BastaBugie n�22 del 28 marzo 2008

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1 LA MIA CONVERSIONE
Approdo di un lungo cammino. Decisivo l’incontro con il Papa.
Autore: Magdi Cristiano Allam - Fonte:
2 GLI AMICI DI CRISTIANO MAGDI

Autore: Sr. Maria Gloria Riva e Don Gabriele Mangiarotti - Fonte:
3 CHI È MAGDI ALLAM
Magdi Allam si converte
Fonte: Fonte non disponibile
4 LE MENZOGNE DEGLI ABORTISTI E LE VERE CIFRE
Le cifre sull'aborto: prima e dopo la legge 194. L'escalation delle cifre per normalizzare un dramma.
Autore: Francesco Agnoli - Fonte:
5 INTERVISTA A EMANUELA MARINELLI: NUOVE CONFERME SULL'AUTENTICITÀ DELLA SINDONE

Autore: Antonio Gaspari - Fonte:
6 LA SUORA UCCISA A COLTELLATE PER ORDINE DI SATANA FORSE SARÀ BEATA. MENTRE NESSUNO È IN CARCERE...
Suor Mainetti , via libera alla causa per martirio. Il sì dalla Congregazione delle cause dei santi.
Autore: Enrica Lattanzi - Fonte:
7 CARDINALE AUSTRALIANO: LA BUFALA DEL RISCALDAMENTO GLOBALE

Autore: Rino Cammilleri - Fonte:
8 GESU’ E’ RISORTO IL 9 APRILE DELL’ANNO 30

Autore: Antonio Socci - Fonte:

1 - LA MIA CONVERSIONE
Approdo di un lungo cammino. Decisivo l’incontro con il Papa.
Autore: Magdi Cristiano Allam - Fonte:

Caro Direttore, ciò che ti sto per riferire concerne una mia scelta di fede religiosa e di vita personale che non vuole in alcun modo coinvolgere il Corriere della Sera di cui mi onoro di far parte dal 2003 con la qualifica di vice-direttore ad personam. Ti scrivo pertanto da protagonista della vicenda come privato cittadino. Ieri sera mi sono convertito alla religione cristiana cattolica, rinunciando alla mia precedente fede islamica. Ha così finalmente visto la luce, per grazia divina, il frutto sano e maturo di una lunga gestazione vissuta nella sofferenza e nella gioia, tra la profonda e intima riflessione e la consapevole e manifesta esternazione. Sono particolarmente grato a Sua Santità il Papa Benedetto XVI che mi ha impartito i sacramenti dell’iniziazione cristiana, Battesimo, Cresima ed Eucarestia, nella Basilica di San Pietro nel corso della solenne celebrazione della Veglia Pasquale. E ho assunto il nome cristiano più semplice ed esplicito: «Cristiano». Da ieri dunque mi chiamo «Magdi Cristiano Allam». Per me è il giorno più bello della vita. Acquisire il dono della fede cristiana nella ricorrenza della Risurrezione di Cristo per mano del Santo Padre è, per un credente, un privilegio ineguagliabile e un bene inestimabile. A quasi 56 anni, nel mio piccolo, è un fatto storico, eccezionale e indimenticabile, che segna una svolta radicale e definitiva rispetto al passato. Il miracolo della Risurrezione di Cristo si è riverberato sulla mia anima liberandola dalle tenebre di una predicazione dove l’odio e l’intolleranza nei confronti del «diverso», condannato acriticamente quale «nemico», primeggiano sull’amore e il rispetto del «prossimo» che è sempre e comunque «persona»; così come la mia mente si è affrancata dall’oscurantismo di un’ideologia che legittima la menzogna e la dissimulazione, la morte violenta che induce all’omicidio e al suicidio, la cieca sottomissione e la tirannia, permettendomi di aderire all’autentica religione della Verità, della Vita e della Libertà. Nella mia prima Pasqua da cristiano io non ho scoperto solo Gesù, ho scoperto per la prima volta il vero e unico Dio, che è il Dio della Fede e Ragione.
Il punto d’approdo
La mia conversione al cattolicesimo è il punto d’approdo di una graduale e profonda meditazione interiore a cui non avrei potuto sottrarmi, visto che da cinque anni sono costretto a una vita blindata, con la vigilanza fissa a casa e la scorta dei carabinieri a ogni mio spostamento, a causa delle minacce e delle condanne a morte inflittemi dagli estremisti e dai terroristi islamici, sia quelli residenti in Italia sia quelli attivi all’estero. Ho dovuto interrogarmi sull’atteggiamento di coloro che hanno pubblicamente emesso delle fatwe, dei responsi giuridici islamici, denunciandomi, io che ero musulmano, come «nemico dell’islam», «ipocrita perché è un cristiano copto che finge di essere musulmano per danneggiare l’islam», «bugiardo e diffamatore dell’islam », legittimando in tal modo la mia condanna a morte. Mi sono chiesto come fosse possibile che chi, come me, si è battuto convintamente e strenuamente per un «islam moderato», assumendosi la responsabilità di esporsi in prima persona nella denuncia dell’estremismo e del terrorismo islamico, sia finito poi per essere condannato a morte nel nome dell’islam e sulla base di una legittimazione coranica. Ho così dovuto prendere atto che, al di là della contingenza che registra il sopravvento del fenomeno degli estremisti e del terrorismo islamico a livello mondiale, la radice del male è insita in un islam che è fisiologicamente violento e storicamente conflittuale.
Parallelamente la Provvidenza mi ha fatto incontrare delle persone cattoliche praticanti di buona volontà che, in virtù della loro testimonianza e della loro amicizia, sono diventate man mano un punto di riferimento sul piano della certezza della verità e della solidità dei valori. A cominciare da tanti amici di Comunione e Liberazione con in testa don Juliàn Carròn; a religiosi semplici quali don Gabriele Mangiarotti, suor Maria Gloria Riva, don Carlo Maurizi e padre Yohannis Lahzi Gaid; alla riscoperta dei salesiani grazie a don Angelo Tengattini e don Maurizio Verlezza culminata in una rinnovata amicizia con il Rettore maggiore Don Pascual Chavez Villanueva; fino all’abbraccio di alti prelati di grande umanità quali il cardinale Tarcisio Bertone, monsignor Luigi Negri, Giancarlo Vecerrica, Gino Romanazzi e, soprattutto, monsignor Rino Fisichella che mi ha personalmente seguito nel percorso spirituale di accettazione della fede cristiana. Ma indubbiamente l’incontro più straordinario e significativo nella decisione di convertirmi è stato quello con il Papa Benedetto XVI, che ho ammirato e difeso da musulmano per la sua maestria nel porre il legame indissolubile tra fede e ragione come fondamento dell’autentica religione e della civiltà umana, e a cui aderisco pienamente da cristiano per ispirarmi di nuova luce nel compimento della missione che Dio mi ha riservato.
La scelta e le minacce
Caro Direttore, mi hai chiesto se io non tema per la mia vita, nella consapevolezza che la conversione al cristianesimo mi procurerà certamente un’ennesima, e ben più grave, condanna a morte per apostasia. Hai perfettamente ragione. So a cosa vado incontro ma affronterò la mia sorte a testa alta, con la schiena dritta e con la solidità interiore di chi ha la certezza della propria fede. E lo sarò ancor di più dopo il gesto storico e coraggioso del Papa che, sin dal primo istante in cui è venuto a conoscenza del mio desiderio, ha subito accettato di impartirmi di persona i sacramenti d’iniziazione al cristianesimo. Sua Santità ha lanciato un messaggio esplicito e rivoluzionario a una Chiesa che finora è stata fin troppo prudente nella conversione dei musulmani, astenendosi dal fare proselitismo nei Paesi a maggioranza islamica e tacendo sulla realtà dei convertiti nei Paesi cristiani. Per paura. La paura di non poter tutelare i convertiti di fronte alla loro condanna a morte per apostasia e la paura delle rappresaglie nei confronti dei cristiani residenti nei Paesi islamici. Ebbene oggi Benedetto XVI, con la sua testimonianza, ci dice che bisogna vincere la paura e non avere alcun timore nell’affermare la verità di Gesù anche con i musulmani.
Basta con la violenza
Dal canto mio dico che è ora di porre fine all’arbitrio e alla violenza dei musulmani che non rispettano la libertà di scelta religiosa. In Italia ci sono migliaia di convertiti all’islam che vivono serenamente la loro nuova fede. Ma ci sono anche migliaia di musulmani convertiti al cristianesimo che sono costretti a celare la loro nuova fede per paura di essere assassinati dagli estremisti islamici che si annidano tra noi. Per uno di quei «casi» che evocano la mano discreta del Signore, il mio primo articolo scritto sul Corriere il 3 settembre 2003 si intitolava «Le nuove catacombe degli islamici convertiti». Era un’inchiesta su alcuni neo-cristiani che in Italia denunciavano la loro profonda solitudine spirituale ed umana, di fronte alla latitanza delle istituzioni dello Stato che non tutelano la loro sicurezza e al silenzio della stessa Chiesa. Ebbene mi auguro che dal gesto storico del Papa e dalla mia testimonianza traggano il convincimento che è arrivato il momento di uscire dalle tenebre dalle catacombe e di affermare pubblicamente la loro volontà di essere pienamente se stessi. Se non saremo in grado qui in Italia, nella culla del cattolicesimo, a casa nostra, di garantire a tutti la piena libertà religiosa, come potremmo mai essere credibili quando denunciamo la violazione di tale libertà altrove nel mondo? Prego Dio affinché questa Pasqua speciale doni la risurrezione dello spirito a tutti i fedeli in Cristo che sono stati finora soggiogati dalla paura.


2 - GLI AMICI DI CRISTIANO MAGDI

Autore: Sr. Maria Gloria Riva e Don Gabriele Mangiarotti - Fonte:

Farete cose più grandi di me ha detto Gesù ai suoi nel momento dell’addio. E così avviene, puntualmente nella vita della Chiesa, in quella Chiesa fatta dalla storia di tutti, dei piccoli e dei grandi, di ciascuno di noi.
La Chiesa siamo noi diceva già acutamente il grande Agostino e in noi il Vangelo continua a scrivere pagine meravigliose.
Una ve la vogliamo raccontare perché ci riguarda da vicino.
Ci sono degli atti nella vita di un Papa che hanno la forza e lo spessore dei grandi discorsi di Gesù. Così fu ad esempio il discorso di papa Benedetto XVI a Regensburg. Lo scandalo suscitato e la profondità raggiunta da quel discorso è davvero paragonabile a una pagina evangelica. È stato quest’evento che ci ha fatto incontrare Magdi Allam.
Fin qui, niente di strano: don Gabriele Mangiarotti, conoscendo e stimando la lucidità di pensiero del vice direttore del Corriere della Sera lo invita, per conto di Mons Luigi Negri, a un dibattito sul tema in quel di San Marino.
L’invito si trasforma un’incontro e il tanto celebrato Magdi Allam diventa un fratello. Don Gabriele trascorrere con lui un giorno pieno di amicizia che in qualche modo rende palese un’appartenenza già decisa, già scritta da qualcun altro per noi.
Con me l’incontro avviene dapprima telefonicamente, poi, in modo diretto a casa sua. E’ l’inizio di una storia, fatta di gesti semplici e sinceri che portano il sapore dell’eternità.
Man mano che passava il tempo e si approfondiva l’amicizia l’anima di questo nostro amico si apriva sempre più mostrando la sua straordinaria trasparenza e il lavoro sottile che la grazia stava operando in lui. Un giorno, a casa sua ci ha presi in disparte: «voglio essere di Cristo», ci ha detto. Poi con voce pacata e profonda ci ha confessato quanto questo papa abbia inciso sul suo percorso e abbia introdotto la sua profonda riflessione attorno all’islam entro la necessità di una fede che sia sostenuta dalla ragione.
In quell’ora trascorsa con lui, tutto si è fermato. La natura attorno a noi pareva immobile tanto il nostro cuore tratteneva il respiro.
Ciò che ci sgomentò fu il pericolo cui egli sarebbe andato incontro con una dichiarazione pubblica della sua conversione. Ma sapevamo che non sarebbe potuto essere che così. La determinazione e la serietà con cui Magdi affronta ogni cosa non poteva che accordarsi con questo nuovo e importante passo della sua vita.
Eppure alla soglia del grande passo, quando ci informò che il santo Padre aveva deciso di battezzarlo nella notte di Pasqua Magdi con uno sguardo da fanciullo ci disse: «Il pericolo c’è, ma non per me. Per il Papa. Dovete pregare per il Papa».
Pensavamo a questa consegna poco prima di arrivare a Roma, pensavamo, con le lacrime agli occhi, come l’aprirsi alla verità del cuore di Magdi sia stato anche un progressivo dilatarsi alla carità, che è quell’amore con cui Cristo ci ama.
La veglia si è consumata così nel fuoco nuovo in una Basilica di san Pietro gremitissima e solenne. Una cerimonia affascinante ha fatto da corona all’omelia del Papa profonda e semplicissima.
La commozione è stata forte per don Gabriele e me: essere lì nel cuore della Chiesa con un amico che diventa fratello, essere lì non come fortunati spettatore occasionali, ma come protagonisti di un’avventura. Le parole del Papa ci hanno richiamato al rischio che questa fratellanza comporta: «Il buio di tanto intanto può sembrare comodo, possiamo nasconderci, stare più comodi, ma noi non siamo chiamati a stare nelle tenebre: siamo figli della luce… Teniamo stretta la mano di Cristo, non abbandoniamo la sua mano: camminiamo sulla via che conduce alla vita».
Vogliamo, con Magdi, tenere la mano stretta a Cristo percorrendo questo tratto di storia in cui così fortemente pare imperare il dominio delle tenebre. Vogliamo essere degni di questa amicizia che così fortemente ci richiama a fare dono della vita a Cristo senza condizioni.
Una cosa rimane nel cuore per sempre: nel momento più solenne, mentre l’acqua scorreva su capo di Magdi, la voce del santo Padre è risuonata più chiara e più vibrante che mai: «Cristiano, io ti battezzo nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo».
Cistiano. Grazie, Magdi: questa parola ora sulle nostre labbra non avrà più lo stesso suono. Tolta dalle ripetizioni qualunquistiche e annoiate, ora è rigonfia di vita, di lacrime e speranza.
Caro Magdi Cristiano, davvero Cristo c’è e ancora ci sorprende legandoci gli uni gli altri dentro pagine di vita meravigliose.


3 - CHI È MAGDI ALLAM
Magdi Allam si converte
Fonte Fonte non disponibile

Il giornalista egiziano battezzato dal Papa nella veglia pasquale in San Pietro.
Il giornalista e saggista di origine egiziana Magdi Allam, vice direttore 'ad personam' del Corriere della Sera, ha ricevuto il battesimo da Benedetto XVI durante la solenne veglia pasquale nella basilica di San Pietro.
"Nel corso della Veglia pasquale di questa notte - informava sabato pomeriggio una nota del direttore della sala stampa della Santa Sede, padre Federico Lombardi - il Santo Padre amministrerà il battesimo a sette persone, cinque donne e due uomini provenienti da diversi Paesi". "I catecumeni che riceveranno il Battesimo questa notte - aggiungeva il portavoce vaticano - provengono dall'Italia, dal Camerun, dalla Cina, dagli Stati Uniti, dal Perù. Fra di essi vi è anche il dottor Magdi Allam, noto giornalista di origine egiziana, vicedirettore 'ad personam' del 'Corriere della Sera'".
Secondo padre Lombardi, "per la Chiesa cattolica ogni persona che chiede di ricevere il Battesimo dopo una profonda ricerca personale, una scelta pienamente libera e un'adeguata preparazione, ha il diritto di riceverlo". Per parte sua, "il Santo Padre amministra il Battesimo nel corso della liturgia pasquale ai catecumeni che gli sono stati presentati, senza fare 'differenza di persone', cioè considerandoli tutti ugualmente importanti davanti all'amore di Dio e benvenuti nella comunità della Chiesa". "Com'é noto - informava ancora il portavoce della Santa Sede -, il Santo Padre amministra normalmente il sacramento del Battesimo in due circostanze liturgiche. Nella festa del Battesimo del Signore, nella Cappella Sistina, amministra il battesimo a un gruppo di bambini neonati".
"Nella Veglia pasquale invece - concludeva - amministra il Battesimo e gli altri due sacramenti della iniziazione cristiana (Confermazione e Comunione) a un gruppo di adulti di diversa nazionalità e condizione, che hanno compiuto il necessario cammino di preparazione spirituale e catechetica, che nella tradizione cristiana si chiama 'catecumenato'". La madre del giornalista vive in Arabia Saudita, per motivi religiosi.   Magdi Allam è nato al Cairo nel 1952. Prima collaboratore e poi corrispondente di "Repubblica" dall'Egitto, trasferitosi a Roma diventa l'esperto di questioni islamiche del giornale allora diretto da Eugenio Scalfari. Con i suoi articoli e le sue inchieste entra in rotta di collisione con molte organizzazioni islamiche presenti in Italia ed e' costretto a vivere sotto scorta (condizione alla quale lo obbligherà ora anche la decisione di diventare cristiano pubblicamente). Tre anni fa Paolo Mieli lo chiama al "Corriere della Sera" come vice direttore "ad personam". Particolarmente attento e appassionato alle tematiche che concernono la realtà dei modelli di convivenza sociali in Occidente, quali identità' nazionale e democrazia, immigrazione e integrazione, islam e terrorismo, le sue posizioni e proposte sono spesso appoggiate dal quotidiano cattolico "Avvenire" e dal card. Camillo Ruini, vicario di Roma. Laureato in Sociologia all'Universita' La Sapienza di Roma, ha pubblicato con la Mondadori "Viva Israele. Dall'ideologia della morte alla civiltà della vita: la mia storia" (2007), "Io amo l'Italia. Ma gli italiani la amano?" (2006), "Vincere la paura. La mia vita contro il terrorismo islamico e l'incoscienza dell'Occidente" (2005), "Kamikaze made in Europe. Riuscirà l'Occidente a sconfiggere i terroristi islamici?" (2004), "Saddam. Storia segreta di un dittatore" (2003), "Bin Laden in Italia. Viaggio nell'islam radicale" (2002), "Diario dall'Islam" (2002). Ha ricevuto numerosi riconoscimenti nazionali e internazionali tra cui il Premio Saint-Vincent di Giornalismo, la Medaglia del Senato della Repubblica Italiana conferita dal Centro Pio Manzù, l'Ambrogino d'Oro del Comune di Milano, il Premio internazionale Dan David e il Mass Media Award dell'American Jewish Committee.

Fonte: Fonte non disponibile

4 - LE MENZOGNE DEGLI ABORTISTI E LE VERE CIFRE
Le cifre sull'aborto: prima e dopo la legge 194. L'escalation delle cifre per normalizzare un dramma.
Autore: Francesco Agnoli - Fonte:

Le cifre sull'aborto sono spesso oggetto di dibattiti e di svariate interpretazioni. Molti infatti si appellano proprio ad esse per sostenere il proprio apprezzamento o meno per l'efficacia della legge 194/1978. Sarà dunque bene una breve analisi dei fatti, prima e dopo la legge 194 in Italia.
Possiamo partire, per una comprensione più ampia, da Bernard Nathanson, il celebre medico americano fondatore a New York della "Lega d'azione per il diritto all'aborto", nel 1968, e direttore, all'epoca, della più grande clinica per aborti del mondo, il Crash. Costui, dopo aver effettuato, tramite i suoi medici, ben 75.000 aborti, di cui 15.000 di sua mano ("ho fatto abortire i figli dei miei amici, colleghi, insegnanti e conoscenti"), ha riveduto le sue posizioni, divenendo un difensore della vita sin dal suo concepimento. Ha così iniziato a raccontare, nei suoi libri e nelle sue conferenze, le tecniche propagandistiche tipiche degli abortisti di tutto il mondo, usate a suo tempo da lui stesso, volte a capovolgere e indirizzare l'opinione pubblica. La modalità principale, racconta nei suoi scritti, era quella di fornire "sondaggi fittizi", nei quali il numero dei favorevoli all'aborto veniva volutamente gonfiato, allo scopo di rendere "normale", accettabile, l'idea stessa dell'aborto: "il pubblico, al quale dicevamo che tanti erano per l'aborto, mutò opinione, e diventò davvero favorevole all'aborto" (Il Foglio, 23/4/2005).
L'altro argomento usato come grimaldello per scardinare il buon senso comune, racconta sempre Nathanson, era quello degli aborti clandestini: bastava urlare ai quattro venti che le donne, anche senza legalizzazione dell'aborto, abortivano ugualmente, in modo clandestino, senza alcuna sicurezza per la loro salute, col rischio addirittura della vita. In tal modo poteva sembrare che la legalizzazione fosse in qualche modo un male minore, il tentativo di rendere almeno controllabile e più "sicuro", per le donne, un fenomeno già esistente e, anzi, vastissimo. In realtà le cifre venivano gonfiate in modo incredibile, e si fingeva di conoscere qualcosa che di per sé era, per definizione, inconoscibile: il numero di aborti praticati, appunto, clandestinamente! Parlavamo di un milione di aborti clandestini l'anno, conclude Nathanson, quando ve ne erano, forse, 100.000!
La stessa tattica inventata da Nathanson e dai suoi compagni di strada, viene adottata in quegli stessi anni anche in Italia. Nel 1971 infatti il Psi presenta al Senato una proposta per l'introduzione dell'aborto legale, libero, e gratuito, affermando che vi sono in Italia tra i 2 e i 3 milioni di aborti annui, e che circa 20.000 donne all'anno muoiono a causa di questi interventi. Nel successivo progetto di legge, sempre socialista, presentato alla Camera il 15/10/'71, il numero degli aborti annui rimane stabile, mentre quello delle donne morte per pratiche abortive clandestine sale, chissà come, a 25.000. Tali cifre vengono riprese come attendibili da tantissimi giornali ("Espresso", 26/4/ 1970: tra gli 800.000 e i 3 milioni di aborti clandestini l'anno; "Corriere della sera" del 10/9/'76: da 1,5 a 3 milioni di aborti clandestini l'anno; "Il Giorno" del 7/9/'72: da 3 a 4 milioni l'anno…; "Alto Adige", 31/10/80: da 850.000 a 1.200.000; "Corriere della sera", 19/1/1981: 800.000). Le femministe diffondono anch'esse cifre improbabili: celebre lo slogan "Ecco cosa avete fatto voi, difensori della vita, 3 milioni di aborti clandestini, 20.000 donne morte", che compare in quegli anni su molti cartelli durante le manifestazioni.
Per meglio inquadrare la vicenda ricorro brevemente a due libri scritti negli anni delle discussioni infuocate, prima che l'aborto fosse legale in Italia (1978): "Da Erode a Pilato" (Marsilio, 1973), di Giuliana Beltrami e Sergio Veneziani, e "L'aborto, un dilemma del nostro tempo" (Etas Kompass, 1970). Come ho scritto nel mio "Chiesa, sesso e morale" (Sugarco), "si tratta di testi favorevoli alla legalizzazione dell'aborto, la cui lettura risulta, soprattutto oggi, molto istruttiva. Nel primo si sostiene addirittura che in Italia, prima della 194, vi sono donne "che hanno abortito già dieci, venti volte", in modo clandestino. Anzi, mentre nel mondo ci sarebbero circa un aborto ogni quattro nascite, in Italia è lecito ritenere che il rapporto sia invertito, e che vi siano nientemeno che "quattro aborti per ogni nascita". Sebbene la cifra degli aborti clandestini non sia chiara, sostengono ancora gli autori, essa si muove certamente tra il milione e i tre milioni di aborti ogni anno. A pagina 33 si arriva addirittura ad affermare, dimenticando quello che si è scritto poco prima, che vi sono donne "che compiono, nel corso della loro esistenza, fino a trenta e più atti abortivi": in fondo, infatti, il raschiamento di quello che viene definito semplicemente "uovo", "non è più difficile né pericoloso di un'asportazione di tonsille".
Il secondo libro raccoglie gli atti di un Congresso Internazionale sull'aborto avvenuto a Washington nel 1967. Vi si parla di alcune ricerche sugli aborti clandestini negli Usa, e le cifre ipotizzate vanno dai 160.000 aborti illegali annui ad un massimo di 1.200.000. Agli atti del Convegno è allegato un saggio di Carlo Smuraglia, cui spetta descrivere la situazione italiana: vi si apprende che il numero di aborti clandestini in Italia, attestandosi tra l'uno e i due milioni, sarebbe di gran lunga superiore a quello degli aborti in America, pur essendo gli Usa quattro volte più popolati!". Questa dunque è la qualità del dibattito sull'aborto in quegli anni: tutti sparano cifre, allo scopo di rendere la legalizzazione dell'aborto un evento inevitabile. L'Espresso del 9 aprile del 1967 arriva a sostenere che "nella sola provincia di Milano gli aborti clandestini sono almeno 50.000 al mese", il che significa 600.000 all'anno! In tutta Italia sarebbero 4 milioni!
La verità è che studi seri in Italia, in quegli anni, ve ne è uno solo, a cura del professor Bernardo Colombo, demografo dell'Università di Padova, scritto con l'ausilio di altri due professori della medesima università, entrambi docenti di Statistica, i professori Franco Bonarini e Fiorenzo Rossi. Lo studio è intitolato "La diffusione degli aborti illegali in Italia" (1977), ed è una analisi attenta e precisa di tutte le "voci" e i dati parziali sull'aborto clandestino. Colombo dimostra che le cifre proposte dagli abortisti sono false con varie argomentazioni, ad esempio sottolineando come per mantenere la media di 1 milione di aborti clandestini annui è necessario che almeno il 50% di tutte le donne italiane in età feconda abortisca esattamente 5,3 volte nell'arco della propria vita riproduttiva. La cifra che lui propone come attendibile è quella di 100.000 aborti clandestini annui tra il 1970 e il 1975, e forse anche meno. Nel 1978 entra in vigore la legge 194 sull'aborto.
Ebbene, nel 1979 gli aborti legali sono ufficialmente, né 1, né 4 milioni, ma 187.752! Come è possibile che gli aborti siano diminuiti, ora che sono legali, gratuiti, liberi nei primi tre mesi, mentre prima erano illegali e determinavano punizioni penali per il medico e per la donna? Quanto poi alle donne morte per pratiche clandestine basterebbe consultare, per esempio, il Compendio Statistico Italiano del 1974: vi si legge che in Italia, nell'intero anno, sono morte 9.914 donne tra il 14 e i 44 anni, e cioè in età feconda. Fossero decedute anche tutte per aborto clandestino, cosa assolutamente assurda, non sarebbero comunque né 20.000 né 25.000!
Sulle cifre dell'aborto si discute anche per quanto riguarda l'efficacia della 194 negli anni. Il professor Flamigni, e come lui molti altri, afferma: "la legge 194 è una legge che ha dato buona prova di sé ,che ha diminuito il numero degli aborti in modo significativo (erano 234.000 nel 1982 e sono stati 129.000 nel 2005)" (l'Unità, 10/1/2008). Similmente si esprime l'ex ministro della salute Livia Turco: " Grazie alla 194 le interruzioni di gravidanza tra le donne italiane sono diminuite del 60% dal 1982" (Io donna, 26/1/2008). Si tratta dunque di una opinione diffusa, che però non corrisponde a verità. Anzitutto la legge 194 è entrata in vigore nel 1978: perché allora contare la diminuzione degli aborti dopo il 1982? Cosa è successo tra il 1978 e il 1982? Come fingere che questi anni non esistano? Le cifre ufficiali parlano chiaro: dai 68.000 aborti del 1978 (metà anno), si è passati ai 187.752 del 1979 (mentre mantenendo la media dell'anno prima avrebbero dovuto essere 134.000, cioè 68.000 per due), ai 220.263 del 1980, ai 224.377 del 1981, ai 234.377 del 1982.
Una crescita costante, dunque! Addirittura sappiamo che gli aborti sono cresciuti notevolmente, mese per mese, già a partire dal primo semestre di applicazione della 194, cioè la seconda metà del 1978, che ha appunto visto un grosso aumento del ricorso all'aborto soprattutto negli ultimi due mesi dell'anno! Dopo il 1982 è iniziata una leggera flessione, sino ai 191.469 aborti del 1987: cifra quest'ultima che si attesta comunque al di sopra del dato iniziale del 1978 e del 1979. Se ne deduce quindi che la 194 ha inizialmente aumentato gli aborti, che sono rimasti ad un livello molto alto sino al 1987, e che hanno iniziato a calare significativamente solo più avanti. Ma perché col tempo gli aborti sono diminuiti sino ai 129.588 del 2005? In base a quanto si è visto, e tenendo conto del fatto che la 194 è stata applicata sempre con gli stessi criteri, senza modifiche, è impossibile pensare che una legge che sino al 1982, e anche dopo, ha determinato un progressivo aumento degli aborti, abbia, sempre lei, determinato poi un flusso inverso.
Gli esempi di altri paesi ci vengono incontro: sono numerosi gli Stati in cui l'aborto, dopo una impennata costante nei primi anni di legalizzazione, col tempo ha iniziato a diminuire. Dalla Russia, in cui il ricorso all'aborto è calato del 21% negli ultimi cinque anni, senza che intervenisse nessuna modifica legislativa, alla Croazia, che ha visto crollare gli aborti dell'88% negli ultimi anni, anche in questo caso senza nessuna modifica legislativa. Anche negli Usa si registra lo stesso fenomeno: dopo la legalizzazione dell'aborto nel 1973 il ricorso a tale pratica è via via cresciuto, sino ad 1,6 milioni di aborti nel 1990. Nel 2005 invece gli aborti sono stati 1,2 milioni: non erano mai stati così "pochi". Perché, visto che in tutti questi casi, come si diceva non è cambiato nulla dal punto di vista legislativo?
A determinare la diminuzione degli aborti, in Italia come altrove, sono stati altri fattori: da una parte la maggior consapevolezza nelle persone della drammaticità dell'aborto, permessa sia dalla maggior conoscenza dello sviluppo fetale sia dai sempre più numerosi studi sul trauma post aborto nella donna. Dall'altra occorre che vengano considerati alcuni fatti: è diminuita la fertilità generale; sono diminuite le coppie in età fertile; è aumentato enormemente il ricorso alla pillola del giorno dopo, con potenzialità abortive; sono rimasti gli aborti clandestini, di cui non si conosce l'entità, e che la legge 194 ha depenalizzato rispetto al passato; aumentano i bambini salvati dalle associazioni di volontariato; non mancano numerosissimi casi, che vengono alla luce solo di rado, di aborti procurati sistematicamente spacciati per spontanei, o di medici che spingono le donne ad abortire nei loro centri privati. Ma soprattutto: in Italia dal 1995 circa, pur essendo leggermente diminuito il numero degli aborti totali, è rimasto invariato, ed è anzi in certi anni cresciuto, il tasso di abortività.


5 - INTERVISTA A EMANUELA MARINELLI: NUOVE CONFERME SULL'AUTENTICITÀ DELLA SINDONE

Autore: Antonio Gaspari - Fonte:

ROMA, giovedì, 7 febbraio 2008 - La Sindone torna a far parlare di sé. Il mistero dell’uomo impresso sul telo continua a far discutere gli scienziati.
L’ultimo in ordine di tempo è stato Christopher Bronk Ramsey, Direttore del Radiocarbon Accelerator di Oxford, uno dei tre laboratori, con Tucson e Zurigo, che datarono la Sindone nel 1988.
Il dottor Ramsey, in una intervista registrata dalla BBC che sarà trasmessa in Gran Bretagna il prossimo 22 marzo, ha ammesso che le rilevazioni fatte allora sulla Sindone, secondo le quali avrebbe avuto origine nel Medioevo, “potrebbero essere messe in discussione”.
A rivelare le dichiarazioni di Christopher Bronk Ramsey, è stato monsignor Giuseppe Ghiberti, Presidente della Commissione diocesana per la Sindone di Torino, durante una conferenza svoltasi a Novara e ripresa in prima pagina dal quotidiano “La Stampa” (26 gennaio 2008).
Secondo nuove scoperte, la tecnologia meno raffinata di vent’anni fa non sarebbe stata in grado di distinguere il carbonio originale del telo da quello acquisito dall’inquinamento ambientale.
Per capire in che modo queste dichiarazioni potrebbero gettare nuova luce sull’origine della Sindone, ZENIT ha intervistato Emanuela Marinelli, docente di Scienze Naturali e Geologiche, autrice di vari libri sulla Sindone e animatrice, insieme al fratello Maurizio Marinelli, del sito internet www.sindone.info.

Che cosa c’è di nuovo? Qual è la notizia?
Marinelli: Il 21 gennaio la Sindone è stata trasferita nella sacrestia nuova del Duomo di Torino per consentire un controllo della teca ad alta tecnologia in cui è conservata. In questa occasione i tecnici della società novarese Hal 9000 hanno effettuato riprese video e 1.650 fotografie che permetteranno la realizzazione di un’immagine ad altissima risoluzione, utile anche per studi scientifici. Il primo risultato è visibile su una parete del Duomo di Novara a partire dal 6 febbraio e fino al 30 marzo: un ingrandimento della Sindone di 21 per 9 metri, elemento centrale del progetto “Passio 2008” che animerà, con oltre cento appuntamenti, la Quaresima della Diocesi di Novara su iniziativa dell’Associazione Culturale «La nuova Regaldi». La gigantografia della Sindone verrà successivamente inviata a Sidney per la Giornata Mondiale della Gioventù.
Intorno alla reliquia ha pure lavorato una troupe della BBC che sta realizzando un film del regista David Rolfe. Il documentario andrà in onda in Gran Bretagna il 22 marzo, Sabato Santo.
Monsignor Giuseppe Ghiberti, Presidente della Commissione diocesana per la Sindone di Torino, intervenuto a Novara in un convegno dell’associazione culturale «La nuova Regaldi», ha anticipato i contenuti dell’intervista a Christopher Bronk Ramsey, archeologo, Direttore del Radiocarbon Accelerator di Oxford, che apparirà nel film della BBC. Monsignor Ghiberti ha riferito, in particolare, le importanti dichiarazioni che il dottor Ramsey avrebbe fatto in relazione alla datazione del 1988 che collocò l’origine della Sindone nel Medioevo: “è possibile che ci sia stato un errore”. Dunque quei risultati potrebbero essere messi in discussione dall’evoluzione tecnologica che ha reso nel frattempo più raffinata l’osservazione del carbonio 14.
Le dichiarazioni alla BBC del Direttore del Radiocarbon Accelerator di Oxford riaprono il dibattito sulla datazione della Sindone?
Marinelli: Il dibattito in realtà non si è mai chiuso, ma adesso la novità proviene da un autorevole esponente del fronte dei cosiddetti “carbonisti”, coloro che effettuano le datazioni e in genere difendono i loro risultati, tranne nei casi clamorosi di età assurde per il reperto esaminato, errori che di solito vengono spiegati dagli analisti stessi. Per la Sindone però non vollero sentire ragioni.
Ora il dottor Ramsey, pur precisando in un comunicato fatto pervenire a L’ItaloEuropeo il 31 gennaio che personalmente non ritiene che i nuovi studi possano mettere in discussione l’accuratezza della datazione radiocarbonica effettuata, è disposto a considerare con mente aperta tutte le proposte serie che spieghino perché quella datazione potrebbe non essere corretta e a condurre ulteriori esperimenti per verificare tali ipotesi. È una considerevole apertura.
Quanti e quali sindonologi aveva messo in dubbio l’analisi fatta sul lino della Sindone? E quali erano le loro argomentazioni?
Marinelli: Tutti i sindonologi del mondo, e sono centinaia, avevano contestato quel verdetto assurdo. Solo chi aveva condotto le analisi si ostinava a difenderlo, ovviamente insieme ai negatori dell’autenticità, gente che ha per la Sindone un rifiuto aprioristico, per partito preso.
Fra i sindonologi ci sono molti scienziati, anche non cattolici, che avevano giudicato l’angolo del prelievo non rappresentativo dell’intero lenzuolo per le manipolazioni subite, oltre a tutte le altre vicissitudini attraversate dalla reliquia.
Fra le varie ricerche condotte in merito spicca quella del chimico Raymond Rogers che ha dimostrato come quell’angolo sia stato addirittura rammendato. I suoi risultati sono stati pubblicati dalla prestigiosa rivista Thermochimica Acta, Vol. 425, 2005.
Quali sono le ragioni che la convincono circa l’autenticità della Sindone?
Marinelli: Tutte le ricerche confermano che quel lenzuolo proviene dalla Palestina dell’epoca di Cristo ed ha avvolto il cadavere di un crocifisso che può essere solo Gesù. Per approfondire tutte le ragioni dell’autenticità consiglio di visitare il sito www.sindone.info.
Cosa accadrà adesso, si rifaranno le analisi?
Marinelli: Il dottor Ramsey è già all’opera per verificare la nuova ipotesi che tiene conto delle condizioni in cui è stata conservata la reliquia. Il risultato sarà annunciato nel documentario della BBC. Per il momento non ha specificato se sta lavorando su un campione della Sindone o su altro materiale. Monsignor Ghiberti dal canto suo il 31 gennaio ha precisato: “Non sono a conoscenza di altri esami e a me non risulta che vi siano in giro campioni di materiale sindonico”. Però i tre laboratori che datarono la Sindone potrebbero non aver usato tutto il materiale che fu loro affidato: David Sox, che fu presente durante il test del 1988 condotto a Zurigo, scrisse nel suo libro “The Shroud unmasked” che in quel laboratorio il campione fu diviso in due e una metà fu conservata per eventuali ulteriori esami.
Cosa occorre ancora per dichiarare la Sindone autentica?
Marinelli: Nulla. Abbiamo già un’impressionante mole di dati a favore dell’autenticità. Ne cito uno per tutti: la Sindone ha una speciale tipologia della cimosa e una particolare cucitura che hanno trovato riscontro solo in tessuti rinvenuti a Masada, la località della Palestina che cadde nelle mani dei Romani nel 74 d.C. e non fu più abitata. Queste stoffe sicuramente giudaiche e sicuramente dell’epoca di Cristo sono riemerse dalla polvere della storia solo pochi anni fa, durante una campagna di scavi archeologici. Quale falsario medievale poteva essere a conoscenza delle manifatture giudaiche del primo secolo? Di che nuovi esami abbiamo bisogno? Per l’autenticità non serve altro. Se ulteriori analisi ci saranno, ben vengano, ma saranno solo conferme di quanto già sappiamo. L’unico mistero che rimane è l’origine dell’immagine: quel cadavere ha impresso nel lenzuolo il suo negativo come con una radiazione. È la luce di cui abbiamo bisogno per capire che non serve altro.


6 - LA SUORA UCCISA A COLTELLATE PER ORDINE DI SATANA FORSE SARÀ BEATA. MENTRE NESSUNO È IN CARCERE...
Suor Mainetti , via libera alla causa per martirio. Il sì dalla Congregazione delle cause dei santi.
Autore: Enrica Lattanzi - Fonte:

VERSO GLI ALTARI
 Il decreto di validità giuridica reso noto giovedì scorso nella Cattedrale di Como. La religiosa venne uccisa a Chiavenna la notte tra il 6 e il 7 giugno 2000 da tre minorenni cui disse: «Io vi perdono».

«Questa Congregazione, dopo una scrupolosa valutazione e un diligente esame, riconosce la validità del processo diocesano, per il caso presentato dalla Curia ecclesiastica di Como, circa la vita, il martirio e la fama di martirio della Serva di Dio Maria Laura Mainetti ».
  Recita così il «decreto di validità giuridica» emesso dalla Congregazione delle Cause dei Santi lo scorso 11 gennaio e ufficialmente diffuso in questi giorni in diocesi di Como. Particolare eco ha avuto l’annuncio fatto giovedì Santo in Cattedrale, al termine della Messa crismale, dal vescovo emerito monsignor Alessandro Maggiolini. «A quasi otto anni di distanza dell’episodio drammatico della morte di suor Maria Laura Mainetti – riflette il vescovo di Como, monsignor Diego Coletti – caduta sotto i colpi di tre ragazze, esse stesse vittime di una oggi non rara deviazione culturale e sociale, la Congregazione ha comunicato la sua approvazione: è un primo e fondamentale atto che apre una seconda fase dell’istruttoria. L’iter sarà ancora lungo, ma questo è un sostanziale passo in avanti».
  L’episodio, accaduto a Chiavenna (Sondrio) nella notte del 6 giugno del 2000, suscitò emozione e sgomento in tutta Italia. Ambra, Milena, Veronica – all’epoca dei fatti minorenni – uccisero suor Maria Laura al termine di un rito satanico: diciannove le coltellate inferte alla religiosa, attirata con l’inganno in una zona poco frequentata di Chiavenna. Una delle giovani confidò di essere in attesa di un bimbo, ma di voler abortire: suor Laura intervenne per dissuaderla e darle aiuto. In via Poiatengo, invece, la colpirono e quando capì di essere destinata alla morte disse alle sue aguzzine: «io vi perdono». Un fatto che disorientò le giovani le quali, fin dai primi interrogatori, riportarono tale circostanza. «Suor Laura – commentò il procuratore capo di Sondrio, Gianfranco Avella al termine delle indagini – è una figura rarissima: mentre viene colpita a morte, invoca il perdono per le sue carnefici. Suor Laura ci dimostra che non tutto è materialismo. Ella è stata un raggio di luce sul mondo, che non ci fa perdere la fiducia nel futuro». La fase diocesana per il processo di beatificazione si aprì il 23 ottobre 2005 a Chiavenna, per chiudersi pochi mesi più tardi, nel giugno 2006. Una trentina i testimoni ascoltati. Per loro stessa ammissione, i membri del tribunale diocesano sono «rimasti affascinati dalla figura di suor Maria Laura». «La sua – ricorda monsignor Alessandro Maggiolini, all’epoca dei fatti vescovo di Como e promotore della causa di beatificazione – è stata un’esistenza semplice, fatta di carità, umiltà, preghiera, attenzione ai bisognosi e ai bambini. È per tutti un modello di vita cristiana. Non ha cercato il martirio. Ma quando ha compreso quanto si stava compiendo, lo ha accettato». Attualissimo e luminoso il messaggio che ci giunge dal sacrificio della religiosa. «Suor Maria Laura – dice l’arciprete di Chiavenna monsignor Ambrogio Balatti – ha testimoniato con la sua vita che il bene è più forte del male».
  «Quella di suor Maria Laura – riprende monsignor Coletti – è una testimonianza cristiana di alto profilo: la sua figura è un grande dono per la diocesi e per il mondo intero, dato che questo martirio si colloca nel quadro di una vita tutta spesa per l’educazione dei giovani, per l’aiuto e il recupero della devianza giovanile».
  Il tema dell’emergenza educativa è oggi al centro del cammino pastorale della diocesi di Como e «probabilmente – conclude monsignor Coletti – tutta la Chiesa italiana se ne occuperà nel prossimo decennio. Suor Maria Laura sarà un esempio da seguire e uno stimolo decisivo per rilanciare proposte, percorsi e metodi educativi nei confronti di una condizione adolescenziale e giovanile che mostra di averne sempre più bisogno».

LA VICENDA
 Nessuna delle tre ragazze che la uccisero è in carcere.
 «È un provvedimento che ci aspettavamo». Fu questo il primo commento di monsignor Ambrogio Balatti, arciprete di Chiavenna, dopo aver appreso, lo scorso dicembre, che anche per l’ultima delle responsabili dell’omicidio di suor Maria Laura Mainetti si sarebbero aperte le porte del carcere. Il Tribunale di sorveglianza di Milano, infatti, da tre mesi ha concesso la semilibertà anche ad Ambra, detenuta a Torino. La pena è stata ridotta in seguito alla buona condotta in carcere e all’indulto, che metterà la parola fine alla sua condanna il 12 novembre 2008. Ad Ambra, considerata dai giudici la mente del gruppo, furono comminati 12 anni e 4 mesi di reclusione, mentre Milena e Veronica furono condannate a 8 anni e mezzo. Veronica, la più giovane, dal 2004 risiede presso una comunità di Roma (dove segue i bambini di un nido). Nel 2006 è stata la volta di Milena, affidata alla comunità Exodus di don Antonio Mazzi a Grezzana (Verona). Ambra, sempre a Torino, il mattino frequenta l’università di Giurisprudenza e fa volontariato, la sera rientra in carcere.


7 - CARDINALE AUSTRALIANO: LA BUFALA DEL RISCALDAMENTO GLOBALE

Autore: Rino Cammilleri - Fonte:

Il cristianesimo si affermò nell’Impero romano contendendo il terreno palmo a palmo ai culti misterici e al vecchio paganesimo. Quest’ultimo, molto più diffuso, viene oggi talvolta mitizzato per velleità polemica; ma la verità è che come davvero vivessero i pagani la loro religione lo sanno solo gli specialisti accademici. I romani, che erano il top della civiltà del mondo antico (dunque, figurarsi gli altri), erano letteralmente terrorizzati da una torma di divinità capricciose e vendicative, da ingraziarsi continuamente attraverso estenuanti rituali. Non si poteva neanche uscire la mattina senza essersi raccomandati agli spiriti della casa, del focolare, della soglia, degli antenati eccetera.

Lo sanno bene, oggi, i missionari in Africa, che contro una miriade di superstizioni ossessive e paralizzanti devono continuamente combattere (anche la nascita di due gemelli, per esempio, è considerata segno infausto; spesso se ne elimina uno). Il cristianesimo ha spazzato via ogni superstizione e liberato l’uomo dalla paura. Ma tutto lascia supporre che, in clima di neopaganesimo, dopo i Dico e lo zapaterismo la Chiesa dovrà affrontare Gaia e i suoi terrori chiliastici (cioè, da fine del mondo). E’ quanto ha sostenuto, con humour ma anche senza giri di parole, il cardinale George Pell, primate d’Australia e responsabile della prossima Giornata Mondiale della Gioventù. Sul «Sunday Telegraph-Australia» del 18 febbraio 2007 ha  descritto l’attuale campagna catastrofista sul clima come «isterica e superstiziosa».

L’altro prelato non le manda certo a dire: « Ci hanno assoggettato a un mucchio di sciocchezze sui disastri climatici, con gli zeloti impegnati a presentarci degli scenari estremizzati per farci paura». Ed ecco il punto centrale: qualcuno vede nello zelo dei catastrofisti di professione qualcosa di religioso; «ma ciò è ingiusto», dice il cardinale. E «ingiusto» non verso i catastrofisti in questione bensì verso «la maggioranza dei cristiani». Infatti, «il cristianesimo non va contro ragione». Invece, quel che si vede nei catastrofisti è «una dose indotta di lieve isteria» (qui il cardinale è troppo buono; in fondo è un prete e i preti cercarono sempre di volere bene a tutti). Il problema è che tale «lieve isteria» è, purtroppo, «pericolosamente vicina alla superstizione». Il cardinale ricorda «che durante gli ultimi cento anni i media hanno oscillato fra la promozione della paura di una nuova era glaciale da una parte e la paura del riscaldamento globale dall'altra».

Il che è, come minimo, contraddittorio. Per giunta, i catastrofisti non sembrano tener conto, nel far calcoli e previsioni, di quanto è accaduto e accade nell’altro emisfero. «Periodi di terribile siccità non sono stati infrequenti nella storia australiana e in alcuni casi sono durati anche sette o otto anni». Per giunta, «recentemente un satellite della NASA ha scoperto che l'emisfero Sud non registra aumenti di temperature da venticinque anni. Forse il riscaldamento globale è un fenomeno del solo Nord?».

Il fatto è che «i terrroristi del clima usano le fluttuazioni della temperatura avvenute in periodi e luoghi limitati per presentare in modo equivoco modelli più lunghi». Infine, il cardinale esorta a «mantenere il sangue freddo» e a non farsi prendere dall’«isterismo sul riscaldamento globale», ricordando che «la scienza è molto più complessa della propaganda». Ma, vedrete, per la Chiesa sarà questa la prossima battaglia.


8 - GESU’ E’ RISORTO IL 9 APRILE DELL’ANNO 30

Autore: Antonio Socci - Fonte:

Oggi, in Gran Bretagna, la Bbc trasmetterà l’annunciatissimo film-inchiesta sulla Sindone intitolato “Shroud of Turin. A conflict of evidence” con cui si riaprirà tutto il dossier relativo all’analisi al C14 fatta nel 1988. Tali e tante sono le scoperte e gli studi che, grazie ai più elaborati mezzi tecnico-scientifici, hanno dimostrato la fallacia di quella datazione medievale e la provenienza del Lenzuolo, con certezza, dalla Giudea e dal I secolo d.C., che pure il professor Christopher Ramsey, direttore del laboratorio di Oxford che fece quelle analisi, dichiara: “i miei colleghi potrebbero essersi sbagliati”.
 
E ora intende riaprire la questione per capire quali elementi possano aver falsato i risultati. Siamo solo agli inizi di un clamoroso ristabilimento della verità.

Ma intanto sui mass media italiani dilagano ignoranza e pregiudizio. Un certo anticristianesimo si taglia a fette. Mercoledì puntata dell’Infedele dedicata alla Resurrezione di Cristo (senza la presenza di nessun cattolico convinto che spiegasse i motivi razionali per cui i cristiani sono certi di essa). Mi sono chiesto se sarebbe mai possibile fare una cosa simile contro altri gruppi religiosi. Ovviamente no: solo contro la Chiesa si può. Cosa si crede, questo Gesù? Mica è il figlio di Colaninno! Lerner, che pure ha sempre avuto importanti supporter nel mondo clericale, troverà mai il coraggio per dedicare una puntata – poniamo - alla credibilità di Maometto e del Corano, con lo stesso approccio? Non credo, i musulmani vanno trattati in guanti bianchi (un po’ come Colaninno). I cristiani no. Eppure chiederebbero solo di essere ascoltati. Con lealtà e desiderio di capire. Come tutti.

Forse il mio collega Gad, prima di mettersi ad attaccare la religione degli altri (il cattolicesimo che non conosce e che è cosa complessa e profonda), dovrebbe almeno studiare bene la propria. Lo dico perché tempo fa, parlando proprio con lui di questi temi, evocai distrattamente un libro di Elia Benamozegh e mi sentii dire: “E chi è?”. Mi stupii. Un importante giornalista che si propone come intellettuale di cultura ebraica e tratta questioni religiose, ma non conosce neanche l’esistenza di Benamozegh – uno dei grandi maestri dell’ebraismo italiano, biblista, cabbalista e filosofo della religione – è come un intellettuale cattolico che si occupasse di cose religiose, ma non avesse mai sentito parlare di Antonio Rosmini o di Jacques Maritain o di Karl Rahner.

Chissà perché sul cattolicesimo (o meglio: contro) tutti sentono di poter pontificare. Un tizio, che non nomino perché cerca pubblicità facendo l’ateo di professione, in un importante programma di Rai 1, giorni fa disse ridacchiando che Gesù morì ateo come lui dal momento che sulla croce gridò “Padre, perché mi hai abbandonato?”. Che dire? Superficialità? Rozzezza? Fate voi.

Ieri un giornalista che stimo, Francesco Merlo, firmando sulla Repubblica un editoriale sull’eutanasia (dove citava i casi di Chantal Sébire e di Hugo Claus), ha concluso così: “ ‘Padre, perché mi hai abbandonato?’, chiese Cristo che troppo soffriva sulla croce e che perciò, come Claus e come la signora Sébire, voleva morire. Fu così elegante e discreta la risposta del Padre che nessuno l’ha mai saputa”.

A dire il vero la risposta del Padre fu la Resurrezione di suo Figlio e ancora oggi, dopo 2000 anni, ne stiamo parlando come l’avvenimento centrale della storia umana. La notizia delle notizie. L’unica speranza. Ma una frase che Merlo ha scritto è profondamente vera, in modo diverso da come lui la intendeva. E’ vero: Gesù voleva morire. Anzi, desiderava ardentemente morire: per noi, per me e te, al posto nostro. Era venuto per questo. Per riscattarci dalla schiavitù del male dando se stesso in pasto alla belva. Lo ha detto lui stesso ai suoi amici (Lc 22, 15-18).

Desiderava con tutto il cuore donarsi, non chiedere l’eutanasia durante il supplizio: ha desiderato soffrire (per noi), non abbreviare le sofferenze con l’eutanasia. Ha dato il suo corpo ai macellai di Satana per mostrarci il suo amore smisurato, folle, senza eguali e prendere su di sé i nostri pesi e le nostre colpe. Per espiare al posto mio e tuo. Infatti poteva benissimo sfuggire all’arresto e invece restò nel Getsemani dove si consegnò docilmente e volontariamente ai suoi macellai.

Inoltre poteva benissimo abbandonarsi alla morte durante uno dei tanti supplizi a cui fu sottoposto per abbreviare le sofferenze. Per esempio, da quella bestiale flagellazione che devastò il 70 per cento della sua carne (come rivela la Sindone), nessuno usciva vivo. Invece lui, con una forza sovrumana, volle resistere per bere fino in fondo tutto il calice. Per portare tutto l’insopportabile.

E le parole citate da Merlo, (“Dio mio, Dio mio, perché mi hai abbandonato”), che certo mostrano come abbia preso su di sé anche tutto il senso di abbandono che tanti esseri umani soffrono nell’esistenza, sono l’inizio di una preghiera: Gesù stava cercando di recitare il Salmo 21, un salmo dove era stato profetizzato, secoli prima degli eventi, precisamente tutto quello che fu fatto a lui quel 7 aprile dell’anno 30.

Oggi possiamo leggerlo ed è stupefacente vedere come la profezia messianica lì contenuta si sia realizzata alla lettera: si parla del Messia che sarà ridotto a “obbrobrio”, sarà “disprezzato”, schernito, non avrà aiuti mentre sarà circondato da un branco di cani, gli grideranno insulti, slogando le sue ossa. Addirittura il Salmo profetizza esattamente che tipo di supplizio avrebbe subito il Messia: “hanno trafitto le mie mani e i miei piedi”. Crocifisso.

Vi si legge perfino: “si sono divisi le mie vesti, tirandole a sorte”. Pregando con quel Salmo, Gesù tentò fino all’ultimo di aprire gli occhi ai presenti: si stava compiendo tutto quello che era stato profetizzato. Come tutte le altre 300 profezie della Scrittura si erano tutte adempiute alla lettera nella sua vita.

Inoltre quel Salmo si conclude preannunciando la resurrezione e il Regno di Dio che, da Israele, si estenderà “fino ai confini della terra”. Precisamente ciò che si sta compiendo da duemila anni. Grazie alla testimonianza di coloro che lo hanno visto risorto e hanno anche toccato con mano quelle ferite. E che sono stati pronti a testimoniare questi fatti anche a costo del martirio (per una balla non ci si fa ammazzare). Ma anche noi possiamo continuare a toccare con mano come l’incredulo Tommaso. Non abbiamo avuto forse davanti agli occhi per 50 anni le stigmate di padre Pio, studiatissime da fior di medici e giudicate scientificamente inspiegabili? E non abbiamo visto la quantità enorme di prodigi e grazie che da quelle stigmate del santo sono piovute su migliaia di persone? E potremmo aggiungere altri stigmatizzati del nostro tempo come Gemma Galgani o Marthe Robin per dirne solo alcune. Del resto di Gesù vivo e operante è possibile fare esperienza, per grazia, nella quotidiana vita della Chiesa. “Vieni e vedi”. La proposta della Chiesa è tutta qui: toccate con mano come Tommaso. Anche certi segni straordinari, come la Sindone, ci parlano.

La scienza ci dà alcune certezze su di essa che solo oggi è stato possibile acquisire con i moderni mezzi di indagine: 1) quel telo ha sicuramente avvolto un corpo morto; 2) quel corpo non è stato dentro al telo per più di 40 ore perché non c’è traccia di putrefazione; 3) dal telo non è stato tolto, ma è come se lo avesse trapassato non essendovi alterazione alcuna delle macchie di sangue (è esattamente la caratteristica che aveva il corpo di Gesù risorto che secondo i Vangeli entrò nel cenacolo nonostante le porte fossero sbarrate). Infine resta da spiegare quell’immagine impressa sul telo. E’ un enigma. Si parla di un lampo misterioso, una fonte di energia sconosciuta proveniente dal corpo stesso: la Resurrezione!


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