BastaBugie n�251 del 29 giugno 2012

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1 LA FINALE DEGLI EUROPEI SI GIOCA NELLO STADIO DI KIEV DOVE SI SVOLSE LA PARTITA CHE ISPIRO' IL FILM ''FUGA PER LA VITTORIA''
L'eroica sfida della formazione ucraina contro i nazisti: ultimo atto di libertà di una squadra che pagò quell'affronto con la fucilazione (ecco la storia vera)
Autore: Massimiliano Castellani - Fonte: Avvenire
2 ABORTO: LA CORTE COSTITUZIONALE SE NE LAVA LE MANI... CON LA COMPLICITA' DI ALCUNI CATTOLICI
I silenzi e i compromessi della dirigenza del Movimento per la Vita hanno favorito 30 anni di sentenze pilatesche della Consulta (ecco un nuovo video trasmesso su Tele Pace qualche giorno fa con molte interviste sulla Marcia per la Vita)
Autore: Mario Palmaro - Fonte: Corrispondenza Romana
3 CHIARA CORBELLA: LA VITA E' COME UN RICAMO DI CUI NOI VEDIAMO IL ROVESCIO DISORDINATO E PIENO DI FILI
Ma la fede ci permette di vedere un lembo della parte dritta: ecco il toccante video dove Chiara racconta la sua esperienza di donazione totale
Autore: Salvatore Cernuzio - Fonte: Zenit
4 LA CHIESA E' LA GARANZIA CHE CIO' IN CUI CREDIAMO NON E' UN PRODOTTO DELLE NOSTRE FANTASIE
Invece chi non crede in Dio è pronto a credere in qualsiasi cosa: scaramanzia, oroscopi, titoli dei giornali, discorsi dei politici, extraterrestri, ecc.
Autore: Costanza Miriano - Fonte: www.costanzamiriano.wordpress.com
5 GINO BARTALI: NON SOLO STAFFETTA TRA FIRENZE E ASSISI PER CONSEGNARE DOCUMENTI FALSI AGLI EBREI, MA ANCHE UN INTERVENTO PER SALVARE 49 SOLDATI INGLESI
Sottovoce sussurrò: ''Queste sono medaglie che si appuntano sull'anima e varranno nel regno dei cieli e non su questa terra''
Autore: Massimiliano Castellani - Fonte: Avvenire
6 I MEDICI INGLESI OBBLIGATI AD ESEGUIRE OPERAZIONI CHIRURGICHE PER IL CAMBIAMENTO DI SESSO
Discriminati i cattolici ai quali è impedita l'obiezione di coscienza: Giovanni Paolo II ribadì una volta per sempre che il cristiano è obbligato a non ubbidire alle leggi dello Stato in contrasto con la Legge di Dio
Autore: Gianfranco Amato - Fonte: Corrispondenza Romana
7 IL FONDO SALVA-STATI: UN MECCANISMO PERVERSO CARATTERIZZATO DA DELEGA IN BIANCO, IMMUNITA' DAVANTI ALLA LEGGE, ESENZIONE FISCALE, SEGRETEZZA
Ogni Stato membro, fra cui l'Italia, non sarebbe più sovrano ma, a seconda del caso, diventerebbe socio o debitore: dov'è il vantaggio per i cittadini nel pagare quote così pesanti, prive di ogni giustificazione giuridica, finanziaria ed economica?
Autore: Roberto Lanzilli - Fonte: La Madre della Chiesa
8 IL FUMO DI SATANA DENTRO L'UNIVERSITA' CATTOLICA
L'Università ex cattolica dimentica i riferimenti al magistero e impone il rispetto del Trattato di Lisbona relativista e politicamente corretto (con effetti concreti: ad esempio, diventa impossibile criticare l'ideologia gay)
Autore: Gianfranco Amato - Fonte: CulturaCattolica
9 LETTERE ALLA REDAZIONE: REQUISITI PER FARE IL PADRINO O LA MADRINA
Una risposta chiara per evitare gli errori più comuni
Autore: Giano Colli - Fonte: Redazione di BastaBugie
10 OMELIA XIII DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO - ANNO B - (Mc 5,21-43)
Non temere, soltanto abbi fede!
Fonte: Il settimanale di Padre Pio

1 - LA FINALE DEGLI EUROPEI SI GIOCA NELLO STADIO DI KIEV DOVE SI SVOLSE LA PARTITA CHE ISPIRO' IL FILM ''FUGA PER LA VITTORIA''
L'eroica sfida della formazione ucraina contro i nazisti: ultimo atto di libertà di una squadra che pagò quell'affronto con la fucilazione (ecco la storia vera)
Autore: Massimiliano Castellani - Fonte: Avvenire, 24/06/2012

Entrando all'Olimpiyskiy Stadium di Kiev, il sontuoso e moderno impianto - sede oggi di Italia-Inghilterra e l'1 luglio della finale di Euro 2012 - non si può che pensare, con dolore, che qui avrebbero tanto meritato di esibirsi i ragazzi della mitica Start. Una squadra leggendaria, vittima a turno dei due totalitarismi, quello nazista prima, quello comunista sovietico poi.
Kiev affamata e assediata dal nemico tedesco, il 22 giugno 1941, giorno in cui la Dinamo Kiev doveva inaugurare il nuovo Stadio della Repubblica, l'odierno Olimpiiyskiy, venne bombardata e in settembre le truppe della Wehrmacht occuparono la capitale ucraina. Per ristabilire uno scampolo di normalità apparente, fu deciso dagli ufficiali tedeschi di organizzare un mini-campionato di calcio. Sul fronte ucraino, le risorse tecniche erano ridotte a zero, per via della 'diaspora' del blocco della Dinamo, praticamente disperso. Il caso però, volle che il panettiere di origine ceca, ma di lingua tedesca - quindi non inviso alle SS - il moravo Josif Kordik, incontrasse per la strada il portiere della Dinamo, il 'carismatico' Trusevich.
Diviso da moglie e figlia, rifugiate a Odessa, dopo che lo avevano rinchiuso nel campo di prigionia di Darnica, Trusevich vagava da giorni alla ricerca di cibo e per scampare alla deportazione sicura nei lager tedeschi. Come l'ebreo Schindler di Cracovia, il buon fornaio Kordik follemente innamorato del calcio, decise, insieme a Trusevich, di stilare una lista, per rintracciare tutti gli altri giocatori della Dinamo nascosti negli scantinati della città. Uno dopo l'altro, si presentarono alla panetteria che divenne la nuova sede della 'squadra dei clandestini'.
All'appello rispose subito il calciatore-allenatore, il vecchio Svyridovski che trascinò con sé l'ex socio della difesa Tjutcev e il rapido e piccolo Klimenko. Venne rintracciato anche Korotich, una vita da mediano. Con gli assist di Honcarenko, sarebbe stato un gioco da ragazzi mandare in gol lo smaliziato tandem Kuzmenko-Mahynia , che dovevano affiancare il redivivo ex capocannoniere del '39, Komarov. Per completare la rosa, e lasciando da parte la storica rivalità, si unirono agli assi della Dinamo anche i tre calciatori della Lokomotiv: Balakhin, Sukharev e Melnik. 'Patron' Kordik portò le sue stelle ritrovate nel magazzino del panificio e mostrò loro le casacche rosse e la maglia nera per il portiere Trusevich, battezzando ufficialmente la nuova squadra: la FC Start. Un nuovo inizio davvero, con la Start chiamata a difendersi dalle altre cinque compagini nemiche: 4 formate dalle truppe tedesche e i loro alleati ungheresi e romeni e poi la formazione dei collaborazionisti ucraini, la Ruch. Quest'ultima, al debutto subì la prima lezione di calcio dalla Start: 7-2 per la squadra dei sogni che gli avversari schernivano chiamandola "dei panettieri" e tentarono subito di boicottarla. I collaborazionisti fecero in modo che non giocasse più nello stadio della Repubblica, così Kordik chiese ed ottenne di poter usufruire di un impianto più piccolo, lo Zenit, l'attuale stadio Start. In quella tana, uno dopo l'altro caddero tutti gli avversari, con punteggi da cappotto, fino all'11-0 rifilato alla squadra dei romeni.
Tutta Kiev ormai trepidava per le imprese eroiche di questa formazione che mise in forte crisi la propaganda degli invasori. L'unica risposta possibile dei tedeschi, fu appellarsi alla famigerata Flakelf, l'11 composto dai migliori calciatori di Germania, soldati di stanza in Ucraina. Il 6 agosto la prima sfida che doveva riportare la supremazia tedesca, anche in campo, si chiuse con una passeggiata della Start, 5-1. L'ennesimo oltraggioso affronto andava sanato con una rivincita immediata. Il 9 agosto del '42 si rigiocò così quella che è passata alla storia come la "partita della morte".
La ricostruzione hollywoodiana di John Huston con il suo 'Fuga per la vittoria' ispirata a questa partita, è assai distante dal vero match disputato dai martiri del calcio ucraino. L'arbitro, un tedesco, prima del fischio d'inizio entrò negli spogliatoi della Start e raccomandò: «Quando arriverete a metà campo, ricordatevi di gridare con tutto il fiato che avete in gola, Heil Hitler». I ragazzi della Start, poco dopo risposero con un reazionario: «Fitzcult Hurà!».
Sull'andamento di quel match esistono almeno una decina di versioni, e tutte diverse. Ciò che è certo, è che il Flakelf passò in vantaggio e fece di tutto per piegare la Start che alla fine si impose ancora, 5-3. I nazisti andarono su tutte le furie, specie per il 6° gol mai segnato. Quello di Klimenko che dopo aver dribblato anche il portiere si fermò sulla riga di porta, osservò, sprezzante, la tribuna degli alti ufficiali tedeschi e invece di buttarla in rete spazzò il pallone il più lontano possibile. Fu l'ultimo atto di libertà di una squadra che da lì a pochi giorni venne completamente rastrellata e la maggior parte dei suoi giocatori finirono fucilati e nelle fosse comuni. Solo tre di loro, Goncharenko, Tyutchev e il vecchio Sviridosvski, si misero in salvo, scappando dal campo di lavoro vicino Kiev. Ma della mitica Start per anni non fecero parola, perché dopo il boia nazista anche lo stalinismo era ancora disposto a perseguitarli, con l'accusa di diserzione.
Per il popolo, e non solo per i tifosi ucraini, quella squadra resta un esempio di resistenza civile, la cui memoria rivive nei libri celebrativi e in quel monumento dedicato ai caduti del pallone, allo stadio Lobanovskyj, la casa della Dinamo Kiev.

Fonte: Avvenire, 24/06/2012

2 - ABORTO: LA CORTE COSTITUZIONALE SE NE LAVA LE MANI... CON LA COMPLICITA' DI ALCUNI CATTOLICI
I silenzi e i compromessi della dirigenza del Movimento per la Vita hanno favorito 30 anni di sentenze pilatesche della Consulta (ecco un nuovo video trasmesso su Tele Pace qualche giorno fa con molte interviste sulla Marcia per la Vita)
Autore: Mario Palmaro - Fonte: Corrispondenza Romana, 27 giugno 2012

Erano in molti, fra gli storici oppositori alla 194 e all'aborto legale, a temere una sentenza di rigetto da parte della Corte Costituzionale italiana. E così è stato: la Consulta ha per l'ennesima volta rispedito al mittente un'eccezione di incostituzionalità alla legge 194. Chiamati a pronunciarsi dal giudice di Spoleto sulla costituzionalità della legge sull'aborto, i membri della suprema Corte hanno proseguito sulla linea piratesca tenuta da quando in Italia l'aborto è legale: evitare di entrare nel merito della legge, e così facendo renderla intoccabile.
Stiamo parlando di una legge che in 30 anni ha fatto 5 milioni di morti innocenti, abortiti a spese dello Stato negli ospedali pubblici. Ma questa strage non sembra turbare il sonno dei giudici, cattolici compresi, che in tutti questi lustri si sono susseguiti nella prestigiosa funzione di difensori della Costituzione e dei suoi principi. Qualcuno dovrebbe pubblicamente denunciare questa impressionante notte della coscienza, che impedisce in particolare ai credenti – ma anche i laici sono dotati di coscienza morale – di alzarsi e prendere le distanze da un'orribile legge di morte.
Esiste dunque una ormai consolidata, squalificante complicità della Corte Costituzionale nel garantire la sopravvivenza di una legge gravemente ingiusta, cioè di una "non-legge" in base alla dottrina del diritto naturale. Ma, detto questo, c'è un'altra fondamentale considerazione da svolgere, e cioè chiedersi che cosa è stato fatto in questi ultimi decenni in Italia, in termini culturali, politici e giuridici, dal cosiddetto mondo pro life ufficiale.
Tutti sanno, infatti, che la Corte Costituzionale è esposta a molteplici forme di pressione politica e culturale che ne orientano le decisioni. Questo avviene non solo in Italia. Negli Stati Uniti, ad esempio, la Corte Suprema fu l'artefice della legalizzazione dell'aborto quando, nel 1973, scrisse la storica sentenza Roe vs. Wade. Da quel giorno i pro life americani iniziarono una battaglia pubblica formidabile, che continua ancora oggi, condotta nelle piazze, nelle chiese, nelle aule parlamentari, nelle campagne per le presidenziali. Nessun esponente della cultura per la vita statunitense si è mai sognato di dire che «la sentenza Roe vs Wade è stata applicata male, ma in realtà era a favore della vita».
Nessun esponente del mondo pro life d'oltreoceano si è mai sognato di dire che l'importante è «garantire il diritto della donna di scegliere di non abortire». Nessun presidente della conferenza episcopale degli Stati Uniti si è mai sognato di dire a milioni di telespettatori che «noi la legge sull'aborto non vogliamo toccarla». In quarant'anni di aborto legale, i pro life americani – e non solo quelli americani – hanno sempre tenuto alto il livello dello scontro, ripetendo a chiare lettere: «stop abortion», cioè no all'aborto legalizzato.
Lo scenario italiano è sotto questo profilo totalmente diverso: da molti, da troppi anni, autorevoli esponenti del mondo cattolico e del mondo pro life hanno smesso di attaccare la legge 194, sostenendo che essa è una legge «che contiene parti buone»; che «va applicata tutta»; che «è stata applicata male»; che «non vogliamo cambiare o abolire la 194». Questo festival del compromesso politico ha generato un clima surreale, nel quale gli oppositori della legge sono rimasti un'esigua minoranza, censurata dagli stessi organi di informazione di area cattolica.
La pavidità della Corte Costituzionale è indubbiamente anche il frutto del progressivo processo di omologazione del movimento pro life in Italia. Alfredo Mantovano, in una coraggiosa intervista rilasciata a una giornalista intelligente come  Benedetta Frigerio di "Tempi", ha usato un'immagine efficacissima per descrivere questo lento suicidio della cultura della vita in Italia: «il mondo pro life, confessionale e non, gioca in difesa». Mantovano lamenta nella stessa intervista di essere stato inascoltato dal Movimento per la Vita italiano, e conclude: «spero che chi preferisce giocare in difesa finalmente ci ripensi».
Dobbiamo dire con molta chiarezza che, per paradosso, i più preoccupati del ricorso del Giudice di Spoleto erano proprio gli ambienti cattolici compromissori: infatti, se la Corte Costituzionale avesse dichiarato l'incostituzionalità dell'articolo 4 della 194, ne sarebbe scaturito un terremoto politico e giuridico. Sarebbe sorto il problema di come riscrivere la legge sull'aborto, vietando almeno in parte ciò che oggi è permesso; ma per vietare occorre minacciare sanzioni per chi contravviene alla norma; e dunque sarebbe stato necessario riprendere in mano il tema della punibilità dell'aborto; ma una fetta importante del mondo cattolico e del mondo pro life non vuole nemmeno sentir parlare di "punibilità dell'aborto".
Aggiungiamo che la cultura teologico-penalistica prevalente nel cattolicesimo contemporaneo disprezza la dottrina classica della retribuzione, e insegna che al delitto e al reato non si debba rispondere con una pena, appunto, retributiva, soprattutto di fronte a quei delitti che l'opinione pubblica considera ormai dei diritti. Così, su aborto, fecondazione artificiale, eutanasia, il Magistero della Chiesa esige dallo Stato il divieto e la sanzione; ma il mondo cattolico e pro life "ufficiale", le conferenze episcopali e i loro giornali, predicano comprensione, perdono giuridico, assistenza sociale. In una parola: depenalizzazione.
Questa è, purtroppo, la sconcertante conclusione cui dobbiamo giungere oggi: il mondo pro life ufficiale vuole che lo status quo non sia modificato, vuole proseguire con le azioni – meritorie – di aiuto socio-economico-psicologico alla maternità; ma non vuole promuovere uno scontro pubblico culturale e politico intorno al principio di autodeterminazione della donna. La «scelta» è diventata il paradigma fondamentale di non pochi operatori pro life, seppure declinata nella versione della "scelta per la vita".
Ecco perché, per paradosso, la non-decisione della Corte Costituzionale ha fatto tirare un sospiro di sollievo a quegli ambienti che, teoricamente, dovevano tifare per la dichiarazione di incostituzionalità.
Una piccola prova del nove: i giornali laici e abortisti hanno dedicato alla decisione della Corte moltissimo spazio, mentre "Avvenire" ‒ il quotidiano della Conferenza Episcopale Italiana – ha trattato il ricorso del Giudice di Spoleto con imbarazzata discrezione. Unica positiva eccezione, un (tardivo e forse riparatorio) editoriale di Francesco D'Agostino che domenica 24, molti giorni dopo la sentenza, criticava apertamente la legge 194 e la non-decisione della Consulta.
All'indomani della sentenza, invece, sempre sul giornale della Cei si poteva leggere una rassicurante intervista al Ministro della Salute Renato Balduzzi – in "quota cattolica" al Governo tecnico Monti – che diceva: «la legge 194 è una legge dello Stato, e quindi va applicata in tutte le sue parti». Titolo dell'articolo: «Balduzzi: applicare tutta la 194».
Ecco: questa è diventata la "linea" da tenere. E chi non la rispetta – come i 15.000 scesi in piazza a Roma per la Marcia Nazionale per la Vita – semplicemente non esiste. "Avvenire" ha censurato quella Marcia, così come continua a censurare chi, sull'aborto, vorrebbe provare a giocare all'attacco.
In uno scenario del genere, nessun giudice della Consulta alzerà la mano per dire "io non ci sto". L'ultimo in ordine di tempo a farlo fu il Presidente della Corte, Antonio Baldassarre. Significativamente, non si trattava di un cattolico, ma di un laico coraggioso e onesto, in quota alla sinistra.

Nota di BastaBugie: Domenica 13 maggio 2012, giorno in cui la Chiesa ricorda la prima apparizione della Madonna a Fatima e l'attentato a Giovanni Paolo II del 1981, si è svolta a Roma la seconda edizione della Marcia Nazionale per la Vita.
L'obiettivo di questa importantissima iniziativa era quella di "affermare il valore universale del diritto alla vita e il primato del bene comune sul male e sull'egoismo".
In Italia vige infatti da oltre trent'anni una legge dello Stato (la 194 del 1978) che ha già consentito l'uccisione deliberata di 5 milioni di innocenti nel grembo materno.
Contro questa cultura della morte, che non incentiva le nascite e che non promuove iniziative in favore delle famiglie e dei giovani, il mondo pro-life italiano ha deciso dunque di mobilitarsi, e lo ha fatto in maniera esemplare, senza esagerazioni e in perfetta serenità.
Ecco il servizio andato in onda in televisione su Tele Pace con molte interviste di Giulia Tanel che ricorda questa bellissima esperienza:

http://www.youtube.com/watch?v=rkdSQCsCS9U

Fonte: Corrispondenza Romana, 27 giugno 2012

3 - CHIARA CORBELLA: LA VITA E' COME UN RICAMO DI CUI NOI VEDIAMO IL ROVESCIO DISORDINATO E PIENO DI FILI
Ma la fede ci permette di vedere un lembo della parte dritta: ecco il toccante video dove Chiara racconta la sua esperienza di donazione totale
Autore: Salvatore Cernuzio - Fonte: Zenit, 16/06/2012

A volte Dio come un buon giardiniere scende nel suo orto per controllare i fiori che ha piantato e se trova uno particolarmente bello, lo prende con Sé e lo porta nella Sua casa. È successo proprio questo oggi, nella chiesa di Santa Francesca Romana, nella zona Ardeatina della Capitale, dove si è celebrato il funerale, anzi la "nascita al Cielo" della giovane Chiara Petrillo, dopo una sofferenza di circa due anni provocate da un tumore.
Una cerimonia tutt'altro che funebre: una grande festa a cui hanno preso parte circa mille persone che hanno occupato la chiesa fino ai suoi balconcini più alti, cantando, suonando, applaudendo e pregando dall'ingresso della bara fino alla sua uscita.
È una storia straordinaria quella di Chiara, che in questi giorni sta girando in tutti i canali della rete, tanto che il video su Youtube - Testimonianza di Enrico e Chiara - ha registrato più di 500 visualizzazioni in un solo giorno.
Non si può restare impassibili di fronte a questa storia di santità dei nostri giorni. Una storia che merita di essere conosciuta e raccontata, come hanno scritto molti utenti nei loro commenti, perché è una dimostrazione di come sia possibile realizzare oggi le parole di Giovanni Paolo II quando disse: "Tutti possono aspirare alla santità, la misura alta della nostra vita quotidiana".
Soprattutto è la prova che, nonostante siamo immersi oggi in una società egoista che insegna a salvaguardare il proprio benessere prima di ogni altra cosa, c'è ancora chi, con la forza della fede, è capace di morire per l'altro, di sacrificare la propria vita pur di permettere ad una nuova di nascere.
Questa ragazza romana di soli 28 anni, bella, solare, con il sorriso sempre sulle labbra, è morta, infatti, per aver rimandato le cure che avrebbero potuto salvarla, pur di portare a termine la gravidanza del suo Francesco, un bambino atteso fin dal primo momento del suo matrimonio con Enrico.
Non era la prima gravidanza di Chiara. Pochi mesi dopo le nozze, la ragazza era rimasta incinta di Maria, una bimba a cui sin dalle prime ecografie, era stata diagnosticata un'anencefalia, ovvero una malformazione congenita per cui sarebbe nata priva totalmente o parzialmente dell'encefalo.
I due giovani sposi accolsero senza alcuna esitazione questa nuova vita come un dono di Dio, nonostante i medici avessero tentato più volte di farli desistere. E gioirono per tutti i 30 minuti di vita della piccola, celebrando il battesimo e accompagnandola nella sua «nascita in cielo».
Alcuni mesi dopo, una nuova gravidanza. Anche in questo caso, però, la gioia della notizia venne minata dalle prime ecografie che non facevano presagire nulla di positivo. Il bimbo, un maschietto di nome Davide, sarebbe nato senza gli arti inferiori.
Armati dalla fede e dall'amore che ha sempre sorretto il loro matrimonio, i due sposi decisero di portare a termine la gravidanza. Una scelta "incosciente e ostinata" ha scritto qualcuno sul web, ma sicuramente una scelta di fede, frutto della convinzione che le chiavi della vita e della morte sono custodite solo da Dio.
Verso il settimo mese, una nuova ecografia rivelava delle malformazioni viscerali con assenza degli arti inferiori per il piccolo Davide. "Il bambino è incompatibile alla vita" era la sentenza. Incompatibile forse alla vita terrestre, ma non a quella celeste.
La coppia infatti ha atteso la nascita del bambino, il 24 giugno 2010, e dopo aver celebrato subito il suo battesimo, ha accompagnato con la preghiera la sua breve vita fino all'ultimo respiro.
Sofferenze, traumi, senso di scoraggiamento, ma Chiara ed Enrico non si sono mai chiusi alla vita, tanto che dopo qualche tempo arrivò un'altra gravidanza: Francesco.
Questa volta le ecografie confermavano la buona salute del bimbo, tuttavia al quinto mese a Chiara i medici diagnosticarono una lesione della lingua che dopo un primo intervento, si confermò essere la peggiore delle ipotesi: un carcinoma.
Da lì in poi una serie di combattimenti. Chiara e il marito, però, non hanno perso la fede e "alleandosi" con Dio decisero ancora una volta di dire sì alla vita.
Chiara difese Francesco senza alcun ripensamento e, pur correndo un grave rischio, rimandò le cure portando avanti la maternità. Solo dopo il parto, infatti, la giovane potè sottoporsi a un nuovo intervento chirurgico più radicale e poi ai successivi cicli di chemio e radioterapia.
Francesco è nato sano e bello il 30 maggio 2011; ma Chiara, consumata nel corpo fino a perdere anche la vista dell'occhio destro, dopo un anno, non ce l'ha fatta. Mercoledì, verso mezzogiorno, circondata da parenti e amici, ha terminato la battaglia contro il "drago" che la perseguitava, come lei definiva il tumore, in riferimento alla lettura dell'Apocalisse.
Come, però, si legge nella medesima lettura - scelta non a caso nella cerimonia funebre - una donna ha sconfitto il drago. Chiara, infatti, avrà perso il suo combattimento terreno, ma ha vinto la vita eterna e ha donato a noi tutti una vera testimonianza di santità.
"Una seconda Gianna Beretta Molla" l'ha definita il cardinale vicario, Agostino Vallini, che ha voluto omaggiare con la sua presenza Chiara, che aveva conosciuto qualche mese fa insieme a Enrico.
"La vita è come un ricamo di cui noi vediamo il rovescio, la parte disordinata e piena di fili – ha detto il porporato – di tanto in tanto, però la fede ci permette di vedere un lembo della parte dritta". È il caso di Chiara secondo il cardinale: "una grande lezione di vita, una luce, frutto di un meraviglioso disegno divino che ci sfugge, ma che c'è".
"Io non so cosa Dio abbia preparato per noi attraverso questa donna" ha soggiunto, "ma è sicuramente qualcosa che non possiamo perdere; perciò raccogliamo questa eredità che ci ricorda di dare il giusto valore ad ogni piccolo o grande gesto quotidiano".
"Questa mattina stiamo vivendo, quello che 2000 anni fa visse il centurione, quando vedendo morire Gesù disse: Costui era veramente figlio di Dio" ha detto invece nella sua omelia frate Vito, giovane francescano, conosciuto ad Assisi, che ha assistito spiritualmente Chiara e la sua famiglia nell'ultimo periodo, trasferendosi anche nella loro casa.
"La morte di Chiara è stata il compimento di una preghiera" ha proseguito. La giovane, difatti, ha raccontato il frate, "dopo la diagnosi medica del 4 aprile che la dichiarava 'malata terminale', ha chiesto un miracolo: non la guarigione, ma di far vivere questi momenti di malattia e sofferenza nella pace a lei e alle persone più vicine".
"E noi – ha detto ancora frate Vito, visibilmente emozionato – abbiamo visto morire una donna non solo serena, ma felice". Una donna che ha vissuto spendendo la sua vita per l'amore agli altri, arrivando a confidare ad Enrico "forse la guarigione in fondo non la voglio, un marito felice e un bambino sereno senza la mamma rappresentano una testimonianza più grande rispetto ad una donna che ha superato una malattia. Una testimonianza che potrebbe salvare tante persone...".
A questa fede Chiara è arrivata pian piano, ha precisato frate Vito, "seguendo la regola appresa ad Assisi dai francescani che tanto amava: piccoli passi possibili". Un modo, ha spiegato, "per affrontare la paura del passato e del futuro di fronte ai grandi eventi, e che insegna a cominciare dalle piccole cose. Noi non possiamo trasformare l'acqua in vino, ma iniziare a riempire le giare. Chiara credeva in questo e ciò l'ha aiutata a vivere una buona vita e quindi una buona morte, passo dopo passo".
Un grande passo, però, ora Chiara l'ha compiuto: il matrimonio celeste con il suo Sposo "pronto per lei" – come cantavano i giovani del suo gruppo parrocchiale – tanto che per l'occasione nella bara era vestita con il suo abito nuziale.
Chiara, ora, potrà "accudire i suoi Maria e Davide" e "pregare per Francesco" come scriveva nella lettera lasciata a suo figlio, letta oggi da Enrico.
E tutti noi, così come questa mattina abbiamo portato via dalla Chiesa una piantina – per volontà di Chiara che non voleva fiori al suo funerale, ma che ognuno ricevesse un dono – portiamo nel cuore un "pezzetto" di questa testimonianza, pregando e chiedendo la grazia a questa giovane donna che forse un domani chiameremo Beata Chiara Corbella.

Nota di BastaBugie: consigliamo la visione di questo toccante video dove Chiara, accanto al marito, racconta la sua esperienza

http://www.youtube.com/watch?v=ZpHOO3IU6Zc

Fonte: Zenit, 16/06/2012

4 - LA CHIESA E' LA GARANZIA CHE CIO' IN CUI CREDIAMO NON E' UN PRODOTTO DELLE NOSTRE FANTASIE
Invece chi non crede in Dio è pronto a credere in qualsiasi cosa: scaramanzia, oroscopi, titoli dei giornali, discorsi dei politici, extraterrestri, ecc.
Autore: Costanza Miriano - Fonte: www.costanzamiriano.wordpress.com, 19/06/2012

Come mamma credo di essere valutata tollerabile dai miei figli, persino simpatica a tratti, vecchia, ma non decrepita, e passabilmente poco racchia, in confronto alla media delle vecchie. Purtroppo però ho l'insanabile difetto di essere femmina, e quindi vengo estromessa da tutte una serie di attività valutate maschili: posso accompagnare a una partita ma non assistervi; invitare amici dei figli, ma non parlarci per più di quindici secondi, nel timore che venga colta da un attacco di "io-ti-conosco-da quando-eri-piccolo-così"; fornire informazioni, sapendo però che verranno sottoposte al vaglio della verifica (se lo dice anche il babbo, allora è proprio vero).
Anche oggi dunque mio figlio Bernardo si è dovuto rassegnare ad essere accompagnato alla partita non da una, ma da ben tre femmine (anche le sorelline). Cacciate subito dagli spalti, ci siamo trovate all'ombra della Basilica di san Paolo fuori le Mura, e la grandezza di una delle quattro basiliche papali ha colpito le mie bambine, che mi hanno chiesto di visitarla.
Ovviamente l'attrazione numero due è risultata la cioccolata dei monaci benedettini, ma la numero uno, e di parecchio, sono stati inaspettatamente i "bolloni", cioè gli enormi tondi con dentro i ritratti dei papi, dal primo, san Pietro, a Benedetto XVI, illuminato da un fascio di luce. Le mie bambine sono rimaste a bocca aperta a cercare di contarli, quegli oltre 250 ritratti lungo tutte le navate, la centrale e le laterali. Una fila ininterrotta, una muraglia fondata su quella prima pietra che ha portato fino a noi il depositum fidei. Una muraglia che ha vacillato, e forse vacillerà ancora, che forse si assottiglierà, magari fino a trasformarsi in un ponte lungo e stretto sul quale dovremo camminare uno dietro l'altro per non cadere giù. Ma anche così, diroccate ed esposte ai venti, le mura non cederanno, ce lo ha assicurato Gesù. [...]
Mi chiedevo poco fa cosa avesse colpito due bambine di cinque anni, perché i bolloni dei Papi avessero folgorato la mente di ragazzine che maneggiano l'iPad meglio di me, che hanno gli occhi pieni di immagini e oggetti colorati. Cosa le ha attratte così tanto?
Quello che attrae anche me, credo: il pensiero di una catena di uomini che ha tramandato dagli apostoli fino a noi il deposito della fede, qualcosa che prima di tutto si trasmette, e solo poi si integra con i passi avanti che la rivelazione fa fare all'umanità, con la cura però di non perdere una briciola di quello che c'è stato in passato. C'è molto altro, la Chiesa sacramento di Cristo, la Chiesa, una, santa, la Chiesa sposa dell'Agnello, la Chiesa madre, una Chiesa che noi continuiamo fermamente a credere così anche se non la vediamo così splendente (se la vedessimo non sarebbe necessario crederla)… ma una catechesi tarata sui cinque anni ha necessariamente dei limiti.
La Chiesa è la garanzia che ciò in cui crediamo non è un prodotto delle nostre fantasie, delle nostre alienazioni. Sottopone al vaglio le rivelazioni, le particolari forme di spiritualità. Aspetta con calma di vederne i frutti, valuta, conforta o corregge.
Chi non crede in Dio è pronto a credere in qualsiasi cosa – scaramanzia, oroscopi, opinioni del cugino dell'estetista, fantasiose teorie sul benessere fisico o ecologico che prendono il posto della spiritualità – mentre noi crediamo in una sola cosa, e sempre chiediamo conforto ai fratelli maggiori nella fede, come quello che riposa nella basilica, Paolo, l'apostolo delle genti che accoglie i fedeli dal chiostro con una enorme statua, armato di spada.
E poi ci sono fratelli maggiori di oggi, i sacerdoti, i figli prediletti del Padre, dal cui sì dipende la nostra salvezza.
Mi conosco abbastanza da sapere che non mi devo sempre totalmente fidare di me stessa, delle mie emozioni, delle mie intuizioni, ed è per questo che ho una guida spirituale. Che non è solo una persona intelligente, è anche un sacerdote, cioè colui che spezza per me il pane della rivelazione, la parola e la sapienza cresciuta per duemila anni di storia.
Chi non crede in Dio, dove si specchia? Come potrebbe non seguire le proprie emozioni, non assecondare quello che gli salta in mente, non perdersi?
Oppure può entrare nella basilica, e mettersi al centro, tra quelle colonne, sotto quei ritratti, e sentirsi parte di qualcosa che non affonderà mai. Perché nonostante le magagne, le trame, i peccati, qui e solo qui c'è la vita eterna.

Fonte: www.costanzamiriano.wordpress.com, 19/06/2012

5 - GINO BARTALI: NON SOLO STAFFETTA TRA FIRENZE E ASSISI PER CONSEGNARE DOCUMENTI FALSI AGLI EBREI, MA ANCHE UN INTERVENTO PER SALVARE 49 SOLDATI INGLESI
Sottovoce sussurrò: ''Queste sono medaglie che si appuntano sull'anima e varranno nel regno dei cieli e non su questa terra''
Autore: Massimiliano Castellani - Fonte: Avvenire, 03/05/2012

Basta allora con Ginettaccio, meglio 'Gino il pio' o come scrissero, negli anni neri del fascismo, ma non senza un certo sarcasmo: 'Gino il mistico' e 'l'arrampicatore divino'. Ma queste etichette appiccicate al diretto interessato, un monumento del ciclismo come Gino Bartali, le avrebbe trovate enormemente inappropriate. Se le sarebbe strappate immediatamente di dosso, urlando furente e rosso in volto: «Basta, qui l'è davvero tutto da rifare…». Scorza ruvida, quanto rara, mai più rivista, specialmente nello scarno 'mitificio' dello sport odierno. Il Gino nazionale, un uomo con la 'U' maiuscola e un fuoriclasse delle due ruote che, se proprio doveva essere incensato, preferiva almeno lo si facesse per le sue tante vittorie (2 Tour de France, 3 edizioni del Giro d'Italia, 4 Milano-Sanremo) e i 700mila chilometri - li aveva calcolati ­percorsi pedalando. «In realtà, in bici di chilometri ne aveva fatti più di un milione, ma a me diceva: 'Se spariamo una cifra del genere penseranno che voglia vantarmi'…», ricorda il figlio Andrea che ha appena dato alle stampe un libro tenero, visceralmente intimo e familiare: Gino Bartali, mio papà (Limina). In 'quel penseranno voglia vantarmi', c'è tutta la fiera ricchezza della cultura contadina appresa da papà Torello che nella casa di Ponte a Ema - dove Gino venne al mondo il 18 luglio 1914 - , predicava quotidianamente il piacere dell'essere onesti. «Della verità non si deve mai avere paura», il primo insegnamento cristiano che nonno Torello aveva impartito ai figli, racconta Andrea, al quale il suo papà Gino («un cristiano ­ scrive - tipicamente fiorentino, brontolone come lo sono i fiorentini»), ha trasmesso a sua volta la convinzione che «il rispetto per i dieci comandamenti, vale più di qualunque vittoria». Il vero mito di Bartali non è stato né Girardengo, né Guerra né Binda, ma Gesù di Nazareth.
«Considerava Gesù il più grande dei rivoluzionari. Così come trovava straordinario l'ammonimento divino: 'Ama il prossimo tuo come te stesso'. Era convinto che se tutti avessero seguito questo insegnamento, non ci sarebbero più state guerre e il mondo vivrebbe in pace».
Precetti cristiani che il giovane Bartali aveva già chiari nella sua mente quando a 10 anni si iscrisse all'Azione Cattolica, ed erano solidi come pietre di una pieve romanica, quel giorno del '36, in cui prese i voti di terziario carmelitano nella chiesa di San Paolino a Firenze. In ogni tappa della sua vita di uomo, di padre e di campione, c'è sempre stato un arrivo ideale a una chiesa e per la Chiesa. «La prima vittoria papà la conquistò a 13 anni e non in bicicletta, ma a piedi, in una gara podistica verso il Monastero dell'Incontro, sulle colline fiorentine». Subito dopo cominciò la grande scalata al successo, intensa e veloce come uno sprint al velodromo. Ma anche un percorso esistenziale pieno di salite più dure della petrosa Izoard, e dietro alla maglia rosa, gruppi di avversari per spirito assai distanti dall'amico ed eterno rivale Fausto Coppi: inseguitori ostili in 'camicia nera'.
Ma la spia dell'Ovra (il giornalista Franco Monza, ndr) nel suo fascicolo personale (n° 576) poteva solo annotare: «Un tipo molto strano questo Bartali che ad ogni vittoria ringrazia sempre Dio e la Madonna invece di dedicare il successo al nostro Duce».
Bartali correva e vinceva per il popolo, per gli ultimi e per gli umili servitori di Dio. «Non si è mai visto un Giro con tanti preti venuti sulla soglia della chiesa magari con una bandierina in mano. Un Giro con tanti fraticelli che aspettavano pazientemente sotto gli alberi. Un Giro con tanti seminaristi allineati sui viali fuori porta e con tante monache che portavano fuori dal cancello della loro scuoletta le bambine che battevano le mani anche loro.
Questo è un Giro di credenti», scriveva tra il divertito e il sorpreso Orio Vergani. E quando il fascismo cominciò a perseguitare gli ebrei, rispondendo all'invito del Papa, Pio XII («tramite il vescovo di Firenze, il cardinale Elia Dalla Costa che lo aveva unito in matrimonio con mia madre Adriana», sottolinea Andrea) Bartali si mise a disposizione di quei fraticelli come il francescano padre Rufino Niccacci e alle suore come la clarissa suor Eleonora, per salvare il maggior numero di persone. Della 'tappa' straordinaria, Firenze-Assisi (tra l'ottobre del 1943 e il giugno del '44, la 'corse' almeno una quarantina di volte) per consegnare agli ebrei in clandestinità i documenti falsi nascosti nella canna della sua bicicletta, abbiamo già parlato e tanto si è scritto a cominciare dal bel libro Assisi Underground di Alexander Ramati, ma poco si sapeva su altre gesta eroiche compiute da Bartali e che stanno riaffiorando dopo la sua morte, avvenuta il 5 maggio del 2000 (commemorata come ogni anno a Firenze nella chiesetta di San Salvatore al Vescovo con una Messa in suffragio in forma privata).
«Quando papà raccontava delle tante persone salvate, subito mi diceva: 'Ma questo Andrea, che non si sappia in giro…'. E io ribattevo anche un po' seccato, ma allora cosa me le racconti a fare queste storie? E lui bonario: 'Il bene va fatto, ma non bisogna dirlo. Ma verrà il tempo in cui queste cose sarà opportuno farle sapere'. E quel tempo ora è arrivato». Così adesso sappiamo che oltre ai tanti ebrei che Bartali ha tratto in salvo, ci fu anche il suo intervento diretto per strappare alle mani del carnefice nazista ben 49 soldati inglesi rimasti «intrappolati» a Villa Selva (Firenze). Fu l'asso del ciclismo a rompere l'assedio tedesco: «Si finse un milite fascista con tanto di divisa e baionetta, rigorosamente scarica.
Gli inglesi vedendolo entrare si arresero a quello che pensavano fosse il 'carceriere', mentre si rivelò il loro salvatore che li consegnò nelle mani amiche dei partigiani», racconta Andrea che nel suo libro ha inserito una testimonianza inedita e che noi riportiamo, in cui il figlio di un internato nel lager tedesco di Dachau, con la concessione della foto del suo idolo, 'Bartali', riuscì a barattare la sua vita e quella di altri 20 prigionieri che così poterono far ritorno a casa. E chissà quanti altri, grazie all'azione generosa e incessante del grande campione, hanno avuto la stessa buona sorte di quei prigionieri?
«Bartolo Paschetta, alta carica dell'Opus Dei, uomo vicino a Pio XII e titolare della libreria Ave in via della Conciliazione quando lo incontravo mi diceva: «Hai un grande papà. Tu non puoi sapere quanto persone ha e abbiamo salvato». Uno di questi è Giorgio Goldenberg tornato recentemente da Israele a Firenze, per rivedere lo scantinato di casa Bartali «dove da bambino rimase nascosto per mesi, evitando la deportazione».
L'avvocato Renzo Ventura, sta perorando il riconoscimento di Gino Bartali nel Giardino dei Giusti di Gerusalemme, con un fascicolo inerente al salvataggio dei suoi genitori. Nuovi racconti ad Andrea sono arrivati a libro ormai in stampa, come quelli di don Arturo Paoli, parroco nell'alta lucchesia che ricorda perfettamente le soste di Bartali a Farneta, alla Certosa di Lucca, quando portava i documenti falsi per i clandestini che si sarebbero imbarcati dal porto di Genova o fuoriusciti per la Svizzera. «In un tempo senza più memoria, mi piacerebbe andare a fondo. Così, insieme alla giornalista Laura Guerra (Fondazione Gino Bartali Onlus) stiamo cercando di rintracciare tutte quelle storie che hanno avuto come protagonista mio padre». Storie sommerse di salvati (si possono segnalare a: Lg.press@libero.it), vittorie delle quali il grande Bartali si limitava a dire: «Queste sono medaglie che si appuntano sull'anima e varranno nel Regno dei Cieli e non su questa terra».

Fonte: Avvenire, 03/05/2012

6 - I MEDICI INGLESI OBBLIGATI AD ESEGUIRE OPERAZIONI CHIRURGICHE PER IL CAMBIAMENTO DI SESSO
Discriminati i cattolici ai quali è impedita l'obiezione di coscienza: Giovanni Paolo II ribadì una volta per sempre che il cristiano è obbligato a non ubbidire alle leggi dello Stato in contrasto con la Legge di Dio
Autore: Gianfranco Amato - Fonte: Corrispondenza Romana, 12/06/2012

Il General Medical Council (GMC), l'Ordine nazionale dei medici britannici, è stato categorico: i medici cristiani sono obbligati ad eseguire operazioni chirurgiche per il cambiamento di sesso. Si tratta di quell'intervento operatorio che va sotto il nome di Sex Reassignment Surgery (SRS), ovvero riattribuzione chirurgica di sesso. Le nuove disposizioni del GMC sono chiarissime: nessun medico potrà rifiutarsi di praticare una SRS adducendo motivazioni di carattere etico-religioso. Con buona pace del diritto all'obiezione di coscienza.
In effetti, l'articolo 5 del Codice Medico britannico prevede espressamente la facoltà di «astenersi dall'eseguire una particolare procedura per ragioni connesse a convinzioni e valori personali». Nonostante ciò, il GMC ha ora deciso di vietare la possibilità di astensione per quanto riguarda quelle particolari operazioni chirurgiche, «poiché sono richieste da un particolare gruppo di pazienti e non possono pertanto essere soggette all'obiezione di coscienza».
Il dott. Peter Saunders del Christian Medical Fellowship non ha usato mezzi termini per denunciare la decisione: «Attraverso regolamenti e disposizioni normative si sta cercando di marginalizzare i cristiani nella professione medica in Gran Bretagna». Soprattutto in questo momento storico, visto che, come precisa lo stesso Saunders, «la medicina britannica del XXI secolo contempla, in realtà, pratiche che a molti medici appaiono immorali».
Queste nuove guide del GMC vengono viste da numerosi operatori sanitari come un ulteriore attacco al diritto di esercitare la professione medica secondo la propria coscienza, che resta il vero fondamento di quella professione. Il GMC, dal canto suo, ha difeso ad oltranza la propria decisione, precisando che essa rispetta il quadro normativo nazionale, ed in particolare quella che è diventata ormai la bibbia del politically correct, ovvero l'Equality Act 2010, la famigerata legge contro ogni forma di discriminazione. Rispetto a quella legge sembra non esserci obiezione di coscienza che tenga.
Nonostante il fatto che proprio l'obiezione di coscienza sia espressamente riconosciuta dall'art.18 della Dichiarazione Universale dei Diritti dell'Uomo, dall'art.18 del Patto Internazionale sui Diritti Civili e Politici, dall'art.9 della Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali, e dall'art.10 della Carta fondamentale dei diritti dell'Unione Europea. Anche la dottrina morale cattolica, che ha sempre avuto una particolare attenzione per la dignità e la libertà dell'uomo, ha riconosciuto come fondamentale e inalienabile il diritto all'obiezione di coscienza.
Uno dei punti più alti del Magistero sulla questione è stato raggiunto con l'enciclica Evangelium vitae del Beato Giovanni Paolo II. In quel documento, infatti, è stato codificato il dovere morale di non riconoscere le leggi ingiuste, poiché esse «non solo non creano nessun obbligo per la coscienza, ma sollevano piuttosto un grave e preciso obbligo di opporsi ad esse mediante obiezione di coscienza». Precisa il Sommo Pontefice in quell'enciclica che «i cristiani, come tutti gli uomini di buona volontà, sono chiamati, per un grave dovere di coscienza, a non prestare la loro collaborazione formale a quelle pratiche che, pur ammesse dalla legislazione civile, sono in contrasto con la Legge di Dio», poiché «dal punto di vista morale, non è mai lecito cooperare formalmente al male».
Tutti i cristiani dovrebbero ricordarsi più spesso che la Legge di Dio prevale su quella degli uomini, e farebbero bene ad armarsi dello stesso coraggio mostrato da Pietro e dagli Apostoli quando, dinanzi al sommo sacerdote, non esitarono a proclamare: Oboedire oportet Deo magis quam hominibus (Bisogna obbedire a Dio, piuttosto che agli uomini).

Fonte: Corrispondenza Romana, 12/06/2012

7 - IL FONDO SALVA-STATI: UN MECCANISMO PERVERSO CARATTERIZZATO DA DELEGA IN BIANCO, IMMUNITA' DAVANTI ALLA LEGGE, ESENZIONE FISCALE, SEGRETEZZA
Ogni Stato membro, fra cui l'Italia, non sarebbe più sovrano ma, a seconda del caso, diventerebbe socio o debitore: dov'è il vantaggio per i cittadini nel pagare quote così pesanti, prive di ogni giustificazione giuridica, finanziaria ed economica?
Autore: Roberto Lanzilli - Fonte: La Madre della Chiesa, 11/06/2012

Di fronte alle preoccupanti notizie economiche quali il continuo rialzo del prezzo della benzina, l'aumento delle imposte immobiliari e di quelle indirette, la disoccupazione crescente, l'incapacità o non volontà di difendere l'apparato produttivo nazionale, compreso quello agricolo, verrebbe da dire che abbiamo toccato proprio il fondo. Ma non è ancora così. Come da tempo sta cercando di divulgare l'economista Lidia Undiemi,  autrice di un dossier e di un appello a tutte le forze politiche, la questione è talmente grave da porre a rischio l'esistenza dei sistemi democratici dei Paesi la cui moneta è l'euro.
Di che si tratta dunque? A fine 2010 il Consiglio europeo, presenti i capi di Stato o di governo, per  aiutare i Paesi in difficoltà finanziaria, ha convenuto sulla necessità di istituire, in luogo degli attuali due fondi e in modo permanente, il Meccanismo Europeo di Stabilità – MES (ESM in inglese).
Poi, in data 25 marzo 2011, ha deciso di variare l'art. 136 del Trattato sul funzionamento dell'U.E. da parte degli Stati membri (TFUE), che istituiva il suddetto meccanismo di stabilità finanziaria per la zona euro, introducendo un nuovo Ente internazionale che sarà dotato di immunità davanti alla legge, di esenzione fiscale, di capacità coercitiva sugli Stati nonché inviolabilità dei suoi immobili, beni  e documenti.
Il 2 febbraio 2012 gli ambasciatori dei paesi della zona euro hanno quindi firmato a Bruxelles il nuovo Trattato.
Questo nuovo organismo sarà quindi privilegiato da capacità giuridica autonoma rispetto ai soggetti istituzionali nazionali, democraticamente e costituzionalmente legittimati ad incidere su temi importanti.
Il suddetto Meccanismo Europeo di Stabilità, rassicurante solo di nome, non è il semplice Regolamento di un fondo, in quanto istituirà un proprio Ente intergovernativo, assecondando la, non nuova, tendenza a privatizzare le funzioni pubbliche. Si pensi alla BCE che già gode di completa autonomia in materia di politica monetaria.
Ecco quindi alcuni dati tra i più significativi. Il MES sarebbe dotato di un capitale di 700 mld, di cui 125 mld (forse sono quelli delle ultime due manovre?) a carico dell'Italia, assoggettando i 17 Stati aderenti ad un impegno incondizionato ed irrevocabile. La capacità iniziale di aiuto del MES sarebbe di 500 mld, rivedibile al massimo ogni 5 anni.  E' previsto il diritto di voto di ogni Stato in misura proporzionale alla quota stabilita e versata ma, nel caso detta quota non venga pagata o non sia rimborsato il capitale preso in prestito, l'esercizio del voto sarebbe sospeso. Questo significa che ogni Stato membro, fra cui l'Italia, non sarebbe più sovrano ma, a seconda del caso, diventerebbe socio o debitore.
Giusto per intenderci,  Germania, Francia ed Italia pesano ora per il 64% dei voti/quote di capitale. Inoltre, quanto non versato da uno Stato è a carico di tutti gli altri.  Le decisioni a maggioranza semplice o qualificata  (2/3) dovrebbero competere ad un Consiglio di governatori, nominati da ogni Stato, e ad un Consiglio di amministrazione, i membri dei quali per lo più sarebbero revocabili in ogni momento, ma non è stato esplicitato quale ne sia il criterio.
Tali decisioni sarebbero prese in assoluta autonomia, visto che le istituzioni europee – Commissione europea, in primis – comparirebbero solo come osservatori. Gli aiuti verrebbero concessi a condizioni discrezionali non solo per quanto riguarda il tasso, la durata, le non meglio definite clausole di azione collettiva, ma anche per le obbligate scelte di politica economica e non,  alle quali gli Stati richiedenti,  per ottenerli, dovrebbero sottostare.
Ma c'è dell'altro. Il MES e i suoi membri  godranno davanti alla legge di immunità che nemmeno il Parlamento europeo potrà togliere. Lo stesso dicasi per l'esenzione fiscale. Inoltre, esso beneficerebbe di totale inviolabilità, quindi di assoluta segretezza, sugli immobili, i beni acquistati, importati o venduti e per quanto riguarda tutta la documentazione inerente l o svolgimento delle suddette attività.
Tutto questo forse ha a che fare con le privatizzazioni in corso?
A conclusione di questa sintesi, va rilevato che non sembra sia prevista alcuna possibilità di recesso e che l'entrata in vigore del MES sia  stata anticipata di un anno rispetto alle previsioni, cioè a luglio 2012.
Ora, siamo sicuri che un tale piano sia utile  agli Stati membri? Chi sono i veri beneficiari, ai quali verrebbero garantiti stabilità, inviolabilità, privilegi tali che non sono riscontrabili in alcuna parte del Trattato della Unione europea?  Dove starebbe il vantaggio nel pagare – noi cittadini – quote così pesanti, solo in parte fruibili, sottoponendoci a dei pesi, anche nei confronti di finanziatori terzi – la Cina sarebbe già interessata -,  privi di ogni giustificazione giuridica, finanziaria ed economica?
In senso più lato, con un  debito pubblico superiore al PIL, in che modo il nostro bilancio potrebbe migliorare visto che si ricorrerebbe solo a maggiori debiti e/o più tasse, come nel caso dell'Italia? Non si tratta forse di un meccanismo perverso caratterizzato da una delega in bianco?
Aggiungiamo, inoltre, che l'attuale situazione molto critica delle banche spagnole renderebbe inevitabile ed urgente, a detta della Cancelliera Merkel e del ministro delle finanze tedesco Schaueble, l'approvazione del Fiscal Compact e, per quel che ci riguarda, dell'ESM. Ancora una volta attraverso un'emergenza ci si vuole portare in un cul-de-sac ovvero ad una scelta (apparentemente) obbligata.
Non ci resta quindi che pregare Dio, proprio perché sono esigue le forze popolari e politiche, finora scese in campo per impedire la ratifica della modifica dell'art.136 del TFUE, onde evitare che anche l'Italia perda del tutto  e di fatto la sua legittima sovranità nazionale.

Fonte: La Madre della Chiesa, 11/06/2012

8 - IL FUMO DI SATANA DENTRO L'UNIVERSITA' CATTOLICA
L'Università ex cattolica dimentica i riferimenti al magistero e impone il rispetto del Trattato di Lisbona relativista e politicamente corretto (con effetti concreti: ad esempio, diventa impossibile criticare l'ideologia gay)
Autore: Gianfranco Amato - Fonte: CulturaCattolica, 15/06/2012

«In una Università cattolica gli ideali, gli atteggiamenti e i principi cattolici permeano e informano le attività universitarie conformemente alla natura e all'autonomia proprie di tali attività», «le implicazioni morali, presenti in ciascuna disciplina, sono esaminate come parte integrante dell'insegnamento della stessa disciplina (…), e la teologia cattolica, insegnata in piena fedeltà alla Scrittura, alla tradizione e al magistero della Chiesa, offrirà una chiara conoscenza dei principi del Vangelo, la quale arricchirà il significato della vita umana e le conferirà una nuova dignità» (punti 14 e 20 della Costituzione Apostolica Ex corde Ecclesiae emanata dal Romano Pontefice, il Beato Giovanni Paolo II, il 15 agosto 1990).
Così era l'Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano che io ho conosciuto, ho frequentato ed in cui mi sono laureato, una trentina di anni fa. Prima, quindi, che lo stesso Ateneo decidesse di dotarsi del recente Codice Etico, alla cui sottoscrizione gli studenti sono peraltro obbligati. Si tratta di un testo di trenta pagine in cui aleggia ambiguamente una perniciosa vena relativista intrisa della più venefica political correctness. Trenta pagine in cui non viene fatta neppure una sola menzione a concetti quali Chiesa Cattolica, Papa, Magistero, Tradizione. Con buona pace della Costituzione Apostolica Ex Corde Ecclesiae.
Come ha giustamente denunciato il Centro Studi Jean d'Arc, all'art.1 del Preambolo del Codice Etico si accenna solamente ad un generico «Cristianesimo», senza alcun richiamo alla Fede Cattolica, mentre all'art. 2, lett. e), si invitano gli studenti, i docenti e il personale dell'Università al «rispetto dei principi ispiratori della Costituzione della Repubblica Italiana e del Trattato sull'Unione europea, come modificato a Lisbona il 13 dicembre 2007». E' lo stesso trattato, peraltro, che secondo quanto evidenziato da S.E. Mons. Dominique Marie Jean Rey, Vescovo di Frejus-Toulon, «rappresenta in molti punti una rottura intellettuale e morale con le altre grandi formulazioni giuridiche internazionali, presentando una visione relativistica ed evolutiva dei diritti dell'uomo che mette in causa i principi del diritto naturale». La parte del Codice Etico dedicata, poi, alle «Disposizioni comuni», rigorosamente ispirata al politically correct, gronda pure di venature relativiste, le stesse contro cui continua a combattere, con ostinato coraggio, Sua Santità Benedetto XVI. Tra le varie perle se ne può scegliere una in particolare. L'art.1, ad esempio, si incarica di vietare ogni forma di discriminazione sulla base dell'orientamento sessuale di una persona. La stessa generica forma, fumosa ed ambigua, utilizzata dai sacerdoti del politicamente corretto per bollare di omofobia chiunque osi solamente accennare alle chiare ed univoche posizioni della Chiesa Cattolica in materia. Com'è noto, infatti, per i cattolici l'orientamento sessuale non può costituire una qualità paragonabile alla razza, all'origine etnica, ecc., rispetto alla non-discriminazione, perché diversamente da queste, essa appartiene oggettivamente alla sfera etico-morale. E vi sono ambiti nei quali non può considerarsi ingiusta discriminazione il fatto di tener conto della tendenza sessuale: per esempio nella collocazione di bambini per adozione o affido.
Il Magistero della Chiesa Cattolica sul punto è chiarissimo, come attesta un documento della Congregazione per la Dottrina della Fede, che merita di essere testualmente riportato in alcuni suoi passi:

12. Le persone omosessuali, in quanto persone umane, hanno gli stessi diritti di tutte le altre persone, incluso il diritto di non essere trattate in una maniera che offende la loro dignità personale. Fra gli altri diritti, tutte le persone hanno il diritto al lavoro, all'abitazione, ecc. Nondimeno questi diritti non sono assoluti. Essi possono essere legittimamente limitati a motivo di un comportamento esterno obiettivamente disordinato. Ciò è talvolta non solo lecito ma obbligatorio, e inoltre si imporrà non solo nel caso di comportamento colpevole ma anche nel caso di azioni di persone fisicamente o mentalmente malate. Così è accettato che lo stato possa restringere l'esercizio di diritti, per esempio, nel caso di persone contagiose o mentalmente malate, allo scopo di proteggere il bene comune.
13. Includere la "tendenza omosessuale" fra le considerazioni sulla base delle quali è illegale discriminare può facilmente portare a ritenere l'omosessualità quale fonte positiva di diritti umani, ad esempio, in riferimento alla cosiddetta "affirmative action" o trattamento preferenziale nelle pratiche di assunzione. Ciò è tanto più deleterio dal momento che non vi è un diritto all'omosessualità, che pertanto non dovrebbe costituire la base per rivendicazioni giudiziali. Il passaggio dal riconoscimento dell'omosessualità come fattore in base al quale è illegale discriminare può portare facilmente, se non automaticamente, alla protezione legislativa e alla promozione dell'omosessualità. L'omosessualità di una persona sarebbe invocata in opposizione a una asserita discriminazione e così l'esercizio dei diritti sarebbe difeso precisamente attraverso l'affermazione della condizione omosessuale invece che nei termini di una violazione di diritti umani fondamentali.
14. La "tendenza sessuale" di una persona non è paragonabile alla razza, al sesso, all'età, ecc. anche per un'altra ragione che merita attenzione, oltre quella sopramenzionata. La tendenza sessuale di un individuo non è in genere nota ad altri a meno che egli identifichi pubblicamente se stesso come avente questa tendenza o almeno qualche comportamento esterno lo manifesti. Di regola, la maggioranza delle persone a tendenza omosessuale che cercano di condurre una vita casta non rende pubblica la sua tendenza sessuale. Di conseguenza il problema della discriminazione in termini di impiego, alloggio, ecc. normalmente non si pone.
Le persone omosessuali che dichiarano la loro omosessualità sono in genere proprio quelle che ritengono il comportamento o lo stile di vita omosessuale essere "indifferente o addirittura buono", e quindi degno di approvazione pubblica. È all'interno di questo gruppo di persone che si possono trovare più facilmente coloro che cercano di manipolare la Chiesa conquistandosi il sostegno, spesso in buona fede, dei suoi pastori, nello sforzo volto a cambiare le norme della legislazione civile, coloro che usano la tattica di affermare con toni di protesta che qualsiasi critica o riserva nei confronti delle persone omosessuali (…) è semplicemente una forma di ingiusta discriminazione. Inoltre, vi è il pericolo che una legislazione che faccia dell'omosessualità una base per avere dei diritti possa di fatto incoraggiare una persona con tendenza omosessuale a dichiarare la sua omosessualità o addirittura a cercare un partner allo scopo di sfruttare le disposizioni della legge.

Ebbene, è ora lecito domandarsi se, stando al nuovo Codice Etico dell'Università Cattolica, gli studenti potranno ancora sostenere – senza per questo passare per discriminatori – che l'omosessualità rappresenta una «grave depravazione» (Gn 19,1-29; Rm 1,24-27; 1 Cor 6,9-10; 1 Tm 1,10.), che i suoi atti «sono intrinsecamente disordinati» (Sacra Congregazione per la Dottrina della Fede, Dich. Persona humana), e «contrari alla legge naturale», poiché «precludono all'atto sessuale il dono della vita e non costituiscono il frutto di una vera complementarità affettiva e sessuale» (art. 2357 del Catechismo della Chiesa Cattolica). Potranno sostenere che non deve essere giuridicamente riconosciuto il matrimonio tra persone dello stesso sesso, e che non deve essere consentita la possibilità di adozione per le coppie omosessuali? Potranno sostenere che l'orientamento sessuale non può essere riconosciuto come un diritto fondamentale dell'uomo?
La citata costituzione Apostolica Ex Corde Ecclesiae contiene anche delle Norme Generali basate sul Codice di diritto canonico, del quale rappresentano un ulteriore sviluppo, e sulla legislazione complementare della Chiesa, norme che valgono per tutte le Università cattoliche e per le Istituzioni cattoliche di studi superiori in tutto il mondo (fermo restando il diritto della Santa Sede di intervenire, ove ciò si renda necessario). Ebbene, i quattro paragrafi dell'art.2 di tali disposizioni normative, intitolato «la natura di una Università Cattolica», meritano di essere testualmente riportati:

§ 1. Un'Università cattolica, come ogni Università, è una comunità di studiosi che rappresenta vari rami del sapere umano. Essa si dedica alla ricerca, all'insegnamento e a varie forme di servizi rispondenti alla sua missione culturale.
§ 2. Una Università cattolica in quanto cattolica, ispira e svolge la sua ricerca, l'insegnamento e tutte le altre attività secondo gli ideali, i principi e gli atteggiamenti cattolici. Essa è collegata alla Chiesa o per il tramite di un formale legame costitutivo e statutario, o in forza di un impegno istituzionale assunto dai suoi responsabili.
§ 3. Ogni Università cattolica deve manifestare la propria identità cattolica o con una dichiarazione della sua missione, o con altro appropriato documento pubblico, a meno che non sia autorizzata altrimenti dalla competente autorità ecclesiastica. Essa deve provvedersi particolarmente mediante la sua struttura e i suoi regolamenti, dei mezzi per garantire l'espressione e il mantenimento di tale identità in modo conforme al § 2.
§ 4. L'insegnamento cattolico e la disciplina cattolica devono influire su tutte le attività dell'Università, mentre deve essere pienamente rispettata la libertà della coscienza di ciascuna persona. Ogni atto ufficiale dell'Università deve essere in accordo con la sua identità cattolica.

Poiché il Codice Etico non può non considerarsi un «atto ufficiale dell'Università», i suoi estensori sono proprio sicuri che esso sia anche «in accordo con l'identità cattolica», secondo quanto previsto dall'art.2, § 4, delle Norme Generali emanate nella menzionata Costituzione Apostolica? Io mi permetto sommessamente di nutrire fortissimi dubbi in proposito.
Qui come viene introdotto sul sito della Università Cattolica del Sacro Cuore:

Di fronte alla crescente complessità dell'istituzione universitaria e della sua vita quotidiana, l'Università Cattolica ha deciso di riaffermare i propri principi e valori fondamentali, definendo regole più funzionali per garantire l'efficacia e la trasparenza dell'intera struttura. Importante tappa di questo processo è l'introduzione, a partire dal 1° novembre 2011, del Codice Etico e del Modello organizzativo dell'Università Cattolica del Sacro Cuore.
La prima novità riguarda il Codice Etico. Il testo, collocato nel solco dei valori che intessono lo Statuto dell'Università, raccoglie le regole di condotta che sempre più dovranno costituire un punto di riferimento per indirizzare i comportamenti di ciascuno, così da offrire risposte articolate, motivate ed eticamente responsabili, agli interrogativi e ai problemi originati dalla fluidità delle attuali reti relazionali, sociali, professionali.

Fonte: CulturaCattolica, 15/06/2012

9 - LETTERE ALLA REDAZIONE: REQUISITI PER FARE IL PADRINO O LA MADRINA
Una risposta chiara per evitare gli errori più comuni
Autore: Giano Colli - Fonte: Redazione di BastaBugie, 17/06/2012

Gentile redazione di BastaBugie,
volevo farvi una domanda sul ruolo di padrino e madrina nel Battesimo. So che ci vogliono determinati requisiti per rivestire questo ruolo anche se non tutti i parroci sono così esigenti nel verificarli.
Mi sapete dire esattamente quali sono?
Grazie e a presto
Fernanda

Cara Fernanda,
rispondo sinteticamente cercando di essere più chiaro possibile:
1) il ruolo di padrino/madrina non è "una questione di affetto", ma una questione di fede, cioè di sostegno alla vita di fede del battezzato;
2) oggi questo ruolo ha assunto, soprattutto in alcune regioni, una funzione puramente formale;
3) di regola c'è un padrino se si battezza un bambino, mentre se si battezza una bambina si sceglie una madrina (preferibilmente quindi dello stesso sesso del battezzato, ma è solo preferibile in quanto non obbligatorio);
4) si può anche scegliere di avere sia un padrino che una madrina anche se è preferibile attenersi alle indicazioni del punto precedente;
5) è invece espressamente vietato avere due madrine o due padrini;
6) I requisiti per il ruolo di padrino e madrina sono: a) aver compiuto  il sedicesimo anno di età (questo requisito è dispensabile per giusti motivi dal parroco); b) essere cattolico/a, e non aderire ad altri movimenti religiosi o comunque contrari alla Chiesa; c) aver ricevuto i Sacramenti dell'iniziazione cristiana (Battesimo, Cresima, Comunione); d) non essere in situazione di irregolarità nella vita matrimoniale  (convivente, sposato solo civilmente, divorziato e risposato);
7) non è obbligatorio scegliere il padrino tra i parenti e non è neanche detto che lo si debba conoscere (ad esempio, in assenza di padrino e madrina, il parroco potrebbe benissimo consigliare come padrino un catechista di provata fede oppure addirittura battezzare senza che ci sia né un padrino, né una madrina);
8) quando poi si farà la Cresima sarebbe bene, anche se non è obbligatorio, scegliere il padrino o la madrina che si è avuto nel battesimo (si comprende così perché nel battesimo è preferibile avere solo il padrino o la madrina che entrambi);
9) contrariamente al ruolo di padrino e madrina, per fare i testimoni a un matrimonio non sono richiesti nessuno dei requisiti soprastanti essendo sufficiente la capacità di intendere e di volere (questo perché il testimone ha solo la funzione di testimoniare che è stato pronunciato il si irrevocabile: anche un musulmano o un ateo può fare da testimone a un matrimonio, anche se ovviamente è sempre preferibile scegliere persone di provata fede); per il matrimonio concordatario è necessaria la maggiore età.
Spero che la risposta, volutamente sintetica, sia chiara.
Per comprendere meglio il motivo dell'esclusione per il ruolo di padrino/madrina a causa di vita matrimoniale irregolare (come anche l'esclusione dai sacramenti) si può leggere questo articolo https://www.bastabugie.it/it/articoli.php?id=129

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Fonte: Redazione di BastaBugie, 17/06/2012

10 - OMELIA XIII DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO - ANNO B - (Mc 5,21-43)
Non temere, soltanto abbi fede!
Fonte Il settimanale di Padre Pio, (omelia per il 1° luglio 2012)

Il Vangelo di questa domenica ci presenta due miracoli di Gesù: la risurrezione della figlia di Giairo e la guarigione della donna colpita da continue emorragie. Con questi due miracoli, Gesù ha voluto da una parte venire incontro alle sofferenze umane e, dall'altra parte, ha voluto dimostrare la sua potenza divina sul male e sulla morte.
Il male e la morte erano entrati nel mondo a causa del peccato: «Per invidia del diavolo la morte è entrata nel mondo e ne fanno esperienza coloro che le appartengono» (Sap 1,24). Per invidia, il demonio ha tentato Adamo ed Eva, volendoli trascinare nell'eterna perdizione. L'invidia è il più brutto dei peccati, in quanto fa sì che noi ci rattristiamo per tutto il bene che Dio opera nei nostri fratelli. L'invidia è il solo peccato che non dà assolutamente nulla: gli altri vizi, apparentemente, danno un certo appagamento che, comunque, conduce alla rovina dell'anima; l'invida, invece, dà solo tristezza e rancore.
Esaminiamo seriamente la nostra coscienza per vedere se anche in noi serpeggia questo brutto vizio. Impariamo a rallegrarci per tutto il bene che vediamo nel prossimo e a ringraziare Dio per questo. Se di cuore faremo così, il Signore ci premierà, donandoci gli stessi beni. Dobbiamo rallegrarci del bene altrui come se fosse il bene di un nostro fratello carissimo.
Dominando sul male e sulla morte, Gesù dimostra di essere il Redentore, ossia Colui che toglie i peccati del mondo. Il discorso è molto semplice: eliminando la morte e la sofferenza, Gesù ci fa comprendere che Egli ha anche il potere di eliminare anche il peccato, il quale è la causa di tutto il male che vi è su questa terra.
Da parte nostra si impone però una scelta: da una parte abbiamo la vita della grazia; dall'altra, la morte del peccato. Se scegliamo il bene, diffonderemo il bene in questo mondo; se scegliamo il peccato, non faremo altro che aumentare il male su questa terra, fino ad arrivare alla morte dell'eterna perdizione.
Il contatto con Gesù ha guarito la donna malata; il contatto con Gesù guarirà anche noi dal male del peccato. Come possiamo entrare in contatto con Gesù? Per mezzo dei sacramenti della Confessione e della Comunione. In modo particolare, in questa riflessione, vogliamo soffermarci sul sacramento della Confessione che ci libera dalle nostre colpe.
Per liberare le anime dal peccato, alcuni Santi hanno avuto la missione di dedicarsi completamente al ministero delle Confessioni, e così essi divennero come degli intermediari tra la misericordia di Dio e la miseria dell'uomo. Pensiamo a San Pio da Pietrelcina e a san Leopoldo Mandic', i quali passarono la gran parte delle loro giornate dentro il confessionale, per sanare le anime di tanti fratelli e sorelle. Dio solo sa quante anime, grazia a loro, abbiano trovato la salvezza, entrando in contatto con Gesù, proprio come la donna di cui parla il Vangelo di oggi.
Anche noi prepariamoci ad una buona Confessione, come se fosse l'ultima della nostra vita, per iniziare una vita nuova, splendente di grazia e ricca di tanti buoni frutti. È lì, nel confessionale, che avvengono i più grandi miracoli, allorquando l'anima, morta per il peccato, viene toccata dalla misericordia di Dio, e diviene bianca come la neve.
Un giorno andò da sant'Antonio un grande peccatore deciso a cambiar vita e a riparare tutti i mali commessi. Si inginocchiò ai suoi piedi ed era tale la sua commozione da non riuscire ad aprir bocca, mentre le lacrime di pentimento gli bagnavano il volto. Allora sant'Antonio gli consigliò di ritirarsi e di scrivere su di un foglio i suoi peccati.
L'uomo obbedì e ritornò con una lunga lista. Sant'Antonio li lesse a voce alta, poi riconsegnò il foglio al penitente che se ne stava in ginocchio. Quale fu la meraviglia del peccatore pentito, quando vide che il foglio era tornato perfettamente pulito. I peccati erano spariti dall'anima del peccatore e così pure dal foglio su cui erano scritti.
Ringraziamo Gesù per la sua bontà e vogliamo essere anche noi toccati ed afferrati dalla sua misericordia, confessandoci bene e frequentemente. L'Immacolata, Speranza dei peccatori, ci ottenga tutto questo dal Cuore del Figlio suo.

Fonte: Il settimanale di Padre Pio, (omelia per il 1° luglio 2012)

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