate all’islam o all’animismo). Purtroppo, i governi occidentali erano in guerra con la Chiesa e, anche qui, l’ideologia prevalente ostava a una vera emancipazione dell’Africa.

Oggi l’ideologia dell’Occidente è il politically correct, che manda denari e preservativi ma esige che le «culture locali» restino sotto vetro come allo zoo (pardon, parco ecologico). Così, la povera Africa è sempre condannata a subire quel che i sinistri intellettuali occidentali di volta in volta escogitano.

Fonte: fonte non disponibile, 12 aprile 2008

5 - QUANTO COSTANO LE FALSE PAURE SUL CLIMA?
Avevano previsto ed hanno detto che il 2007 sarebbe stato l’anno più caldo del secolo (ANSA 26.11.2007).
Autore: Antonio Gaspari - Fonte: fonte non disponibile

Nel frattempo, mentre l’estate dell’estate 2007 nell’emisfero Nord si è rivelata piuttosto fresca, in Sudafrica e in Argentina l’inverno si è mostrato come uno dei più gelidi degli ultimi anni.
Dopo la prima neve in oltre 20 anni in Sud Africa, è nevicato per la prima volta in quasi un secolo (89 anni precisamente) nel centro di Buenos Aires. La neve è arrivata anche in diverse altre città argentine dove non nevicava così da almeno trenta anni.
Nell’emisfero Nord, le prime nevicate sono arrivate già a ottobre, il freddo è stato intenso ed a Pasqua ancora nevica.
Anche il Corriere della Sera (8 febbraio) ha scritto che in Italia  c’è stato il “Gennaio (2008) più freddo degli ultimi 20 anni”. Il Corriere, ha riconosciuto che ci sono state “Temperature polari dalla Cina all’Afghanistan, dal Medio Oriente al Canada”.

Nel comasco anche gli esperti di MeteoComo hanno detto che non si era “Mai vista prima la neve a Pasqua”.
Hanno detto che l’incremento dell’anidride carbonica (CO2) va di pari passo con l’aumento delle temperature. Ma la Cina che ha raggiunto e superato gli Stati Uniti in incremento di CO2, ha visto l’inverno più freddo degli ultimi 50 anni. Secondo una prima stima riportata il 10 febbraio il freddo polare che ha investito la Cina ha ucciso 107 persone e gravemente danneggiato 17,3 milioni di ettari di foreste. Una superficie forestale che è quasi doppia di quella italiana.
Avevano detto che con l’aumento delle temperature l’acqua del mare Adriatico avrebbe sommerso Venezia e sarebbe arrivata fino a Mantova, eppure mai come questo anno a Venezia l’acqua è stata così bassa.
Ha riportato anche La Stampa (19 febbraio 2008) che insieme al freddo a Venezia quest’anno si è toccato il record dell’acqua bassa. Il 17 e 18 febbraio l’acqua era così bassa che in gran parte della laguna le gondole e le barche non riuscivano a galleggiare. I vaporetti che svolgono il sevizio pubblico hanno dovuto dirottare alcune corse, perché non c’era abbastanza acqua per far avanzare i mezzi. In alcuni tratti il livello delle acque era di pochi centimetri. Quando l’acqua è arrivata alla minima di -61, Venezia ha mostrato le fondamenta dei palazzi, la melma, barche in secca in pieno centro, gondole arenate senza possibilità di movimento e quasi penzolanti dagli approdi. Così il 2007  è passato senza lasciarsi dietro nemmeno un’acqua alta. Ed il 19 febbraio alle 15.30 il livello dell'acqua a Venezia è scesa a meno 72 centimetri rispetto al medio mare, la bassa marea più pronunciata di tutta la settimana.
Ma nonostante sia quantomai evidente che le condizioni climatiche sono ben poco influenzate dalla produzione antropica della CO2, i sostenitori della teoria del riscaldamento globale continuano a  urlare istericamente di ridurre la crescita demografica e i consumi, scegliendo forme di produzione meno efficienti e più costose, limitando lo sviluppo.
L’aspetto più paradossale dell’intera vicenda è che si chiede alle persone di sacrificare sull’altare di Gaia i propri figli e i propri consumi, pagando di più per produrre di meno.
Paradossalmente i governi che hanno promosso e ratificato il Protocollo di Kyoto hanno realizzato una operazione speculativa mondiale, indebitando tutti gli abitanti del pianeta Terra.
Nel momento in cui si accetta l’idea che la produzione antropica di CO2 è la causa del problema, ecco che ogni abitante del pianeta Terra, dovrà pagare perché emette CO2 quando respira e perchè consumando il necessario per vivere induce produzione di anidride carbonica.
Così accade che la ratifica al Protocollo di Kyoto sta costando all'Italia 63 euro al secondo, cioè 5.443.200 (5 milioni, 443 mila e 200 Euro) euro al giorno. Secondo i calcoli fatti da Gianni Silvestrini, direttore scientifico del Kyoto Club, e resi noti al convegno "Le Regioni e gli Enti locali verso Kyoto" tenutosi in Campidoglio a Roma (giovedì 7 febbraio 2008) entro il solo 2008 l’Italia accumulerà un debito di oltre 2 miliardi di euro.
Silvestrini ha calcolato che mentre nel periodo di riferimento 2008-2012 per l'adempimento al protocollo di Kyoto, si prevedeva una riduzione delle emissioni di CO2 del 6,5% rispetto al 1990, in Italia tali emissioni sono cresciute del 12% dallo stesso anno con uno sforamento di oltre 90 milioni di tonnellate.
Al danno si aggiunge la beffa, perché i tanti denari spesi dagli italiani e dalle imprese, incrementa l’austerità ed il costo dell’energia e dei trasporti, ma non cambia nulla nella realtà. Infatti invece di pagare le multe, l’Italia, come tutti i governi che sono fuori dalle quote di Kyoto, vanno al mercato delle emissioni  per comprare i “certificati verdi” in quei paesi virtuosi o che hanno pochissima attività industriale, così che possono vendere i “carbon credits”.
Nella realtà nulla cambia, perché non c’è effettiva riduzione della CO2 complessiva. I paesi che sforano comprano dai paesi improduttivi. Così si è costruito un enorme sistema speculativo, con titoli sull’aria calda, tenuto in piedi dalle bugie sul clima.

Fonte: fonte non disponibile

6 - SULLA LINGUA E NON SULLE MANI
Il modo più corretto per prendere la comunione
Autore: Marcello Stanzione - Fonte: Milizia di San Michele Arcangelo, 24 marzo 2008

Sono nato nel 1963, sono entrato in seminario nel 1983 e sono stato ordinato sacerdote nel 1990. La mia formazione teologica non è stata assolutamente “conservatrice” o “preconciliare”, ma fin da ragazzo ho sentito istintivamente un senso di disagio nel dare o ricevere la Santa Comunione sulla mano.
Poche sere fa, insieme al Direttore Gianluca Barile, ho avuto modo di discutere dell’argomento a cena con il Cardinale Francis Arinze, Prefetto della Congregazione per il Culto Divino e la Disciplina dei Sacramenti, che si è detto assolutamente contrario all’amministrazione della particola sulla mano. Attraverso i secoli, illustri teologi e grandi mistici ci hanno insegnato che la Santa Eucarestia è veramente il Corpo, il Sangue, l’Anima e la Divinità di Gesù Cristo.
I Padri del Concilio di Trento definirono il Divino Sacramento con precisione e cura, San Tommaso d’Aquino ci ha insegnato che, al di là della venerazione verso questo Sacramento, toccare ed amministrare il Sacramento spetta solo al sacerdote o al diacono. Per secoli, i genitori cattolici, a casa, così come le suore docenti a scuola e le catechiste in parrocchia, hanno insegnato che era sacrilegio per chiunque toccare l’Ostia Santa, tranne che per il sacerdote o il diacono. Attraverso i secoli, i Papi, i vescovi, i preti ci hanno insegnato la stessa cosa, non tanto con le parole, ma con l’esempio, specialmente con la celebrazione della Messa secondo il rito di San Pio V, in cui c’era, in ogni gesto che il sacerdote faceva, profondo rispetto per il Divino Sacramento, in quanto vero Corpo di Cristo.
Dunque, l’introduzione della Comunione sulla mano dimostra un’inosservanza di quanto i nostri Padri, lungo i secoli, ci hanno insegnato. E benché questa pratica sia stata introdotta ed erroneamente presentata come uno sviluppo liturgico autentico del Concilio Vaticano II, in realtà la Comunione sulla mano non solo non è uno sviluppo liturgico autentico ordinato dal Concilio Vaticano II, ma mostra disobbedienza e disprezzo totali nei confronti di secoli di insegnamento e pratica.
La Comunione sulla mano fu introdotta sotto un falso ecumenismo, attraverso compromessi e falso senso di tolleranza, portando ad una profonda irriverenza ed indifferenza verso il Santissimo Sacramento. La Comunione sulla mano non è menzionata in nessun documento del Vaticano II, né se ne parlò nei dibattiti conciliari. Prima del Vaticano II non c’è testimonianza storica di vescovi, preti o laici che abbiano richiesto ad alcuno l’introduzione della Comunione sulla mano.
Al contrario, chiunque crebbe nella Chiesa preconciliare, ricorderà chiaramente che gli fu insegnato che era sacrilegio per chiunque, tranne che per il prete, toccare l’Ostia Sacra. Lo mette in evidenza l’insegnamento di San Tommaso d’Aquino, il quale nella sua Summa Teologica spiega : “Dispensare il Corpo di Cristo spetta al sacerdote per tre ragioni: perché egli consacra nella persona di Cristo. Ma come Cristo consacrò il Suo Corpo nell’Ultima Cena e fu Lui che ne diede agli altri per essere condiviso da loro, così, come la consacrazione del Corpo di Cristo spetta al sacerdote, anche la distribuzione spetta a lui; perché il prete è l’intermediario stabilito tra Dio e il popolo, quindi spetta a lui offrire i doni del popolo a Dio, così spetta a lui distribuire i doni consacrati al popolo; perché, al di là del rispetto per questo Sacramento, nulla lo può toccare tranne ciò che è consacrato; allo stesso modo solo le mani del sacerdote lo possono toccare. Quindi a nessun altro è lecito toccarlo, tranne che per necessità, per esempio se stesse per cadere a terra, o altro, in qualche caso di emergenza” (ST. III, Q 82, Art. 13). San Tommaso, che nella Chiesa è il principe dei teologi, la cui Summa Theologica fu posta sull’altare vicino alle Scritture durante il Concilio di Trento, chiaramente insegna che spetta al prete e soltanto a lui toccare e distribuire l’Ostia Sacra, che solo ciò che è consacrato (le mani del sacerdote) deve toccare il Consacrato (l’Ostia Sacra).
La Comunione sulla mano certamente fu praticata nella Chiesa antica, ma attenzione: gli uomini potevano ricevere l’Eucarestia sulla mano, mentre le donne non potevano riceverla sulle mani nude e dovevano coprirle con un indumento chiamato domenicale. Nel quarto secolo, San Cirillo di Gerusalemme insegnava ai fedeli che si doveva ricevere il Santissimo Sacramento con rispetto e attenzione. Con il passare del tempo, man mano che il rispetto ed il discernimento della vera natura del Santissimo Sacramento, grazie alla guida dello Spirito Santo, crebbe e si perfezionò, la pratica di porre l’Ostia sulla lingua del comunicando divenne sempre più diffusa, così che non ci fosse la più remota possibilità che la più piccola particella cadesse a terra e fosse dissacrata. La Comunione sulla mano fu condannata come un abuso al Sinodo di Rouen nell’anno 650, così che si può dire con ragionevole certezza che, grazie al desiderio di maggior rispetto e come salvaguardia contro la dissacrazione, era la norma ricevere l’Ostia sulla lingua.

DOSSIER "COMUNIONE SULLA LINGUA"
Come ricevere l'Eucarestia

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Fonte: Milizia di San Michele Arcangelo, 24 marzo 2008

7 - PROSTITUZIONE: UN LAVORO COME UN ALTRO? NO!
Tentativi di legalizzare il mestiere più antico del mondo
Autore: John Flynn, L.C. - Fonte: fonte non disponibile, 13 aprile 2008

Lo scandalo che ha investito il Governatore di New York, Eliot Spitzer, inducendolo alle dimissioni, per le sue "scappatelle" con una prostituta ha riacceso il dibattito sulla questione del sesso a pagamento.

Scrivendo tra gli articoli d'opinione dell'edizione del 13 marzo del Los Angeles Times, Patty Kelly, docente di antropologia presso l'Università George Washington, ha affermato che la prostituzione fa parte della nostra cultura e che dovrebbe essere depenalizzata.

Dal Canada, l'opinionista Jeet Heer ha osservato, in un articolo apparso il 12 marzo, che molti politici probabilmente frequentano regolarmente le prostitute. Pertanto, ha sostenuto, sarebbe meglio considerare la prostituzione come qualsiasi altro lavoro e legalizzarla.

Prima dello scandalo Spitzer, l'opinionista David Aaronovitch, del quotidiano Times di Londra, ha affermato nel suo articolo pubblicato il 15 gennaio di non vedere nulla di male nel sesso a pagamento fra adulti. Già da qualche tempo le autorità britanniche stanno discutendo su possibili modifiche alla normativa sulla prostituzione, anche se ogni intervento sembra essere stato per il momento messo da parte.

D'altra parte, sulla stampa inglese sono apparsi anche numerosi articoli contrari ad ogni forma di legalizzazione. Il 19 gennaio il Times ha riferito di un libro, pubblicato recentemente in Francia, scritto da una persona nota come Laura D., di 19 anni. Questa ragazza si è pagata il suo primo anno di università lavorando come prostituta e ha scritto questo libro per ammonire le altre a non seguire il suo esempio.

Nel libro, riferisce il Times, l'autrice descrive la sua esperienza come sgradevole e assimilabile ad una forma di dominazione economica. Racconta poi che, anche dopo aver lasciato l'attività, risulta difficile avere una relazione con l'altro sesso.

Janice Turner, scrivendo sul Times il 23 febbraio ha osservato che la gran parte delle donne coinvolte nella prostituzione desidera venirne fuori. Peraltro, secondo Turner, le case chiuse legalizzate in Olanda sono come dei "magneti per il crimine organizzato e gli spacciatori di droga". La situazione, ha aggiunto, non è diversa anche nei centri legalizzati per la prostituzione nel Nevada, dove molte donne vengono spesso trattate in modo cruento.

Intanto, sul quotidiano canadese National Post del 13 marzo è apparsa una risposta all'articolo di Jeet Heer. Secondo Barbara Kay, che ha firmato l'articolo, la prostituzione non può assolutamente essere considerata come un qualsiasi altro lavoro. "Le prostitute compiono un qualcosa che è essenzialmente disumano, per soddisfare istinti che in un mondo veramente ‘migliore' sarebbero incanalati in relazioni più degne e feconde", ha affermato Kay.

"Vendere il proprio corpo non è un comportamento di cui andare fieri perché, per la struttura psicologica del genere umano, il senso di autostima di una donna è invariabilmente legato al suo comportamento sessuale", ha aggiunto.

Le vittime

Nello stesso periodo in cui si parlava del caso Spitzer è stato pubblicato in Gran Bretagna un libro sulle politiche statali in materia di prostituzione. Il testo, dal titolo "Prostitution, Politics and Policy" (Routledge-Cavendish), scritto da Roger Matthews, riporta le conclusioni di 20 anni di ricerca e studio sul fenomeno della prostituzione.

Matthews, docente di criminologia presso la London South Bank University, evidenzia una serie di svantaggi legati alla prostituzione e alla sua legalizzazione. Coloro che favoriscono la sua depenalizzazione, osserva, considerano la prostituzione un reato senza vittime. Ma questa, secondo l'autore, è un'affermazione quanto meno superficiale.

Le persone coinvolte nella prostituzione, soprattutto le donne che la praticano ai bordi delle strade, rappresentano uno dei gruppi sociali più vittimizzati, sostiene Matthews. Molte delle donne coinvolte hanno un passato di abusi e di abbandono e una buona parte di loro sono tossicodipendenti. Le stime variano - osserva l'autore -, ma dagli studi svolti in diversi Paesi risulta che tra il 50% e il 90% delle prostitute da strada ha subito abusi e abbandoni nell'infanzia.

Queste donne sono anche le più esposte a problemi di alloggio, disoccupazione e povertà. La loro debolezza e bassa autostima spesso le rende vulnerabili allo sfruttamento da parte di chi le instrada alla prostituzione, aggiunge Matthews.

Contrariamente a coloro che dipingono la prostituzione come una libera scelta o un mezzo di liberazione per le donne, il docente sottolinea che molte donne la praticano per pagarsi la droga o altre necessità pressanti. Secondo i dati citati nel libro, sarebbero circa il 10-15% le donne costrette dai propri aguzzini a prostituirsi.

I media presentano spesso un'immagine accattivante della prostituzione, ma secondo Matthews "dietro l'apparente indipendenza e autonomia si cela un gran numero di donne disilluse, il cui senso di autostima è sempre più ridotto". Un problema che diventa più grave via via che le donne avanzano nell'età e la loro attrazione sbiadisce.

Superficialità

Togliere le prostitute dalle strade e legalizzare la prostituzione può sembrare una soluzione, ma lo è solo da un punto di vista superficiale, spiega uno dei capitoli del libro.

Matthews prende in considerazione la situazione dello Stato australiano di Victoria e rileva che la legalizzazione della prostituzione non solo ha portato a una proliferazione delle case chiuse, ma anche a un aumento della prostituzione illegale. Le condizioni di lavoro, in molti casi, non sono migliorate. Anche la violenza sulle donne - un altro problema legato alla prostituzione - risulta aumentato con la legalizzazione.

Gli stessi problemi si sono verificati nei Paesi Bassi, osserva Matthews, tanto che recentemente le autorità hanno deciso di chiudere molti bordelli legali. Dall'esperienza tedesca, secondo l'autore, si può rilevare che la legalizzazione, anziché aver ridotto la diffusione della prostituzione da strada, l'ha incrementata.

Riguardo ai controlli sanitari che vengono svolti regolarmente nelle strutture legalizzate, Matthews sostiene che in realtà la loro efficacia risulta comunque scarsa, visto che non vengono effettuati sui clienti. Si tratterebbe quindi di verifiche di scarso valore, che potrebbero peraltro suscitare nelle persone un falso senso di sicurezza.

Offesa alla dignità

L'insegnamento della Chiesa sulla prostituzione è chiaro. Il Catechismo della Chiesa cattolica osserva che le persone coinvolte nella fornitura di questi servizi sono offese nella loro dignità, venendo ridotte a mero strumento di piacere sessuale. Il n. 2355 critica anche le persone che pagano, perché peccano gravemente contro se stesse.

Negli ultimi tempi la Chiesa ha posto una particolare enfasi sulla violazione della dignità umana procurata dalla prostituzione. Il documento conciliare "Gaudium et spes" elenca una serie di offese contro la vita e l'integrità della persona umana, tra le quali figura la prostituzione.

Tali offese "guastano la civiltà umana", afferma il documento (n. 27).

Nell'enciclica "Veritatis splendor", il Papa Giovanni Paolo II riprende l'elencazione delle offese contenuta nella "Gaudium et spes", considerandole come atti che sono per loro natura "intrinsecamente cattivi", e quindi sempre gravemente illeciti (n. 80).
Giovanni Paolo II poi, anche nell'enciclica "Evangelium vitae", richiama la stessa lista di delitti e attentati contro la vita umana, dicendo a trent'anni di distanza: "Ancora una volta e con identica forza li deploro a nome della Chiesa intera" (n. 3).

Benedetto XVI ha parlato dei problemi della prostituzione nel discorso che ha rivolto il 13 dicembre al nuovo Ambasciatore della Thailandia presso la Santa Sede, richiamando la preoccupazione della Chiesa per "la piaga dell'AIDS, la prostituzione e il commercio di donne e bambini che continuano ad affliggere i Paesi della regione" del sud-est asiatico.

Il Pontefice ha deplorato la trivializzazione della sessualità nei mezzi di comunicazione sociale, che conduce al degrado delle donne e anche all'abuso dei bambini. Affrontare questi crimini porterà a una svolta decisiva di speranza e di dignità per tutti gli interessati, ha sostenuto il Papa. Sentimenti condivisi da molte persone preoccupate della sorte delle donne intrappolate nella prostituzione.

Fonte: fonte non disponibile, 13 aprile 2008

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