BastaBugie n�241 del 20 aprile 2012

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1 E' LECITO COOPERARE CON CHI PROPAGANDA IL MALE? UN CATTOLICO PUO' ADERIRE ALLA MARCIA DEI RADICALI DEL 25 APRILE?
Ecco il video-testimonianza di Danilo Quinto, ex tesoriere del Partito Radicale, che rivela tutte le scorrettezze di Pannella e soci
Autore: Danilo Quinto - Fonte: Corrispondenza Romana
2 A QUARANT'ANNI DALLA MORTE DI SANTA GIANNA BERETTA MOLLA, RICORDIAMO LA SPOSA FEDELE E LA MAMMA EROICA PRONTA A DARE LA VITA PER I FIGLI
Un dvd (da ordinare) racconta la sua storia e un video (da vedere subito) propone una trasmissione di Rete 4 a lei dedicata
Autore: Giovanni Fighera - Fonte: La Bussola Quotidiana
3 IL NOSTRO REGALO PER L'8 MARZO SONO GLI UOMINI
Amo gli uomini perché ci fanno sentire indispensabili, perché non si perdono nei dettagli, perchè sanno mantenere salda la bussola ed essere lucidi, razionali e affidabili
Autore: Costanza Miriano - Fonte: www.costanzamiriano.wordpress.com
4 FINALMENTE E' USCITO IL DVD DEL FILM DI DUNS SCOTO, SOSTENITORE DELL'IMMACOLATA CONCEZIONE DI MARIA
Ecco l'intervista al produttore del film sul frate francescano che si oppose a Filippo il Bello, pur di difendere il Papa
Autore: Paul De Maeyer - Fonte: Zenit
5 LORENZO ORNAGHI, MINISTRO DELLA CULTURA, PROMETTE FINANZIAMENTI PER RICORDARE GIOVANNI PASCOLI, MASSONE E SOCIALISTA
Invece mancano i fondi per ristampare le ormai introvabili Memorie di Giacomo Margotti, il testo più importante ed esauriente sulla storia del risorgimento: forse il motivo è che ricorda, con i documenti dell'epoca, la persecuzione del Regno di Sardegna nei confronti della Chiesa e del clero?
Autore: Angela Pellicciari - Fonte: La Bussola Quotidiana
6 COSA FARE SE UN CARDINALE INSEGNA COSE SBAGLIATE IN MATERIA NON OPINABILE?
Il cardinal Martini si dichiara a favore dei matrimoni omosessuali: eppure i fedeli hanno il diritto di essere aiutati a riconoscere l'errore e l'errante deve essere smascherato
Autore: Mario Palmaro - Fonte: La Bussola Quotidiana
7 NUOVA LEGGE PER GLI ARRESTI INDISCRIMINATI: LA POLIZIA CINESE POTRA' FARE QUELLO CHE VUOLE
La forza militare è il pilastro su cui poggia il sistema politico mono-partitico cinese: già l'anno scorso 3.833 dissidenti sono finiti in carcere (l'86 x cento di questi arresti non aveva alcuna base legale)
Fonte: AsiaNews
8 NELLE PRIME STORIE TARZAN CREDEVA IN DIO, MA I FILM E I CARTONI ANIMATI CHE LO HANNO RESO CELEBRE HANNO NASCOSTO QUESTO PARTICOLARE
L'eroe della foresta si imbatté nella parola ''God'' (''Dio'', in inglese): di lì ebbe inizio una ricerca che lo portò a scoprire la pietà per il nemico
Autore: Roberto Zanini - Fonte: Avvenire
9 OMELIA III DOMENICA DI PASQUA - ANNO B - (Gv 20,19-31)
Così sta scritto: il Cristo patirà e risorgerà dai morti il terzo giorno, e nel suo nome saranno predicati a tutti i popoli la conversione e il perdono dei peccati
Fonte: Il settimanale di Padre Pio

1 - E' LECITO COOPERARE CON CHI PROPAGANDA IL MALE? UN CATTOLICO PUO' ADERIRE ALLA MARCIA DEI RADICALI DEL 25 APRILE?
Ecco il video-testimonianza di Danilo Quinto, ex tesoriere del Partito Radicale, che rivela tutte le scorrettezze di Pannella e soci
Autore: Danilo Quinto - Fonte: Corrispondenza Romana, 11/04/2012

I Vescovi della Basilicata – tutti – nei giorni scorsi sottoscrivono un testo di adesione alla Marcia che i radicali hanno organizzato il prossimo 25 aprile, a Roma. Affermano: «La Pasqua del Signore Gesù Cristo è la vittoria della vita sulla morte che annuncia la liberazione dal peccato e dalle sue conseguenze sul piano personale e sociale. Nella sua quotidiana missione di testimonianza del Vangelo la Chiesa sente che l'impegno per l'amnistia, la giustizia, la libertà rappresenta un fatto che va nella direzione di una possibile e necessaria riconciliazione».
Pannella, a "Radio Radicale", accoglie questa adesione e dice: «Dobbiamo ringraziare i Vescovi lucani perché esprimono quel sensus fidelium che in qualche misura è anticipazione teologica dell'essenza della democrazia. Sensus fidelium significa che se per il popolo dei fedeli vive l'imperio della legge, quella legge vive. Questo è il dogma soggiacente e il mantra della democrazia».
Il sito di Radicali Italiani, aggiunge: «Laici e cattolici si ritrovano uniti nell'obiettivo di interrompere la flagrante violazione di diritti umani universalmente acquisiti sia per la drammatica situazione delle carceri, sia per il malfunzionamento della giustizia soffocata da dieci milioni di procedimenti penali e civili inevasi. Lo dimostrano gli annunci di partecipazione alla II Marcia per l'amnistia, la giustizia e la libertà, di Don Antonio Mazzi (che già promosse la marcia di Natale del 2005), di Don Luigi Ciotti, di Don Andrea Gallo, di venti cappellani delle carceri, della rivista Tempi, del volontariato cattolico e del sostegno dei Vescovi della Basilicata a partire da Monsignor Agostino Superbo».
Chi crede sa che il "sensus fidelium" è il dono di riconoscere la Verità, quella che proviene da Dio. Non c'entra nulla con la politica e la democrazia, evocata da Pannella, che rappresenta, nel contesto italiano, la quintessenza dell'ideologia contraria ai principi del diritto del diritto naturale, posti a fondamento della Sacra Scrittura e della dottrina cattolica. Il divorzio, l'aborto, la promozione dell'omosessualità e tutte le battaglie contro la vita promosse dal leader radicale, sono impregnate di quella cultura del male che si contrappone al bene, alla Verità.
Si potrebbe dire, ed è stato anche autorevolmente detto: va bene, è così, non siamo d'accordo su molte cose, ma se viene detta una cosa giusta – come in questo caso per la dignità dei carcerati – bisogna riconoscerlo. Una balla. Non c'è un solo rigo del Nuovo Testamento che consenta di cooperare con chi si diletta a propagandare il male, anche se – sempre per propaganda – si dovesse vestire, in base alle circostanze, con abito bianco e candido. «Se prendete un  albero buono, anche il suo frutto sarà buono; se prendete un albero cattivo, anche il suo frutto sarà cattivo: dal frutto infatti si conosce l'albero», dice il Vangelo di Matteo (12,33).
Sempre Matteo, in conclusione del suo Vangelo, scrive: «Andate dunque e ammaestrate tutte le nazioni, battezzandole nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo, insegnando loro ad osservare tutto ciò che vi ho comandato. Ecco, io sono con voi tutti i giorni, fino alla fine del mondo». Sono parole che obbligano i cattolici ad accogliere con adesione interiore ed obbedienza gli insegnamenti del Papa e dei Vescovi in comunione con Lui.
Se è così – e così è – poniamo con rispetto ai Vescovi della Basilicata una domanda: invece d'intervenire politicamente a sostegno delle azioni di Pannella e dei radicali, perché non impegnano e dedicano il tempo delle loro preghiere per la loro conversione? Sarebbe, questo, un insegnamento più aderente a quel che Gesù Cristo ha chiesto loro di fare: insegnare le verità relative a Dio e la necessità che gli uomini vi si conformino. Solo questo.

Nota di BastaBugie: vi invitiamo a guardare questa bellissima testimonianza di Danilo Quinto, ex tesoriere del Partito Radicale dal 1995 al 2005. Convertito, grazie alla moglie, a Gesù Cristo adesso viene perseguitato da Pannella e soci

http://www.youtube.com/watch?v=Wc77g25elQs


Per leggere la storia della conversione di Danilo Quinto, vai a
https://www.bastabugie.it/it/articoli.php?id=2160

Fonte: Corrispondenza Romana, 11/04/2012

2 - A QUARANT'ANNI DALLA MORTE DI SANTA GIANNA BERETTA MOLLA, RICORDIAMO LA SPOSA FEDELE E LA MAMMA EROICA PRONTA A DARE LA VITA PER I FIGLI
Un dvd (da ordinare) racconta la sua storia e un video (da vedere subito) propone una trasmissione di Rete 4 a lei dedicata
Autore: Giovanni Fighera - Fonte: La Bussola Quotidiana, 14/04/2012

Siamo bombardati quotidianamente e in mille modi (dai film ai romanzi, dalle riviste agli articoli giornalistici) da messaggi che inneggiano all'edonismo sfrenato e ad un becero carpe diem. L'amore è, spesso, sostituito dalle parole «sesso», «piacere» e «tradimento». Piuttosto che del rapporto matrimoniale si preferisce parlare di convivenze, di rapporti momentanei e fuggevoli. Insomma, oggi è trasgressivo usare la parola «matrimonio».
Il 28 aprile 2012 ricorrono i quarant'anni dalla morte di santa Gianna Beretta Molla, colei che è stata definita la santa del matrimonio e della quotidianità. Perché ha ancora senso proporre questa figura ai giovani e agli adulti di oggi? Le lettere di Gianna ci aiutano a capirne meglio le ragioni. Fitto e intenso è l'epistolario che Gianna scrive sia durante il fidanzamento durato tre anni (dal 1952 al 1955) che nei pochi anni di matrimonio (dal 1955 al 1962). «Le Lettere al marito di santa Gianna sono […] come una luce concessa in tempi difficili per riaffermare che il matrimonio è dono di grazia, è via di un uomo e una donna che con il loro amore danno espressione e visibilità all'amore bello e straordinario di Dio» (Elio Guerriero).
Nei mesi del fidanzamento ufficiale, dal febbraio 1955 al settembre 1955, le epistole sono tutte animate dal desiderio di rendere felice il futuro marito. Il 21 febbraio 1955 Gianna scrive: «Vorrei proprio farti felice ed essere quella che tu desideri: buona, comprensiva e pronta ai sacrifici che la vita ci chiederà. […] Ora ci sei tu, a cui già voglio bene ed intendo donarmi per formare una famiglia veramente cristiana». La gioia e il senso di gratitudine per il dono imprevisto che è stato l'incontro con il futuro marito Pietro si uniscono alla consapevolezza che tutti i suoi sforzi non basteranno a realizzare ciò. Questa coscienza si traduce in domanda e preghiera che Colui che ha avviato l'opera la porti a termine. La lettera di tre settimane più tardi è tutta animata da questo sentimento: «Pietro, potessi dirti tutto ciò che sento per te! Ma non sono capace, supplisci tu. Il Signore proprio mi ha voluto bene. Tu sei l'uomo che desideravo incontrare, ma non ti nego che più volte mi chiedo: «Sarò io degna di lui?». Sì, di te, Pietro, perché mi sento così un nulla, così capace di niente che, pur desiderando grandemente di farti felice, temo di non riuscirvi. E allora prego così il Signore: «Signore, tu che vedi i miei sentimenti e la mia buona volontà, rimediaci tu e aiutami a diventare una sposa e una madre come Tu vuoi e penso che anche Pietro lo desideri». Va bene così, Pietro?».
Il 24 settembre 1955 Gianna e Pietro si sposano. Gianna è sempre più desiderosa di compiere la volontà di Dio nel matrimonio. Si rende conto delle proprie manchevolezze e chiede aiuto e correzioni al marito: «Pietro, se vedi che faccio qualcosa che non va bene, dimmelo, correggimi, hai capito? Te ne sarò sempre riconoscente». Umiltà e riconoscimento che l'altro ci è dato per camminare con e verso Cristo: sono questi due tratti fondamentali del matrimonio di Gianna, sostenuto sempre dalla preghiera e dalla offerta a Cristo. Scrive Don Luigi Giussani che la coscienza del matrimonio come sacramento «implica che l'unità delle loro persone [cioè degli sposi] sia intesa e vissuta in funzione del Regno di Dio e quindi della gloria a Cristo. Del resto la vita stessa ci è stata data per dar gloria a Cristo». La letizia dell'animo di Gianna non è scevra di quel sano realismo cristiano che permette di guardare la realtà nella sua complessità partendo dall'esperienza di quanto accade, non esaltando tutto acriticamente, ma nel contempo non ripudiando ciò che può essere foriero di sacrifici, sofferenze o dolore.
Non è un atteggiamento improntato a masochismo, ma semplice e spontaneo dono di sé all'altro, alla presenza di quel Tu, Cristo, che li ha chiamati alla strada vocazionale del matrimonio, che è lì nell'unione sacramentale e che porterà a termine le opere avviate dai due sposi. Gli sposi ricevono «il Sacramento dell'Amore» e diventano «collaboratori di Dio nella creazione» dando «a Lui dei figli che Lo amino e Lo servano». Così, con gioia la coppia si apre al dono della vita nascente. Vengono alla luce Pierluigi, Mariolina, Laura. La quarta gravidanza sarà, però, accompagnata dalla notizia della malattia di Gianna. La presenza di un fibroma nell'utero costituisce un pericolo per la vita della madre. Solo l'aborto, in base alle conoscenze e competenze mediche dell'epoca, potrebbe rappresentare una salvaguardia per la sua vita.
Gianna decide di portare avanti la gravidanza, si fa asportare il fibroma, cosciente del grave rischio che la sutura praticata nell'utero possa cedere. Durante la degenza in ospedale per l'intervento scrive ai figli: «Carissimi miei tesori, papà vi porterà tanti tanti bei bacioni grossi, vorrei tanto poter venire anch'io, ma devo stare a letto, perché ho un po' bibi. Fate i bravi, ubbidite alla Mariuccia e alla Savina […]. Vi ho qui nel cuore e vi penso ogni momento. Dite un'Ave Maria per me, così la Madonnina mi farà guarire presto, e potrò tornare a Courmayeur a riabbracciarvi e stare con voi». Il 20 aprile 1962 Gianna entra in ospedale dove viene sottoposta a taglio cesareo. Nasce Gianna Emanuela. Subentra, però, una peritonite. In una lenta agonia si consumano gli ultimi giorni in ospedale.
Il 28 aprile all'alba, in seguito a sua richiesta, viene riportata a casa, dove morirà alle 8 del mattino, accanto al marito e ai figli. Il 16 maggio 2004, alla presenza del marito, dei figli e dei nipoti Gianna Beretta Molla viene canonizzata. «Prendeva finalmente forma e concretezza il desiderio di tanti di vedere sugli altari donne ed uomini del laicato cattolico, donne ed uomini sposati e divenuti santi vivendo il sacramento dell'amore cristiano nel Signore» (Elio Guerriero).

Nota di BastaBugie: consigliamo l'acquisto del dvd "La scelta di amare. Un documentario sulla vita di S. Gianna Beretta Molla". Se ne può acquistare uno o anche molti per diffonderli in parrocchia, a scuola, tra gli amici. Può essere richiesto a Associazione Luci sull'Est - Via Savoia, 80 - 00198 Roma - Tel.: 06 8535 2164 - Fax: 06 8534 5231 - www.lucisullest.it

Ecco inoltre la trasmissione "Viaggio a..." condotta su Rete 4 da Paolo Brosio dal titolo "La storia di Gianna Beretta Molla"

http://www.youtube.com/watch?v=uq5aU9Zpjyg


Per informazioni su Gianna Beretta Molla e per organizzare pellegrinaggi e visite a Magenta e Mesero si può consultare il sito ufficiale www.giannaberettamolla.org

Fonte: La Bussola Quotidiana, 14/04/2012

3 - IL NOSTRO REGALO PER L'8 MARZO SONO GLI UOMINI
Amo gli uomini perché ci fanno sentire indispensabili, perché non si perdono nei dettagli, perchè sanno mantenere salda la bussola ed essere lucidi, razionali e affidabili
Autore: Costanza Miriano - Fonte: www.costanzamiriano.wordpress.com

Amo i maschi perché si prendono selvaggiamente a colpi di spada di legno per contendersi il titolo di Supremo Sovrano del Corridoio, e tredici secondi dopo essersi scannati si dividono maschiamente una bottiglia di coca cola, per poi ricominciare a giocare come se niente fosse.
Li amo perché non faranno mai uno psicodramma, come le loro coetanee, non scenderanno negli abissi singhiozzanti della disperazione solo perché qualcuno "mi ha detto che sono cattivaaaa".
Li amo perché il massimo della ripicca che possono concepire è un calcio, e non faranno mai perfidi commenti sottovoce sul colore della maglietta della loro nemica, alle sue spalle.
Li amo perché sono il modello base, la fiat 127 del genere umano: senza optional ma solidi e irrinunciabili.
Amo gli uomini quando montano mensole, riempiono buchi con lo stucco, trovano canali e accroccano soluzioni. Quando non vogliono fermarsi a chiedere la strada, e alla fine, pur facendo sei volte il giro della piazza la trovano, mantenendo un dignitoso contegno.
Li amo anche se fanno domande e poi quando lei comincia a rispondere escono dalla stanza.
Li amo quando, interrogati: "ti ricordi quello che ti ho detto ieri di Annalisa?", con gli occhi persi nel vuoto frugano affannosamente nella memoria e fingono di sapere bene e rispondono a monosillabi per non tradirsi, per non lasciar trapelare che del segreto dell'amica si sono dimenticati nell'istante stesso in cui glielo avete solennemente confidato.
Amo l'uomo anche quando ha lo sguardo assorto, si chiude nel silenzio e nel lasso di tempo in cui voi vi convincete, in una escalation di pessimismo, che presto vi dirà che il vostro rapporto è al capolinea, loro in realtà hanno elaborato complessi pensieri del tenore di: quasi quasi ordino una pizza; questo divano è scomodo; speriamo che esonerino l'allenatore.
Amo gli uomini perché senza le femmine sono totalmente disabili alla vita sociale, si aggirano nel mondo persi e disadattati. Li amo perché ci fanno sentire indispensabili.
Amo come scrivono, come suonano, come cantano. Li amo perché loro sì che hanno gusto nella musica, nell'architettura, nell'arte.
Amo gli uomini perché sanno mantenere uno sguardo di insieme, e analizzare lucidamente le economie globali, ma non riusciranno a concepire un piano organizzativo che riesca a conciliare pediatra e lezione di danza e merenda.
Li amo anche quando, certi dell'amore della loro diletta – che trascorre ore a cercare di mantenere un accettabile livello estetico, a levigarsi e profumarsi e depilarsi ogni area critica – gironzolano per casa con abiti informi.
Li amo anche quando buttano le chiavi di casa nel cassonetto della spazzatura, si confondono i giorni della settimana e gli amici dei figli, portano trionfanti a casa buste della spesa piene di oggetti inutili.
Li amo perché non si perdono nei dettagli, e sanno mantenere salda la bussola, ed essere lucidi e razionali e affidabili quando noi precipitiamo nei gorghi misteriosi che ci portiamo dentro.
Li amo perché fanno il lavoro grosso per noi, e quando noi complichiamo troppo le cose, sanno invocare al momento giusto il Grande Capo Estiqaatsi.
Amo gli uomini perché sono loro il nostro regalo per l'8 marzo.

DOSSIER "FESTA DELLA DONNA"
L'ideologia dell'8 marzo

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Fonte: www.costanzamiriano.wordpress.com

4 - FINALMENTE E' USCITO IL DVD DEL FILM DI DUNS SCOTO, SOSTENITORE DELL'IMMACOLATA CONCEZIONE DI MARIA
Ecco l'intervista al produttore del film sul frate francescano che si oppose a Filippo il Bello, pur di difendere il Papa
Autore: Paul De Maeyer - Fonte: Zenit, 17/03/2012

Il lungometraggio "Duns Scoto", vincitore al festival cattolico internazionale Mirabile Dictu come migliore film e attore protagonista, è disponibile da pochi giorni in DVD nel circuito delle librerie cattoliche.
Essendo un'opera prima dalla storia molto originale, abbiamo intervistato il produttore, padre Alfonso M. Bruno, responsabile dell'Ufficio Comunicazione del suo Istituto Religioso, per conoscere la genesi e le motivazioni che hanno condotto i Francescani dell'Immacolata (...) a cimentarsi nel cinema.
COME NASCE QUESTO PROGETTO?
L'idea del film sul beato Giovanni Duns Scoto nasce nel 2007, da un vago desiderio degli studenti di filosofia e teologia dei Francescani dell'Immacolata. Lo scopo era quello di far conoscere maggiormente al grande pubblico il maestro di una scuola di pensiero, nell'approssimarsi del settimo centenario della sua morte. L'anno successivo il progetto ha iniziato a prendere corpo grazie a un lavoro metodico e dedicato che mi ha visto coinvolto per passione, per formazione accademica e per ruolo d'ufficio nella comunicazione del mio Istituto religioso. Dall'idea, quindi si è passati a un progetto e il progetto ci ha condotti verso provvidenziali incontri con "addetti ai lavori" del mondo cinematografico.
CI RACCONTI IL SUO INCONTRO CON IL REGISTA FERNANDO MURACA.
Il carattere cosmopolita, ma anche la tradizione cinematografica e culturale di una città come Roma, da dove siamo partiti per la pre-produzione, ci ha permesso d'incontrare una serie di persone e personaggi che vivono di cinema. Per un progetto come il nostro, tuttavia, oltre alle capacità artistiche e tecniche era necessaria anche una certa sensibilità religiosa. Interpretare la vita di un religioso del quale la Chiesa riconosce la pratica eroica delle virtù, non poteva prescindere da un minimo di conoscenza ed empatia col mondo del francescanesimo e del medioevo cristiano. Quest'esigenza ha affievolito notevolmente la "rosa dei candidati", ma paradossalmente proprio questo ci ha permesso di conoscere Fernando Muraca. Pochi, infatti, sono i registi cattolici che si dichiarano tali e che trasmettono i valori della loro fede nella professione. In lui abbiamo intuito da subito la capacità di portare a termine il progetto, grazie alle sue motivazioni professionali, ma anche alla sua fede personale. La scelta in questo caso è stata gratificata. Se da parte dei frati c'è stato l'ottimismo del neofita, da parte del regista c'è stata la sfida di costruire un film qualitativamente valido, dove la logica del profitto non fosse né la priorità, né il movente dell'azione.
COSA HA PORTATO UN FRATE FRANCESCANO A VOLER PRODURRE UN FILM?
C'è sempre stata in me la consapevolezza di quanto lo strumento cinematografico incida sulla cultura della società e la formazione delle coscienze.
Di fronte a un innegabile deficit di contenuti umanizzanti nel nostro cinema contemporaneo, ho sentito la vocazione di scendere in campo personalmente con il supporto del mio istituto religioso.
Il carisma francescano è infatti l'evangelizzazione alle masse con la parola e con l'esempio. Il cinema, come "settima arte", sintetizza le varie forme di creatività e di espressione artistica, capaci di elevare l'animo umano nella contemplazione del bello, del buono e del vero. Presentare un personaggio realmente esistito, che ha concluso il suo ciclo storico lasciando non solo dottrina, ma esempi di virtù, esplicita questa missione.
AVEVA GIÀ AVUTO ESPERIENZE LAVORATIVE DI QUESTO GENERE?
Il mio istituto religioso, ispirandosi a S. Massimiliano Maria Kolbe, da circa quarant'anni è impegnato nell'attività di apostolato attraverso i mass-media (editoria, radio, televisione). Avevamo già prodotto diversi documentari per la TV, ma per il cinema si è trattato di una prima esperienza di lungometraggio.
COME È STATO FINANZIATO QUESTO PROGETTO? COME SI È SVOLTA LA RACCOLTA DEI FONDI?
Il film è stato finanziato grazie a una vasta azione di solidarietà che rientra nella dinamica della "questua francescana". C'è stato il concorso di tantissime persone di buona volontà che cumulando i loro sforzi ci hanno permesso di raggiungere il budget operativo. C'è però da aggiungere che tutti coloro che hanno prestato la loro azione professionale nella realizzazione del film si sono dimostrati poco esosi ed è doppiamente lodevole il fatto che questo non abbia influito negativamente sulla qualità.
COME SI È SVOLTA LA PREPARAZIONE LOGISTICA DEL FILM E QUALI SONO STATI I MEZZI IMPIEGATI?
Per la location la scelta è caduta sull'abbazia di Montelabate, nei pressi di Gubbio. L'ambiente paesaggistico e la presenza di un antico monastero, rispondevano alle nostre esigenze. Alcuni mesi prima dell'inizio delle riprese, il regista stava effettuando in quel luogo il back stage per una grande produzione. Il reggente dell'abbazia, coinvolto e sensibilizzato sulla natura del progetto ha volentieri ceduto a titolo gratuito i luoghi. Premetto che la produzione che ci ha preceduti ha pagato 20mila euro per settimana per la messa a disposizione degli stessi luoghi.
Per gli alloggi, a mezz'ora di automobile da Montelabate, disponevamo di due foresterie annesse al santuario mariano di Canoscio (PG) affidato alla cura pastorale del mio istituto religioso. I miei confratelli hanno volentieri messo a disposizione gli spazi per il pernottamento di attori e troupe.
Per il servizio catering abbiamo improvvisato sul set una cucina nei locali del frantoio dell'abbazia di Montelabate. Per le derrate alimentari abbiamo contato sulla solidarietà di vari conventi di zona e per i cuochi abbiamo coinvolto alcuni confratelli e volontari, studenti di un istituto professionale alberghiero.
Gli spostamenti sono stati assunti dai pulmini dei nostri seminari e dalla buona volontà di confratelli che si sono prestati da autisti.
Anche la logistica prova come con un'azione congiunta e solidale si siano potute sopprimere, ad esempio, le spese alberghiere.
QUALI SONO LE MAGGIORI DIFFICOLTÀ CHE HA DOVUTO AFFRONTARE?
Penso che la maggiore difficoltà è stata rappresentata dalla logistica e dalla preoccupazione sul set di ottimizzare le risorse disponibili con una certa qualità estetica da dare al film. Altro elemento d'incomodo è stato il clima particolarmente rigido durante le riprese, compresi alcuni giorni di neve. C'è da dire tuttavia che proprio il periodo climaticamente avverso ha facilitato la disponibilità di persone e luoghi che difficilmente avrebbero forse lavorato nei primi giorni di gennaio.
SI OCCUPA ANCHE LEI DELLA DISTRIBUZIONE DEL FILM ? QUALI STRADE SONO STATE INTRAPRESE FINO AD ORA E QUALI HA INTENZIONE DI PERCORRERE?
Per la distribuzione del film, prima di parlare del circuito dell'home video, vorrei premettere che in fase di post produzione la Technocolor di Roma ha voluto regalarci la pellicola. Normalmente una pellicola costa settemila euro, ma gli impresari di questa società, dopo essere venuti a conoscenza della storia singolare di questo film, lodando la qualità fotografica, hanno voluto gratificarci con questo dono inaspettato. Il fatto di disporre di una pellicola di celluloide ci offre la possibilità di fare proiezioni anche nelle sale cinematografiche e infatti abbiamo presentato delle anteprime ad Ischia, Ferrara, Pesaro, Torino. Altro colpo di scena è stata la proposta degli organizzatori della Giornata Mondiale della Gioventù di Madrid 2011 di presentare questo film nelle giornate culturali a Fuencarralles. Coltiviamo il desiderio di far vedere il film al papa Benedetto XVI, data la sua particolare sensibilità culturale e filosofica. Nei nostri progetti, dopo la distribuzione nel circuito home video in atto, c'è il desiderio di approdare a qualche rete televisiva nazionale, in Italia e all'estero, continuare a concorrere a qualche festival cinematografico del settore e tentare il circuito delle sale parrocchiali che rappresentano una quota non trascurabile di potenziali spettatori.
HA INTENZIONE DI RIPETERE L'ESPERIENZA E DI CIMENTARSI ANCORA NELLA PRODUZIONE DI ALTRI FILM?
Stiamo già lavorando al soggetto di altre produzioni cinematografiche. La prima presenterà la storia di due sposi italiani, i coniugi Manelli, dei quali è in corso il processo di beatificazione per la loro generosa apertura alla vita. Accolsero numerosi figli sotto la guida spirituale di un santo come p. Pio da Pietrelcina. L'adesione della loro volontà a un progetto di vita che richiedesse tanta fede e sacrificio è un esempio oggi a quei giovani che mancano di speranza e di fede e traducono questo loro vivere nell'incertezza decisionale da un punto di vista affettivo e genitoriale.
COME SI È SENTITO QUANDO HA TROVATO DEGLI ARTISTI E TECNICI DISPOSTI A REALIZZARE IL FILM?
Ho pensato che malgrado tutto, c'è ancora tanta bontà su questa terra. Ho scoperto un mondo nuovo, di persone a cui piace il proprio lavoro, piene di talenti, ma anche non per questo avide. Il bene, purtroppo non fa notizia, ma è il motore della nostra società e merita maggiormente di essere propagandato. Oltre ad evangelizzare attraverso il cinema, penso che il mondo stesso del cinema sia un luogo di evangelizzazione. Se aiutassimo gli operatori del cinema a valorizzare la propria vita spirituale, potremmo trasformare anche i contenuti dal cinema stesso da banali e dissacranti a umanizzanti ed edificanti. Ho celebrato ogni giorno la S. Messa sul set. Da tre persone iniziali siamo arrivati a trenta e qualcuno si è anche confessato in tutta spontaneità e libertà.
La cultura cristiana ha tanto da dare anche al mondo del cinema e spero che con il nostro esempio, altri produttori d'ispirazione cristiana possano percorrere la stessa esperienza in una nobile emulazione.

Nota di BastaBugie: per ulteriori informazioni sul film di Duns Scoto e per vedere lo stupendo trailer vai a http://www.filmgarantiti.it/it/articoli.php?id=66

Fonte: Zenit, 17/03/2012

5 - LORENZO ORNAGHI, MINISTRO DELLA CULTURA, PROMETTE FINANZIAMENTI PER RICORDARE GIOVANNI PASCOLI, MASSONE E SOCIALISTA
Invece mancano i fondi per ristampare le ormai introvabili Memorie di Giacomo Margotti, il testo più importante ed esauriente sulla storia del risorgimento: forse il motivo è che ricorda, con i documenti dell'epoca, la persecuzione del Regno di Sardegna nei confronti della Chiesa e del clero?
Autore: Angela Pellicciari - Fonte: La Bussola Quotidiana, 14/04/2012

Lorenzo Ornaghi [...] si è recato a Barga in provincia di Lucca per la commemorazione di Giovanni Pascoli a cento anni dalla morte. Il ministro ha portato in dote alla Fondazione Pascoli il finanziamento del restauro, catalogazione e informatizzazione dell'Archivio Pascoli.
Giovanni Pascoli, chi era costui? In un periodo in cui tutta la cultura italiana ufficiale era in mano alla massoneria (non sapremmo dire quanto diversa sia la situazione oggi), Pascoli non faceva eccezione: aveva fatto il proprio ingresso in loggia piuttosto giovane, a ventisette anni, per l'esattezza il 22 settembre 1882, accolto nella loggia Rizzoli di Bologna. L'Agenzia parlamentare Agenparl (che si presenta come la più antica agenzia di stampa parlamentare in Italia) in un lancio del 5 aprile, ricorda come il 20 giugno 2007 il grande oriente d'Italia abbia acquistato all'asta "con rara lungimiranza" il testamento massonico di Pascoli e definisce "inquieti e labirintici" ma "essenziali i suoi studi su Dante, dove tanto si rispecchia la sua esperienza massonica". D'altronde, prosegue l'agenzia, "la lezione umana e fraterna della Massoneria" accompagnò Pascoli "sino alla fine".
La parabola politica del fratello Pascoli va dall'anarchismo giovanile (che lo porta in carcere per tre mesi), al socialismo, al nazionalismo. Socialismo, nazionalismo e internazionalismo che trovano una poetica, quanto fragile, compenetrazione nel discorso pronunciato nel 1911, un anno rima della morte, alla commemorazione di Garibaldi: dobbiamo "essere nazionalisti e internazionalisti nel tempo stesso", ma anche "socialisti e patrioti", per formare "un popolo forte e sereno che sia preparato al destino". Famoso il discorso del 21 novembre 1911 al teatro comunale di Barga in cui canta un inno alla grande proletaria che si è mossa. L'Italia finalmente è in guerra per conquistare popoli a lei inferiori e portare loro in dote la propria civiltà. Come a suo tempo aveva fatto Roma. Colonizzando la Libia gli italiani avrebbero potuto abitare "una vasta regione che già per opera dei nostri progenitori fu abbondevole d'acque e di messi, e verdeggiante d'alberi e giardini; e ora, da un pezzo, per l'inerzia di popolazioni nomadi e neghittose, è per gran parte un deserto".
Il fratello Pascoli usa l'aggettivo tanto amato nelle logge: sereni. Sì, gli italiani in Libia sarebbero stati sereni: "Vivranno liberi e sereni su quella terra che sarà una continuazione della terra nativa, con frapposta la strada vicinale del mare. Troveranno, come in patria, ogni tratto le vestigia dei grandi antenati. ?Anche là è Roma.? E Rumi saranno chiamati. Il che sia augurio buono e promessa certa. SI: Romani. SI: fare e soffrire da forti". Questo linguaggio saremmo tentati di attribuirlo a Mussolini. E invece no. E' di Pascoli che così esalta il risorgimento: "Ora l'Italia, la grande martire delle nazioni, dopo soli cinquant'anni ch'ella rivive, si è presentata al suo dovere di contribuire per la sua parte all'umanamento e incivilimento dei popoli". Ne I volontari dell'Italia giovane di Rodolfo Corselli stampato a Palermo nel 1911, viene ripresa una curiosa affermazione del poeta del fanciullino: commemorando il cinquantenario dell'Italia unita Pascoli afferma che la storia d'Italia comincia il 27 marzo 1861 con l'inaugurazione del regno.
Tutto il resto è preistoria, prologo alla vera e propria storia che deve portare l'Italia sulla scena del mondo. Noi che purtroppo fanciullini non siamo mai stati pensiamo che non sarà assolutamente possibile trovare i fondi per ristampare il testo più importante, documentato ed esauriente sulla storia del risorgimento: le Memorie per la storia dei nostro tempi dal Congresso di Parigi nel 1856 ai nostri giorni di Giacomo Margotti, diventato praticamente introvabile (2282 pagine di fatti e documenti fra cui la riproduzione di settanta circolari ministeriali attinenti la condotta del Regno di Sardegna nei confronti della chiesa e del clero). D'altronde perché sprecare tempo e soldi per occuparsi di preistoria?

Fonte: La Bussola Quotidiana, 14/04/2012

6 - COSA FARE SE UN CARDINALE INSEGNA COSE SBAGLIATE IN MATERIA NON OPINABILE?
Il cardinal Martini si dichiara a favore dei matrimoni omosessuali: eppure i fedeli hanno il diritto di essere aiutati a riconoscere l'errore e l'errante deve essere smascherato
Autore: Mario Palmaro - Fonte: La Bussola Quotidiana, 28/03/2012

Il cardinale Carlo Maria Martini si dichiara a favore del riconoscimento dei "matrimoni" tra omosessuali da parte dello Stato. Così hanno scritto nei giorni scorsi molti giornali italiani, dando alla notizia grande rilievo.
Di fronte a questo genere di faccende, il mondo cattolico "ufficiale" abbozza una serie di reazioni che in ordine logico e temporale si possono riassumere così: primo, chissà che cosa avrà detto esattamente il cardinale, e che cosa gli hanno fatto dire i giornali; secondo, il card. Martini è un uomo profetico, quindi le sue parole vanno inserite nel contesto e non estrapolate in modo strumentale; terzo, visto che la materia scotta, meglio far finta che non sia successo niente; quarto, se anche il card. Martini avesse detto davvero quello che ha detto, bisogna far finta di niente perché non si può criticare un cardinale, per evitare scandalo e divisioni nella Chiesa; quinto, se qualcuno fra i cattolici critica Martini, peste lo colga, perché così facendo rompe la consegna del silenzio e disturba la quiete della buona gente cattolica.
Purtroppo, si tratta di un protocollo terapeutico francamente fallimentare: una sequenza di manovre che farà immancabilmente morire il paziente, cioè il cattolico normale. Perché il cattolico di Voghera si merita ben altro, di fronte al fenomeno, ormai diventato rituale, di uomini di Chiesa che si alzano la mattina, ne dicono una grossa confidando nella "immunità clericale", e chi si è visto si è visto. Purtroppo, il caso dell'arcivescovo emerito di Milano è, in tal senso, esemplare. Che cosa ha scritto, esattamente, il card. Martini? Il testo è tratto dal libro Credere e conoscere, in uscita per Einaudi, scritto in dialogo con l'ex senatore del Pd Ignazio Marino. Il card. Martini ogni tanto ama questa forma letteraria: qualche tempo fa, per esempio, aveva scritto un libro analogo con don Luigi Verzè (il patròn del San Raffaele), dal significativo titolo, Siamo tutti nella stessa barca. Ma torniamo alla cronaca di questi giorni. Ecco qua il brano incriminato: «Io ritengo che la famiglia vada difesa perchè è veramente quella che sostiene la società in maniera stabile e permanente e per il ruolo fondamentale che esercita nell'educazione dei figli. Però non è male che, in luogo di rapporti omosessuali occasionali, che due persone abbiano una certa stabilità e quindi in questo senso lo Stato potrebbe anche favorirli». Il campionato mondiale di arrampicata sugli specchi non finisce mai, e i cattolici pronti a parteciparvi sono sempre numerosissimi. Ma temo che questa volta anche un fuoriclasse del settore debba arrendersi all'evidenza: il card. Martini scrive proprio che lo Stato deve aiutare gli omosessuali a stabilizzare il loro rapporto. Teorizza una pagina inedita del catechismo cattolico, sostenendo che - insomma -, piuttosto che avere rapporti occasionali e superficiali, le persone omosessuali si impegnino in maniera seria e prolungata, grazie anche a un istituto messo a punto dallo Stato. Più chiaro di così.
La Congregazione per la dottrina della fede ha pubblicato non uno, ma due documenti per insegnare il contrario, e per dire che un politico, vieppiù se cattolico, non può sostenere proposte di legge che prevedano il riconoscimento di unioni omosessuali. Ergo: Martini e la Chiesa insegnano cose diametralmente opposte. Può essere anche doloroso scriverlo, ma ammetterlo è facile facile. Questione di logica elementare. Le uova sono rotte e la frittata è fatta. Ed è qui che si inserisce il grave errore operativo del mondo cattolico ufficiale: fatto di silenzi imbarazzati, e di difese penose che arrancano nel tentativo impossibile di rendere omogeneo quanto detto dal cardinale e quanto insegnato dalla Chiesa in tutti questi anni. Ovviamente, non ignoriamo le ragioni della prudenza, il timore degli scandali, la necessità del rispetto dovuto ai principi della Chiesa, cui si aggiunge nel caso di Martini la pietas dovuta a un uomo di veneranda età, per di più colpito dalla malattia. Ma qui c'è un punto che non può sfuggire a nessuno: e cioè che lo scandalo è già accaduto, ed è pubblico. Ed è lo scandalo provocato da una presa di posizione eterodossa a opera di un vescovo cattolico, che quando parla raggiunge attraverso i mass-media milioni di persone.
I fedeli cattolici hanno un diritto che è più forte di ogni altra esigenza, e che riposa nella legge suprema della Chiesa cattolica: la salus animarum, la salvezza delle anime. Se un pastore insegna cose sbagliate in materia non opinabile – e questa, indubbiamente, non lo è - i fedeli hanno il diritto di essere aiutati a riconoscere l'errore, e l'errante deve essere smascherato per il bene di ogni singolo fedele. Di più: solo le persone in mala fede o gli allocchi possono far finta di non vedere che le sortite "aperturiste" - cui il card. Martini non è nuovo - scuotono la Chiesa in tutte le sue pieghe locali, e rendono ancor più fertile il già rigoglioso sottobosco delle piccole e grandi eresie parrocchiali. Adesso i sacerdoti e catechisti, le suore e i teologi che vogliono essere possibilisti sulle unioni fra persone dello stesso sesso hanno la pezza d'appoggio delle parole autorevoli del "biblista Martini"; adesso regaleranno il libro scritto a quattro mani con Marino ai consigli parrocchiali, "perché così almeno si fanno un'idea e raccolgono la provocazione". E inviteranno anche il medico Marino ("che è cattolico, intendiamoci") a tenere qualche bella conferenza, insieme a Enzo Bianchi. Che ci sta comunque sempre bene. Ecco: questo è il quadro della situazione. Senza forzature e senza animosità, noi cattolici di Voghera diciamo: Roma, abbiamo un problema. Fate presto, aiutateci.

Fonte: La Bussola Quotidiana, 28/03/2012

7 - NUOVA LEGGE PER GLI ARRESTI INDISCRIMINATI: LA POLIZIA CINESE POTRA' FARE QUELLO CHE VUOLE
La forza militare è il pilastro su cui poggia il sistema politico mono-partitico cinese: già l'anno scorso 3.833 dissidenti sono finiti in carcere (l'86 x cento di questi arresti non aveva alcuna base legale)
Fonte AsiaNews, 15/03/2012

La contestata modifica al Codice penale cinese era stata introdotta in agosto: ora è divenuta legge. Permette agli agenti di pubblica sicurezza di trattenere fino a 6 mesi chiunque, senza bisogno di passare da un giudice. Timori per un peggioramento della situazione dei diritti umani in Cina. Nonostante gli appelli riformisti del premier Wen Jiabao, l'Assemblea nazionale del Popolo ha tramutato in legge la controversa e contestata riforma del Codice penale nazionale che permette alla polizia di arrestare e mantenere in stato di fermo fino a 6 mesi qualunque cittadino cinese, senza bisogno di avere l'autorizzazione del giudice. Nel frattempo il presidente Hu Jintao si appella all'esercito, che "deve mantenere la stabilità sociale in Cina".
L'emendamento al Codice penale era in vigore dallo scorso agosto, ma il passaggio in legge lo ha reso permanente. Dei 2.856 delegati presenti all'Anp (il "Parlamento" cinese, che si riunisce una volta l'anno e di fatto trasforma in legge le proposte presentate dal Politburo), 2.639 hanno votato a favore; 160 hanno votato contro mentre 57 si sono astenuti.
La pratica della detenzione in Cina passa attraverso 3 stadi diversi: arresto formale, detenzione formale e "residenza sotto sorveglianza". Il Codice penale precedente prevedeva l'impegno formale, da parte degli agenti, a imporre quest'ultima forma di detenzione soltanto in casi di flagranza di reato o di pericolo per la sicurezza nazionale. Con il nuovo emendamento, questo obbligo decade e di fatto il potere totale passa nelle mani della pubblica sicurezza.
Inoltre, come sottolineano diversi attivisti, l'accusa di "mettere in pericolo la sicurezza nazionale" è molto vaga, e viene usata in maniera troppo generica per arresti indiscriminati. Nel 2011, 3.833 dissidenti sono finiti in carcere. Di questi, 159 sono stati torturati in maniera ripetuta e hanno riportato delle menomazioni perenni. L'86 % di questi arresti non ha avuto alcuna base legale. L'unica nota positiva viene dall'obbligo, presente nel nuovo testo, di informare entro 24 ore i parenti dell'arrestato.
Tuttavia l'aumento delle proteste sociali e delle azioni legali contro questi arresti aumenta di mese in mese: per questo, il presidente Hu – che è anche leader della Commissione militare centrale – si è appellato ai margini dell'Anp all'esercito affinché "mantenga la stabilità sociale e la fedeltà al Partito". La forza militare è il pilastro su cui poggia il sistema politico mono-partitico cinese, tanto che il Segretario generale del Partito è anche presidente del Paese e capo delle Forze armate.

Fonte: AsiaNews, 15/03/2012

8 - NELLE PRIME STORIE TARZAN CREDEVA IN DIO, MA I FILM E I CARTONI ANIMATI CHE LO HANNO RESO CELEBRE HANNO NASCOSTO QUESTO PARTICOLARE
L'eroe della foresta si imbatté nella parola ''God'' (''Dio'', in inglese): di lì ebbe inizio una ricerca che lo portò a scoprire la pietà per il nemico
Autore: Roberto Zanini - Fonte: Avvenire, 13/03/2012

«Sì, Tarzan aveva trovato Dio e trascorse la giornata ad attribuirgli tutte le cose belle e giuste della natura. Ma c'era una creatura che lo turbava. Non riusciva a conciliarla con l'idea di questo Dio appena scoperto. Chi aveva creato Histah il serpente?». È il finale di uno dei dodici racconti di Tarzan contenuti in quello che è forse il libro più famoso che narra le vicende dell'eroe della foresta: Racconti della giungla. Uscito nel 1919, dedicato alle esperienze 'giovanili' di Tarzan, era servito al suo autore, Edgar Rice Burroughs, a rinsaldare la fama che si era creata intorno al suo personaggio, nato col racconto Tarzan delle scimmie pubblicato nell'ottobre 1912 sulla rivista The all-story. Una raccolta che da sempre la critica considera la più riuscita della saga dell'uomo scimmia e che i fumettisti hanno subito eletto come la più efficace per impatto immaginifico e narrativo, fra tutti i 28 libri su Tarzan usciti dalla penna di Burroughs e tradotti in 50 lingue. Per non dire di cineasti, sceneggiatori televisivi e 'creatori' di cloni (invariabilmente catalogati come 'tarzanidi') capaci di produrre su Tarzan almeno una trentina di film, decine di serie televisive e di cartoni animati, fissando il personaggio nell'immaginario del XX secolo e chissà di quanti secoli ancora. Un'immaginario collettivo nel quale, tuttavia, non sembra mai entrato il racconto nel quale Tarzan scopre l'esistenza di Dio. Si intitola Il Dio di Tarzan e viene riproposto da Donzelli Editore, in occasione dei cento anni dalla nascita dell'uomo scimmia, nell'originario volume Tarzan.
Racconti della giungla, impreziosito da numerose illustrazioni di Burne Hogarth: il fumettista morto nel 1996, capace di dare negli anni '30 a Tarzan quelle fattezze dalle quali nessun altro si è più discostato. Ma come fa il giovane Tarzan, rampollo di una nobile famiglia britannica, ma cresciuto da una scimmia nell'impenetrabile foresta africana, a scoprire Dio? La fervida fantasia di Burroughs si affida all'innata presenza divina nell'anima di ogni uomo e al singolarissimo escamotage dei... libri del padre. Tarzan, infatti, torna spesso alla capanna in cui le scimmie lo hanno preso dalla culla dopo che i suoi genitori erano stati uccisi. Qui è attratto dai libri di suo padre, in particolare un dizionario inglese, e con la curiosità propria di ogni ragazzo, cerca di muovercisi dentro: «Con grande fatica e usando anche infinita pazienza, egli era riuscito senza aiuto alcuno a scoprire la funzione di quei piccoli insetti che scorrazzavano per le pagine stampate. Aveva imparato che nelle molteplici combinazioni parlavano un muto linguaggio». Gli insetti, naturalmente, sono le lettere dell'alfabeto. Le maiuscole sono per lui insetti maschio. Le minuscole insetti femmina.
E quando si imbatte nella parola God la sua curiosità si acuisce. Un po' perché è la più corta che ha potuto osservare; un po' perché «iniziava, in quel dizionario, con un insetto-g maschio molto più grande di quelli intorno»... potenza dei segni; un po' «per il gran numero di insetti maschio che comparivano nella definizione: Divinità Suprema, Creatore, Padrone dell'Universo, Onnipotente...». Insomma, «God doveva essere assai importante». E se ne convince ancor di più quando nota che in altri libri a quella parola si associano immagini di grandi edifici. Forse, deduce, God è un grande condottiero. Mai però si imbatte in qualcosa che gliene mostri le sembianze. Chiede alle scimmie anziane, che però non possono capire. Spia il villaggio dei «neri» indigeni e gli pare di individuare God nello stregone. Ma siccome God non potrà essere mai forte come Tarzan, il più forte della giungla, lo sfida a viso aperto. È in questa sfida, come per tanti personaggi biblici, che Dio comincia a rivelarsi. Nella colluttazione col capo villaggio che ne segue, Tarzan ha presto il sopravvento, ma quando sta per uccidere, secondo il suo istinto, per la prima volta si commuove nell'osservarne quel volto che implora pietà e la sua mano non riesce a calare il fendente decisivo. Nella giungla, il giorno dopo, il grande serpente rapisce il figlio di Teeka, la scimmia femmina con la quale ha diviso i giochi di bambino. Tutte le scimmie fuggono ma Teeka si getta fra le spire del serpente per salvare il figlio. Lui fa lo stesso per salvare Teeka. Missione impossibile che però a Tarzan riesce. Ma perché Teeka «si è lanciata contro il terribile Histah» sacrificandosi per salvare il figlio? Perché lui lo ha fatto per Teeka? E che cosa mai aveva potuto fermare la mano di Tarzan dall'uccidere quell'uomo? «Cosa lo spingeva a fare quelle cose? Qualcuno più forte di lui doveva costringerlo ad agire, certe volte. 'Onnipotente' pensò Tarzan», tornando con la mente alla sequenza di «insetti grandi» che segue la parola God.
Non posso vederlo ma «io so che deve essere God a fare certe cose». Un racconto immaginifico di grande efficacia simbolica. na catechesi straordinaria e disarmante. Ed è forse persino superfluo chiedersi perché se ne sia perduta traccia nei film, cartoni e telefilm che hanno reso immortale Tarzan.

Fonte: Avvenire, 13/03/2012

9 - OMELIA III DOMENICA DI PASQUA - ANNO B - (Gv 20,19-31)
Così sta scritto: il Cristo patirà e risorgerà dai morti il terzo giorno, e nel suo nome saranno predicati a tutti i popoli la conversione e il perdono dei peccati
Fonte Il settimanale di Padre Pio, (omelia per il 22/04/2012)

Il Vangelo di questa terza domenica di Pasqua prosegue il racconto dei discepoli di Emmaus. Questi due discepoli raccontarono agli Undici e a tutti quelli che erano con loro «ciò che era accaduto lungo la via e come avevano riconosciuto Gesù nello spezzare il pane» (Lc 24,35). Mentre stavano narrando la loro straordinaria esperienza, ecco che Gesù comparve loro e disse: «Pace a voi» (Lc 24,36). Il Signore diede prova della sua Risurrezione mostrando loro le mani e i piedi: era proprio Lui, e i segni gloriosi delle ferite lo testimoniavano in modo molto chiaro. Poi domandò loro qualcosa da mangiare, ed essi gli diedero una porzione di pesce arrostito: non si trattava certamente di un fantasma. Alla fine, Gesù spiegò agli Apostoli il senso delle Scritture, le quali parlavano della sua Morte e Risurrezione, e del compito che Gesù affidava loro: il compito di predicare a tutti i popoli «la conversione e il perdono dei peccati» (Lc 24,47).
Gli Apostoli presero alla lettera queste parole e, dopo la Pentecoste, si misero a predicare la Buona Novella. Così, nella prima lettura di oggi, abbiamo ascoltato il discorso che san Pietro rivolse al popolo. Al termine di questo discorso, Pietro disse: «Convertitevi dunque e cambiate vita, perché siano cancellati i vostri peccati» (At 3,19).
Se veramente vogliamo vivere anche noi da risorti, dobbiamo cambiare vita ed eliminare energicamente il peccato. Con questo testimonieremo di amare davvero il Signore. San Giovanni lo afferma chiaramente nella seconda lettura di oggi: «Da questo sappiamo di averlo conosciuto: se osserviamo i suoi comandamenti. Chi dice: lo conosco, e non osserva i suoi comandamenti, è bugiardo e in lui non c'è la verità. Chi invece osserva la sua parola, in lui l'amore di Dio è veramente perfetto» (1Gv 2,3-5).
L'amore di Dio consiste nell'osservare i suoi Comandamenti, non può essere diversamente. Quando si ama Dio, allora sarà una gioia per noi metter in pratica ciò che Egli insegna, ed evitare risolutamente il peccato. Quando si ama si fa volentieri la volontà della persona amata. Se io so che Gesù non vuole una cosa, farò di tutto per non farla, costi quel che costi.
Tante volte non si pensa che il peccato è la più grande disgrazia che possa colpirci. I Santi avrebbero preferito mille e mille volte la morte piuttosto che commettere un solo peccato. Pensiamo a tanti Martiri, ai quali i persecutori, per non torturarli e metterli a morte, avevano ingiunto di rinnegare la fede in Cristo e di bestemmiare. Ma loro rimasero fedeli a Dio e andarono incontro lieti alle più grandi sofferenze e alla morte.
Abbiamo un criterio infallibile per sapere se una cosa è bene o male, si può fare o è peccato: questo criterio è l'obbedienza al Papa e al suo Magistero. Se il cristiano sa, ad esempio, e lo sa con certezza perché ce lo insegna la Chiesa, che non si può rubare, che non si può imbrogliare il prossimo, che non si possono commettere atti impuri, che il Matrimonio non può essere profanato dall'infedeltà o dall'uso di anticoncezionali, ecc., egli deve evitare tutto questo, anche se ciò comporta sacrificio, confidando nell'aiuto onnipotente di Dio e nella preghiera.
Se il cristiano sa che Dio vuole che si santifichino le feste, che si preghi ogni giorno, che si facciano le opere di bene, egli deve fare tutto questo con gioia. In questo modo, egli testimonierà il suo amore a Dio non a parole, ma con i fatti.
All'inizio della sua conversione, san Francesco chiese con fiducia che Dio gli indicasse il cammino da seguire. Egli comprese benissimo che la nostra gioia non consiste nel fare la nostra volontà, ma la Volontà del nostro Creatore. Per essere sicuro di stare nella Volontà di Dio, egli non si fidò di quanto sentiva in cuore, ma volle andare dal Papa: solo da lui poteva avere la certezza di essere sul retto sentiero.
Impariamo da san Francesco questa docilità all'insegnamento del Papa. Ai giorni d'oggi molti si sentono illuminati; ma, a conti fatti, dimostrano di mancare della cosa più importante: di questa docilità al Magistero della Chiesa. Se anche noi obbediremo a questo insegnamento, saremo certi di fare la Volontà di Dio e godremo di una grande pace nel cuore.

Fonte: Il settimanale di Padre Pio, (omelia per il 22/04/2012)

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