BastaBugie n�217 del 04 novembre 2011

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1 LA VITTORIA DELL'ANIMALISMO: SI APPROVA LA VIVISEZIONE PER GLI UOMINI E LA SI VIETA PER LE BESTIE
La Commissione Affari Sociali della Camera vieta cavie animali per le esercitazioni didattiche... ma ci si può esercitare tranquillamente sugli embrioni umani
Autore: Mauro Faverzani - Fonte: Corrispondenza Romana
2 BLACK BLOC: CHI SONO, DA DOVE VENGONO, COSA VOGLIONO
Nichi Vendola su Repubblica distingue tra manifestanti buoni, pacifici e che portano fiori e manifestanti che distruggono le camionette della polizia e magari anche le statue della Madonna
Autore: Massimo Introvigne - Fonte: La Bussola Quotidiana
3 IL PAPA AI FIDANZATI: L'AMORE VIVE DI GRATUITA', SACRIFICIO, PERDONO E RISPETTO DELL'ALTRO
Non pensate che la convivenza sia garanzia per il futuro: bruciare le tappe finisce per ''bruciare'' l'amore, che invece ha bisogno di rispettare i tempi
Autore: Papa Benedetto XVI - Fonte: Sito del Vaticano
4 IL CATTOLICO E LO SPIRITO DELLA MILITANZA
Gli equidistanti aborrono lo spirito di sacrificio e scelgono di non combattere perché rassegnati alla sconfitta (oggi ritengono inevitabile la vittoria dell'Islam come ieri quella del comunismo)
Autore: Roberto de Mattei - Fonte: Radici Cristiane
5 IL MINISTRO DEGLI ESTERI FRANCO FRATTINI NON TROVA NULLA DA RIDIRE CONTRO LA LEGGE ISLAMICA IN LIBIA
Occorre invece adoperarci per abolire la sharia, perché per l'islam la disuguaglianza tra uomo e donna, musulmano e non musulmano non può essere messa in discussione
Autore: Valentina Colombo - Fonte: La Bussola Quotidiana
6 IL FUTURO DELLA LIBIA SARA' BASATO SULLA SHARIA
Ecco perché la guerra scellerata voluta da Francia e Gran Bretagna ha avuto il risultato immediato di consegnare su un vassoio d'argento un altro paese all'islam militante
Autore: Riccardo Cascioli - Fonte: La Bussola Quotidiana
7 IL KATTOLICO 3: IL NUOVO LIBRO DI RINO CAMMILLERI, PIACEVOLE E GRAFFIANTE COME SEMPRE
Una miscellanea di verità sugli argomenti più disparati: storia, politica, cronaca, cinema, per fare un po' di chiarezza e smascherare gli imbrogli della contraffazione culturale
Fonte: Gilgamesh Edizioni
8 LETTERE ALLA REDAZIONE: IL VIDEO CHE MOSTRA I VESCOVI CHE NON DANNO LA MANO AL PAPA STRAVOLGE LA REALTA'
Il filmato è stato diffuso dai laicisti che vorrebbero dimostrare con questi trucchetti la debolezza della Chiesa
Autore: Giano Colli - Fonte: Redazione di BastaBugie
9 OMELIA XXXII DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO - ANNO A - (Mt 25,1-13)
Le vergini che erano pronte entrarono con lui alle nozze e la porta fu chiusa
Autore: Padre Gabriele M. Pellettieri - Fonte: Il settimanale di Padre Pio

1 - LA VITTORIA DELL'ANIMALISMO: SI APPROVA LA VIVISEZIONE PER GLI UOMINI E LA SI VIETA PER LE BESTIE
La Commissione Affari Sociali della Camera vieta cavie animali per le esercitazioni didattiche... ma ci si può esercitare tranquillamente sugli embrioni umani
Autore: Mauro Faverzani - Fonte: Corrispondenza Romana, 27/10/2011

Siamo ancora una volta di fronte all'assurdo. Da una parte la stampa laicista contesta la sentenza, con cui la Corte di Giustizia europea ha vietato brevetti ed uso commerciale degli embrioni e delle cellule embrionali umane. Dall'altra plaude alla decisione, assunta dalla Commissione Affari Sociali della Camera, di vietare cavie animali per le esercitazioni didattiche. Insomma, uomini sì, bestie no.
La decisione presa a Bruxelles è clamorosa. Perché sancisce a chiare lettere come col termine "embrione" si debba intendere qualunque ovulo all'istante della fecondazione, facendo piazza pulita di quell'invenzione lessicale corrispondente all'aberrante termine di "pre-embrione", totalmente privo di riscontri a livello scientifico. Il che non manca di riaprire, finalmente, un confronto serio anche su questioni quali aborto e contraccezione, già costate tanti milioni di vite umane.
A quotidiani come "Repubblica", questo, non sta bene. E prende le distanze. Già nel titolo, dove spiega che la sentenza è stata determinata dal fatto che «gli embrioni per la Ue sono "vita umana"». Così, virgolettato. Il quotidiano diretto da Ezio Mauro dà ampio spazio a tecnici come Ian Wilmut, il primo a clonare una pecora, subito pronto a definire la decisione «un disastro per l'Europa», «anni di ricerca buttati via», in coro con la deputata radicale Maria Antonietta Farina Coscioni.
Od alla ricercatrice Elena Cattaneo, secondo cui dal Lussemburgo si «nega ai malati una possibile cura». Non importa se a scapito di embrioni, eliminati per ottenerla. Ammesso – ed al momento non concesso – di riuscirvi.
Quando, però, si tratta di vietare l'utilizzo di cavie animali per la sperimentazione e le esercitazioni didattiche, allora la musica cambia. Allora siti come quello della Lega Antivivisezione esultano, definendo il predetto verdetto della Commissione parlamentare «un primo importante passo», «un atto dovuto», tale da «salvare la vita a decine di migliaia di animali», tremando all'idea che un'altra Commissione parlamentare, quella per le Politiche Comunitarie, od una delle due Camere, possano ribaltarne l'esito.
Ma non basta. Un'altra denuncia scuote le coscienze. Questa volta giunge dalla Lega nazionale contro la predazione degli organi e la morte a cuore battente. Che sul suo sito lancia l'allarme: con l'adozione del testo base unificato A.C. 746 e abb, la Commissione Affari Sociali ha regolamentato la «donazione del corpo post mortem a fini di studio e di ricerca scientifica».
Esercitazioni chirurgiche, chimiche e radiologiche potranno essere praticate sui cosiddetti "morti cerebrali" per un anno. Cioè su soggetti, che – si legge sul sito – sono persone ancora «a cuore battente e sangue circolante». Durante tale periodo, di conseguenza, non sarà nemmeno possibile dare degna e religiosa sepoltura a questi cristiani. Assicurando però alle famiglie, trascorso il termine, trasporto e funerali tardivi gratis.
Il Comitato medico-scientifico della Lega antipredazione, in un proprio comunicato, va giù duro, denunciando come la proposta pretenda la «sperimentazione in vivo». In una parola, la prospettiva della vivisezione, non richiedendo «cadaveri veri in arresto cardio-circolatorio e respiratorio da 12/72 ore». Per l'attuazione del provvedimento, comprensivo di un Registro nazionale dei "donatori del corpo", è prevista per l'anno in corso una spesa di 10 milioni di euro, a carico del fondo della Sanità.
Dove già il concetto di "donazione del corpo", come se questo fosse proprietà del singolo, apre più di un problema filosofico. Figuriamoci religioso. Dimostrando tutto il limite ideologico intrinseco a tale posizione culturale, smaccatamente positivistica. Ma l'emergenza vera è capire come ormai si sia giunti al capovolgimento totale dell'ordine naturale.
Mentre nella Genesi (1, 26), è scritto a chiare lettere come Dio abbia dato all'uomo il dominio «sui pesci del mare e sugli uccelli del cielo, sul bestiame, su tutte le bestie selvatiche e su tutti i rettili che strisciano sulla terra», l'imperversante animalismo predica e pratica l'opposto, negando all'uomo gli stessi diritti, che evoca e sventola per gli animali. È ora di dirlo e denunciarlo. Con chiarezza.

Fonte: Corrispondenza Romana, 27/10/2011

2 - BLACK BLOC: CHI SONO, DA DOVE VENGONO, COSA VOGLIONO
Nichi Vendola su Repubblica distingue tra manifestanti buoni, pacifici e che portano fiori e manifestanti che distruggono le camionette della polizia e magari anche le statue della Madonna
Autore: Massimo Introvigne - Fonte: La Bussola Quotidiana, 25/10/2011

Ci mancava Nichi Vendola. In un'intervista del 22 ottobre 2011 al fido Curzio Maltese di Repubblica, il governatore della Puglia – e aspirante candidato primo ministro, se nel PD si faranno le primarie – ricostruisce a modo suo le origini dei black bloc, attribuendo un ruolo di rilievo a frammenti «estrema destra sociale» reclutati nelle curve degli stadi, dove com'è noto gli slogan spesso non sono di sinistra. Ma su tutta la questione dei black bloc c'è una gran confusione.
La divisione netta e precisa nei cortei degli indignados – come in quelli precedenti dei no global, e nel fenomeno No TAV in Val di Susa – fra manifestanti buoni, pacifici e che portano fiori e black bloc che distruggono le camionette della polizia e magari anche le statue della Madonna è pura propaganda. Chi ha studiato il fenomeno lo sa bene. Nei cortei degli indignados a un estremo ci sono manifestanti interessati esclusivamente a specifiche rivendicazioni, molti dei quali effettivamente non hanno simpatia per la violenza. All'altro estremo ci sono violenti di professione, il cui scopo è sfasciare tutto utilizzando ogni rivendicazione come pretesto. Ma né i primi né i secondi costituiscono la maggioranza dei manifestanti. La maggioranza è costituita da indecisi, che non hanno un programma prestabilito di violenza ma che, quando si manifesta, si rifiutano di condannarla e in parte anche la applaudono, così come c'è chi applaude invece le forze dell'ordine. Come ha scritto Andrea Tornielli sul suo blog, nella sua cronaca dei fatti di Roma del 15 ottobre, «non centinaia ma migliaia di giovani violenti e organizzati» si sono impossessati della manifestazione.
La parola black bloc può a sua volta essere usata in modo fuorviante per bollare con un'etichetta i presunti «pochi» violenti e distinguerli dalla maggioranza di «buoni». I manuali si affannano a spiegarci che black bloc non è una parola che identifica persone. Identifica una tattica di lotta che consiste nel rendersi irriconoscibili con sciarpe, passamontagna e sciarpe da motociclista, di solito di colore nero e accompagnate da abiti neri. Questo costume non ha solo uno scopo di travisamento per non farsi identificare dalla polizia. Passando e ripassando, su e giù per le manifestazioni, la tattica del black bloc riesce anche a far credere a poliziotti, giornalisti ed eventuali manifestanti di diverso orientamento che il «blocco» è più numeroso e potente di quanto non sia, dal momento che l'occhio – anche quello della telecamera – indugia più volentieri su chi porta un uniforme.
Ma chi ha inventato questo semplice eppure efficace strumento di distorsione cognitiva? L'espressione black bloc – in tedesco der schwarze Block – fu coniata dalla polizia tedesca oltre trent'anni fa per designare, come si è accennato, non un movimento ma una tattica sviluppata nel 1980 nel corso delle proteste dopo lo smantellamento, il 4 giugno di quell'anno, della cosiddetta Repubblica Libera del Wendland, un campo di anarchici, ecologisti ed estremisti di sinistra che occupava a Gorleben la zona destinata a un deposito di scorie nucleari. In particolare la tattica black bloc fu attribuita dalla polizia tedesca agli autonomen, versione tedesca della nostra area dell'autonomia, che aveva fra i suoi ispiratori teorici italiani di un marxismo radicale e antimondialista come Toni Negri e Mario Tronti.
Uno degli usi di maggiore successo della tattica black bloc negli anni 1980 fu la protesta contro la visita del presidente americano Ronald Reagan (1911-2004) a Berlino Ovest nel 1987. La tattica fu usata in quell'occasione da gruppi certamente egemonizzati dagli autonomen, i quali ironicamente scandivano slogan comunisti senza sospettare che di lì a due anni il muro di Berlino sarebbe caduto.
Dalla Germania la tattica è passata in tutta Europa, negli Stati Uniti, in Canada, in Australia. Ma la letteratura di polizia più antica non ha dubbi su a chi attribuire l'invenzione di questa tattica e delle relative uniformi: all'estrema sinistra degli autonomen nelle sue varie declinazioni nazionali e internazionali. Negli anni 1990 diventa più importante una componente anarchica, peraltro presente fin da principio, dal momento che la tattica dei black bloc è lodata e divulgata dal movimento delle TAZ (temporary autonomous zones, «zone temporaneamente autonome»), un concetto reso popolare da un libro con lo stesso titolo pubblicato nel 1991 dal teorico statunitense dell'anarchismo Hakim Bey. Tipiche TAZ, da difendere in caso di attacchi della polizia con manifestazioni che usano la tecnica black bloc, sono secondo Hakim Bey i centri sociali, idealmente «zone autonome» in quanto sottratte ai normali controlli delle autorità dello Stato, che peraltro esistevano già da vent'anni come frutti dell'immediato dopo-1968 (a Milano, il Leoncavallo venne fondato nel 1975).
Dunque la tattica black bloc è associata al suo sorgere particolarmente agli autonomi e ai centri sociali. L'accenno di Vendola all'«estrema destra sociale» non è del tutto inventato, perché in Germania, in Austria e anche in Italia – nell'ambito del frammentarsi in mille rivoli di una destra «nuova», nel senso che fa sue molte parole d'ordine, temi e stili della sinistra, di cui abbiamo parlato su La Bussola Quotidiana a proposito di una recente opera storica di Giovanni Tarantino – la tattica black bloc e la partecipazione a manifestazioni di protesta a fianco di autonomi e centri sociali ha visti coinvolti anche esponenti di questa curiosa «destra di sinistra». Sono nati del resto in Europa anche centri sociali ispirati al fascismo, il più importante dei quali è l'italiano CasaPound, nato a Roma nel 2003 e che si dichiara del resto al di là dei concetti tradizionali di destra e di sinistra.
Questo non significa che Vendola abbia ragione. Nella loro stragrande maggioranza i gruppi che partecipano a cortei e adottano la tattica black bloc sono di sinistra e d'ispirazione marxista, e questo è vero anche per la grandissima maggioranza dei centri sociali. I gruppi e gruppuscoli di estrema destra – se la definizione è giusta, perché si tratta di una «destra di sinistra» che oggi in parte rifiuta la stessa espressione «destra» – che usano la stessa tattica e partecipano alle stesse manifestazioni, del resto spesso con difficoltà perche tra i centri sociali di sinistra è ancora molta viva quella che una volta si chiamava «vigilanza antifascista», sono una piccola minoranza rispetto alla componente di estrema sinistra. E certo non sono alle origini del fenomeno. Vendola gioca con le parole: torna comodo parlare sempre e solo di un «blocco nero» per far dimenticare che nella loro grande maggioranza i violenti, anche se si vestono di nero, sono ideologicamente piuttosto un «blocco rosso».
Ripetiamolo ancora una volta: non esiste, a rigore, un movimento black bloc. Si tratta di una tattica per scontri di piazza, che può essere utilizzata da gruppi molto diversi. Ma che di fatto è utilizzata, nella stragrande maggioranza dei casi, da un'area dell'autonomia e dei centri sociali di estrema sinistra.
Quanto agli indignados, come abbiamo già avuto occasione d'indicare su La Bussola Quotidiana, si tratta di un movimento caratterizzato, fin dalle sue origini, da un grande vuoto di proposte e da una subalternità a miti «politicamente corretti» che porta spesso allo scontro con la Chiesa Cattolica, il che naturalmente non significa che alcune delle proteste non si rivolgano contro abusi reali, come quelli della finanza priva di regole o di una certa grande industria che in tempi di crisi cerca di scaricare il peso degli inevitabili sacrifici su altri. Ma la protesta resta vuota senza proposta. E una protesta senza proposta è destinata a farsi egemonizzare dalle ultime incarnazioni della galassia di TAZ, autonomi, centri sociali e altri gruppi attualmente o potenzialmente violenti, abituati da usare da anni la tattica black bloc. E che non intendono abbandonarla, perché funziona.

Fonte: La Bussola Quotidiana, 25/10/2011

3 - IL PAPA AI FIDANZATI: L'AMORE VIVE DI GRATUITA', SACRIFICIO, PERDONO E RISPETTO DELL'ALTRO
Non pensate che la convivenza sia garanzia per il futuro: bruciare le tappe finisce per ''bruciare'' l'amore, che invece ha bisogno di rispettare i tempi
Autore: Papa Benedetto XVI - Fonte: Sito del Vaticano, 11/09/2011

Cari fidanzati!
Sono lieto di concludere questa intensa giornata, culmine del Congresso Eucaristico Nazionale, incontrando voi, quasi a voler affidare l'eredità di questo evento di grazia alle vostre giovani vite. Del resto, l'Eucaristia, dono di Cristo per la salvezza del mondo, indica e contiene l'orizzonte più vero dell'esperienza che state vivendo: l'amore di Cristo quale pienezza dell'amore umano. [...]
Per certi aspetti, il nostro è un tempo non facile, soprattutto per voi giovani. La tavola è imbandita di tante cose prelibate, ma, come nell'episodio evangelico delle nozze di Cana, sembra che sia venuto a mancare il vino della festa. Soprattutto la difficoltà di trovare un lavoro stabile stende un velo di incertezza sull'avvenire. Questa condizione contribuisce a rimandare l'assunzione di decisioni definitive, e incide in modo negativo sulla crescita della società, che non riesce a valorizzare appieno la ricchezza di energie, di competenze e di creatività della vostra generazione.
Manca il vino della festa anche a una cultura che tende a prescindere da chiari criteri morali: nel disorientamento, ciascuno è spinto a muoversi in maniera individuale e autonoma, spesso nel solo perimetro del presente. La frammentazione del tessuto comunitario si riflette in un relativismo che intacca i valori essenziali; la consonanza di sensazioni, di stati d'animo e di emozioni sembra più importante della condivisione di un progetto di vita. Anche le scelte di fondo allora diventano fragili, esposte ad una perenne revocabilità, che spesso viene ritenuta espressione di libertà, mentre ne segnala piuttosto la carenza. Appartiene a una cultura priva del vino della festa anche l'apparente esaltazione del corpo, che in realtà banalizza la sessualità e tende a farla vivere al di fuori di un contesto di comunione di vita e d'amore.
Cari giovani, non abbiate paura di affrontare queste sfide! Non perdete mai la speranza. Abbiate coraggio, anche nelle difficoltà, rimanendo saldi nella fede. Siate certi che, in ogni circostanza, siete amati e custoditi dall'amore di Dio, che è la nostra forza. Dio è buono. Per questo è importante che l'incontro con Dio, soprattutto nella preghiera personale e comunitaria, sia costante, fedele, proprio come è il cammino del vostro amore: amare Dio e sentire che Lui mi ama. Nulla ci può separare dall'amore di Dio! Siate certi, poi, che anche la Chiesa vi è vicina, vi sostiene, non cessa di guardare a voi con grande fiducia. Essa sa che avete sete di valori, quelli veri, su cui vale la pena di costruire la vostra casa! Il valore della fede, della persona, della famiglia, delle relazioni umane, della giustizia. Non scoraggiatevi davanti alle carenze che sembrano spegnere la gioia sulla mensa della vita. Alle nozze di Cana, quando venne a mancare il vino, Maria invitò i servi a rivolgersi a Gesù e diede loro un'indicazione precisa: "Qualsiasi cosa vi dica, fatela" (Gv 2,5). Fate tesoro di queste parole, le ultime di Maria riportate nei Vangeli, quasi un suo testamento spirituale, e avrete sempre la gioia della festa: Gesù è il vino della festa!
Come fidanzati vi trovate a vivere una stagione unica, che apre alla meraviglia dell'incontro e fa scoprire la bellezza di esistere e di essere preziosi per qualcuno, di potervi dire reciprocamente: tu sei importante per me. Vivete con intensità, gradualità e verità questo cammino. Non rinunciate a perseguire un ideale alto di amore, riflesso e testimonianza dell'amore di Dio! Ma come vivere questa fase della vostra vita, testimoniare l'amore nella comunità? Vorrei dirvi anzitutto di evitare di chiudervi in rapporti intimistici, falsamente rassicuranti; fate piuttosto che la vostra relazione diventi lievito di una presenza attiva e responsabile nella comunità. Non dimenticate, poi, che, per essere autentico, anche l'amore richiede un cammino di maturazione: a partire dall'attrazione iniziale e dal "sentirsi bene" con l'altro, educatevi a "volere bene" all'altro, a "volere il bene" dell'altro. L'amore vive di gratuità, di sacrificio di sé, di perdono e di rispetto dell'altro.
Cari amici, ogni amore umano è segno dell'Amore eterno che ci ha creati, e la cui grazia santifica la scelta di un uomo e di una donna di consegnarsi reciprocamente la vita nel matrimonio. Vivete questo tempo del fidanzamento nell'attesa fiduciosa di tale dono, che va accolto percorrendo una strada di conoscenza, di rispetto, di attenzioni che non dovete mai smarrire: solo a questa condizione il linguaggio dell'amore rimarrà significativo anche nello scorrere degli anni. Educatevi, poi, sin da ora alla libertà della fedeltà, che porta a custodirsi reciprocamente, fino a vivere l'uno per l'altro. Preparatevi a scegliere con convinzione il "per sempre" che connota l'amore: l'indissolubilità, prima che una condizione, è un dono che va desiderato, chiesto e vissuto, oltre ogni mutevole situazione umana. E non pensate, secondo una mentalità diffusa, che la convivenza sia garanzia per il futuro. Bruciare le tappe finisce per "bruciare" l'amore, che invece ha bisogno di rispettare i tempi e la gradualità nelle espressioni; ha bisogno di dare spazio a Cristo, che è capace di rendere un amore umano fedele, felice e indissolubile. La fedeltà e la continuità del vostro volervi bene vi renderanno capaci anche di essere aperti alla vita, di essere genitori: la stabilità della vostra unione nel Sacramento del Matrimonio permetterà ai figli che Dio vorrà donarvi di crescere fiduciosi nella bontà della vita. Fedeltà, indissolubilità e trasmissione della vita sono i pilastri di ogni famiglia, vero bene comune, patrimonio prezioso per l'intera società. Fin d'ora, fondate su di essi il vostro cammino verso il matrimonio e testimoniatelo anche ai vostri coetanei: è un servizio prezioso! Siate grati a quanti con impegno, competenza e disponibilità vi accompagnano nella formazione: sono segno dell'attenzione e della cura che la comunità cristiana vi riserva. Non siete soli: ricercate e accogliete per primi la compagnia della Chiesa.
Vorrei tornare ancora su un punto essenziale: l'esperienza dell'amore ha al suo interno la tensione verso Dio. Il vero amore promette l'infinito! Fate, dunque, di questo vostro tempo di preparazione al matrimonio un itinerario di fede: riscoprite per la vostra vita di coppia la centralità di Gesù Cristo e del camminare nella Chiesa. Maria ci insegna che il bene di ciascuno dipende dall'ascoltare con docilità la parola del Figlio. In chi si fida di Lui, l'acqua della vita quotidiana si muta nel vino di un amore che rende buona, bella e feconda la vita. Cana, infatti, è annuncio e anticipazione del dono del vino nuovo dell'Eucaristia, sacrificio e banchetto nel quale il Signore ci raggiunge, ci rinnova e trasforma. Non smarrite l'importanza vitale di questo incontro: l'assemblea liturgica domenicale vi trovi pienamente partecipi: dall'Eucaristia scaturisce il senso cristiano dell'esistenza e un nuovo modo di vivere (cfr Esort. ap. postsin. Sacramentum caritatis, 72-73). E non avrete, allora, paura nell'assumere l'impegnativa responsabilità della scelta coniugale; non temerete di entrare in questo "grande mistero", nel quale due persone diventano una sola carne (cfr Ef 5,31-32).
Carissimi giovani, vi affido alla protezione di San Giuseppe e di Maria Santissima; seguendo l'invito della Vergine Madre – "Qualsiasi cosa vi dica, fatela" – non vi mancherà il gusto della vera festa e saprete portare il "vino" migliore, quello che Cristo dona per la Chiesa e per il mondo. Vorrei dirvi che anch'io sono vicino a voi e a tutti coloro che, come voi, vivono questo meraviglioso cammino di amore. Vi benedico con tutto il cuore!

DOSSIER "BENEDETTO XVI"
Discorsi e omelie del Papa teologo

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Fonte: Sito del Vaticano, 11/09/2011

4 - IL CATTOLICO E LO SPIRITO DELLA MILITANZA
Gli equidistanti aborrono lo spirito di sacrificio e scelgono di non combattere perché rassegnati alla sconfitta (oggi ritengono inevitabile la vittoria dell'Islam come ieri quella del comunismo)
Autore: Roberto de Mattei - Fonte: Radici Cristiane, n. 68 - ottobre 2011

Sul precedente numero di Radici Cristiane abbiamo parlato del vizio del "moderatismo" e del "centrismo", che si esprime nella formula politica del "terzo partito". Ciò che vale nella politica interna, si applica anche a quella internazionale. Ma mentre in politica interna i "centristi" si alimentano alla tradizione democristiana, in politica estera, i rappresentanti della "terza forza" provengono spesso dalle ali estreme dello schieramento.
Una delle note che rendono riconoscibile questa famiglia psicologica è l'"equidistanza", uno slogan che pretende di applicare rigide leggi geometriche alla complessa e organica realtà della società umana. I fautori della "terza forza" sostengono, ad esempio, una posizione di equidistanza tra l'Islam e l'Occidente, anche se, per chi in Occidente è nato e vive, una posizione di questo genere significa, di fatto, la scelta del campo avverso.
La tesi dell'equidistanza misconosce inoltre il carattere processuale degli errori ideologici che, nel corso degli ultimi secoli, hanno assunto il carattere di una vera e propria Rivoluzione anticristiana. Esiste un rapporto genealogico tra il protestantesimo, il liberalismo e il socialismo: ognuno di questi errori è matrice dell'altro. Ma non avrebbe senso una posizione di equidistanza del cattolico verso di essi.
Nel XVI secolo il nemico mortale della Chiesa era l'eresia di Lutero, contro di cui combatterono santi e controversisti. Nel XVIII secolo gli eredi della Contro-Riforma cattolica affrontarono con il medesimo vigore, come nemico primario, la Rivoluzione francese, e perciò furono detti contro-rivoluzionari. Nell'Ottocento essi lottarono soprattutto contro il liberalismo e il socialismo e nel Novecento contro il comunismo e il nazionalsocialismo.
I nemici cambiano, mentre sola resta immutabile la verità del Vangelo, che il calore della lotta aiuta a definire con sempre maggiore chiarezza. Il problema di fondo, però, è quello di comprendere la natura del nemico che ci attacca, e l'equidistanza non ci aiuta a capirlo.
All'epoca della Guerra fredda, ad esempio, la posizione di equidistanza tra gli Stati Uniti e la Russia faceva solo gli interessi del Cremlino. Il nemico da battere era l'imperialismo sovietico e Pio XII spiegò spesso la natura della necessaria alleanza tra la Chiesa e le democrazie occidentali.
Questa alleanza tattica non comportava alcun cedimento dottrinale della Chiesa al capitalismo. Pio XII era ben consapevole che la radice del comunismo stava nei suoi errori filosofici e morali e ad essi contrapponeva la visione cristiana dell'uomo e della società.
I veri anticomunisti sapevano che il maggior pericolo era costituito, più che dai missili o dai carri armati sovietici, dal materialismo relativista che la Russia inoculava all'Occidente. Oggi sappiamo altrettanto bene che sarebbe illusorio opporre all'Islam il relativismo corrotto e decadente della società occidentale. Esso infatti non costituisce l'antidoto della religione di Maometto, ma gli spiana la strada.
L'abortismo e l'omosessualismo non sono "diritti" da rivendicare contro il totalitarismo islamico, ma espressione di quella apostasia dell'Occidente che costituisce la principale causa dell'avanzata della Mezzaluna.
E tuttavia, di fronte ai musulmani che invadono l'Europa, altrettanto privo di senso sarebbe l'additare come nemico primo della Chiesa l'occidentalismo, abbandonando di fatto la lotta contro l'Islam. Rifiutare due errori non significa essere "equidistanti" da essi, evitando di partecipare alla battaglia in corso. Chi si astiene dalla lotta, infatti, favorisce sempre uno dei due contendenti, che generalmente è il peggiore.
Meglio è invece, scendere in campo, levando in alto la propria bandiera che, nel nostro caso, è quella, sempre vittoriosa, della Croce. È questo il compito della Chiesa, alla quale oggi competerebbe una vigorosa campagna di evangelizzazione, per contrastare il proselitismo islamico nei ghetti multietnici e nelle periferie urbane, in ideale continuazione con la battaglia di Lepanto di cui il 7 ottobre ricorre il 440° anniversario.
Gli equidistanti però, anche quando si dicono cattolici, ignorano lo spirito della militanza cristiana. Essi aborrono lo spirito di sacrificio, soprattutto quando si manifesta nella lotta. Scegliendo di non combattere sono rassegnati alla sconfitta e, poiché ne sono consapevoli, definiscono la sconfitta come un ineluttabile portato della storia, di cui essi soli sarebbero in grado di prevedere il corso.
Ieri credevano nell'inevitabile avvento del comunismo, oggi in quello, altrettanto inarrestabile, dell'Islam, al cui interno cercano di distinguere l'autentico insegnamento del Corano dalle sue deformazioni estremistiche, così come nel comunismo distinguevano tra Marx da una parte e i suoi "traditori", Lenin e Stalin, dall'altra.
I terzaforzisti sono rassegnati alla conquista musulmana dell'Europa e confidano nell'Islam "dal volto umano" dei Fratelli Musulmani, così come ieri confidavano nel compromesso storico di Berlinguer e nella perestrojka di Gorbaciov. Allo spirito di Lepanto preferiscono l'arrendismo equidistante della Pace di Monaco, che nel 1938 regalò a Hitler l'Europa centrale.
Dietro questa posizione di "terza forza" c'è, oltre che una profonda debolezza psicologica, la mancanza di quella articolata e coerente visione del mondo che il cristiano deve sempre affermare nelle sue lotte: ieri contro il liberalismo, oggi contro l'islamismo e il relativismo culturale e morale che ci aggredisce.
Ma i terzaforzisti, che criticano il relativismo della società occidentale, rifiutano il concetto di Cristianità e di Civiltà cristiana, negando con ciò ogni applicazione rigorosa della verità cristiana all'ordine politico e sociale.
Essi poi vorrebbero combattere il relativismo morale dell'Occidente con un relativismo religioso altrettanto dissolutore. Si dicono cristiani, ma sostengono che l'"universalità" del Cristianesimo porta all'equiparazione delle religioni, vie diverse alla comune salvezza, possibile nell'unità trascendente delle religioni.
Ciò che detestano, come i moderati, a cui si apparentano, è la professione integra e senza compromessi del cattolicesimo. A loro la verità assoluta sembra un eccesso altrettanto deplorevole dell'errore. Rifiutano l'"integralismo", ma con estremo fanatismo propugnano il neutralismo nella politica internazionale e l'ecumenismo nella vita religiosa La posizione di equidistanza consente loro di non combattere per verità in cui non credono.
I terzaforzisti, come tutti i centristi, non hanno idee proprie, cioè visioni profonde delle cose: si nutrono dei luoghi comuni. Non vogliono essere isolati dal proprio tempo, ma si immergono nel suo flusso, al contrario degli intransigenti che lottano per uniformare la società alla visione cristiana del mondo.
Sono i princìpi che reggono il mondo, e la modernità è un blocco che si sta disfacendo, proprio perché è stata fondata sulla negazione dei princìpi perenni della Civiltà cristiana. Occorre evitare che l'Islam pianti la sua bandiera nelle rovine della modernità. Il Cristianesimo non è stato e non sarà mai una "terza forza", ma è, e deve essere, la prima, nel cuore degli uomini e nella società intera.

Fonte: Radici Cristiane, n. 68 - ottobre 2011

5 - IL MINISTRO DEGLI ESTERI FRANCO FRATTINI NON TROVA NULLA DA RIDIRE CONTRO LA LEGGE ISLAMICA IN LIBIA
Occorre invece adoperarci per abolire la sharia, perché per l'islam la disuguaglianza tra uomo e donna, musulmano e non musulmano non può essere messa in discussione
Autore: Valentina Colombo - Fonte: La Bussola Quotidiana, 25/10/2011

«Bisogna abolire la sharia, la legge islamica, ovvero le pene corporali, come la lapidazione della donna per adulterio e la decapitazione per apostasia. Bisogna abolirla in tutti i paesi musulmani per affermare l'uguaglianza tra uomo e donna, tra musulmano e non musulmano, perché per l'islam la disuguaglianza tra uomo e donna e musulmano e non musulmano sono concetti eterni, che non possono essere messi in discussione», queste le parole di Lafif Lakhdar, intellettuale liberale tunisino residente in Francia,  che non è per nulla entusiasta dei primi risultati elettorali che provengono dal proprio paese.
Di tutt'altro parere è il nostro Ministro degli Esteri Franco Frattini che, commentando l'annuncio del presidente del Consiglio Nazionale di Transizione libico, Mustafa Abdel Jalil, ha dichiarato: «La cosa che conta è che la shari'a (come base della costituzione libica) lasci le libertà, la libertà di religione, la libertà di costruire chiese cristiane, come accade in Egitto, Tunisia, così in Libia». Il nostro ministro è comunque in buona compagnia. Già nel febbraio 2007 l'arcivescovo di Canterbury, Rowan Williams, aveva candidamente affermato che l'applicazione di alcuni dettami della shari'a in Gran Bretagna era «inevitabile» e che, in ogni caso, non ci sarebbe stato alcun male. È curioso, ma in primo luogo molto preoccupante, che in Europa e in Occidente ci si premuri di difendere la legge islamica quando viene ormai messa in questione dagli stessi musulmani, come Lakhdar e tanti altri. Vale la pena quindi soffermarsi per capire che cosa si intenda per sharia e che ruolo quest'ultima svolga oggi nel mondo islamico.
La shari'a, al pari della jurisprudentia romana è rerum divinarum atque humanarum notitia e nella sua accezione più ampia ricopre tutti gli aspetti della vita religiosa, sociale, politica ed economica del musulmano. Infatti accanto alle norme concernenti l'osservanza delle pratiche rituali del credente, ingloba tutta la sfera del diritto di famiglia, delle successioni e della proprietà.
La shari'a è concepita come un insieme di norme, esplicite o implicite, di origine divina e per questo inalterabili. Il diritto islamico non è quindi nato a partire da norme di diritto preesistenti, bensì le ha formulate a partire dalla parola divina nella profonda convinzione che quest'ultima offra sempre una risposta anche se talvolta risulta difficile comprenderla. Va ricordato che però e purtroppo solo il 3% dei versetti coranici contiene affermazioni a carattere legale, molte delle quali ispirate da esigenze occasionali, connesse al periodo di rivelazione. (...)
Per venire alla situazione odierna ebbene in molti stati del Nordafrica e del Medio Oriente l'islam è dichiarato nella costituzione religione di stato: in Egitto all'articolo 2, Algeria all'articolo 4, in Tunisia all'articolo 1, in Libia all'articolo 2, in Sudan all'articolo 16, in Kuwait all'articolo 2, in Qatar all'articolo 1, in Bahrein all'articolo 2, negli EAU all'articolo 7 della Costituzione provvisoria, in Yemen all'articolo 3, in Somalia all'articolo 1 capoverso 3. In Siria l'articolo 3 prevede solo che il presidente debba essere musulmano.
Alcuni Paesi della penisola arabica, nella fattispecie Arabia Saudita e Oman, non dispongono ancora di nessuna legge costituzionale propria, conseguenza naturale è la superiorità assoluta dell'islam e il considerare il Corano, una sorta di costituzione del Paese.
Inoltre la shari'a viene definita la fonte principale del diritto nelle costituzioni di: Egitto all'articolo 2, Siria all'articolo 3, Kuwait all'articolo 2, Qatar all'articolo 1, Bahrein all'articolo 2, Emirati Arabi Uniti all'articolo 7, Yemen all'articolo 3, Sudan all'articolo 9, Somalia all'articolo 50.
Sulla scia della reislamizzazione a partire dagli anni Ottanta i principi costituzionali relativi all'islam hanno acquisito una nuova dimensione, un peso maggiore in tutti gli ambiti della vita, quali lo stato, l'economia, la società. Si è assistito, anche nel diritto islamico, a una sorta di crisi di identità. Negli anni Settanta Algeria, Somalia e Sudan si sono sforzati di sostituire il diritto "straniero" imposto dall'esterno con il proprio diritto nazionale di matrice islamica. Ad Abu Dhabi, accanto al moderno codice penale, è stato reintrodotto il diritto penale islamico. In Iran trova applicazione il diritto penale islamico, senza che sia mai stato abolito il codice penale del 1926. Per quanto concerne il diritto patrimoniale invece valgono ancora le leggi di ispirazione francese. Tra il 1972 e il 1974 la Libia di Gheddafi ha dato per la prima volta nella storia dell'islam forma legislativa al diritto penale islamico. In Egitto il  tentativo di fare abolire l'articolo due della costituzione egiziana era già fallito in passato, dietro pressione dei gruppi parlamentari legati ai Fratelli musulmani, e di questo non si è fatta menzione nel referendum costituzionale dello scorso marzo, ovvero dopo la rivoluzione del Loto.
Per tornare all'affermazione del Ministro Frattini varrebbe la pena ricordare che è in nome della sharia che donne giudicate adultere vengono ancora oggi lapidate in Iran, Nigeria, Arabia Saudita, è in nome della sharia che Asia Bibi in Pakistan rischia la pena di morte, è in nome della sharia che la comunità bahai è discriminata in Egitto, è in nome della shari'a che cristiani ed ebrei vengono considerati dei dhimmi, ovvero delle popolazioni da proteggere dietro versamento di una tassa, è in nome della sharia che le donne in Arabia Saudita non sono ancora persone, è in nome della sharia che anche nel moderato Marocco non si vieta la poligamia, è sempre in nome della shari'a che una musulmana non può sposare un non musulmano a meno che quest'ultimo non si converta, è ancora in nome della shari'a che il musulmano che si converte a un'altra religione è condannato a morte.
Credo che gioire delle esternazioni del libico Abdel Jalil concernenti la shari'a, così come della vittoria del movimento El Nahdha in Tunisia che è tutto fuorché un movimento islamista moderato sia un atto per lo meno molto ingenuo e superficiale.

Fonte: La Bussola Quotidiana, 25/10/2011

6 - IL FUTURO DELLA LIBIA SARA' BASATO SULLA SHARIA
Ecco perché la guerra scellerata voluta da Francia e Gran Bretagna ha avuto il risultato immediato di consegnare su un vassoio d'argento un altro paese all'islam militante
Autore: Riccardo Cascioli - Fonte: La Bussola Quotidiana, 25/10/2011

I fondamentalisti musulmani hanno sempre considerato come primi nemici da abbattere, non i paesi occidentali, ma i regimi filo-occidentali e laici dei paesi islamici. "Regimi corrotti e nemici dell'islam", hanno sempre detto. E anche paesi sostanzialmente integralisti, come l'Arabia Saudita, sono entrati nel mirino di qaedisti e compagni per l'alleanza politico-strategica con gli Stati Uniti, che ha avuto il suo culmine con la concessione di basi per la guerra all'Iraq.
E' sempre bene tenere a mente questo particolare, soprattutto guardando alla piega che stanno prendendo gli eventi in questa regione. Sebbene a muovere le piazze e a dare il via alle manifestazioni siano state anche, e soprattutto, folle che si ribellavano a regimi corrotti e aspiravano alla libertà e alla democrazia, appare sempre più evidente che siano ora gli islamisti a prendere il controllo della situazione: i Fratelli Musulmani appaiono di gran lunga il partito più forte in Egitto, e le elezioni di novembre lo ratificheranno; al Cairo l'aria è già cambiata e a goderne maggiormente è nei territori palestinesi il partito di Hamas (che ricordiamolo è la branca locale dei Fratelli Musulmani); in Tunisia, a scrutinio non ancora terminato, il partito islamico è in netto vantaggio. A questo si deve aggiungere, soprattutto in chiave internazionale, l'irrigidimento della Turchia e il grosso punto interrogativo sul futuro dell'Iraq. Da ultimo la Libia, dove la dichiarazione di domenica del presidente del Consiglio nazionale di transizione, Mahmoud Jibril, sul futuro della Libia basato sulla sharia (la legge islamica) ha dato la sgradevole sensazione che la guerra scellerata voluta da Francia e Gran Bretagna abbia avuto il risultato immediato di consegnare su un vassoio d'argento un altro paese all'islam militante.
Tra i vecchi regimi arabi scricchiolano poi soprattutto quello di Assad in Siria, con una repressione che continua con prezzi di vite umane sempre più insostenibili, e quello yemenita. E anche il regime saudita non gode di ottima salute.
Vale a dire che si sta pericolosamente realizzando il primo punto del programma islamista, oltretutto con il sostegno o con l'implicita approvazione dei governi occidentali che pure dieci anni fa si erano mossi proprio per scongiurare questo pericolo. Ad essere più preoccupante è la noncuranza e l'irrazionale ottimismo con cui i governi europei e americano guardano all'evolversi della situazione, come le dichiarazioni del nostro ministro degli Esteri sulla situazione libica dimostrano. Si può legittimamente sperare che ci sia una evoluzione democratica, e cercare di agevolarla, ma tale speranza non può basarsi su illusioni o ignoranza dei fenomeni in corso.
Come dimostra in modo esauriente l'analisi della nostra Valentina Colombo (...), sharia e libertà religiosa sono inconciliabili. Laddove c'è la sharia là c'è la persecuzione delle minoranze religiose, cristiani in testa. Quando un governo o un partito annuncia che la legge islamica sarà il fondamento dello stato, dovrebbe scattare subito l'allarme. E' inutile fare gli appelli o approvare mozioni e risoluzioni per condannare la persecuzione dei cristiani quando si è fatto di tutto per mandare le forze islamiste al governo. Quando è possibile, meglio pensarci prima.

Fonte: La Bussola Quotidiana, 25/10/2011

7 - IL KATTOLICO 3: IL NUOVO LIBRO DI RINO CAMMILLERI, PIACEVOLE E GRAFFIANTE COME SEMPRE
Una miscellanea di verità sugli argomenti più disparati: storia, politica, cronaca, cinema, per fare un po' di chiarezza e smascherare gli imbrogli della contraffazione culturale
Fonte Gilgamesh Edizioni, 24/10/2011

Il Kattolico 3 è la terza raccolta degli articoli che l'autore Rino Cammilleri fa uscire ormai da anni sull'omonima rubrica del mensile di apologetica "Il Timone" diretto da Gianpaolo Barra. Una "miscellanea di verità" che tocca gli argomenti più disparati: dalla storia, alla politica, alla cronaca, al cinema con l'intento di fare un po' chiarezza e smascherare gli imbrogli della contraffazione culturale.
Ecco come l'autore descrive il titolo: "Quando inventai la sigla goliardica «il kattolico» ero giovane ed avevo ancora negli occhi le scritte, sui muri, dei rivoluzionari con la mutua e le ferie pagate: Craxi con la croce uncinata al posto della «x»,  Kossiga con la kappa e le «esse» tracciate a mo' di SS. L'uso della kappa in luogo della «c» dura faceva molto lingua tedesca, il tedesco faceva molto nazista e nazista (o fascista, era lo stesso) era chiunque si opponesse alla Rivoluzione. Da qui la decisione di provocare mettendomela da solo, la kappa. Anche perché dava, come tutti i simboli, un'idea immediata e sintetica. Il messaggio era: qui parla un cattolico tosto, di quelli che non porgono l'altra guancia (di Cristo, non la propria) e non hanno peli sulla lingua. Del resto, la polemica è un genere letterario tra gli altri."
Rino Cammilleri, 60 anni, agrigentino. Ha al suo attivo una trentina di volumi pubblicati coi maggiori editori nazionali. Tra le opere più recenti, Il crocifisso del samurai (Rizzoli) e Dio è cattolico? (Lindau). Tiene rubriche su «Il Timone», «Il Giornale» e il quotidiano online «La Bussola».

Fonte: Gilgamesh Edizioni, 24/10/2011

8 - LETTERE ALLA REDAZIONE: IL VIDEO CHE MOSTRA I VESCOVI CHE NON DANNO LA MANO AL PAPA STRAVOLGE LA REALTA'
Il filmato è stato diffuso dai laicisti che vorrebbero dimostrare con questi trucchetti la debolezza della Chiesa
Autore: Giano Colli - Fonte: Redazione di BastaBugie, 25/10/2011

Gentilissima redazione di BastaBugie,
vi segnalo un filmato su YouTube, dove il comportamento di certi prelati tedeschi, nei confronti del Santo Padre, lo definisco allucinante e eretico.
Un saluto e una preghiera.
Sandro

Caro Sandro,
il filmato sta girando in internet e mostra la visita del Santo Padre in Germania. In questo video metà dei vescovi dà la mano al Papa e l'altra metà no. Lo scopo del video è fare vedere che il Papa è isolato e osteggiato perfino da vescovi e cardinali. Tu ti sei indignato per i vescovi che non hanno dato la mano al Papa, ma la realtà è un'altra: sono quelli che gli hanno dato la mano che hanno sbagliato!!!
Con la mano il Papa indica i vescovi che sta presentando... Quel gesto voleva presentare i vescovi, non ricevere una stretta di mano. Il Santo Padre (come ogni vescovo) si saluta baciando l'anello, non certo stringendo la mano. Non è un caso che gran parte del seguito del Papa, informato del protocollo, non gli stringa la mano.
Guardando attentamente il filmato, infatti, si vede che la seconda stretta di mano dopo il cardinale Segretario di Stato Bertone, trova il Papa un po' spiazzato perché sa bene che non gli dovevano stringere la mano.
Insomma il Papa non sta aspettando la stretta di mano dei vescovi ma sta presentando gli stessi al presidente tedesco Christian Wullf.
Come accennavo all'inizio, bisogna capire il motivo per cui il video è stato diffuso. E' evidente che è stato usato da chi vuole dimostrare la debolezza della Chiesa.
Se non sei ancora convinto, rifletti sul fatto che il primo vescovo è il cardinal Bertone, che è Segretario di Stato Vaticano. Si può pensare forse che non rispetti l'autorità del Papa? O è più probabile che conosca benissimo il protocollo e quindi sa di non dovergli dare la mano?
Inoltre, considerando l'intelligenza del Papa, certamente se si fosse visto umiliare non penso che avrebbe continuato a far cenno con la mano per farsi umiliare ancora. Quando è stato rifiutato all'Università della Sapienza di Roma, il Papa ha preferito declinare l'invito anziché andare a farsi umiliare.
Dobbiamo, caro Sandro, approfondire sempre le questioni, non fidandoci della prima impressione, per non cadere nelle trappole dei laicisti che stravolgono la realtà con questi video creati ad arte per gettare scompiglio tra i cristiani.
Ecco la nostra missione di svelare le bugie. Continua a seguirci.
 
Ecco il video "I più bei momenti del viaggio di Benedetto XVI in Germania".
www.youtube.com/watch?v=ZScM_tqfDTU
N.B. Per scelta NON pubblichiamo il video di cui si parla nell'articolo per non dare ulteriore pubblicità al video stesso.


DOSSIER "LETTERE ALLA REDAZIONE"
Le risposte del direttore ai lettori

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Fonte: Redazione di BastaBugie, 25/10/2011

9 - OMELIA XXXII DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO - ANNO A - (Mt 25,1-13)
Le vergini che erano pronte entrarono con lui alle nozze e la porta fu chiusa
Autore: Padre Gabriele M. Pellettieri - Fonte: Il settimanale di Padre Pio, (omelia per il 6 novembre 2011)

Con la parabola delle dieci vergini, che la Liturgia propone oggi alla nostra meditazione, ci immettiamo nel cosiddetto "discorso escatologico" di Gesù (Mt 24; 25), nel quale alle profezie sulla distruzione della città santa e sulla fine del mondo fa seguito l'insegnamento sulla vigilanza richiesta al cristiano. Tale dottrina è esposta dal Signore in tre parabole: la parabola del servo fedele, la parabola delle dieci vergini e la parabola dei talenti. Il "discorso escatologico" termina con l'insegnamento di Gesù sul giudizio finale (ivi, 25,31-46) che, molto opportunamente, la Liturgia inserisce nell'ultima domenica del Tempo ordinario, in cui la fine dell'Anno liturgico vuole rappresentare la fine dei tempi e il ritorno del Signore quale supremo giudice dei vivi e dei morti.
Nella parabola delle dieci vergini il Signore usa una scena di nozze, tanto frequente nel mondo ebraico, per ribadire la necessità della vigilanza nell'attesa del giudizio finale. Secondo la tradizione ebraica, nella cerimonia di nozze un corteo formato da amici dello sposo e amiche della sposa andava a prendere la sposa a casa di suo padre e, con lampade accese, la conduceva a casa dello sposo dove, una volta giunto lo sposo, si teneva la cena nuziale. Le dieci vergini della parabola, dunque, attendevano lo sposo, ma non tutte con la medesima vigilanza: cinque, infatti, avevano poco olio nelle lampade. La Tradizione ha ravvisato nelle lampade il simbolo della fede e nell'olio il simbolo della carità che, sola, ammette al banchetto del Cielo. Dunque le vergini stolte avevano la fede (le lampade), ma non la carità (l'olio) e per questo non furono ammesse al banchetto. È quanto afferma anche s. Giacomo nella sua lettera: «Che giova [...] se uno dice di avere la fede ma non ha le opere? Forse che quella fede può salvarlo? [...] la fede se non ha le opere, è morta in se stessa» (Gc 2,14.17). Dunque, come la lampada senza l'olio è spenta, così la fede senza la carità è morta.
Bisogna ben comprendere che la parabola delle dieci vergini, con tutta la suggestiva bellezza e l'arcano incanto che da essa promana, non è indirizzata solo alle anime consacrate, come spesso si tende a credere. Essa è rivolta ad ogni fedele, la cui anima – al di là dello stato di vita – è in attesa dello Sposo Divino che, se l'avrà meritato, le schiuderà le porte del Regno dei cieli, dove il Matrimonio non esisterà più perché gli uomini saranno come «angeli nel cielo» (Mt 22,30).
Il Signore, dunque, ci esorta a tener le lampade accese, con una cospicua riserva d'olio, perché non si spengano; ci esorta alla vigilanza perché non sappiamo in quale giorno «il Figlio dell'uomo verrà» (ivi, 16,27). La vigilanza consiste anzitutto nell'osservanza dei Comandamenti, nella preghiera, nella mortificazione e nella pratiche di tutte le virtù cristiane.
Va notato, inoltre, che l'epilogo della parabola, con le vergini stolte che rimangono infelicemente fuori del banchetto, non si riferisce alla Vita eterna, ma agli ultimi istanti della vita terrena, quando, in attesa della venuta del Signore, si vorrebbe recuperare il tempo sciupato nel corso della vita e non è più possibile! Alla resa dei conti, cioè al fatidico momento del trapasso che verrà per tutti, quante cose si vorrebbe aver fatto, mentre ci si trova a mani vuote e il tempo è ormai compiuto! Per questo l'omiletica di un tempo insisteva tanto sull'importanza dei cosiddetti Novissimi (morte, giudizio, inferno, Paradiso). E ciò faceva con infinita saggezza. Infatti, «Nella vita dell'uomo, niente è più certo della morte e niente più incerto del giorno della morte», avvertiva s. Alfonso. Di qui la necessità di non "sonnecchiare" in una vita mediocre, fatta di continui compromessi e cedimenti, servendo un po' Dio e un po' il mondo. Non è questa, infatti, la vita di un vero cristiano in attesa del suo Sposo e Giudice!
Padre Pio era inesorabile con i suoi figli spirituali quando si trattava di scuoterli dal torpore di una vita cristiana mediocre, negando persino loro l'assoluzione sacramentale per esortarli alla necessaria vigilanza. «La presente vita – scrive nel 1918 ad una figlia spirituale – non ci è data se non per acquistare l'eterna, e per mancanza di questa riflessione fondiamo i nostri affetti in quello che appartiene a questo mondo, nel quale andiamo passando; e quando bisogna lasciarlo ci spaventiamo e ci turbiamo. Credetemi [...], per vivere contenti nel pellegrinaggio, bisogna aver presente agli occhi nostri la speranza dell'arrivo alla nostra patria, dove eternamente ci fermeremo» (Epistolario III, pp. 725-726).
Le vergini stolte, in effetti, furono tali proprio per quella mancanza di riflessione – per dirla con Padre Pio – sulle realtà future che invece fu propria delle sagge.
La Chiesa c'invita costantemente alla considerazione delle realtà future e alla saggia vigilanza che ne deriva. Ascoltiamo, dunque, il richiamo di questa provvida Madre, così ben espresso da uno dei suoi figli più illustri, s. Agostino: «Veglia con il cuore, veglia con la fede, con la carità, con le opere [...]; prepara le lampade, bada che non si spengano [...]; alimentale con l'olio interiore di una retta coscienza; rimani unito allo Sposo con l'amore, perché egli ti introduca nella sala del banchetto, dove la tua lampada non si spegnerà mai».

Fonte: Il settimanale di Padre Pio, (omelia per il 6 novembre 2011)

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