BastaBugie n�242 del 27 aprile 2012

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1 TUTTA LA VERITA' SULLA SIRIA: NON E' UNA STRAGE DI UN REGIME SANGUINARIO CONTRO UN POPOLO INERME...
Si tratta invece di una feroce guerra intestina aizzata da bande armate dei Fratelli Musulmani e da gruppi terroristici di Al Qaida che aspirano a imporre la sharia
Autore: Magdi Cristiano Allam - Fonte: Il Giornale
2 AL FUNERALE DEL CALCIATORE MOROSINI SI CANTA LIGABUE CON CANZONI DEL TIPO ''URLANDO CONTRO IL CIELO''...
E la Curia di Bergamo rispolvera John Lennon che cantava: ''immagina che non ci sia il paradiso... e nessuna religione''
Autore: Antonio Socci - Fonte: Libero
3 IN ITALIA LA GIUSTIZIA E' MALATA... PER COLPA DELLO STATALISMO CHE CONSIDERA L'UOMO IN FUNZIONE DELLO STATO, E NON VICEVERSA
Urge una riforma radicale che non può essere opera dei tecnici: tocca alla politica trovare una soluzione (e questo è il problema!)
Autore: Mario Palmaro - Fonte: La Bussola Quotidiana
4 AZZERARE LA FAMIGLIA? MISSIONE COMPIUTA (GRAZIE ALLA SUBDOLA ALLEGRIA DELLE FICTION ''TUTTI PAZZI PER AMORE'', ''UN MEDICO IN FAMIGLIA'', ECC.)
Contrariamente a quanto insegna subdolamente la tv, i bambini soffrono quando il padre e la madre non stanno più insieme e si sentono privi di punti di riferimento saldi e certi
Autore: Costanza Miriano - Fonte: Il Timone
5 L'INGANNO DI NICHI VENDOLA, IL GRANDE COMUNICATORE
Accusato di peculato, abuso d'ufficio e falso, lui procede incurante come quando nel 2009 dichiarò di essere cattolico, comunista e omosessuale
Autore: Danilo Quinto - Fonte: La Bussola Quotidiana
6 RISCHIO DI SCISMA IN AUSTRIA: BENEDETTO XVI CONDANNA LA DISOBBEDIENZA ALLA CHIESA
Ecco cosa pensa il Papa dell'appello di 400 sacerdoti austriaci per il sacerdozio femminile, l'abolizione dell'obbligo del celibato sacerdotale e la comunione per i divorziati risposati
Autore: Roberto de Mattei - Fonte: Radici Cristiane
7 BUTTIGLIONE IN 6 PUNTI SOTTOVALUTA LE CONSEGUENZE DELL'ACCOGLIENZA DELL'IDEOLOGIA GAY NELLA CHIESA
Le lobby gay premono affinché sia abbandonato il tradizionale insegnamento morale sulla condotta omosessuale e il politico ''cattolico'' cede al politicamente corretto...
Autore: Alessandro Gnocchi e Mario Palmaro - Fonte: Corrispondenza Romana
8 ECCO COSA PERMETTE IN ITALIA LA LEGGE SULLA FECONDAZIONE ARTIFICIALE: 100.000 MORTI L'ANNO
Il desiderio di un figlio non può venir anteposto alla dignità di ogni vita umana, fino al punto di assumerne il dominio e giustificarne la produzione in laboratorio
Autore: Giorgio Maria Carbone - Fonte: La Bussola Quotidiana
9 OMELIA IV DOMENICA DI PASQUA - ANNO B - (Gv 10,11-18)
Il buon pastore dà la propria vita per le pecore
Fonte: Il settimanale di Padre Pio

1 - TUTTA LA VERITA' SULLA SIRIA: NON E' UNA STRAGE DI UN REGIME SANGUINARIO CONTRO UN POPOLO INERME...
Si tratta invece di una feroce guerra intestina aizzata da bande armate dei Fratelli Musulmani e da gruppi terroristici di Al Qaida che aspirano a imporre la sharia
Autore: Magdi Cristiano Allam - Fonte: Il Giornale, 16/04/2012

Sull'atteggiamento dell'Occidente nei confronti della Siria vi invito a rispolverare l'uso della ragione e a riscoprire il sano amor proprio. Basta con la menzogna che si tratterebbe di una strage di un regime sanguinario contro un popolo inerme quando è assolutamente evidente che si tratta di una feroce guerra intestina aizzata da bande armate dei Fratelli Musulmani e da gruppi terroristici di Al Qaida a cui aderiscono numerosi stranieri! Basta con la follia suicida di concepire che la democrazia corrisponderebbe e si esaurirebbe nel rito delle elezioni senza tener conto degli obiettivi dei soggetti che vi partecipano e che, nel caso degli islamici, aspirano a imporre la sharia, la legge coranica, che è del tutto in contrasto con la democrazia! Basta con l'ipocrisia ormai insostenibile di atteggiarci a chi può dare lezioni di democrazia quando siamo sottomessi alla dittatura finanziaria e non esitiamo a fare la guerra, massacrando civili e distruggendo il patrimonio pubblico, per salvaguardare i nostri esclusivi interessi materiali!
Ascoltate il grido d'allarme dei cristiani, circa 2,5 milioni, quasi il 10% della popolazione, che ci esortano ripetutamente a non sostenere i Fratelli Musulmani perché l'avvento di una teocrazia islamica significherebbe la loro fine, costretti o a sottomettersi come dhimmi, cittadini inferiori che godono di meno diritti, o a convertirsi all'islam o infine ad abbandonare la propria terra. Prendiamo anche in considerazione la conseguenza devastante per la stabilità e la sicurezza dell'insieme del Mediterraneo con l'avvento al potere di regimi teocratici islamici dal Marocco all'Iran che sono pregiudizialmente ostili al diritto di Israele a esistere, che sono determinati a rinnegare i trattati di pace vigenti e che proclamano pubblicamente la volontà di annientare fisicamente lo Stato e il popolo ebraico. Prendiamoci infine a cuore la sorte di centinaia di milioni di donne che sotto il dominio delle teocrazie islamiche perderebbero del tutto la loro dignità e la libertà, determinando un'involuzione delle società all'insegna dell'oscurantismo e del fanatismo, accrescendo lo spirito aggressivo e bellicoso nei confronti di tutti i «nemici dell'islam», gli ebrei, i cristiani, gli infedeli e gli apostati.
E poi noi occidentali che titolo abbiamo per ergerci a modello di democrazia quando, ad esempio in Grecia e in Italia, abbiamo auto-sospeso la democrazia sostanziale e auto-commissariato il Parlamento per sottometterci a una dittatura finanziaria che vorrebbe trasformarci da persone depositarie di valori e identità in semplici strumenti di produzione di materialità la cui ricompensa è poter consumare? È da considerarsi democratico un Parlamento composto da deputati e senatori designati dai partiti e non eletti dal popolo? È da considerarsi democratico un governo formato da ministri che non sono stati eletti e che non rispondono del loro operato a nessuno? È da considerarsi democratica una classe politica che, dopo aver ceduto la nostra sovranità monetaria, si sta prodigando per perdere del tutto la nostra sovranità nazionale svendendo il nostro sistema produttivo ai poteri finanziari forti e riducendoci ad appendice di un super-Stato europeo dominato dai banchieri? È da considerarsi democratico uno Stato che si sottomette a una legislazione sovrannazionale e che per l'80 per cento corrisponde alla semplice trasposizione di direttive emanate dalla super-casta di 40mila burocrati della Commissione europea condizionati dai poteri forti nazionali e privati?
Che credibilità ha l'Occidente quando non ha esitato a bombardare la Libia, massacrando i civili e distruggendo il patrimonio pubblico, per creare dalle macerie un piano di ricostruzione stimato in mille miliardi di euro? Sarebbe democrazia quella che oggi vede la Libia perennemente in conflitto al suo interno con il rischio dello smembramento dello Stato? Sarebbe democrazia il Parlamento egiziano monopolizzato per circa il 75% dagli integralisti e dagli estremisti islamici che predicano la sharia? Sarebbe democrazia la repressione della libertà d'espressione e dei movimenti laici in Tunisia? Sarebbe democrazia la crescita del potere e del radicamento territoriale di Al Qaida nello Yemen? Sarebbero democratici Hezbollah in Libano e Hamas nei Territori palestinesi che legittimiamo come interlocutori politici? Sarebbero democratici i regimi dell'Arabia Saudita e del Qatar che sosteniamo e usiamo per favorire l'avvento al potere degli islamici in Siria?
Almeno in Siria fermiamoci prima che sia troppo tardi! Imponiamo al regime di Assad di avviare un percorso democratico con il coinvolgimento dei soggetti politici che condividono i diritti fondamentali della persona, i valori assoluti e universali della sacralità della vita, della pari dignità tra uomo e donna, della libertà di scelta religiosa, e il principio della pacifica alternanza al potere. Ma basta con la follia dell'innamorarci dei nostri carnefici e della scelta del suicidio!

Fonte: Il Giornale, 16/04/2012

2 - AL FUNERALE DEL CALCIATORE MOROSINI SI CANTA LIGABUE CON CANZONI DEL TIPO ''URLANDO CONTRO IL CIELO''...
E la Curia di Bergamo rispolvera John Lennon che cantava: ''immagina che non ci sia il paradiso... e nessuna religione''
Autore: Antonio Socci - Fonte: Libero, 21/04/2012

Ma i vescovi e i preti credono ancora alla vita eterna? Spero di sì, ma dovrebbero farcelo capire. Specie nei funerali, in particolare quelli di personaggi famosi.
Ho letto, per esempio, le cronache sul rito funebre del giovane calciatore Piermario Morosini che pure "Avvenire" ha messo in prima pagina con una grande foto notizia e questo titolo: "L'ultimo gol di Morosini. Folla ed emozione ai funerali a Bergamo". Un altro sommario del giornale dei vescovi diceva: "Lacrime, canzoni e applausi. Commovente il ricordo del suo parroco".
E' sicuro "Avvenire" che non ci sia nulla de eccepire proprio su quelle canzoni e sul resto?
Scrivono i giornali che durante la santa liturgia – invece degli inni sacri che accompagnano un nostro fratello davanti al giudizio di Dio – sono state cantate le canzoni di Ligabue.
Dunque in chiesa, mentre davanti all'altare c'era la bara di quel povero giovane, con il dolore dei suoi cari, e si distribuiva la comunione, venivano schitarrate cose  del genere: "quando questa merda intorno/ sempre merda resterà/ riconoscerai l'odore/ perché questa è la realtà".
Parole di grande spiritualità? Di evidente connotazione cristiana? Altri "immortali capolavori" dello stornellatore emiliano eseguiti durante la liturgia, dicono le cronache, sono stati "Urlando contro il cielo" (che è tutto un programma) e "Non è tempo per noi" il cui messaggio è espresso da queste parole: "certi giorni ci chiediamo è tutto qui?/ E la risposta è sempre sì".
Tutto questo è accaduto all'interno di un rito liturgico, ciò che la Chiesa ha di più sacro. E mentre l'attuale papa Benedetto XVI si erge (è un caposaldo del suo pontificato) in difesa della sacralità della liturgia, contro invenzioni e contro ogni tipo di abuso.
Ma i vescovi – che in buona parte hanno opposto un muro alla decisione del papa di ridare cittadinanza all'antico rito della Chiesa – non hanno poi nulla da eccepire di fronte a trovate simili nella liturgia.
Del resto non sconcerta solo la scelta canora, tanto più in presenza di un rito funebre. A suscitare interrogativi e perplessità sono anche le parole del parroco e quelle dello stesso vescovo di Bergamo.
Del parroco agenzie e giornali hanno riferito solo lo smisurato panegirico del defunto. Ieri un giornale online aveva addirittura questo sottotitolo: "Il parroco: 'è stato l'immagine di Dio' ". Le testuali parole erano un po' meno esagerate, ma non troppo: "In questi giorni Piermario è stata l'immagine più bella di Dio perché è stata creatura di pace".  
A dire il vero la Chiesa prescrive che le messe funebri non siano spettacoli e le omelie non siano elogi biografici del morto, ma una meditazione sull'estrema fragilità della vita, sulla necessità di convertirsi e un'esortazione a pregare per la salvezza dell'anima di quel fratello, perché tutti siamo peccatori e, davanti al giudizio di Dio, come poveri e umili mendicanti, abbiamo bisogno solo delle preghiere dei fratelli e della misericordia del Signore.
Non so se il parroco abbia accennato a queste cose, ben più importanti dell'apologia. Di fatto agenzie e giornali non ne hanno fatto menzione e, soprattutto, neanche il vescovo ha sentito il bisogno di richiamare quei fondamentali.
Il suo messaggio – perché quando ci sono i media è difficile che i prelati facciano mancare la loro voce – è stato anch'esso un panegirico (è riportato nel sito del giornale della diocesi).
Solo alla fine del lungo discorso, composto di 290 parole, ha fatto capolino una volta – e molto formalmente – un fugace accenno alla resurrezione ("vivere nella speranza della resurrezione" per "rendere migliore questo povero mondo").
Da nessuna parte il prelato spiega che la vita sulla terra è fuggevole, che è una lotta per guadagnarsi la vita eterna, l'unica che vale, che il senso dell'esistenza terrena è questo.
Da nessuna parte ha ammonito sulla serietà delle nostre scelte di fronte alla possibilità della dannazione eterna o della beatitudine.
Da nessuna parte il vescovo ha ricordato a parenti e amici del giovane quella verità, così bella e confortante, proclamata dalla Chiesa nella liturgia, che recita: "ai tuoi fedeli, Signore, la vita non è tolta, ma trasformata".
E' questa verità che abbiamo bisogno di sentirci annunciare quando siamo sopraffatti dalla morte di una persona amata. Perché significa che abbiamo un'anima immortale e che rivedremo – dopo una breve pausa – coloro che amiamo e addirittura ci sarà restituito il nostro corpo, senza più limiti, lacrime e sofferenze.
Questa impareggiabile consolazione la Chiesa dovrebbe gridarla. Invece i pastori la tacciono.
Così come tacciono il fatto che i nostri cari, proprio perché continuano a esistere e sono davanti al giudizio di Dio e nella purificazione dei propri peccati, hanno bisogno delle nostre preghiere e sacrifici (per esempio hanno bisogno della pia pratica delle indulgenze).
E' la bellezza della comunione dei santi. Infatti, dopo Cristo, la morte non è più un abisso di lontananza, ma la nostra unione rimane e possiamo continuare ad aiutarci. Dal cielo possono aiutare noi e noi possiamo aiutare loro.
Almeno di fronte alla morte vescovi e preti potrebbero dire una parola cristiana?
Pregare per le anime del purgatorio è addirittura una delle opere di misericordia spirituale (insieme a un'altra: "consolare gli afflitti").
Forse la vera teologia della liberazione è proprio questa perché la preghiera di suffragio può davvero liberare delle creature, può donare la felicità totale e definitiva a chi ancora soffre in purgatorio.
Questa almeno è la dottrina della Chiesa e si desidererebbe sentirla annunciare e insegnare da vescovi e parroci. Che però, invece di parlare di Dio e della vita eterna, preferiscono spesso strologare delle cose del mondo.
E non secondo l'ottica della dottrina sociale cristiana. In genere vanno dietro alle mode del politically correct.
Quella stessa diocesi di Bergamo di cui si è detto, ad esempio, ha fondato un "Centro di etica ambientale" che di recente ha realizzato un corso per i giovani in cui è stato chiamato a pontificare, sull'educazione ambientale, con il climatologo Luca Mercalli, il cantante Roberto Vecchioni.
E, a riprova che nella Curia di Bergamo si frequentano più le canzonette che la teologia dei Novissimi, il presidente di quel Centro diocesano, don Francesco Poli, come riporta un articolo di Avvenire, ha testualmente affermato: "Immagina un mondo nuovo, cantavano i Beatles. Sono passati 40 anni e me lo ripeto ancora".
Purtroppo pure sulla cultura canzonettistica questi ecclesiastici lasciano a desiderare, perché quella canzone non era cantata dai Beatles, ma fu scritta (ed eseguita) dopo il loro scioglimento da John Lennon.
E quel brano diventò l'inno del fricchettonismo planetario e del Lennon-pensiero, perché era un colossale sberleffo contro la religione.
Infatti cominciava così: "Imagine there's no heaven", cioè "immagina che non ci sia il paradiso", e continuava "and no religion too", cioè "e nessuna religione".
Questo era il sogno celebrato da Lennon in quella canzone. Di certo non avrebbe immaginato di vederlo celebrare pure da curie ed ecclesiastici.
Il povero Piermario Morosini era ed è un caro ragazzo, buono e forte, che merita ben altro e sono grato alla silenziosa suora francescana che nei giorni scorsi, alla Porziuncola, ha lucrato per la sua anima l'indulgenza. Così da regalargli la felicità.
Questa è la pietà cristiana che la Chiesa insegna.

Fonte: Libero, 21/04/2012

3 - IN ITALIA LA GIUSTIZIA E' MALATA... PER COLPA DELLO STATALISMO CHE CONSIDERA L'UOMO IN FUNZIONE DELLO STATO, E NON VICEVERSA
Urge una riforma radicale che non può essere opera dei tecnici: tocca alla politica trovare una soluzione (e questo è il problema!)
Autore: Mario Palmaro - Fonte: La Bussola Quotidiana, 13/04/2012

Secondo il Consiglio d'Europa, l'Italia è maglia nera nell'applicazione delle sentenze pronunciate dagli organi dell'Unione. La Corte europea per i diritti dell'uomo pronuncia una quantità industriale di sentenze di condanna verso il nostro Paese, censurando soprattutto la lentezza dei processi e il ritardo nei risarcimenti. Ma l'Italia non sembra aver voglia di tenerne conto, e risulta la nazione più inadempiente del continente, al punto da primeggiare nella classifica negativa.
Per una volta, gli organismi europei mettono l'accento su un problema reale: l'Italia ha un sistema-giustizia che non funziona, e che determina gravissime conseguenze per le persone che finiscono nei suoi ingranaggi. Nel 2010 lo Stato ha dovuto indennizzare cittadini che hanno vinto il ricorso alla Corte europea per oltre sei milioni di euro. Nel 2011 la cifra è salita a otto milioni e mezzo. Processi lenti e richieste di risarcimento sono facce della stessa medaglia, che dicono una cosa sola: il nostro sistema giudiziario ha delle pecche enormi che devono essere rimosse.
E non tanto perché ce lo dice l'Unione Europea che, in quanto a pecche, non potrebbe dare lezioni a nessuno. Ma per riguardo a un principio assoluto e inderogabile: quello per cui lo Stato deve assicurare meccanismi di accertamento della verità processuale rapidi e sicuri per ogni persona coinvolta.
Perché la situazione si è incancrenita fino a questo punto, e come è possibile che l'Italia abbia accumulato più censure della Turchia in materia di processi? Qui occorre affondare il coltello nella piaga, e riconoscere una radice malata del nostro sistema: l'Italia è nata in un contesto storico, politico e ideologico che considerava lo Stato una sorta di "grande uomo", una creatura antropomorfa dotata di interessi suoi propri, autonomi e indipendenti rispetto a quelli di ogni singolo cittadino. Questa idea ha plasmato profondamente il rapporto tra istituzioni e società, definendo una sorta di invincibile primato dello stato sull'uomo. Questa idea è profondamente disumana, ed è anche per questo che il nascente stato nazionale sabaudo ha incontrato sulla sua strada sacche importanti di resistenza sul territorio, che ha voluto spesso sedare nel sangue e nella violenza.
Ora, questa primazia dello stato e dei suoi interessi ha attraversato le epoche storiche e i regimi susseguitisi nel tempo, rimanendo l'unica costante immutabile: dal governo della destra storica a quello della sinistra storica; dal fascismo alla democrazia; dalla monarchia alla repubblica: moltissimo cambiava, tranne questa concezione - sostanzialmente hegeliana - per la quale l'uomo è in funzione dello Stato, e non viceversa. Non è un caso che ancora oggi lo Stato possa essere un debitore che paga quando vuole, e che nello stesso tempo esige dai sudditi pagamenti tempestivi sguinzagliandogli contro il mastino Equitalia.
Anche il sistema giudiziario e il processo risentono radicalmente di questa concezione malata: per cui l'organo giudiziario si sente tendenzialmente autorizzato a indagare, rovistare, intercettare, processare, in vista di un bene astratto dello Stato; e la persona rischia di essere stritolata dentro questa macchina tritacarne, di essere esposta al dramma di un procedimento penale magari lunghissimo e tendenzialmente infamante, per poi essere riconosciuto, alla fine, innocente.
Ovviamente non tutti i magistrati agiscono così, e non tutti gli imputati sono agnelli innocenti condotti al macello. Anche nella concezione liberale - che spesso finisce con il paralizzare la funzione inquirente della pubblica accusa - vi è molto di mitologico e di parziale. E tuttavia, su di un punto dovremmo essere tutti d'accordo: le persone sono tutte processabili, ma sulla base di indizi seri e di indagini accurate; e tutti devono avere un processo rapido e rispettoso delle garanzie fondamentali della difesa.
Il Magistrato è un uomo, e come tale può sbagliare, e dunque perseguire un cittadino che uscirà assolto dal processo. Ma un magistrato non dovrebbe mai, per nessuna ragione al mondo, essere un partigiano, un sostenitore di una parte contro un'altra, un uomo che pensa di salvare il mondo con l'uso dei codici e delle indagini.
La reprimenda del Consiglio d'Europa è particolarmente bruciante, se si pensa che la nostra tradizione giuridica non ha proprio nulla da imparare da quella degli altri Paesi dell'Unione; e se si pensa che competenze investigative, saggezza giudiziaria e senso di umanità non sono affatto estranei alle nostre forze dell'ordine e alla nostra magistratura. Non tutto è da buttare, anzi. Ma in Italia urge una riforma, radicale: rimettere al suo posto la funzione giudiziaria, che in questi decenni si è trasformata in un potere spesso arbitrario e capriccioso. Chiedere ai tecnici di mettere mano a questo bubbone sarebbe molto rischioso: tocca alla politica trovare una soluzione. E questo è il problema.

Fonte: La Bussola Quotidiana, 13/04/2012

4 - AZZERARE LA FAMIGLIA? MISSIONE COMPIUTA (GRAZIE ALLA SUBDOLA ALLEGRIA DELLE FICTION ''TUTTI PAZZI PER AMORE'', ''UN MEDICO IN FAMIGLIA'', ECC.)
Contrariamente a quanto insegna subdolamente la tv, i bambini soffrono quando il padre e la madre non stanno più insieme e si sentono privi di punti di riferimento saldi e certi
Autore: Costanza Miriano - Fonte: Il Timone, marzo 2012

Qualche tempo fa la mamma di un amichetto dei miei figli mi ha incautamente detto della sua decisione di separarsi. Non sapeva che non sono capace di farmi i fatti miei, e che le missioni impossibili mi conquistano immediatamente alla loro causa. Non sapeva che da allora in poi avrei cominciato a tormentarla.
Per prima cosa, visto che la notizia non era segreta, ho cominciato a dirlo alle amiche comuni, a quelle che mi sembravano affidabili. A telefonare. A strattonarle, a fermarle per strada. Mi sembrava impossibile che non si potesse fare niente, e così pensavo che formando un cordone sanitario intorno alla nostra amica, non so, offrendole consigli non richiesti (la mia specialità) e serate gratuite di baby sitting per permetterle di uscire sola col marito, avremmo certamente impedito questa separazione, non motivata da un evento serio e irreparabile. E invece mi sentivo rispondere "Deve trovare se stessa", "meglio per i bambini avere una madre realizzata", "si può rimanere buoni amici", "i bambini non soffrono". Quasi nessuna condivideva il mio zelo da venditrice di aspirapolvere.
Pensavo che cose simili le potesse dire magari chi attraversa un periodo difficile del proprio matrimonio, obnubilato forse dal dolore, dalla difficoltà, dallo scoraggiamento. Invece ho dovuto constatare che dopo anni di bombardamento da tutti i mezzi di comunicazione possibili, cinema e tv in testa, giornali e radio a seguire, questa è diventata la mentalità dominante. La missione, azzerare la famiglia, è stata compiuta, nel pensiero comune.
Come è potuto verificarsi un ottundimento tanto globale delle menti? Un oscuramento tanto evidente della verità? Chi ha manipolato tanto le menti, così da mettere in discussione le più pacifiche verità, cioè tanto per cominciare che i bambini hanno bisogno di due genitori che stanno stabilmente insieme, che dormono sotto lo stesso tetto, che sanno superare, se ci sono, anche i momenti di dubbio e di stanchezza? Chi ci ha convinti che "realizzare noi stessi" è il primo nostro dovere? Chi ci ha detto che tutto quello che ci viene spontaneo dal cuore è comunque buono, e non va vagliato?
Io ho idea che una buona parte l'abbia fatta non la propaganda diretta, come quella che possono mettere in campo i giornali, magari schierandosi su temi sensibili quali quelli dei pacs o, all'epoca, del divorzio. Credo che più di tutto abbiano potuto i film e i telefilm, le serie, le fiction che propongono in continuazione modelli "alternativi" di famiglia, non solo come se fossero anche quelli accettabili, ma anzi come se quelli fossero più allegri, più sani, più moderni, più giusti. E' un modo di comunicare subdolo e potentissimo, proprio perché indiretto. "Lo diamo per scontato, che va bene. Lo vedete come sono felici? Non sono rimasti insieme ma sono amici!"
Non sono una buona spettatrice di fiction, ho poco tempo e ogni volta che mi siedo mi addormento (a onore della fiction devo dire che mi addormento ovunque, mica solo davanti alla tv: in metro, in auto ai semafori, in chiesa, in fila alle poste). Però qualche volta mi capita di accendere la televisione, e di fermarmi a guardare qualche pezzo di puntata (soprattutto se devo stirare, cosa che rende meno agevole l'addormentamento). Be', sarò poco intelligente, sarò poco allenata a cogliere gli intrecci, ma quando vedo, per esempio, Tutti pazzi per amore non capisco mai chi sta con chi, anche se è stato con qualcun altro, e gli piace un'altra, e anche a lei, ma vuole un figlio dall'ex che però deve farlo di nascosto dal figlio grande che convive con un'amica ma non si sa se è un'amica proprio o un'amica di letto, che aspetta un bambino ma non si ricorda esattamente da chi. Quando comincio a intuire la storia, la puntata finisce.
Mi è capitato anche di vedere Un medico in famiglia, e anche lì se non sbaglio papà e mamma non stanno insieme, qualche nuova fidanzata, sempre giovane e rigorosamente carina, fa capolino, i figli fuori dal matrimonio sono la norma,  e scarsissime sono le  tracce di una famiglia normale. Un uomo e una donna che si sposano e fanno figli. Punto.
Deve essere che non è attraente. Non c'è brivido. Sceneggiatori pigri e conformisti evidentemente pensano, tutti in blocco compatto, che la novità stia nel cambiare persone con le quali avere a che fare; certo, così è più facile creare il brivido, piuttosto che cercare l'unica novità possibile, quella che cambia noi stessi, che ci converte, che ci rende amabili sempre alla stessa persona, nonostante la ripetitività. Non devono avere capito che la vera trasgressione è essere fedeli, perché essere infedeli è la cosa più semplice e facile, e quindi non è trasgressione, ma un semplice assecondare il flusso delle cose. Non deve essergli arrivata la notizia che l'amore è una meravigliosa fatica che ti fa snidare il bello nascosto tra le pieghe del quotidiano.
Certo, ci vorrebbe un piccolo sforzo di scrittura in più, una recitazione più raffinata, forse, una regia più sapiente che sappia stupire facendo vedere squarci di eterno in quella che da fuori sembra solo l'ennesima cena in famiglia, con i soliti capricci e la stanchezza, ma a quel punto uno dei familiari sa mettere una pietra sul suo orgoglio, venire incontro, mettere da parte la sua convinzione, dire un altro sì e spalancare una nuova luce su quello che sembrava solo l'ennesimo scambio di battute sulle solite posizioni.
La vera trasgressione è trovare nuove strade per l'amore, inventarlo, portare i pesi gli uni degli altri, non scaricare i propri cambiando "partner" perché non ci piace più l'immagine che l'altro ci rimanda.
La vera trasgressione è anche stare al proprio posto di combattimento per i figli, perché sì, a volte può anche capitare di rimanere per loro, e non c'è niente di irragionevole, e nemmeno cento puntate di telefilm mi convinceranno che i bambini quando il padre e la madre non stanno più insieme non soffrono, non si sentono strappare la loro stessa carne, non si sentono privi di punti di riferimento saldi e certi partendo dai quali affronteranno il mondo sapendo che, per quanto le cose possano andare male, qualcosa di sicuro c'è. Un padre e una madre che sono solo figura del Padre e della Madre eterni, che ad essi rimandano, e a loro ci accompagnano.

Fonte: Il Timone, marzo 2012

5 - L'INGANNO DI NICHI VENDOLA, IL GRANDE COMUNICATORE
Accusato di peculato, abuso d'ufficio e falso, lui procede incurante come quando nel 2009 dichiarò di essere cattolico, comunista e omosessuale
Autore: Danilo Quinto - Fonte: La Bussola Quotidiana, 16/04/2012

Nichi Vendola è davvero impagabile. Da abilissimo comunicatore, l'ha annunciato egli stesso il suo rinvio a giudizio per concorso in abuso di ufficio continuato. E' accusato da tre pubblici ministeri requirenti di aver favorito la nomina di un primario.
I giornali riportano la frase messa a verbale dall'ex Direttore generale della ASL di Bari, che il Governatore le avrebbe rivolto tra settembre 2008 e aprile 2009 - "Non ti preoccupare di questa cosa! Ti copro io!", in ragione della preoccupazione di aderire alla richiesta del Presidente della Regione Puglia di riaprire i termini di presentazione delle domande per l'incarico di Direttore medico della Struttura complessa di Chirurgia toracica dell'Ospedale San Paolo di Bari. Vendola premeva - secondo l'accusa - perché venissero riaperti i termini del concorso in modo che potesse parteciparvi un medico che egli intendeva favorire. Di fama europea, egli afferma. E che poi effettivamente vinse.
Come si difende Vendola? Sostiene che l'unico elemento d'accusa proviene dalle dichiarazioni contenute in un memoriale dell'ex Direttore generale, non suffragate da nessuna altra prova, nessuna altra documentazione. Alla domanda se intende dimettersi, Vendola risponde: "Mi dichiaro assolutamente sereno, come sempre in passato. Perché ogni mia azione è stata sempre improntata a garantire la trasparenza".
Sarà così anche, immaginiamo, per il secondo avviso di garanzia che il Governatore ha ricevuto nello spazio di poche ore. E' accusato di peculato, abuso d'ufficio e falso in relazione ad una vicenda che riguarda una transazione da 45 milioni di euro tra la Regione Puglia e l'ente ecclesiastico Miulli, che gestisce un ospedale ad Acquaviva delle Fonti. Nel marzo del 2010, qualche settimana prima delle elezioni di rinnovo del Consiglio Regionale, la Regione effettuò una transazione con l'ospedale ecclesiastico. Il Miulli aveva chiesto circa 42,6 milioni di euro per crediti che avrebbero vantato dal 2002 al 30 giugno del 2007. La clinica sosteneva di essersi indebitata per realizzare la nuova sede con fondi propri (76 milioni fino a fine 2008) perché i costi per mandare avanti l'ospedale sarebbero stati maggiori rispetto ai rimborsi della Regione. Il problema riguarda la delibera, poi annullata in autotutela dalla stessa giunta Vendola e che oggi, dopo un contenzioso col Miulli finito davanti al Consiglio di Stato, sta costringendo la Regione a restituire all'Ente di Acquaviva differenze tariffarie per 150 milioni di euro.
Saranno i procedimenti aperti a stabilire come siano andate effettivamente le cose. Qui interessa fare qualche riflessione di carattere politico.
Il "capolavoro" di questi anni del Presidente della Regione Puglia, non è quello di aver cumulato un debito colossale sulla sanità - quasi il 90% del bilancio regionale, come del resto avviene in molte altre regioni - o quello di aver utilizzato in minima parte i fondi messi a disposizione dall'Unione europea, sottraendo quindi risorse essenziali per lo sviluppo della regione. Men che meno è quello di illudere i giovani con posti di precariato o di spendere milioni di euro per l'effimero o di aver concorso a determinare, con la sua politica, il dramma di una famiglia pugliese su cinque che vive in condizioni di povertà. Il vero, grande, sottaciuto capolavoro del Governatore uscente, è quello di aver costruito un'immagine pura della sua azione politica. La sua abilità in questo è stata straordinaria.
Nel giugno di tre anni or sono, dalla sera mattina, decise che i suoi assessori dovevano tutti dimettersi, spazzando via il vero dibattito, quello sulla sanità - e delle tante inchieste pugliesi su questo settore - per sostituirlo con un "colpo di teatro". Un atto definito libero, responsabile, ineccepibile. "Nonostante gli sforzi giganteschi compiuti dalla giunta regionale di centrosinistra - dichiarò il Governatore - il sistema sanitario si conferma permeabile agli interessi delle lobby, delle corporazioni e anche a spinte corruttive". Vendola si accorse del "casino" - come lo definì - dopo oltre quattro anni. Non pensò neanche allora di dover rassegnare le dimissioni, essendo lui stesso il maggiore responsabile politico, perché avrebbe dovuto vigilare nel corso del suo mandato.
Zittì tutti in quel momento e si erse a moralizzatore, non avendo neanche bisogno di spiegare agli assessori da lui nominati e poi fatti fuori, le ragioni dell'epurazione.
Qualche settimana dopo, avvenne un secondo, magnifico "colpo di teatro": alla maniera di George Simenon, Vendola scrisse una "lettera al suo giudice", titolare di una delle inchieste sulla sanità pugliese, con la quale - invece di rispettare, in quanto politico in servizio permanente effettivo, la divisione dei poteri - egli, che può tutto, si prese la libertà di fare insinuazioni contro il giudice che stava indagando. La purezza del Governatore, che al pari di Robespierre, non fa "prigionieri", dilagò nell'opinione pubblica, che lo confermò nel suo mandato l'anno successivo.
Il resto, è storia di questi giorni, raccontata in maniera blanda dall'informazione televisiva e stampata, che invece si accanisce rispetto ad altri casi, come ad esempio quello della Lega. Vendola è indagato. Due volte. E non pensa alle dimissioni. Anche i suoi avversari, peraltro, le chiedono in maniera tiepida e timida o non le chiedono proprio. "Sono cattolico, comunista e omosessuale", disse il Governatore nel 2009. Un bel pout porri, per uno che, come ama dire, "non segue gli schemi". Il guaio è che sono schemi che affascinano, ammaliano e seducono un po' tutti.

Fonte: La Bussola Quotidiana, 16/04/2012

6 - RISCHIO DI SCISMA IN AUSTRIA: BENEDETTO XVI CONDANNA LA DISOBBEDIENZA ALLA CHIESA
Ecco cosa pensa il Papa dell'appello di 400 sacerdoti austriaci per il sacerdozio femminile, l'abolizione dell'obbligo del celibato sacerdotale e la comunione per i divorziati risposati
Autore: Roberto de Mattei - Fonte: Radici Cristiane, maggio 2012

«La situazione spesso drammatica della Chiesa di oggi» è stata al centro dell'omelia pronunciata da Benedetto XVI nella Messa crismale dello scorso 5 aprile. Non si è trattato di una generica denuncia: il Papa ha fatto esplicito riferimento alla situazione della Chiesa in Austria, dove è stato pubblicato un Appello alla disobbedienza del movimento Pfarrer-Iniziative (Iniziativa dei parroci). Questo appello, sottoscritto da quattrocento sacerdoti austriaci, chiede tra l'altro il sacerdozio femminile, l'abolizione dell'obbligo del celibato sacerdotale, la comunione per i divorziati risposati. Punti su cui, come nel caso dell'ordinazione sacerdotale delle donne, la Chiesa si è espressa in maniera irrevocabile e definitiva.
Va sottolineato come la disobbedienza degli esponenti del clero denunciata dal Papa non rappresenta un episodio di isolata indisciplina, ma l'adesione organizzata ad errori od eresie. Essa si presenta dunque come uno scisma, almeno potenziale. La distinzione fondamentale tra eresia e scisma risale a san Girolamo, che definisce eresia la perversione del dogma, mentre lo scisma è la separazione della Chiesa (In Epist. ad Titum, PL, vol. 26, col. 598). Nell'eresia prevale dunque una separazione dottrinale o teologica, nello scisma una separazione disciplinare o ecclesiale. Non tutte le eresie si traducono in scismi, ma ogni scisma presuppone generalmente un'eresia.
La storia della Chiesa, fin dalla sua nascita, è la storia delle sue persecuzioni, ma anche degli scismi e delle eresie che, fin dalle origini, ne hanno minato l'unità. San Paolo, nelle sue lettere, fa spesso riferimento a queste deviazioni dall'insegnamento di Cristo e della Chiesa, che già si presentavano tra i fedeli. Così, nella IV lettera agli Efesini, li ammonisce a «non camminare, come camminano i gentili, nella vanità del proprio pensamento, con l'intelletto oscurato dalle tenebre, lontani dalla via del Signore, per causa dell'ignoranza che v'è in essi» (Ef. 4, 17-18). L'origine di questo allontanamento dalla via del Signore è nella mancanza di sottomissione dell'uomo a Gesù Cristo, unica Via, Verità e Vita.
«Gesù Cristo – ricorda il Papa nella sua Omelia – ha concretizzato il suo mandato con la propria obbedienza e umiltà fino alla Croce, rendendo così credibile la sua missione. Non la mia, ma la Tua volontà: questa è la parola che rivela il Figlio, la sua umiltà e insieme la sua divinità, e ci indica la strada». Il sacerdote dovrebbe sempre ripetere con il Vangelo: «La mia dottrina non è mia (Gv. 7, 16). «Non annunciamo teorie ed opinioni private, ma la fede della Chiesa della quale siamo servitori. (…) Ma la disobbedienza – ha detto il Papa – è veramente una via? Si può percepire in questo qualcosa della conformazione a Cristo, che è il presupposto di ogni vero rinnovamento, o non piuttosto soltanto la spinta disperata a fare qualcosa, a trasformare la Chiesa secondo i nostri desideri e le nostre idee?»
Un tempo, sulle dichiarazioni eterodosse di esponenti del clero si sarebbe steso un velo di pietoso silenzio. Oggi che il Papa stesso ha dato l'allarme, tacere è una colpa, anche se parlare significa portare alla luce gravissime responsabilità. E' quanto accade ancora una volta in Austria, dove il cardinale Christoph Schönborn, arcivescovo di Vienna, ha recentemente ratificato l'elezione di Florian Stangl, un 26enne dichiaratamente omosessuale, nel consiglio della Parrocchia di Stützenhofen, nella sua Arcidiocesi (cfr. "Corrispondenza Romana", n. 1237, 11 aprile 2012).
Il giovane, ufficialmente iscritto come convivente con un "compagno" nei registri civili, è stato eletto a grande maggioranza nel consiglio della sua comunità ecclesiale, ma il Parroco, don Gerhard Swierzek, in conformità a quanto prescrive il Diritto canonico, ha manifestato la propria opposizione alla nomina. Il neo-eletto peraltro non si era detto per nulla disposto a rinunciare alla sua situazione, di fatto e di diritto omosessuale, respingendola anzi come «una richiesta irrealistica».
Il caso è rimbalzato sui mass-media ed è intervenuto personalmente l'arcivescovo di Vienna che, dopo aver invitato a pranzo Florian Stangl ed il suo convivente, ha rilasciato un'intervista all'emittente tv "ORF", in cui si è detto «molto impressionato» dal giovane omosessuale, «umanamente, personalmente e cristianamente» e ha illustrato davanti alle telecamere la decisione di confermarlo a capo del Consiglio pastorale, malgrado l'avviso contrario del parroco. Il Cardinale ha affermato di aver voluto guardare «prima agli uomini che alla Legge» e ha poi ha annunciato l'intenzione di rivedere le regole di accesso, «per chiarire i requisiti necessari per i candidati».
Il cardinale Schönborn ha avuto come suo Vicario generale ed uomo di fiducia mons. Helmut Schüller, lo stesso che ora guida il movimento dei disobbedienti Pfarrer-Iniziative, e a suo tempo ha consegnato alla Congregazione del Clero un memorandum, accompagnato da una nota personale sul tema del celibato sacerdotale, affinché «qualcuno a Roma sappia cosa pensa una parte dei nostri laici dei problemi della Chiesa».
In Italia, il presule che più di ogni altro sembra in sintonia con Schönborn, è Sua Eminenza il cardinale Carlo Maria Martini, già arcivescovo di Milano. Il "Corriere della Sera" del 23 marzo ha dedicato un ampio servizio all'ultimo libro del cardinale, scritto in dialogo con il senatore-chirurgo Ignazio Marino.
Nel volume, dal titolo Credere e conoscere, il cardinale Martini, presentato dal giornalista come «una delle massime autorità spirituali del nostro tempo», afferma che il comportamento omosessuale «non può venire né demonizzato né ostracizzato». «Io ritengo che la famiglia vada difesa (…) – aggiunge il porporato – però non è male, in luogo di rapporti omosessuali occasionali, che due persone abbiano una certa stabilità e quindi in questo senso lo Stato potrebbe anche favorirli. Non condivido le posizioni di chi nella Chiesa se la prende con le unioni civili. Io sostengo il matrimonio tradizionale con tutti i suoi valori e sono convinto che non vada messo in discussione. Se poi alcune persone di sesso diverso, oppure anche dello stesso sesso, ambiscono a firmare un patto per dare una certa stabilità alla loro coppia, perché vogliamo assolutamente che non sia?» ("Corriere della Sera", 23 marzo 2012).
Il Papa, il 13 marzo, nella visita ad limina dei vescovi americani, ha criticato «le potenti correnti politiche e culturali che cercano di alterare la definizione legale del matrimonio», affermando che «le differenze sessuali non possono essere respinte come irrilevanti per la definizione del matrimonio». Benedetto XVI ricorda che l'unione omosessuale, regolata o no dallo Stato, non può ricevere nessuna approvazione dalla Chiesa. E se l'ordinazione della donna viola la legge rivelata da Dio, l'omosessualità infrange, oltre alla legge della Chiesa, la legge naturale, impressa dal Signore in ogni cuore umano.
Il Nuovo Catechismo della Chiesa Cattolica, al n. 2357, definisce le relazioni omosessuali «gravi depravazioni», «intrinsecamente disordinate», «contrarie alla legge naturale» ed «in nessun caso» da approvarsi. A che serve celebrare il ventesimo anniversario dell'entrata in vigore di questo Catechismo se si tollera che siano gli stessi uomini di Chiesa a metterlo in discussione, nelle parole e nei fatti? E come immaginare di far fronte allo scisma che incombe, senza colpire chi favorisce gli errori all'interno della Chiesa, anche se rivestito della porpora cardinalizia?

Fonte: Radici Cristiane, maggio 2012

7 - BUTTIGLIONE IN 6 PUNTI SOTTOVALUTA LE CONSEGUENZE DELL'ACCOGLIENZA DELL'IDEOLOGIA GAY NELLA CHIESA
Le lobby gay premono affinché sia abbandonato il tradizionale insegnamento morale sulla condotta omosessuale e il politico ''cattolico'' cede al politicamente corretto...
Autore: Alessandro Gnocchi e Mario Palmaro - Fonte: Corrispondenza Romana, 13/04/2012

I fatti sono noti: il giovane austriaco Florian Stangl, che vive pubblicamente una relazione omosessuale, è stato eletto a capo del consiglio pastorale di Stützenhofen, a nord di Vienna. Il parroco ha eccepito, ma il suo vescovo, il cardinale Cristoph Schönborn, è intervenuto per sconfessare il sacerdote e benedire la nomina. La vicenda continua a far discutere dentro le mura vaticane con prudenza e preoccupazione proporzionali alla caratura del porporato in questione.
Ai "placet" progressisti si oppongono "non placet" conservatori in un dibattito
che, a rigore, non avrebbe titolo di esistere, dato che Santa romana chiesa ha sempre censurato fatti come quello in oggetto. Ma ora si fa strada la terza via del "placet iuxta modum" che riafferma la dottrina e, insieme, giustifica l'operato dell'arcivescovo di Vienna. Su queste pagine ne ha dato un esempio Rocco Buttiglione attraverso l'unica via possibile: fraintendendo l'iniziativa del cardinale Schönborn fino a farla sembrare una prova di carità cristiana.
Il discorso di Buttiglione si articola in sei punti.
Primo: Dio vuole la salvezza di tutte le anime, e dunque anche delle persone che vivono comportamenti omosessuali.
Secondo: un omosessuale può essere benissimo un cristiano.
Terzo: il cardinale non ha detto che l'omosessualità non sia un grave disordine morale.
Quarto: la chiesa non è il luogo dei perfetti, ma dei peccatori.
Quinto: ciò che esclude dalla chiesa non è il peccato ma l'eresia.
Sesto: l'intransigenza contro l'omosessualità deve andare di pari passo con l'accoglienza umana per le persone omosessuali.
Tutte cose vere, ma nulla hanno a che fare con la condotta di Schönborn. Essere chiamati a far parte di un consiglio pastorale non significa essere riconosciuti dal parroco e dal vescovo come "perfetti", categoria ignota al diritto canonico, ma come persone sufficientemente stimabili agli occhi della comunità. Il problema ha una doppia direzione: il consiglio pastorale "si" legittima grazie alla qualità dei suoi membri e, allo stesso tempo, "legittima" i suoi membri.
Se un giovane negazionista con simpatie naziste venisse eletto in un consiglio pastorale, sarebbe difficile trovare nell'orbe cattolico un vescovo e un filosofo disposti a difenderlo in nome della carità e dicendo che nessuno è perfetto. Il clamoroso e teatrale intervento di Schönborn non ha nulla a che vedere con l'incontro del cardinal Federigo con l'Innominato, non è un atto di doverosa elargizione del perdono che Cristo ha promesso a ogni peccatore pentito.
Quello del porporato viennese è un gesto politico e dall'inevitabile significato magisteriale. E', inequivocabilmente, un mettersi in ginocchio davanti al mondo. Le lobby gay premono alle porte della chiesa affinché sia abbandonato il tradizionale insegnamento morale sulla condotta omosessuale e il cardinale le ha accontentate. Schönborn crede di cavarsela dicendo che ha incontrato il giovane a pranzo e ha capito che merita quel posto.
Ma così facendo dimostra di ignorare la severa disciplina che la chiesa applica, per esempio, ai divorziati risposati, ai quali è interdetto l'accesso alla Santa comunione, è proposto di vivere "come fratello e sorella", e anche in tal caso è caldamente consigliato di non comunicarsi in parrocchia per non dare scandalo alla comunità. Perfino in assenza del peccato si deve aver riguardo allo scandalo che può derivare dall'apparenza. Il male si può tollerare, ma non può essere portato a modello. Per finire, una considerazione tutt'altro che marginale: con quale autorità il parroco sconfessato dal suo vescovo potrà svolgere il suo ministero tra la sua gente?

Fonte: Corrispondenza Romana, 13/04/2012

8 - ECCO COSA PERMETTE IN ITALIA LA LEGGE SULLA FECONDAZIONE ARTIFICIALE: 100.000 MORTI L'ANNO
Il desiderio di un figlio non può venir anteposto alla dignità di ogni vita umana, fino al punto di assumerne il dominio e giustificarne la produzione in laboratorio
Autore: Giorgio Maria Carbone - Fonte: La Bussola Quotidiana, 23-02-2012

Questa legge fu redatta e votata con l'apporto significativo di parlamentari di area cosiddetta cattolica. Da molti venne presentata come un "punto di equilibrio", come la "fine del far west procreatico". E gran parte dell'opinione pubblica l'ha percepita come una legge cattolica, cioè conforme all'etica confessionale cattolica.
Al di là di queste affermazioni, a distanza di anni esaminiamo la legge alla luce dei suoi risultati.
Essa ha dato patente legale e regole giuridiche a tecniche che mirano a dare un figlio alla coppia che lo desidera. Prendiamo in esame i dati relativi a due di queste tecniche. Si tratta delle due tecniche più praticate in Italia: la FIVET, che sta per fecondazione in vitro con trasferimento dell'embrione e che consiste nel prelevare ovociti e spermatozoi, nel farli incontrare in una provetta per ottenere la fecondazione e quindi nel trasferire l'embrione, ottenuto dalla fecondazione, nell'utero materno; e la ICSI che sta per iniezione dello spermatozoo all'interno del citoplasma dell'ovocita e che è una possibile variante della FIVET.
Stando alla Relazione del Ministero della salute del 28 giugno 2011, che censisce i dati del 2009 e che è l'ultima a nostra disposizione, il 2009 presenta i seguenti risultati:
- le coppie che hanno iniziato un ciclo di FIVET o di ICSI sono state 43.511;
- gli ovociti prelevati sono stati 285.042, con una media di 6,6 ovociti per prelievo;
- gli embrioni fecondati in provetta sono stati 121.866 (così ripartiti: 21.417 da FIVET, 94.849 da  ICSI, 5.600 da scongelamento);
- gli embrioni trasferiti dalla provetta all'utero sono stati: 91.921;
- gli embrioni trasferiti dalla provetta al congelatore: 7.337;
- le gravidanze iniziate sono state: 10.545;
- i parti: 6.777;
- i nati vivi: 8.452.
Questi i dati nudi e crudi pubblicati nella relazione ministeriale.
Da parte nostra facciamo notare che se le coppie che hanno iniziato le tecniche sono state 43.511, le coppie che hanno avuto un figlio sono state 6.777. Ciò significa che solo il 15,6 delle coppie può dirsi soddisfatta con un bimbo in braccio. Mentre il restante 84,4% delle coppie ha vissuto una cocente e costosa delusione.
Ma il dato più inquietante, e soprattutto più taciuto, è questo: se gli embrioni prodotti in provetta sono stati 121.866 e i nati vivi sono stati 8.452, significa che il 6,9% degli embrioni prodotti arriva al parto, mentre 93,1% degli esseri umani così prodotti si è perso lungo il percorso.
Perciò se 1000 sono le coppie che hanno acceduto alle tecniche: 156 hanno ottenuto il risultato; mentre 844 hanno conseguito un fallimento.
Se 1000 sono gli esseri umani prodotti in provetta: 69 sono arrivati al parto e 931 o sono morti nella provetta, o nel trasferimento, oppure non si sono annidati oppure, pur essendosi annidati, sono stato oggetto di gravidanza fuori sede (2%) o di aborto spontaneo (21,4%).
Mi soffermo solo brevemente su di un altro aspetto, che è a monte. Si stima che una coppia italiana su sette sia sterile. Perciò compito primario è quello di finanziare ricerche sulle cause della sterilità umana. In questo senso l'art. 2 della legge n.40/2004 stabilisce che «Il Ministro della salute, sentito il Ministro dell'istruzione, dell'Università e della ricerca, può promuovere ricerche sulle cause patologiche, psicologiche, ambientali e sociali dei fenomeni della sterilità e della infertilità e favorire gli interventi necessari per rimuoverle nonché per ridurne l'incidenza, può incentivare gli studi e le ricerche sulle tecniche di crioconservazione dei gameti e può altresì promuovere campagne di informazione e di prevenzione dei fenomeni della sterilità e della infertilità».
A quanto consta le ricerche sono state finanziate e svolte ma nella direzione del congelamento degli ovociti o dei tessuti ovarici, sono state finanziate ricerche non per individuare le cause della diffusione del fenomeno o per trovare delle risposte terapeutiche adeguate, ma per mettere a punto delle varianti alle tecniche di fecondazione. Inoltre, bisogna segnalare che molte delle coppie cui è diagnosticata la sterilità vengono immediatamente indirizzate a fare la FIVET o ancor più la ICSI, in genere senza ricevere la debita informazione.
I dati che abbiamo sommariamente ricordato sono tutt'altro che lusinghieri. Quale imprenditore finanzierebbe un processo produttivo sapendo che alla fine solo 156 clienti su 1000 saranno soddisfatti e solo 69 prodotti su 1000 andranno a destinazione? La logica dell'imprenditore prudente esclude di imbarcarsi in un'impresa così fallimentare.
Eppure, queste tecniche continuano ad essere applicate con la patente di legalità della relazione del Ministro della Repubblica e della Corte Costituzionale. Eppure queste tecniche continuano a produrre esseri umani di età embrionale dentro delle provette di vetro, con la consapevolezza, sempre più confermata dalle evidenze scientifiche, che si tratta di nostri simili e che il 93,1% di essi è destinato a morire prima del parto per assenza del dialogo materno-embrionale e della sincronia tra lo sviluppo dell'embrione e le modificazioni della parete dell'utero.
Se proprio vogliamo richiamare i principi etici cattolici ben riassunti nell'Istruzione Dignitas Personae dell'8 settembre 2008, FIVET, ICSI e le loro varianti sono eticamente inaccettabili per le seguenti ragioni:
1. queste tecniche separano il sorgere di un'esistenza umana dal contesto personale dell'atto coniugale sessuale, infatti, un'esistenza umana inizia senza atto coniugale in una piastrina di vetro in ragione della perizia di biologi e ginecologi. Si realizza una "delega sostitutiva";
2. queste tecniche accettano l'altissimo tasso di abortività, che, anche se non è ricercato, è quanto meno indotto dalle tecniche stesse, e accettano che l'essere umano di vita embrionale sia ridotto a cosa oggetto di dominio. Infatti, viene selezionato, scartato, congelato oppure trasferito in utero …
«La Chiesa riconosce la legittimità del desiderio di un figlio, e comprende le sofferenze dei coniugi afflitti da problemi di infertilità. Tale desiderio non può però venir anteposto alla dignità di ogni vita umana, fino al punto di assumerne il dominio. Il desiderio di un figlio non può giustificarne la "produzione", così come il desiderio di non avere un figlio già concepito non può giustificarne l'abbandono o la distruzione» (Dignitas Personae n. 16).
Come si sarà notato queste argomentazioni non fanno appello alla fede rivelata, non viene citata la Sacra Scrittura, ma fanno appello alla dimensione personalissima dell'atto coniugale e alla natura umana dell'embrione, dati razionali, laici e non confessionali.
In altri termini, queste tecniche e di conseguenza anche la legge che le regolamenta, consentono a degli adulti di produrre in un vetrino dei propri simili. L'essere umano non è più generato da un atto coniugale-sessuale, perché questo non c'è proprio. Ma è il termine di una tecnica produttiva.
È questo l'aspetto più disumano delle tecniche e della legge, che quindi violano in modo plateale il principio di uguaglianza tra tutti gli esseri umani.

Fonte: La Bussola Quotidiana, 23-02-2012

9 - OMELIA IV DOMENICA DI PASQUA - ANNO B - (Gv 10,11-18)
Il buon pastore dà la propria vita per le pecore
Fonte Il settimanale di Padre Pio, (omelia per il 29/04/2012)

Il Messia era stato caratterizzato dai profeti come il Pastore del suo popolo (Is 40,11; Ez 34,23; 37,24; Zc 13,17, ecc.), ed Israele era stato chiamato gregge del Signore (Ez 34,5; Mic 7,14; Zc 10,3, ecc.). Gesù Cristo affermò solennemente che questi vaticini si erano avverati in Lui, proclamandosi pastore, anzi buon pastore non solo del popolo ebreo ma di tutti gli altri che Egli avrebbe uniti al primo suo gregge, formandone un solo ovile sotto un solo pastore. Dal modo com'Egli parlò traspare tutta la sua tenerezza verso le anime e, dal contrapposto che fece tra il buon pastore e il mercenario, tutto il dolore che provava non solo per i falsi pastori del popolo ebreo, ma per i pastori falsi e mercenari di tutti i secoli. Io sono il buon pastore, esclamò; era venuto per dare la vita e per darla abbondantemente, e la dava alle sue pecorelle non solo pascolandole, ma immolandosi per loro; perciò soggiunse: Il buon pastore dà la vita per le sue pecorelle e, secondo l'espressione del testo greco, dà la vita in prezzo di redenzione.
Egli era l'unico pastore che pascolando si offriva, e salvando dalla morte le sue pecorelle s'immolava per esse. Nell'Eucaristia donò se stesso offrendosi al Padre ed immolandosi incruentemente, e sulla croce s'immolò cruentemente. Per confermare e rendere vivo questo grande pensiero, Gesù Cristo ritornò alla similitudine dell'ovile e delle pecorelle, e disse: Il buon pastore dà la vita per le sue pecorelle, il mercenario invece è chi non è pastore, ed al quale non appartengono le pecorelle; quando vede venire il lupo abbandona le pecore e fugge, il lupo rapisce e disperde le pecorelle. Il mercenario poi scappa perché è mercenario e non gl'importa delle pecorelle.
I pastori di pecore menano una vita solitaria nei campi e l'unica loro compagnia sono quei placidi animali che conducono al pascolo. Essi li amano come loro proprietà, e quasi come parte della loro vita; la docilità che esse hanno ad ogni loro cenno ispira ad essi una grande tenerezza, e la loro debolezza di fronte ai pericoli li rende solleciti nel difenderle. Un gregge è come una famiglia di cui il pastore si sente il capo, e perché le pecorelle lo riconoscono e ne ascoltano la voce, egli se ne sente quasi padre, e non esita ad affrontare dei gravi pericoli per difenderle, soprattutto contro le insidie dei lupi. Nelle solenni solitudini dei campi non c'è forse una scena più soave e commovente come quella di un gregge che pascola, e del pastore che lo vigila. Raccolte a gruppi, brucano le erbe, corrono di qua e di là, si riposano, e il loro belare è come un'armonia serena che si disperde lontano nelle ampie solitudini verdi e tranquille.
Gesù Cristo non poteva scegliere una similitudine più bella per significare l'unione delle anime a Lui, e la sua infinita tenerezza nel pascolarle.
L'arte ha raccolto in mille modi questa soave parabola, e ne ha formato innumerevoli quadri, dai quali traspare sempre la tranquilla pace delle anime che sono condotte ai pascoli da Gesù, e il suo infinito amore nel pascolarle. Egli è il buon pastore, e le anime per essere guidate da Lui debbono essere docili, semplici, silenziose ed affettuose come pecorelle. Egli le ama, le guida, le difende, le nutre e dà la vita per loro, vittima perenne di redenzione e di amore sugli altari. È questa la sua sublime regalità, tanto diversa: da quella dei reggitori di popoli, solleciti della loro gloria e del loro tornaconto. È questa la sua amorosa paternità per le anime, tanto diversa da quella di coloro che la reggono come mercenari, e che al primo pericolo che le minaccia fuggono e le lasciano in balia di quelli che le uccidono. Un pastore mercenario non ama le pecorelle, ma la paga che guadagna per il servizio che presta; il gregge anzi gli è di fastidio, perché rappresenta il peso della sua giornata e, quando si trova di fronte ai lupi che lo assalgono, fugge per mettersi in salvo, non avendo nessun interesse a salvare le pecorelle. Tali erano i pastori d'Israele, e tali sono i pastori degeneri, che riguardano il ministero come un'occupazione qualunque e una fonte di guadagno. Non parliamo poi dei così detti protestanti e di quelli di altre sette, i quali non solo sono mercenari, pagati per strappare le anime alla Chiesa, ma sono falsi pastori, ladri ed assassini che non entrano nell'ovile per la porta, non hanno alcun mandato di reggere le anime e rappresentano essi medesimi i lupi rapaci che le uccidono e le disperdono.
Dopo aver detto che Egli è il buon pastore perché dà la vita per le pecorelle, Gesù Cristo soggiunge che Egli ha tanta premura per le sue pecorelle che le conosce ad una ad una, si comunica loro ed esse lo conoscono. Come il Padre conoscendo se stesso genera il Figlio e gli comunica la vita infinita, e come il Figlio conosce il Padre dandogli una lode infinita, così Gesù Cristo conosce le sue pecorelle, vivificandole ad una ad una, come se fosse tutto e solo per ciascuna, e dà la vita per loro, ad una ad una, di modo che ogni sua pecorella ottiene in pieno il frutto e i benefici della redenzione. Le pecorelle, poi, vivificate da Lui, lo amano perché lo conoscono e lo glorificano. C'è dunque tra Gesù buon pastore e le sue pecorelle un'unione di amore, che Gesù stesso paragona all'unione del Padre con Lui Verbo eterno. Egli dona loro la vita, ed esse lo glorificano e lo amano, Egli le cura singolarmente, una ad una, ed esse lo amano di amore singolare.

Fonte: Il settimanale di Padre Pio, (omelia per il 29/04/2012)

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