BastaBugie n�168 del 26 novembre 2010

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1 IL PAPA AMMETTE IL PRESERVATIVO? COME AL SOLITO E' UNA BUFALA DI GIORNALI E TV: ECCO COSA HA DETTO DAVVERO IL PAPA
Dal libro-intervista del Papa, pubblichiamo il testo in­tegrale delle due domande e risposte di Benedetto XVI con­cernenti la lotta contro l’Aids e l’uso del profilattico
Autore: Benedetto XVI - Fonte: Avvenire
2 APPELLO A ROBERTO SAVIANO: VIENI VIA CON ME E LASCIA PERDERE FABIO FAZIO E MICHELE SERRA A FRIGGERE NEL LORO ODIO
Sono il regime e fanno finta di essere rivoluzionari, incarnano il conformismo e si atteggiano a dissidenti, sbandierano le regole e non le rispettano loro, predicano la tolleranza e sono intolleranti con chi la pensa diverso
Autore: Antonio Socci - Fonte: Libero
3 TUTTE LE FALSITA' DI FABIO FAZIO A VIENI VIA CON ME
Un frullato di luoghi comuni e gravi inesattezze fatte passare per verità indiscutibili
Autore: Lucia Bellaspiga - Fonte: Avvenire
4 FINI A VIENI VIA CON ME ELENCA I VALORI DELLA DESTRA (MA C'E' L'INGANNO...)
Vera e falsa destra: excursus storico su cosa è di destra e cosa è di sinistra (e di come si riconosce)
Autore: Massimo Introvigne - Fonte: massimointrovigne.com
5 AFGHANISTAN: QUELLE BAMBINE TRAVESTITE DA RAGAZZO PER SFUGGIRE ALLE DISCRIMINAZIONI
Ma quando arriva la pubertà, cambia tutto: burqa e matrimoni combinati
Fonte: Avvenire
6 LA CORTE COSTITUZIONALE ANCORA CHIAMATA IN CAUSA PER AMMETTERE LA FECONDAZIONE ARTIFICIALE ETEROLOGA: DA NON DIMENTICARE CHE GIA' L'OMOLOGA HA I SUOI DIFETTUCCI...
Provoca la morte di circa 80 embrioni su 100, riduce l’essere umano a cosa da fabbricare ledendone la dignità, trasforma il medico in padrone della vita
Autore: Giacomo Samek Lodovici - Fonte: Avvenire
7 TUTTI CONCORDANO NEL DIRE: MAI PIU' AUSCHWITZ! MA POI NESSUNO RICORDA PITESTI, UN LUOGO BEN PEGGIORE
L'inferno per i cristiani nella Romania comunista
Fonte: Corrispondenza Romana
8 DOPO IL NORLEVO (LA PILLOLA DEL GIORNO DOPO) ECCO ELLAONE (LA PILLOLA DEI CINQUE GIORNI DOPO)
L’ennesimo caso di informazione distorta (che promuove l’aborto inconsapevole)
Autore: Giulia Tanel - Fonte: Libertà e Persona
9 L'ONU DELINEA UN QUADRO IMPRESSIONANTE: ALMENO 220 MILIONI LE VITTIME DELLA PEDOFILIA
I Paesi poveri forniscono i minori, quelli ricchi con il turismo sessuale esportano aguzzini senza scrupoli
Autore: Lucia Bellaspiga - Fonte: Avvenire
10 LETTERE ALLA REDAZIONE: COME MAI FACEBOOK HA CHIUSO IL GRUPPO A BASTABUGIE?
Per compensare la censura invitiamo i nostri lettori a condividere sui social network gli articoli di BastaBugie
Autore: Giano Colli - Fonte: Redazione di BastaBugie
11 OMELIA PER LA I DOMENICA DI AVVENTO - ANNO A - (Mt 24,37-44)
Gettiamo via le opere delle tenebre e indossiamo le armi della luce
Fonte: Il settimanale di Padre Pio

1 - IL PAPA AMMETTE IL PRESERVATIVO? COME AL SOLITO E' UNA BUFALA DI GIORNALI E TV: ECCO COSA HA DETTO DAVVERO IL PAPA
Dal libro-intervista del Papa, pubblichiamo il testo in­tegrale delle due domande e risposte di Benedetto XVI con­cernenti la lotta contro l’Aids e l’uso del profilattico
Autore: Benedetto XVI - Fonte: Avvenire, 23 novembre 2010

LA SUA VISITA IN AFRICA, NEL MARZO 2009, HA DI NUOVO RICHIAMATO L’ATTENZIONE DEI MEDIA SULLA POLITICA DEL VATICANO NEI CONFRONTI DELL’AIDS. IL 25% DEI MALATI DI AIDS IN TUTTO IL MONDO OGGI VIENE SEGUITO DA STRUTTURE CATTOLICHE. IN ALCUNI PAESI, COME PER ESEMPIO NEL LESOTHO, I MALATI DI AIDS RAPPRESENTANO PIÙ DEL 40% DELLA POPOLAZIONE. LEI HA DICHIARATO CHE IN AFRICA LA DOTTRINA TRADIZIONALE DELLA CHIESA SI È RIVELATA L’UNICO MODO SICURO PER ARRESTARE LA DIFFUSIONE DELL’HIV. I CRITICI, ANCHE ALL’INTERNO DELLA CHIESA, SOSTENGONO AL CONTRARIO CHE È UNA FOLLIA VIETARE A UNA POPOLAZIONE MINACCIATA DALL’AIDS L’UTILIZZO DI PROFILATTICI.
Dal punto di vista giornalistico il viaggio in Africa è stato del tutto oscurato da un’unica mia frase. Mi è stato chiesto perché la Chiesa cattolica, relativamente all’Aids, assumesse una posizione irrealistica ed inefficace. Così mi sono sentito come sfidato perché la Chiesa fa più di tutti gli altri. E continuo a sostenerlo; perché la Chiesa è l’unica istituzione veramente vicina alle persone, molto concretamente: nel prevenire, nell’educare, nell’aiutare, nel consigliare e nello stare a fianco; e perché come nessun altro si cura di tanti malati di Aids e in particolare di tantissimi bambini colpiti da questa malattia. H o potuto visitare una di queste strutture per i malati di Aids e ho incontrato i malati, e mi hanno detto questo: la Chiesa fa più degli altri perché non parla solo dai giornali, ma aiuta i fratelli e le sorelle sul luogo. Dicendo questo non avevo preso posizione sul problema dei profilattici in generale, ma ho soltanto detto quello che poi ha suscitato tanto risentimento: che non si può risolvere il problema con la distribuzione di profilattici. Bisogna fare molto di più. Dobbiamo stare vicino alle persone, guidarle, aiutarle e questo anche prima che si ammalino. L a verità è che i profilattici sono a disposizione ovunque, chi li vuole li trova subito. Ma solo questo non risolvere la questione. Bisogna fare di più. Nel frattempo, anche in ambito secolare si è sviluppata la cosiddetta teoria Abc, sigla che sta per «Abstinence - Be Faithful - Condom» («Astinenza - Fedeltà - Profilattico »); laddove il profilattico è considerato soltanto come scappatoia, quando mancano gli altri due elementi. Questo significa che concentrarsi solo sul profilattico vuol dire banalizzare la sessualità, e questa banalizzazione rappresenta proprio la pericolosa ragione per cui tante e tante persone nella sessualità non vedono più l’espressione del loro amore, ma soltanto una sorta di droga, che si somministrano da sé. Perciò anche la lotta contro la banalizzazione della sessualità è parte del grande sforzo affinché la sessualità venga valutata positivamente e possa esercitare il suo effetto positivo sull’essere umano nella sua totalità. V i possono essere singoli casi giustificati, ad esempio, quando un prostituto utilizza un profilattico, e questo può essere il primo passo verso una moralizzazione, un primo atto di responsabilità per sviluppare di nuovo la consapevolezza del fatto che non tutto è permesso e che non si può far tutto ciò che si vuole. Tuttavia, questo non è il modo vero e proprio per vincere l’infezione dell’Hiv. È veramente necessaria una umanizzazione della sessualità.
QUESTO SIGNIFICA, DUNQUE, CHE LA CHIESA CATTOLICA NON È FONDAMENTALMENTE CONTRARIA ALL’USO DEI PROFILATTICI?
Naturalmente la Chiesa non considera i profilattici come la soluzione autentica e morale. Nell’uno o nell’altro caso, con l’intenzione di diminuire il pericolo di contagio, può rappresentare tuttavia un primo passo sulla strada che porta ad una sessualità diversamente vissuta, più umana.

Fonte: Avvenire, 23 novembre 2010

2 - APPELLO A ROBERTO SAVIANO: VIENI VIA CON ME E LASCIA PERDERE FABIO FAZIO E MICHELE SERRA A FRIGGERE NEL LORO ODIO
Sono il regime e fanno finta di essere rivoluzionari, incarnano il conformismo e si atteggiano a dissidenti, sbandierano le regole e non le rispettano loro, predicano la tolleranza e sono intolleranti con chi la pensa diverso
Autore: Antonio Socci - Fonte: Libero, 19 novembre 2010

Caro Roberto,
vieni via con me e lascia i tristi a friggere nel loro odio. Questo è un invito pieno di stima: vieni a trovare mia figlia Caterina.
Ti accoglierò a braccia spalancate e se magari ne tirerai fuori l’idea per un articolo, potrai devolvere un po’ di diritti alle migliaia di bambini lebbrosi che sto aiutando tramite i miei amici missionari i quali li curano nel loro lebbrosario (in un Paese del terzo mondo).
Vieni senza telecamere, ma con il cuore e con la testa con cui hai scritto “Gomorra”, lasciandoti alle spalle i fetori dell’odiologia comunista (a cui tu non appartieni) che si respira in certi programmi tv.
Mi scrivesti – ti ricordi ? -  quando io ti difesi su queste colonne per il tuo bel libro.
Ora io, debole, scrivo a te forte e potente, io padre inerme in lotta con l’orrore (e in fuga dalla tv) scrivo a te, star televisiva osannata, io cristiano controcorrente da sempre, scrivo a te che stimo: vieni a guardare negli occhi mia figlia venticinquenne che sta coraggiosamente lottando contro un Nemico forse più tremendo di quei quattro squallidi buzzurri che sono i camorristi.
Lei non si arrende all’orrore, come non ci si arrende alla camorra. Vieni a vedere il suo eroismo e quello di tanti altri come lei, che – come dice Mario Melazzini, rappresentante di molti malati di Sla – sono silenziati dal regime mediatico del ‘politically correct’ nel quale tu, purtroppo, hai accettato di diventare una stella.
Vieni. Vedrai gli occhi di Caterina, ben diversi da quelli arroganti e pieni di disprezzo delle mezzecalzette o dei tromboni che civettano nei salotti intellettuali e giornalistici.
Magari potrai vedere addirittura la felicità dentro le lacrime e forse eviterai di straparlare sull’eutanasia, sulla malattia o sul fine vita (come hai fatto lunedì scorso) imponendo il tuo pensiero unico, perché i malati, i disabili che implorano di essere aiutati e sostenuti, nel salotto radical-chic tuo e di Michele Serra, non hanno avuto diritto di parola.
Come non ce l’hanno – in questa dittatura del pensiero unico – i bambini non nati o i cristiani macellati da ogni parte e disprezzati o condannati a morte per la loro fede: è il caso della giovane Asia Bibi.
Vedi, a me non frega niente della tua diatriba col ministro Maroni: siete due potenti e avete gli strumenti a vostra disposizione per battervi. Non c’è bisogno di galoppini che osannino l’uno o l’altro.
A me importa dei deboli, dei malati, dei piccoli, dei poveri che sono ignorati, silenziati e umiliati in televisione. A cominciare dal programma di Michele Serra dove recitate tu e Fazio. Dove si taglia a fette il disprezzo per la Chiesa.
Per la Chiesa che tu sai bene – caro Roberto – ha lottato contro la camorra e la mafia ben prima di te e con uomini inermi e poveri che ci hanno pure rimesso la pelle.
La Chiesa che conosce i sofferenti e i miseri, li ama e quasi da sola soccorre tutti i disperati della terra, un po’ più di Michele Serra di cui ho sentito parlare solo nei salotti giornalistici, non in lebbrosari del Terzo Mondo o nei bassifondi di Calcutta (di Fabio Fazio neanche merita occuparsi).
E’ un peccato che tu metta il tuo volto a far da simbolo di un establishment intellettuale che non ha mai letto il tuo e mio Salamov e non ha mai combattuto l’orrore rosso che lui denunciò e contro cui morì.
Quello sì che sarebbe anticonformismo: andare in tv a raccontare Kolyma che è con Auschwitz l’abisso del XX secolo, ma che – a differenza di Auschwitz – non è mai stata denunciata nella nostra cultura e nella nostra televisione!
Abbiamo visto nel tuo programma lo spettro del (post) comunismo che legittimava lo spettro del (post) fascismo. Dandoci a bere che loro hanno “i valori”. Anzi: solo loro. Visto che solo loro sono stati ritenuti degni di proclamarli.
Il rottame dell’odiologia del Novecento che ha afflitto l’umanità e in particolare l’Italia è davvero quello che oggi ha i titoli per sdottoreggiare di valori?
Mi par di sentire mio padre minatore cattolico – che lottò in  vita contro il comunismo e contro il fascismo – che, quando era ancora fra noi, si ribellava davanti a questa tv e gridava: “Andate al diavolo!”.
Quelli come lui – che hanno garantito a tutti noi la libertà e il benessere di cui godiamo – non ce li chiamate a proclamare i loro valori.
Perché sono state le persone comuni come lui a capire la grandezza di un De Gasperi e ad aiutarlo, ricostruendo l’Italia. Invece gli intellettuali italiani del Novecento sono andati dietro ai pifferi di Mussolini e di Togliatti (e di Stalin).
E dopo questo tragico abbaglio l’establishment intellettuale di oggi ancora pretende di indicare la via, gigioneggiando su tv e giornali.
Pretendono di fare la rivoluzione (etica naturalmente) con tanto di contratto o fattura (sacrosanta retribuzione per la prestazione professionale, si capisce).
Sono il regime e pretendono di spacciarsi per l’eresia, incarnano la pesantezza del conformismo e si atteggiano a dissidenti, sbandierano le regole per gli altri e se ne infischiano di quelle che dovrebbero osservare loro, predicano la tolleranza e non tollerano alcuna diversità culturale e umana.
Come se non bastasse proclamano l’antiberlusconismo etico e antropologico e con l’altra mano (molti di loro) firmano contratti con le aziende di Berlusconi come Mondadori, Mediaset o Endemol (di o partecipate da Berlusconi).
Pensa un po’ Roberto, io pubblico con la Rizzoli e lavoro per la Rai. Ti assicuro che si può vivere dignitosamente anche senza lavorare con aziende che fanno capo al gruppo Berlusconi, visto che (a parole) viene così schifato da questa intellighentsia.
Caro Roberto, l’altra sera mia figlia Caterina stava ascoltando un cd con canti polifonici che lei conosce bene (perché li cantava anche lei). Era molto concentrata ad ascoltare una laude cinquecentesca a quattro voci che s’intitola: “Cristo al morir tendea”.
In essa Maria parla di Gesù ai suoi amici, agli apostoli. E quando le sue struggenti parole – cantate meravigliosamente – hanno sussurrato “svenerassi per voi” (si svenerà per voi), Caterina – che non può parlare – è scoppiata a piangere.
Questa commozione per Gesù – che nei salotti che oggi frequenti è disprezzato come nei salotti di duemila anni fa – ha cambiato il mondo e salva l’umanità.
E’ la stessa commozione di Asia Bibi, la giovane madre condannata a morte perché – a chi voleva convertirla all’Islam – ha risposto: “Gesù è morto per me, per salvarmi. Maometto cos’ha fatto per voi?”.
Ecco, caro Roberto, questa commozione per un Dio che ama così è il cristianesimo.
E tu hai conosciuto uomini che per l’amicizia di Gesù, per amare gli esseri umani come lui, hanno scommesso la vita, hanno dato se stessi. Quando si sono visti quei volti come si può sopportare di vivere in un mondo di maschere e di recitare nei loro teatrini?
Ti abbraccio.

DOSSIER "ROBERTO SAVIANO"
L'intoccabile messia della sinistra

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Fonte: Libero, 19 novembre 2010

3 - TUTTE LE FALSITA' DI FABIO FAZIO A VIENI VIA CON ME
Un frullato di luoghi comuni e gravi inesattezze fatte passare per verità indiscutibili
Autore: Lucia Bellaspiga - Fonte: Avvenire, 17 novembre 2010

Un frullato di luoghi comuni e gravi 'inesattezze' fatte passare per verità indiscutibili. E non importa se le cose non sono andate così, l’essenziale è farlo credere e il lavaggio del cervello è assicurato. Una tecnica ben nota a imbonitori e arruffapopolo, e applicata con successo da ogni dittatura (politica o solo ideologica). Anche a 'Vieni via con me' se n’è fatto largo uso lunedì sera, mettendo in piedi una trasmissione pro eutanasia senza l’ombra di un contraddittorio né dar voce all’altra campana: la verità è una (quella dei Fazio) e solo quella andava proposta. A costo di errori, omissioni, falsità.
Eluana e Welby . Volontaria la confusione tra le due storie, in realtà antitetiche. Si finge di non sapere che Eluana, a differenza di Welby, non viveva attaccata ad alcuna macchina: per farla morire o si agiva in qualche maniera o oggi sarebbe ancora tra noi. Si finge di non sapere che, a differenza di Welby, non aveva alcuna malattia, tantomeno era quindi terminale: era una disabile come migliaia di casi analoghi, non aveva bisogno di cure specifiche ma solo di essere accudita. Si finge di non sapere che Welby, a differenza di Eluana, era lucido nonché capace di esprimere una volontà. Confondere i piani significa far passare l’idea che Eluana fosse malata di qualcosa, che fosse terminale, che patisse sofferenze, che volesse morire.
17 anni di coma. Secondo Fazio, Eluana viveva «da 17 anni in coma». Sarebbe quantomeno un miracolo: come tutti sanno, dal coma si esce nel giro di poche settimane, oppure si muore. Alla fine del coma il paziente riapre gli occhi, riacquista il ritmo di sonno e veglia, torna a un grado di coscienza e percezione del mondo esterno che è diverso da soggetto a soggetto e soprattutto è ancora una grande incognita anche per i neurologi. Non è un obbligo essere specialisti, ma se si affronta un tema davanti a milioni di persone e si ha la responsabilità di volerne orientare la coscienza, almeno si dovrebbe studiare la materia.
Coscienza e incoscienza. Di «una vita priva di coscienza» ha parlato Englaro, Fazio di «una vita priva di relazioni con il mondo esterno »... Di Eluana e della sua coscienza non sapremo mai nulla perché è morta prima che le venisse fatta una normale risonanza magnetica funzionale: esiste dal 2006 e permette non solo di correggere le diagnosi errate (il 40 % dei presunti stati vegetativi sono risultati in realtà stati di minima coscienza: i pazienti coglievano ciò che avveniva loro intorno ma non potevano dirlo, da anni). Nonostante molte pressioni, a Eluana questo esame non fu fatto. Si sa però da più di un testimone che sorrideva, che quando sentiva nella stanza una voce cara il suo respiro mutava, che quando la portarono a morire a Udine in ambulanza ebbe una grave crisi nervosa. E si legge a chiare lettere nella cartella clinica dell’ospedale di Sondrio che 'se opportunamente stimolata' risponde a semplici ordini e che due volte nella notte ha pronunciato una parola: «mamma». Chi si è risvegliato dallo stato vegetativo anche dopo anni, racconta che quei sorrisi non erano smorfie involontarie, che loro sentivano tutto.
La volontà di Eluana. «Il suo 'non a me, ricordatevelo!', non poteva non essere rispettato», sostiene Englaro, come se portare a morire Eluana significasse obbedire a una sua richiesta. Ma gli stessi magistrati che hanno permesso a Englaro di staccare il sondino dell’acqua e del cibo a Eluana parlano di 'volontà presunta', ovvero 'ricostruita': ovviamente Eluana non aveva mai lasciato espresso alcunché, e il suo pensiero di ventenne è stato quindi azzardato a tentoni sulla base del suo carattere, di quanto amasse studiare in una scuola di suore, ecc. ecc.
Gli amici di Eluana. Fazio ha letto il ricordo di Eluana pronunciato da alcuni amici, «gli unici che possono dire di averla davvero conosciuta ». Sembra un’affermazione innocua, ma nulla è detto per caso: tra decine di testimonianze che provavano come Eluana non avrebbe voluto morire, solo tre ritenevano invece il contrario, e i magistrati solo queste tre hanno preso in considerazione.
Medici omicidi. «La forza di Beppino è quella di aver agito nel diritto». Poteva pagare «la classica tangente come si fa di solito, perché l’eutanasia già esiste negli ospedali italiani, si paga qualcuno, in silenzio...». Parola di Saviano. Senza nomi né riscontri. Si attendono le reazioni dei medici. Intanto un saggio del 'diritto': Eluana alla casa di cura 'La Quiete' di Udine fu ricoverata per procurarle la morte, ma poiché in Italia nelle case di cura si curano i pazienti, non li si uccide, l’autorizzazione al ricovero da parte della Asl udinese fu questa: 'Per un piano di assistenza individuale' finalizzato al recupero delle funzioni e addirittura 'alla promozione sociale dell’assistita'. Cioè per curarla.
Qui lo dico e qui lo nego. Eutanasia «parola esecrabile», poi però sogno di civiltà cui anche l’Italia aspira. Una contraddizione sempre presente, anche lunedì sera, con Englaro che invocava di «non scambiare per eutanasia » la morte procurata ad Eluana, e Mina Welby che invece ammetteva la loro lotta «per l’eutanasia». Idem per le «vite indegne», come più volte Englaro e il suo entourage hanno definito le esistenze fragili: «Chi versa in stato vegetativo è a tutti gli effetti una persona in senso pieno – si è corretto lunedì – e dev’essere tutelato nei suoi diritti fondamentali ». Tranne la vita?

Fonte: Avvenire, 17 novembre 2010

4 - FINI A VIENI VIA CON ME ELENCA I VALORI DELLA DESTRA (MA C'E' L'INGANNO...)
Vera e falsa destra: excursus storico su cosa è di destra e cosa è di sinistra (e di come si riconosce)
Autore: Massimo Introvigne - Fonte: massimointrovigne.com, 17 novembre 2010

Il giornalista Massimo Gramellini non è certo un uomo di destra. Ma è difficile dargli torto quando, sulla prima pagina de La Stampa del 17 novembre, scrive che quelli proposti da Gianfranco Fini come elenchi dei valori della destra «non erano elenchi, ma frasi fatte». La questione può apparire priva di senso in un’epoca di «dittatura del relativismo» – l’espressione, com’è noto, ricorre spesso nel Magistero di Benedetto XVI – in cui ognuno dà alle parole il significato che più gli aggrada. Il dittatore segreto del mondo che ci circonda è il malvagio Humpty Dumpty di Attraverso lo specchio (1872), il fortunato seguito che Lewis Carroll (1832-1898) diede al suo Alice nel Paese delle meraviglie (1865). Nel sesto capitolo di Attraverso lo specchio troviamo questo dialogo fra Alice e Humpty Dumpty:
«Quando io uso una parola, – disse Humpty Dumpty in tono d'alterigia, – essa significa ciò che appunto voglio che significhi: né più né meno.
- Si tratta di sapere, – disse Alice, – se voi potete dare alle parole tanti diversi significati.
- Si tratta di sapere, – disse Humpty Dumpty, – chi ha da essere il padrone. Questo è tutto».
In questa pagina di grande letteratura troviamo un tema sviluppato da Benedetto XVI nel discorso di Ratisbona del 2006 e nelle encicliche Spe salvi del 2007 e Caritas in veritate del 2009: o la ragione accetta di farsi misurare dalla verità oppure sarà misurata soltanto dal potere. Che cosa sia la verità o che cosa significa una parola sarà deciso dal «padrone», da chi controlla la comunicazione e i media. Se tutte le parole hanno un padrone, che opera contro la verità, siamo di fronte allo scenario apocalittico evocato da un altro geniale scrittore inglese, don Robert Hugh Benson (1871-1914) nel suo Il Padrone del mondo (1907).
L’Apocalisse e la sacra Scrittura non ci portano lontano dal nostro tema. È qui infatti che troviamo l’origine delle espressioni «destra» e «sinistra». Un commentario alle lettere di san Pietro e alla lettera di san Giuda spiega che dopo l’Ascensione «Cristo è ormai “alla destra” di Dio. Per comprendere tale posizione bisogna ricordare la valenza positiva della “destra” nella Scrittura e nella civiltà antica e il significato negativo della sinistra. […] [Nella Scrittura] la destra assume il significato di lato positivo, fortunato, salvifico, divino, mentre la sinistra assume significato negativo, maledetto e satanico; così i salvati-benedetti saranno collocati da Gesù alla destra e i maledetti alla sinistra (cfr. Mt 25, 31-46)» (Michele Mazzeo, Lettere di Pietro, Lettera di Giuda, Paoline, Milano 2002, p. 141).
Non è dunque un caso se dopo la Rivoluzione francese, restaurata la monarchia, coloro che si opponevano ai principi rivoluzionari andarono a occupare la parte destra dei banchi del Parlamento e coloro che accettavano tali principi o almeno non li condannavano radicalmente la parte sinistra, così dando origine ai moderni concetti politici di «destra» e «sinistra». Agli inizi del secolo XIX che cosa queste parole volessero significare era dunque chiaro. Era di destra chi si opponeva ai principi della Rivoluzione francese. Era di sinistra chi non vi si opponeva.
Ma è necessario un rapido approfondimento. La destra non era costituita da semplici nostalgici della monarchia così com’era esistita prima del 1789. Secondo l’osservazione di un pensatore cattolico della generazione successiva, René de La Tour du Pin (1834-1924), chi avversa la Rivoluzione francese non è interessato a tornare al 1788, perché sa che un anno dopo verrà il 1789. La monarchia del 1788 soffriva già dei morbi dell’assolutismo e del centralismo, che la Rivoluzione non avrebbe curato ma esasperato. L’ordine cristiano della monarchia tradizionale – che è cosa ben diversa dalla monarchia assoluta – riconosceva che sopra al sovrano c’è un limite costituito dalla legge di Dio e dalla legge naturale. Il sovrano non può emanare norme che contraddicano la legge iscritta da Dio nella natura: se lo fa, non si tratta di vere leggi né si è tenuti a rispettarle. Se rispetta questo limite in alto, il sovrano rispetterà anche un limite in basso, costituito dai diritti non del «cittadino» astratto, invenzione dell’Illuminismo, ma delle persone concrete riunite in comunità e corpi intermedi.
La scienza politica formulerà poi questo rispetto del limite in basso come principio di sussidiarietà e come federalismo. Ma non c’è rispetto del limite in basso senza rispetto del limite in alto. La destra si oppone quindi a ogni potere assoluto, solutus ab, sciolto dal limite della legge naturale in alto e quindi sciolta dal limite del rispetto dei diritti delle persone e delle comunità in basso. Come scrive un pensatore cattolico del secolo XX, il brasiliano Plinio Corrêa de Oliveira, «l’atteggiamento della “destra” concorda maggiormente con i princìpi di ordine, di gerarchia, di autorità e di disciplina, che contraddistinguono l’ordine medioevale. “Sinistra” significa poi l’allontanarsi da questi princìpi e perciò, ipso facto, l’esser legati ai princìpi opposti» (Prefazione per un’edizione tedesca, in Rivoluzione e Contro-Rivoluzione. Edizione del cinquantenario (1959-2009) con materiali della «fabbrica» del testo e documenti integrativi, a cura di Giovanni Cantoni. Sugarco, Milano 2010, p. 336).
L’«ordine medioevale» però non ha nulla a che fare con la monarchia assoluta, proprio perché non è «assoluto» ma riconosce i limiti in alto e in basso. E la destra non si caratterizza solo per un momento negativo – il rifiuto della Rivoluzione francese, e del processo di allontanamento dalla verità naturale e cristiana che l’ha preceduta e seguita – ma anche per un momento positivo che fa riferimento in alto alla legge naturale, il cui autore è Dio, e in basso ai diritti della persona, dei corpi intermedi e delle comunità locali – di qui il principio di sussidiarietà e la preferenza federalista – garantiti appunto dal rispetto della legge naturale. Le forme di Stato e di governo sono secondarie rispetto a questa definizione di destra, che è primaria. La democrazia, per esempio, può rispettare la legge naturale e il principio di sussidiarietà, ma – come insegna la dottrina sociale della Chiesa, fino a Benedetto XVI – non garantisce affatto in modo automatico tale rispetto.
Se per «Rivoluzione» intendiamo non solo la Rivoluzione francese, ma un processo più ampio che nega la legge naturale iniziato ben prima del 1789 e che continua fino ai nostri giorni, la geografia della politica – continua Corrêa de Oliveira nel brano citato – diventa più chiara. «Vi è stata una Rivoluzione. Anche gli uomini si lasciano classificare secondo tre tendenze: quelli che riconoscono la Rivoluzione – almeno confusamente – e vi si contrappongono: la destra; quelli che sono al corrente della Rivoluzione e la portano a termine rapidamente o lentamente: la sinistra; quelli che non sanno della Rivoluzione in quanto tale, ne percepiscono solo aspetti superficiali e si sforzano, mediante la conservazione dello status quo, di trovare una pacificazione con la Rivoluzione: il centro» (ibid., pp. 336-337). Capita che le necessità della politica impongano alleanze di centro-destra o di centro-sinistra. In tal caso, almeno in tesi, «centro e destra si sforzano di lottare contro la Rivoluzione. Centro e sinistra si sforzano di far progredire la Rivoluzione senza però cadere nell’estremo» (ibid., p. 337).
Ma ben presto arriva Humpty Dumpty, il quale è precisamente qualcuno che pensa di avere un potere «assoluto», sciolto da ogni limite morale, anche sulle parole. Dal momento che la parola «destra», per ragioni che come si è visto sono antiche addirittura quanto la Bibbia, evoca valori che suscitano un certo consenso anche elettorale, a mano a mano che il processo rivoluzionario avanza nascono quelle che Corrêa de Oliveira chiama «false destre». In particolare, nel corso del secolo XIX emerge una prima «falsa destra», costituita da coloro che accettano i principi liberali nella loro versione del 1789 ma rifiutano il socialismo. E con l’affermazione del marxismo-leninismo nel secolo XX nasce anche una seconda «falsa destra», costituita da quei socialisti che rifiutano il comunismo, pur mantenendo fermi numerosi elementi del pensiero socialista. E così via. Le «false destre» sono innumerevoli, perché il loro orizzonte si sposta continuamente. Rifiutano l’ultima fase, la più estrema, del processo rivoluzionario, ma accettano le fasi precedenti. E queste «destre» sono chiamate a buon diritto «false» perché, a ogni generazione, accettano porzioni sempre più grandi dei principi della sinistra.
La questione si complica con il «fusionismo». Spesso si pensa che questa espressione sia nata negli Stati Uniti per designare l’idea di mettere insieme tutte le possibili «destre» per sconfiggere la sinistra. In realtà nacque già tra i monarchici francesi alla fine del secolo XIX, dalla proposta della famiglia Orléans di riunire tutti i monarchici – che fossero cattolici ostili al 1789, liberali disposti a difendere almeno alcuni aspetti della Rivoluzione francese e anche massoni e anticlericali – intorno al comune progetto di restaurare la monarchia in Francia. I fascismi sono, a loro modo, «fusionismi» che cercano di mettere insieme destre diverse: quella vera e quelle false. I cartelli elettorali «fusionisti» spesso funzionano, tanto più nel sistema elettorale degli Stati Uniti. Ma dottrinalmente il «fusionismo» implica un certo relativismo, un certo atteggiamento che fa prevalere l’interesse elettorale sulle idee. E in un clima relativista la falsa destra più omogenea al relativismo fatalmente prevale sulle altre destre e dà il tono a tutto l’insieme. Né va sottovalutata la forza di corruzione del relativismo, nel mettere al suo servizio parole d’ordine apparentemente «di destra», il cui senso è poi sovvertito fino a significare il contrario. «Quando a una parola faccio far tanto lavoro, – disse Humpty Dumpty, – la pago di più» (Attraverso lo specchio, cap. 6).
Che c’entra tutto questo con Gianfranco Fini? C’entra molto, perché chi mi ha seguito fin qui dovrebbe avere ricavato almeno il criterio per distinguere la destra autentica dalle false destre. È vera destra quella che chiede al potere di rispettare un limite in alto costituito dalla legge naturale, quindi – come logica conseguenza – un limite in basso, definito dal principio di sussidiarietà come rispetto da parte dello Stato dei diritti delle persone, dei corpi intermedi e delle autonomie locali. La posizione di Fini è molto confusa quanto al limite in basso. Se talora afferma di non opporsi al federalismo, più spesso difende il centralismo e lo statalismo insieme al pilastro economico che li sorregge, il sistema «tassa e spendi» che caratterizza l’assistenzialismo di Stato.
Come si è visto, c’è un criterio sicuro per prevedere se una certa politica rispetterà il limite in basso. Occorre chiedersi se comincia con il rispettare il limite in alto costituito dal riconoscimento teorico e pratico dell’esistenza di una legge naturale. Nel libro da lui firmato – non importa qui se davvero scritto da lui - Il futuro della libertà. Consigli non richiesti ai nati nel 1989 (Rizzoli, Milano 2009) Fini afferma di rifiutare il «dogmatismo […] di tipo religioso» (ibid., 118). Da questo rifiuto fa subito discendere l’affermazione del diritto degli uomini e delle donne all’autodeterminazione in campo bioetico e la forte rivendicazione della posizione a suo tempo assunta in tema di procreazione assistita (ibid., 119), ma anche – perché non si tratta solo di bioetica – un’idea di nazione, quindi di cittadinanza – con riflessi sulla questione degli immigrati – come una realtà dinamica, plastica, plasmabile che continuamente muta e si ridefinisce nel tempo.
A proposito di Eluana Englaro (1970-2009), Fini plaude alla sua soppressione in nome di una presunta «sovranità del singolo […] su se stesso, sulla propria vita e sul proprio lasciare la vita» (ibid., 103). Gli esempi potrebbero continuare – in ogni occasione, Fini insiste sull’urgenza di un riconoscimento giuridico delle unioni di fatto, anche omosessuali – ma forse non occorre insistere troppo per convincersi che Fini non riconosce nella legge naturale un limite per l’azione dello Stato e delle sue leggi a proposito della vita e della famiglia. Non occorre, come si dice, bere il mare per concludere che è salato.
Non si tratta di problemi secondari: anzi, come ricorda Benedetto XVI nell’enciclica Caritas in veritate sono questi oggi i problemi cruciali della vita sociale e il terreno dove si gioca la battaglia per la definizione della vera libertà e del vero futuro dell’uomo. «Campo primario e cruciale della lotta culturale tra l’assolutismo della tecnicità e la responsabilità morale dell’uomo è oggi – spiega l’enciclica – quello della bioetica, in cui si gioca radicalmente la possibilità stessa di uno sviluppo umano integrale. Si tratta di un ambito delicatissimo e decisivo, in cui emerge con drammatica forza la questione fondamentale: se l’uomo si sia prodotto da se stesso o se egli dipenda da Dio» (n. 74); «la questione sociale è diventata radicalmente questione antropologica» (n. 75). Nel momento in cui Fini ribadisce la sua posizione, antitetica a quella cattolica, sulla fecondazione assistita, sul caso Englaro e sulle unioni omosessuali non sta parlando di questioni marginali, ma del «campo primario e cruciale» della politica.
Non si tratta, naturalmente, di affermare che solo un cattolico o un credente può essere «di destra», né di arruolare la dottrina sociale della Chiesa al servizio delle scelte tecniche di una parte politica, il che sarebbe sbagliato e arbitrario. Certo è un fatto storico che la destra nasce cattolica, ma la legge naturale è accessibile alla ragione umana anche a prescindere dalla fede e quindi s’impone a ogni uomo dotato di retta ragione: che sia credente o non credente, che sia cattolico, ebreo o buddhista. Non si tratta dunque d’indebita ingerenza della Chiesa o del «dogmatismo» religioso – una vecchia espressione massonica, che è significativo vedere ripresa da Fini – ma di riconoscere o meno la legge naturale. Se le parole hanno un senso, e non siamo nel regno di Humty Dumpty, chi riconosce la legge naturale è di destra e chi non la riconosce è di sinistra.
Proprio in tema di fine vita, Fini accusa i sostenitori del mantenimento in vita di Eluana Englaro di essersi mostrati prigionieri di vecchie «linee […] dell’“essere”, vale a dire le linee, in definitiva rassicuranti ma immobili, dell’“identità”» (ibid., 103), mentre si tratta di passare alle «linee contemporanee del “fare”» (ibid.), a una politica giudicata «per ciò che realizza» e non «per ciò che rappresenta» (ibid.). «In principio era l’azione», per dirla con il Faust di Johann Wolfgang von Goethe (1749-1832) e con i futuristi tanto cari a Fini. Ma per la vera destra in principio era il Verbo, cioè la verità, e Faust non è un modello ma una semplice vittima del Diavolo.
Né si tratta solo di bioetica, perché quelle di Fini sulla vita e sulla famiglia sono applicazioni di principi generali sull’autodeterminazione, e su una libertà svincolata da una legge morale naturale e non negoziabile, che emergono anche in altri campi. L’evocazione della libertà e del futuro non è specificamente «di destra». Né lo è quella della legalità come obbedienza formale alla legge, a meno che sia accompagnata dalla chiara affermazione secondo cui le leggi che non rispettano i principi del diritto naturale non sono vere leggi. Inoltre, il rispetto della legge naturale e del principio di sussidiarietà non può non accompagnarsi a un giudizio storico preciso su chi ha costruito una politica che ha teorizzato la negazione di quella legge e di quel principio, dai padri della Rivoluzione francese a molti di quelli del Risorgimento, ideologia statalista e centralista da tenere distinta dal fatto storico dell’unità politica dell’Italia. I giudizi storici di Fini vanno precisamente in senso contrario.
In un contesto democratico nessuno può naturalmente vietare a Fini di presentare le sue idee e i suoi programmi all’attenzione degli elettori. Si può però contestare la sua pretesa di spacciarli come «di destra». E si può – anzi, si deve – svolgere un’opera pedagogica che richiami le nozioni di vera e di falsa destra. Humpty Dumpty, quando pretende che il significato delle parole sia indipendente dalla realtà e sia diventato una questione di puro potere, non è soltanto grottesco ma è anche pericoloso. Va combattuto seriamente. Alimentando la speranza con la filastrocca che Alice «ripeteva dolcemente a se stessa:
Humpty Dumpty sedeva sul muro,
Humpty Dumpty cascò sul duro,
tutti i fanti che accorsero tosto
non seppero alzarlo e rimetterlo a posto» (Attraverso lo specchio, cap. 6).

Fonte: massimointrovigne.com, 17 novembre 2010

5 - AFGHANISTAN: QUELLE BAMBINE TRAVESTITE DA RAGAZZO PER SFUGGIRE ALLE DISCRIMINAZIONI
Ma quando arriva la pubertà, cambia tutto: burqa e matrimoni combinati
Fonte Avvenire, 22 settembre 2010

Vestono abiti da maschio, escono liberamente, giocano per strada con gli altri bambini o aiutano il padre nel lavoro. È questa la “vita da ragazzo” di molte bambine afghane a cui la famiglia permette di uscire dalla segregazione e controllo a cui sarebbero condannate, facendole però vestire e comportare come dei bambini.
Non si può dire con esattezza quante siano nel Paese le bambine che conducono una vita da ragazzo perchè non esistono statistiche precise, ma molti afghani, di ogni generazione, «spesso raccontano una storia di una parente, una vicina o una collega che è cresciuta travestita da ragazzo», ha scritto ieri il New York Times. Una pratica, che nessuna misura legale o religione vieta, antica secoli che «rimane poco conosciuta al mondo esterno, ma è diffusa in tutte le classi, zone e gruppi etnici del paese, resistendo alle molte guerre e governi dell’Afghanistan».
Tanto che esiste una parola specifica per queste bimbe, che i genitori chiamano «bacha posh», che in Dari significa «vestita come un maschio ». Sono diverse le ragioni che possono spingere una famiglia senza figli maschi a trasformare una figlia in un bacha posh, a cominciare dalla necessità economica, dal momento che un bambino può andare a lavorare fuori casa e una bambina no. Ma una spinta importante è anche quella dello status sociale: in Afghanistan una famiglia senza figli maschi è spesso oggetto di compassione ed, alcuni casi, disprezzo. «Anche un figlio maschio inventato può aiutare lo status della famiglia» si legge sul Times che spiega come di solito le famiglie interrompono la pratica nel momento della pubertà delle ragazzine, spesso imponendo loro bruscamente di indossare il burqa ed organizzando matrimoni combinati.
E la fine del “travestimento” può costituire un vero trauma per la bacha posh che, protetta dagli abiti maschili, ha potuto godere di una libertà impensabile per una donna e avere una migliore istruzione. Così Zahra, 15enne figlia di un pilota dell’aeronautica afghana che sogna di diventare giornalista ed entrare in politica, continua a volersi vestire da maschio anche ora che la madre vorrebbe vederla in abiti femminili: «La gente usa brutte parole con le ragazze, e io non voglio essere una ragazza, quando sono vestita da ragazzo non mi dicono nulla», spiega Zahra che la mattina indossa il velo per andare alla scuola femminile e poi il pomeriggio torna a indossare abiti maschili.
A riprova di quanto la pratica sia radicata nella società afghana, anche una delle 68 deputate afghane, Azita Rafaat, che da quando è entrata in Parlamento si batte per i diritti delle donne, ha scelto di crescere la sua terza figlia come un ragazzo. «Lo so, questo per voi questo non è normale e capisco che per voi è molto difficile perché una madre debba fare questo ad una figlia, ma voglio dirvi che in Afghanistan vi sono molte cose che non sono neanche immaginabili per voi occidentali», racconta Rafaat.

Fonte: Avvenire, 22 settembre 2010

6 - LA CORTE COSTITUZIONALE ANCORA CHIAMATA IN CAUSA PER AMMETTERE LA FECONDAZIONE ARTIFICIALE ETEROLOGA: DA NON DIMENTICARE CHE GIA' L'OMOLOGA HA I SUOI DIFETTUCCI...
Provoca la morte di circa 80 embrioni su 100, riduce l’essere umano a cosa da fabbricare ledendone la dignità, trasforma il medico in padrone della vita
Autore: Giacomo Samek Lodovici - Fonte: Avvenire, 14 ottobre 2010

La settimana scorsa un magistrato del tribunale di Firenze ha rimesso alla Corte Costituzionale la questione di legittimità della legge 40 in merito al divieto della fecondazione eterologa, ossia quella che, per produrre un embrione, usa uno o entrambi i gameti di genitori biologici esterni alla coppia che giuridicamente cresce un bambino. Ora, in favore dell’eterologa si formulano diversi argomenti. Si dice, per esempio, che essa dà un bambino a chi non riesce ad averlo, dà un figlio sano alle coppie portatrici di malattie genetiche ereditarie e alle coppie omosessuali.
Ora, pur sottolineando che queste persone devono essere confortate affettuosamente se soffrono per l’impossibilità di avere un figlio, nelle righe seguenti cerchiamo di delucidare alcune (ma non certo tutte) delle obiezioni laiche che consentono di giudicare in termini estremamente negativi questa tecnica, che calpesta gravemente i diritti dei deboli, dei bambini.
Su èVita di giovedì scorso ho esposto alcune delle stringenti critiche che valgono per ogni tipo di fecondazione artificiale e che dunque si applicano anche all’eterologa. Mi limito ad enunciarle (...): essa provoca la morte di circa 80 embrioni su 100, riduce l’essere umano a cosa da fabbricare ledendone la dignità, trasforma il medico, vero protagonista della riproduzione, in padrone della vita.

L’eterologa, in aggiunta, comporta i seguenti gravissimi aspetti immorali.

1) Essa sceglie deliberatamente di rendere un essere umano orfano dalla nascita di suo padre e/o di sua madre. Non è vero che l’adozione fa lo stesso: con l’adozione l’orfananza (o l’abbandono) non è prodotta da chi affida/riceve un bambino in adozione, bensì è stata provocata da altre cause. E, solo dopo che si è prodotta, l’adozione viene realizzata per migliorare le condizioni di un bambino; invece con l’eterologa essa è scientemente prodotta.

2) L’eterologa con 'donatori' (spesso per modo di dire, visto che si fanno lautamente pagare) sconosciuti di gameti lede il fondamentale diritto di ciascuno di sapere quali sono le sue origini, il diritto di sapere chi sono i suoi veri genitori (di cui porterà per tutta la vita l’aspetto fisico, talvolta anche il temperamento), lede con ciò anche il diritto di sapere eventuali e decisive informazioni per la propria salute.
D’altra parte, quando si vietasse l’anonimato dei genitori biologici, l’eterologa scomparirebbe o quasi, perché sono ben pochi i 'donatori', soprattutto quelli maschi, che vogliono rischiare di avere a che fare con vari figli, magari persino decine, fabbricati, negli anni, coi loro gameti.

3) I nati da eterologa non conoscono i loro genitori biologici, dunque possono esserci più figli degli stessi genitori che non sanno di essere fratelli e che rischiano di sposarsi con dei consanguinei.
Si obbietta che questo problema c’è anche in caso di nascita da rapporti adulterini, ma il figlio generato in un adulterio può conoscere i suoi genitori (può anche, per esempio, ereditare).

4) L’eterologa provoca frequenti problemi relazionali e psicologici: ne indico alcuni a titolo di esempio.

Nei genitori giuridici, specialmente nei padri, produce spesso un senso di estraneità nei riguardi dei bambini prodotti, pur in precedenza voluti. Così, negli Usa sono già avvenuti numerosi casi di disconoscimenti di paternità, in quanto i padri giuridici si sono sentiti troppo diversi dal nuovo nato, che è avvertito quasi come un estraneo.
Nei figli produce un lancinante senso di abbandono e di incertezza. In effetti, ad essere precisi, il nato con l’eterologa è un figlio abbandonato dai genitori biologici. Ed è noto che i figli abbandonati soffrono più degli orfani, perché questi ultimi possono elaborare il lutto, dato che il genitore morto rimane positivamente vivo nella memoria propria o altrui.
Invece, il figlio abbandonato sa che, da qualche parte nel mondo, suo padre e/o sua madre vivono indipendentemente da lui, probabilmente indifferenti verso il suo destino, forse con altri figli e figlie, che sono suoi fratelli che gli somigliano e che lui però non conosce.
Inoltre, lo stesso Carlo Flamigni (La procreazione assistita, Il Mulino 2002, pp. 100­ 101), uno dei principali tecnici italiani della fecondazione artificiale, uno dei più feroci avversari della legge 40, ha scritto (quando non immaginava che queste righe potessero ritorcerglisi contro, cioè quando non c’era ancora la legge 40): i medici «hanno visto troppo spesso» le donatrici sconosciute di ovuli «dopo la nascita del bambino, inserirsi tra lui e la madre, nella ricerca di un rapporto privilegiato, sollecitate da sentimenti che è facile comprendere. La donatrice sconosciuta […] crea fantasmi e paure di ogni genere, alcuni dei quali continuano anche dopo la nascita del bambino». E la donazione di seme maschile crea problemi ancora più gravi, dalla «maggior frequenza di malattie psicosomatiche» per il figlio, alla crisi di rigetto per il padre ufficiale.

Fonte: Avvenire, 14 ottobre 2010

7 - TUTTI CONCORDANO NEL DIRE: MAI PIU' AUSCHWITZ! MA POI NESSUNO RICORDA PITESTI, UN LUOGO BEN PEGGIORE
L'inferno per i cristiani nella Romania comunista
Fonte Corrispondenza Romana, 18/9/2010

Ogni anno, puntualmente, si sente dire, da capi di Stato e di governo, politici e storici  la frase: “Mai più Auschwitz!”. Accade solitamente a ridosso della settimana della memoria, quando si commemora il genocidio ebraico avvenuto durante la Seconda Guerra Mondiale.
Auschwitz è diventata così una parola che rimanda di per sé al male assoluto, a quanto di più terribile sia mai esistito: continuamente film, mostre e libri perpetuano il ricordo di quanto avvenuto allora. Eppure, per quanto incredibile possa sembrare, è esistito un luogo ben peggiore di Auschwitz. Si chiama Pitesti e si trova nel Sud della Romania, 130 km a nord di Bucarest.
Qui, tra il 1949 e il 1952, è stato condotto il più orrendo esperimento concentrazionario del dopoguerra. Gli oppositori del regime comunista (principalmente studenti universitari, liberali, conservatori e cristiani di tutte le confessioni) furono condotti in questo carcere speciale con l’obiettivo di rieducarli, di farne degli “uomini nuovi”, come sosteneva il segretario generale del Partito comunista, la stalinista Ana Pauker (1893-1960). È quanto racconta il giornalista del “Corriere della Sera” Dario Fertilio in un libro-testimonianza uscito da poco nelle librerie, che non mancherà di far discutere (Dario Fertilio, Musica per lupi. Il racconto del più terribile atto carcerario nella Romania del dopoguerra, Marsilio, pp. 172, euro 15,00).
Quello che accadde a Pitesti in quegli anni, secondo Fertilio, rappresenta «qualcosa di imparagonabile e unico nella storia del Novecento: non l’annientamento ideologico e biologico come ad Auschwitz; non lo sterminio pratico e di massa come nei gulag sovietici e neppure la rieducazione forzata e spietata come in Vietnam o Cambogia.
Si tratta piuttosto di una tortura ininterrotta, attuata di giorno e di notte secondo regole precise, e concepita come un fine in se stesso». Non a caso lo stesso Aleksandr Solzencyn, che pure era passato per i gulag sovietici, arrivò a definire Pitesti «il più terribile atto di barbarie del mondo moderno». È difficile raccontare gli episodi descritti restando dei semplici cronisti: i prigionieri venivano condotti prima in isolamento completo, poi spinti a tradire i propri cari e i propri amici raccontando tutto il loro passato, quindi, se si rifiutavano, costretti a subire torture di ogni tipo che avevano l’obiettivo di avvicinare la povera vittima alla morte fermandosi però appena un attimo prima, facendo in modo che – se possibile – restasse viva ma in realtà desiderasse morire.
Il tutto veniva raggiunto con la collaborazione degli stessi compagni di prigionia che erano già passati a servire i diktat dei capi designati del campo di concentramento, come Eugen Turcanu, un uomo che da alcuni sopravvissuti è stato descritto come l’incarnazione di Lucifero e i cui crimini furono talmente aberranti da costringere lo stesso regime stalinista a giustiziarlo. L’aspetto anticristiano del “sistema-Pitesti” peraltro, non è marginale per comprendere l’essenza del comunismo rumeno. Turcanu si preoccupava anzitutto di distruggere i sentimenti di pietà e di carità che i credenti rinchiusi a Pitesti cercavano con tutte le forze di conservare.
Come egli stesso disse, era imperativo distruggere le anime delle persone, perché chi pensa di avere un'anima è già un “malato”, nemico del popolo, da rieducare e, se proprio si rifiuta, da giustiziare usando le torture più diaboliche, sia fisiche che psichiche. I ragazzi più giovani (specialmente seminaristi e religiosi) venivano così costretti a subire atti contro la propria volontà, in particolar modo sessuali, e obbligati a torturarsi a vicenda. Il cattolico doveva essere “rieducato” con un uso pressoché settimanale di orge omosessuali e atti blasfemi (come giaculatorie evocanti satana e parodie dissacratorie dei Sacramenti facendo uso di escrementi e spazzatura), amplificate ancor di più in corrispondenza delle principali feste dell’anno come Natale e Pasqua. «Guarderemo Dio dall’alto in basso!» dicevano Turcanu e gli altri capi, invitando i credenti che non volevano arrendersi a bestemmiare il più possibile.
In questo inferno entrarono tutti, senza limiti di età: il più anziano che si conosca, un ex ministro, vi entrò a 94 anni. Dei bambini vi entrarono dopo aver compiuto il primo anno di età. Non sorprende che uno dei pochissimi sopravvissuti, il sacerdote Roman Braga, abbia descritto la sua esperienza in questi termini: «Penso che non ci sia nessuna mente al di fuori di quella di Lucifero capace di inventare il “Sistema Pitesti” che teneva sospesi tra la follia e la realtà, tra l’essere e il non essere, con l’idea ossessiva di poter scomparire o, peggio ancora, di dover ricadere sotto il Terrore delle torture».

Fonte: Corrispondenza Romana, 18/9/2010

8 - DOPO IL NORLEVO (LA PILLOLA DEL GIORNO DOPO) ECCO ELLAONE (LA PILLOLA DEI CINQUE GIORNI DOPO)
L’ennesimo caso di informazione distorta (che promuove l’aborto inconsapevole)
Autore: Giulia Tanel - Fonte: Libertà e Persona, 7 settembre 2010

La chiamano “pillola dei cinque giorni”, perché la sua azione si estende fino a 120 ore successive al rapporto sessuale.
Ma che cos’è in realtà? EllaOne, questo è il vero nome del “farmaco”, funziona in modo simile al Norlevo, comunemente conosciuta come “la pillola del giorno dopo” anche se il suo raggio d’azione è limitato alle 72 ore dal rapporto a rischio. Entrambe queste pillole, infatti, impediscono l’annidamento dell’embrione nell’utero, se il concepimento è già avvenuto. Sostanzialmente viene bloccata la produzione di progesterone, ormone indispensabile per la maturazione dell’endometrio uterino e il conseguente impianto dell’embrione.
EllaOne viene definito “contraccettivo d’emergenza”, ma è ben chiaro come esso possa avere un effetto potenzialmente abortivo, impedendo all’ovulo fecondato di trovare nutrimento e quindi causandone la morte.
Non sono pochi quelli che l’hanno istintivamente associato alla pillola RU486, e non a torto. Infatti, EllaOne è un antiprogestinico che si comporta esattamente come la kill pill, anche se va detto che quest’ultima, essendo propriamente abortiva, prevede l’assunzione di mefipristone in dosi molto più massicce e per questo ha il potere di bloccare lo sviluppo dell’embrione anche se esso è già impiantato nell’utero.
Da metà agosto la “pillola dei cinque giorni dopo” è stata liberalizzata negli USA e in alcuni Paesi europei, sollevando subito moltissime polemiche.
Il dibattito si è concentrato sul diritto all’obiezione di coscienza da parte di medici e farmacisti, trattandosi di un “farmaco” potenzialmente abortivo. Realtà, questa, che è stata abilmente celata dietro la definizione: “contraccettivo di emergenza”.
Secondo Mario Eandi, docente di Farmacologia Clinica all’Università di Torino, “è un problema lessicale e di convenzione. Le polemiche sono appunto legate alle definizioni di aborto e di contraccezione. Quest’ultima dovrebbe essere considerata solo ciò che impedisce il concepimento, ma se è un sistema che agisce dopo l’unione dei due gameti (spermatozoo e ovulo), quindi dopo la creazione di u nuovo individuo, è chiaro che interviene allo stadio iniziale della vita da un punto di vista biologico e scientifico. E quindi con ricadute etiche ben diverse. Viceversa se − come fanno alcuni ginecologi − si definisce gravidanza il periodo che va dall’annidamento dell’embrione al parto, si usa una convenzione che, in modo capzioso, permette di non definire abortivo ciò che impedisce l’impianto in utero” (Avvenire, 20 agosto 2010). (...)

Fonte: Libertà e Persona, 7 settembre 2010

9 - L'ONU DELINEA UN QUADRO IMPRESSIONANTE: ALMENO 220 MILIONI LE VITTIME DELLA PEDOFILIA
I Paesi poveri forniscono i minori, quelli ricchi con il turismo sessuale esportano aguzzini senza scrupoli
Autore: Lucia Bellaspiga - Fonte: Avvenire, 10 luglio 2010

«I bambini subiscono da parte degli adulti violenze mai viste o sentite per secoli». La denuncia, che ben dipinge a tinte fosche quanto avviene nel mondo, apre il dossier Onu del 2006: si calcola che siano oltre 220 milioni le vittime nel mondo, anche se il fenomeno è talmente vasto e nascosto da sfuggire a ogni classificazione, dato che le piccole vittime, specie nei Paesi più miseri, non avranno mai voce. Inoltre l’abuso sui minori assume forme sempre nuove e difficilmente arginabili, soprattutto a causa delle nuove tecnologie: sempre secondo l’Onu ogni giorno migliaia di nuove immagini pedopornografiche entrano nel circuito internazionale (bambini ripresi nudi, scene di violenze, sevizie, attività sadiche), e per questo vengono sacrificati ogni anno 200mila piccoli anche in tenerissima età (il nuovo filone della infantofilia coinvolge bimbi da pochi giorni a 2 anni). «Nessun Paese è immune», ha ammonito nel 2007 Ann Veneman, direttrice generale Unicef, al terzo Congresso mondiale contro gli abusi sui minori di Rio de Janeiro, non solo nel senso che la pedofilia colpisce ovunque, ma anche che «non esistono spettatori innocenti di fronte a questa tragedia globale del nostro tempo».
Il mondo, dunque, è popolato da un numero spaventoso di criminali senza scrupoli che si nascondono nei computer dei ragazzini o rivestono i panni apparentemente innocui del parente/vicino di casa o ancora di un 'normale' turista amante di mete esotiche. E il pianeta Terra si divide in due 'emisferi': i Paesi (degradati) che forniscono le vittime, e quelli (industrializzati) che esportano gli aguzzini. Tra questi ultimi l’Italia occupa un poco onorevole quinto posto dopo Usa, Germania, Francia e Australia... In particolare sono i Paesi del G8 in teoria i più acculturati e civili a indossare la maglia nera della vergogna, foraggiando la compravendita di bambini e bambine gettati in pasto ad adulti sempre più esigenti e sempre più giovani (l’età del turista pedofilo negli ultimi anni è scesa ai 25/30 anni).
La maggioranza sono 'turisti sessuali occasionali' in cerca di nuove esperienze, gli altri sono i pedofili veri e propri, che manifestano una inclinazione sessuale esclusiva per i piccoli nella fase che precede la pubertà (il periodo di cambiamenti fisici attraverso i quali il corpo di un bambino diviene un corpo adulto). Partono con tour organizzati e pacchetti vacanza, ma anche in modo autonomo, tanto poi per arrivare ai bambini sono a disposizione vari intermediari, come taxisti o camerieri.
Alla base del problema ci sono leggi deboli o poco applicate e la grande disparitá economica fra i turisti e i locali.
Molti, e finora quasi tutti falliti, i tentativi di combattere la piaga, anche se iniziative recenti fanno ben sperare e ci devono coinvolgere tutti: tra queste il progetto 'Viaggi da non fare', condiviso da Ecpat, Ong cattoliche e non, forze di polizia, tour operator, categorie di lavoratori (taxisti e albergatori locali), che laddove fanno fronte unico riescono a far arrestare i colpevoli (www.viaggidanonfa­re.org). Intanto però il silenzioso olocausto continua a sacrificare 150 milioni di ragazzine e 73 milioni di ragazzini che subiscono abusi, e a tenere 2 milioni di bambini in stato di schiavitù sessuale, per un giro di affari che è secondo solo a droga e armi.
Mentre da più parti si chiedono ai governi norme più severe e l’introduzione del reato di 'pedofilia culturale' (l’apologia strisciante del fenomeno, quasi fosse una legittima 'questione di gusti sessuali'), accadono fatti gravissimi, come la risposta del Tribunale dell’Aja a chi ha fatto ricorso contro la nascita del Partito Pedofilo in Olanda: 'La libertà di organizzarsi in un partito politico è la base della democrazia. Spetta agli elettori giudicare il programma'. Anche se questo prevede 'legittimità di rapporti sessuali con 12enni, sesso con animali, film porno durante il giorno' e altri 'diritti'. Tale partito si è poi sciolto nel marzo 2010 solo perché non ha raggiunto il quorum, non per decreto giudiziario. Come si combatte, allora, un olocausto ritenuto lecito?

Fonte: Avvenire, 10 luglio 2010

10 - LETTERE ALLA REDAZIONE: COME MAI FACEBOOK HA CHIUSO IL GRUPPO A BASTABUGIE?
Per compensare la censura invitiamo i nostri lettori a condividere sui social network gli articoli di BastaBugie
Autore: Giano Colli - Fonte: Redazione di BastaBugie, 22 novembre 2010

Buongiorno, ho scoperto recentemente il vostro sito, ottimi articoli e soprattutto molto interessanti. L'unico articolo che non mi piace è quello in cui evocate censure terribili perché vi hanno cancellato da facebook. Purtroppo non fate una bella figura con un articolo come quello, perché un profilo è personale, quindi facebook aveva e ha tutto il diritto di cancellarvi (e quando vi cancellano vi segnalano anche il perché). Potevate creare una pagina invece di un profilo... e facebook non vi avrebbe cancellato. Evocare lobby e cose simili, in questo caso, non mi sembra corretto. Poi sarà anche probabile che qualcuno abbia segnalato a facebook che avevate un profilo non era personale... ma a questo punto facebook doverosamente doveva cancellarvi, viste le regole del sito. Consiglio mio: modificate quella pagina evocando meno spettri, è più corretto e ci fate una figura migliore. In bocca al lupo, siete forti.
Alessandro

Caro Alessandro,
grazie per la stima che nutri per noi. Proprio questa stima ti ha portato a farci i rilievi sull'articolo su facebook.
Ci dai così modo di specificare che noi correttamente avevamo pensato di fare un gruppo su facebook chiamato appunto BastaBugie. Quindi il fondatore di questo gruppo era uno di noi. Però dopo qualche tempo una nostra amica ci ha segnalato che, per motivi analoghi a quelli di cui parliamo nell'articolo, a lei hanno chiuso sia il gruppo che il suo account. Non una, ma più volte. Allora per cautelarci ed evitare che ci chiudessero l'account oltre che il gruppo, abbiamo creato un fittizio account (che secondo le regole di facebook non si poteva fare, cosa che abbiamo scritto nell'articolo in questione, però abbiamo visto che diversi account sono evidentemente non persone, ma enti o nomi di fantasia, per cui ci siamo sentiti liberi di fare come abbiamo fatto).
Ma la cosa più importante di tutta questa vicenda, al di là dei formalismi, è che abbiamo ricevuto una serie di messaggi intimidatori e offensivi da parte di diversi utenti facebook. Abbiamo visitato i loro profili nei quali si invitava a segnalare il nostro gruppo allo scopo di farlo chiudere. Ecco perché sappiamo come è andata. Inoltre questo ci è stato confermato da tanti altri nostri amici con esperienze analoghe.
Comunque sia andata invitiamo i nostri lettori a pubblicare i nostri articoli su facebook al fine di diffonderli il più possibile. Basta andare all'articolo che si intende pubblicare su facebook e cliccare sulla F in fondo all'articolo stesso e poi, quando appare la finestra di facebook cliccare su CONDIVIDI e il gioco è fatto. Ne approfittiamo per ringraziare i nostri lettori che ci danno una mano a diffondere la controinformazione di BastaBugie.

DOSSIER "LETTERE ALLA REDAZIONE"
Le risposte del direttore ai lettori

Per vedere tutti gli articoli, clicca qui!

Fonte: Redazione di BastaBugie, 22 novembre 2010

11 - OMELIA PER LA I DOMENICA DI AVVENTO - ANNO A - (Mt 24,37-44)
Gettiamo via le opere delle tenebre e indossiamo le armi della luce
Fonte Il settimanale di Padre Pio, (omelia per il 28 novembre 2010)

E' iniziato il Tempo dell’Avvento, il tempo che ci prepara alla celebrazione del Natale. L’Avvento deve essere un tempo di silenzio e di attesa, di più intensa preghiera e di più generosa carità fraterna. Le letture di questa prima domenica d’Avvento ci danno delle preziose indicazioni per come trascorrere le quattro settimane che ci separano dal Natale.
La prima lettura ci dice: «Venite, camminiamo nella luce del Signore» (Is 2,5). Camminare nella luce del Signore significa uscire dalle tenebre del peccato e mutare completamente corso alla nostra vita. Con la prima domenica d’Avvento inizia un nuovo Anno liturgico e deve anche iniziare una vita nuova per noi: si deve rafforzare l’impegno di camminare sempre nella luce di Dio, rinunciando al peccato e a tutte le opere del maligno.
Nella seconda lettura, san Paolo apostolo ci indica chiaramente quello che deve essere il nostro impegno. Egli ci esorta a svegliarci dal nostro torpore e ci dice: «è ormai tempo di svegliarvi dal sonno, perché adesso la nostra salvezza è più vicina di quando diventammo credenti» (Rm 13,11). Ben a ragione, san Paolo ci esorta a svegliarci, per il fatto che siamo addormentati: siamo cristiani ma non viviamo da cristiani. Subito dopo, egli così ci esorta: «La notte è avanzata, il giorno è vicino. Perciò gettiamo via le opere delle tenebre e indossiamo le armi della luce» (Rm 13,12). Cosa sono le opere delle tenebre? Sono i peccati, per i quali noi ci allontaniamo sempre di più dalla luce divina.
Quante sono le opere delle tenebre ai nostri giorni! Pensiamo all’aborto, al divorzio, alla contraccezione, al disprezzo della vita fin dal suo concepimento, alle tante impurità con cui ci degradiamo sempre più; pensiamo alle violenze, all’odio e alle molte disonestà nell’ambito della vita civile. Davvero, mai come in questo tempo stiamo brancolando nel buio. Enrico Medi, celebre scienziato morto pochi decenni fa, e di cui è in corso la causa di beatificazione, diceva che questa nostra epoca sarà ricordata nella storia come la più barbara che ci sia mai stata.
Cosa dobbiamo fare, dunque, per tornare sulla retta via illuminata dalla luce del giorno? Dobbiamo svegliarci, ovvero convertirci, per mezzo di una buona Confessione, domandando sinceramente perdono dei nostri peccati, e, come dice il Vangelo di oggi, dobbiamo poi vigilare, ossia rimanere svegli.
Gesù lo dice chiaramente: «Vegliate dunque, perché non sapete in quale giorno il Signore vostro verrà» (Mt 24,42). Vegliare significa perseverare nella Grazia di Dio, in modo da essere trovati pronti quando il Signore verrà. Il Signore è venuto una prima volta duemila anni fa; verrà poi alla fine dei tempi nella gloria della sua divinità; ma, tra queste due venute, vi è una terza venuta che avverrà per ciascuno di noi: questa venuta ci sarà al termine della nostra vita. Non sappiamo quando sarà il momento della resa dei conti. Gesù, per questo motivo, ci esorta alla vigilanza e, per farci comprendere meglio questa incertezza, adopera il paragone di un ladro che giunge all’improvviso: «Se il padrone di casa sapesse a quale ora della notte viene il ladro, veglierebbe e non si lascerebbe scassinare la casa» (Mt 24,43). Per questo motivo dobbiamo vivere ogni giorno come se fosse l’ultimo della nostra vita e il primo della nostra conversione.
Seguendo l’insegnamento di san Bernardo, si può parlare di un’altra venuta che avviene nel silenzio e nell’ineffabile dolcezza della contemplazione. Si tratta della venuta di cui parla Gesù nel Vangelo: «Se uno mi ama conserverà la mia parola e il Padre mio lo amerà e noi verremo a lui e prenderemo dimora presso di lui» (Gv 14,23). Anche noi potremo gustare la dolcezza di questa venuta di Dio nel nostro cuore se riusciremo a dedicare il dovuto tempo alla preghiera, una preghiera fatta con il cuore e con tutta l’attenzione della nostra mente. Il Tempo d’Avvento è il tempo propizio per fare più silenzio e per dedicarci a questa preghiera interiore.
Volendo perciò terminare l’omelia con un proposito pratico di miglioramento, vorrei indicare proprio questo: amare e ricercare il silenzio, perché nel silenzio si trova Dio! La Vergine Maria ci aiuti a meditare nel nostro cuore la Parola di Gesù e a sentire, per quanto è possibile, l’ineffabile presenza del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo che dimorano dentro di noi.

Fonte: Il settimanale di Padre Pio, (omelia per il 28 novembre 2010)

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