BastaBugie n�209 del 09 settembre 2011

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1 CACCIA AGLI EVASORI FISCALI? NO, GRAZIE! SE LO STATO USCISSE DAGLI AMBITI CHE NON GLI COMPETONO (RAI, POSTE, FERROVIE, SCUOLA, UNIVERSITA') NON AVREBBE BISOGNO DI COSI' TANTE ENTRATE
E' legittimo fare pressioni morali e psicologiche sul contribuente affinché paghi le imposte senza contemporaneamente ricordare l'ingiustizia di uno Stato che chiede allo stesso contribuente la metà (48 x cento) dei propri guadagni?
Autore: Marco Invernizzi - Fonte: La Bussola Quotidiana
2 GIORNATA MONDIALE DELLA GIOVENTU' IN SPAGNA: MANIFESTANTI ATEI DENUNCIATI PER INSULTI E VIOLENZE A PELLEGRINI E DISABILI
Ecco il video che mostra militanti atei e omosessuali di mezza età che urlano bestemmie contro i ragazzi impauriti
Fonte: Unione Cristiani Cattolici Razionali
3 IL SOLITO PRETE-SPETTACOLO SI PRESENTA SU UN PALCOSCENICO E SPARA CONTRO LA CHIESA
Applausi a non finire alla Festa dell'Unità per don Mazzi: che tristezza vedere che per certi preti (non tutti, per fortuna) lo scopo è quello di essere simpatici e accettati dal mondo
Autore: Riccardo Cascioli - Fonte: La Bussola Quotidiana
4 GIOVANI AMERICANE RISCHIANO LA VITA VENDENDO OVULI PER LA FECONDAZIONE ETEROLOGA: IL 20 SETTEMBRE LA CORTE COSTITUZIONALE PUO' PERMETTERLA ANCHE IN ITALIA
Ecco il video con ragazze americane che hanno venduto i loro ovuli: finalmente svelata la pericolosità dei trattamenti e il giro di miliardi delle società che praticano la fecondazione eterologa
Autore: Benedetta Frigerio - Fonte: Tempi
5 DOPO ANDREOTTI CHE NEL 1977 TOLSE FESTIVITA' RELIGIOSE PROFONDAMENTE RADICATE (SAN GIUSEPPE, CORPUS DOMINI, ECC.), IL GOVERNO STA PER ABOLIRE LE FESTE PATRONALI
Ancora una volta viene ferito il sentimento popolare nell'assoluta indifferenza di gerarchia cattolica e politici di ogni schieramento (invece per l'abolizione delle festività laiche, su proposta PD e con l'approvazione unanime degli altri partiti non se ne è fatto di nulla)
Autore: Riccardo Cascioli - Fonte: La Bussola Quotidiana
6 VASCO ROSSI: LA VITA SPERICOLATA PRESENTA IL CONTO
Il mediocre cantante di Zocca mi ha sempre fatto tristezza, anche quando ero un'adolescente e lui cantava a Sanremo e, in teoria, ero una perfetta candidata a subire il suo fascino
Autore: Costanza Miriano - Fonte: www.costanzamiriano.wordpress.com
7 VASCO ROSSI ELOGIA LA CULTURA DELLO SBALLO ESALTANDO GLI PSICOFARMACI
Il cantante-guru viene osannato da televisioni e giornali, ma per i giovani suoi fans si tratta di un messaggio devastante che propone la vita spericolata come modello
Autore: Danilo Quinto - Fonte: La Bussola Quotidiana
8 ANIMALISMO TRIONFANTE: SECONDO IL TRIBUNALE DI MILANO I DIRITTI DEI GATTI SONO SUPERIORI A QUELLI DEGLI UOMINI
L'animalismo ha paradossali conseguenze: del resto una delle prime leggi approvate da Hitler fu l'abolizione della vivisezione sugli animali! Si sa poi come è andata a finire...
Fonte: Corrispondenza Romana
9 PROCESSARE GHEDDAFI? SPUNTANO DI NUOVO LE CONTRADDIZIONI DI NORIMBERGA
Ci si accanisce con i dittatori caduti in disgrazia, ma nessuna Corte sovrannazionale ha mai processato Stalin, Pol Pot o Mao Tse-Tung (e oggi nessuno si sogna di processare Fidel Castro)
Autore: Mario Palmaro - Fonte: La Bussola Quotidiana
10 IL SINDACO DI FORTE DEI MARMI CHIEDE DI POTER CELEBRARE MATRIMONI SULLA SPIAGGIA
Meno significato spirituale gli sposi danno al matrimonio, più la festa è cafona, eccentrica, costosa, sguaiata
Autore: Costanza Miriano - Fonte: Avvenire
11 OMELIA XXIV DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO - ANNO A - (Mt 18,21-35)
Signore, quante volte dovrò perdonare al mio fratello? Non ti dico fino a sette, ma fino a settanta volte sette
Autore: Padre Gabriele M. Pellettieri - Fonte: Il settimanale di Padre Pio

1 - CACCIA AGLI EVASORI FISCALI? NO, GRAZIE! SE LO STATO USCISSE DAGLI AMBITI CHE NON GLI COMPETONO (RAI, POSTE, FERROVIE, SCUOLA, UNIVERSITA') NON AVREBBE BISOGNO DI COSI' TANTE ENTRATE
E' legittimo fare pressioni morali e psicologiche sul contribuente affinché paghi le imposte senza contemporaneamente ricordare l'ingiustizia di uno Stato che chiede allo stesso contribuente la metà (48 x cento) dei propri guadagni?
Autore: Marco Invernizzi - Fonte: La Bussola Quotidiana, 31/08/2011

Una domanda sorge spontanea di fronte alle ripetute esternazioni estive sulla lotta all'evasione fiscale e l'obbligo morale di pagare le imposte, provenienti non soltanto dalle più alte cariche dello Stato ma anche dal mondo cattolico.
La domanda è questa: è legittimo fare pressioni morali e psicologiche sul contribuente affinché paghi le imposte senza contemporaneamente ricordare l'ingiustizia di uno Stato che chiede allo stesso contribuente la metà dei propri guadagni (il 48, 6% secondo il Corriere della Sera del 28 agosto)?
E ancora: è giusto affermare che il contribuente è così tartassato dal fisco perché molti suoi concittadini (in particolare i lavoratori autonomi) non pagano le tasse e contemporaneamente non ricordare che se lo Stato uscisse dagli ambiti che non gli competono (RAI, Poste, Ferrovie, scuola, università) non avrebbe bisogno di così tante entrate?
La domanda mi sembra fondata per ogni cittadino e in modo particolare per i cattolici tenuti ad accogliere i criteri di giudizio della dottrina sociale della Chiesa, soprattutto il principio di sussidiarietà che vieta alle società maggiori, in particolare allo Stato, di invadere il campo delle realtà più piccole (Catechismo della Chiesa Cattolica, n. 1883).
Infatti, ognuno è tenuto a rispettare il principio di solidarietà, cioè a distribuire ai più poveri parte delle sue ricchezze attraverso un'opera di distribuzione che, nel mondo moderno, lo Stato ha attribuito a se stesso. Quindi lo Stato preleva dai cittadini più ricchi per distribuire ai più poveri. Ammettiamo che sia così, anche se fatichiamo a vedere l'equità e l'efficacia di questa distribuzione. Ma perché invece lo Stato non lascia alla società il compito di svolgere questo intervento sociale limitandosi a intervenire quando le realtà private non riuscissero a svolgere il loro compito? Eviterebbe così spese, costi del personale e burocratici, e favorirebbe lo sviluppo di pezzi importanti della società, costretti a prendersi cura di bisogni primari e a rispondere allo stesso Stato delle iniziative svolte.
C'è un peccato originale che non si vuole affrontare. Si tratta dell'estensione del potere e dell'intervento sul corpo della società dello Stato moderno, per intenderci quello costituitosi in Italia a partire dalla dominazione napoleonica. Uno Stato che ha preso sotto il suo controllo tutto quello che poteva, facendo invece sempre peggio quello che doveva fare. Ha monopolizzato la scuola e l'assistenza, la cultura e la ricerca, i trasporti e i mezzi di comunicazione di massa, e molto altro ancora. E ha trascurato la sicurezza (polizia e carabinieri), la Difesa, e in generale quei compiti che soltanto lo Stato può assolvere.  Così ha creato una burocrazia elefantiaca che costa troppo. Poi lo stesso Stato, in Italia a partire dagli anni Cinquanta del secolo scorso, è stato occupato dai partiti e dai loro bisogni, cioè dai costi sempre crescenti della politica.
Ne è venuto fuori un brutto pasticcio, che nessuno può risolvere a breve termine. Un problema antico, quello della "persecuzione fiscale", che papa Pio XII affrontava già il 2 ottobre 1956 ricordando cha accanto al «dovere di ogni cittadino di sopportare una parte delle spese pubbliche», rimane il dovere dello Stato di «ripartire fra essi [i cittadini] soltanto carichi necessari e proporzionati alle loro risorse», e soprattutto denunciava (attenzione siamo nel 1956, prima del centro-sinistra) «l'estensione smisurata dell'attività dello Stato, attività che, dettata troppo spesso da ideologie false o malsane, fa della politica finanziaria, e in modo particolare della politica fiscale, uno strumento al servizio di preoccupazioni di un ordine assolutamente diverso». Un problema ripreso nell'enciclica Centesimus annus dal beato Giovanni Paolo II con la critica allo Stato assistenziale  che «intervenendo direttamente e deresponsabilizzando la società […] provoca la perdita di energie umane e l'aumento esagerato degli apparati pubblici».
Non voltiamoci dall'altra parte, fingendo di credere che il problema sia l'evasione delle tasse. Anche se emergesse tutto il cosiddetto "nero" dell'economia sommersa, anche se improvvisamente i servizi statali cominciassero a funzionare, rimarrebbe il problema dell'ingiustizia di uno Stato che ha occupato settori che non gli competono e che ne fa pagare i costi a una società sempre più impoverita e deresponsabilizzata.
"Tanta libertà quanto è possibile, tanto Stato quanto è necessario", diceva un vecchio adagio della dottrina sociale cristiana. Teniamolo presente, non tanto per questa manovra ormai in corso, ma per le riforme strutturali di cui si continua a parlare, senza peraltro vedere alcun risultato. Intervistato da Avvenire il 30 agosto, il Presidente dello IOR Ettore Gotti Tedeschi ha detto che «dal 1975 ad oggi in Italia il peso delle imposte sul Pil è raddoppiato» e «nel 1975 il tasso di risparmio sul reddito prodotto in Italia era il 27/28%, oggi è sotto il 5%. In trent'anni lo Stato ha avuto a disposizione molti più soldi, ma i servizi sono rimasti quelli che vediamo e in compenso le famiglie hanno risparmiato molto di meno. Insieme al crollo demografico, questo è il volto drammatico della crisi che stiamo vivendo da almeno trent'anni. Saremmo contenti se i nostri Pastori ce lo ricordassero il più spesso possibile.

Fonte: La Bussola Quotidiana, 31/08/2011

2 - GIORNATA MONDIALE DELLA GIOVENTU' IN SPAGNA: MANIFESTANTI ATEI DENUNCIATI PER INSULTI E VIOLENZE A PELLEGRINI E DISABILI
Ecco il video che mostra militanti atei e omosessuali di mezza età che urlano bestemmie contro i ragazzi impauriti
Fonte Unione Cristiani Cattolici Razionali, 27-28/08/2011

Parallelamente alla Giornata Mondiale della Gioventù cattolica, si è svolta di fronte al mondo anche quella della "Gioventù atea", in cui gruppi di "liberi pensatori" (come si fanno chiamare atei e agnostici militanti) e omosessuali hanno marciato intonando inni contro la Chiesa e il Vaticano, dando del "nazista" e del "pedofilo" al Papa e ai pellegrini. (...)
Anche il quotidiano "L'Unità" riconosce l'effetto controproducente delle manifestazioni anticlericali madrilene. Si parla di circa 2000 persone, comprese giornalisti e osservatori. E «le immagini di militanti di mezza età che urlano bestemmie contro il volto spaventato di sedici-diciottenni impauriti ha disgustato il pubblico spagnolo». Mentre la setta dei razionalisti atei italiani si concentra infantilmente sulla spazzatura che i cattolici avrebbero lasciato all'aerodromo di Cuatro Vientos, tentando così di sminuire la portata dell'evento, i quotidiani spagnoli riportano dell'arrivo delle prime denunce. (...)
Un gruppo di sette pellegrini francesi, tra i quali diversi bambini e un ragazzo disabile in carrozzina, hanno depositato presso la Polizia di Stato una serie di denuncie contro un gruppo di atei partecipanti alla manifestazione anticlericale del 17 agosto 2011 a Madrid. La gioventù atea è accusata di insulto, persecuzione e umiliazione. L'incidente è avvenuto alle 21 circa nei pressi della metropolitana Sol. Proprio in quella zona, tra l'altro, sono stati arrestati diversi giovani anticlericali e molti cattolici sono rimasti feriti. I ragazzi, tra cui Anne-Marie C., di 23 anni della Normandia, hanno riferito di aver incrociato la comitiva "anti-cattolica" mentre erano alla fermata della metropolitana, venendo presto insultati e minacciati di "bruciare i crocifissi e gli zaini" che loro tenevano in mano. Il tutto condito da varie e pesanti ingiurie. Nicola T., 20 anni, ha dichiarato che nella spedizione atea c'era anche una donna vestita in costume da gatto con frustra nera e cinghie, la quale ha cominciato a molestare e umiliare sessualmente uno dei disabili in carrozzina (18 anni), mentre un altro ragazzo anticlericale faceva gesti osceni con le dita. Il gruppo ha impedito ai pellegrini di prendere la metropolitana e uno dei giovani cattolici ha avuto un attacco di panico, perdendo coscienza per un po'. (...)
I pellegrini che sono stati ospitati al Polideportivo de Aluche hanno trovato le porte forzate e una volta rientrati dopo la serata hanno trovato le loro valigie rotte, oggetti di valore rubati e l'abbigliamento dei sacerdoti strappato e gettato a terra. Hanno quindi avverito immediatamente la polizia che ha iniziato immediatamente le ricerche. Le vittime hanno dichiarato che da come si mostrava la situazione non si trattava solo di una rapina ma di una vera e propria vendetta da parte degli anticlericali. (...)
Gli arrestati sono 8, tutti laici, e 11 feriti (compresi 2 poliziotti). Parla anche di un gruppo di radicali che ha attaccato con pugni e calci venti giovani cattolici che si trovavano nella High Street, prima dell'arrivo della polizia. (...)
Il difensore civico per l'infanzia della Comunità di Madrid, Arturo Canalda, ha riferito l'apertura di un'"inchiesta ufficiale" per accertare se vi sia stata "aggressione o minacce" ai pellegrini della GMG da parte di gruppi atei. Si è detto speranzoso di ricevere nei prossimi giorni denunce di famiglie di bambini che sono stati "attaccati o insultati".  Ha dichiarato: «Una cosa è il diritto degli individui di esprimere opinioni un altro è insultare o attaccare le persone. Tutti i bambini godono di una protezione speciale ed è nostro dovere studiare e chiarire i casi segnalati». Il difensore civico per l'infanzia ha descritto come "molto grave" quello che è successo nelle ultime ore del 17 agosto 2011. (...)
Il sindacato di Polizia di Madrid ha accusato il governo per aver permesso ai violenti manifestanti laici di arrivare a contatto con i pellegrini cattolici. (...)
Secondo il portavoce della polizia madrilena, l'organizzazione del governo è stata pessima. E' stato permesso infatti che, a causa della confusione organizzativa i pellegrini in piazza sono stati insultati da più di un migliaio di manifestanti laici, i quali hanno anche tentato di aggredire e derubare alcuni giovani, senza che la polizia fosse presente in numero sufficiente. Quello che è successo è stato giudicato come un "grande caos", che ha offerto uno «spettacolo grottesco e doloroso di un ragazzino che non sapeva perché venisse attaccato, gettato a terra e insultato in modo aggressivo». (...)
La Confederazione Spagnola di Polizia (CEP) e l'Unione professionale di Polizia (SPP), hanno congiuntamente pubblicato un comunicato in cui affermano che i loro agenti hanno ricevuto "minacce di morte" attraverso internet da alcuni dei manifestanti presenti durante la "Marcia laica". Hanno così sporto denuncia e stanno prendendo le opportune misure legali per individuare informazioni sulle identità personali e gli indirizzi di questi soggetti.
A proposito di Internet, ci pare doveroso segnalare che il sito web della GMG è stato preso di mira da hacker messicani particolarmente aggressivi, che hanno così voluto unirsi alle violente proteste anticlericali nella piazza di Madrid.

Nota di BastaBugie: vi invitiamo a vedere il seguente filmato che mette a confronto i partecipanti alla GMG e le manifestazioni anti-papa (si suggerisce di guardare il filmato fino in fondo) www.youtube.com/watch?v=-wsw_Yzye0A

Fonte: Unione Cristiani Cattolici Razionali, 27-28/08/2011

3 - IL SOLITO PRETE-SPETTACOLO SI PRESENTA SU UN PALCOSCENICO E SPARA CONTRO LA CHIESA
Applausi a non finire alla Festa dell'Unità per don Mazzi: che tristezza vedere che per certi preti (non tutti, per fortuna) lo scopo è quello di essere simpatici e accettati dal mondo
Autore: Riccardo Cascioli - Fonte: La Bussola Quotidiana, 02/09/2011

Ci risiamo. Il solito prete-spettacolo si presenta su un palcoscenico e spara contro la Chiesa. Il prete è don Antonio Mazzi, il palcoscenico scelto stavolta è la Festa nazionale del Partito Democratico, a Pesaro. Non si discute il luogo: si può andare ovunque se lo scopo è annunciare il Vangelo. Ma lo scopo, per certi preti, è quello di essere simpatici, accettati dal mondo, raccogliere un applauso, così si va alla festa del Pd per dire la solita parola maligna contro la Chiesa, contro il Papa e anche contro i propri confratelli. (...)
Stavolta il tema è quello dei preti pedofili e don Mazzi dice che è tutta colpa dei seminari, quelli minori anzitutto. Lui si vanta di essere diventato prete senza essere stato in seminario, eppure se c'è un solo argomento in difesa dei seminari questo è proprio don Mazzi: se senza si diventa così, meglio tenerli aperti. Ma a parte questo, colpisce davvero come il sacerdote si metta a disquisire dei seminari davanti a una platea molto attenta, che poi alla fine si lascia andare a un grande applauso. Tutto ci aspettavamo meno che la base del Pd fosse così interessata al dibattito sulla formazione nei seminari, argomento che invece fatica a trovare audience nel mondo cattolico.
In realtà, però, si ha l'impressione che le persone non abbiano capito granché di cosa abbia detto nello specifico don Mazzi, ma hanno capito l'unica cosa che importava: era una critica alla Chiesa e al Papa. E allora giù applausi.
E questo è già un motivo di amarezza: a costoro non interessa nulla né dei bambini vittime né del problema pedofilia, interessa soltanto che si parli male della Chiesa. E ci sono preti che si prestano volentieri a questo giochino.
Se si fosse minimamente onesti si dovrebbe riconoscere che mentre la Chiesa cattolica considera gravissimo il problema dei preti pedofili, la stessa Chiesa è solo in minima parte coinvolta nel problema pedofilia nel mondo che invece interessa tutte le categorie di persone, e tutte le religioni. Non solo, il mondo è così disinteressato al problema pedofilia che sulla stampa è passata totalmente sotto silenzio la notizia che abbiamo dato appena due giorni fa (http://www.labussolaquotidiana.it/ita/articoli-vogliono-normalizzarela-pedofilia-2874.htm) sulle manovre internazionali di esperti e attivisti per rendere la pedofilia un orientamento sessuale come gli altri. A nessuno interessa davvero che nel giro di due anni si possa arrivare a considerare normale l'adescamento di minori, con il beneplacito di psicologi e psichiatri e, ovviamente, dell'Organizzazione Mondiale della Sanità. Perché altrimenti ci sarebbero paginate piene di sdegno sui nostri giornali e lunghi servizi e approfondimenti nei tg; e magari ci sarebbero anche interrogazioni parlamentari e mozioni al Parlamento Europeo. Invece nulla di tutto questo, silenzio.
In attesa del fatto compiuto: allora ci sarà qualche polemica, ma quelli che oggi scrivono sdegnati sui preti pedofili saranno in prima linea per difendere le nuove frontiere del politicamente corretto. Allora anche per la Chiesa sarà un problema poter affermare che la pedofilia è un peccato: si rischierà l'accusa di discriminazione e violazione dei diritti umani, come accade oggi per l'omosessualità.
La realtà è che il problema pedofilia interessa i media – e i poteri che vi sono dietro - solo quando c'è di mezzo la Chiesa cattolica, perché è un pretesto, un'arma in più per combattere il nemico di sempre. Che un prete – dicasi un prete - presti il proprio volto noto, la propria capacità di stare davanti al pubblico, per unirsi a questo attacco è cosa che amareggia prima ancora che provocare sdegno. Perché davvero il nemico – come ha detto Benedetto XVI – è prima all'interno della Chiesa che fuori.

Fonte: La Bussola Quotidiana, 02/09/2011

4 - GIOVANI AMERICANE RISCHIANO LA VITA VENDENDO OVULI PER LA FECONDAZIONE ETEROLOGA: IL 20 SETTEMBRE LA CORTE COSTITUZIONALE PUO' PERMETTERLA ANCHE IN ITALIA
Ecco il video con ragazze americane che hanno venduto i loro ovuli: finalmente svelata la pericolosità dei trattamenti e il giro di miliardi delle società che praticano la fecondazione eterologa
Autore: Benedetta Frigerio - Fonte: Tempi, 31/08/2011

Il 20 settembre prossimo la Corte costituzionale italiana sarà chiamata a giudicare la costituzionalità del comma 3 dell'articolo 4 della legge 40/2004, che vieta la fecondazione assistita eterologa, che avviene con ovuli donati da terzi. Intanto in America il Center for Bioethics and Culture, un network pro life, ha prodotto un documentario che ha appena vinto il premio del Festival californiano di cinema indipendente. Sono riportate interviste scioccanti a donne che hanno donato i loro ovuli, in Stati americani in cui la fecondazione eterologa è permessa. Le interviste ritraggono ragazze la cui vita è stata stravolta. A volte spezzata. Perché, allora, si chiedono alcuni medici nel video, non esiste letteratura scientifica in merito ai rischi della stimolazione ovarica necessaria per la donazione di ovuli? Perché nei campus dei college, nei media e sui giornali esistono pubblicità che offrono centinaia di dollari in cambio di ovuli, in nome del fatto che quel gesto «aiuterà un altro a realizzare il suo desiderio»? Se si cercasse di rispondere, l'industria della fertilità, che in America fattura miliardi di dollari l'anno, dovrebbe abbassare le saracinesche. Proponiamo qui alcuni passaggi significativi del video. Per chi volesse acquistarlo per intero segnaliamo il sito www.Eggsploitation.com.
«Questi sono molti soldi», esclama una voce, mentre si vede la cifra di 100 mila dollari apparire su un'inserzione. «Se sei alta, attraente e magra – recita uno spot – e hai il desiderio di aiutare qualcuno...». «E chi non vuole sentirsi così?», si chiede ironica una voce. «Fai la differenza, dona i tuoi ovuli», chiosa un'altra pubblicità. «Capisci come questi spot suonino filantropici, non ti convincono solo con i soldi, ma con ragioni umanitarie», spiega una ragazza. «E mentre soffrivo per i trattamenti di stimolazione ovarica, per andare avanti, mi ripetevo: questo è un mio dovere, questo è un mio dovere», dice un'altra. In tutto il mondo, spiega il documentario, le donne sono sollecitate a donare i loro ovuli, per aiutare coppie sterili ad avere bambini, incrementando così il business dell'industria della fecondazione, che non si preoccupa minimamente di informare dei rischi della pratica. Anche perché non esiste monitoraggio di queste donne e quindi nessuna pubblicazione scientifica con un'ampia casistica.
Sindy racconta di aver trovato su un'inserzione del giornalino dell'università una pubblicità per reclutare donne che avevano ricevuto un'educazione eccellente e che avessero certe caratteristiche, come condizioni per donare i loro ovuli in cambio di soldi: «Cercai di sapere se c'erano complicazioni, ma non trovai nessuno studio sui rischi della stimolazione ovarica». Alexandra spiega angosciata: «Volevo finire il dottorato e mi mancavano i soldi. Mi avrebbero dato 3 mila dollari. Giusto quello che serviva a me. E, in più, mi dicevo, avrei aiutato una coppia sterile». Kella, dopo aver preso i medicinali per incrementare l'ovulazione, ha avuto un ictus, una paralisi, danni al cervello e ha rischiato la morte: «Mi avrebbero dato 50 mila dollari viste le mie caratteristiche», spiega la ragazza. La ventenne Jessica ha donato ovuli per tre volte. Poi un cancro al colon l'ha uccisa. «È morta a 34 anni – spiega la madre – era una compositrice di musica classica, avrebbe potuto fare tanto. Ma ora non c'è più».
L'industria della fecondazione, spiega il documentario, attualmente fattura 6 miliardi e mezzo di dollari l'anno. E opera senza sorveglianze né regole. Quel che si sa è che il 70 per cento dei cicli di stimolazione ovarica fallisce. E che in generale i rischi, assenti dalla letteratura fino a poco tempo fa, sono cancri al seno, all'ovaio e all'endometrio, infertilità futura, emorragie, ictus, infarti, paralisi e morte. ("Assessing the medical risks of human oocyte donation. From stem cell research", L.Giudice, E. Santa and R. Pool eds, Washington, D.c., National academies of science, 2007).
Il racconto di Alexandra prosegue così: «Essendo ricercatrice in università avevo accesso agli archivi scientifici. Ma non c'era letteratura che parlasse di rischi connessi alla pratica». Suzanne Parisian, già presidente dell'ufficio medico della Food and Drug Administration, corrispondente all'Aifa italiana, sottolinea che «non ci sono numeri complessivi perché i casi di queste donne non sono stati monitorati». Drew V. Moffiti, endocrinologo per la fertilità riproduttiva, confessa che «di questo mercato si sa poco o nulla».
Ma chi sono le clienti dell'industria? Alcune ragazze universitarie affermano: «Ci cercano, ci offrono soldi, ma non ci parlano degli effetti della pratica. Fanno leva sul fatto che molte di noi si indebitano per studiare». In effetti la prima reazione di alcune ragazze, ignare di tutto e a cui viene mostrata un'inserzione, è di esclamare: «Centomila dollari se hai caratteristiche particolari? Sono tantissimi soldi!». Il fisico normalmente non può produrre più di uno o due ovuli al mese, si capisce quindi che cercare di produrne a centinaia è una violenza per il corpo, spiega ancora la voce di sottofondo al video. Intanto il filmato mostra le fasi della stimolazione. La prima è quella che serve a frenare le funzioni delle ovaie con le medicine. La seconda stimola l'iperovulazione. La terza fa sì che gli ovuli siano rilasciati dalle ovaie. Da ultimo si procede con l'operazione chirurgica, che serve a estrarle dal corpo della donna.
Continua Kella: «Parlavo con l'infermiera via internet, mi spedì il kit di medicine e mi disse come autogestirmi. Il contratto diceva che eri obbligato a prenderle. Non hanno mai verificato se potevano sviluppare allergie. Non mi hanno fatto alcun esame prima di iniziare. E anche quando non stavo bene dovevo continuare a seguire il protocollo». Non è andata diversamente per Sindy che prosegue: «Dopo la stimolazione mi hanno fatto la risonanza. Avevo circa 50 follicoli (ovuli non ancora maturi, ndr). Mi scrissero una email che diceva che qualcosa non aveva funzionato. Chiesi se potevo fermarmi lì. Non era possibile, il contratto non lo prevedeva». Angela con suo marito narra di quando pensò di donare i suoi ovuli: «Andai alla clinica indecisa. In fondo speravo che qualcuno mi dicesse di non farlo se non volevo. Invece, quando mostrai la mia titubanza, enfatizzarono il fatto che mi stessi tirando indietro. Chiesi più tempo per pensare. Mi dissero che ormai non potevo più tornare indietro». L'ultimo step del ciclo, spiega il filmato, è un'operazione chirurgica che richiede l'anestesia. Viene inserito un ago nel corpo per estrarre gli ovuli. «Dopo l'operazione – dice Sindy – mi dissero di andare a casa. Mi alzai dal letto, ma non riuscivo neppure a stare in piedi. Il dolore addominale era troppo forte. Non riuscivo a respirare. Credevo di avere un'emorragia interna. Mi fecero una risonanza, dissero che era tutto a posto. Tornai a casa e il dolore peggiorava. Alla fine ero piena di sangue, ne ho perso tanto che ho dovuto fare diverse trasfusioni. La stimolazione assottiglia i vasi sanguigni che il contatto con l'ago aveva rotto».
Alexandra andava avanti anche se, «dopo nove giorni dal trattamento, iniziai a sentirmi male. È il dolore peggiore che abbia mai sofferto nella mia vita. Andai in bagno e svenni. Quando ripresi coscienza chiamai un amico. Mi portò alla clinica, ma lì mi dissero che non c'era nulla di cui preoccuparsi. Erano solo dolori mestruali più forti. Mi mandarono a casa con gli antidolorifici. Ci rimasi sette giorni, a letto e in uno stato di trans». Dopo altre due settimane di crampi e vomito, il dottore accettò di rivisitarmi». A Sindy dicevano di non preoccuparsi. Erano disturbi mestruali: «La compagnia assicurativa dell'agenzia di donazione di ovuli mi contattò solo per sapere se la mia assicurazione copriva eventuali complicanze».
Alexandra racconta di aver vomitato feci per un'intera notte. Solo a quel punto la clinica accettò di rivisitarla: «Il medico mi guardò l'addome: era pieno di sangue. Impallidì, mi fissò e disse: "Alexandra, so cosa sta succedendo. Le tue ovaie sono attorcigliate intorno alle tube, proveremo a salvarle, ma non è detto che ci riusciremo. Alla fine me le tolsero. Quello che mi lascia ancora senza parole è che se non avessi insistito per farmi visitare, sarei morta. Hanno riconosciuto il danno solo dopo tre visite e venti giorni di dolori consecutivi. Ma non è finita qui. In seguito ebbi gravi problemi all'intestino. Persi 12 chili e ci vollero dei mesi perché mi riprendessi». È giusto, si chiede la voce del documentario, che una donna, anche se il corpo e la natura non le permettono di avere figli, possa ingannarne un'altra, attentandone per sempre la salute (se non la vita) pur di avere ciò che vuole?
Jacqueline, una ragazza con problemi di fertilità, è morta in seguito a una stimolazione dello stesso tipo di quelle sopra descritte senza sapere che «l'iper stimolazione delle ovaie può causare infarto, ictus, emorragia o morte», prosegue la dottoressa Parisian. Anche ad Alexandra non fu detto nulla dei rischi. Lei, che ha rischiato più volte di morire, prosegue il suo racconto così: «Nessuno nella mia famiglia ha mai avuto un tumore. Io, qualche anno dopo il trattamento, ne sviluppai uno al seno. Feci la chemioterapia e subii cinque operazioni. I due medici che mi visitarono dissero che avevo lo stesso cancro di tante donne che, come me, si erano sottoposte a trattamenti di fecondazione assistita, per sé o come donatrici». Un mercato ormai messo a norma da quando, nel 2009, lo Stato di New York ha reso legale la compravendita di ovuli, continua la voce del filmato che si rilancia le parole di Alexandra: «La mia storia, le nostre storie, non sono contemplate in nessuna ricerca scientifica. Non c'è un dato, altrimenti sarebbe la fine di questa industria miliardaria». Il video si conclude con una domanda a chi vuole avere un figlio a tutti i costi: «Lo faresti a rischio della salute e della vita di un'altra donna?». E a chi vuole donare i suoi ovuli: «Sei davvero pronta a sacrificare la tua salute o la tua vita per soldi? Siamo sicuri che si tratti di filantropia?». Kella chiude laconica: «Cosa dire, se non che non potrò mai più avere un figlio?».

Nota di BastaBugie: vi invitiamo a vedere il filmato sulla tremenda realtà della vendita di ovuli


https://www.youtube.com/watch?v=dRHsQDcYRE8

Fonte: Tempi, 31/08/2011

5 - DOPO ANDREOTTI CHE NEL 1977 TOLSE FESTIVITA' RELIGIOSE PROFONDAMENTE RADICATE (SAN GIUSEPPE, CORPUS DOMINI, ECC.), IL GOVERNO STA PER ABOLIRE LE FESTE PATRONALI
Ancora una volta viene ferito il sentimento popolare nell'assoluta indifferenza di gerarchia cattolica e politici di ogni schieramento (invece per l'abolizione delle festività laiche, su proposta PD e con l'approvazione unanime degli altri partiti non se ne è fatto di nulla)
Autore: Riccardo Cascioli - Fonte: La Bussola Quotidiana, 06-09-2011

Per me il 14 febbraio è sempre un giorno speciale. E' San Valentino, che prima di essere il patrono degli innamorati, è il santo patrono della mia città natale, Terni. E anche se ormai da moltissimi anni vivo a Monza, quel giorno ha sempre un sapore particolare: il ricordo della visita alla Basilica del Santo, sempre affollatissima in quel giorno malgrado Terni sia una città dove i cattolici sono piccola minoranza; la fiera che si snoda nelle vie intorno con quel profumo di porchetta che rende i pensieri ancora più celestiali; ma soprattutto San Valentino, quel giorno, è parte della mia identità. Ma non solo mia: in San Valentino tutta la città si riconosce, credenti e non credenti, e intorno a lui – in un modo misterioso - ci riconosciamo tutti uniti, e quel giorno, il 14 febbraio, è un modo per riscoprire e rinnovare quel riconoscersi parte di una comunità.
Vi chiederete: perché parlarci oggi, 6 settembre, di San Valentino? In fondo questa è storia comune a tutte le città e paesi italiani, che pure hanno un loro santo patrono. Appunto per questo: scopro infatti che è lui uno dei principali responsabili della crisi economica e che solo abolendo la sua festività riusciremo a superare questi brutti momenti. Ho detto uno dei responsabili, con lui ci sono le centinaia di altri santi patroni delle città italiane la cui festività verrà abolita con la nuova manovra finanziaria.
A dire il vero, l'idea originale era portare alla domenica anche le festività infrasettimanali "civili" - il 25 aprile, il 1° maggio, il 2 giugno così da recuperare un po' di produttività. Ma poi, la protesta di sindacati e partiti della sinistra ha fatto cancellare in Commissione Bilancio questa abrogazione. Ma per i Santi Patroni, che da secoli proteggono pazientemente e instancabilmente  le nostre città e chi vi abita, niente. Nessuno che abbia speso una parola per loro, neanche i loro successori. Quale ingratitudine. Evidentemente è più facile avere un Santo in paradiso che un giusto in parlamento (o in diocesi).
Eppure questo è un errore grave: dalle difficoltà si esce soltanto rafforzando i vincoli di appartenenza alla comunità, la cui perdita progressiva è un dato di fatto che rappresenta già una pesante ipoteca sul nostro futuro. Abrogare le feste patronali accelererà ulteriormente questo processo di disgregazione. Oggi porterà forse qualche spicciolo in più in cassa, ma in prospettiva renderà ancora più difficile quella coesione propria di un popolo che si riconosce in una stessa identità. La storia dei nostri comuni è intimamemte legata a quella dei patroni scelti: si sono combattute guerre per le loro reliquie, hanno salvato le loro città da epidemie e carestie, hanno esaudito le preghiere per la pioggia in tempi di siccità, hanno salvato i cittadini dalle invasioni straniere, a loro le comunità locali si sono strette in tempi di bisogno per calamità naturali o guerre. Il Santo Patrono è il simbolo di una storia che affonda nei secoli, è il tratto caratteristico di questa identità; un aiuto anche per chi arriva da fuori, straniero, per inserirsi nelle tradizioni e nella cultura di una città: posso ben testimoniarlo anch'io che sono arrivato a Monza già adulto. E' dunque anche uno strumento prezioso di integrazione. Cosa sarebbe Milano senza Sant'Ambrogio? O Venezia senza San Marco? O Firenze, Torino e anche Monza senza San Giovanni Battista?
Si dirà: non vengono abolite le feste, vengono semplicemente spostate alla domenica. Ma i gesti, le azioni hanno un significato e mandano un messaggio preciso: celebrare il patrono la domenica successiva non è la stessa cosa. Il messaggio di retrocessione è chiaro: resta il valore religioso, sicuramente restano gli aspetti goderecci, ma si perde irrimediabilmente quel valore civile, di punto unificante della comunità che ha fatto meritare a questa festa il riconoscimento dello Stato. Che oggi si vuole cancellare.
E pensate che i Santi staranno con le mani in mano? Al proposito, mi viene in mente ancora San Valentino, che negli anni '50 fu protagonista di un episodio esemplare: in pieno scontro sindacale, volendo la dirigenza della locale Acciaieria – che sta a Terni come la Fiat sta a Torino - cancellare il riconoscimento della festività patronale, proprio nei giorni del Santo cominciò a spirare un vento di tramontana così forte che scoperchiò buona parte dei capannoni della fabbrica. L'evento fu da tutti letto come l'intervento diretto del Santo. Da allora il vento di tramontana che spira a metà febbraio, a Terni viene chiamato il "vento di San Valentino". A buon intenditor...
 
Nota di BastaBugie: vi invitiamo a vedere il filmato "Che fine faranno le feste patronali" www.youtube.com/watch?v=WH0UF1sAveo

Fonte: La Bussola Quotidiana, 06-09-2011

6 - VASCO ROSSI: LA VITA SPERICOLATA PRESENTA IL CONTO
Il mediocre cantante di Zocca mi ha sempre fatto tristezza, anche quando ero un'adolescente e lui cantava a Sanremo e, in teoria, ero una perfetta candidata a subire il suo fascino
Autore: Costanza Miriano - Fonte: www.costanzamiriano.wordpress.com, 10/08/2011

"Te l'avevo detto" è una frase vietata a una moglie. Non la può proprio dire per nessun motivo al mondo al proprio marito.
Però Vasco Rossi non è mio marito, per fortuna, e io – come molte altre persone di buon senso – che la sua vita spericolata fosse in realtà squallida e triste, una finta ribellione che mascherava solo il triste imperativo "fate i vostri più bassi comodi e fregatevene del resto" l'avevo capito da subito. Non è che ci voglia il fiuto di un segugio.
Così quando il signor Rossi ha annunciato via facebook di andare avanti grazie a un cocktail di psicofarmaci e medicine varie studiato da una squadra, niente di meno, di medici, a me è sembrato come se avesse annunciato che ha due mani. Che credeva, che non lo avevamo visto?
I giornali, che hanno sempre questa seccatura di riempire le pagine di agosto quando c'è solo una crisi mondiale che scuote euro e dollaro, quando gli speculatori succhiano soldi pubblici e i destini di molti di quelli che vivono in occidente potrebbero cambiare, effettivamente non sapevano di che parlare e hanno dedicato paginate intere a questo campione del pensiero, a questo Jim Morrison nostrano.
Il mediocre cantante di Zocca mi ha sempre fatto tristezza, anche quando ero un'adolescente e lui cantava a Sanremo, e in teoria ero una perfetta candidata a subire il suo fascino. Come abbia potuto incantare qualcuno uno che parlava con quella voce biascicata perennemente impastata, come abbia potuto passare da eroe un evasore fiscale da Roxy Bar e uguale a tutti gli altri (altro che "siamo solo noi") è inspiegabile per me. Eppure è successo. Vasco Rossi è stato ed è un modello per un bel po' di gente, a volte è vero anche suo malgrado,e la cosa andava benissimo per ingrossare il conto in banca (sarà un caso che l'outing sia avvenuto poche settimane dopo l'annuncio di dimissioni da rockstar?).
Per questo me la prendo tanto, e sprizzo un po' del mio miglior veleno su uno che annuncia di soffrire del male di vivere (salvo poi fare retromarcia, è tutta colpa dei giornalisti). Perché ha contrabbandato il suo stile di vita come anticonformismo, come coraggio quello di arrivare al limite sterzando proprio all'ultimo come nel più abusato cliché da adolescente ribelle, e tantissimi ragazzi ci hanno creduto. Hanno creduto che l'istintivo arrendersi alle più basse voglie dell'essere umano al suo livello meno evoluto – droga, alcol, fumo - fosse poi la strada per arrivare alle donne, la fama, i concerti, le barche, le macchine, le moto e via dicendo. Tutte cose che il loro Blasco sbandierava come un tredici al totocalcio. Se questo era il sogno della sua vita è stato bravo a realizzarlo, ma eroe proprio no. E furbo forse neanche, perché evidentemente la vita presenta il suo conto, e quando è priva di un senso vero, quando non conosce la vera bellezza, diventa un vero inferno, che solo con aiuti artificiali si rende tollerabile.
Ovviamente l'articolo di Repubblica si affanna a spiegare che "non è una risposta alle avversità ambientali, ma dipende dalla struttura neurobiologica di cui ognuno di noi è dotato". Una questione chimica, biologica, dunque, che bisogna risolvere con la chimica. Passerà presto, ci sono passati in tanti, è una malattia come un'altra, si affretta a dire Rep. Guai a guardarsi dentro e a dare una risposta vera. Perché l'unica risposta vera è Gesù Cristo, ma queste parole sono vietate sui giornali che vanno per la maggiore.
Non sono d'accordo, perciò, neanche con la bravissima Annalena che ieri scriveva sul Foglio che "Vasco rivendica a sé l'umanissima spelacchiatura dell'esistenza, gli inciampi, l'imbarazzo... non è proprio esaltante, ma è così sincero che commuove". Io sono cattiva, e non mi sono commossa proprio per niente, perché quello dal palco ha trascinato un sacco di gente verso i miti più provinciali e squallidi ed egoisti e vigliacchi che si possano immaginare. Se uno vuole vivere come gli detta la pancia e altri organi più in basso – siamo tutti impastati di peccato, ci mancherebbe – almeno non si atteggi a guru.
Io mi commuovo quando incontro la gente che rischia la sua vita per qualcuno, quando si spende, si consuma, si logora per far vivere gli altri. Quelle sì, vite spericolate. Eh... già!

Fonte: www.costanzamiriano.wordpress.com, 10/08/2011

7 - VASCO ROSSI ELOGIA LA CULTURA DELLO SBALLO ESALTANDO GLI PSICOFARMACI
Il cantante-guru viene osannato da televisioni e giornali, ma per i giovani suoi fans si tratta di un messaggio devastante che propone la vita spericolata come modello
Autore: Danilo Quinto - Fonte: La Bussola Quotidiana, 10/08/2011

«Chi-mi-ca pisce è bravo», scrive Vasco Rossi sulla sua pagina di facebook, annunciando che «assumo (da tempo) un cocktail di antidepressivi, psicofarmaci, ansiolitici, vitamine e altro, studiato da un equipe di medici che mi mantiene in questo 'equilibrio' accettabile».
Il messaggio è rivolto ai giovani suoi fans, per far loro conoscere direttamente le ragioni del suo ricovero in ospedale. «Se sono vivo – aggiunge - lo devo a loro e a tutta questa valanga di chimica che assumo. Non avrei superato tutte le consapevolezze le sofferenze e la profonda depressione nella quale ero sprofondato nel 2001».
In molti, nei giorni scorsi, hanno esaltato questo messaggio. Ad esempio, il professor Giovanni De Plato, che insegna Psichiatria all'Università di Bologna, ha commentato così a Repubblica: «Vasco Rossi ha lanciato un messaggio dal forte contenuto pedagogico ed educativo. Molte persone colpite da questo tipo di disturbi si vergognano a dirlo. Spesso si sentono sole, emarginate e faticano a rivolgersi ai servizi pubblici. Il fatto che una rockstar abbia esternato quelle emozioni, serve da esempio».
Se si tratta di un «messaggio di forte contenuto pedagogico ed educativo», allora vuol dire davvero che invece di stare su questa terra, a volte è come se vivessimo sulla luna, perché davvero lunari ci sembrano questo tipo di considerazioni rispetto alle parole di Vasco Rossi, che passa dall'esaltazione della droga a quella dei cocktail di antidepressivi, psicofarmaci, ansiolitici, vitamine e altro. Per i giovani e i giovanissimi suoi fans e per coloro che leggono queste frasi, attraverso i mezzi di comunicazione che le amplificano, si tratta di un messaggio devastante, che  ripropone – in una versione riveduta e corretta, i tempi cambiano – l'esaltazione della cultura dello "sballo", quella già descritta in tante sue canzoni ed in una particolare in Vita spericolata: «Voglio una vita maleducata/Di quelle vite fatte fatte così/Voglio una vita che se ne frega/Che se ne frega di tutto sì/Voglio una vita che non è mai tardi/Di quelle che non dormi mai/Voglio una vita di quelle che non si sa mai/E poi ci troveremo come le stars/A bere del whisky al Roxy Bar/O forse non ci incontreremo mai/Ognuno a rincorrere i suoi guai/Ognuno col suo viaggio ognuno diverso/E ognuno in fondo perso dentro i fatti suoi».
Dal "viaggio" con droga, si passa al "viaggio" con i farmaci. C'è un fatto, però. I 120 milioni di ansiolitici ed ipnotici che vengono venduti ogni anno in Italia, non sono frutto del caso. Si aggiungono alla piaga delle droghe (l'ecstasy, le colle, le sostanze chimiche inalanti, la cocaina, che 7,5 milioni di giovani europei ammettono di aver usato almeno una volta) e presto le soppianteranno. E' un fenomeno già in larga parte avvenuto negli Stati Uniti, dove da più fonti si apprende che l'utilizzo di antidolorifici, stimolanti, sedativi e tranquillanti, ha superato quello delle droghe illegali e dove il Comitato Internazionale per il controllo dei narcotici, lancia allarmi rispetto all'abuso dei farmaci.
I farmaci sono anche contraffati e dell'affare se ne occupano le organizzazioni criminali, che in base ai dati dell'Organizzazione Mondiale della Sanità gestirebbero un traffico di farmaci  pari a 23 miliardi di euro – il 10 per cento del totale delle vendite mondiali, con punte del 50% nei paesi in via di sviluppo – causando mezzo milioni di morti l'anno.
Internet è il mezzo di diffusione e acquisto principale per questi falsi: secondo l'Oms, più del 50 per cento dei farmaci acquistati sul web, su siti che non rivelano la propria sede fisica, è contraffatto. In Europa, e anche in Italia, si assiste a una distribuzione incontrollata di benzodiazepine o di barbiturici, seguiti dalle sostanze anoressanti. La classifica dei farmaci più venduti on line vede in testa gli antidolorifici, seguiti dai tranquillanti, dagli anoressanti e infine dagli stimolanti.
L'abuso dei farmaci riguarda anche i bambini. Basta andare a leggere l'homepage del sito www.giulemanidaibambini.org. Sono 11 milioni negli Stati Uniti i minori che ogni anno utilizzano farmaci psicoattivi (per tutte le patologie); 20.000.000, il numero di ricette compilate in USA ogni anno per la somministrazione dei soli psicofarmaci di tipo stimolante ai bambini; 10%, la percentuale della popolazione infantile USA che soffrirebbe dell'ADHD, Sindrome da Iperattività e Deficit di Attenzione; 27% - 6%, la differente incidenza percentuale dei disturbi del comportamento in USA rispettivamente nei minori delle classi sociali a basso reddito e nei minori delle classi sociali agiate; 2,1 miliardi di dollari, il giro d'affari per la vendita di psicofarmaci stimolanti per bambini nei soli Stati Uniti; 100%, l'incremento del consumo di psicofarmaci per l'iperattività in oltre 50 paesi, tra i quali Belgio, Germania, Inghilterra, Olanda, Islanda, Irlanda, Norvegia e Spagna.
I maestri alla Vasco Rossi, esaltati dalla cultura edonistica dominante, che inganna tutti, distorcendo la percezione reale dei problemi, dovrebbero diffondere questi dati, magari utilizzando la loro pagina di internet. Questo significherebbe compiere un atto laico di contenuto "pedagogico ed educativo".

Fonte: La Bussola Quotidiana, 10/08/2011

8 - ANIMALISMO TRIONFANTE: SECONDO IL TRIBUNALE DI MILANO I DIRITTI DEI GATTI SONO SUPERIORI A QUELLI DEGLI UOMINI
L'animalismo ha paradossali conseguenze: del resto una delle prime leggi approvate da Hitler fu l'abolizione della vivisezione sugli animali! Si sa poi come è andata a finire...
Fonte Corrispondenza Romana, 03/09/2011

La lucida follia animalista non ha limiti e trova appoggi e sostenitori anche tra i giudici: una sentenza del tribunale di Milano tutela le colonie feline che, soprattutto nel periodo estivo, tendono ad aggirarsi per gli stabili condominiali quasi deserti in ragione del consueto esodo vacanziero. Tale sentenza costituisce l'epilogo di una causa intentata nei confronti di una "gattara" da una coppia di condomini del capoluogo lombardo, stanchi di vedere i felini aggirarsi indisturbati nel condominio e le cassette di cibo per gatti disposte negli spazi comuni. La decisione del giudice civile ha dato torto alla coppia di condomini adducendo come motivazione il fatto che i gatti sono animali socializzanti che si muovono liberamente e con loro pieno diritto; dunque nessuna norma di legge nazionale o regionale può impedire a chicchessia di allontanare o catturare i simpatici animali a quattro zampe ("Ansa", 8 agosto 2011).
L'accaduto farebbe semplicemente sorridere se non fosse l'ennesimo tassello, apparentemente insignificante, di un lucido disegno animalista che mira a sovvertire l'ordine naturale e porre l'uomo sullo stesso livello dell'animale. D'altra parte, tale ideologia trae nutrimento e forza dalla diffusione sempre più massiccia dell'ateismo pratico e teorico che considera l'uomo il prodotto della cieca evoluzione, dunque uno dei tanti frutti casuali della natura.
La negazione della diversa dignità degli esseri viventi e del dominio dell'uomo su tutto il creato finisce per considerare l'uomo stesso un feroce e ingiusto predatore che approfitta della sua condizione di superiorità (quale origine abbia tale superiorità non è dato sapere...) per togliere spazi vitali agli animali e sfruttare a suo piacimento l'ambiente che lo circonda. Tale perversa visione dell'esistenza tende lentamente ma inesorabilmente alla "svalutazione" del genere umano e alla "divinizzazione" della natura. Non è un caso che assieme ad una "nuova coscienza" circa i presunti diritti degli animali sono cresciuti a dismisura gli attacchi alla vita degli esseri umani, specie i più indifesi (bambini non nati, handicappati, malati terminali, anziani ecc.).
Un altro frutto maturo del sovvertimento dell'ordine naturale in atto è lo spaventoso fenomeno della denatalità, che ha conseguenze disastrose, tra l'altro, anche per l'economia mondiale. Sempre più coppie, infatti, rinunciano a mettere al mondo dei figli (che mangeranno, respireranno ed occuperanno degli spazi a spese dell'ambiente e degli animali...) per sostituirli con cani, gatti, criceti e quant'altro. Il mercato dei prodotti per il benessere e la salute degli (ex) amici dell'uomo è molto fiorente e offre una gamma di servizi e beni di consumo superiore ad ogni immaginazione. Tuttavia, non tutte le ciambelle riescono col buco e l'ideologia animalista paga lo scotto della morbosa ed innaturale attenzione verso il mondo animale con una certa recrudescenza del fenomeno dei maltrattamenti.
Al fine di contrastare, anche inconsciamente, quello che viene avvertito come un sovvertimento dell'ordine precostituito, unito ad un generale disprezzo o noncuranza per la vita in generale, sono sempre più numerosi gli episodi di violenza gratuita nei confronti degli animali domestici che sfociano in vere e proprie "gare di tortura", che vedono come protagonisti soprattutto gli adolescenti (i quali amano poi diffonderle nel web). Senza contare la comprensibile reazione di chi, stufo di contare meno di un gatto randagio, usa "le maniere forti" per liberarsi, a modo suo, degli ospiti indesiderati.

Fonte: Corrispondenza Romana, 03/09/2011

9 - PROCESSARE GHEDDAFI? SPUNTANO DI NUOVO LE CONTRADDIZIONI DI NORIMBERGA
Ci si accanisce con i dittatori caduti in disgrazia, ma nessuna Corte sovrannazionale ha mai processato Stalin, Pol Pot o Mao Tse-Tung (e oggi nessuno si sogna di processare Fidel Castro)
Autore: Mario Palmaro - Fonte: La Bussola Quotidiana, 06-09-2011

Processare Gheddafi. Sembra essere questa la nuova frontiera del politicamente corretto. Ne ha fornito un saggio esemplare il magistrato Vladimiro Zagrebelsky in un editoriale apparso il 5 settembre sulla Stampa. Secondo Zagrebelsky – che è stato giudice della Corte Europea dei diritti dell'uomo per 9 anni - la comunità internazionale adesso deve mettere in moto la sua poderosa macchina della giustizia sovrannazionale, basata sull'idea che ci voglia un giudice in grado di processare il leader libico caduto in disgrazia.
Chi vuole condurre Gheddafi davanti a una corte di giustizia – ammesso che qualcuno riesca a prenderlo – ha più di qualche argomento. Il più serio, citato dallo stesso Zagrebelsky, è che si deve evitare il linciaggio del dittatore, la sua esecuzione sommaria, magari eseguita per mano di una folla imbestialita. L'Italia ne sa qualcosa, visto che ancora porta impressa sulla pelle la vergogna di piazzale Loreto. Una mattanza preceduta dalla fucilazione senza processo di Benito Mussolini, avvenuta sul lago di Como alcune ore prima che il corpo venisse orrendamente sfigurato e appeso a un distributore di benzina, finchè il cardinale Ildefonso Shuster non pretese e ottenne pietà per l'uomo osannato fino a qualche anno prima da milioni di italiani.
Se si tratta di risparmiare a Gheddafi e al mondo spettacoli del genere, non si può che essere d'accordo.
Molto meno convincente è la fiducia quasi metafisica che Zagrebelsky e altri come lui mostrano nelle corti di giustizia sovrannazionali e nella creazione di una giurisdizione planetaria in grado di raggiungere e colpire ogni malvagio in ogni angolo del mondo, come un implacabile Grande Fratello.
Innanzitutto, chiunque può accorgersi che in questo discorso si incrociano in un groviglio fittissimo guerra, politica e diritto. Tanto per essere chiari: se qualcuno non avesse deciso di liquidare Gheddafi con una vera e propria rivoluzione – o guerra civile intestina – La Stampa non pubblicherebbe editoriali sulla necessità di processare il Rais. Questo significa che, purtroppo, nella politica internazionale la forza e il potere della spada rimangono la fonte di legittimazione più importante, se non l'unica: si processano in genere dittatori vecchi, deboli e malati, caduti in disgrazia. Nessuna Corte sovrannazionale ha mai processato Stalin, Pol Pot  o Mao Tse-Tung. Si processa Pinochet, ma nessuno, per quel che ci risulta, ha ancora chiesto di portare alla sbarra Fidel Castro. La prima considerazione è dunque di ordine pratico, e smaschera una iniquità di fondo: i dittatori sono buoni e non processabili se restano in sella; diventano cattivi e reprobi se invece cadono e si possono calpestare. Non c'è che dire: un bell'ideale di giustizia.
Seconda osservazione: queste "corti sovrannazionali" non sono altro che il braccio secolare di cui si servono i vincitori per punire gli sconfitti. L'idea che alla fine di una guerra chi vince debba processare (e annientare) gli sconfitti è tipicamente moderna, e non ha proprio nulla di giusto né di nobile. I vincitori dovrebbero già ritenersi appagati dalla facoltà di scrivere la storia; pretendere anche di diventare giudici in missione per conto dell'umanità è francamente troppo.
Zagrebelsky cita Norimberga, e fa male. Perché quella non fu una bella pagina di giustizia, restando ovviamente qui fuori discussione che i nazisti avevano commesso dei crimini orrendi. Ma Norimberga mise a nudo una questione fondamentale, che oggi è se possibile ancor più irrisolta: la necessità di un criterio di giudizio più alto e più forte di quello rappresentato dai codici e dalle leggi scritte dalle mani dell'uomo. Gli imputati a Norimberga si difesero invocando a loro discolpa l'esistenza di norme e di ordini superiori formalmente validi, in base ai quali essi dovevano fare ciò che fecero. In quegli stessi anni in tutta Europa si era diffusa, dilagando, la dottrina giuridica che chiamiamo "positivismo giuridico", in base alla quale non esiste altro diritto al di fuori di quello positivo, cioè di quello scritto nei codici e nelle gazzette ufficiali. E non esiste altra giustizia al di fuori della conformità delle sentenze alle leggi positive. Stando così le cose, tutti gli imputati di Norimberga avrebbero dovuto essere rimandati a casa con tante scuse, non esistendo al momento dei fatti commessi una legge in vigore nel loro territorio che li condannasse per aver deportato torturato e ucciso milioni di innocenti.
Ma quella assoluzione sarebbe stato un risultato aberrante e un disastro politico, il che indusse i giudici – animati per altro da un furibondo revanscismo ideologico -  e riscoprire precipitosamente le categorie della legge naturale, travestite sotto l'etichetta dei "crimini contro l'umanità".
Ora, i giudici che oggi dovessero interrogare Gheddafi - assicurandogli (c'è almeno da sperarlo) l'esercizio dei diritti di difesa fondamentali - potrebbero sentirsi rispondere qualche cosa del genere: e cioè che il Rais esercitava un'autorità legittima, conforme al diritto libico e/o a quello islamico, e che niente e nessuno ha facoltà di giudicare l'esercizio di quel potere.
Il guaio è che da Norimberga a oggi la situazione mentale dell'uomo moderno si è, se possibile, fatta ancor più patologica, essendo ormai avvolta dentro la fitta nebbia del relativismo. Zagrebelsky e i giuristi della sua scuola non credono affatto nell'esistenza della legge naturale, scritta da Dio e impressa nel cuore dell'uomo: per loro Dio non c'è e non c'entra, la legge naturale è un mito irrazionale, e l'unico diritto è quello scritto dalla mano degli uomini. In base a quale criterio superiore, a quale giustizia e a quale verità una corte sovrannazionale dovrebbe essere in grado di scrivere sulla lavagna i buoni e i cattivi, francamente, non è dato saperlo.
L'uomo della strada capisce benissimo che un dittatore sanguinario deve essere fermato e punito: avverte dentro un urlo di giustizia che è rivelatore proprio di quella verità sull'uomo e sul bene, che i relativisti in guanti bianchi, i nipotini dei giacobini, i secolarizzatori anticristiani in servizio permanente effettivo non vogliono accettare per nessuna ragione al mondo. Senza un ritorno serio, onesto, ragionevole e oggettivo al diritto naturale e alla sua fondazione metafisica, la giustizia rimane solo una maschera dietro cui si nasconde la smorfia terribile del potere. Assai simile, tutto sommato, a quegli stessi "cattivi" che vuole processare.

Fonte: La Bussola Quotidiana, 06-09-2011

10 - IL SINDACO DI FORTE DEI MARMI CHIEDE DI POTER CELEBRARE MATRIMONI SULLA SPIAGGIA
Meno significato spirituale gli sposi danno al matrimonio, più la festa è cafona, eccentrica, costosa, sguaiata
Autore: Costanza Miriano - Fonte: Avvenire, 04/08/2011

Sia il giorno che fa nuove tutte le cose. Probabilmente fa nuovo soprattutto il loro conto in banca, perché anche se vai a farti le unghie, e dici che è per il tuo matrimonio, raddoppieranno il conto e ne approfitteranno, tanto che ci sono, per proporti come minimo un pacchetto di dieci sedute massaggio a una cifra esorbitante. Che diamine, non vorrai presentarti così al giorno più bello, ti squadrerà inorridita la signorina.
C'è un gran daffare anche negli atelier con le poltroncine di velluto per le amiche della sposa, e poi con le liste di nozze, i viaggi, gli wedding planners e i fiorai: tutto per cercare disperatamente di ammantare tutta la faccenda di un po' di eccitazione e di emotività, per restituire quello che nella sostanza manca.
Il sindaco di Forte dei Marmi, appoggiato da colleghi degli scenari più suggestivi del paese, ha chiesto al ministro degli Interni una riforma del Codice civile che permetta la celebrazione di matrimoni sulla spiaggia o sul pontile. "Siamo sommersi di richieste in questo senso. D'altra parte la spiaggia è la cornice più adeguata, teatro del nascere di tanti amori". Insomma, tanti promessi sposi chiedono di approfittare della scenografia romantica, e non solo a Forte, perché quello che succede in un banale locale del comune, l'unico al momento ammesso dalla legge, di per sé sembra non bastare.
Perché, diciamo la verità, in moltissimi casi il matrimonio non ha più alcun senso, se non quello di dare uno scossone al rapporto. O almeno non ha più il senso di un evento spartiacque: spesso i due convivono da tempo, hanno vissuto nella libertà, e sposarsi significa poco più che scambiarsi una promessa.
Si vive la sessualità con la massima libertà – e l'enorme significato che ha l'avere abbattuto ogni divieto, limite, cautela (grazie alla contraccezione di massa) non è stato neanche compreso a fondo, troppo recente il cambiamento – il divorzio è comunque sempre una possibilità, e così il matrimonio non è qualcosa che mette la sua impronta a fuoco su due anime, per tutta l'eternità.
Per noi cattolici, che sappiamo di essere un groviglio di contraddizioni e di peccato, che sappiamo di non poter neanche pensare un'impresa tanto ardua se Dio non ci mette il suo sigillo, che vediamo la sua potenza fare miracoli ogni volta che gli apriamo la porta, che cadiamo appena ce ne dimentichiamo, il matrimonio da solo basta. E' una bomba che deflagra nella nostra vita, che da quel giorno non sarà mai più uguale a prima. E' il sacramento da celebrare e scegliere ogni volta, nella consuetudine con Dio.
Allora non serve che la festa abbia gli effetti speciali, quelli sono per chi non conosce Dio. Ha senso, sì, una festa sobria con le persone vicine, perché anche loro insieme chiedano a Dio di benedire gli sposi; tutto il resto sono particolari irrilevanti, accidenti e non sostanza, inezie che servono solo ad arricchire qualcuno e a impoverire la celebrazione.
Infatti meno significato spirituale gli danno gli sposi, più la festa è cafona, esagerata, costosa, sguaiata. "Non sarà per tutta la vita, ma, cavolo, sono i miei quindici minuti di fama, e mi devo far notare: per un giorno sono io il protagonista". Ho visto cose veramente inenarrabili a certe cerimonie, troupe per le riprese degne di un film di Scorsese, album fotografici che richiedono ore di posa (mentre il risotto si fredda), piedi gonfi come salsicce dopo un antipasto di due ore e scherzi esagerati. Ho visto poca preghiera, poca semplicità, poca vera gioia: non c'è niente di più triste, poi, di una allegria obbligata.
Dubito che in questi casi celebrare sulla spiaggia di Forte dei Marmi possa fare qualcosa per restituire senso. L'operazione è disperata.

DOSSIER "CONSIGLI PER L'ESTATE"
Vacanze, spiaggia e... bikini

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Fonte: Avvenire, 04/08/2011

11 - OMELIA XXIV DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO - ANNO A - (Mt 18,21-35)
Signore, quante volte dovrò perdonare al mio fratello? Non ti dico fino a sette, ma fino a settanta volte sette
Autore: Padre Gabriele M. Pellettieri - Fonte: Il settimanale di Padre Pio, (omelia per il 11/09/2011)

Dopo aver meditato domenica scorsa sulla correzione fraterna, la Liturgia odierna mette in luce un altro aspetto della carità cristiana: il perdono. Gesù, conoscendo quanto ciò sia difficile alla natura umana, propone, come misura del nostro perdono, l'esempio stesso di Dio: questi perdona sempre e con generosità al peccatore che si pente. Il cristiano è chiamato ad imitare la condotta divina, per essere simile a Dio in ciò che costituisce la vera grandezza dell'amore.
Gli ebrei dell'Antico Testamento già conoscevano il dovere del perdono. Nella prima lettura del giorno è riportato uno dei testi più significativi in cui viene indicata al popolo la necessità di perdonare i propri fratelli come condizione per poter ricevere il perdono di Dio: «Perdona l'offesa al tuo prossimo e allora per la tua preghiera ti saranno rimessi i peccati. Se qualcuno conserva la collera verso un altro uomo, come oserà chiedere la guarigione al Signore?» (Sir 28,2-3). Ciò che non era chiaro ai Giudei era la misura del perdono: quante volte bisognava perdonare al prossimo? Su questa base possiamo comprendere la domanda di san Pietro al Maestro. L'Apostolo propone di perdonare un numero di volte che a lui sembra già grande: fino a sette volte. La risposta del Maestro, invece, va oltre ogni limite e misura: bisogna perdonare «settanta volte sette» (Mt 18,22), ossia sempre.
Per rendere più comprensibile il suo insegnamento, il Salvatore lo illustra con la parabola dei due debitori, riportata dal Vangelo di oggi. Un servo era debitore verso il suo padrone di una somma ingente (decine di migliaia di euro!). Non avendo come pagare il debito, supplica il padrone di aver pazienza, di dargli tempo, pur sapendo che la vita intera non sarebbe bastata per risarcire il debito. Il padrone, mosso a compassione, non si limita a concedere una proroga al pagamento, ma condona totalmente il debito. La lezione è chiara: se Dio non interviene a perdonarci ogni cosa, da soli non riusciremo mai a pagare i nostri debiti, ossia a conquistare la salvezza eterna.
Continuando, la parabola racconta che all'uscita il servo trova un collega che gli deve solo una piccola somma. Dimenticando la grazia insperata ricevuta dal padrone, lo afferra per la gola e gli dice: «Paga quel che devi!». Ma, nonostante questi lo supplicasse di avere pazienza, «non volle esaudirlo, andò e lo fece gettare in carcere, fino a che non avesse pagato il debito» (ivi, 30). L'incredibile durezza di cuore del servo che, per una esigua somma di denaro, fa gettare in prigione un suo collega, fa intuire una verità assai profonda: l'uomo non sa perdonare i piccoli torti ricevuti dal suo simile e dimentica facilmente i grandi debiti che Dio gli ha condonato.
La lezione fondamentale della parabola la troviamo nelle parole proferite dal padrone al servo malvagio: «Non dovevi forse anche tu aver pietà del tuo compagno, così come io ho avuto pietà di te?» (ivi, 33). La motivazione profonda, dunque, per cui dobbiamo perdonare il prossimo è che Dio ha perdonato noi; e dobbiamo farlo allo stesso modo e nella stessa misura di Dio. Il perdono di Dio non conosce condizioni, non si ferma davanti a nessun peccato e non esclude nessun peccatore. Per questo anche il nostro perdono deve estendersi a tutti, perfino ai nostri nemici e a coloro che ci odiano. Dobbiamo perdonare imitando Gesù che, mentre sulla croce soffre il tremendo martirio dell'umana ingratitudine, si rivolge al Padre e lo supplica di concedere il perdono ai suoi crocifissori, perché non sanno quello che fanno. Quali insondabili abissi di amore e di perdono!
Il perdono è il frutto più bello dell'amore ed è, allo stesso tempo, la base della vera civiltà. Cosa sarebbe, infatti, la società senza il perdono? Una spirale di violenza e di odio votata alla distruzione. E che cosa sarebbe la famiglia, se i membri di essa non trovassero la forza di perdonarsi le piccole, inevitabili incomprensioni? Purtroppo noi spesso accampiamo ogni scusa per non perdonare, per non aver a che fare con "quella persona", per non rivolgerle più la parola, pur costatando che Dio è sempre pronto a perdonare noi.
Si racconta che una volta un giovane andò a confessarsi da Padre Pio. Dopo aver fatto la sua lunga confessione generale, tra lacrime di compunzione e di gioia, il Santo cappuccino gli disse: «Figlio mio, il Signore ti vuol bene, un gran bene: nella sua infinita misericordia, ti ha perdonato tutti i peccati della tua vita passata. Ricordati sempre di questa grazia. Ora va' e fai anche tu lo stesso: sii generoso con il Signore e con gli altri». Seguiamo l'invito del nostro Santo: promettiamo all'Immacolata di perdonare sempre chi ci offende, per imitare Gesù che, con la sua orrenda morte sulla Croce, ha pagato tutto il nostro debito e ci ha perdonati.

Fonte: Il settimanale di Padre Pio, (omelia per il 11/09/2011)

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