BastaBugie n�216 del 28 ottobre 2011

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1 PENSAVO CHE MIO FIGLIO FOSSE ALL'UNIVERSITA'... INVECE LANCIAVA ESTINTORI ALLE FORZE DELL'ORDINE
Quello che colpisce è l'assoluta mancanza di vergogna da parte del padre di ''Er pelliccia'': ecco i danni dei genitori che delegano ad altri la loro responsabilità educativa
Autore: Roberto Marchesini - Fonte: La Bussola Quotidiana
2 LE MANIFESTAZIONI VIOLENTE TORNANO UTILI AL SISTEMA PER IL MANTENIMENTO DELLO STATUS QUO: ECCO PERCHE' NON SONO STATE REPRESSE DURAMENTE
Ma la marcia dei veri indignati sarà a Roma il 13 maggio 2012: anche BastaBugie tra gli organizzatori
Autore: Alfredo De Matteo - Fonte: Corrispondenza Romana
3 ODIFREDDI SU REPUBBLICA SCRIVE CHE TROVA COMICO INDIGNARSI PER LA CHIESA PROFANATA A ROMA E LA STATUETTA DELLA MADONNA DISTRUTTA
Anzi... se la prende con la Chiesa non usando nemmeno una parola di condanna per le gravissime violenze a Roma
Autore: Giacomo Samek Lodovici - Fonte: La Bussola Quotidiana
4 SE IL MATRIMONIO PERDE IL SUO VALORE, LA CERIMONIA POMPOSA CERCA DI RIDARGLI SIGNIFICATO SENZA RIUSCIRCI
Un esempio concreto di cerimonia semplice che ha dato il via a vent'anni di matrimonio solido perché indissolubile
Autore: Marina Corradi - Fonte: Tempi
5 LA CORTE DI GIUSTIZIA DELL'UNIONE EUROPEA SALVA L'EMBRIONE SOLO A META'
La sentenza purtroppo non vieta le ricerche sugli embrioni che comportano la morte degli stessi, ma solo esclude la brevettabilità di queste ricerche
Autore: Tommaso Scandroglio - Fonte: La Bussola Quotidiana
6 IN EUROPA SI CERCA IN TUTTI I MODI DI INTRODURRE LA POLIGAMIA... PROPRIO QUANDO IL MONDO ISLAMICO CERCA DI SCROLLARSELA DI DOSSO
Già pronta la parola dell'antilingua per farla digerire all'opinione pubblica occidentale: come l'aborto è diventato ''interruzione volontaria di gravidanza'', il divorzio ''diritto a rifarsi una vita'', l'eutanasia ''diritto a una morte dignitosa'', la poligamia si chiamerà ''poliamore''
Autore: Mauro Faverzani - Fonte: Corrispondenza Romana
7 FECONDAZIONE ETEROLOGA DA GUINNESS DEI PRIMATI: IN AMERICA 150 FRATELLASTRI ALLA RICERCA DEL PADRE
Tutti i danni dell'industria dei desideri: cosa può succedere se mi innamoro di mia sorella e non so che è mia sorella?
Autore: Tommaso Scandroglio - Fonte: La Bussola Quotidiana
8 LETTERE ALLA REDAZIONE: CARA COSTANZA MIRIANO, TI SCRIVE UNA ASPIRANTE SPOSA SOTTOMESSA
Mio marito ed io eravamo diventati un'azienda, uscendo la mattina alle 8 e rientrando dopo quasi 11 ore... Ora cucinare per mio marito è la mia attività preferita e le soddisfazioni a casa mi ripagano molto più di quelle lavorative
Autore: Costanza Miriano - Fonte: Redazione di BastaBugie
9 OMELIA XXXI DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO - ANNO A - (Mt 23,1-12)
Il più grande tra voi sia vostro servo
Autore: Padre Gabriele M. Pellettieri - Fonte: Il settimanale di Padre Pio

1 - PENSAVO CHE MIO FIGLIO FOSSE ALL'UNIVERSITA'... INVECE LANCIAVA ESTINTORI ALLE FORZE DELL'ORDINE
Quello che colpisce è l'assoluta mancanza di vergogna da parte del padre di ''Er pelliccia'': ecco i danni dei genitori che delegano ad altri la loro responsabilità educativa
Autore: Roberto Marchesini - Fonte: La Bussola Quotidiana, 22/10/2011

L'ultima immagine del caleidoscopio offertaci dagli scontri di Roma è quella del padre di "er pelliccia" che dichiara: "Io pensavo che mio figlio stava all'università" (psicologia, per la cronaca). Invece lanciava estintori alle forze dell'ordine. Lo "studente" dice di essersi "lasciato trascinare dagli avvenimenti" (sai com'è, vedi qualcuno che incendia un blindato e ti parte di mano un estintore...), confermando l'immagine di "bravo ragazzo" fornita dal papà. Un "bravo ragazzo", di buona famiglia, con qualche precedente per droga.
Vengono in mente altri padri di "bravi ragazzi" di buona famiglia, ad esempio quello di Carlo Giuliani (anche se dalle intercettazioni emerge un altro ritratto del "bravo ragazzo" morto dieci anni fa a Genova). In questi padri non colpisce tanto la difesa ad oltranza del figlio; nemmeno la banalizzazione dei reati e dei precedenti commessi. Quello che colpisce è l'assoluta mancanza di vergogna.
Potremmo pensare che non è lecito aspettarsi dei sentimenti di vergogna da parte di chi non ha fatto nulla di male. Ma in questo caso faremmo torto alla genitorialità, che implica la responsabilità da parte dei genitori per l'educazione impartita ai figli.
Questo non significa che "le colpe dei figli ricadono sui padri". Non significa nemmeno che i genitori non possano commettere errori. Di genitori perfetti non ne esistono, e non ne sono mai esistiti. Tutti i genitori hanno sbagliato, e il mondo è andato avanti lo stesso. Tutti i genitori hanno sbagliato, e tutti hanno creato delle sofferenze (chi più, chi meno) ai figli; ma mai con l'intenzione di fare loro del male.
Tuttavia è singolare che i padri non provino vergogna per le colpe dei figli, non se ne sentano (a torto o a ragione) responsabili, non si chiedano se e dove abbiano sbagliato.
Perché i genitori (anche se non sono responsabili delle azioni dei loro figli, soprattutto se maggiorenni) sono responsabili dell'educazione dei figli, anche quando non lo sanno.
In effetti si nota una tendenza sempre più evidente: quella dei genitori deleganti (la loro responsabilità educativa). Delegano ai nonni, alle insegnanti, allo psicologo, al prete, persino ai loro stessi figli. Sono i figli a potere (e dovere) decidere cosa indossare, cosa mangiare, cosa comprare. Anche se, ovviamente, non solo non hanno alcun criterio di scelta, ma non hanno neppure la capacità cognitiva per decidere se a gennaio sia meglio indossare la canottiera di Hello Kitty o la maglietta di Ben Ten. Quante volte capita di sentire "Sa, lui non vuole..." (ad esempio prendere le medicine), o "A lei piace..." (qualche schifezza imbevibile o immangiabile) e di trovarsi a pensare che forse non sono i bambini a dover decidere se prendere o non prendere le medicine, cosa e quando mangiare. Il fatto che decidano i bambini non è affatto, come si crede, responsabilizzante, anzi: essere responsabili significa essere capaci di rispondere delle proprie azioni, presuppone quindi che ci sia qualcuno che chiede conto delle nostre azioni. Ma questi bambini non devono rendere conto a nessuno, quindi (giustamente) non sono responsabili. I genitori, invece, sono responsabili, nel senso che devono rendere conto (alla società) delle azioni del figlio.
Certo, assumersi delle responsabilità implica il dover dire di no; un piccolo sacrificio che i genitori hanno sempre fatto per il bene dei figli. Ma che ora pare non siano più disposti a fare.
Qualcuno dice per comodità; e certamente affrontare un litigio a rischio di Telefono Azzurro per un sorso di Coca Cola è un'impresa che fa tremare i polsi a chiunque.
Ma forse anche perché i genitori sono stati terrorizzati dai famosi "esperti": guai a provocare traumi, a minare l'autostima dei bambini! Senza pensare che i traumi fanno parte della vita e che l'autostima si forma conoscendo i propri limiti.
Oppure perché i ruoli genitoriali sono stati stravolti, invertiti (è sempre più facile imbattersi in papé e mammi), confusi con altri (l'amico, il compagno di giochi, il baby sitter...).
O magari perché lo stato è diventato così invadente che i genitori pensano che sia la scuola, lo stato, la società a dover educare i propri figli.
Sia come sia, anche questa è educazione.
Non rimpiangiamo certo l'educazione "all'antica", fatta talvolta di ricatti morali e sensi di colpa; ma forse questa educazione "deresponsabilizzata" e (di conseguenza) "deresponsabilizzante" non è il massimo.

Fonte: La Bussola Quotidiana, 22/10/2011

2 - LE MANIFESTAZIONI VIOLENTE TORNANO UTILI AL SISTEMA PER IL MANTENIMENTO DELLO STATUS QUO: ECCO PERCHE' NON SONO STATE REPRESSE DURAMENTE
Ma la marcia dei veri indignati sarà a Roma il 13 maggio 2012: anche BastaBugie tra gli organizzatori
Autore: Alfredo De Matteo - Fonte: Corrispondenza Romana, 18/10/2011

Abbiamo ancora negli occhi le devastazioni, i saccheggi e gli atti sacrileghi compiuti dalla teppaglia che ha messo a ferro e a fuoco Roma: squallidi e penosi sciacalli senza autentici ideali, inconsapevoli e miseri ingranaggi di un sistema corrotto e corruttore che li utilizza come parafulmini ideologici.
Se riflettiamo bene, le manifestazioni violente (soprattutto dei giovani) contro "il sistema" tornano utili all'establishment politico e culturale in quanto consentono di assolvere a due funzioni essenziale per il mantenimento dello status quo: la catarsi delle pulsioni e lo sviamento dagli autentici fattori che opprimono l'umanità.
Il resto della popolazione che non ha partecipato alla manifestazione o che semplicemente non ne ha condiviso la deriva violenta ha tuttavia psicologicamente "beneficiato", per lo più inconsapevolmente, dello sfogo del profondo malessere espresso dai teppisti, una rabbia sorda che monta nell'animo di ogni uomo attanagliato e oppresso da una dittatura invisibile che schiaccia verso il basso e subdolamente impone le proprie leggi.
Effettivamente, non c'è dittatura più efficace di quella che ti fa credere di essere libero ed è proprio in quest'ottica che il sistema attuale guarda con favore agli scontri di piazza o semplicemente non li reprime duramente.
Crisi economica determinata da logiche di potere, mancanza di posti di lavoro, corruzione politica, signoraggio bancario, speculazioni finanziarie sono certamente dei motivi validi di protesta, ma cosa c'è al di là di tutto ciò, chi tiene in ostaggio l'umanità e la svia dal vero bene? Possiamo star certi che a questa domanda la maggior parte della gente non saprebbe dare una risposta chiara e univoca: il nemico c'è ma è impalpabile e si nasconde dietro individui e sistemi che di volta in volta le rivolte popolari di turno indicano come causa di tutti i mali.
Aborto, divorzio, eutanasia, omosessualismo, pansessualismo, relativismo morale e religioso, ateismo pratico e teorico, pornografia, profanazioni della purezza infantile sono tutti attentati al vero bene comune che sfuggono regolarmente all'analisi dei più ma che costituiscono la cappa di marciume che rende l'aria irrespirabile e pongono l'uomo nella schiavitù morale e nell'indigenza.
Il 13 maggio 2012 si terrà a Roma la seconda marcia nazionale per la vita contro le leggi abortiste, una manifestazione promossa da persone di ogni cultura ed estrazione sociale ma unite dal comune desiderio di fare qualcosa per i senza voce che quotidianamente periscono tra i tormenti più atroci e nell'indifferenza generale: i bambini non nati. Anzi, gli assassini di questi nostri fratelli girano a piede libero, partecipano a cortei, rivendicano diritti, ricoprono ruoli importanti e di potere, rivestono cariche ufficiali.
Non ci accontentiamo di rivendicare il nostro diritto ad un lavoro, ad una casa e ad una vita dignitosa; non ci basta esprimere una rabbia cieca e senza oggetto ma vogliamo chiamare col loro vero nome i mali che ci affliggono, le menzogne che coprono gli abusi ed i soprusi. Soprattutto, vogliamo puntare il dito contro una legge ingiusta e malvagia che tortura, uccide, perverte le anime e decima la popolazione. Una legge che vogliamo abrogata: la 194/1978.
 
Nota di BastaBugie: anche noi di BastaBugie siamo tra gli organizzatori della Marcia per la Vita. Puoi visitare il sito della manifestazione cliccando qui:
www.marciaperlavita.it/adesioni/italia

Fonte: Corrispondenza Romana, 18/10/2011

3 - ODIFREDDI SU REPUBBLICA SCRIVE CHE TROVA COMICO INDIGNARSI PER LA CHIESA PROFANATA A ROMA E LA STATUETTA DELLA MADONNA DISTRUTTA
Anzi... se la prende con la Chiesa non usando nemmeno una parola di condanna per le gravissime violenze a Roma
Autore: Giacomo Samek Lodovici - Fonte: La Bussola Quotidiana, 19/10/2011

Piergiorgio Odifreddi non finisce mai di fornire occasioni di decostruzione. (...)
Commentando sul suo blog (affidatogli dal sito di la Repubblica, che gli ha così dato un'enorme visibilità: per questo bisogna, ogni tanto, prendere in considerazione le sue uscite) le inqualificabili gravissime violenze commesse a Roma dai cosiddetti «indignati», Odifreddi non ha speso una sola parola di condanna per i fatti avvenuti. (...)
Odifreddi non ha trovato di meglio che prendersela con padre Lombardi, portavoce della Santa Sede. Per quale motivo? Quasi tutti i media hanno riportato le immagini di uno di quei beceri violenti che, volontariamente entrato nella sala di una casa parrocchiale, ha preso una statua della Madonna di Lourdes e l'ha poi distrutta in strada. A quanto si legge, i suoi sodali hanno preso e distrutto anche un crocifisso. Padre Lombardi ha espresso una condanna per «gli atti di offesa alla sensibilità dei credenti».
Per Odifreddi questa reazione «è semplicemente comica. […] Che tra tutti i problemi di cui ci dovremmo preoccupare in questo momento ci fosse pure l'incolumità delle statuette della Madonna, non l'avremmo mai immaginato, se padre Lombardi non ce l'avesse fatto notare! E solo nel Sud del mondo (europeo o americano) qualcuno poteva pensare, e addirittura dire, che rompere un pezzo di gesso senza nessun valore potesse costituire un'offesa alla sensibilità di qualcuno. Anche se negli Stati Uniti, protestanti e più attenti a certe cose, i cattolici vengono non a caso chiamati "adoratori di statue"». (...)
Intanto, da quel che scrive Odifreddi sembra che padre Lombardi si sia interessato solo della statua distrutta, quando invece il portavoce vaticano ha nettamente condannato tutte le violenze di sabato scorso, richiamando il commento che già aveva pronunciato il cardinale Vallini, vicario di Roma: «Le violenze avvenute ieri a Roma sono inaccettabili e ingiustificate. Condanniamo tutte le violenze e anche quelle ulteriori contro i simboli religiosi», ha detto padre Lombardi all'Adnkronos. E, ancora, «Il card. Vallini, Vicario di Roma, ha già espresso bene il sentimento di sgomento e di tristezza per quanto è accaduto ieri. Esprimiamo condanna per le violenze immotivate e gli atti di offesa alla sensibilità dei credenti compiuti ieri». Queste le parole di Lombardi.
Ma curiosamente Odifreddi ne ha omesso una parte. E, com'è noto, omettendo una parte di un discorso lo si può stravolgere o rendere spropositato. Purtroppo per Odifreddi, è vero che il suo discorso qui lo abbiamo necessariamente stralciato, ma sul suo blog è invece presente intero... nessuno lo ha stravolto, ed esprime davvero una pochezza non comune.
Odifreddi scrive che «solo nel Sud del mondo (europeo o americano) qualcuno poteva pensare, e addirittura dire, che rompere un pezzo di gesso senza nessun valore potesse costituire un'offesa alla sensibilità di qualcuno».
Proprio un ragionamento penoso. Ovviamente il problema non è il valore del gesso della statua, ma il valore simbolico del suo furto e della sua distruzione. Se qualcuno brucia la bandiera italiana o si mette volutamente a vomitare su un libro di Odifreddi il problema non è il valore della stoffa della bandiera e della carta del libro. Il problema è che il significato del gesto è offensivo.
E non perché i cattolici siano degli «adoratori di statue». Come spiega molto chiaramente il Catechismo della Chiesa Cattolica (punto 2132), «Il culto cristiano delle immagini non è contrario al primo comandamento che proscrive gli idoli. In effetti, "l'onore reso ad un'immagine appartiene a chi vi è rappresentato" e "chi venera l'immagine, venera la realtà di chi in essa è riprodotto". L'onore tributato alle sacre immagini è una "venerazione rispettosa", non un'adorazione che conviene solo a Dio».

Fonte: La Bussola Quotidiana, 19/10/2011

4 - SE IL MATRIMONIO PERDE IL SUO VALORE, LA CERIMONIA POMPOSA CERCA DI RIDARGLI SIGNIFICATO SENZA RIUSCIRCI
Un esempio concreto di cerimonia semplice che ha dato il via a vent'anni di matrimonio solido perché indissolubile
Autore: Marina Corradi - Fonte: Tempi, 30 Agosto 2011

Lunedì sono vent'anni. Vent'anni da quella mattina di pioggia in cui ci siamo sposati. Nell'album delle fotografie mio marito è magro e pallido, la faccia spaventata di un ragazzo il giorno dell'esame di maturità. Io più spavalda invece, con addosso un tailleur comprato solo tre giorni prima – giacché non riuscivo a convincermi che mi avrebbe sposata davvero. Sorrido ancora nel pensare alla mia rapida incursione in un negozio del centro.  Sono entrata affannata, la macchina lasciata in sosta vietata: «Ho bisogno di un abito per un matrimonio», dico. Su che colori vuole stare, mi domanda la commessa. «Beh, sul bianco naturalmente», rispondo, pensando: che domanda sciocca. E la commessa: «Ma signorina, il bianco a un matrimonio è solo per la sposa!». Io di rimando, seccata: «Infatti la sposa sono io, si sbrighi e mi faccia vedere qualcosa in fretta, che mi danno la multa». Ho comprato il primo tailleur che mi ha fatto provare, me ne sono uscita con il sacchetto in mano, dubbiosa: ma quello là, poi, mi sposerà veramente? E mi veniva in mente la sua faccia al momento di spedire le partecipazioni, da una buca delle lettere di piazza Novelli: occhi sbarrati, un preoccupante colorito verde, da epatite – oppure da panico.
Però, poi in chiesa tutto è andato bene – benché fosse un po' rigido, al momento del sì. Mi passa come un film, veloce, davanti agli occhi il viaggio di nozze in Irlanda, fra greggi e scogliere. E al ritorno lo strano abituarsi a vivere insieme, a essere in due. Ma forse ciò che ci ha unito con più forza è stata la notizia che il primo figlio era in viaggio: che stupore, che meraviglia addosso. Ci ha unito la sera in cui siamo corsi in ospedale, e ci aspettava una lunghissima notte, insieme; lui pallido come quella mattina in chiesa, però accanto, però vicino a me. Risento la voce forte dell'ostetrica: «Maschio!». E il pianto furioso che diceva: sono nato, sono vivo. Noi due chini a guardarlo, senza parole – insieme. E poi, poi. Tornare stanchi la sera, perdere il lavoro o perdere un figlio annunciato e già amato. E un altro bambino che arriva, e un'altra ancora, una nidiata festosa che ti chiama e ti pretende a tutte le ore del giorno e della notte. Essere stanchi morti, pensare di non farcela. Litigare, aspramente, amaramente – e poi fare la pace. Assistersi, quando uno si ammala; imparare – la cosa più difficile – a avere pazienza, e non dire ciò che ti verrebbe da gridare. Imparare a volere bene: io non sapevo che sposarsi era solo un inizio, e che ci vogliono vent'anni, per volersi bene davvero. Vedo amici partiti con entusiasmo che si lasciano senza voltarsi indietro. Cosa c'è fra noi due, di diverso? C'è che non siamo soli; c'è un terzo, un garante fra noi, che ci accompagna. È la fedeltà al Dio in cui crediamo che ci tiene insieme; o forse anzi è proprio lui in persona. Noi, che vent'anni fa non sapevamo; noi sorridenti e ignari sotto all'ombrello davanti alla chiesa, in una mattina di pioggia.

Fonte: Tempi, 30 Agosto 2011

5 - LA CORTE DI GIUSTIZIA DELL'UNIONE EUROPEA SALVA L'EMBRIONE SOLO A META'
La sentenza purtroppo non vieta le ricerche sugli embrioni che comportano la morte degli stessi, ma solo esclude la brevettabilità di queste ricerche
Autore: Tommaso Scandroglio - Fonte: La Bussola Quotidiana, 20/10/2011

L'embrione è un essere umano? Questa è la vera domanda che sta alla base della vicenda giudiziale che ha coinvolto la Corte di Giustizia dell'Unione Europea e che si è conclusa ieri. Ma procediamo per gradi.
Il professor Oliver Brustle nel '97 aveva brevettato una cura per il morbo di Parkinson frutto del prelievo di cellule staminali embrionali. Tali cellule non sono altro che quella manciata di cellule di cui è composto l'embrione nello stadio di blastocisti, cioè quando ha 4-14 giorni di vita. Prelevare queste cellule comporta la morte dell'embrione stesso.
Su istanza di Greenpeace questo brevetto fu annullato dal Tribunale federale tedesco in materia di brevetti. Perché? La Direttiva 98/44/CE del Parlamento Europeo e del Consiglio dell'Unione Europea vieta la brevettabilità di quelle scoperte che comportano la distruzione degli embrioni umani.
Ma qui la Direttiva fa due distinguo: l'Unione Europea non vieta le ricerche sugli embrioni che comportano la morte degli stessi, ma solo esclude la brevettabilità di queste ricerche per fini commerciali e industriali. In soldoni l'Europa permette ai ricercatori di sacrificare gli embrioni per farci degli esperimenti, ma non per farci dei soldi. Secondo distinguo: sono comunque brevettabili quelle scoperte che comportano la distruzione di embrioni a patto che simili scoperte siano utili alla vita e salute di altri embrioni.
Dopo corsi e ricorsi la vicenda approda alla Corte di Giustizia, la quale ribadisce puntualmente quanto previsto dalla direttiva appena citata e dunque respinge la richiesta del Dott. Brustle perché il suo brevetto prevede l'eliminazione di embrioni non con lo scopo di curare altri embrioni, ma per curare le persone adulte. Faccia pure i suoi esperimenti sulla pelle di questi nascituri ma che non ci venga a chiedere il permesso di lucrarci su, questo in sostanza il verdetto della Corte.
Un paio di considerazioni. Il Parlamento Europeo, il Consiglio della UE e la Corte di Giustizia tutelano appieno il piccolo essere umano allo stadio di embrione? No. Infatti permettono la sua soppressione ai fini della ricerca e ai fini di ottenere un brevetto per terapie di cui beneficeranno altri embrioni. E' un po' come se dicessero: non fa problema che voi sperimentiate sopprimendo gli embrioni, ma guadagnarci su questo no, questo è di cattivo gusto. E poi non si comprende perché concedere il brevetto nel caso in cui la ricerca andrà a beneficio degli embrioni: comunque altre piccole vite saranno sacrificate per trovare queste cure.
Infine una contraddizione evidente: permetto la brevettabilità di terapie pro-nascituro ma non quelle a vantaggio delle persone già nate. Ben presto ci sarà qualcuno che obietterà: perché questa discriminazione? I già nati forse valgono meno degli embrioni? E addio paletti.
Di fronte al rifiuto della Corte, il dott. Brustle non si arrende e così eccepisce: d'accordo, non si possono ottenere brevetti da ricerche che comportino la morte degli embrioni. Ma io operavo su blastocisti. Chi mi dice che la blastocisti è un embrione? La sentenza taglia corto e risponde che "la Corte considera che sin dalla fase della sua fecondazione qualsiasi ovulo umano deve essere considerato come un 'embrione umano', dal momento che la fecondazione è tale da dare avvio al processo di sviluppo di un essere umano". Già lo zigote, la prima cellula nata dall'incontro dei due gameti femminile e maschile, è embrione umano. Quindi anche le blastocisti, stadio di sviluppo successivo alla fecondazione, sono "embrione umano".
Torniamo allora alla domanda iniziale: per la Corte di Giustizia l'embrione è un essere umano? La Corte risponde non rispondendo: "In sede di esame della nozione di 'embrione umano', la Corte sottolinea innanzitutto che essa non è chiamata ad affrontare questioni di natura medica o etica, ma che deve limitarsi ad un'interpretazione giuridica delle pertinenti disposizioni della direttiva". Insomma la strategia pilatesca afferma che non spetta a me decidere se l'embrione è un essere umano – che vadano a chiederlo ai biologi – oppure una persona – che vadano chiederlo ai bioeticisti. A me spetta applicare la direttiva che disciplina le sorti del soggetto X che si chiama "embrione". Punto.
Però, aggiungiamo noi, la Corte sarebbe stata competente eccome nel qualificare l'embrione soggetto di diritto. A tale conclusione, seppur priva di qualsiasi valore legale, è giunta Chantal Hughes, una portavoce della Commissione europea la quale sostiene che di fatto per la Corte ''l'embrione umano è un soggetto di diritto''. Purtroppo i giudici non l'hanno detto esplicitamente, anzi si sono ben guardati dal pronunciarsi su ciò.
Invece per il Parlamento europeo e il Consiglio UE l'embrione è soggetto di diritto? L'approccio come abbiamo visto è assai ambiguo e ondivago: da una parte permettono il sacrificio degli embrioni per scopi di ricerca. Allora viene da pensare che l'embrione non sia un soggetto di diritto. Dall'altro dicono no ai brevetti che comportano la sua distruzione. E allora al contrario ci sorge il dubbio che considerino quelle poche cellule già uno di noi. Il paradosso forse si scioglie comprendendo che per questi organismi europei il criterio di condotta legittimo è la decenza e il sentito comune. Lucrare sugli embrioni non sta bene, viene percepito dai più come comportamento disdicevole. Sa tanto di speculazione. Fare ricerca per curare malattie oggi incurabili a spese degli embrioni e pure gratis viene accolto con favore da tutti, perché un giorno o l'altro tutti noi ci ammaleremo.
Un ultimo appunto. Abbiamo annotato che alla brevettabilità della cura dell dott. Brustle si era opposta Greenpeace. Suona strano. Vuoi vedere che questi ambientalisti una volta tanto sono scesi in campo per difendere invece che le balene l'uomo? Non vogliamo fare i conti in tasca a nessuno, ma forse l'intervento di questi verdi attivisti si può spiegare in altro modo. I membri di Greenpeace avranno pensato che giocare in laboratorio con gli embrioni umani e poi brevettare le scoperte scientifiche nate da questi esperimenti potrà portare in breve tempo a farlo anche con piante e animali. Se impediamo che l'homo sapiens sapiens diventi un OGM brevettabile eviteremo che simile destino coinvolga fauna e flora. Insomma si tratta di un mossa preventiva al fine di difendere non tanto gli embrioni umani ma pecore e pomodori.

Fonte: La Bussola Quotidiana, 20/10/2011

6 - IN EUROPA SI CERCA IN TUTTI I MODI DI INTRODURRE LA POLIGAMIA... PROPRIO QUANDO IL MONDO ISLAMICO CERCA DI SCROLLARSELA DI DOSSO
Già pronta la parola dell'antilingua per farla digerire all'opinione pubblica occidentale: come l'aborto è diventato ''interruzione volontaria di gravidanza'', il divorzio ''diritto a rifarsi una vita'', l'eutanasia ''diritto a una morte dignitosa'', la poligamia si chiamerà ''poliamore''
Autore: Mauro Faverzani - Fonte: Corrispondenza Romana, 19/10/2011

Del mondo islamico l'Occidente relativista ha una scarsa conoscenza. E lo dimostra. Azzerando presepi e canti della Tradizione dalle aule scolastiche, tentando di sfrattare i Crocifissi dagli edifici pubblici, cancellando i riferimenti cristiani dal calendario gregoriano, e via di questo passo. Tutte cose che i musulmani non ci hanno mai chiesto.
E di fronte alle quali nel migliore dei casi sorridono perplessi, chiedendosi in che mondo siano capitati... L'Europa secolarizzata, no. Queste domande, benché inesistenti, se le pone. E – quel che è peggio – cerca anche di darsi le risposte. Rigorosamente sbagliate e fuori tempo massimo. Sta capitando ancora. Questa volta con la poligamia. Mentre nel Vecchio Continente c'è chi fa le prove tecniche per introdurla, nei Paesi islamici c'è chi sta pensando a come sbarazzarsene.
Già tempo addietro in Occidente si tentò di spacciarla quale nuova forma di rispetto delle religioni "altre". Sennonché inserirla a forza in un sistema giuridico come il nostro, da sempre monogamico, parve a tutti uno sproposito, più facile a dirsi che a farsi. Adesso ci si riprova da un altro versante. Quello sociologico. Sull'inserto Sette del "Corriere della Sera" la si presenta, ad esempio, come la «ricetta magica» per «ravvivare» matrimoni altrimenti grigi, annoiati e spenti, al punto da finire con un divorzio in un caso su tre.
Figuriamoci, a chi già non sa gestire il normale ménage familiare con una sposa, proporgliene addirittura due o tre è una contraddizione in termini. Ma tant'è. Il nome è già stato inventato, tanto per indorare la pillola. Così come per aborto, eutanasia e compagnia cantante, spacciati quali "diritti civili", anche per la poligamia è già pronto il sinonimo-placebo: è "poliamore".
Lo ha estratto dal cilindro la giornalista francese Françoise Simpère, autrice di due libri, che son tutto un programma: Amar più uomini e Guida agli amori plurali per un'ecologia amorosa. Insomma, sfasciare la famiglia si sarebbe trasformato da delitto ad una forma di tutela dell'ambiente…
Evidente e fin troppo scoperto, questa volta, il tentativo mistificatorio, frutto di quel clima sessantottino, che oggi qualcuno pare voler riesumare. La Sympère non ne fa mistero, anzi: in un'intervista al magazine on line "Rue 89" ha affermato tranquillamente d'aver questa fissa sin dagli Anni Settanta. E di averla «sperimentata» personalmente, per poi propagandarla con espliciti intenti «rivoluzionari» contro la «società capitalista dura e possessiva».
Un sin troppo evidente impianto di odio ideologico, il suo, che nasconde solo un ulteriore attacco alla famiglia tradizionale ovvero all'unica possibile per diritto naturale e per buon senso. Tutto questo, paradossalmente, proprio quando il mondo musulmano, la poligamia, sta iniziando a smantellarla, poiché ritenuta svantaggiosa rispetto all'«evoluzione socioeconomica contemporanea ed alle sue conseguenze sulle strutture familiari», come spiega il settimanale "Jeune Afrique" nell'edizione on line dello scorso 23 settembre.
Per questo, l'islam "moderno" sarebbe pronto a reinterpretare anche il Corano, ove si legge: «Sposate pure a vostro gradimento due, tre o quattro donne, ma, se ritenete di non poter essere allo stesso modo equo con tutte, prendetene una sola» (IV, 3). Et voilà, ecco trovato la scappatoia, per giustificare una clamorosa marcia indietro, ancora avversata da molti come sacrilega, ma ben vista da un crescente numero di ben pensanti.
Che hanno un altro asso nella manica, niente meno che le parole del profeta Maometto, il quale, al genero Alì che gli chiese il permesso di prendere una seconda sposa, rispose: «Non lo autorizzo e non l'autorizzerò mai, poiché ciò che turba mia figlia turba me e ciò che fa male a lei, fa male a me» (Boukhari, n. 5230).
In Turchia la poligamia è stata abolita. In Tunisia è vietata dal Codice di Diritto Civile. In Marocco il Codice di Famiglia la autorizza solo «in casi di forza maggiore». In Algeria l'equità con tutte le spose va provata. Il Parlamento regionale del Kurdistan l'ha limitata al secondo matrimonio, a condizione però che la prima sposa soffrisse di una malattia sessualmente trasmissibile o di sterilità.
In Giordania viene sottoposta a «condizioni restrittive in vista di una trasformazione progressiva delle mentalità», secondo quanto riportato in un rapporto dello scorso anno, redatto dall'Alto Commissariato per i Diritti dell'Uomo dell'Onu.
Intanto, cresce la pressione sociale, mentre le classi dirigenti arabe si son già convertite da tempo ad una fedelissima monogamia. Insomma, Sympère e fans sembrano ormai fuori tempo massimo. L'orologio della Storia sta già voltando pagina. Sarà l'Europa a voler restare in ritardo?

Fonte: Corrispondenza Romana, 19/10/2011

7 - FECONDAZIONE ETEROLOGA DA GUINNESS DEI PRIMATI: IN AMERICA 150 FRATELLASTRI ALLA RICERCA DEL PADRE
Tutti i danni dell'industria dei desideri: cosa può succedere se mi innamoro di mia sorella e non so che è mia sorella?
Autore: Tommaso Scandroglio - Fonte: La Bussola Quotidiana, 19/09/2011

D'accordo. Avere tanti figli è bello. Però nella storia di un signore americano che ne ha avuti 150 quello che più ci offende – per dirla alla Dante – è il modo. Infatti è notizia di questi giorni che un "donatore" di sperma grazie alle fecondazione artificiale eterologa è diventato padre biologico di non meno 150 bambini ("donatore" è tra virgolette perché spesso la pratica è ben retribuita anche se pubblicamente si dice che sono solo rimborsi spese). La cifra è il risultato dell'impegno di una delle madri di questi 150 bambini che ha svolto delle ricerche in rete per sapere se esistevano altri figli dello stesso donatore. Ne è nato addirittura un gruppo on line di fratellastri in provetta il cui numero è in costante ascesa.
La vicenda che si muove tra il fantasy e l'horror fa penosamente riflettere per più di un motivo. Da una parte l'eterologa così massificata ingenera seri rischi per la salute pubblica. C'è infatti un pericolo di incesto involontario da non sottovalutare: e se mi innamoro di mia sorella e non so che è mia sorella? Ad esempio Justin Senk del Colorado intorno ai 20 anni nel gennaio del 2007 scoprì di avere 4 fratelli e sorelle nel raggio di soli 25 km. Poi c'è il rischio di diffondere malattie genetiche: la fecondazione artificiale, omologa o eterologa che sia, non è così brava come madre natura a scartare gameti imperfetti.
La mala pianta dell'eterologa produce frutti amarissimi anche e soprattutto sul piano culturale. In primo luogo la naturale e sana percezione collettiva di ciò che è giusto e ciò che non lo è si erode sempre più. Spostando il fronte del consentito sempre più in là si ingenera tra la gente, come effetto assai desiderato dal pensiero libertario, l'accettazione prona di ciò che si pone poco prima dell'eccezione. Il riprovevole e il bizzarro di ieri oggi è pratica lodevole. Detto in altri termini la notizia di questo signore che distribuisce i suoi spermatozoi un po' dappertutto come fossero volantini pubblicitari lanciati da un aereo, fa digerire con facilità nel sentito comune la fecondazione omologa. La stessa omologa che solo una manciata di anni fa appariva lei stessa l'eccezione, l'orrenda anomalia bioetica. Di converso oggi l'eterologa da guinness dei primati che genera pletore di figli da un unico soggetto fa da sponda a futuri deliri bioetici quale ad esempio la creazione in laboratorio – già sperimentata – di embrioni ibridi, cioè esseri viventi mezzi uomini e mezzi animali.
La pratica dell'eterologa – che sia multipla o meno poco importa – disegna poi uno strano rapporto adulterino consenziente tra donna, compagno della donna e "donatore". Infatti sulla scacchierà della provetta folle si muovono tre pedine: una lei che attende di essere inseminata, un lui che "offre" il suo seme ed ha il volto coperto da un punto interrogativo, e un terzo lui il quale non è il padre biologico ma solo putativo e presenzia come spettatore pagante (la Fivet costa assai) a questo triangolo procreativo. Ci si perdoni l'espressione ma pare di assistere ad una cornificazione artificiale pur priva di piacere venereo. D'altronde la scappatella per sua natura è sempre stata eterologa, dato che c'è il terzo incomodo.
In merito poi all'anonimato la situazione di chi è madre di un figlio avuto con l'eterologa può essere accostata – con i dovuti distinguo – a quella di una donna che rimane incinta ma non sa chi sia il padre. Un anonimato che in quest'ultimo caso nasce da libertinaggio sessuale, nel caso dell'eterologa da libertinaggio procreativo. Il problema dell'anonimato inoltre investe non solo la figura del padre ma anche tutti i fratellastri nati dallo stesso genitore. A parte infatti i rari casi come quelli appena citati dove le madri o i figli si mobilitano per conoscere l'identità del padre, in genere l'anonimato è la regola tra gli stessi fratelli di sangue creando così una sorta di fratellanza occulta e clandestina.
Avere poi un figlio da un uomo diverso da quello con cui si condivide la vita non è cosa semplice da mandar giù. Il padre putativo – e gli studi di psicologia ci confortano in questa affermazione – guarderà sempre con un invincibile sospetto quel figlio che sa non essere suo. Nell'adozione entrambi i genitori adottanti sono coscienti che l'adottato non è figlio biologico di nessuno dei due. E così tra i due si instaura un rapporto paritario. La fecondazione artificiale invece lascia come fastidioso retrogusto nel cuore e nella mente del maschio della coppia la consapevolezza che il figlio appartiene più alla moglie/fidanzata/compagna che a lui. A parti invertite la musica non cambia. Il figlio diventato adulto e reso edotto sui suoi natali da laboratorio riserverà al padre putativo uno sguardo diverso da quello che rivolgerà a sua madre. Senza contare il fatto che sempre per il figlio una cosa è sapersi abbandonato ma accolto da due nuovi genitori e un'altra essere consapevoli che questi stessi genitori sono stati gli ideatori di tale abbandono.
Infine la procedura dell'eterologa porta ad un reificazione non solo del nascituro ma soprattutto dello stesso donatore. Infatti costui volontariamente si trasforma in fabbrica di spermatozoi, usa se stesso come distributore a pagamento di gameti maschili. Si tratta dunque di percepire la propria persona come macchina di carne, come pura materia organica che produce altra materia organica. La pratica dell'eterologa perciò concilia – a nostro dire infelicemente - materialismo di stampo progressista e consumismo libertario.
Un ultimo appunto. Curioso che queste vicende incredibili in genere fioriscano in paesi democraticissimi e soprattutto negli States. Non solo perché Burkina Faso ed Eritrea hanno altro a cui pensare che preoccuparsi dell'eterologa ma perché da loro e per loro fortuna Rousseau è un perfetto sconosciuto. Per lui infatti i desideri legittimi dell'uomo non devono conoscere ostacoli, sono infiniti. In particolare Rousseau considerava lo Stato come un'industria dei desideri, cioè quell'apparato destinato a colpi di maggioranza a soddisfare le aspirazioni di ognuno (sempre che i più fossero concordi). Non è dunque un caso che tali derive bioetiche si possano soprattutto registrare nei paesi considerati nell'immaginario collettivo come fortemente democratici, perché lì tutto è concesso. Anche avere 150 figli in provetta.

Fonte: La Bussola Quotidiana, 19/09/2011

8 - LETTERE ALLA REDAZIONE: CARA COSTANZA MIRIANO, TI SCRIVE UNA ASPIRANTE SPOSA SOTTOMESSA
Mio marito ed io eravamo diventati un'azienda, uscendo la mattina alle 8 e rientrando dopo quasi 11 ore... Ora cucinare per mio marito è la mia attività preferita e le soddisfazioni a casa mi ripagano molto più di quelle lavorative
Autore: Costanza Miriano - Fonte: Redazione di BastaBugie, 23/10/2011

Cara Costanza Miriano,
ti do del tu perché mi sembra di scrivere ad una persona che conosco da sempre, ad una vecchia amica. Essere stata il 21 ottobre alla presentazione del tuo libro, grazie agli Amici del Timone di Staggia Senese, è come aver mangiato una bella fetta di torta al cioccolato, ne sento ancora il buon sapore e mi ritrovo spesso con un bel sorriso sulla faccia. Grazie di essere una portatrice di SANI valori, di affermare e ribadire ciò che per noi cristiani è giusto e sacrosanto.
Hai detto che i colleghi ti mostrano indifferenza, non so se è meglio rispetto ai continui attacchi, alle provocazioni, critiche e prese in giro che subiamo io e mio marito nel quotidiano: "Perché ti fai il segno della croce prima del pranzo?", "Perché vai a messa, anche se non è domenica oggi?", "Ma fate sempre tutto insieme con tuo marito? Bisogna avere ognuno i propri spazi e se non li avete createli!", "Cambia prete dato che SOLO il tuo dice che l'Inferno esiste e ti parla di peccato mortale!". In questi casi gli rode, come si direbbe a Roma, perché noi siamo in tre nel matrimonio e non di certo per la presenza di un amante, ma perché la nostra unione ha un sigillo, ha una marcia in più, il Signore ci accompagna in questo cammino. Ci dona persone come Don Stefano Bimbi per guida, per punto di riferimento. Una volta al mese c'è in parrocchia l'incontro da lui organizzato per noi giovani coppie sposate, è un'occasione per stare insieme, per confrontarsi, per consigliarci, per crescere insieme, per condividere le difficoltà ma anche e soprattutto le gioie. I nostri "problemi" sono il calcio, la caccia, i linguaggi dell'amore (leggendo il libro del mitico Dr. Chapman), al di fuori sembra che se non li hai i problemi, invece di ringraziare Dio, fai di tutto per crearteli.
Oggi ci si lascia per i calzini lasciati a terra vicino al letto, o perché non si parla. Ma perché non spengono la tv e cominciano a farlo? Tutto corre veloce: ti amo, ti sposo, non mi vai più bene causa difficoltà INSORMONTABILI (i calzini?), meno male c'è il divorzio. Mi viene voglia spesso di portare con me il gruppo tutti i giorni come copertina di Linus, per non essere SEMPRE la pecora nera, e sembrare fuori luogo con la mia normalità in un mondo che va alla rovescia. L'altro giorno una nota presentatrice ha detto in tv che oggi quando si pensa ad un progetto di lungo termine con un uomo bisogna prima capire se si potrà avere con lui un divorzio intelligente e senza complicazioni... Mah?! Il problema è che quando lo ha detto era seria, non era una battuta.
Io sono una aspirante sposa sottomessa, aspirante perché è difficile, molto difficile, tenere a bada la lingua, come dici tu, Costanza! Corre troppo veloce, e non so resistere! Appena letto il tuo libro ho provato la tecnica "sottomission possible", vista remissiva ed accondiscendente, mio marito Marco ha pensato che lo prendessi in giro. Mi era venuto un po' di sconforto: ma come, se ti rispondo male facciamo la guerra, invece ti assecondo e critichi lo stesso? Questa cosa mi ha fatto riflettere, mi ha fatto capire come con l'apertura all'altro le difficoltà si appianano, anche se è un lavoro lungo, impegnativo e i risultati si vedono col tempo. In fondo il matrimonio è anche pazienza. Ma per tutte le cose a cui tieni veramente, occorre dedizione, continuità ed impegno. E' un anno che ho chiesto il part-time in ufficio, 2 giorni a settimana rimango a casa a fare la casalinga non disperata, è stata una scelta ottima, appoggiata in pieno da Marco e dal mio Padre Spirituale.
Eravamo diventati un'azienda io e Marco, uscendo la mattina alle 8 e rientrando dopo quasi 11 ore, sempre di corsa, senza definizione di ruoli, con lui che cucinava mentre io stiravo... Ora cucinare per mio marito è la mia attività preferita quando torna dall'ufficio, sto imparando perché ho finalmente la possibilità e il tempo per farlo. Le soddisfazioni a casa mi ripagano molto più di quelle lavorative. Tante volte mi sono detta "l'avessi presa prima questa decisione", ma meglio tardi che mai! Quando hai veramente un progetto comune le soluzioni si trovano sempre, basta volerlo!
Se passi da queste parti ricorda che ora hai dei sostenitori e amici a Staggia Senese. Qualora passassi il secondo venerdì del mese potresti cenare con noi e poi partecipare al Gruppo Giovani Sposi. Sono incontri tipo SOS TATA... siamo SOS SPOSI, ci potresti osservare e prendere spunti interessanti per il tuo secondo libro (lo farai, vero?).
Non mi viene altro da dirti se non ancora GRAZIE! Di tutto cuore!
Rossella (e Marco)

Grazie a te della tua bellissima lettera (e viva il part time). Certo che ci vuole tempo, e dedizione, e non si finisce mai di venirsi incontro. Quanto a venire a cena, vengo, ma in qualità di amica, non certo di esperta! E' vero che mi piace dare consigli non richiesti, ma non ho nessun titolo per farlo, se non quello di precederti di qualche anno (aiuto, tra due giorni ne ho 41!) sulla strada che anche tu percorerrai come e meglio di me. Un abbraccio e grazie a voi.
 
Nota di BastaBugie: per il resoconto della conferenza di Costanza Miriano a Staggia Senese, vai a:
http://www.amicideltimone-staggia.it/it/articoli.php?id=3

DOSSIER "LETTERE ALLA REDAZIONE"
Le risposte del direttore ai lettori

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Fonte: Redazione di BastaBugie, 23/10/2011

9 - OMELIA XXXI DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO - ANNO A - (Mt 23,1-12)
Il più grande tra voi sia vostro servo
Autore: Padre Gabriele M. Pellettieri - Fonte: Il settimanale di Padre Pio, (omelia per il 30/10/2011)

La Liturgia odierna propone alla nostra attenzione un singolare passo del Vangelo di Matteo. Si tratta dei primi versetti del capitolo 23, che – nel suo insieme – costituisce una dura invettiva contro i giudici di Israele e contro l'ipocrisia dei farisei. È il discorso più violento del Signore in cui Egli denuncia, senza addolcimenti di sorta, i principali vizi e depravazione degli scribi e dei farisei.
Il Signore parte dal riconoscimento dell'autorità: «Sulla cattedra di Mosè – dice – si sono seduti gli scribi e i farisei» (ivi, 2). Mosè infatti aveva consegnato la Legge ricevuta da Dio al popolo d'Israele. Gli scribi, appartenenti per lo più al partito dei farisei, avevano il compito d'insegnare la Legge mosaica al popolo. Ecco perché si diceva che erano seduti sulla cattedra di Mosè. Il Signore riconosce la loro autorità, ma mette in guardia il popolo dalla loro condotta di vita perché «dicono e non fanno». Diversi anni dopo s. Paolo, provenendo da famiglia di farisei, lancerà loro un'invettiva analoga a quella di Gesù: «Ebbene, come mai tu, che insegni agli altri, non insegni a te stesso? Tu che predichi di non rubare, rubi? Tu che proibisci l'adulterio, sei adultero? Tu che detesti gli idoli, ne derubi i templi? Tu che ti glori della legge, offendi Dio trasgredendo la legge? Infatti il nome di Dio è bestemmiato per causa vostra tra i pagani come sta scritto» (Rm 2,21-24).
L'osservanza della Legge da parte dei farisei si riduceva a mero formalismo e fanatica ostentazione. Gesù non esita a svelarlo quando denuncia che «tutte le loro opere fanno per esser ammirati dagli uomini» (Mt 23,5), come allargare i filatteri e allungare le frange. I filatteri erano strisce di pergamena sulle quali erano scritte quattro sezioni della Legge. Chiusi in apposite custodie, venivano legati sulla fronte e sul braccio sinistro. Per ostentare l'osservanza della Legge, i farisei li facevano di proporzioni più grandi, come pure allungavano le frange del mantello che, nel simbolismo ebraico, rappresentavano i Comandamenti di Dio.
Così pure il desiderio dei primi posti e dei saluti nelle piazze (ivi, 6-7) o l'esser chiamati rabbi o maestri (ivi, 8-10) risponde solo ad una brama di onore e di potere così lontana dallo spirito di servizio con cui ogni autorità deve esser esercitata se vuol essere conforme al Vangelo di Cristo: «Il più grande tra voi sia vostro servo – ammonisce perentoriamente il Signore –; chi invece si innalzerà sarà abbassato e chi si abbasserà sarà innalzato» (ivi, 11-12).
Contro la brama di onori manifestata dai farisei, il Signore, a chi vuol davvero esser suo discepolo, raccomanda di non farsi chiamare né "padre" né "maestro". Con ciò Egli non vieta che ci si possa chiamare "maestro" o "padre", purché lo si faccia nella consapevolezza che si può esser appellati tali solo come rappresentanti dell'unico Maestro divino e del Padre di tutti. Vieta invece l'uso dei termini "padre" e "maestro" per solo desiderio di fatuo onore e di umano prestigio.
Quanta chiarezza meridiana in queste parole del Signore! Con questi aspri rimproveri rivolti agli scribi e i farisei – rimproveri che continuano con le non meno sferzanti "sette invettive" contro di loro – Gesù mostra che il linguaggio "politicamente corretto", oggi così di moda, non ha nulla di evangelico. Il Signore ha denunciato vizi e peccati di scribi e farisei, ben sapendo che quelle invettive, eccitando il loro livore, lo avrebbero condotto alla morte. Dinanzi alla manipolazione della verità, operata da scribi e farisei, il Signore non tace, non ha rispetto umano e non è diplomatico. Queste caratteristiche della predicazione di Gesù dovrebbero esser riprese ai nostri giorni in cui viene predicato con fin troppa eloquenza il Gesù del­le Bea­titudini e del­­­la Risurrezione, mentre è gettato nel dimenticatoio il Gesù delle "sette invettive" e della Passione. Non si può leggere il Vangelo con le censure di ciò che è scomodo. Così facendo si deturpa la Parola di Dio. Essa invece va letta e commentata in una saggia visione d'insieme, sen­­za escludere nulla, per tentar di comprendere al meglio il nostro Dio, Padre amoroso ma anche Giudice giusto. La pedagogia di Dio, infatti, non muta: «Cristo è lo stesso – ammonisce s. Paolo – ieri, oggi e sempre» (Eb 13,8).
Un'eloquente conferma ci è offerta, a questo riguardo, da Padre Pio da Pietrelcina che, in una sconcertante visione del 1913, vide un gruppo di sacerdoti, equivalenti – potrebbe dirsi – agli "scribi e farisei" del tempo di Gesù. Nella visione Gesù era in un mare di dolori. Quando Padre Pio gli chiese quale fosse la causa di quell'amara sofferenza, «il suo sguardo si riportò verso quei sacerdoti [poco prima descritti, ndr]; ma poco dopo, quasi inorridito e come se fosse stanco di guardare, ritirò lo sguardo ed allorché lo rialzò verso di me – racconta Padre Pio –, con grande mio orrore, osservai due lagrime che gli solcavano le gote. Si allontanò da quella turba di sacerdoti con una grande espressione di disgusto sul volto, gridando: "Macellai!". E rivolto a me disse: "Figlio mio, non credere che la mia agonia sia stata di tre ore, no; io sarò per cagione delle anime da me più beneficate in agonia sino alla fine del mondo [...] L'ingratitudine ed il sonno dei miei ministri mi rendono più gravosa l'agonia [...] Ciò che più mi affligge è che costoro al loro indifferentismo aggiungono il loro disprezzo, l'incredulità. Quan­­te volte ero lì per lì per fulminarli [...]"» (Epistolario I, pp. 350s).
Da queste parole, che non hanno bisogno di commento, si comprende bene che il Gesù delle invettive contro i farisei è lo stesso che si manifestò a Padre Pio ed è lo stesso che noi oggi adoriamo nelle nostre chiese.
A noi far tesoro delle sue parole che son parole di Vita eterna, parole che, se percuotono e feriscono, è perché vogliono salvare e santificare.

Fonte: Il settimanale di Padre Pio, (omelia per il 30/10/2011)

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