BastaBugie n�211 del 23 settembre 2011

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1 STA PER ARRIVARE SUL GRANDE SCHERMO ''CRISTIADA'' IL FILM CHE RICORDA QUANDO IN MESSICO CERCARONO DI DISTRUGGERE LA CHIESA
Dal 1926 al 1929 la grande epopea dei Cristeros che difesero, armi in pugno, la popolazione inerme che veniva sterminata con freddezza in un bagno di sangue indescrivibile
Autore: Andrea Galli - Fonte: Avvenire
2 LA RANA CHE MORI' BOLLITA SENZA NEMMENO ACCORGERSENE
Ovvero: Hitler è tra noi, ma pochi se ne rendono conto
Autore: Rossella Rumore - Fonte: Cogito et Volo
3 LA REPUBBLICA, SEGUITA DA ALTRI GIORNALI, ACCUSA LA RAI DI NON AVER TRASMESSO UN EPISODIO DELLA SERIE ''UN CICLONE IN CONVENTO'' CON UN MATRIMONIO GAY
La televisione di Stato difenda la sua scelta e dica che un matrimonio tra due omosessuali in un convento di suore offende i cattolici che pagano il canone e che, oltre ai diritti delle minoranze, un servizio pubblico deve rispettare i diritti delle maggioranze
Autore: Massimo Introvigne - Fonte: La Bussola Quotidiana
4 LA MANOVRA TAGLIA LE FESTE PATRONALI, MA CON ESSE SI PERDE LA MEMORIA CONDIVISA DI UNA COMUNITA'
Una società senza tradizioni e senza continuità col passato, è una società che sta perdendo l'anima, diventa anonima e si prepara ad essere conquistata da culture forti esterne come quella islamica
Autore: Roberto Zanini - Fonte: Avvenire
5 TELEVISIONI E GIORNALI HANNO PARLATO DI UNA DONNA NIGERIANA CHE RISCHIEREBBE LA LAPIDAZIONE PERCHE' NON SI E' CONVERTITA ALL'ISLAM
Come al solito le cose stanno diversamente: infatti in Nigeria nessuna donna cristiana è mai stata lapidata, inoltre nessuno viene condannato a morte se non si converte all'islam (semmai la pena è prevista per chi dall'islam si vuole convertire)
Autore: Riccardo Cascioli - Fonte: La Bussola Quotidiana
6 IL ''SIGNORE DEGLI ANELLI'' RILETTO ALLA LUCE DI SIMBOLI E PERSONAGGI CRISTIANI
Il nuovo libro di Greta Bertani ''Le radici profonde. Tolkien e le Sacre Scritture'' svela i numerosissimi rimandi al Vecchio o al Nuovo Testamento nei romanzi di Tolkien
Autore: Claudio Toscani - Fonte: Avvenire
7 MASSIMO D'ALEMA ALLA FESTA DEL PD DI OSTIA FA UNA DICHIARAZIONE, MA POI E' COSTRETTO A FARE RETROMARCIA DALLE POTENTI LOBBY GAY
Vi mostriamo il video nel quale il leader PD dichiara: ''Il matrimonio com'è previsto dalla Costituzione del nostro Paese, se non la si cambia, è l'unione tra persone di sesso diverso, finalizzata alla procreazione, tra un uomo e una donna''
Autore: Riccardo Cascioli - Fonte: La Bussola Quotidiana
8 COSA PENSATE DELL'ADESIONE ALL'UNIONE EUROPEA DI UN PAESE COME LA TURCHIA CHE DAL 1974 OCCUPA CIPRO, UNO DEGLI STATI MEMBRI DELL'EUROPA?
L'atteggiamento dei turchi è ricco di minacce, ricatti, falsità, arroganza... Nessun Paese candidato a entrare in Europa si è comportato come i turchi... Forse semplicemente perché i turchi non sono europei!
Fonte: Corrispondenza Romana
9 RACCOLTA DI FIRME TRA I PARLAMENTARI PER RIPRISTINARE IL CONTRIBUTO STATALE DI 10 MILIONI DI EURO A RADIO RADICALE
La posizione ambigua di Avvenire crea sconcerto tra i lettori
Autore: Riccardo Cascioli - Fonte: La Bussola Quotidiana
10 LETTERE ALLA REDAZIONE: RIVENDICO L'IMPORTANZA DEL PUDORE E DELLA MODESTIA NEL VESTIRE
Sono una giovane donna, considerata di bell'aspetto, invitata dalle commesse a osare, con scollature audaci, gonne corte... Ma non voglio scendere al ''fan tutti così'' oppure ''che male c'è''
Autore: Giano Colli - Fonte: Redazione di BastaBugie
11 OMELIA XXVI DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO - ANNO A - (Mt 21,28-32)
I pubblicani e le prostitute vi passano avanti nel regno di Dio
Fonte: Il settimanale di Padre Pio

1 - STA PER ARRIVARE SUL GRANDE SCHERMO ''CRISTIADA'' IL FILM CHE RICORDA QUANDO IN MESSICO CERCARONO DI DISTRUGGERE LA CHIESA
Dal 1926 al 1929 la grande epopea dei Cristeros che difesero, armi in pugno, la popolazione inerme che veniva sterminata con freddezza in un bagno di sangue indescrivibile
Autore: Andrea Galli - Fonte: Avvenire, 17/04/2011

Se il Kulturkampf - inteso come lotta delle élite liberali contro la Chiesa -  è un fenomeno che riguarda ampie zone dell'Europa e dell'America Latina tra '800 e primo '900, è nel Messico degli anni '20 del secolo scorso che raggiunge il culmine. Nel 1924 diventa presidente del Paese Plutarco Elias Calles, che, come scrive Jean Meyer, il massimo storico di quelle vicende, «animato da un odio mortale per la Chiesa» si appresta a combatterla con determinazione e piglio «apocalittici». Nel 1926 imprime una stretta draconiana alla libertà di culto. Il popolo, religiosissimo, scende nelle piazze. Poi, di fronte alla repressione, alle fucilazioni e alle impiccagioni prende le armi e ingaggia uno scontro frontale con le truppe federali che si protrae per tre anni. L'esercito cristero, che vede fianco a fianco ricchi proprietari terrieri e campesinos, arriva vicino alla vittoria, fino a quando giunge da Roma l'ordine di deporre le armi e di piegarsi all'armistizio. Una decisione che se da un lato risolve lo "scandalo" di una Chiesa belligerante e getta le basi per un lento e difficilissimo recupero del rapporto con le autorità statali, dall'altro viene vissuto da moltissimi cristeros come un'ingiustizia. Lascerà mano libera ai federali per un regolamento di conti villaggio per villaggio, con un bagno di sangue.
L'annunciano come la più grande produzione del cinema messicano. E si presenta con qualifiche di tutto rispetto. Conclusa la fase di post-produzione, l'uscita nelle sale americane è prevista dopo l'estate, ma non è stata ancora ufficializzata la data. Il film mescola tragedia ed epopea. Martirio e fanatismo. E racconta una storia "eccessiva" che si è svolta sotto il segno di un luciferino furore e di una devozione radicale, viscerale per Cristo Re e la Vergine di Guadalupe. Una vicenda rimasta viva a lungo, come una ferita aperta, ma schivata, se non proprio ignorata, da tanta storiografia.
Cristiada vede il debutto alla regia di Dean Wright, un talento degli effetti speciali, conosciuto soprattutto per il suo lavoro nel secondo e terzo episodio della trilogia de Il signore degli anelli (con un Oscar vinto per Il ritorno del Re) e ne Le cronache di Narnia. Oltre alla regia di Dean Wright e alla colonna sonora di James Horner (Braveheart, Titanic e Avatar), il film annovera nel cast Andy Garcia, Eva Longoria, Peter O'Toole, volti emergenti come Eduardo Verastegui (Bella), Oscar Isaac (Robin Hood di Ridley Scott), Catalina Sandino (Maria full of Grace, L'amore ai tempi del colera, Twilight/Eclipse) e nomi Ruben Blades, cantante di salsa e attore panamense di primissimo piano.
La trama ruota attorno ad alcuni dei principali protagonisti storici di quegli anni. Come Anacleto González Flores, avvocato e difensore dei diritti civili dei cattolici, torturato e ucciso dagli uomini di Calles, beatificato nel 2005 (impersonificato da Eduardo Verastegui); Enrique Gorostieta Velarde (rappresentato da Andy Garcia), uomo d'armi non credente, a cui venne chiesto di mettere la sua esperienza a servizio della causa dei cristeros, divenendone presto il formidabile leader militare; José Sanchez Del Rio, arruolatosi poco più che bambino, catturato dai federali, seviziato e fucilato all'età di 15 anni per aver rifiutato di gridare «morte a Cristo Re!». Anche lui beatificato nel 2005. Dean Wright – come ha detto in un'intervista all'agenzia di stampa cattolica Aciprensa – si augura che il film «ispiri la difesa della libertà religiosa, attraverso la testimonianza di persone che furono disposte a sacrificare la vita per essa». Se sarà anche all'altezza, artisticamente, del curriculum di attori, sceneggiatori e regista, il risultato è assicurato.

Nota di BastaBugie: Per vedere lo stupendo trailer e altri filmati vai a http://www.filmgarantiti.it/it/edizioni.php?id=28

Fonte: Avvenire, 17/04/2011

2 - LA RANA CHE MORI' BOLLITA SENZA NEMMENO ACCORGERSENE
Ovvero: Hitler è tra noi, ma pochi se ne rendono conto
Autore: Rossella Rumore - Fonte: Cogito et Volo, 14/09/2011

"C'era una volta una rana che saltellava tranquillamente qua e là; un giorno la acchiapparono e decisero di bollirla in un pentolone, ma, appena la immersero nell'acqua bollente, la rana per istinto saltò fuori e riuscì a scappare, salvandosi con qualche scottatura. Dopo alcuni anni delle persone gentili la trovarono nuovamente tranquilla a gracidare, ormai guarita dalle scottature, tanto da aver dimenticato quel brutto giorno, e le proposero di farsi un bel bagno rilassante in un pentolone. La rana accettò: l'acqua era tiepida, era gradevole; lentamente iniziava a scaldarsi e alla rana piaceva quel bagno caldo rilassante; la temperatura saliva ancora e la rana stava beatamente lì dentro, senza più percepire che si riscaldava ancora, si abituava al calore piano piano, si rilassava e si addormentò... Alla fine la temperatura salì così tanto che la rana morì bollita senza nemmeno accorgersene."
Forse non tutti conoscono questa storiella orientale, apparentemente senza senso; tutti però conoscono la storia e soprattutto certi orrori del secolo scorso, quali ad esempio quelli perpetrati da Hitler e i suoi seguaci nei confronti di persone innocenti, non rane.
Giustamente i suoi atti furono ritenuti crimini contro l'umanità, i capi nazisti processati e condannati, tutti inorridirono e continuano a condannare tali crimini, tali atti diabolici e folli. Ancora oggi ci si chiede come sia potuto accadere ciò, come sia stato possibile che una moltitudine di persone, tra cui anche e soprattutto uomini di cultura e scienziati, abbia seguito e assecondato le folli idee di un pazzo indemoniato, fissato con la purezza della razza ariana, senza nessuna pietà verso altri esseri umani.
Eppure filosofi e scienziati elaborarono addirittura teorie filosofiche e "scientifiche" per rendere davvero credibili quelle affermazioni sulla razza, volevano dimostrare la ragionevolezza delle loro tesi anche attraverso esperimenti "scientifici" in cui però non c'era traccia di un briciolo di umanità e razionalità, bensì soltanto di perversa follia.
Come non inorridire pensando a quello che dovettero patire tante povere donne ebree, carne da macello e non persone, in nome del "progresso" della medicina nazista? Donne ferite di proposito con armi da taglio o da sparo alle gambe, infettate con colture di batteri e, per rendere la ferita ancora più grave, scheggiate con pezzettini di vetro o legno, tutto questo per simulare le ferite da guerra e trovare la cura più adatta per i soldati tedeschi. Oppure pensando ai poveri bambini gemelli, ebrei o di qualche altra etnia scomoda, sottoposti ad esperimenti, vere e proprie torture, senza nessuna base scientifica, come ad esempio le iniezioni di metilene blu agli occhi per trasformarli da scuri ad azzurri; ai bambini venivano inflitte tali atroci sofferenze, ovviamente senza nessun risultato "scientifico", non si otteneva nessun cambiamento del colore degli occhi, in nome della razza ariana pura, di cui gli occhi azzurri erano una caratteristica.
Com'è noto, infatti, il governo nazista era molto interessato alla "politica demografica", intesa come sviluppo della popolazione tedesca e "miglioramento" della stessa, a discapito ovviamente delle "razze inferiori" (ebrei, zingari...), scomode, o comunque degli stessi cittadini tedeschi ma con "caratteri ereditari sfavorevoli e pericolosi per la razza ariana pura" ( disabili fisici o psichici).
I mezzi ideati per conseguire questa politica furono: sterilizzazione, aborto, eutanasia e naturalmente i campi di concentramento, su cui tutti ovviamente concordano circa la loro disumanità e crudeltà e sperano che mai più si ripetano i crimini lì commessi. Stesso ragionamento non vale invece per sterilizzazione, aborto ed eutanasia, pratiche giudicate mostruose se pensate ed attuate dai diabolici nazisti, ma giuste, conquiste di civiltà, fondamentali diritti umani, se a legalizzarle sono i moderni stati democratici, sensibili, compassionevoli ed attenti ai bisogni delle persone, dei malati soprattutto, e non insensibili e spietati verso i disabili fisici e psichici come invece lo era la Germania hitleriana.
Solo un essere malvagio sostenuto da altrettanti esseri senza cuore e senza senno poteva giudicare quali vite fossero degne di essere vissute e quali no, riuscendo pure ad essere convincente e "ragionevole" appoggiandosi anche a studi e teorizzazioni di autorevoli studiosi come lo psichiatra Alfred Hoche e il giurista Karl Binding . Essi, nel loro libro pubblicato nel 1920, "L'autorizzazione all'eliminazione delle vite non più degne di essere vissute" , teorizzarono un' "eutanasia di Stato": lo Stato doveva farsi carico della soppressione delle vite non degne di essere vissute, affinché le risorse a loro destinate fossero poi utilizzate per le persone sane, degne di vivere; inoltre l'eliminazione del malato sarebbe stato un bene anche per lui, smettendo così di soffrire, e per la famiglia, che avrebbe avuto un peso in meno. Calcoli economici dunque, a cui poi si aggiunsero motivazioni "scientifiche" (la salvaguardia della purezza della razza), e "pietà" verso i malati incurabili, che avrebbero così smesso di soffrire, alla base dell'ordine di Hitler del 1° settembre 1939:
"Il ReichsleiterBouhler e il dottor Brandt sono incaricati, sotto la propria responsabilità, di estendere le competenze di alcuni medici da loro nominati, autorizzandoli a concedere la morte per grazia ai malati considerati incurabili secondo l'umano giudizio, previa valutazione critica del loro stato di malattia".
Se non fosse per la firma e la data e se non fosse un ordine, bensì una concessione, sembrerebbe quasi una moderna legge che concede liberamente il diritto all'eutanasia dei malati "incurabili", come ad esempio quella promulgata nel 2002 dal parlamento del Paese più all'avanguardia nel campo dei diritti umani, i Paesi Bassi, i primi a legalizzare l'eutanasia, a cui guardano come esempio di civiltà e grande umanità tutti i sostenitori del "diritto alla morte" anche in Italia.
Certo, penserebbe qualcuno, non si possono paragonare le leggi e le intenzioni di uno Stato totalitario come quello nazista a quelle dei democratici Paesi contemporanei che hanno a cuore la vita (e la morte) umana; le intenzioni di Hitler invece non erano buone, a lui importava portare avanti il suo diabolico piano di "igiene razziale", il progetto di eugenetica, di miglioramento della razza ariana, selezionando i caratteri ereditari favorevoli e scartando quelli sfavorevoli, ossia eliminando i portatori di tali caratteri oppure sterilizzandoli (la "Legge sulla Sterilizzazione" del 14 aprile 1933 obbligò alla sterilizzazione circa 400.000 cittadini tedeschi ritenuti portatori di malattie ereditarie). Sono ben note, ad esempio, le sterilizzazioni e le soppressioni fisiche dei malati mentali, ritenuti anch'essi dalla psichiatria tedesca portatori di malattie ereditarie, con una vita non all'altezza della dignità umana e causa solo di gravi preoccupazioni per i loro familiari e per le casse dello Stato.
Il popolo tedesco, ormai indifferente alla cultura di morte nazista, si lasciò convincere della necessità e bontà di tali pratiche grazie ad un'efficace propaganda fatta tramite mostre, riviste, film ecc... Una grande attenzione fu rivolta ai giovani, il futuro della società, per cui intensa fu la propaganda nelle scuole. I tempi son cambiati, ma non l'uomo (sempre facile ad ingannarsi), i metodi e i risultati.
Proseguendo su quella strada di "selezione artificiale", l'8 ottobre 1935 venne emanata la legge per "La salvaguardia della salute ereditaria del popolo tedesco" con la quale veniva autorizzato anche l'aborto nel caso in cui uno dei genitori fosse affetto da malattie ereditarie (ossia nel caso di "previsioni di anomalie o malformazioni del concepito"). Eugenetica dunque, sempre e comunque, oggi condannata dalla Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea (Carta di Nizza, all'art. 3) e vietata anche nelle odierne leggi sull'aborto, come ad esempio in quella italiana (194/78) che all'art 1 afferma che"L'interruzione volontaria della gravidanza, di cui alla presente legge, non e' mezzo per il controllo delle nascite."e non permette che vengano sterminati i pericolosi feti malati o deformati per un futile quanto crudele motivo, quale potrebbe essere "la salvaguardia della salute ereditaria del popolo italiano", ma per un motivo evidentemente più nobile agli occhi dei civili sostenitori dell'aborto quale la salvaguardia della "salute fisica e psichica della donna", che può quindi "volontariamente interrompere" la gravidanza anche"in relazione (...) a previsioni di anomalie o malformazioni del concepito"(legge 194/78 art 4). Viene chiamato "aborto terapeutico", ma non è l'unico mezzo usato per "selezionare" le persone degne di esistere. Hitler e i suoi scienziati sconoscevano ancora le moderne tecniche eugenetiche incruente di fecondazione assistita con relativa diagnosi pre-impianto e ricorrevano quindi alla più semplice uccisione dei neonati deformi o affetti da gravi malattie fisiche o psichiche (rientrava nel programma eutanasico hitleriano denominato Action T4) con una iniezione di scopolamina o lasciati progressivamente morire di fame (ai genitori i medici dicevano che avrebbero curato i loro figli con un metodo sperimentale, con cui però c'era una bassa possibilità di riuscita).
Le moderne scoperte scientifiche invece avrebbero permesso di manipolare il patrimonio genetico dell'embrione al fine di predeterminare le caratteristiche genetiche (come sarebbe stato contento Hitler se l'avesse potuto fare!) oppure sarebbe stata possibile la clonazione riproduttiva (fortunatamente vietata anche dalle leggi degli Stati più "aperti", mentre al contrario è permessa la clonazione "terapeutica" in alcuni Paesi come la Spagna, dov'è possibile in pratica la creazione di "bebè medicinali") o ancora si sarebbero potuti scartare sin dall'inizio gli embrioni "difettosi" e scegliere quelli sani da impiantare nell'utero tramite fecondazione artificiale, risolvendo così alla radice il problema. Ma non si tratta di eugenetica, dicono, e gli embrioni sono solo "ammassi di cellule".
Non c'entra nulla l'eugenetica e nemmeno la crudeltà di hitleriana memoria con la "buona morte" che in una clinica universitaria olandese (nella città di Groeningen) si può procurare ai bambini e ai neonati che soffrono di "patologie incurabili e che non son degni di vivere secondo i criteri annoverati dal pediatra Eduard Verhagennel nel Protocollo di Groeningen, pubblicato nella rivista NEJM del 10 marzo 2005: povera qualità di vita, mancanza di autosufficienza, mancanza di capacità di comunicazione, dipendenza ospedaliera, aspettativa di vita. Perché far soffrire inutilmente tanti poveri bambini? Non è infanticidio se la magistratura riscontra il pieno rispetto del protocollo! Ciò che muove il Protocollo di Groeningen è la "pietà", così come l'Action T4 nazista. Concedere l'eutanasia è segno di civiltà, soprattutto se serve ad evitare una vita piena di sofferenze a dei poveri bambini inadatti alla vita; sì, come a quelli spartani sul monte Taigeto.
Pare che al giorno d'oggi la "pietà" si manifesti "liberando dal dolore" le persone, almeno quelle che hanno avuto la "sfortuna" di nascere. Strano modo per dimostrarlo, in altri tempi questi gesti "altruistici" si sarebbero chiamati omicidi o, date le enormi proporzioni, genocidi. Come, ad esempio, nel caso dei milioni di bambini uccisi nel grembo delle loro madri; certi disabili, bisognosi di cure o semplicemente di alimentazione ed idratazione, lasciati morire di fame e di sete o uccisi per non vederli soffrire...
Eh sì, la sofferenza fa paura e suscita la compassione della gente, soprattutto se "sensibilizzata" dai filantropi promotori dei diritti civili che, come sempre, si servono dei soliti "casi pietosi" per raggiungere i loro scopi, ossia la legalizzazione dei diritti-delitti contro l'umanità più disparati, facendo leva sulle emozioni della gente. Chi si ricorda il povero Welby inchiodato sul letto? O la povera Eluana, una giovane piena di vita, che mai avrebbe voluto ridursi così!
"C'era una volta una rana che... morì bollita senza nemmeno accorgersene"... Quante rane farebbero ancora in tempo a saltar fuori dal pentolone, se solo si svegliassero...

DOSSIER "ADOLF HITLER"
Era vegetariano e voleva distruggere la Chiesa

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Fonte: Cogito et Volo, 14/09/2011

3 - LA REPUBBLICA, SEGUITA DA ALTRI GIORNALI, ACCUSA LA RAI DI NON AVER TRASMESSO UN EPISODIO DELLA SERIE ''UN CICLONE IN CONVENTO'' CON UN MATRIMONIO GAY
La televisione di Stato difenda la sua scelta e dica che un matrimonio tra due omosessuali in un convento di suore offende i cattolici che pagano il canone e che, oltre ai diritti delle minoranze, un servizio pubblico deve rispettare i diritti delle maggioranze
Autore: Massimo Introvigne - Fonte: La Bussola Quotidiana, 09/09/2011

Il solito quotidiano la Repubblica, seguito da molta stampa italiana e da una parte della politica di centro-sinistra, ha lanciato una campagna contro la RAI, colpevole di avere omesso di trasmettere - nella programmazione in corso, al mattino, del telefilm Un ciclone in convento - l'episodio Romeo e Romeo, che mostra il matrimonio tra due omosessuali celebrato dal sindaco dell'immaginario paese bavarese di Kaltental nella cappella del locale convento di suore.
Una premessa: seguo da molti anni la serie Un ciclone in convento, arrivata con l'episodio incriminato alla decima stagione, mentre in Germania è già in corso l'undicesima. Prodotta dalla TV di Stato tedesca, nel Paese di origine è un fenomeno di culto che raccoglie per ogni puntata da cinque a dieci milioni di spettatori.
È tra le poche serie televisive - con Don Matteo in Italia e I racconti di Padre Dowling negli Stati Uniti - a mettere in scena preti e suore. Come li tratta? In genere, con molto rispetto. La lunghissima serie vive della contrapposizione fra le suore e il sindaco di Kaltental, il tipico politico maneggione che vuole impadronirsi dello storico convento per i suoi affari. Alcolista e donnaiolo, il sindaco ha però un fondo di umanità e di bontà e, quando è a un passo dal compiere azioni davvero cattive, finisce sempre per farsi convincere dalle suore e per fare, più o meno controvoglia, del bene.
Nel corso della serie si alternano due superiore del convento, prima la più anziana sorella Lotte - che però aspira a tornare alle sue missioni in Africa -, quindi la giovane sorella Johanna, bellissima ex danzatrice classica berlinese di cui il sindaco naturalmente s'innamora, non ricambiato, dando origine a numerose scene comiche. Da Monaco vigila la madre generale - che appare l'ultima volta proprio nell'episodio tagliato dalla RAI, perché l'attrice che la interpreta è morta -, apparentemente fredda e severa ma in realtà tormentata e attratta da un ex campione del calcio - la sua grande passione -, un personaggio ispirato al fuoriclasse del Bayern Monaco Franz Beckenbauer.
Ma questa vicenda - e altre di suore che lasciano l'abito - sono trattate con delicatezza, rispetto e spazio a voci che ribadiscono la verità profonda della vocazione religiosa. E, mentre la politica è corrotta o ridicola, sono le suore a farsi carico delle miserie e dei problemi del paese. Semmai, nelle prime stagioni sorella Lotte fa qualche battuta di troppo, un po' New Age, sulla bellezza dei modi di meditare africani, e la comprensione verso i divorziati risposati rischia di degenerare in buonismo, senza però che si contesti la dottrina della Chiesa. Con i tempi e i programmi che corrono, si trattava ancora di difetti accettabili.
La caduta è avvenuta proprio sugli omosessuali. Per non farsi accusare di bigottismo sembra proprio che tutte le serie televisive debbano mettere in scena coppie dello stesso sesso. Già nella settima stagione Kaltental si era dotata della sua obbligatoria poliziotta lesbica, con relativo bacio già a suo tempo censurato dalla RAI. Ora il matrimonio di due uomini è celebrato addirittura nella cappella delle suore.
Gli autori tedeschi hanno ricordato che il matrimonio omosessuale celebrato dal sindaco è legale e consueto in Germania. E hanno obiettato ai critici italiani che la loro serie non è anticattolica, al contrario. È vero. Le suore di Kaltental rappresentano la misericordia che incontra la persona nelle sue circostanze anche più ambigue e discutibili. Ad altri - le gerarchie ecclesiastiche, mai peraltro raffigurate in modo ostile - spetta rappresentare le esigenze della verità e della giustizia.
Ma l'episodio Romeo e Romeo è diverso. Le suore non si limitano a offrire ascolto e misericordia a chiunque, ma aprono la loro cappella per un matrimonio omosessuale, vi partecipano e fanno festa. Non si tratta più di misericordia verso il peccatore ma di tolleranza, anzi di promozione istituzionale di qualche cosa che la Chiesa chiama peccato. E se è vero che i sindaci celebrano regolarmente matrimoni omosessuali in Germania, è anche vero che non lo fanno in conventi cattolici con un contorno di suore festanti. Per quanto il matrimonio sia officiato dal sindaco e non da un prete, si crea qui un'ambiguità che è inaccettabile e perfino offensiva per i cattolici.
Tanto più lo è in Italia, dove per fortuna il matrimonio omosessuale non c'è ancora. E dove Un ciclone in convento ha un pubblico di bambini, certo esposti a una dose ormai quotidiana di omosessuali in TV ma a loro volta non abituati ad associare le coppie gay alle suore e ai conventi.
La RAI ora non dovrebbe avere paura di avere avuto coraggio, trincerandosi dietro a risibili spiegazioni che citano esigenze di programmazione e la necessità di tagliare una puntata - chissà perché proprio quella - per fare spazio ad altri programmi. La televisione di Stato dica francamente che un matrimonio gay in un convento di suore offende i cattolici che pagano il canone. E che, oltre ai diritti delle minoranze, un servizio pubblico deve rispettare i diritti delle maggioranze. Forse rendendo giustizia anche a Un ciclone in convento, che ha avuto puntate di eccellente televisione e anche di seria riflessione sulla vita religiosa. È una serie che non merita di essere degradata a icona del politicamente corretto o a ennesimo randello da usare per le campagne anticlericali di la Repubblica.

Fonte: La Bussola Quotidiana, 09/09/2011

4 - LA MANOVRA TAGLIA LE FESTE PATRONALI, MA CON ESSE SI PERDE LA MEMORIA CONDIVISA DI UNA COMUNITA'
Una società senza tradizioni e senza continuità col passato, è una società che sta perdendo l'anima, diventa anonima e si prepara ad essere conquistata da culture forti esterne come quella islamica
Autore: Roberto Zanini - Fonte: Avvenire, 04/09/2011

La manovra taglia le feste patronali e viene spontaneo domandarsi se si tratti più di un colpo alla vita religiosa delle nostre comunità locali o alle loro radici culturali e sociali. «Credo che la cosa da comprendere quando ci si occupa di feste e sagre patronali – sostiene Ulderico Bernardi, sociologo dell'Università Ca' Foscari di Venezia – è che si tratta di celebrazioni che vanno oltre la questione religiosa in se stessa. Sono occasioni in cui si ribadisce una coesione alla memoria collettiva di una comunità. Oggi troppo spesso la memoria viene oltraggiata, ma una comunità è tale in quanto condivide una memoria collettiva. Spesso la festa patronale è il momento in cui passato, presente e futuro si riconnettono, si ricompongono in una visione generale, che fornisce un senso alla vita comune».
ABOLENDO LE FESTE SI ABOLISCE UN ESSENZIALE RIFERIMENTO DI SENSO?
Spesso dimentichiamo che la festa del santo patrono è un riferimento anche per chi vive e lavora lontano dal paese d'origine. Sono tanti gli emigrati che tornano ogni anno in occasione di questi festeggiamenti. Tante comunità di emigrati celebrano il patrono nei luoghi dove vivono anche a cinquanta, cento anni di distanza.
SI TRATTA DI RITI CHE RINSALDANO I LEGAMI DI COMUNITÀ?
Rappresentano un qualcosa che è parte integrante dei meccanismi profondi della cultura identitaria, di ciò che fa in modo che una comunità si conservi tale nel tempo. Tanto più in un'epoca in cui molte comunità locali si sono impoverite culturalmente. Non bisogna dimenticare che in un Paese come il nostro le festività legate ai santi sono da sempre essenziali per la vita sociale.
HA IN MENTE UN RIFERIMENTO STORICO PRECISO?
Intorno alla fine del '700 la Repubblica veneta fece una grande ricerca sul territorio per stabilire quanti fossero in ogni singolo paese i santi celebrati con la sospensione dal lavoro. In certe località se ne festeggiavano addirittura 45. Un eccesso che venne ridotto per via legislativa salvaguardando le ricorrenze più importanti.
OGGI QUESTO TIPO DI SALVAGUARDIA NON HA PIÙ SENSO?
Direi che oggi, invece, le opportunità che forniscono occasione per ribadire il radicamento dei singoli nella comunità sono ancor più importanti e andrebbero doppiamente salvaguardate, per difendere le nostre identità dalla globalizzazione, per radicare le generazioni future nella nostra storia, nelle nostre tradizioni.
CI SONO PAESI CHE LE SALVAGUARDANO ANCHE PERCHÉ FORNISCONO IMPORTANTI INTROITI TURISTICI.
Bisogna però ricordare che le tradizioni, dal punto di vista delle scienze umane, vanno intese come il frutto di una condivisione di senso esistenziale attraverso il tempo e le generazioni, che sono l'incarnazione del tempo.
NIENTE TRADIZIONI, NIENTE RADICAMENTO DEI GIOVANI NEL TERRITORIO?
Esattamente. Il radicamento è cosa ancor più importante oggi che dobbiamo affrontare il problema essenziale dell'integrazione fra le culture e dovremmo cercare in tutti i modi di non riproporre da noi quel che succede in Francia e in Gran Bretagna, dove degli sradicati hanno messo a ferro e fuoco le città. Come possono, i giovani, confrontarsi con una società senza storia, senza tradizioni, senza continuità col passato, che ha perduto l'anima, è diventata anonima e non ha quindi nulla da dire per il futuro? (...) Si tratta di colpi inferti al tessuto primario della società italiana, che è fatto di comunità locali. C'è confusione fra la necessità di razionalizzare i servizi pubblici e la fondamentale esigenza della difesa identitaria delle comunità a tutti i livelli, da quelle locali a quelle familiari. Non bisogna considerare solo le poste economiche, anche quelle sociali e antropologiche sono essenziali, perché portano benefici nel senso del bene comune i quali, in prospettiva, diventano benefici economici.

Fonte: Avvenire, 04/09/2011

5 - TELEVISIONI E GIORNALI HANNO PARLATO DI UNA DONNA NIGERIANA CHE RISCHIEREBBE LA LAPIDAZIONE PERCHE' NON SI E' CONVERTITA ALL'ISLAM
Come al solito le cose stanno diversamente: infatti in Nigeria nessuna donna cristiana è mai stata lapidata, inoltre nessuno viene condannato a morte se non si converte all'islam (semmai la pena è prevista per chi dall'islam si vuole convertire)
Autore: Riccardo Cascioli - Fonte: La Bussola Quotidiana, 14/09/2011

Una donna extracomunitaria, cristiana, finisce di scontare la sua pena in prigione in Italia e rischia l'espulsione nel proprio paese d'origine, la Nigeria, di cui si sente parlare soltanto in occasione di scontri e di rapimenti di lavoratori stranieri del settore petrolifero. Se tornerà nel suo paese andrà incontro alla lapidazione, un supplizio tremendo prima di trovare la morte, perché dieci anni fa rifiutò di sposare un vecchio uomo musulmano che voleva anche convertirla all'islam. Gli ingredienti di una bella storia ci sono tutti: il paese ricco ma chiuso nei confronti degli stranieri, un paese povero e insicuro, vecchie leggi tribali, una povera cristiana contro arroganti islamici, anche il probabile errore giudiziario in Italia, dove ha scontato quasi 5 anni per detenzione di droga che lei dice essere delle sue coinquiline. E c'è anche l'eroe solitario italiano che sfida tutto e tutti per portare in salvo la vittima predestinata.
Insomma una bella storia che vende. E così i giornali si riempiono di paginate che invitano alla mobilitazione per fermare la perversa macchina burocratica che rischia di mandare a morte una donna che ha avuto il solo torto di far prevalere la propria dignità sulle usanze tribali. E dietro ai giornali ecco subito i politici: interrogazioni in Parlamento, dichiarazioni pubbliche di fuoco, anche una mozione a Bruxelles degli europarlamentari italiani; scendono in campo anche alcuni ministri, e poi ancora vescovi e intellettuali. Per giorni in Italia la vicenda sembra prevalere perfino sulla crisi economica, eppure a nessuno viene in mente di verificare la notizia; neanche di fronte alla genericità delle informazioni e ad alcune palesi contraddizioni che provengono dall'unica fonte, la stessa donna attraverso la voce di Franco Corbelli, presidente del movimento Diritti Civili.
A parte, nei due articoli di Primo Piano, spieghiamo nei dettagli tutta la vicenda e perché ci sono molti motivi per credere che Kate, la nigeriana di 34 anni di cui stiamo parlando, in realtà non sia affatto destinata alla lapidazione nel caso di un ritorno in Nigeria. Ma non è questo il punto che maggiormente ci sta a cuore: non abbiamo in mente di chiedere che venga espulsa, anche perché di fronte a un ragionevole dubbio meglio andare sul sicuro ed evitare che una vita sia messa a rischio. Semplicemente abbiamo voluto palesare i tanti buchi in questa storia che consigliano un approfondimento e una verifica seria. Perché la realtà è più importante di qualsiasi emozione.
Qui però ci interessa soprattutto mettere in evidenza un meccanismo mediatico inquietante, che arriva a coinvolgere anche le istituzioni, e non è neanche la prima volta che accade. Ovvero la leggerezza con cui si lanciano notizie soltanto perché si tratta di storie intriganti, se non vere almeno verosimili; che fanno vendere, come si dice in gergo. E che, come in questo caso, diventano bandiere di battaglie umanitarie, a cui poi ognuno si accoda per portare l'acqua al proprio mulino. Come nel caso di Kate: accanto a chi si è mosso per sincero spirito umanitario, credendo in buona fede a chi ha dato la notizia, c'è chi ha colto la palla al balzo per mettere sotto accusa la politica del governo in fatto di immigrazione (come se il rischio di lapidazione fosse dovuto all'Italia e non, caso mai, alla Nigeria), chi per garantirsi qualche attimo di celebrità, chi per guadagnarsi il favore dell'opinione pubblica in momenti poco felici per i politici. La verità non importava: chi sia davvero Kate, quale la situazione effettiva in Nigeria. Prevale il messaggio.
Nessuno infatti, nelle redazioni dei grandi giornali, si è preoccupato di verificare seriamente l'attendibilità del racconto, se davvero c'era stata o no la sentenza di un tribunale islamico: molto spesso ci si è limitati a copiare le dichiarazioni ufficiali e i comunicati stampa di Franco Corbelli, senza neanche fare caso a contraddizioni e mancanza di informazioni dettagliate. Non fa niente, la storia è bella così. Palesando in questo modo anche un disinteresse vero nei confronti della protagonista di questa storia, basta che sia utile per farne una bandiera. Ma palesando anche, oltre all'ignoranza della realtà di paesi lontani, un certo razzismo nel descrivere questi stessi paesi che evidentemente – se appena si gratta sotto il "politicamente corretto" - nell'immaginario collettivo sono tutti abitati e governati da selvaggi.
In Nigeria, come in altri paesi africani e asiatici, certamente ci sono molti problemi legati alla sopravvivenza di arcaiche usanze tribali o vecchie credenze, spesso disumane, che tengono bloccata la società e rendono difficile la convivenza. Ma non si può ridurre tutta la realtà a questo schema, né si aiutano i cristiani perseguitati se si sceglie come loro bandiera un testimonial o una situazione poco credibile. E peraltro, esaurito il caso Kate, nessuno si preoccupa oltre della situazione dei cristiani in Nigeria. A dimostrazione di quanto detto finora.
Ma ancora più grave, se possibile, è l'atteggiamento di alcuni rappresentanti delle istituzioni. In particolare ha molto colpito che il ministro degli Esteri Franco Frattini sia subito sceso in campo con dichiarazioni su dichiarazioni assicurando la veloce concessione dell'asilo politico: non solo si è esposto su decisioni che, fino a prova contraria, spettano al ministro dell'Interno e alla commissione che deve valutare la documentazione, ma come ministro degli Esteri ha palesato una preoccupante ignoranza della situazione in Nigeria. Il fatto che mai nessuna donna cristiana sia stata condannata alla lapidazione, la vaghezza degli elementi forniti da Kate o da chi per lei (la Nigeria è grande e la situazione è diversa da stato a stato, da etnia a etnia), avrebbero dovuto almeno consigliare un po' di prudenza nel fare dichiarazioni. Seguire l'onda delle emozioni o l'umore della folla non è proprio una bella dote per un uomo politico.
E comunque per il futuro forse sarebbe meglio che la Farnesina si attrezzasse in modo da avere una banca dati aggiornata  su tutti i paesi del mondo, facilmente consultabile in casi di necessità come questo. Servirebbe a risparmiarsi qualche figuraccia e ad evitare incidenti diplomatici.

Fonte: La Bussola Quotidiana, 14/09/2011

6 - IL ''SIGNORE DEGLI ANELLI'' RILETTO ALLA LUCE DI SIMBOLI E PERSONAGGI CRISTIANI
Il nuovo libro di Greta Bertani ''Le radici profonde. Tolkien e le Sacre Scritture'' svela i numerosissimi rimandi al Vecchio o al Nuovo Testamento nei romanzi di Tolkien
Autore: Claudio Toscani - Fonte: Avvenire, 21/07/2011

Fortunatamente una pubblicazione che, pur ricavata da una tesi di laurea, non sa di paradigma accademico. L'autrice è una specialista della vita e delle opere di Tolkien, una studiosa verticalmente calata nella biografia e bibliografia criticocreativa di quell'immenso scrittore, filologo, docente e fenomeno socioculturale autore di romanzi misti di fantasia e virtù quotidiane, di sogni e inquietudini del nostro tempo, di ideali metafisici e comportamenti umani universali ed eterni. Ciò che contraddistingue questa operazione criticoanalitica è però, fin dal titolo, una minutissima e penetrante comparatistica concettuale e inventiva tra i libri dello scrittore inglese (la trilogia Il signore degli anelli e il postumo Sillmarillion, senza trascurare Lo Hobbit né alcuni saggi più l'epistolario) e le radici religiose cristiano-cattoliche d'Occidente, le fonti della sapienza biblica, i fondamentali della Sacre Scritture. Tanto da risultare, da generazioni e generazioni il libro più letto dopo la Bibbia. Numerosissimi sono, tra consonanze e concordanze, i rimandi al Vecchio o al Nuovo Testamento nei romanzi di Tolkien. E Greta Bertoni non solo li individua con la padronanza intellettuale e professionale dell'autorità in materia (tanto da valerle una lusinghiera prefazione di Andrea Monda, altro illustre esperto tolkieniano), ma li colloca lungo una narrazione rivelativa a metà tra racconto e saggio, miticità e dissertazione, sacralità ed errore.
Fiaba o mito, fairy-story o storia di fate, Tolkien scrive di un mondo uscito dalle mani di un Dio creatore e di una «terra di mezzo» tra inferno e paradiso dove gli uomini, a loro volta subcreatori, esercitano liberamente la facoltà di scegliere tra bene e male a loro salvezza o dannazione. Tolkien cerca le sue ispirazioni alla sorgente stessa del suo essere cristiano: dai fondanti passi del Genesi e dall' ingresso del male nel creato, al riscatto della Croce di Cristo in filigrana col destino degli Elfi della Luce nel loro cammino verso una loro Terra Promessa. E il serpente della Bibbia è il drago del Signore degli anelli; e Melkor è Satana; e la città di Gondor la nuova Gerusalemme celeste. La ricerca, che è poi la trama di questa trilogia, è una ricerca che diventa rinuncia: perseguire il proprio bene in Tolkien equivale a rifiutare i traguardi mondani. Quasi sempre i personaggi portanti del libro fanno vedere i loro modelli. Così, Frodo è una figurazione di Cristo, e la sua missione è di evitare i malvagi poteri dell'anello; Aragorn, il nuovo re che ristabilirà il regno della pace e della serenità, è a sua volta la profezia del Cristo del Giudizio; Gandalf, più che uno stregone è un angelo incarnato; Boromir e Gollum, infine, sono novelli apostoli e il Lembas è l'eucaristico Corpus Domini, mentre Dama Galadriel è la Madonna.

Nota di BastaBugie: per approfondimenti sul "Signore degli Anelli", vai a http://www.filmgarantiti.it/it/edizioni.php?id=8

Fonte: Avvenire, 21/07/2011

7 - MASSIMO D'ALEMA ALLA FESTA DEL PD DI OSTIA FA UNA DICHIARAZIONE, MA POI E' COSTRETTO A FARE RETROMARCIA DALLE POTENTI LOBBY GAY
Vi mostriamo il video nel quale il leader PD dichiara: ''Il matrimonio com'è previsto dalla Costituzione del nostro Paese, se non la si cambia, è l'unione tra persone di sesso diverso, finalizzata alla procreazione, tra un uomo e una donna''
Autore: Riccardo Cascioli - Fonte: La Bussola Quotidiana, 15/09/2011

"Il matrimonio com'è previsto dalla Costituzione del nostro Paese, se non la si cambia, è l'unione tra persone di sesso diverso. Finalizzata alla procreazione. Tra l'uomo e la donna". Così disse Massimo D'Alema alla festa del Pd di Ostia. Ed è venuto giù il mondo: associazioni di omosessuali, l'onnipresente Paola Concia, politici del Pd, tutti a sparare sul povero D'Alema, reo di aver leso i diritti degli omosessuali, di aver pronunciato "affermazioni talmente rozze da risultare incredibili" (Arcigay), e via di questo passo. Al punto che dopo poche ore, lo stesso D'Alema è tornato sui suoi passi chiedendo "scusa se ci sono stati riferimenti rozzi al dettato costituzionale" e negando di sostenere che "la Costituzione proibisce il matrimonio tra omosessuali, cosa che peraltro non urta la mia sensibilità".
Ora chiunque può constatare che la seconda dichiarazione di D'Alema, riguardo a cosa prescrive la Costituzione in materia di matrimonio, è esattamente l'opposto della prima. E questo già la dice lunga su chi comanda davvero in Italia, su chi detta l'agenda politica, sulla vera forza delle lobby gay capaci di far prostrare un leader politico di primo piano come D'Alema (ah, questi politici così fermi nei princìpi).
E al proposito vale la pena sottolineare che nel suo intervento D'Alema aveva comunque appoggiato in tutto e per tutto le rivendicazioni del movimento gay, eccetto il matrimonio: ma solo perché escluso dalla Costituzione e perché offenderebbe "una parte di italiani che lo considerano un sacramento". Ma siccome si parlava di possibile alleanza con l'Udc, il discorso di D'Alema era chiaro: il matrimonio gay non va messo nel programma di governo perché altrimenti l'Udc non potrebbe entrare nella coalizione, e comunque nulla vieta di portare la questione in Parlamento. Inoltre, D'Alema ha anche accusato di omofobia una parte del mondo cattolico (e quale sarebbe questa parte, on. D'Alema?).
Quindi, ad onor del vero, D'Alema non si è detto contrario per principio al matrimonio gay, ne ha fatto una questione di opportunità politica, e comunque ha fatto una semplice constatazione quanto al dettato costituzionale. E' questa che ha provocato una reazione isterica delle lobby gay, ed è su questo punto che vorremmo soffermarci, perché stiamo parlando di uno schieramento politico che in questi anni ha trasformato la Costituzione del 1948 in una sorta di totem, sempre pronti a gridare allo scandalo se qualcuno parla di riformare degli articoli. Ma chissà perché quando si parla di famiglia – ma anche di libertà di educazione – la Costituzione non è più sacra: non si chiede neanche di riformarla, ci vorrebbe troppo tempo, si decide semplicemente di ignorarla e procedere come se non ci fosse.
E guai a chi ne cita gli articoli indesiderati, come è successo a D'Alema. Il quale non ha inventato nulla, ha semplicemente detto cosa c'è scritto. Recita infatti l'articolo 29: "La Repubblica riconosce i diritti della famiglia come società naturale fondata sul matrimonio. Il matrimonio è ordinato sull'eguaglianza morale e giuridica dei coniugi, con i limiti stabiliti dalla legge a garanzia dell'unità familiare". E l'articolo 30 descrive così il ruolo sociale dei genitori: "È dovere e diritto dei genitori mantenere, istruire ed educare i figli, anche se nati fuori del matrimonio". E poi, ancora all'articolo 30 e 31 si parla di paternità e maternità. Ebbene sì, la nostra Costituzione riconosce una sola famiglia come società naturale, quella fondata sul matrimonio tra un uomo e una donna, e lo fa nell'interesse primario dei figli, tale che questi vanno tutelati anche se nati fuori dal matrimonio. E in questo non c'entrano né sacramenti né religioni, è solo un problema di riconoscere il bene della società.
Perché per questi Guardiani della Costituzione citare asetticamente un articolo della stessa Costituzione costituisce "affermazione talmente rozza da risultare incredibile"? E perché D'Alema si rimangia le parole scusandosi per i "riferimenti rozzi al dettato costituzionale?". Lo si può spiegare solo con la forza di una ideologia cieca e violenta, che nega perfino il diritto di citare un articolo della Costituzione, figurarsi esprimere una libera opinione.
Allora noi vogliamo essere rozzi fino in fondo e citiamo anche l'articolo 31: "La Repubblica agevola con misure economiche e altre provvidenze la formazione della famiglia (quella fondata sul matrimonio tra uomo e donna, ndr) e l'adempimento dei compiti relativi, con particolare riguardo alle famiglie numerose". Ci sono già 63 anni di ritardo nell'attuazione di questo articolo. Vogliamo pensarci?
 
Nota di BastaBugie: per vedere l'intervista a Massimo D'Alema alla festa del PD di Ostia, vai a http://video.corriere.it/matrimonio-gay-fuori-carta/09983816-de9a-11e0-ab94-411420a89985

Fonte: La Bussola Quotidiana, 15/09/2011

8 - COSA PENSATE DELL'ADESIONE ALL'UNIONE EUROPEA DI UN PAESE COME LA TURCHIA CHE DAL 1974 OCCUPA CIPRO, UNO DEGLI STATI MEMBRI DELL'EUROPA?
L'atteggiamento dei turchi è ricco di minacce, ricatti, falsità, arroganza... Nessun Paese candidato a entrare in Europa si è comportato come i turchi... Forse semplicemente perché i turchi non sono europei!
Fonte Corrispondenza Romana, 10/09/2011

A luglio 2012 Cipro deve assicurare la presidenza di turno dell'Unione europea. La Turchia non teme che in questa fase i suoi rapporti con l'UE possano peggiorare, pertanto ha deciso di indurire i toni per spingere l'Unione europea a «risolvere la questione cipriota» prima di tale data. Il ministro degli Affari esteri turco, Ahmet Davutoglu, ha anche pensato bene di minacciare l'Unione europea di privarla della candidatura turca qualora l'enclave turca sull'isola di Cipro non venga definitivamente riconosciuta.
La Turchia ha iniziato le negoziazioni di adesione all'Unione europea nel 2005 e i progressi finora sono stati lenti, in parte a causa dell'enclave illegittima che solo la Repubblica turca ha riconosciuto. Nel 2008 sono state rilanciate trattative di pace tra i ciprioti e gli invasori turchi sotto l'egida dell'ONU senza tuttavia ottenere grandi risultati. «Se la parte cipriota greca – ha annunciato Davutoglu durante una conferenza stampa – blocca le negoziazioni e assicura la presidenza dell'Unione europea a luglio 2012, ciò comporta non solo un'impasse sull'isola, ma anche un blocco e un raffreddamento dei rapporti tra la Turchia e l'Unione europea». A tale proposito il Commissario europeo per l'ampliamento, Stefen Feule, ha risposto che bisognava considerare la soluzione a questo problema solo a lungo termine. D'altronde cos'altro poteva dire se l'Unione europea ha intrapreso negoziazioni di adesione con un Paese che occupa uno dei suoi Stati membri dal 1974? Innanzitutto avrebbe dovuto pretendere che la Turchia lasciasse Cipro prima di accettarne la candidatura. Avendo fatto le cose al contrario, l'Unione europea si trova ora in una situazione delicata. Non bisogna pensare che ciò sconvolga l'Unione europea. Essa vuole a tutti i costi far rientrare i turchi per ragioni strategiche e commerciali e sostiene questo progetto contro l'opinione pubblica europea e l'opposizione ufficiale di alcuni Stati membri, tra cui la Germania e Cipro stesso.
Una tale situazione sarebbe presto finita in un qualunque sistema politico rispettoso del bene comune, dell'opinione maggioritaria del suo popolo o semplicemente per coerenza diplomatica. Ma nell'Unione europea, visto l'alto livello di corruzione della sua classe dirigente, questa situazione persiste. L'atteggiamento dei turchi tuttavia fa capire molto bene il modo in cui potrebbero comportarsi se il loro Paese fosse ammesso nell'Unione europea: minacce, ricatti, falsità, arroganza. Nessun Paese candidato si è comportato come i turchi. Forse semplicemente perché i turchi non sono europei...

Fonte: Corrispondenza Romana, 10/09/2011

9 - RACCOLTA DI FIRME TRA I PARLAMENTARI PER RIPRISTINARE IL CONTRIBUTO STATALE DI 10 MILIONI DI EURO A RADIO RADICALE
La posizione ambigua di Avvenire crea sconcerto tra i lettori
Autore: Riccardo Cascioli - Fonte: La Bussola Quotidiana, 08/09/2011

Pare ci sia qualcuno che lanci appelli per spegnere la radio di Marco Pannella. O almeno così devono aver pensato i lettori di Avvenire leggendo ieri le parole del direttore Marco Tarquinio in risposta a un lettore che lo interroga sul "caso Radio Radicale".
Come i nostri amici sanno c'è in corso invece una raccolta di firme tra i parlamentari per ripristinare il contributo statale di 10 milioni di euro a Radio Radicale per il suo presunto servizio pubblico, in quanto trasmette in diretta tutte le sedute del Parlamento. Tra i firmatari, che nel frattempo sono arrivati a 389, ci sono anche esponenti di primo piano del mondo politico cattolico, cosa che troviamo quanto meno sconcertante, viste le ben note battaglie dei radicali contro la vita, la famiglia e la Chiesa.
Come noi la pensa evidentemente anche qualche lettore di Avvenire, che infatti ne ha chiesto ragione al direttore del quotidiano dei vescovi, che sulla vicenda ha finora taciuto.
Nella risposta Marco Tarquinio rivendica di non aver mai risparmiato critiche ai radicali per le loro idee e le loro campagne, spesso "truffaldine e falsamente non violente", ma su Radio Radicale ecco cosa dice: "Non mi sdegno se alcuni politici cattolici – che con i radicali si danno battaglia a fondo sulle idee e su alcune grandi e decisive scelte – "difendono" un servizio che Radio Radicale svolge da decenni con il suo stile. Stile e contenuti che spesso non mi piacciono e che a volte, quando mi pare necessario, contesto apertamente. Ma (...) personalmente non mi spenderò mai e mai firmerò un appello per spegnere o rendere più debole un'altra voce".
Personalmente ho grande stima per Marco Tarquinio ed è sacrosanto riconoscergli di avere sempre parlato in modo inequivocabile contro le presunte "battaglie civili" dei radicali (non sempre si può dire la stessa cosa per il passato del quotidiano che dirige), ma proprio per questo trovo incomprensibile che nella vicenda di Radio Radicale cerchi di rigirare la frittata.
In realtà non c'è nessuno che sta raccogliendo firme per "spegnere o rendere più debole" Radio Radicale. Ci sono invece tanti che stanno firmando un appello per dare finanziamenti pubblici a quella radio espressione di un partito che, proprio nello stesso momento, lancia una crociata per colpire economicamente la Chiesa diffondendo menzogne sui suoi presunti privilegi fiscali. Se poi proprio vogliamo dirla tutta, se c'è qualcuno che vuole spegnere una voce questi sono proprio i radicali che, con il pretesto dell'elettrosmog, hanno cavalcato in questi anni la battaglia per fermare i ripetitori di Radio Vaticana.
In altre parole: Radio Radicale è libera di fare tutte le battaglie che vuole contro la Chiesa, ma non con fondi pubblici ad hoc, peraltro aggiuntivi a quelli che già prende dal Fondo per l'editoria in quanto organo della Lista Pannella (circa 4,5 milioni di euro). Un conto è che una legge preveda il finanziamento di tutti gli organi di informazione, in percentuale rispetto al seguito popolare che hanno, un altro è che un singolo organo di informazione diventi, in forza di legami politici tutti da chiarire, un collettore di fondi spropositati. Qui sì che è in gioco la libertà d'informazione, ma nel senso opposto a quello rivendicato da Tarquinio: nessuno vuole spegnere Radio Radicale, ma è profondamente ingiusto che per legge debba godere di privilegi e di posizioni di preminenza.
E perché non dovrei ribellarmi a questo uso scorretto dei soldi delle mie tasse? Rispetto della libertà d'informazione? Ma in questo caso è come se dicessimo che, per rendere equa una guerra, io debba anche pagare le pallottole di chi mi vuole sparare contro. E' una chiara assurdità.
Del resto Marco Tarquinio sa bene, e noi lo abbiamo documentato, che la storia del "servizio pubblico" fu soltanto un espediente usato per fare arrivare i soldi alla radio di Pannella. Non solo: per rendere possibile questa operazione è stato anche penalizzato il GR Parlamento, ovvero il prodotto Rai deputato a svolgere quel servizio pubblico.
A questo punto ci si potrebbe chiedere come è possibile che un piccolo partito,  e una radio, possano avere così tanto potere da smuovere il Parlamento, il capo dello Stato e far tornare i governi sulle loro decisioni, come è già successo più volte in passato quando quel finanziamento in un primo momento era stato tolto. La risposta è nei documentati articoli di Danilo Quinto che stiamo pubblicando – vedi quello di oggi nel Focus -, che dimostrano come siamo di fronte a una vera e propria holding, una rete tentacolare che - in modo inversamente proporzionale al consenso elettorale - ha goduto e gode di "amicizie" e complicità in tutti i posti che contano.
Ed evidentemente esercita uno strano fascino anche in certi ambiti cattolici.

Fonte: La Bussola Quotidiana, 08/09/2011

10 - LETTERE ALLA REDAZIONE: RIVENDICO L'IMPORTANZA DEL PUDORE E DELLA MODESTIA NEL VESTIRE
Sono una giovane donna, considerata di bell'aspetto, invitata dalle commesse a osare, con scollature audaci, gonne corte... Ma non voglio scendere al ''fan tutti così'' oppure ''che male c'è''
Autore: Giano Colli - Fonte: Redazione di BastaBugie, 14/09/2011

Spettabile Redazione di BastaBugie,
innanzitutto, mi congratulo con voi per le informazioni che diffondete.
Vorrei, però, sottoporvi un tema che, a mio avviso, è importante per dare dignità alla sottomissione della donna all'uomo e non renderla un qualcosa di "equivoco", quasi da gheisa.
Faccio riferimento all'importanza del pudore, della modestia nel vestire e nell'atteggiarsi e chi vi scrive è una giovane donna considerata di bell'aspetto ed invitata dalle commesse a "osare", con scollature audaci, gonne corte, unghie laccate ecc, cosa che naturalmente rifiuto. A mio avviso, una donna cristiana non dovrebbe vestirsi come le altre donne, con mancanza di pudore ed immodestia e per fortuna non lo affermo solo io, ma sacerdoti illuminati e anche la Vergine Maria, in occasione di Sue apparizioni.
Grazie dell'attenzione, cordiali saluti.
Erika

Gentile Erika,
siamo d'accordissimo con lei. Ecco perché abbiamo pubblicato il dicembre scorso il seguente articolo:
 
OGGI VA DI MODA IL CULTO, L'OSTENTAZIONE E IL COMMERCIO DEL CORPO
Il pudore invece custodisce il mistero delle persone e del loro amore
www.bastabugie.it/it/articoli.php?id=1317
 
SESSO, PERCHE' ASPETTARE? OVVERO: AMORE SENZA RIMORSO
I rapporti pre-matrimoniali in realtà sono anti-matrimoniali (ecco perché sempre più fidanzati scelgono la via della castità)
www.bastabugie.it/it/articoli.php?id=1497
 
Continui a seguirci e tenga duro. Conosco molte ragazze che, come lei, non cedono alle lusinghe del "fan tutti così, quindi: che male c'è".
Giano Colli

DOSSIER "LETTERE ALLA REDAZIONE"
Le risposte del direttore ai lettori

Per vedere tutti gli articoli, clicca qui!

Fonte: Redazione di BastaBugie, 14/09/2011

11 - OMELIA XXVI DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO - ANNO A - (Mt 21,28-32)
I pubblicani e le prostitute vi passano avanti nel regno di Dio
Fonte Il settimanale di Padre Pio, (omelia per il 25/09/2011)

La prima lettura di questa domenica è un invito alla conversione. La conversione ridona vita alla nostra anima, dopo la triste esperienza del peccato. Così dice il Signore per bocca del profeta Ezechiele: «Se il malvagio si converte dalla sua malvagità che ha commesso e compie ciò che è retto e giusto, egli fa vivere se stesso» (Ez 18,27).
L'inizio della conversione è riflessione. Ciò è messo in luce da questa lettura profetica con queste parole: «Ha riflettuto, si è allontanato da tutte le colpe commesse: egli certo vivrà e non morirà» (Ez 18,28). È dunque necessario riflettere sulla nostra condotta e fare nostre le parole del salmista: «Fammi conoscere Signore le tue vie, insegnami i tuoi sentieri» (Sal 24,4). I maestri di vita spirituale insegnano che è molto importante, per non dire indispensabile, un po' di meditazione quotidiana. Bisogna meditare sulla Parola di Dio e sulla vita dei Santi i quali hanno messo in pratica fedelmente il Vangelo. La meditazione consiste nel leggere attentamente questi brani e nel pensare cosa il Signore voglia dirci con ciò che stiamo approfondendo. Da questa riflessione scaturiranno certamente dei propositi di miglioramento. Insegna sant'Alfonso de' Liguori che meditazione e peccato non vanno mai insieme: o si lascia la meditazione, oppure si lascia il peccato. Anche se uno avesse, per così dire, già un piede all'inferno, se iniziasse a meditare anche solo per un quarto d'ora al giorno, certamente arriverebbe a convertirsi.
Chi si converte è come quel figlio di cui parla il Vangelo di oggi, il quale inizialmente dice di no al padre e poi, ravveduto, va a lavorare alla vigna paterna. Tante volte noi siamo invece come il primo figlio, il quale dice di sì e poi non fa niente. Diciamo di sì in un momento di entusiasmo e poi ci riprendiamo ciò che abbiamo donato al Signore.
Convertirsi significa diventare sempre più simili a Gesù fino ad avere in noi, come dice san Paolo, i suoi stessi sentimenti (cf Fil 2,5). Convertirci significa crescere continuamente nella carità, mettendo in pratica ciò che insegna la seconda lettura di oggi: «Non fate nulla per rivalità o vanagloria, ma ciascuno di voi, con tutta umiltà, consideri gli altri superiori a se stesso. Ciascuno non cerchi l'interesse proprio, ma anche quello degli altri» (Fil 2,3-4).
Un esempio bellissimo di conversione ce lo offre proprio san Paolo. Inizialmente egli perseguitava la Chiesa ma poi, ricevuto il Battesimo, lavorò nella vigna del Signore con la stessa energia e lo stesso zelo con cui prima combatteva il Cristianesimo.
Gesù termina la parabola dei due figli con delle parole che ci fanno molto riflettere: «I pubblicani e le prostitute vi passano avanti nel regno di Dio» (Mt 21,31). I pubblicani e le prostitute erano le persone più disprezzate in Israele, eppure erano quelle che accolsero con più disponibilità la predicazione del Vangelo. Proprio per il loro evidente peccato, essi non commettevano il grave errore di considerarsi a posto davanti a Dio. Essi sapevano di essere molto bisognosi di misericordia.
L'insegnamento è molto chiaro: non possiamo condannare nessuno prima del tempo. Anche il più grande peccatore può passarci molto avanti in Paradiso. Tante volte noi, invece, disprezziamo e condanniamo il prossimo e non ci accorgiamo che i più lontani da Dio forse siamo proprio noi per la stolta presunzione di considerarci a posto.
Una volta da un santo eremita andarono due donne per ricevere dei consigli spirituali. Una era una grande peccatrice, una prostituta, l'altra era una donna apparentemente per bene. Il santo eremita disse alla grande peccatrice di portargli una grossa pietra, e chiese alla donna per bene di portargli un sacco di sabbia. Dopo alcune ore tornarono tutte e due affaticate. L'eremita fece questa domanda: «Chi di voi ha fatto più fatica?». Evidentemente tutte e due fecero molta fatica. Alla fine egli spiegò che la grossa pietra simboleggiava il grande peccato della prostituta, mentre il sacco di sabbia significava la grande presunzione della donna per bene. Quale dei due era il peccato più grande?
A noi la risposta. Riflettiamo dunque sulla nostra condotta, allontaniamoci dalla stolta arroganza, e così avremo la salvezza.

Fonte: Il settimanale di Padre Pio, (omelia per il 25/09/2011)

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