BastaBugie n�248 del 08 giugno 2012

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1 CONSIGLI BENEVOLI AGLI ATEI PER LA DEBOLEZZA DELLE LORO ARGOMENTAZIONI CONTRO LA PRESENZA DI DIO
Nel suo nuovo saggio ''Epifania: l'invisibile che si manifesta'' il cardinale lancia la sfida ai non credenti: ecco la nota introduttiva
Autore: Giacomo Biffi - Fonte: Avvenire
2 MONTI SBOTTA ''ASSURDO DARE SOLDI PUBBLICI AL CALCIO''... MA VERAMENTE, PROF, E' VERO IL CONTRARIO
Come sia possibile che i tecnici al potere dicano simili fesserie resta un mistero: ah, già... non li ha votati nessuno
Autore: Caelsius Mars - Fonte: Qelsi
3 COSA DIREBBE DON CAMILLO SUL TERREMOTO IN EMILIA
Intervista al figlio di Guareschi, l'indimenticabile inventore di Mondo Piccolo: ''Quante analogie con l'alluvione del '51''
Autore: Stefano Andrini - Fonte: Avvenire
4 CARTE SEGRETE DEL VATICANO? NO, GRAZIE!
Amo la Chiesa ancor più di prima, con un amore pieno di orgoglio perché, nonostante noi, regge da duemila anni (e mi dispiace sia per il Papa che per Ettore Gotti Tedeschi)
Autore: Costanza Miriano - Fonte: www.costanzamiriano.wordpress.com
5 SEI MESI DI INUTILI SACRIFICI IMPOSTI AGLI ITALIANI DAL FALLIMENTARE GOVERNO MONTI
Tassazione lacrime e sangue, il debito pubblico è cresciuto, la spesa pubblica e gli sprechi sono rimasti tali e quali, mentre non si registra nessun segnale positivo per disoccupazione, produzione industriale e consumi interni
Autore: Caelsius Mars - Fonte: Qelsi
6 IL QUOTIDIANO REPUBBLICA VUOLE INSEGNARE AGLI SCOUT A DIRE CHE OMOSESSUALE E' BELLO
Ogni giorno si alza qualcuno che vuol dire ai cattolici come si debba fare per essere cristiani autentici, tolleranti e rispettosi (dimenticando il Vangelo, ovviamente...)
Autore: Gabriele Mangiarotti - Fonte: Cultura Cattolica
7 INCONTRO MONDIALE DELLE FAMIGLIE A MILANO: ANCORA UNA VOLTA IL PAPA PRENDE IN CONTROPIEDE GIORNALI E TELEVISIONI
Benedetto XVI ha ribadito con tono mite, ma fermissimo, i capisaldi della dottrina cattolica, incompatibili con qualsiasi banalizzazione, sulle grandi questioni della vita umana, della sessualità, della famiglia (ecco il video con l'omelia del Papa)
Autore: Eugenio Capozzi - Fonte: L'Occidentale
8 IL SANGUE DI CRISTO E' VERSATO ''PER MOLTI'', NON ''PER TUTTI''
Lo scrive il Papa ai vescovi tedeschi (ma lo stesso problema è in Italia) e vuole che in tutta la Chiesa si rispettino le parole di Gesù riportate nel Vangelo
Autore: Papa Benedetto XVI - Fonte: www.chiesa
9 RESOCONTO DEL CONVEGNO PRESSO IL PONTIFICIO ATENEO REGINA APOSTOLORUM CHE HA PRECEDUTO LA MARCIA PER LA VITA DEL 13 MAGGIO
Sintesi degli interventi di Renzo Puccetti, Gonzalo Miranda, Giuseppe Noia, Carlo Bellieni, Riccardo Cascioli, Costanza Miriano, Roberto Marchesini, Luca Di Tolve e tanti altri
Fonte: Centro Cattolico di documentazione di Marina di Massa
10 LETTERE ALLA REDAZIONE: IN MERITO ALL'ARTICOLO SULLA MESSA DEI NEOCATECUMENALI
Il giornalista in questione non è nuovo a tali atteggiamenti e non scrive mai a seguito delle ripetute smentite ricevute
Autore: Giano Colli - Fonte: Redazione di BastaBugie
11 OMELIA CORPUS DOMINI - ANNO B - (Mc 14,12-16.22-26)
Questo è il mio sangue dell'alleanza, che è versato per molti
Fonte: Il settimanale di Padre Pio

1 - CONSIGLI BENEVOLI AGLI ATEI PER LA DEBOLEZZA DELLE LORO ARGOMENTAZIONI CONTRO LA PRESENZA DI DIO
Nel suo nuovo saggio ''Epifania: l'invisibile che si manifesta'' il cardinale lancia la sfida ai non credenti: ecco la nota introduttiva
Autore: Giacomo Biffi - Fonte: Avvenire, 23/05/2012

Dio esiste o non esiste? Nei confronti di questo problema, vecchio e risaputo, l'atteggiamento umano e variegato e offre una casistica multiforme. Meritano particolare attenzione non solo sotto il profilo psicologico, ma anche sotto quello rigorosamente logico quanti potremmo denominare "atei dichiarati", i quali, oltre ad essere personalmente "convinti", si propongono di riuscire anche "convincenti".
Ma per diventare "convincenti" non basta che proclamino con chiarezza e con forza la loro persuasione della non esistenza di Dio; occorre che la sorreggano con argomentazioni ineccepibili. Bisogna cioè che adducano «prove» intrinsecamente valide. Sul piano psicologico però è più facile che essi arrivino a una specie di agnosticismo tacito e implicito, piuttosto che a una vera certezza priva di dubbi. Trapela talvolta dal loro atteggiamento come una vigile e timida preoccupazione, a dispetto delle continue dichiarazioni di un ostentato ateismo. Sono proprio gli "atei dichiarati" a richiamare con più frequenza nei loro discorsi il nome di Dio, quasi nell'ansia di ribadire il loro "autoconvincimento".
Nel 1961 fummo tutti sorpresi dalla notizia che il 12 aprile di quell'anno un'astronave sovietica aveva compiuto una rivoluzione attorno alla Terra. Aveva a bordo l'ufficiale di aviazione Jurij Alekseevic Gagarin, che così divenne il primo astronauta della storia. Ci giunse poi la notizia di una singolare dichiarazione attribuita allo stesso Gagarin. Nel suo straordinario viaggio spaziale – egli rilevava – non aveva trovato alcuna traccia di una eventuale presenza di Dio. La dominante cultura sovietica era dunque entrata in possesso, se non di una prova, almeno di un serio indizio della verità della sua tesi ateistica.
Dal canto mio, ho subito pensato: meno male! Sarebbe stato un bel guaio, se egli avesse trovato qualche traccia della Divinità. Come prendere sul serio l'ipotesi che si arrivasse a Dio non attraverso la conversione interiore e l'atto di fede (come ci ha insegnato il messaggio di Cristo), ma con il semplice ausilio di un propellente adatto e proporzionato allo scopo?
A ben pensarci, si poteva anzi ravvisare in quella frase una certa comicità involontaria: in effetti la navicella russa, al cospetto dell'immensità dello spazio celeste, si era staccata dalla crosta terrestre in una misura oggettivamente esigua e del tutto trascurabile (almeno ai fini dei nostri interessi "teologici").
Le parole convenienti (mi dicevo), che Gagarin avrebbe dovuto mormorare per non sfiorare il ridicolo, sarebbero state piuttosto quelle dell'intelligenza e del buon senso di Blaise Pascal: « Le silence eternel de ces espaces infinis m'effraie » (Il silenzio eterno di questi spazi infiniti mi sgomenta).
Come si vede, agli "atei dichiarati" è consentito "ipotizzare" che Dio non esista, è consentito "desiderare" che Dio non esista, è consentito "sperare" che Dio non esista; ma, parlando propriamente, non possono "sapere" se Dio esiste o non esiste. Il discorso sembrerà paradossale, ma va addirittura detto che un elenco aprioristico, universale e sistematico di "ciò che non esiste" è precluso alle nostre facoltà conoscitive: è un privilegio esclusivo del Dio onnisciente (supposto che un Dio siffatto ci sia).
«Dopo Auschwitz non e più possibile credere in Dio». Gli "atei dichiarati", nel loro tentativo di essere anche "convincenti" si sono avvalsi talora di questo "luogo comune" che è circolato dopo la conclusione della Seconda guerra mondiale. Mette conto di cercar di capire il senso dell'espressione e di darne una valutazione critica.
«Dopo Auschwitz non è più possibile credere in Dio». Vale a dire: come si fa a supporre che esista un Essere – per definizione intrinsecamente onnisciente e onnipotente – che non sia intervenuto a impedire tanto orrore? O non ne è stato capace, e allora dov'è la sua decantata onnisciente onnipotenza? O non ha avuto alcuna ripugnanza verso questa spavalda violazione di ogni principio morale e non ha avuto nessuna pietà per tanta gratuita e immeritata sofferenza. In sintesi: un essere così debole, così cieco, così impietoso, non merita proprio di esistere.
Non è che con l'esclusione dell'ipotesi dell'esistenza di Dio, sarebbe eliminato ogni orrore dalla vicenda umana. Auschwitz non per questo cesserebbe di essere una nefandezza irrimediabilmente avvenuta. Un'umanità abbandonata a una sofferenza atroce inevitabile, intrinsecamente ingiusta e irragionevole, senza nessuna prospettiva di rettifica e di indennizzo, sarebbe una pura e totale assurdità. Ma ciò che è assurdo, per definizione, è ciò che non può esistere. Se Dio non ci fosse, il male del mondo incomberebbe su di noi con tutta la sua opprimente opacità. Ma se Dio c'è, ci sarà oltre tutti i tormenti e le atrocità di quaggiù uno spazio ultimo e risolutivo, dominato da una superiore equità e da una trascendente misericordia. Solo se l'ultima parola su di noi sarà pronunciata da una Divinità, ci riesce di continuare a sperare che i conti possano essere un giorno pareggiati e l'assurdo sia vinto. Solo chi attende una vita ben diversa oltre questa nostra vita miserabile, può credere in un trascendente recupero di una giustizia che sulla terra appare continuamente oltraggiata. Questa e perciò la mia conclusione: «Dopo Auschwitz non è più possibile non credere in Dio».
In realtà, lo slogan davvero efficace proposto implicitamente a tutti dagli "atei dichiarati" e un richiamo alla "invisibilità" di Dio. Sono molti gli uomini che con semplicità e spensieratezza si lasciano impressionare dall'osservazione che nessuno e mai riuscito a vedere Dio. Perché dovremmo preoccuparci di uno che nessuno e mai riuscito a incontrare?, essi si dicono.
La stessa narrazione evangelica lo afferma esplicitamente: «Dio, nessuno lo ha mai visto» (Gv 1,18): paradossalmente su questo punto gli atei, come si vede, si accordano con la parola di Dio. Va detto però che il testo sacro prosegue, aggiungendo subito una notizia nella quale viene proclamato esplicitamente il mistero e il prodigio della "epifania": «Dio, nessuno lo ha mai visto: proprio il Figlio unigenito, che e nel seno del Padre, lui lo ha rivelato» (Gv 1,18).

CARD. GIACOMO BIFFI
La fede che diventa cultura

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Fonte: Avvenire, 23/05/2012

2 - MONTI SBOTTA ''ASSURDO DARE SOLDI PUBBLICI AL CALCIO''... MA VERAMENTE, PROF, E' VERO IL CONTRARIO
Come sia possibile che i tecnici al potere dicano simili fesserie resta un mistero: ah, già... non li ha votati nessuno
Autore: Caelsius Mars - Fonte: Qelsi, 30/05/2012

Ennesimo infortunio del premier, ennesima occasione mancata per tacere su cose che non conosce, ennesima brutta figura, ennesimo spunto offerto alla critica politica, un vero e proprio assist per la satira. Prendendo spunto dalla squallida e vergognosa vicenda del nuovo scandalo del calcioscommesse, Monti si scaglia contro il calcio italiano nella sua interezza tuonando: "Il campionato dovrebbe essere sospeso per due o tre anni, è un fenomeno indegno, così come il fatto che prenda soldi pubblici", poi aggiungendo che "per gli italiani non impegnati in attività politiche, che sono la stragrande maggioranza e di cui io presto tornerò a far parte è facile localizzare tutti i mali d'Italia nella politica, ma è un errore. Nella politica – conclude il premier - ci sono gravi difetti, ma nel Paese non esiste quella separatezza tra società civile e politica che può far comodo pensare. È particolarmente triste quando un mondo che deve essere espressione di valori alti, come lo sport, si dimostra un concentrato di aspetti tra i più riprovevoli come la slealtà, l'illegalità e il falso".
Vero prof, ma sapesse quanto è ancora più triste vedere che un mondo che dovrebbe essere espressione di valori alti, nobili, disinteressati come la politica, si dimostri in molte sue componenti ed in molti, troppi, suoi protagonisti un concentrato di aspetti tra i più riprovevoli, come la slealtà, l'illegalità, il falso, l'affarismo, il peculato, il tornaconto personale e la corruzione. Ma torniamo al calcio e procediamo con ordine. Intanto ci sentiamo di tranquillizzarla prof.: il calcio non prende soldi pubblici, ma anzi la Figc è notoriamente l'unica federazione sportiva con un bilancio in attivo, che grazie alla popolarità ed alla "ricchezza" del calcio di fatto mantiene tutte le altre federazioni del Coni permettendo all'Italia di primeggiare anche in altri sport "meno ricchi", come ad esempio il nuoto o la scherma, le bocce od il tiro con  l'arco.
Tanto per fare due conti, il calcio è la quarta o quinta industria del Paese, guarda caso preceduta da quella delle scommesse che Lei tanto vitupera, ma che rappresenta il 4 % del Pil nazionale e che, grazie ad un misero pay-out che manco arriva al 40 %, riversa ogni anno almeno una trentina di miliardi nelle casse dello Stato, cioè costituendo una "manovra finanziaria occulta".
Tenga presente poi che il monte stipendi della sola serie A si aggira sui 2 miliardi di euro, che con un'aliquota Irpef del 50 % genera un gettito fiscale di circa 1 miliardo l'anno. Va poi tenuto conto dell'indotto che si aggira su un altro miliardo di euro, e fanno 2. Ora, un disperato irresponsabile come Lei che per racimolare soldi fa pagare l'Imu alle giovani coppie depresse e demoralizzate dalla precarietà occupazionale e da mutui a tassi elevati come quelli italiani, fa pagare l'Imu di fatto sulla prima casa lasciata libera da anziani e malati bisognosi di assistenza nei centri specializzati in cui trovano ricovero, laddove non la fa pagare alle fondazioni bancarie, non ci sembra che sia la persona più indicata a scagliare la prima pietra contro i calciatori, sparando nel mucchio e generalizzando, visto che poi sulle loro attività ci lucra nel perseguimento di obbiettivi misteriosi che certo non coincidono mai con gli interessi della gente che non l'ha mai votata.
Né ci sembra opportuno che Lei getti del fango su persone ed attività che talvolta, come nel caso in oggetto, possono anche essere discutibili e censurabili, ma dalle quali Lei trae enormi ed utilissimi profitti anche per arricchire il bottino che banche e politici si spartiscono sulle spalle della gente che lavora. Tenga presente che i tesserati del calcio sono 4 milioni e che di questi gli indagati ed i corrotti già rei confessi non sono neanche una ventina, che significa una percentuale dello 0,0005%, che non ci sembra una quantità devastante.
Vogliamo calcolare la stessa percentuale all'interno della sua compagine di governo? Tra evasori e chiacchierati fanno quattro su quarantuno tra ministri e sottosegretari, cioè il 10% circa, ovvero la concentrazione di persone la cui irreprensibilità è tutta da accertare nel governo è 200 volte più alta che nel calcio. Vede che le sarebbe convenuto tacere?
Su un punto concordiamo con Lei, che gli infami calciatori corrotti e venduti debbano vergognarsi ed essere, loro e non gli altri 3.999.980 praticanti, cancellati dal calcio e dalla vita pubblica nazionale: però, Lei deve ammettere che dovrebbe essere il primo a fare altrettanto per i danni che sta arrecando a questo Paese.
Sappia un'altra cosa: la giustizia sportiva è tremenda perché è l'unico ambito in cui sono gli accusati a doversi dimostrare innocenti, non l'accusa a dover dimostrare la colpevolezza degli accusati, e vige il principio implacabile della responsabilità oggettiva.
Vedrà prof, che chi s'è macchiato di questi misfatti così ignobili sarà rapidamente chiamato a pagare, mentre ci chiediamo quando mai pagheranno gli amministratori di quelle banche che evadono il fisco, i responsabili di quelle regioni rosse in cui il clientelismo, la corruttela, gli intrecci affari-malavita-politica condizionano lo sviluppo e mortificano le aspettative della gente, gli affaristi nascosti dentro i partiti che si appropriano di finanziamenti pubblici anche quando sono formazioni politiche morte e sepolte. [...]
Lei s'è scagliato contro il calcio come se fosse in una guerra, ma si guarda bene dal fare la guerra ai veri nemici dell'Italia, cioè le lobbies, le banche usuraie, i politici - quelli corrotti, gli altri ci stanno tutti bene, noi non generalizziamo – gli sprechi, le spese improduttive, i privilegi.
Questa uscita così infelice, seconda solo a quella con la quale ha "sospeso" (non cancellato) l'Imu dei terremotati emiliani che la casa non ce l'hanno più, se la poteva proprio risparmiare.
Per coerenza, ci aspettiamo che Lei ed i suoi colleghi di governo, del Parlamento e della politica smettiate sdegnati di frequentare gli stadi, teatro delle nefandezze di viscidi individui quali Lei ritiene  siano TUTTI i calciatori, e che se proprio non potete fare a meno di andarci "per rendervi visibili", almeno pagatevi il biglietto.

Fonte: Qelsi, 30/05/2012

3 - COSA DIREBBE DON CAMILLO SUL TERREMOTO IN EMILIA
Intervista al figlio di Guareschi, l'indimenticabile inventore di Mondo Piccolo: ''Quante analogie con l'alluvione del '51''
Autore: Stefano Andrini - Fonte: Avvenire, 01/06/2012

«Mio padre, alla domanda di don Camillo che chiede cosa si può fare di fronte a una catastrofe, fa rispondere al 'suo' Cristo: "Ciò che fa il contadino quando il fiume travolge gli argini e invade i campi. Bisogna salvare il seme: la fede. Don Camillo, bisogna aiutare chi possiede ancora la fede a mantenerla intatta"». Cosi, citando la saga di Giovannino Guareschi, il figlio dello scrittore, Alberto, entra in punta di piedi nelle vicende di paura e speranza che si intrecciano nelle zone terremotate.
Il sisma ha fatto emergere ancora una volta le caratteristiche del popolo emiliano che non si rassegna di fronte alle calamità. Come lo vedeva Guareschi questo popolo?
«Bisogna rendersi conto, scrive, che in quella fettaccia di terra tra il fiume e il monte, possono succedere cose che da altre parti non succedono. Cose che non stonano mai col paesaggio… Allora si capisce meglio don Camillo, Peppone e tutta l'altra mercanzia. E non ci si stupisce che il Cristo parli e che uno possa spaccare la zucca a un altro, ma onestamente, però: cioè senza odio. E che due nemici si trovino, alla fine, d'accordo nelle cose essenziali».
La reazione del paese di fronte all'alluvione sembra simile a quella che oggi vediamo di fronte al sisma… «Don Camillo, solo, nella chiesa allagata, per rincuorare la sua gente che lo ascolta raccolta sugli argini dove si è rifugiata, cerca di riaccendere nel loro cuore la speranza: "Fratelli! Le acque escono tumultuose dal letto dei fiumi e tutto travolgono: ma un giorno esse ritorneranno, placate, nel loro alveo e ritornerà a risplendere il sole. E se, alla fine, voi avrete perso ogni cosa, sarete ancora ricchi se non avrete persa la fede in Dio. Ma chi avrà dubitato della bontà e della giustizia di Dio sarà povero e miserabile anche se avrà salvato ogni sua cosa"».
Tante chiese sono andate distrutte. Cos'era la chiesa parrocchiale nel mondo di Guareschi? E se la chiesa di don Camillo fosse crollata, cosa avrebbe fatto il comunista Peppone?
«La chiesa di don Camillo era tutt'uno con il suo parroco e la canonica era un confortante rifugio: in tantissimi racconti don Camillo dà ospitalità in canonica ai suoi parrocchiani, specie ai bambini. E se la chiesa fosse andata distrutta il comunista Peppone avrebbe contribuito alla sua ricostruzione come aveva già fatto per riparare la torre campanaria lesionata per la semplice ragione che: "Da questa torre, queste campane hanno salutato ieri l'alba della Liberazione e da questa torre queste stesse campane dovranno salutare domani l'alba radiosa della rivoluzione proletaria!", disse Peppone a don Camillo. E gli mise davanti tre grandi fazzoletti rossi pieni di soldi».
In una lettera alle popolazioni terremotate il cardinale Caffarra parla della dedizione eroica dei sindaci e della testimonianza commovente dei sacerdoti. Parole che a Guareschi sarebbero piaciute?
«Sì, le parole del cardinale Caffarra gli sarebbero piaciute e si sarebbe sentito in sintonia con lui: prima di tutto perché il cardinale è un figlio della nostra terra e poi perché anche mio padre, raccontando la famosa alluvione del 1951, aveva messo in evidenza, come segno esemplare, gli sforzi del sindaco Peppone per mettere in salvo la propria gente, e la condivisione di don Camillo delle sofferenze del suo gregge».
Questi giorni hanno fatto emergere la religiosità forte e radicata dell'Emilia. È simile a quella che ha raccontato suo padre?
«È molto simile: mio padre si sarebbe profondamente commosso per l'atto di devozione di don Ivan Martini che ha perso la vita per salvare la Madonnina. Come lo aveva commosso la misericordia pastorale che aveva spinto don Giovanni Bernini, parroco di Mezzano Inferiore, a restare sulla torre campanaria durante l'alluvione del novembre 1951 per rincuorare la sua gente con il suono dell'Ave Maria. Tanto da far rimanere, nel suo racconto dell'alluvione, don Camillo in chiesa...».

Nota di BastaBugie: per approfondire la figura di Giovannino Guareschi e le storie di don Camillo e Peppone oppure per vedere "La rabbia" il film del 1963 di Giovannino Guareschi che fotografa bene la situazione del tempo e che a mezzo secolo di distanza conserva la sua validità sia come documento storico che come documento profetico, clicca qui sotto
http://www.filmgarantiti.it/it/edizioni.php?id=3

Fonte: Avvenire, 01/06/2012

4 - CARTE SEGRETE DEL VATICANO? NO, GRAZIE!
Amo la Chiesa ancor più di prima, con un amore pieno di orgoglio perché, nonostante noi, regge da duemila anni (e mi dispiace sia per il Papa che per Ettore Gotti Tedeschi)
Autore: Costanza Miriano - Fonte: www.costanzamiriano.wordpress.com, 30/05/2012

Ho un serio problema con le trame. Non le capisco. Non è che io sia nobile, e voli alto, e riesca per questo a tenermene fuori. È che proprio non le capisco. Quando in redazione mi riferiscono di cordate, allineamenti e schieramenti e strategie, l'unico pensiero che riesco a elaborare, mentre mi fisso la punta delle scarpe, è: quando finirà di parlare, in modo che io possa andare alla macchinetta a prendere una bevanda al gusto di cioccolato(che nome minaccioso)? A volte produco anche pensieri più elaborati, generalmente sulle scarpe, tipo: ma guarda che disastro, è ora che faccia il cambio di stagione.
È per questo che l'altra settimana, quando è uscito il supplemento del Corriere della sera con le anticipazioni del libro di Nuzzi sulle carte segrete del Vaticano mi ci sono fiondata famelica, pronta a comprendere scenari mai intravisti, ma... niente, con tutta la buona volontà non ho capito niente. Ci fosse stata la lista della spesa del Papa (comprare Fanta, cibo per gatti, crauti) mi avrebbe fatto lo stesso effetto. Zero.
Quello che mi rimane di questi giorni di articoli letti abbondantemente e invano sono due cose. La prima: amo la Chiesa ancora più di prima, con un amore pieno di zelo perché ha bisogno di ciascuno di noi, di orgoglio perché nonostante noi regge da duemila anni, di compassione per le ferite che le vengono inflitte. La seconda: il dispiacere per i modi inspiegabilmente duri con cui è stato trattato un uomo competente e cristallino come Ettore Gotti Tedeschi.
Venerdì scorso mi hanno invitata a parlare del mio libro insieme a padre Emidio, il mio padre spirituale. Non si poteva dire di no, anche perché mi ha accompagnata un'amica speciale dal cuore fiammeggiante. Così ho approfittato per chiedere chiarimenti a Emidio di quanto stava succedendo, e il mio caso deve essere disperato, perché i suoi chiarimenti mi hanno ulteriormente confusa.
Quello che invece ho capito bene è quello che ha spiegato alle persone venute a sentirci: non so loro, ma io ho preso appunti come una matta. E ho fatto un breve ripasso dei fondamentali.
Dunque. La famiglia è il laboratorio dove prima di tutto si vive il Vangelo: perdona settanta volte sette, a chi ti prende la tunica dai anche il mantello e via dicendo. Non sono precetti da vivere con la gente che incontri sull'autobus, ma prima di tutto con chi ti è vicino ogni giorno, con chi sta gomito a gomito con te. (A chi ti prende il telecomando tu offri anche le mandorle salate. O un massaggio ai piedi, per dire).
I santi non sono persone particolarmente belle o buone o brave, ma sono persone che si lasciano scomparire per far trapelare la vita di Dio. Essere santi è vivere la somiglianza con Dio. E la via è la croce. Quando si accetta la sofferenza senza scappare, senza parlare, senza ribellarsi, allora il principe di questo mondo viene cacciato. Vai nel segreto, non ti far vedere quando preghi. Ogni volta che riesci a fare così – non commenti, non sei prepotente, non sei ambiguo – ogni volta l'uomo vecchio viene schiacciato e la vita di Dio in te fa un enorme passo in avanti. Quando l'uomo vecchio non ci guadagna un cavolo tu cresci. Quando vieni ferito e non rispondi, fai un enorme passo in avanti. È una grazia quando stai a casa e non ti va, quando devi andare da tua suocera e non ti va, quando devi fare più cose e non sai da che parte girarti. Il cristianesimo è per tutti perché non bisogna essere bravi: svuotarsi è per tutti.
Allora cominci a splendere, a essere luminoso, e la gente comincia a venirti dietro. Non devi essere tu a convincerli, ma saranno gli altri a supplicarti di dire loro il tuo segreto. I primi cristiani non invitavano la gente ai loro incontri, anzi a volte cercavano di stare un po' appartati, ma la loro bellezza era troppa...
Ecco, queste cose le capisco meglio, molto meglio. Invece, quando qualcuno mi svela i disegni dietro le trame io mi affretto ad andare a prendere una bevanda al gusto di cioccolato.

Fonte: www.costanzamiriano.wordpress.com, 30/05/2012

5 - SEI MESI DI INUTILI SACRIFICI IMPOSTI AGLI ITALIANI DAL FALLIMENTARE GOVERNO MONTI
Tassazione lacrime e sangue, il debito pubblico è cresciuto, la spesa pubblica e gli sprechi sono rimasti tali e quali, mentre non si registra nessun segnale positivo per disoccupazione, produzione industriale e consumi interni
Autore: Caelsius Mars - Fonte: Qelsi, 01/06/2012

Sei mesi di tempo non sono sufficienti a caratterizzare definitivamente l'azione di un governo, ma rappresentano un periodo sufficientemente significativo per valutarne correttezza d'impostazione in relazione alle problematiche da affrontare, nonché per valutare l'efficacia della politica intrapresa misurata sui risultati già acquisiti od attesi nel breve-medio termine, o intravedibili in prospettive di largo respiro temporale. Cosa è allora successo in questi sei mesi? Per fare un confronto oggettivo ci affidiamo alla logica razionale ed all'obbiettività delle cifre e dei dati rilevati agli inizi di gennaio 2012 ed adesso a fine maggio.
A gennaio l'indice di borsa FTSE Mib stava a quota 15.500, ora è sceso sotto quota 13.000 ed i titoli si sono svalutati mediamente del 18%. Lo spread tra i Btp decennali e le Bundesobligazionen che era schizzato a 575 punti il giorno in cui è stato "dimissionato" Berlusconi, s'è poi assestato attorno a 450 punti, con puntate sopra a 500, scendendo solo per qualche giorno sotto quota 400 ma mantenendosi molto al di sopra del valore medio attorno ai 300 punti fatto registrare dal precedente governo. Nel frattempo abbiamo perso trentamila imprese, per lo più piccole imprese industriali, laboratori artigianali e negozi a conduzione familiare, e la produzione industriale è crollata quasi del 10%.
La disoccupazione che a fine 2011 faceva registrare un dato dell'8,6%, con il 31% di quella giovanile e di oltre il 40% quella della donne, ora ha raggiunto quota 10%, con punte del 38% tra i giovani e superiore al 50% tra le donne. E questi dati non tengono neanche conto dei tre milioni di persone che si arrangiano o si fanno mantenere da genitori, amici, parenti o comunità, in quanto hanno pure perso la speranza di trovare un lavoro ed hanno smesso di cercarlo. Il debito pubblico a fine novembre 2011, con la manovra del precedente governo, era tornato sotto quota 1900 mdi, precisamente a 1898 mdi di euro come rilevato da Bankitalia, dopo che a luglio del 2011 si era raggiunta la quota record di 1911.
Un trend nettamente in discesa che ha subito una drastica inversione di rotta col governo Monti: il 27 aprile di quest'anno ha sfondato quota 2.000 miliardi di euro, portando l'indebitamento, cioè il rapporto tra debito e PIL, dal 119,3% lasciato in eredità dal duo Berlusconi-Tremonti ad oltre il 125 %, perché nel frattempo il PIL s'è ridotto di quasi l'1 %.
La pressione fiscale media, un triste primato mondiale del quale il Paese farebbe volentieri a meno, è passata dal 43,7% all'attuale 47,8%, cioè è cresciuta, anziché ridursi per concedere fiato alle imprese e respiro alle famiglie. L'unico dato che tiene è quello relativo all'export che è cresciuto del 4,3%, ma questo non è certo un merito di questo governo, che anzi nessuna attenzione ha dedicato alle imprese che lavorano soprattutto sull'estero. In un momento di grave difficoltà con una pesante contrazione dei consumi interni, l'export rappresenta la valvola di sfogo che permette a molte aziende ed al loro indotto di sopravvivere. Ma Monti, anziché promuoverle ed incentivarle che fa? Le tassa, addossando loro i costi dei nuovi ammortizzatori sociali, ed innalzando i costi per il lavoro precario, anziché ridurre quelli dei contratti a tempo indeterminato.
Quindi, nonostante una tassazione lacrime e sangue, non solo sono ulteriormente peggiorati tutti i parametri ed i dati macroeconomici, ma addirittura è cresciuto il debito pubblico, la spesa pubblica e gli sprechi sono rimasti tali e quali, anzi pure questi aumentati di un po', mentre non si registra nessun segnale positivo per disoccupazione, produzione industriale e consumi interni. Niente, nessuna prospettiva di ripresa, nonostante i ripetuti inviti arrivati a Monti da tutte le parti, dalla Bce, dall'FMI, dalla Banca d'Italia, da Obama, esperti ed economisti di mezzo mondo, persino adesso da Rehn e Barroso, i capobanda rigoristi della UE. In compenso, con i partiti sollevati dalla responsabilità di governo e quindi dediti alla tutela dei propri interessi, la corruzione ha raggiunto livelli inusitati ed intollerabili, mentre cresce l'allarme sociale per la sicurezza e la recrudescenza di micro e macro criminalità, del terrorismo rosso, dell'eversione, ed ha ripreso pieno vigore l'immigrazione clandestina, tutte problematiche queste destinate a non ricevere nessuna attenzione da un governo di tecnici incapaci ed inesperti.
Sul piano personale, il prof varesino ha bruciato la cambiale in bianco di una credibilità che molti erano stati generosi nell'assegnarli nonostante fosse tutta da dimostrare. In pochi mesi ha perso tutto, ha commesso gaffes incredibili, l'ultima quella di "concedere" ai terremotati la sospensione, non la cancellazione, dell'Imu su immobili che non esistono più! Una macabra e grottesca presa in giro. Anche per questo il suo indice di gradimento sì è inabissato nella Fossa delle Marianne, mentre la sua credibilità in ambito internazionale è scesa a zero come dimostra la fuga di imprese e di capitali dall'Italia, cui gli investitori non concedono più alcuna fiducia, e gli insulti apparsi su quella stampa internazionale che prima di conoscerlo lo osannava.
Monti, se conserva un briciolo di lucidità, deve capire almeno che non si può continuare a mantenere il Paese in una situazione di recessione e di completo fallimento come questa.
Monti ha sbagliato sin dall'inizio quando ha dedicato tutte le attenzioni del governo ai fatui problemi finanziari, senza capire che i debiti non si pagano con le tasse, il cui gettito sta infatti diminuendo nonostante l'aggravio delle aliquote e l'arrivo dell'Imu, ma con il lavoro, creando ricchezza con la quale impostare un sano e sostenibile piano di rientro. In Giappone l'indebitamento ha raggiunto il 215 % del PIL, ma nessuno si preoccupa di mettere nuove imposte o di inasprire quelle già esistenti. Ma si preoccupano invece, e tanto, di sostenere la produzione, l'occupazione e di migliorare in tempi di crisi il sistema di ammortizzatori sociali. La finanza è carta straccia, sono le imprese, il lavoro, il sistema produttivo, l'economia a creare valori aggiunti e ricchezza. A questo avrebbe dovuto dedicarsi, mettendo a frutto il sostegno della maggioranza bulgara di cui disponeva in Parlamento per avviare la crescita e le riforme per ammodernare il Paese delle quali era bravissimo a disquisire quando frequentava salotti e televisioni radical chic. Invece ha fatto l'esatto contrario e pretende pure di convincerci, con sotterfugi contabili e menzogne, cha ha ragione lui e che noi siamo degli "ingrati" nei suoi confronti. Per gli italiani, grandi lavoratori, gente che se motivata sa dimostrarsi forte e coraggiosa, non è insopportabile dover affrontare i sacrifici che tutti sanno essere necessari per uscire da questa crisi, ma è la dimostrata inutilità di questi sacrifici ad essere intollerabile ed insopportabile. A che è servito questo governo che ha fallito su tutti i fronti senza riuscire ad avviare una misura, una sola, per la ripresa e lo sviluppo economico e sociale del Paese? Solo a toglierci pure la speranza ed il gusto della vita.

Fonte: Qelsi, 01/06/2012

6 - IL QUOTIDIANO REPUBBLICA VUOLE INSEGNARE AGLI SCOUT A DIRE CHE OMOSESSUALE E' BELLO
Ogni giorno si alza qualcuno che vuol dire ai cattolici come si debba fare per essere cristiani autentici, tolleranti e rispettosi (dimenticando il Vangelo, ovviamente...)
Autore: Gabriele Mangiarotti - Fonte: Cultura Cattolica, 06/05/2012

Non passa giorno in cui non si senta da qualunque pulpito un predicatore che dica alla Chiesa, ai cattolici e alle istituzioni nate dalla fede come si debba fare per essere cristiani autentici, tolleranti e rispettosi.
Beh, basterebbe un solo consiglio: «Smettete di essere cristiani». Semplice, no? Solo accettando questa ricetta sarà possibile rientrare nella società a detto ai di costoro "civile".
L'ultimo tassello di questa monotona fila di consigli, la reazione al documento dell'AGESCI, in cui, a proposito della omosessualità, così si dichiarava: «Le persone omosessuali adulte nel ruolo di educatore (quindi per noi i capi che hanno una tendenza omosessuale profondamente radicata o forse predominante) costituiscono per i ragazzi loro affidati un problema educativo. Il capo è il modello per i suoi ragazzi e sappiamo che gran parte dell'effetto educativo, dipende dalla esemplarità anche inconscia che proviene dall'adulto».
A lanciare la notizia, in prima fila come sempre, Repubblica, che, con una sfilza di articoli, ci spiega come questa posizione sia controversa all'interno del mondo cattolico, perché le posizioni più aperte e moderne oramai sanno che «omosessuale è bello»! e che è ora di finirla con le discriminazioni, perché l'omofobia ha fatto il suo tempo, e la libertà della persona implica la sua scelta di genere su cui nessuno può né deve sindacare.
Nessuno tra i giornalisti di Repubblica ha ovviamente letto con pazienza tutto il documento. Il metodo – ormai lo conosciamo – è estrapolare le frasi che "scottano" e usarle immancabilmente "contro".
Liberissimi, quelli di Repubblica di pensare e di scrivere ciò che vogliono (ma anche il Fatto Quotidiano e giù a ruota altri quotidiani, ieri, non si sono lasciati scappare il ghiotto "boccone" con il refrain dei cattolici omofobi...), ma è evidente che ormai per costoro l'obiettivo chiarissimo: insegnare agli altri come vivere e come pensare. Si dicono infastiditi dalla invadenza della Chiesa; viene da pensare che sia perché ne vogliono prendere il posto.
Che fare? Ci vuole un sussulto di dignità e di orgoglio: quella fierezza di conoscere il segreto della vita che sa valorizzare ogni cosa, senza però mai perdere il senso della dignità e del bene.
Non ci va il motto della Fattoria degli animali: «Tutti gli animali sono uguali, ma alcuni sono più uguali degli altri», dove quegli «alcuni» sono coloro che la pensano come Repubblica e i media politicamente corretti messi lì apposta ad "indirizzare" il pensiero; come Mancuso, Enzo Bianchi e compagnia... A noi è cara la libertà di pensiero, che non può affatto essere a senso unico. E ci piace argomentare, dare ragioni e ascoltare. Ma non possiamo dire che è giusto e buono e bello quello che per noi non lo è.
Non abbiamo perso né il senso critico né il gusto della ragione. E quindi continueremo a dire, argomentandolo, che l'omosessualità è un disordine, umano prima che morale. E che ciò che va contro la natura dell'uomo non è bene. E continueremo a dirlo anche se sappiamo, per esperienza, che non è conveniente dirlo, pubblicarlo, diffonderlo.
Come per la vicenda di Eluana non abbiamo paura delle conseguenze delle nostre azioni. Già ne abbiamo dovuto rispondere. E come i primi cristiani, «se ne andarono via dal sinedrio, lieti di essere stati giudicati degni di subire oltraggi per il nome di Gesù». Abbiamo visto che questa posizione è capace di parlare al cuore dell'uomo.

Fonte: Cultura Cattolica, 06/05/2012

7 - INCONTRO MONDIALE DELLE FAMIGLIE A MILANO: ANCORA UNA VOLTA IL PAPA PRENDE IN CONTROPIEDE GIORNALI E TELEVISIONI
Benedetto XVI ha ribadito con tono mite, ma fermissimo, i capisaldi della dottrina cattolica, incompatibili con qualsiasi banalizzazione, sulle grandi questioni della vita umana, della sessualità, della famiglia (ecco il video con l'omelia del Papa)
Autore: Eugenio Capozzi - Fonte: L'Occidentale, 04/06/2012

Tutti i sostenitori di una religiosità "modernista" e innocua, tutti i laicisti e cattolici "adulti" che vorrebbero la Chiesa finalmente ridotta a dispensatrice di un ecumenico moralismo buono per tutti gli usi, sembravano convinti che questa fosse davvero la volta buona. La visita del papa a Milano appariva loro come la grande occasione per dipingere papa Benedetto XVI in toni quanto mai dimessi e strettamente confinati entro i confini di un'etica "buonista", imperniata su un più o meno universalizzabile solidarismo.
Le grandi corazzate dell'informazione – con in testa il "Corriere della Sera" -  avevano preparato con cura il terreno all'operazione, dipingendo un Pontefice profondamente provato dallo scandalo della fuga di notizie riservate e dai drammatici contrasti sullo Ior, e presentando la trasferta milanese, e la celebrazione del VII Incontro mondiale delle famiglie, come una sorta di omaggio alla tradizione "sociale" della Chiesa ambrosiana, simboleggiata dal colloquio programmato dallo stesso Pontefice con gli ex arcivescovi Carlo Maria Martini e Dionigi Tettamanzi.
Un'operazione che ha trovato il suo culmine nella pomposa "copertina" del "Corriere" di domenica 3 giugno, avvolto da un serioso pistolotto di Claudio Magris su Famiglia, teatro del mondo, animato da un evidente tentativo di relativizzare l'interesse della Chiesa per il tema in un contesto più ampio di relazioni umane.
E invece, ancora una volta, papa Ratzinger ha preso in contropiede il conformismo fariseistico desideroso di "normalizzare" il cristianesimo omologandolo alle opinioni dominanti nelle élites socio-culturali occidentali e italiane. In tutti gli interventi pubblici tenuti in questi giorni nel capoluogo lombardo, infatti, Benedetto XVI non ha fatto che ribadire tenacemente, con tono mite ma fermissimo, i capisaldi della dottrina cattolica sulle grandi questioni della vita umana, della sessualità, della famiglia: idee incompatibili con qualsiasi banalizzazione, e al contrario estremamente controverse, ma fondamentali, per chi eventualmente tendesse a dimenticarsene, nella concezione cattolica della società imperniata sulla dignità della persona umana.
In tal senso, e richiamandosi allo storico discorso tenuto qualche mese fa davanti al parlamento tedesco, davanti alle autorità politiche lombarde il Pontefice ha ricordato quanto sia fragile ed incoerente una democrazia fondata su una concezione di puro "positivismo" giuridico, svincolata da una concezione etica dell'essere umano. E come viceversa un regime di libertà, non confessionale ma laico, in cui "nessun uomo è padrone di un altro uomo", sia tale soltanto quando le leggi trovino "giustificazione e forza nella legge naturale, che è fondamento di un ordine adeguato alla dignità della persona umana".
E' da questo necessario legame, non da una posizione "oscurantista" o antimoderna sui diritti individuali, che deriva la netta, inequivocabile opposizione della Chiesa, ancora una volta sottolineata dal papa, a qualsiasi legge che consenta  la "deliberata soppressione" della vita degli individui più deboli, cioè l'aborto e l'eutanasia. E parimenti deriva la pressante richiesta, da parte di quest'ultima, che "la legislazione e l'opera delle istituzioni statuali" siano "al servizio della famiglia, fondata sul matrimonio e aperta alla vita", e debbano riconoscere "il diritto primario dei genitori alla libera educazione dei figli".
Nell'incontro con le famiglie tenutosi a Bresso, poi, davanti a circa un milione di persone provenienti da tutto il mondo, Benedetto XVI il giorno dopo ha solennemente riaffermato che la famiglia della quale la Chiesa parla è quella costituita dall'uomo e dalla donna, perché "Dio ha creato l'essere umano maschio e femmina, con pari dignità, ma anche con proprie e complementari caratteristiche".
Si tratta, si è detto, di punti inequivocabili, e organicamente connessi in una concezione del mondo sociale che considera la libertà e i diritti soggettivi privi di significato sul piano di individui isolati da loro, e organicamente connessi invece alle cellule naturali in cui la società si articola: a partire da quella primaria in cui maschio e femmina si uniscono in un nucleo che può produrre carità e solidarietà soltanto in quanto è aperto alla fecondità generatrice, base per la formazione degli individui che verranno.
Del rapporto mai rinnegato tra l'idea della legge naturale e i fondamenti della democrazia liberale nella dottrina cattolica dovrebbero ricordarsi tutti quei liberal-progressisti laici e sedicenti cattolici che sostengono l'equivalenza tra la nozione di libertà e quella di "autodeterminazione" individuale, incuranti della profonda aporeticità di questo concetto quando i diritti soggettivi individuali entrano, appunto, nella sfera del potere esercitato su altri individui, soprattutto i più indifesi.
E dovrebbero ricordarsene, parimenti, tutti coloro i quali si dichiarano liberali o conservatori, in politica e in economia, ma rifiutano di fare i conti con la posizione cattolica – ultimamente ribadita da Benedetto XVI nell'enciclica Caritas in veritate – secondo cui l'economia di mercato e la coesione sociale non possono avere un futuro in una condizione di denatalizzazione, di disintegrazione familiare e di disfacimento dei legami comunitari. Si può, naturalmente, essere d'accordo con una tale visione del mondo o dissentire da essa. Non ci si può però esimere dal confrontarsi con essa per quello che è, riconoscendone la coerenza ed eventualmente tentando di contrapporre ad essa posizioni altrettanto logicamente coerenti.
Ciò che non si dovrebbe assolutamente fare, comunque, è darne una versione edulcorata, all'interno della quale poi fatalmente l'intransigenza su determinati princìpi, quando è talmente evidente da non poter essere negata, finisca con l'apparire come un immotivato, arbitrario irrigidimento, il rifiuto ostinato di un "progresso" destinato e ineluttabile.
Ma non a caso è proprio questo che la cultura dominante progressista/laicista/politically correct, con le sue appendici di para-cattolicesimo relativista all'acqua di rose, sta già cercando di fare ancora una volta: occultando e diluendo la carica dirompente, anticonformista, corrosiva delle affermazioni del Pontefice, e cercando di avvalorare suoi presunti cedimenti rispetto alle istanze "moderniste".
Basta guardare a come i maggiori organi d'informazione italiani riportano notizia del discorso tenuto dal papa al grande raduno di Bresso: la ferma posizione sulla famiglia formata da maschio e femmina passa pudicamente in secondo piano, e i tioli principali parlano invece di una presunta apertura verso i divorziati risposati. Laddove, se si legge il testo, appare evidente che Benedetto XVI esprime sì grande sostegno ed accoglienza verso coloro che "pur condividendo gli insegnamenti della Chiesa sulla famiglia, sono segnati da esperienze dolorose di fallimento e di separazione", ma non si sogna minimamente di attenuare le posizioni della Chiesa sull'indissolubilità del matrimonio, o di prefigurare una sorta di "condono" generalizzato a chi quella indissolubilità ha infranto.
Né chiaramente mai potrebbe, perché un'inversione di tendenza su questo punto sarebbe, appunto, incompatibile proprio con quella visione della società in cui l'essenza naturale della cellula familiare gioca un ruolo costitutivo e costruttivo. In una logica per cui, come egli stesso scriveva nella Caritas in veritate, citata nel discorso di sabato alle autorità civili, "la 'città dell'uomo' non è promossa solo da rapporti di diritti e doveri, ma ancor più e ancor prima da relazioni di gratuità, di misericordia e di comunione".

Nota di BastaBugie: vi invitiamo a guardare il video con l'omelia che il Santo Padre ha tenuto nella Santa Messa a conclusione del 7° Incontro Mondiale delle Famiglie a Milano

http://www.youtube.com/watch?v=WL8n-FyuAZw

Fonte: L'Occidentale, 04/06/2012

8 - IL SANGUE DI CRISTO E' VERSATO ''PER MOLTI'', NON ''PER TUTTI''
Lo scrive il Papa ai vescovi tedeschi (ma lo stesso problema è in Italia) e vuole che in tutta la Chiesa si rispettino le parole di Gesù riportate nel Vangelo
Autore: Papa Benedetto XVI - Fonte: www.chiesa, 3 maggio 2012

Eccellenza! Reverendo, caro arcivescovo!
In occasione della sua visita, il 15 marzo 2012, ella mi ha messo a conoscenza del fatto che, per quanto riguarda la traduzione delle parole "pro multis" nella preghiera del canone della santa messa, tra i vescovi dell'area di lingua tedesca tuttora non esiste consenso.
A quanto pare incombe il pericolo che, nella nuova edizione del "Gotteslob", la cui pubblicazione è attesa presto, alcune parti dell'area linguistica tedesca desiderino mantenere la traduzione "per tutti", sebbene la conferenza episcopale tedesca sia d'accordo nello scrivere "per molti", così come auspicato dalla Santa Sede.
Le ho promesso di pronunciarmi per iscritto in merito a tale importante questione, per prevenire una simile divisione nel luogo più intimo della nostra preghiera. Provvederò a fare inviare questa lettera, che attraverso di lei indirizzo a tutti i membri della conferenza episcopale tedesca, anche agli altri vescovi dell'area di lingua tedesca.
Permettetemi qualche breve parola su come è sorto il problema.
Negli anni Sessanta, quando il messale romano, sotto la responsabilità dei vescovi, dovette essere tradotto in lingua tedesca, esisteva un consenso esegetico sul fatto che il termine "i molti", "molti", in Isaia 53, 11 s., fosse una forma espressiva ebraica per indicare l'insieme, "tutti". La parola "molti" nei racconti dell'istituzione di Matteo e di Marco era pertanto considerata un semitismo e doveva essere tradotta con "tutti". Ciò venne esteso anche alla traduzione del testo latino, dove "pro multis", attraverso i racconti evangelici, rimandava a Isaia 53 e quindi doveva essere tradotto con "per tutti".
Tale consenso esegetico nel frattempo si è sgretolato; non esiste più. Nel racconto dell'ultima cena della traduzione unificata tedesca della Sacra Scrittura si legge: "Questo è il mio sangue, il sangue dell'alleanza, versato per molti" (Mc 14, 24; cfr. Mt 26, 28). Ciò rende evidente una cosa molto importante: la traduzione di "pro multis" con "per tutti" non è stata una traduzione pura, bensì un'interpretazione, che era, e tuttora è, ben motivata, ma è una spiegazione e dunque qualcosa di più di una traduzione.
Questa fusione fra traduzione e interpretazione per certi versi fa parte dei principi che, subito dopo il Concilio, guidarono la traduzione dei testi liturgici nelle lingue moderne. Si era ben consapevoli di quanto la Bibbia e i testi liturgici fossero distanti dal mondo del linguaggio e del pensiero attuale della gente, per cui anche tradotti avrebbero continuato ad essere incomprensibili per quanti partecipavano alle funzioni. Un rischio nuovo era il fatto che, attraverso la traduzione, i testi sacri sarebbero stati aperti, lì, davanti a quanti partecipavano alla messa, e tuttavia sarebbero rimasti molto distanti dal loro mondo, ed anzi questa distanza sarebbe diventata più che mai visibile. Quindi non ci si sentì solo autorizzati, ma addirittura obbligati a immettere l'interpretazione nella traduzione, così da abbreviare il cammino verso le persone, i cui cuori e le cui menti dovevano essere raggiunti da quelle parole.
In una certa misura il principio di una traduzione contenutistica e non necessariamente letterale dei testi fondamentali continua ad essere giustificato. Poiché pronuncio spesso le preghiere liturgiche nelle varie lingue, noto che talvolta tra le diverse traduzioni quasi non si riscontrano somiglianze e che il testo comune sulle quali si basano spesso è solo lontanamente riconoscibile. Allo stesso tempo si sono verificate delle banalizzazioni che costituiscono vere perdite. Così, nel corso degli anni, io stesso ho compreso sempre più chiaramente che, come orientamento per la traduzione, il principio della corrispondenza non letterale, bensì strutturale, ha i suoi limiti.
Seguendo queste intuizioni, l'istruzione per i traduttori "Liturgiam authenticam", promulgata il 28 marzo 2001 dalla congregazione per il culto divino, ha messo nuovamente in primo piano il principio della corrispondenza letterale, senza naturalmente prescrivere un verbalismo unilaterale.
L'importante intuizione che sta alla base di questa istruzione è la distinzione, già citata all'inizio, fra traduzione e interpretazione. Essa è necessaria sia per le parole della Scrittura, sia per i testi liturgici. Da un lato, la sacra Parola deve emergere il più possibile per se stessa, anche con la sua estraneità e con le domande che reca in sé. Dall'altro, alla Chiesa è affidato il compito dell'interpretazione affinché – nei limiti della nostra rispettiva comprensione – ci giunga il messaggio che il Signore ci ha destinato.
Anche la traduzione più accurata non può sostituire l'interpretazione: fa parte della struttura della Rivelazione il fatto che la Parola di Dio venga letta nella comunità interpretante della Chiesa, che la fedeltà e l'attualizzazione si leghino tra loro. La Parola deve essere presente per se stessa, nella sua forma propria, a noi forse estranea; l'interpretazione deve essere misurata in base alla sua fedeltà alla Parola, ma al tempo stesso deve renderla accessibile a chi l'ascolta oggi.
In tale contesto, la Santa Sede ha deciso che nella nuova traduzione del messale l'espressione "pro multis" debba essere tradotta come tale, senza essere già interpretata. La traduzione interpretativa "per tutti" deve essere sostituita dalla semplice traduzione "per molti". Vorrei ricordare che sia in Matteo sia in Marco non c'è l'articolo, quindi non "per i molti", bensì "per molti".
Se dal punto di vista della correlazione fondamentale fra la traduzione e l'interpretazione questa scelta è, come spero, del tutto comprensibile, sono però consapevole che essa rappresenta una sfida immensa per tutti coloro ai quali è affidato il compito di spiegare la Parola di Dio nella Chiesa.
Per chi normalmente frequenta la messa, ciò appare quasi inevitabilmente come una frattura al centro stesso del rito sacro. Domanderà: ma Cristo non è morto per tutti? La Chiesa ha modificato la sua dottrina? Può farlo, le è permesso? È all'opera una reazione che vuole distruggere l'eredità del Concilio?
Grazie all'esperienza degli ultimi cinquant'anni, tutti noi sappiamo quanto profondamente la modifica delle forme e dei testi liturgici colpisca l'anima delle persone; e quindi quanto un cambiamento in un punto così centrale del testo debba inquietare le persone. Proprio per questo, quando davanti alla differenza fra traduzione e interpretazione si scelse la traduzione "molti", si stabilì anche che nelle diverse aree linguistiche la traduzione dovesse essere preceduta da una catechesi accurata, con la quale i vescovi dovevano spiegare concretamente ai loro sacerdoti, e tramite loro ai fedeli, di che cosa si trattava.
Questa catechesi previa è il presupposto essenziale per l'entrata in vigore della nuova traduzione. Per quanto mi risulta, nell'area di lingua tedesca una tale catechesi finora non c'è stata. La mia lettera intende essere una richiesta pressante a tutti voi, cari confratelli, a preparare ora una tale catechesi, per poi parlarne con i vostri sacerdoti e al contempo renderla accessibile ai fedeli.
In questa catechesi bisogna anzitutto chiarire brevemente perché nella traduzione del messale, dopo il concilio, la parola "molti" è stata resa con "tutti": per esprimere in modo inequivocabile, nel senso voluto da Gesù, l'universalità della salvezza che giunge da lui.
Allora, però, sorge subito la domanda: se Gesù è morto per tutti, perché nelle parole dell'ultima cena egli ha detto "per molti"? E perché allora insistiamo su queste parole di Gesù dell'istituzione?
Prima di tutto, a questo punto bisogna ancora precisare che secondo Matteo e Marco Gesù ha detto "per molti", mentre secondo Luca e Paolo ha detto "per voi". Ciò sembra stringere ancora di più il cerchio. Ma proprio a partire da qui ci si può avvicinare alla soluzione. I discepoli sanno che la missione di Gesù trascende loro e il loro gruppo; che egli è venuto per riunire insieme i figli di Dio di tutto il mondo che erano dispersi (Gv 11, 52). Le parole "per voi" rendono però la missione di Gesù molto concreta per i presenti. Essi non sono un qualche elemento anonimo di un insieme immenso, bensì ognuno di loro sa che il Signore è morto proprio per lui, per noi. "Per voi" si protende nel passato e nel futuro, si rivolge a me personalmente; noi, che siamo qui riuniti, siamo conosciuti e amati come tali da Gesù. Quindi questo "per voi" non è un restringimento, bensì una concretizzazione che vale per ogni comunità che celebra l'eucaristia, che la unisce in modo concreto all'amore di Gesù. Il canone romano ha unito tra loro le due espressioni bibliche nelle parole di consacrazione e quindi dice: "per voi e per molti". Questa formula, poi, con la riforma liturgica è stata adottata per tutte le preghiere eucaristiche.
Però di nuovo: perché "per molti"? Il Signore non è forse morto per tutti? Il fatto che Gesù Cristo, come Figlio di Dio fatto uomo, sia l'uomo per tutti gli uomini, il nuovo Adamo, è una delle certezze fondamentali della nostra fede. Vorrei a questo riguardo ricordare solo tre versi delle Scritture. Dio "ha dato per tutti noi" il proprio Figlio, dice Paolo nella lettera ai Romani (8, 32). "Uno è morto per tutti", afferma nella seconda lettera ai Corinzi a proposito della morte di Gesù (5, 14). Gesù "ha dato se stesso in riscatto per tutti", si legge nella prima lettera a Timoteo (2, 6).
Ma allora bisogna davvero domandare ancora una volta: se questo è tanto ovvio, perché la preghiera eucaristica dice "per molti"? Ora, la Chiesa ha tratto questa formulazione dai racconti dell'istituzione nel Nuovo Testamento. La usa per rispetto della parola di Dio, per essergli fedele fin nella parola. È il timore reverenziale dinanzi alla stessa parola di Gesù la ragione della formulazione della preghiera eucaristica. Allora, però, domandiamo: perché Gesù ha detto così? La ragione vera consiste nel fatto che Gesù in tal modo si è fatto riconoscere come il servo di Dio di Isaia 53, che egli si è rivelato come la figura annunciata dalla profezia. Il timore reverenziale della Chiesa davanti alla parola di Dio, la fedeltà di Gesù alle parole della "Scrittura": è questa doppia fedeltà il motivo concreto della formulazione "per molti". In questa catena di riverente fedeltà, noi ci inseriamo con la traduzione letterale delle parole della Scrittura.
Come prima abbiamo visto che il "per voi" della tradizione paolino-lucana non restringe ma rende concreto, così ora possiamo riconoscere che la dialettica tra "molti" e "tanti" ha una sua importanza. "Tutti" si muove sul piano ontologico: l'essere e l'agire di Gesù comprende l'intera umanità, il passato, il presente e il futuro. Ma di fatto, storicamente, nella comunità concreta di coloro che celebrano l'eucaristia egli giunge solo a "molti". Si può quindi riconoscere un triplice significato dell'attribuzione di "molti" e "tutti".
Anzitutto, per noi, che possiamo sedere alla sua mensa, deve significare sorpresa, gioia e gratitudine per essere stati chiamati, per poter stare con lui e per poterlo conoscere. "Siano rese grazie al Signore che, per la sua grazia, mi ha chiamato nella sua Chiesa...".
Poi, però, in secondo luogo ciò è anche una responsabilità. La forma in cui il Signore raggiunge gli altri – "tutti" – a modo suo, in fondo rimane un suo mistero. Tuttavia, è indubbiamente una responsabilità essere chiamati direttamente da lui alla sua mensa per poter sentire: per voi, per me egli ha sofferto. I molti hanno la responsabilità per tutti. La comunità dei molti deve essere luce sul candelabro, città sopra il monte, lievito per tutti. È questa una vocazione che riguarda ognuno in modo del tutto personale. I molti, che noi siamo, devono avere la responsabilità per l'insieme, nella consapevolezza della loro missione.
Infine può aggiungersi un terzo aspetto. Nella società attuale abbiamo la sensazione di non essere affatto "molti", bensì molto pochi, una piccola massa che continua a diminuire. E invece no, siamo "molti": "Dopo ciò, apparve una moltitudine immensa, che nessuno poteva contare, di ogni nazione, razza, popolo e lingua" (Ap 7, 9). Siamo molti e rappresentiamo tutti. Quindi le parole "molti" e "tutti" vanno insieme e fanno riferimento l'una all'altra nella responsabilità e nella promessa.
Eccellenza, caro confratello nell'episcopato! Con tutto questo ho voluto accennare le linee fondamentali della catechesi, con la quale sacerdoti e laici dovranno essere preparati al più presto alla nuova traduzione. Auspico che tutto ciò possa servire anche a una partecipazione più intensa alla celebrazione della sacra eucaristia, inserendosi in tal modo nel grande impegno che dovremo affrontare con l'"Anno della Fede". Posso sperare che la catechesi venga presto preparata e in tal modo diventi parte del rinnovamento liturgico, per il quale il Concilio ha lavorato sin dalla sua prima sessione.
Con i saluti pasquali di benedizione, suo nel Signore.
(traduzione dall'originale tedesco di Simona Storioni)

DOSSIER "BENEDETTO XVI"
Discorsi e omelie del Papa teologo

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Fonte: www.chiesa, 3 maggio 2012

9 - RESOCONTO DEL CONVEGNO PRESSO IL PONTIFICIO ATENEO REGINA APOSTOLORUM CHE HA PRECEDUTO LA MARCIA PER LA VITA DEL 13 MAGGIO
Sintesi degli interventi di Renzo Puccetti, Gonzalo Miranda, Giuseppe Noia, Carlo Bellieni, Riccardo Cascioli, Costanza Miriano, Roberto Marchesini, Luca Di Tolve e tanti altri
Fonte Centro Cattolico di documentazione di Marina di Massa, 15/05/2012

Chi salva una vita salva il mondo intero è il titolo del convegno tenutosi a Roma il 12 maggio al Pontificio Ateneo "Regina Apostolorum", dedicato a Chen Guanchen, l'avvocato cinese perseguitato dal regime comunista per aver denunciato gli oltre 130.000 aborti praticati a forza contro donne cinesi che avevano violato la legge sul figlio unico, organizzato dal Movimento Europeo per la Difesa della Vita (MEDV) di Francesco Agnoli, per celebrare la vita ma anche per denunciare la legge 194 responsabile degli oltre 5 milioni di aborti dal 1978.
Per invertire la rotta si deve contrastare la mentalità contraccettiva che prepara il brodo di coltura permissivo su cui si innesta l'aborto come rimedio ultimo in caso di gravidanza non desiderata. Così ha concluso il Dott. Renzo Puccetti, pisano Docente presso l'Ateneo, dimostrando che la diffusione della contraccezione (p.e. in Francia, Spagna, U.S.A.) non si accompagna mai ad una riduzione degli aborti.
P. Gonzalo Miranda, decano dell'Ateneo, ha evidenziato che non vi è contraddizione tra scienza e fede; entrambi partono dall'osservazione della realtà. Spesso, però, la scienza trascende i propri confini e si eleva a filosofia pretendendo di spiegare tutto. La fede, invece, consente di leggere meglio la realtà aiutando l'uomo ad interrogarsi sull'origine dell'esistente, sulle sue leggi e su se stesso.
Giuseppe Noia, ginecologo dell'Università Cattolica, ha illustrato le grandi potenzialità della scienza odierna attraverso le indagini prenatali purché dirette esclusivamente alla cura dei bambini e non alla selezione di quelli ritenuti, da una diffusa mentalità, meno adatti o degni di vivere, ricordando che la medicina non deve mai dare la morte.
Il Prof. Carlo Bellieni, neonatologo dell'Università di Siena, ha descritto i progressi scientifici nello studio del dolore nei feti e nei nati precoci che reagiscono agli stimoli e registrano le sensazioni di dolore e di benessere memorizzandole come tutti gli altri bambini.
Il giornalista Riccardo Cascioli ha indicato il crollo demografico in tutta Europa come madre di tutte le crisi; se non si fanno più figli non c'è futuro, nè soluzione alla crisi economica, per cui è necessario riprendere al più presto una politica di serio sostegno alle famiglie.
La psicologa Cinzia Battaglini, ha dato conto delle profonde ripercussioni sulla psiche di donne che hanno abortito rivelate da frequenti angosciose proiezioni di ombre di una presenza deliberatamente negata.
La giornalista e scrittrice Costanza Miriano, madre di 4 figli, ha descritto le difficoltà di chi, mancando in Italia una legislazione a favore del lavoro domestico e di chi ha cura dei figli, è costretta a lavorare, col risultato opposto a quello sognato dalle femministe, dovendo la donna per competere con i maschi sul lavoro non di rado rinunciare alla maternità.
Alla fine Irene Van der Wende, che, giovanissima, decise di abortire il suo bambino dopo aver subito una violenza, maturando poi nel tempo la percezione del valore irripetibile di ogni vita, ha descritto la dolorosa ferita rimastale per quel bambino non nato.  
Nel contesto del Convegno "Chi salva una vita, salva il mondo intero" si è svolto un seminario per i giovani presenti, tenuto dal Dr. Roberto Marchesini (psicologo e psicoterapeuta esperto di questioni di genere) a cui è seguita la testimonianza di Luca Di Tolve, presidente dell' Associazione Gruppo LOT ed ex-omosessuale.
Partendo da un parallelismo con alcune opere artistiche, il Dr. Marchesini ha spiegato ai ragazzi come dentro di noi sia impresso il concetto di sviluppo, ossia la trasformazione dalla potenza all'atto, così come scriveva Aristotele. La natura non è altro che il principio che guida lo sviluppo delle cose e dunque è un progetto che guida il nostro cambiamento. Le circostanze ambientali possono però ostacolare lo sviluppo del progetto: quello che noi siamo lo siamo in potenza e lo diventiamo a meno che non interferisca nulla dall'esterno.
L'identità è un progetto che si realizza, per l'uomo e per la donna, se l'ambiente esterno non lo impedisce e attraverso la relazione con gli altri. Se si riceve una brutta immagine di sé da parte degli altri (genitori, amici), allora si tenderà a non esporre più noi stessi, tentando di modificare se stessi. Invece, ha spiegato Marchesini, anzichè rifiutare la nostra identità (sessuale) occorre ritrovare il coraggio, anche attraverso il terapeuta, di affrontare le relazioni e riconoscere che la società, gli altri e l'ambiente sono la condizione necessaria per sviluppare la nostra identità. La nostra identità non è predeterminata, né socialmente costruita, ma è un progetto che possiamo realizzare attraverso le relazioni, le quali possono però talvolta essere un ostacolo.
Dagli anni '50 la parola "genere" abbia cominciato ad essere usata staccata dalla sessualità: cioè si è voluto convincere che nascendo "maschi" o "femmine" si poteva diventare qualsiasi cosa, e non necessariamente "uomini" e "donne". Si chiama: ideologia di genere. In realtà il tutto nasce durante la Rivoluzione francese, il marxismo (la lotta fra i sessi per una società senza sesso) e l'ascesa del femminismo radicale (il quale crede che la società sia un complotto di coloro che hanno il pene contro chi non ce l'ha, ritengono che siamo tutti uguali e tutti abbiamo l'istinto di maternità (ad esempio) ma alcuni hanno voluto attribuirlo solo ad altri per comodità). Il motivo di questa mutazione radicale del concetto di sessualità (cioè separare il "maschio" dall'uomo e la "femmina" dalla donna), secondo Marchesini, è per cancellare l'idea di natura, di progetto. E quindi eliminare l'idea di un Progettista.
Luca Di Tolve, autore del libro "Ero gay. A Medjugorje ho ritrovato me stesso" Ed. Piemme,  ha dato una testimonianza molto toccante raccontando la sua vicenda personale e il suo "ritorno alla vita" grazie alla conversione e alla terapia riparativa messa a punto da Josef Nicolosi.
 Domenica 13 maggio, lungo le vie del centro di Roma, si è svolta la Marcia per la Vita che ha visto la partecipazione di circa 15.000 persone.
L'iniziativa, organizzata dal Movimento Europeo per la Difesa della Vita (MEDV) e dall'associazione Famiglia Domani, è stata organizzata allo scopo di affermare il valore universale del diritto alla vita contro una legge dello Stato (la 194/1978) che regolamenta da più di 30 anni l'uccisione deliberata dell'innocente nel grembo materno. E non solo. Oggi gli attacchi alla vita nascente sono sempre più numerosi, grazie alla nascita di nuovi  strumenti di morte come la Ru486, Ellaone, pillola del giorno dopo ecc.
Alla Marcia hanno partecipato moltissimi giovani e tante famiglie con i bambini, ma anche adulti ed anziani, nonché numerosi consacrati e appartenenti a diversi ordini religiosi maschili e femminili. Questo popolo proveniva da tutta Italia e non solo: alcuni dei manifestanti sono giunti nella capitale dalla Francia, dalla Spagna, dall'Ungheria, dalla Polonia ma anche della Nigeria. Presente alla Marcia il Cardinale Raymond Leo Burke, Prefetto del Supremo Tribunale della Segnatura Apostolica, che ha presieduto nella serata precedente l'Adorazione Eucaristica in riparazione per il crimine dell'aborto nella Basilica di Santa Maria Maggiore.
All'inizio della manifestazione c'è stata la testimonianza di Gianna Emanuela Molla, figlia di Gianna Beretta Molla, medico e madre di 4 figli, canonizzata nel 2004 da Papa Giovanni Paolo II per la sua strenua difesa della vita in tutte le sue forme più deboli e soprattutto per aver accettato di dare la sua vita per salvare quella della bambina che portava in grembo.
Tra le personalità politiche che hanno partecipato alla marcia  il sindaco di Roma Gianni Alemanno, il presidente dei senatori del PDL Maurizio Gasparri, la consigliera della regione Lazio Olimpia Tarzia, Paola Binetti,  Magdi Cristiano Allam.
La manifestazione, iniziata alle 9.30 al Colosseo, ha visto un corteo che è giunto un paio d'ore dopo a Castel Sant'Angelo Il corteo è stato infatti aperto da un grande striscione a cui seguiva un trenino bianco con tanti bambini e pieno di palloncini. E poi ancora famiglie, con tanti passeggini ed altri figli tenuti per mano.
Subito oltre la parte più gioiosa e colorata del corteo i malati dell'Unitalsi e dell'Ordine di Malta, ma anche molti medici, farmacisti e operatori sanitari che hanno sfilato in camice. Tra di loro il Prof. Giuseppe Noia, il Dr. Renzo Puccetti, il Dr. Antonio Oriente, Cinzia Baccaglini e Irene van der Wende che già nella giornata di sabato avevano dato il loro contributo al Convegno organizzato dal Pontificio Istituto Regina Apostolorum. Poi i gruppi e le associazioni culturali, laiche e cattoliche, con i loro cartelli, i loro simboli, le loro bandiere sui quali era scritto «Più nascite meno aborti», «L'aborto è violenza, è omicidio», «Basta genocidi silenziosi», «Non uccidiamo il futuro», «194: già 5 milioni di morti».
Tanti i gruppi che hanno aderito alla Marcia: la comunità "Nuovi Orizzonti", il "Timone", il Comitato Verità e Vita, la Fondazione Lepanto, Militia Christi, "Voglio vivere", tanti Centri di aiuto alla Vita , la "Quercia Millenaria"  e tante altre Associazioni, che con la loro presenza hanno dato testimonianza di un mondo pro-life forse poco conosciuto, ma non per questo meno determinato e operante. A chiudere la lunga scia di persone, gli ordini e gli istituti religiosi, che hanno marciato pregando.
In una giornata benedetta dal sole il clima era davvero quello di festa. Perché la Marcia per la Vita è stata in fondo una festa della famiglia fondata sul matrimonio tra un uomo e una donna e sull'apertura alla vita, nella Verità del Vangelo e secondo le linee tracciate dal Magistero della Chiesa.
La Marcia si è conclusa nei pressi del Vaticano con un saluto del professor Francesco Agnoli, presidente del MEDV, che insieme a Virginia Coda, presidente dell'Associazione Famiglia Domani, ha dato appuntamento a domenica 12 maggio 2013.

Fonte: Centro Cattolico di documentazione di Marina di Massa, 15/05/2012

10 - LETTERE ALLA REDAZIONE: IN MERITO ALL'ARTICOLO SULLA MESSA DEI NEOCATECUMENALI
Il giornalista in questione non è nuovo a tali atteggiamenti e non scrive mai a seguito delle ripetute smentite ricevute
Autore: Giano Colli - Fonte: Redazione di BastaBugie, 3 giugno 2012

Cara redazione di BastaBugie,
innanzitutto complimenti: vi seguo con interesse perché il taglio che date alla rubrica attraverso gli articoli selezionati è buono.
Sono tuttavia rimasto sorpreso di vedere inserito l'articolo di Magister all'interno della rassegna del 25 maggio. Di seguito qualche commento in merito:
1) Magister non tenta mai nei suoi articoli di nascondere il proprio pensiero sul Cammino Neocatecumenale, e fa bene. Cerca però, un po' grossolanamente, di inserire molti particolari "interessanti" per far credere al lettore che (lui si) la sa lunga, e ancor di più, che quanto descritto corrisponda a verità. Nei confronti di questo movimento il giornalista ha riservato un trattamento esclusivo sul suo blog, dedicandogli molti più articoli rispetto alle altre realtà ecclesiali. Tali articoli hanno tutti un taglio essenzialmente negativo, ma soprattutto estremamente soggettivo (uso di virgolettati fuorvianti, insinuazioni, interpretazioni personalissime, esagerazioni volute, ridicolizzazioni).
2) Anche nell'articolo citato da BastaBugie la lettura data da Magister è ovviamente negativa e il Cammino ne esce malconcio. I fatti sono per il giornalista molto chiari:  l'autorità ecclesiastica si è svegliata da un lungo sonno durato 10 anni che ha permesso al Cammino Neocatecumenale di vedere, non si sa come (e come se non ci fosse stato uno studio approfondito e congiunto di tutti i Dicasteri interessati) di  approvare in via definitiva i propri Statuti. Ma il Santo Padre si è finalmente accorto che lo hanno cercato di ingannare e ha preso le redini della questione accogliendo una denuncia che mette addirittura in discussione un articolo dello Statuto appena approvato! E in più i pareri dei cardinali in merito sono "tutti" negativi ed il risultato della consulenza richiesta dal Papa è scontato e anch'esso negativo.... Fanta Vaticano della peggior specie.
3) E' interessante riflettere sulla data dell'articolo che risale ai primi di aprile. Da quel momento hanno avuto luogo non una, ma due "ferie quarte" della Congregazione per la Dottrina della Fede - l'ultima il 16 maggio. Il focus delle due sedute, almeno per risonanza mediatica, è stato quello sull'accordo con i lefevbriani e solo a latere la congregazione ha affrontato il tema "Cammino". L'esito di entrambe le sedute, lato tema secondario, non è dato saperlo. L'informatissimo Magister, che a quanto pare attinge a piene mani sul tema da qualche minutante mal informato (in stile Vatileaks) non ha infatti avuto la bontà di dare seguito al citato articolo: classico atteggiamento di chi lancia il sasso e ritira la mano, storcendo forse anche il naso perché i fatti non hanno confermato le previsioni. Se infatti fossero state prese decisioni "di peso" sul tema, egli avrebbe cantato e suonato (ma a quale vittoria?) la sera stessa tramite i suoi potenti mezzi, come sempre fa anche alternando i fatti.
4) Magister non è nuovo a tali atteggiamenti e non scrive mai a seguito delle ripetute smentite ricevute sul tema in oggetto. Sorge spontaneo il chiedersi come mai inserire sulla vostra bella rubrica l'articolo di un vaticanista che seppur ha un peso evidente, è in altrettanto evidente malafede sul tema e che, inoltre, scrive per un giornale più volte (e a pieno titolo) criticato per la sua faziosità, in molti articoli di ben più alta caratura da voi citati (vedi ad es. "Marcia per la Vita: non bisogna ripetere gli errori del Family Day").
Grazie, saluti.
Damiano

Caro Damiano,
abbiamo scelto la tua mail tra le tante che abbiamo ricevuto sull'articolo "Quella strana messa dei neocatecumenali... La Congregazione per la Dottrina della Fede la sta esaminando a fondo a causa delle ambiguità dottrinali e delle segnalazioni di divisioni nelle comunità dei fedeli".
Alcuni confermavano le cose scritte nell'articolo, altri dissentivano dai contenuti, come te.
Pubblicando centinaia di articoli non è pensabile che tutte le scelte siano sempre di gradimento di ciascun lettore. Sono peraltro perfettamente d'accordo con te che il giornalista in questione normalmente analizza le tematiche della Chiesa da una prospettiva totalmente secolarizzata, su di un periodico, peraltro, chiaramente orientato verso le mode relativistiche di oggi, quale l'Espresso. Ciononostante noi pubblichiamo articoli anche tratti da giornali che magari critichiamo per altri versi.
Questo articolo ci sembrava descrivesse bene una sensazione di disagio che ci risulta essere nelle comunità che hanno all'interno qualche gruppo appartenente al Cammino Neocatecumenale. Ovviamente noi di BastaBugie ci rimettiamo per un giudizio su questo movimento a quanto deciso dalla Chiesa. Se i neocatecumenali sono ammessi dalla Chiesa, noi non abbiamo problemi. Se la Chiesa (un domani) li riterrà fuori dalla comunione con il Papa, noi ci adegueremo a questo giudizio. Insomma, se gli statuti sono approvati, noi non abbiamo nessun problema ad ammetterli. Non ci vogliamo sostituire al giudizio della Chiesa... ma solo offrire qualche spunto di riflessione.
Ovviamente, in ogni caso, chiunque può dissentire dalla nostra scelta di pubblicare questo articolo. C'è libertà di pensiero anche tra i lettori di BastaBugie che, mi fa piacere constatare dalle tante mail che riceviamo, mantengono sempre capacità di discernimento e di giudizio. In fondo lo scopo di BastaBugie è proprio quello di non far addormentare le coscienze sul "dicono tutti così...".
Grazie per la fiducia che riponi in noi e continua a seguirci.

DOSSIER "LETTERE ALLA REDAZIONE"
Le risposte del direttore ai lettori

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Fonte: Redazione di BastaBugie, 3 giugno 2012

11 - OMELIA CORPUS DOMINI - ANNO B - (Mc 14,12-16.22-26)
Questo è il mio sangue dell'alleanza, che è versato per molti
Fonte Il settimanale di Padre Pio, (omelia per il 10 giugno 2012)

Questa domenica celebriamo uno dei più grandi Misteri della fede, quello dell'Eucaristia, ovvero il Mistero del Corpo e Sangue di Cristo, donati a noi come Cibo e Bevanda spirituali. Dell'Eucaristia trattano le letture che abbiamo appena ascoltato.
Il Vangelo di oggi riporta il racconto della sua Istituzione, avvenuta durante l'Ultima Cena. Gesù, dopo aver reso grazie, spezzò il pane e lo diede ai suoi Discepoli, dicendo: «Prendete, questo è il mio corpo» (Mc 14,22). Poi prese il calice del vino, e disse: «Questo è il mio sangue dell'alleanza, che è versato per molti» (Mc 14,24). L'Ultima Cena è lo stesso sacrificio del Calvario: ciò che avvenne sacramentalmente durante quella Cena, si verificò di lì a pochi giorni sul Calvario, e si realizza ad ogni celebrazione della Santa Messa.
Questo è il Sacrificio della nuova ed eterna Alleanza, di cui parla la seconda lettura di oggi. L'Autore della Lettera agli Ebrei parla di questo Sacrificio che ci purifica dalle opere della morte (cf Eb 9,14) e ci dona l'eredità eterna (cf v. 15). Nell'Antico Testamento si sacrificavano animali e con il loro sangue si aspergeva il popolo. Questi sacrifici erano solamente figura del Sacrificio di Gesù, l'unico che ci purifica dai nostri peccati.
L'Eucaristia è stata definita come il Sacramento dell'amore. Gesù non poteva darci prova più grande del suo amore che donandosi a noi sotto le sembianze di un po' di pane e di un po' di vino. L'Eucaristia è Gesù vivo e vero, in Corpo, Sangue, Anima e Divinità. Tale mutazione di sostanza avviene durante la Santa Messa, quando il sacerdote, dopo aver invocato la discesa dello Spirito Santo sul pane e sul vino, pronuncia le parole della consacrazione, dicendo: «Questo è il mio Corpo... questo è il mio Sangue». In quel momento avviene il miracolo più grande che si possa immaginare: il pane e il vino diventano il Corpo e il Sangue di Gesù Cristo. E Gesù, tutto intero, è presente in ogni frammento del Pane e in ogni goccia del Vino consacrato.
Più di mille anni fa, un sacerdote stava celebrando la Messa e, proprio al momento della consacrazione, fu colto dal dubbio se veramente il pane e il vino diventano il Corpo e il Sangue del Signore. Proprio allora, Dio volle dimostrare con un miracolo evidentissimo la verità di tale Dottrina, trasformando anche visibilmente il pane in Carne e il vino in Sangue. La cosa più strabiliante è che, a distanza di oltre mille anni, si possono ancora vedere questa Carne e questo Sangue che hanno le caratteristiche di una persona viva. Questo Miracolo Eucaristico è custodito a Lanciano, in Abruzzo, ed è sempre meta di numerosi pellegrinaggi.
L'Eucaristia ci rende una sola cosa con Gesù. Al momento della Comunione, Gesù viene nel nostro cuore e quello è il momento più bello e prezioso della nostra giornata. In quel momento, come insegnava san Giovanni Maria Vianney, noi e Gesù siamo come due candele che si fondono insieme e alimentano un'unica fiamma. In quel momento, la nostra preghiera si unisce a quella che Gesù rivolge incessantemente al Padre a nostro favore, e così possiamo ottenere le grazie più grandi.
Inoltre, l'Eucaristia ci rende una cosa sola anche tra di noi. Se noi tutti siamo uniti a Gesù ne consegue che, nel Signore, siamo una cosa sola. Per questo motivo, i cristiani di santa vita, anche se si vedono per la prima volta, si sentono uniti da un vincolo di carità ed è come se si fossero da sempre conosciuti. L'Eucaristia annulla le distanze: uniti a Gesù, saremo un cuore e un'anima sola.
Quanto triste è invece lo spettacolo di tanti cristiani che tra di loro non si sopportano e parlano male l'uno dell'altro! In questo modo, nella pratica, rinnegano la loro fede. In questa solennità siamo chiamati a fare un serio esame di coscienza su quella che è la nostra carità. Se amiamo l'Eucaristia, che è il Corpo di Cristo, non possiamo non amare i nostri fratelli, che formano il Corpo mistico di Cristo. Ogni volta che riceviamo Gesù, ogni volta che ci avviciniamo a Lui, presente nel Tabernacolo, noi ci rendiamo vicini a tutti fratelli, in modo particolare a quelli più cari al nostro cuore e a quelli più cari al Cuore di Gesù.
Da questa solennità, inoltre, deve scaturire il vivo desiderio di ricevere spesso la Comunione, in grazia di Dio, premettendo la Confessione se sulla coscienza abbiamo qualche grave peccato. La Comunione frequente è la grazia più bella con cui abbellire la nostra anima ed è la gioia più grande che possiamo dare al Cuore di Gesù.

Fonte: Il settimanale di Padre Pio, (omelia per il 10 giugno 2012)

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