BastaBugie n�260 del 31 agosto 2012

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1 VATILEAKS, NESSUNA SORPRESA: SI CONCLUDONO LE INDAGINI SUL MAGGIORDOMO DEL PAPA E SULLE PRESUNTE RIVELAZIONI DI CHISSA' QUALI VERITA' COMPROMETTENTI
Intervista a Massimo Introvigne: nessun segreto di rilievo nei documenti vaticani pubblicati nel libro di Nuzzi...
Autore: Carlo Melato - Fonte: Il Sussidiario
2 IL MATRIMONIO GAY? ROBA VECCHIA! IL PROSSIMO PASSO E' IL POLIAMORE
Il triangolo no, non l'avevi considerato? Allora da ora in poi dovrai considerarlo (e perche' no quadrilateri, pentagoni, ecc.)
Autore: Rodolfo Casadei - Fonte: Tempi
3 MARGHERITA HACK GODE DI UNA FAMA IMMERITATA E INFATTI HA DOVUTO AMMETTERE: ''COME SCIENZIATA NON HO SCOPERTO NULLA''
Le sue frequenti apparizioni televisive sono dovute alla militanza comunista e ateista, unite alle sue posizioni favorevoli al testamento biologico, al matrimonio omosessuale e alla ricerca sulle staminali embrionali
Autore: Francesco Agnoli - Fonte: Il Timone
4 NESSUNO SCRIVERA' UNA STORIA D'EUROPA UN PO' LOGICA FINCHE' NON RICONOSCERA' IL VALORE DEL CRISTIANESIMO
Senza i Concili della Chiesa non ci sarebbe l'arte dell'Occidente; senza San Tommaso non avremmo l'economia moderna
Autore: Gilbert Keith Chesterton - Fonte: Avvenire
5 SUMMIT MONDIALE A LONDRA ORGANIZZATO DA BILL GATES, IL FONDATORE DI MICROSOFT, A FAVORE DELL'ABORTO (SUA MOGLIE SI DICHIARA UNA CATTOLICA PRATICANTE, MA...)
La cifra investita globalmente per diffondere la contraccezione e l'aborto nel mondo è di 4 miliardi di dollari annui... più di quanto viene destinato a combattere le vere emergenze sanitarie
Autore: Riccardo Cascioli - Fonte: Il Giornale
6 AVVENIRE SI SCHIERA CONTRO LA FECONDAZIONE ARTIFICIALE OMOLOGA... CON UN RITARDO DI 8 ANNI
Dopo aver ignorato per anni i danni della provetta all'interno della coppia, il quotidiano della CEI si accorge che muoiono 9 embrioni su 10: meglio tardi che mai!
Autore: Mario Palmaro - Fonte: Verità e Vita
7 ECCO COSA INSEGNA LA RISSA IN PIAZZA DI SPAGNA A ROMA TRA ANIMALISTI E VETTURINI
Chi ama troppo gli animali finisce per odiare gli uomini (ricordiamo che, come i cavalli, anche i vetturini sudano sotto il sole... e alla fine amano i cavalli più degli animalisti)
Autore: Rodolfo Casadei - Fonte: Tempi
8 OLIMPIADI E ANTIDOPING: LA SOCIETA' RELATIVISTA HA BISOGNO DELLE SUE FOGLIE DI FICO, COME LA PROSTITUTA CHE SI VANTA DI NON AVER MAI RUBATO
Veramente penosa la conferenza stampa con piantino del marciatore italiano Alex Schwazer: ormai neanche le mascalzonate si fanno più con dignità
Autore: Paolo Deotto - Fonte: Corrispondenza Romana
9 OMELIA XXII DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO - ANNO B - (Mc 7,1-8.14-15.21-23)
Questo popolo mi onora con le labbra, ma il suo cuore è lontano da me
Fonte: Il settimanale di Padre Pio

1 - VATILEAKS, NESSUNA SORPRESA: SI CONCLUDONO LE INDAGINI SUL MAGGIORDOMO DEL PAPA E SULLE PRESUNTE RIVELAZIONI DI CHISSA' QUALI VERITA' COMPROMETTENTI
Intervista a Massimo Introvigne: nessun segreto di rilievo nei documenti vaticani pubblicati nel libro di Nuzzi...
Autore: Carlo Melato - Fonte: Il Sussidiario, 14/08/2012

Un assegno da 100.000 euro intestato al Santo Padre, una pepita d'oro e una preziosa copia dell'Eneide risalente al Cinquecento. Nell'appartamento di Paolo Gabriele, maggiordomo di Papa Benedetto XVI, sono stati ritrovati oggetti preziosi e documenti riservati. L'uomo è stato rinviato a giudizio dalla magistratura vaticana. Sul banco degli imputati anche Claudio Sciarpelletti, tecnico informatico, arrestato il 25 maggio scorso. Le sue responsabilità andranno accertate, anche se il portavoce vaticano Federico Lombardi ha puntualizzato che il suo ruolo è "marginale" nella vicenda.
Lo scandalo Vatileaks quindi continua, anche se alcune tessere del mosaico sembrano aver trovato posto. Era proprio Paolo Gabriele la fonte di Gianluigi Nuzzi, autore del libro Sua Santità, ed era sempre lui l'uomo incappucciato intervistato dai microfoni della trasmissione Rai Porta a Porta.
«A mio avviso ci sono due riflessioni da tenere separate in questa vicenda – spiega a IlSussidiario.net Massimo Introvigne, sociologo delle religioni ed esperto di cattolicesimo –. Da un lato l'evento in sé, decisamente grave: il Papa era circondato da persone che frugavano tra i documenti della sua scrivania e rivelavano notizie riservate ai giornalisti. Dall'altro il contenuto di quanto è emerso. Leggendo il libro di Nuzzi, infatti, l'unica domanda che mi è venuta è stata: tutto qui?».
IL "BEST-SELLER" DELUDE LE ASPETTATIVE?
Guardi, dalle carte pubblicate emerge ben poco che non fosse già noto ai vaticanisti. Il battage pubblicitario faceva presumere che avremmo trovato denunce di malversazioni internazionali, comportamenti peccaminosi di chissà quali vescovi e cardinali di primissimo piano.
E INVECE?
Invece scopriamo che, com'è ovvio, i movimenti religiosi, se interpellati, esprimono dei pareri sulla nomina dei vescovi. Veniamo a conoscenza del fatto che Ettore Gotti Tedeschi dava dei pareri sulla riorganizzazione dello Ior, come del resto faceva attraverso numerose interviste pubbliche. Leggiamo, con una certa noia, che un buon numero di monsignori ogni volta una carica diventava vacante avevano un candidato ideale per occuparla: loro stessi.
Forse la parte più interessante riguarda la corrispondenza tra il Papa e la Chiesa cinese, sia quella clandestina che quella patriottica ufficiale. Con un piccolo dettaglio: ora qualcuno da quelle parti rischia di finire in un gulag...
Insomma, volesse il cielo che sulla scrivania degli altri potenti del mondo ci siano delle carte così poco compromettenti.
COME GIUDICA LA REAZIONE DEL VATICANO RIGUARDO ALLA FUGA DI NOTIZIE?
Il fatto è grave e giustamente è stato preso sul serio dalla Chiesa. La macchina della giustizia vaticana, infatti, si è messa in moto, anche se questo accade molto raramente.
COSA HA MOSSO SECONDO LEI I RESPONSABILI DI QUANTO È ACCADUTO?
Al di là di quanto è stato scritto, mi rifiuto di credere che queste persone fossero mosse dal desiderio di fare del bene alla Chiesa. Anche perché non è stata fatta alcuna pulizia e non è stato scoperchiato alcun sepolcro oscuro.
Sono invece convinto che l'operazione sia di natura commerciale. Qualcuno ha preso dei soldi per rubare dei documenti, il libro è finito al primo posto in classifica e si è creato un vasto giro di quattrini.
A pochi importa la lunga serie di reati che sono stati commessi, sia per la giustizia vaticana, che per quella italiana, che per ragioni politiche non interverrà.
Colpisce comunque il successo di una propaganda rivolta ai meno attenti basata su documenti in gran parte al limite dell'irrilevanza.
LA VICENDA SECONDO LEI SI STA AVVIANDO ALLA CONCLUSIONE?
Direi di sì, proprio perché do a questa storia un'interpretazione micro-complottista. C'è stato infatti un piccolo complotto che ha permesso a qualche giornale di strillare che in seno alla Chiesa ci sono segreti nascosti e che alcuni impavidi giornalisti hanno osato sollevare il velo. Mi pare che la cosa finisca qui.
FINISCE ANCHE LA CACCIA AI CORVI?
Il corvo era il maggiordomo, non andrei a cercarne altri tra i cardinali. Magari ci sarà anche un informatico e una segretaria. Chiunque dovesse passare dalla segreteria di stato nella prefettura della Casa pontificia si potrebbe accorgere di quanta gente passa per quei corridoi.
E QUALI MISURE DOVRÀ PRENDERE LA SANTA SEDE PER IL FUTURO SECONDO LEI?
Solo una migliore selezione del personale. Che delle persone abbiano accesso alla stanza del Pontefice per fare i mestieri è inevitabile.

Fonte: Il Sussidiario, 14/08/2012

2 - IL MATRIMONIO GAY? ROBA VECCHIA! IL PROSSIMO PASSO E' IL POLIAMORE
Il triangolo no, non l'avevi considerato? Allora da ora in poi dovrai considerarlo (e perche' no quadrilateri, pentagoni, ecc.)
Autore: Rodolfo Casadei - Fonte: Tempi, 11/08/2012

Magistrale la stoccata con cui il Servizio per la famiglia dell'arcidiocesi di Milano ha infilzato il Registro delle unioni civili che il sindaco Pisapia e la sua maggioranza stavano per regalare a Milano: la proposta di delibera, ha spiegato il responsabile Alfonso Colzani, parlava di unioni fra persone e non di coppie, quindi apriva la porta al riconoscimento delle famiglie poligamiche. Arcigay e presidente della Commissione affari istituzionali del Comune hanno balbettato che la critica era sbagliata perché c'è una legge nazionale che proibisce la poligamia. Ma chi avrebbe potuto impedire a un immigrato che ha contratto matrimoni poligamici nel suo paese di origine di registrare a Milano il suo presepe familiare come unione civile da «promuovere e tutelare» (così recita la delibera) allo stesso titolo delle altre unioni? Anzi, il registro milanese sarebbe stato esattamente l'escamotage che gli avrebbe permesso di aggirare la legge italiana che riconosce solo la sua prima moglie, e di ottenere tutele e provvidenze per tutto il gruppo. Il Consiglio comunale, nella seduta del 27 luglio scorso, ha dovuto infine riconoscere la fondatezza dei rilievi, e modificare il testo. Ma ad essere legittimata dall'amministrazione milanese non sarebbe stata solo la poligamia d'importazione. Per scoprirlo bastava collegarsi, il lunedì della settimana precendente il voto, al sito poliamore.tumblr.com. Il primo messaggio della giornata recitava: «È di nuovo lunedì. Sarà colpa degli anarco-insurrezionalisti. O delle unioni civili che incitano alla poligamia gay. Stiamo diventando in quanto poli il nuovo male assoluto?». Poco sotto, la notizia ripresa da Repubblica della posizione assunta dalla Chiesa milanese contro il registro di Pisapia, ma solo nella parte dell'articolo in cui viene denunciato il rischio poligamia. Non certo per caso. "Poli", infatti, sta per poliamorosi, cioè adepti del poliamore. Cioè persone che vivono un'intimità sessuale durevole di gruppo. Quelli italiani hanno un sito internet ufficiale (Poliamore.org) e una pagina di Facebook (Poliamore Italia). Non vanno confusi con gli scambisti, né identificati con le più banali e datate "coppie aperte". Le relazioni poliamorose sono strutturate e si prolungano nel tempo.

CINQUE CUORI E UNA CAPANNA
Quando nel luglio 2009 Newsweek dedicò un lungo e celebrato articolo al fenomeno, descrisse una combinazione di cinque persone, tre uomini e due donne, che si era formata nell'arco di dodici anni: dopo due anni di convivenza, Terisa e Scott avevano lasciato entrare nella loro vita Larry, che da quel momento aveva condiviso con Scott le grazie di Terisa; la quale poi aveva deciso di trasformare il triangolo in un quadrilatero aggiungendo Matt, un uomo sposato; la cui moglie Vera non si era persa d'animo e aveva intrecciato una relazione con Larry (che nel frattempo aveva legalmente sposato Terisa); i momenti di noia del geometrico connubio erano vivacizzati da rapporti con partner occasionali intrattenuti da tutti e cinque i componenti del pentagono, sempre dichiarati apertamente e approvati dai rispettivi coniugi/amanti. Non tutte le relazioni poliamorose sono così aperte: alcune praticano la polifedeltà, cioè ammettono i rapporti sessuali solo all'interno del gruppo. E non tutte sono eterosessuali, anzi: le relazioni poliamorose sono molto diffuse nel mondo gay e dei bisessuali. Un articolo intitolato "Una relazione stabile a tre? Ecco come può funzionare" su onlinegay.it racconta: «Franco DiLuzio e Mark Lander si sono conosciuti mentre lavoravano al G-Lounge, un locale nel quartiere Chelsea di New York. Dopo cinque anni di relazione si sono sposati. Le cose, però, sono cambiate molto prima di quanto ci si potesse aspettare. Appena due mesi dopo le nozze, infatti, tramite un sito di incontri online Franco conosce Vinny Vega, un fotografo di moda 24enne, e quello che era cominciato come un diversivo si è trasformato presto in qualcosa di serio. Tra Vinny, Franco (45 anni) e Mark (41) adesso c'è quella che si definisce una relazione poliamorosa chiusa».
La più famosa triade a maggioranza bisessuale è quella formalizzata nel settembre 2005 in Olanda da Victor de Bruijn (46 anni all'epoca), Bianca (31) e Mirjam (35). I primi due erano sposati da due anni e mezzo quando conobbero in una chat Mirjam, a quel tempo coniugata. Otto settimane dopo quest'ultima lasciò il marito e andò a vivere con la coppia. Nel triangolo le due donne facevano sesso sia fra loro che con l'uomo. Ottenuto il divorzio, Mirjam organizzò coi due nuovi compagni una vera e propria cerimonia nuziale, con scambio di anelli e abiti bianchi. Victor dichiarò che la loro era la prima unione civile a tre della storia olandese. Non era vero, ma molta stampa abboccò e presentò come un matrimonio a tre quello che era in realtà un "samenlevingscontract", cioè un contratto di coabitazione: la legge olandese restringe infatti le unioni civili riconosciute alle coppie, dello stesso o di opposto sesso. Tuttavia il caso del signor Victor e delle sue due "mogli" costituisce un precedente storico, perché per la prima volta i partecipanti a una relazione poliamorosa chiedevano che il loro rapporto fosse riconosciuto legalmente come unione civile o come matrimonio. Con loro cominciava la militanza per il riconoscimento dei "diritti civili" poliamorosi.

E LA GAUCHE DÀ MAN FORTE
Negli ultimi mesi i poliamorosi hanno reso esplicite le loro richieste in tutto il mondo. In Australia hanno tentato senza successo di fare inserire nelle proposte di legge di laburisti e Verdi per il riconoscimento dei matrimoni fra persone dello stesso sesso anche le relazioni poliamorose, ma la loro battaglia è comunque approdata sui principali giornali. In Francia da due anni ferve il dibattito su polyamour.info, il sito di riferimento dei poliamorosi d'oltralpe. C'è chi propone la creazione di PoliPacs (i Pacs sono unioni civili introdotte nella legislazione nel 1999), chi vuole il riconoscimento del matrimonio poligamico come parte della nuova legge sui matrimoni fra persone dello stesso sesso che il presidente Hollande vuole introdurre, e chi teorizza una "famiglia associativa scelta" a partire nientemeno che dalla legge sulle associazioni del 1901. C'è chi chiede che sia possibile riconoscere la genitorialità di un figlio a più di due persone, e chi propone come calcolare la pensione di reversibilità ai "coniugi" superstiti di una relazione poliamorosa sulla base del diverso numero di anni trascorsi insieme. In Canada i poliamorosi sono riusciti a farsi rappresentare legalmente in un giudizio di costituzionalità sulla legge che proibisce la poligamia. Il presidente della Corte ha sentenziato che le unioni poliamorose non ricadono sotto i rigori della legge, purché restino informali e non pretendano l'ufficialità. Ha commentato John Ince, l'avvocato che ha rappresentato i poliamorosi in giudizio: «Le leggi garantiscono privilegi a quanti sono legalmente sposati, e molti poliamorosi vorrebbero avere gli stessi diritti. Il problema è che la coabitazione poliamorosa è così nuova che non è stato ancora elaborato un modo per applicare i diritti di cui godono le coppie monogame alle coabitazioni multiple. Saranno elaborati caso per caso nel corso del tempo. Le coppie gay hanno vinto le loro battaglie in questo modo. In un arco di tempo pari a due decenni hanno intentato cause per custodie di figli, diritti pensionistici, questioni fiscali, eccetera. Solo dopo che sono stati stabiliti diritti e doveri in queste materie le coppie gay hanno infine ottenuto il privilegio di partecipare al matrimonio istituzionale monogamo».
I poliamorosi partecipano con proprie rappresentanze riconoscibili ai Gay Pride in tutto il mondo (nel giugno scorso gli italiani a quello di Roma) e normalmente sono ospitati in strutture riferibili al movimento Lgbt, ma nei paesi dove unioni o matrimoni fra persone dello stesso sesso non sono ancora riconosciute non sono molto ben visti dagli attivisti gay: si teme – non certo a torto – che le loro pretese diventino un'arma propagandistica nelle mani di chi respinge le nuove leggi "progressiste". Stanno invece molto simpatici, almeno in Europa, all'estrema sinistra. Perché i loro esponenti più acculturati si dichiarano fieramente anticapitalisti e criticano la monogamia con toni da materialismo dialettico. È il caso di Françoise Simpère, autrice di Amare più uomini e di Guida agli amori plurali per un'ecologia amorosa. Un altro personaggio pubblico francese prima di lei, l'economista consigliere di Mitterrand Jacques Attali, cinque anni fa aveva preconizzato che il XXI secolo sarebbe stato quello «dell'amore multiplo». Ma la Simpère, autrice anche di romanzi erotici, va oltre: «Vorrei che i valori veicolati dai poliamorosi, cioè l'ascolto, lo scambio, la tolleranza, sostituissero quelli di questa società capitalista dura e possessiva», ha dichiarato in un'intervista. «Il pluriamore è libertario, anarchico e rivoluzionario. Ho incontrato qualche "poli" fra gli Indignati, e questa è la prova che siamo accomunati dalla contestazione al mondo attuale».

IL SENTIMENTO PROLETARIO
«La monogamia istituzionalizzata come la pratica la nostra civiltà da più di duemila anni è la chiave di volta del sistema imperialista nel quale viviamo, quello del capitalismo che è sfruttamento dell'uomo da parte dell'uomo», scrive un utente del sito Polyamour.info. «La monogamia istituzionalizzata rappresenta l'istituzionalizzazione di una società della proprietà privata a danno della vera solidarietà e della condivisione, a cominciare dall'aspetto proprietario dell'amore e dei sentimenti, con il quale si sancisce una restrizione in materia e in cambio si riceve il diritto di possesso sul proprio coniuge». E ancora vi meravigliate se il Registro delle unioni di Pisapia, ex di Democrazia Proletaria, ha tentato di lasciare la porta aperta a questi araldi del progresso?

Fonte: Tempi, 11/08/2012

3 - MARGHERITA HACK GODE DI UNA FAMA IMMERITATA E INFATTI HA DOVUTO AMMETTERE: ''COME SCIENZIATA NON HO SCOPERTO NULLA''
Le sue frequenti apparizioni televisive sono dovute alla militanza comunista e ateista, unite alle sue posizioni favorevoli al testamento biologico, al matrimonio omosessuale e alla ricerca sulle staminali embrionali
Autore: Francesco Agnoli - Fonte: Il Timone, luglio-agosto 2012 (n.115)

Inizio questa mio articolo riguardo alle battaglie culturali di Margherita Hack con una precisazione. La Hack viene presentata dai suoi fans come la «voce della scienza». Si cerca di proporre questa equazione: è una scienziata, quindi, quando parla lei, parla la scienza. In altre parole: ciò che dice lei è sempre esatto, come una formula matematica o come la legge di gravita. L'equazione, falsa, funziona presso il grande pubblico per un semplice fatto: che una laurea in astrofisica fa sempre la sua impressione.
 
"NON HO SCOPERTO NULLA"
Eppure, occorre dire subito tre cose. La prima: la Hack è al centro dell'attenzione più che per i suoi meriti scientifici, per le sue posizioni in campo etico, essendo sostenitrice del testamento biologico, del matrimonio omosessuale e della liceità della ricerca sulle staminali embrionali. In campo etico, però, gli scienziati non godono di nessuno status privilegiato. La storia è piena di illustri ricercatori che hanno servito il "razzismo scientifico", la costruzione di armi di distruzione di massa, gli esperimenti nazisti sull'uomo... La seconda: non basta una laurea in astrofisica per essere un grande astrofisico. Come non basta laurearsi in filosofia per poter sedere accanto a Socrate o a san Tommaso. La terza: è stata la stessa Hack, in varie occasioni, ad aver sostenuto con umiltà di non essere quel mostro della scienza che qualcuno, strumentalmente, vuole far credere. Quando il giornalista ateo Paolo Flores d'Arcais propose la candidatura della Hack a palazzo Madama con nomina presidenziale, lei stessa dichiarò: «È un onore, ma non credo di meritarlo, non ho scoperto nulla». Così è, in effetti. La Hack è un'abile divulgatrice, ma la sua fama è legata più che altro, come si è detto, alle sue dichiarazioni in campo etico, alla sua militanza comunista e alle sue frequenti apparizioni televisive.

SULL'EMBRIONE SBAGLIA
Fatte queste dovute premesse, esordisco da un articolo che la Hack scrisse su «Social News» del settembre 2009. In esso si faceva una durissima requisitoria contro la Chiesa Cattolica, colpevole (a suo dire) di aver sempre lottato con ottusa ferocia contro la scienza. Dopo alcune affermazioni storicamente infondate, la Hack arriva dove voleva arrivare: cioè a sostenere che la Chiesa, oggi, opponendosi alla ricerca, uccisiva, sugli embrioni umani, ripeterebbe i mitici errori del passato: «la ricerca sulle staminali embrionali è essenziale perché la Scienza ha dimostrato che può permettere la guarigione di malattie fino ad oggi inguaribili. Frenarla per questioni religiose e ideologiche è un delitto...». La scienza, scrive la Hack, «ha dimostrato»: se le parole hanno un significato, ciò vorrebbe dire che oggi sono possibili svariate cure attraverso l'uso delle staminali embrionali. Invece non è affatto vero. All'epoca non esisteva una sola cura del genere. Ma la Hack continuava la sua requisitoria: «l'embrione è solo una cellula», di cui, evidentemente, si può fare ciò che si vuole. Peccato che sia una cellula con 46 cromosomi, cioè appartenente alla specie umana, e che ognuno di noi, quindi, sia stato null'altro che un em­brione: però lasciato vivere.
La definizione dell'embrione umano data dalla Hack potrebbe però, a rigore, essere adattata così: perché non sperimentare sull'uomo, che «non è altro che un ammasso di cellule»?
Dall'articolo in questione, passo ad una delle ultime fatiche della Hack, Perché sono vegetariana. In essa la Hack riassume fatti e idee fondamentali della sua vita.

SCIENZIATI CREDENTI
Prima di analizzarli vorrei però riflettere su due vicende: la nascita della Hack a Firenze, in via Ximenes, e il conferimento alla Hack, nel 1994, del premio scientifico denominato «Targa Piazzi». Ximenes e Piazzi: chi erano costoro? Leonardo Ximenes (1716-1786) fu un sacerdote della Toscana del Settecento. Astronomo, geografo di sua maestà imperiale Francesco Stefano, matematico reale dell'arciduca Pietro Leopoldo di Toscana, tra le altre cose fondò l'osservatorio astronomico di Firenze che ancora oggi porta il suo nome e fu impegnato per un trentennio (1755-1785) nei principali lavo­ri idraulici e stradali del Granducato e di altri Stati italiani.
E Piazzi? Giuseppe Piazzi (1746-1826) fu un sacerdote teatino, fondatore e direttore dei prestigiosi osservatori astronomici di Palermo e Capodimonte. Nel 1801 inoltre scoprì il primo degli asteroidi, cui dette il nome di Cerere, assurgendo così a fama internazionale. Casi isolati di cattolici e di sacerdoti, amici dell'astronomia, più unici che rari? Al contrario. Sarà bene ricordare che sino al 1750 circa furono per lo più le cattedrali a fungere da embrionali osservatori astronomici e a fornire lo spazio per la costruzione di importanti meridiane, tra cui quella, celeberrima, di Bologna. E proprio a Bologna, città dello Stato pontificio, nacque nel XVI secolo il primo osservatorio astronomico, con il consenso e il supporto finanziario della Santa Sede e di altre autorità ecclesiastiche.
Tornando agli anni di Piazzi e Ximenes, fu l'abate Giuseppe Toaldo (1719-1797) l'autore del progetto di conversione della Torlonga nell'Osservatorio Astronomico di Padova. Analogamente a Firenze, Padova, Palermo, Napoli, Roma ecc., anche a Torino le origini delle locali ricerche astronomiche videro protagonista un sacerdote, che è stato anche il padre dell'elettricismo italiano: il sacerdote scolopio Giovanni Battista Beccarla (1716-1781). Potrei continuare a lungo, elencando i circa 40 gesuiti astronomi cui sono dedicati crateri lunari, oppure il fatto che gran parte della meteorologia e della sismologia nacquero grazie a monaci e religiosi. Per brevità, però, basti ricordare alla Hack e ai suoi fans che nella storia dell'astronomia i grandi nomi non sono quelli di atei (nessuno), ma quelli dell'ecclesiastico Niccolo Copernico; del cattolico Galilei; del fervente cristiano protestante Keplero; del fondatore della spettroscopia e pioniere dell'astrofisica moderna padre Angelo Secchi... per arrivare, in tempi più recenti, al sacerdote che per primo ipotizzò l'espansione delle galassie e il Big bang, Georges Edouard Lemaitre (1894-1966).
 
IL VEGETARIANESIMO
Dopo questa digressione, torniamo al librino in questione. In esso la Hack sostiene, in coerenza con la dottrina teosofica ricevuta in eredità dai genitori, e in accordo con le religioni orientali di origine indiana, di cui si dichiara ammiratrice, il vegetarianesimo e l'animalismo. Il testo è dunque una descrizione minuziosa delle sofferenze degli animali sottoposti a macellazione, sperimentazione e quant'altro, intessuta di strali verso la religione cattolica e di professioni di fede materialista.
Interessa qui riflettere almeno su due fatti. Il primo: l'esaltazione delle filosofie induiste, proposta ad ogni pie sospinto in alternativa al cristianesimo, occulta il fatto che nella storia della scienza le religioni orientali non solo non hanno dato alcun contributo, ma anzi hanno funto e fungono tutt'oggi di ostacolo a qualsia-si progresso scientifico. Il secondo: la concezione della Hack porta coerentemente ad annullare la specificità dell'uomo, ridotto ad un aggregato di materia senza alcuno scopo ultimo. Così, per riallacciarmi a quanto si diceva all'inizio, allorché si ricordava l'assoluto disprezzo della Hack per l'embrione umano, rimane una forte perplessità: come può la celebre opinionista stracciarsi le vesti con tanta, encomiabile, passione, per la salvezza degli animali, senza mai spendere una parola che sia una contro la vivisezione e la macellazione degli embrioni e dei feti umani con l'aborto, la sperimentazione in laboratorio, la clonazione...? Può, certamente, perché anche la Hack appartiene a quella grande famiglia (che va dai verdi nazisti sino a Peter Singer, passando per quella bioeticista italiana che ha riproposto recentemente la liceità dell'infanticidio) che, negando l'esistenza di Dio e dell'anima immortale, finiscono poi per abbassare l'uomo sotto il livello dell'animale. Così, ancora una volta, diventa chiaro che senza Dio anche l'uomo è destinato a perdere il suo valore e significato.

Fonte: Il Timone, luglio-agosto 2012 (n.115)

4 - NESSUNO SCRIVERA' UNA STORIA D'EUROPA UN PO' LOGICA FINCHE' NON RICONOSCERA' IL VALORE DEL CRISTIANESIMO
Senza i Concili della Chiesa non ci sarebbe l'arte dell'Occidente; senza San Tommaso non avremmo l'economia moderna
Autore: Gilbert Keith Chesterton - Fonte: Avvenire, 01/06/2012

Le discussioni teologiche sono sottili ma non magre.
In tutta la confusione della spensieratezza moderna, che vuol chiamarsi pensiero moderno, non c'è nulla forse di così stupendamente stupido quanto il detto comune: «La religione non può mai dipendere da minuziose dispute di dottrina». Sarebbe lo stesso affermare che la vita umana non può mai dipendere da minuziose dispute di medicina.
L'uomo che si compiace dicendo: «Non vogliamo teologi che spacchino capelli in quattro», sarebbe forse d'avviso di aggiungere: «e non vogliamo dei chirurghi che dividano filamenti ancora più sottili». È un fatto che molti individui oggi sarebbero morti se i loro medici non si fossero soffermati sulle minime sfumature della propria scienza: ed è altrettanto un fatto che la civiltà europea oggi sarebbe morta se i suoi dottori di teologia non avessero argomentato sulle più sottili distinzioni di dottrina. Nessuno scriverà mai una Storia d'Europa un po' logica finché non riconoscerà il valore dei Concili, della Chiesa, quelle collaborazioni vaste e competenti che ebbero per scopo di investigare mille e mille pensieri diversi per trovare quello unico della Chiesa. I grandi Concili religiosi sono di un'importanza pratica di gran lunga superiore a quella dei Trattati internazionali, perni sui quali si ha l'abitudine di far girare gli avvenimenti e le tendenze dei popoli. I nostri affari di oggi stesso, infatti, sono ben più influenzati da Nicea ed Efeso, da Trento e Basilea, che da Utrecht o Amiens o Versailles. In quasi tutti i casi vediamo che la pace politica ebbe per base un compromesso: la pace religiosa invece si fondava su di una distinzione. Non fu affatto un compromesso dire che Gesù Cristo era vero Dio e vero Uomo, come fu invece un compromesso la decisione che Danzica sarebbe stata in parte polacca ed in parte tedesca: era bensì la dichiarazione di un principio la cui perfetta pienezza lo distingueva sia dalla teoria ariana, sia da quella monofisita. E questo principio ha influito e influisce tuttora sulla mentalità di europei, da ammiragli a fruttivendole, che pensano (sia pure vagamente) a Cristo come a qualcosa di Umano e Divino nello stesso tempo. Mentre il domandare alla fruttivendola quali siano per lei le conseguenze pratiche del Trattato di Utrecht sarebbe meno che fruttuoso. Tutta la nostra civiltà risulta da queste vecchie decisioni morali, che molti credono insignificanti. Il giorno in cui furono portate a termine certe note contese di metafisica sul Destino e sulla Libertà, fu deciso anche se l'Austria dovesse o no somigliare all'Arabia, o se viaggiare in Spagna dovesse essere lo stesso che viaggiare nel Marocco. Quando i dogmatici fecero una sottile distinzione fra la sorta di onore dovuto al matrimonio e quello dovuto alla verginità, stamparono la civiltà di un intero continente con un marchio di rosso e di bianco, marchio che non tutti rispettano, ma che tutti riconoscono, anche mentre l'oltraggiano. Nello stesso modo, allorché si stabilì la differenza tra il prestito legale e l'usura, nacque una vera e propria coscienza umana storica, che anche nello spettacoloso trionfo dell'usura, nell'età materialistica, non si è potuto distruggere.
Quando san Tommaso d'Aquino definì il diritto di proprietà e nello stesso tempo gli abusi della falsa proprietà, fondò la tradizione di una schiatta di uomini, riconoscibili allora e ora, nella politica collettiva di Melbourne e di Chicago: e ciò staccandosi dal comunismo coll'ammettere i diritti della proprietà, ma anche protestando, in pratica, contro la plutocrazia. Le distinzioni più sottili hanno prodotto i cristiani comuni: coloro che credono giusto il bere e biasimevole l'ubriachezza; coloro che credono normale il matrimonio e anormale la poligamia; coloro che condannano chi colpisce per primo, ma assolvono chi ferisce in propria difesa; coloro che credono ben fatto scolpire le statue e iniquo adorarle: tutte queste sono, quando ci si pensa, molto fini distinzioni teologiche. Il caso delle statue è particolarmente importante in questo argomento. Il turista che visita Roma è colpito dalla ricchezza, quasi sovrabbondanza, di statue che vi si trovano; or bene, il fatto dell'importanza dei Concili diviene ancora più impressionante quando tutto l'avvenire artistico di una terra dipende da una sola distinzione, e la distinzione stessa da un solo Uomo. Fu il Papa, solo, che rilevò la differenza tra venerazione delle immagini e idolatria. Fu lui solo a salvare tutta la superficie artistica dell'Europa e di conseguenza l'intera carta geografica del mondo moderno, dall'essere nuda e priva dei rilievi dell'Arte.
Nel difendere quest'idea, il Pontefice difendeva il san Giorgio di Donatello e il Mosè di Michelangelo, e com'egli fu forte e deciso in Roma così il David sta gigantesco su Firenze, ed i graziosi putti dei Della Robbia sono apparsi come squarci di azzurro e nubi nel Palazzo di Perugia, e nelle celle di Assisi. Se dunque una tale distinzione teologica è un filo sottile, tutta la Storia dell'Occidente è sospesa a quel filo; se non è che un punto di affermazione, tutto il nostro passato è in equilibrio su di affermazione, tutto il nostro passato è in equilibrio su di esso.

Fonte: Avvenire, 01/06/2012

5 - SUMMIT MONDIALE A LONDRA ORGANIZZATO DA BILL GATES, IL FONDATORE DI MICROSOFT, A FAVORE DELL'ABORTO (SUA MOGLIE SI DICHIARA UNA CATTOLICA PRATICANTE, MA...)
La cifra investita globalmente per diffondere la contraccezione e l'aborto nel mondo è di 4 miliardi di dollari annui... più di quanto viene destinato a combattere le vere emergenze sanitarie
Autore: Riccardo Cascioli - Fonte: Il Giornale, 11/07/2012

Lei si dichiara una cattolica praticante, ma non si fa problema di finanziare progetti in palese contrasto con la dottrina morale della Chiesa. Lui deve fronteggiare una crisi del suo impero di tecnologia informatica, ma investe pesantemente in programmi finalizzati a diminuire il bacino dei suoi potenziali clienti. Bill e Melinda Gates sono davvero una strana coppia, in contraddizione con loro stessi. Fatto sta che la Fondazione che porta il loro nome è oggi in prima linea per finanziare un vasto programma di controllo delle nascite nei Paesi in via di sviluppo. A questo scopo hanno convocato per oggi un summit mondiale a Londra, cui parteciperanno governi, organizzazioni non governative, agenzie dell'Onu. Tutti uniti per un unico obiettivo: raccogliere 6 miliardi di dollari per garantire entro il 2020 una fornitura regolare di contraccettivi a 120 milioni di donne nei Paesi poveri, soprattutto Africa e Asia meridionale. Attualmente la cifra investita globalmente per diffondere la contraccezione e l'aborto nel mondo è di 4 miliardi di dollari annui. Infaticabile madrina e organizzatrice dell'iniziativa è Melinda - una lettera aperta di protesta nei suoi confronti ha raggiunto le 25mila firme -, ma la Fondazione Bill & Melinda Gates ha trovato il sostegno entusiasta del governo britannico - la cui Agenzia per gli aiuti allo sviluppo ospita il summit - e del Fondo delle Nazioni Unite per la Popolazione (Unfpa). E ovviamente delle potenti Organizzazioni non governative come la multinazionale dell'aborto International Planned Parenthood Federation (Ippf) e Save the Children che saranno le principali beneficiarie di questa nuova pioggia di denaro. Secondo Melinda Gates si tratta di garantire la libertà di scelta a tutte le donne fornendo mezzi e informazioni sulla contraccezione, cosa che dovrebbe anche prevenire migliaia di aborti. In realtà si tratta dei soliti argomenti, ripetuti da anni, che servono a mascherare le reali intenzioni di chi promuove rigide politiche di controllo delle nascite. Basta dare un'occhiata all'elenco dei partner dei Gates (circa 500 milioni di dollari l'anno messi a disposizione per le campagne di controllo delle nascite) in questo summit. Senza contare le agenzie dell'Onu - dalla Banca Mondiale all'Unicef - fra i donatori troviamo le Fondazioni Ford, Bloomberg, Hewlett, Packard, Buffet, Nike, Turner, nella migliore tradizione dei miliardari americani, da sempre generosi donatori e grandi sostenitori delle campagne di controllo delle nascite nelle nazioni in via di sviluppo. È una tradizione che affonda le radici nelle Società eugenetiche, nate e sviluppatesi nel mondo anglosassone dalla fine del XIX secolo, che ha contribuito alla nascita e al crescente potere di tante Organizzazioni non governative, anche loro presenti a Londra: oltre la già citata Planned Parenthood, c'è Marie Stopes International, Population Action International, il Population Council dei Rockefeller e tantissime altre, tutte dedite a sostenere e diffondere nel mondo non soltanto i contraccettivi, ma soprattutto l'aborto. E poi ci sono i governi, a cominciare dagli Stati Uniti, con il Giappone e l'Europa che partecipa sia con la Commissione Europea, sia con singoli governi, tra cui il più entusiasta sembra essere quello britannico. Non sorprendentemente, perché di recente è stato un giornale non conservatore come The Observer a rivelare che l'agenzia del governo britannico che si occupa degli aiuti allo sviluppo (UkAid) dal 2006 ha versato 268 milioni di dollari per sostenere un programma di sterilizzazione forzata che il governo indiano applica nelle zone rurali, malgrado fosse a conoscenza di decine di donne morte per le condizioni non igieniche e l'impreparazione del personale reclutato. Anche questa, però, non è una novità perché da sempre le campagne per il controllo delle nascite si legano a gravi violazioni dei diritti umani, soprattutto delle donne. La stessa Unfpa è stata più volte accusata di sostenere programmi selvaggi di sterilizzazione forzata in Uzbekistan e Cina. Anche l'affermazione per cui la diffusione della contraccezione contribuisce a migliorare le condizioni di salute contrasta con la realtà: non solo risulta, dai dati ufficiali dell'Organizzazione Mondiale della Sanità, che già l'89 per cento delle donne nel mondo usa metodi efficaci, ma è anche evidente che donne e bambine dei Paesi in via di sviluppo hanno piuttosto bisogno di servizi sanitari di base e di investimenti nell'istruzione per migliorare la loro condizione. Inoltre i soldi che governi, agenzie e fondazioni offrono per queste campagne vanno a scapito proprio degli aiuti ben più necessari alla salute e allo sviluppo delle popolazioni più povere. L'amministrazione Obama, a esempio, ha già annunciato che nel bilancio 2013 saranno tagliati 28 milioni di dollari per la salute di donne e bambini, compresi i programmi per la nutrizione. E, per restare agli Usa, nel 2010 hanno speso 72,2 milioni di dollari per la fornitura di contraccettivi nei Paesi poveri, la stessa cifra che UsAid (l'agenzia americana per gli aiuti internazionali) ha destinato ai programmi di nutrizione. Non solo, il budget di UsAid per il dipartimento dedicato ai servizi riproduttivi (leggi: contraccezione e aborto) nel 2012 ammonta a 524 milioni di dollari, più di quanto viene destinato a combattere le vere emergenze sanitarie, dalla tubercolosi alle pandemie alla prevenzione delle malattie infantili.

Fonte: Il Giornale, 11/07/2012

6 - AVVENIRE SI SCHIERA CONTRO LA FECONDAZIONE ARTIFICIALE OMOLOGA... CON UN RITARDO DI 8 ANNI
Dopo aver ignorato per anni i danni della provetta all'interno della coppia, il quotidiano della CEI si accorge che muoiono 9 embrioni su 10: meglio tardi che mai!
Autore: Mario Palmaro - Fonte: Verità e Vita, 17/07/2012

La notizia ha del clamoroso: dopo 8 anni di inossidabile apologia "senza se e senza ma" della legge 40, e di totale silenzio sulle vittime innocenti della fivet omologa (quella, appunto, permessa dal legislatore italiano), il quotidiano della Cei ora si scaglia contro la fecondazione artificiale nel suo complesso. Lo fa con un articolo vergato da una delle sue firme più autorevoli in bioetica, Assuntina Morresi, professore associato di Chimica Fisica. Il titolo dell'articolo ripete uno slogan abituale della pubblicistica cattolica ufficiale: "Provetta, Far West globale". Il sottotitolo tradisce il solito linguaggio politicamente corretto: "Nei laboratori 'perse' decine di milioni di embrioni". Come se gli embrioni fossero dei portafogli che, distrattamente, si possono smarrire per strada. Dire "embrioni morti" sarebbe stato troppo duro. E troppo vero.
Ma nonostante questi "incidenti" semantici, questa volta nell'articolo si dice ciò che per anni è stato taciuto: e cioè che su 10 embrioni prodotti, 1 soltanto arriva alla nascita. Un'autentica ecatombe che non ha come spiegazione solo le "uccisioni" deliberate: la distruzione intenzionale di embrioni, la selezione genetica degli stessi, la crioconservazione. Assuntina Morresi lo dice chiaramente: "La proporzione in Italia è di 1 nato ogni 10 embrioni prodotti (…) certamente anche nella procreazione naturale esiste un'elevata perdita di embrioni. Ma nella fecondazione naturale si tratta di perdite inevitabili e indipendenti dalla nostra volontà, mentre in questo caso sono gli operatori a scartare gli embrioni, e poi anche a manipolarli, a congelarli e poi a scongelarli, insomma a trattarli come materiale da bancone di laboratorio".
Certo, in queste parole manca ancora l'esplicito riconoscimento – contenuto in Dignitas Personae – che tutti gli embrioni morti a seguito della fivet – e non solo quelli deliberatamente scartati - sono il frutto di una responsabilità colpevole e occisiva. Ma è anche vero che per la prima volta si mette nero su bianco su quel giornale che la fivet in quanto tale, omologa o eterologa, produce montagne di morti innocenti.
Ed è come se fosse caduto un argine, come se fosse stata liberata una verità scomoda: con la provetta si usano gli esseri umani come mezzi, sapendo scientemente e deliberatamente che la maggior parte di loro morrà e dovrà morire per ottenere, forse, l'agognato bambino in braccio.
Questa verità è stata imprigionata da Avvenire e dagli ambienti pro-life appiattiti sulla linea di quel giornale; per 8 anni queste realtà cattoliche hanno impegnato tutte le loro migliori energie nel demonizzare la Fivet eteorloga, la produzione di più di embrioni, il loro congelamento, la loro selezione. Evitando accuratamente di spendere anche solo mezza parola sul fatto che i 9 embrioni su 10 immolati sull'altare del capriccio procreativo sono una conseguenza di ogni fivet, anche omologa, anche con tre embrioni prodotti e impiantati, anche senza crioconservazione. Insomma, la Fivet secondo il "rito" della "buona legge 40".
Al Comitato Verità e Vita – associazione pro-life nata nel 2004 - i redattori di quel giornale dicevano e scrivevano: "Voi dite la verità sulla Fivet, ma siete fuori dalla linea ufficiale, quindi per noi voi non esistete".
Ma c'è di più: lo stesso articolo della Morresi riferisce che al congresso internazionale svoltosi a Istanbul, si è sostenuto che la Fivet diventerà più efficace se si ricorrerà all'eterologa e se si congeleranno tutti gli embrioni prodotti. E con queste indicazioni utilitaristiche, la speranza di tenere in piedi i famosi "paletti" della legge 40 diventa una illusione, anche poco pia. Emerge in tutto il suo orrore la "filosofia" che sta dietro a ogni fecondazione artificiale, omologa o eterologa: e cioè, che pur di avere un figlio in braccio, si sacrificano tutti gli embrioni necessari, e che nessun operatore in un centro di fecondazione artificiale ha il cuore che palpita per il destino di ognuno di quei piccoli esseri umani non nati.
Che cosa però manca ancora ad Avvenire per dire la verità, tutta la verità sulla Fivet? La riscoperta della categoria delle "Leggi ingiuste", della quale non si trova ormai più alcuna traccia in quel giornale. Infatti, quando viene approvata una legge contraria al diritto naturale, che cosa scrive il quotidiano della Cei?
Ha coniato appositamente un nuovo concetto, diremmo un esemplare della neo lingua di cui racconta George Orwell in 1984: stiamo parlando del termine "strappo". I legislatori non fanno più "leggi ingiuste", ma "strappano". Esemplare il titolo con cui Avvenire racconta l'approvazione in Croazia di una legge ultra permissiva sulla Fivet: "Fecondazione, la Croazia strappa". Ora, qual è il tessuto che viene lacerato? Lo si desume dal sottotitolo: "La nuova legge apre all'eterologa, niente limiti sugli embrioni". Ergo, che cosa sarebbe sufficiente per "non strappare"? Fare una legge che permette l'omologa e limita il numero di embrioni da produrre. Cioè una "buona legge", come la 40.
E tutto questo nonostante lo stesso articolista Lorenzo Schoepflin riesca a scrivere, sfuggendo miracolosamente alla censura dei redattori di piazza Carbonari, che "una tecnica come la Fivet implica un altissimo numero di embrioni sacrificati".
Insomma: in materia di fecondazione in provetta c'è qualcosa di nuovo nel quotidiano della Conferenza Episcopale, anzi d'antico: la morbosa difesa di una legge come la 40/2004, che doveva tutelare il diritto alla vita degli embrioni, e che permette ne muoiano 9 su 10.

Fonte: Verità e Vita, 17/07/2012

7 - ECCO COSA INSEGNA LA RISSA IN PIAZZA DI SPAGNA A ROMA TRA ANIMALISTI E VETTURINI
Chi ama troppo gli animali finisce per odiare gli uomini (ricordiamo che, come i cavalli, anche i vetturini sudano sotto il sole... e alla fine amano i cavalli più degli animalisti)
Autore: Rodolfo Casadei - Fonte: Tempi, 07/08/2012

Prendere parte a risse è sempre disdicevole. Ma se proprio fossi stato costretto a partecipare, sotto ricatto o per mancanza di alternative, a quella di domenica scorsa fra i vetturini delle botticelle romane e i militanti del Partito animalista europeo in Piazza di Spagna a Roma, non avrei avuto dubbi nella scelta: dalla parte dei cocchieri e della loro rabbiosa reazione al tentativo dei sedicenti difensori dei "diritti" degli animali di impedire loro di lavorare. Può darsi che alcuni conducenti stessero violando l'ordinanza del sindaco che indica orari e temperature in coincidenza delle quali non è autorizzata la circolazione delle carrozzelle trainate da cavalli, ma i loro critici avevano facoltà di sporgere denuncia, presentare esposti, richiamare l'attenzione degli agenti della polizia municipale in servizio, ecc. Invece hanno scelto la via della provocazione e dello scontro al solo scopo di farsi pubblicità e di diffondere un'immagine negativa di Roma (la scena della rissa in uno dei siti turistici italiani più frequentati è stata videotrasmessa in tutto il mondo), con cui poi ricattare le autorità locali per ottenere misure draconiane, come il ritiro di tutte le licenze ai conduttori di botticelle.
Ma prima che commisurata ai fatti e alle circostanze, la mia presa di posizione è culturale. Perché il linguaggio degli animalisti rappresenta un vero e proprio inquinamento del pensiero e perché al fondo delle loro azioni c'è un'antropologia insostenibile e inaccettabile, sentimentalista e misantropa. È un abuso costante della razionalità l'uso da parte degli animalisti, sull'onda degli scritti di Peter Singer e Richard Ryder, del termine "diritti" in riferimento a quello che potrebbe o non potrebbe essere fatto dagli uomini agli animali. I diritti sono il necessario complemento dei doveri dei soggetti moralmente responsabili, cioè di coloro che dispongono di un certo grado di libertà nelle loro azioni. Gli esseri umani hanno diritti perché hanno doveri: sono tenuti, per esempio, a rispettare l'integrità della vita degli altri uomini, e da ciò discende logicamente il diritto di ogni essere umano a non essere ucciso. Questo non vale per gli animali, ai quali non può essere chiesto di assolvere a doveri: l'istinto detta tutti i loro comportamenti, e l'animale che uccidesse un essere umano con un'azione innescata o dalla paura, o dalla fame, o dagli imperativi del controllo del loro territorio, ecc. non sarebbe moralmente responsabile della sua azione. La soppressione o la reclusione di un animale che ha causato gravi danni a esseri umani non è una punizione o una pena – concetti relativi all'ambito morale – ma una misura pratica per prevenire il ripetersi del danno. Pertanto gli animali, non avendo doveri verso gli uomini, non hanno nemmeno diritti. Quel che esiste, quello di cui ha senso parlare, è il dovere dell'uomo di governare rettamente il creato, di cui gli animali sono parte. Ciò implica rispetto per le creature animate e sensibilità verso le sofferenze che possono patire per l'azione umana. La sofferenza inflitta intenzionalmente alle creature sensibili deve essere giustificata da valori umani rilevanti, e deve sempre essere minimizzata e compensata da altri vantaggi di cui gli animali possono godere attraverso la sottomissione all'uomo.
Perché gli animalisti non accennano mai al dovere umano di "pietas" nei confronti delle sofferenze degli animali, ma sempre e solo agli inesistenti diritti degli animali? Probabilmente perché la parola dovere richiama la visione religiosa del mondo e quindi rimanda a un'etica oggettiva e a una gerarchia degli esseri. Invece la parola diritti mette sullo stesso piano uomini e bestie, annulla le differenze e quindi permette al relativismo di guadagnare terreno.
 Ma viste le premesse fallaci, dalla pretesa uguaglianza fra uomo e animale si passa facilmente alla misantropia (= odio verso l'uomo, n.d.BB). Che è quello che si è visto in scena a Roma: i militanti del Partito animalista europeo si mostrano commossi e indignati per i cavalli che lavorano con temperature superiori ai 35 gradi centigradi: nemmeno per un momento provano simpatia per i vetturini, che pure sudano e faticano sotto il sole (o sotto il cattivo tempo, a seconda delle stagioni e delle giornate) per portare a casa la pagnotta. E nemmeno per un momento riescono a mettere a fuoco l'idea che i primi ad essere interessati alla salute del cavallo sono proprio i conducenti dei calessi: dalle condizioni del loro animale dipende la loro possibilità di guadagnarsi da vivere. Questi signori e signore arrivati a Roma coi mezzi pubblici dalle loro case e dai loro uffici rinfrescati dall'aria condizionata pretendono di essere più competenti in materia di cavalli di coloro che trascorrono la maggior parte della propria vita a contatto con essi. Palesemente non hanno familiarità coi duri lavori all'aria aperta che da migliaia di anni vedono uomini e animali accomunati nello stesso destino: guadagnarsi la vita faticando, il bue trainando l'aratro e l'uomo dietro a gettare le sementi e poi a raccogliere con la schiena curva il prodotto della terra, il mulo a trasportare su e giù per le montagne le fascine di legna che l'uomo ha faticosamente tagliato e ammucchiato.
Per non parlare degli animali associati alle imprese militari umane, esposti agli stessi pericoli dei soldati: dagli elefanti alla cavalleria e ai cani da guerra, gli animali hanno combattuto e sono caduti insieme agli umani dai tempi di Annibale a quelli di Napoleone, fino ai nostri giorni. Gli animali addomesticati per le imprese, da quelle umili del lavoro a quelle grandi e terribili delle esplorazioni e delle guerre, condividono con gli esseri umani fatiche e dolori, come anche soddisfazioni, sono i co-autori di azioni pietose e crudeli, creative e distruttive, generatrici di vita e dispensatrici di morte. Ci si permetta di definirli "uomini ad honorem" – dunque di affermare l'appartenenza a una medesima comunità – in un senso profondamente diverso da quello che intendono gli animalisti: per questi ultimi gli animali sono assimilati all'uomo nella forma del bambino da tenere lontano da qualunque fatica e sofferenza. La loro non è umanizzazione dell'animale, ma infantilizzazione. Il contadino che alleva con dedizione il maiale e poi lo macella è più in sintonia con l'animale di quanto lo sia chi nega la liceità degli allevamenti e delle uccisioni degli animali allevati.
Ma che ne sanno del lavoro e della guerra gente come Enrico Rizzi e Angelo Bonelli, rispettivamente coordinatore del Partito animalista europeo e presidente della Federazione dei Verdi, fustigatori dei vetturini romani? Basta guardare i loro visi pallidi e le loro mani senza calli per capire che il loro rapporto con gli animali è quello di gente che non ha problemi, di "giovin signori" che possono permettersi di sfoggiare una moralità animalista alle spalle di secoli di sofferenza umana e animale: se i loro antenati e i loro padri non avessero "sfruttato" e/o mangiato gli animali, loro nemmeno esisterebbero. Cosa dite, che non sarebbe un gran male? Ma no, dai, noi non vogliamo la morte del peccatore, ma che si converta.

Fonte: Tempi, 07/08/2012

8 - OLIMPIADI E ANTIDOPING: LA SOCIETA' RELATIVISTA HA BISOGNO DELLE SUE FOGLIE DI FICO, COME LA PROSTITUTA CHE SI VANTA DI NON AVER MAI RUBATO
Veramente penosa la conferenza stampa con piantino del marciatore italiano Alex Schwazer: ormai neanche le mascalzonate si fanno più con dignità
Autore: Paolo Deotto - Fonte: Corrispondenza Romana, 11/08/2012

Non sono un grande appassionato di sport, ma in questi giorni è stato impossibile non seguire le Olimpiadi, perché la radio (sono un felice non-possessore di televisione) ne trasmette di continuo le novità, e la stampa non è da meno.
Diverse cose mi hanno stupito, tra cui la strana propensione ai comportamenti isterici: si piange. Piangono tutti, vincitori e sconfitti. Se ottieni la medaglia, piangi. Se perdi, piangi. Se ritieni di aver subito un'ingiustizia dai giudici di gara, piangi. Sembrano le olimpiadi della Fornero, ma non c'è da stupirsi, perché la società smarrita si affida sempre di meno al ragionamento e tantomeno tiene in conto quei comportamenti che appaiono "datati" e forse troppo virili, quali l'autocontrollo e il senso della dignità.
Ma lasciamo perdere le lacrime; vorrei fare con voi una riflessione su una cosa più seria.
Il marciatore italiano Alex Schwazer risulta positivo al controllo antidoping. Fin qui, nulla di particolarmente interessante. L'uso di sostanze dannose per esaltare le prestazioni fisiche non è certo una novità, ed è pratica fin troppo diffusa e probabilmente inevitabile, perché la corruzione dello sport, divenuto una macchina per far soldi, è una delle mille espressioni della società relativista, marcia e corrotta. Tutto essendo lecito, perché la morale non esiste più, e tutto essendo legato all'immediata materialità (soldi, tanti e al più presto...), perché poi sportivi, allenatori, medici, tutti immersi in una realtà malata, dovrebbero essere limpidi e puri come angioletti?
Ma la società relativista ha bisogno delle sue foglie di fico, come la prostituta che si vanta di non aver mai rubato una lira in vita sua, costruendosi così la sua nicchia di moralità. Chi non ricorda, in apertura del film di Carlo Lizzani "Banditi a Milano" (che narrava la tragica epopea della Banda Cavallero), l'intervista all'ex rapinatore Gino lo Zoppo, che faceva notare che "ai suoi tempi" si rapinava, non si uccideva. "Noi eravamo umani", diceva Gino lo Zoppo, e anche lui, in fondo, poteva così un po' autoassolversi dalla sua attività di rapinatore...
Lo sport non vive sulla Luna, ma nella società relativista, e una delle sue foglie di fico principali è l'attività antidoping. Attività utilissima, beninteso, perché troppi sportivi si distruggono il fisico con sostanze chimiche nocive; ma ciò che mi lascia perplesso è lo stupore ufficiale, lo sdegno, la condanna, senza che mai sorga la domanda sul perché il doping sia ormai così diffuso.
Nel caso di Schwazer c'è poi un di più, un cerimoniale tipico di una società isterica e cretinamente buonista.
Questo marciatore è stato beccato, quindi anzitutto non parliamo di "pentito". Una volta smascherato, ha confessato. Il pentimento serio è ben altra cosa, né sappiamo se lui, in cuor suo, l'abbia realmente fatto, né ci interessa. Quello che di sicuro non doveva fare è quella strana liturgia di autoflagellazione, con annesso l'inevitabile pianto. Ormai scoperto, rovinato come sportivo, sospeso dall'Arma dei Carabinieri, aveva una sola via da seguire: il silenzio e l'anonimato.
Ma che bisogno c'era dell'esibizione lacrimevole, che subito ha fatto scattare lo stupido buonismo di fronte al povero giovine in lacrime? Perché ormai neanche le mascalzonate si fanno con un po' di serietà?
Schwazer ha fatto una mascalzonata, doppia, perché è anche un Carabiniere, e chi veste una divisa, una divisa onorata come quella dell'Arma, ha sulle spalle una responsabilità ben più grande del comune cittadino. Ha voluto peggiorare le cose con la sua conferenza stampa e relativi singhiozzi. No, signor Schwazer, un uomo non piange, e un carabiniere men che meno. È un ragionamento "all'antica"? Può darsi. Ma il "moderno" modo di ragionare (o sragionare) è quello che ci ha immerso nella fogna in cui viviamo.
Chi fa il peccato, faccia la penitenza, ma non pretenda in più di aver la platea per mostrare quanto è triste e infelice.
Da tutta la vicenda ne vien fuori una ben strana morale. Fai le mascalzonate finché non ti scoprono, e se ti scoprono esibisci il tuo dolore, susciterai tanta commozione. E se non ti avessero scoperto? Quanto andavi avanti?
Del resto, la Società che condanna Schwazer è ugualmente ipocrita, perché distrugge la moralità e poi pretende di condannare chi è figlio di questa generale corruzione. Davvero bello ed edificante.
Come non pensare al povero Marco Pantani, abbandonato da tutti, dopo essere stato usato e spremuto da mille falsi amici, e morto in tragica solitudine in un albergo? A Pantani mancò una mano realmente amica, un vero Amore che lo tirasse fuori dal tunnel in cui si era infilato. Ma Pantani non cercò la pubblicità facile del pentito.
Cari amici, lo sport è morto, non da oggi, al di là delle celebrazioni olimpioniche, dei fiumi di retorica, dell'insistente "spirito delle Olimpiadi". Quanto mette in tasca ogni atleta che conquista una medaglia? Tanti soldi, troppi soldi. Poi ci sono le sponsorizzazioni, le pubblicità, e via incassando. Bisogna essere sempre al massimo, tutto corre sul filo dell'isteria dell'affermazione ad ogni costo, tutto si traduce in danaro.
Cosa può venir fuori da un tale disastro morale?
Chiudo con un promemoria. Nel 2007 l'Inter perse la causa per diffamazione che aveva intentato contro Ferruccio Mazzola, calciatore, fratello del più famoso Sandro. Ferruccio Mazzola aveva pubblicato un libro in cui narrava l'abituale pratica di somministrare "pastiglie" ai giocatori, per aumentarne le prestazioni.  Si parla del periodo in cui all'Inter dominava il famoso Helenio Herrera. Siamo ai primi anni 60. Insomma, l'uso di sostanze illecite è roba vecchia. E quanti ex sportivi sono morti ancor giovani, in genere di forme tumorali? Il primo caso clamoroso fu quello di Armando Picchi, grande giocatore proprio in quell'Inter di Helenio Herrera, che morì stroncato da un tumore a soli trentasei anni; dopo di lui, tanti altri.
Il doping è una tragedia che va fermata. Ma può una Società intrisa di morte insegnare ai suoi sportivi ad amare la Vita più del danaro?

Fonte: Corrispondenza Romana, 11/08/2012

9 - OMELIA XXII DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO - ANNO B - (Mc 7,1-8.14-15.21-23)
Questo popolo mi onora con le labbra, ma il suo cuore è lontano da me
Fonte Il settimanale di Padre Pio, (omelia per il 2 settembre 2012)

La prima lettura di questa domenica ci insegna l'importanza di osservare la santa Legge di Dio. Mosè disse al popolo: «Ascoltate le leggi e le norme che io vi insegno, affinché le mettiate in pratica, perché viviate ed entriate in possesso della terra che il Signore, Dio dei vostri padri, sta per darvi [...] le osserverete dunque, e le metterete in pratica, perché quella sarà la vostra saggezza e la vostra intelligenza» (Dt 4,1.6).
Da questo impariamo che è fondamentale osservare i Comandamenti di Dio, se veramente vogliamo entrare in possesso della Vita eterna in Paradiso. Il Salmo responsoriale dice che dimorerà nella Casa del Signore solo «colui che cammina senza colpa, pratica la giustizia e dice la verità che ha nel cuore, non sparge calunnia con la sua lingua [...] non fa danno al suo prossimo [...] non lancia insulti al suo vicino [...] non fa usura [...] colui che agisce in questo modo resterà saldo per sempre» (Sal 14,1-5). Meditiamo su queste parole e rinnoviamo il nostro proposito di rimanere sempre fedeli alla Legge di Dio che è legge di vita.
Se ci capita la disgrazia di cadere in peccato grave, ricorriamo con fiducia al sacramento della Riconciliazione: se ci confesseremo con vero pentimento e con sincero proposito riceveremo certamente il perdono di Dio e la grazia per vivere da veri cristiani.
Il Vangelo di oggi ci fa comprendere qualcosa in più: ci fa capire che non basta una osservanza solo esteriore della Legge divina e dei Precetti della Chiesa, ma ci vuole soprattutto una adesione interiore. Le parole di Gesù sono molto chiare: «Questo popolo mi onora con le labbra, ma il suo cuore è lontano da me» (Mc 7,6). Queste parole sono una decisa condanna dell'ipocrisia. L'ipocrisia era il peccato dei farisei. Essi ostentavano la perfezione davanti agli altri, ma tale perfezione era solo apparente. Gesù paragonò i farisei a dei sepolti imbiancati, belli all'esterno, ma che all'interno contengono solo putridume.
A volte rischiamo anche noi di essere degli ipocriti, quando facciamo vedere esteriormente di essere delle persone perbene, ma, dentro di noi, si nascondono i vizi più brutti e innominabili. A volte siamo anche noi come dei sepolcri imbiancati, rispettabili all'esterno, ma dal nostro cuore escono «impurità, furti, omicidi, adulteri, avidità, calunnia, superbia, stoltezza» (Mc 7,21-22). Le parole di Gesù sono un richiamo ad una conversione e purificazione interiore.
Anche per noi valgono le parole del Vangelo, nel senso che abbiamo sempre il nome di Dio sulla bocca, mentre il nostro cuore è lontano da Lui. Ci sentiamo a posto e non ci accorgiamo dell'incredibile durezza del nostro cuore.
Un giorno due donne andarono a chiedere dei consigli spirituali ad un santo eremita. Una donna era una grande peccatrice che si era sinceramente pentita dei suoi innumerevoli peccati; l'altra era una donna perbene, la quale si sentiva a posto. L'eremita diede un incarico a tutte e due: alla peccatrice disse di andare a prendere una grossa pietra; alla donna perbene ordinò di portargli un sacco pieno di sabbia. Dopo diverso tempo, le due donne tornarono. Allora il santo disse: «Chi di voi due ha fatto più fatica?». Evidentemente tutte e due avevano fatto fatica. Pertanto, l'eremita disse alla donna che si era convertita da una vita di peccato: «La pietra simboleggia il tuo grande peccato», mentre, alla donna perbene, disse: «Il sacco di sabbia raffigura i tuoi molti peccati di superbia e d'orgoglio». La lezione venne compresa molto bene. La donna peccatrice se ne tornò a casa finalmente libera dal peccato; e anche l'altra donna tornò a casa umile e pentita.
Buttiamo via il nostro sacco fatto di tanta superbia, di tanta vanità, di tanto disprezzo del prossimo, e di tante mancanze alla carità, nei nostri giudizi, nelle nostre parole e nelle nostre opere. Questo sacco ci impedisce di camminare speditamente incontro al Signore e, tante volte, blocca il nostro cammino. Gettiamo via questo sacco e, come dice san Giacomo nella seconda lettura, mettiamo in pratica la Parola di Dio che è stata seminata in noi (cf Gc 1,21-27).
In modo particolare, l'apostolo san Giacomo ci esorta a camminare nella carità con queste parole: «Religione pura e senza macchia davanti a Dio Padre è questa: visitare gli orfani e le vedove nelle sofferenze e non lasciarsi contaminare da questo mondo» (Gc 1,27). In poche parole bisogna fare il bene ed evitare il male. Non basta solamente evitare il male, ciò è troppo poco, bisogna anche fare il bene. San Giacomo parlava di visitare gli orfani e soccorrere le vedove. Queste due opere sono solo un piccolo esempio: davanti a ciascuno di noi si apre un campo sconfinato di bene da compiere. Non lasciamoci sfuggire questa grazia di poter far qualcosa per la gloria di Dio e il bene dei fratelli. Sia questo il nostro proposito.

Fonte: Il settimanale di Padre Pio, (omelia per il 2 settembre 2012)

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