BastaBugie n�106 del 25 settembre 2009

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1 PARLIAMO DEI MURI NEL MONDO (VISTO CHE CI DICONO SOLO DI QUELLO IN ISRAELE...)

Autore: Giorgio Israel - Fonte: Tempi
2 IL VERO RISORGIMENTO E' STATO UN'ALTRA COSA: SE NE ACCORGE PURE BERLUSCONI...

Autore: Angela Pellicciari - Fonte: Libero
3 APPROFONDIAMO LA FIGURA DI MARIO MIELI, L'IDEOLOGO CHE ISPIRA I GAY PRIDE

Autore: Antonio Righi - Fonte:
4 RU486: L'ESPERIENZA DA INCUBO DI UNA RAGAZZA CHE NE HA FATTO USO

Autore: Benedetta Frigerio - Fonte: Tempi
5 L'INCREDIBILE STORIA DI ANTONY FLEW: DA CAMPIONE MONDIALE DELL'ATEISMO A CREDENTE IN DIO

Autore: Lorenzo Fazzini - Fonte: identitaeuropea.org
6 LA VITTORIA DI ANTONIO GRAMSCI: LA VIA ITALIANA AL COMUNISMO PER CAMBIARE LA MENTALITÀ DEL POPOLO ITALIANO

Autore: Alessandro Pagano e Domenico Bonvegna - Fonte: sito della Camera dei Deputati
7 PERCHE' NON CI PIACE L'ULTIMA TROVATA DI SARKOZY: FELICITA' INTERNA LORDA? NO, GRAZIE

Autore: Riccardo Cascioli - Fonte: Svipop
8 ANCHE IN URUGUAY LA CHIESA CATTOLICA FATTA FUORI DAL SISTEMA DELLE ADOZIONI: AL SOLITO CI RIMETTONO I DEBOLI

Fonte: Corrispondenza romana
9 PER LA XXVI DOMENICA TEMPO ORDINARIO - B - (Mc 9,38-43.45.47-48)

Fonte: Il settimanale di Padre Pio

1 - PARLIAMO DEI MURI NEL MONDO (VISTO CHE CI DICONO SOLO DI QUELLO IN ISRAELE...)

Autore: Giorgio Israel - Fonte: Tempi, 23 luglio 2009

Parliamo di muri nel mondo, con qualche dato cortesemente fornito dalla cortesia di Valérie Amram D’Onofrio. Non è superfluo dire che si tratta di dati incompleti. Cominciamo con il Marocco, attorno alla cui regione sahariana si estende per 2.720 chilometri una grande muraglia detta anche “cintura di sicurezza”. La sua funzione è quella di proteggere il paese dai tentativi di infiltrazione del Fronte Polisario. L’Arabia Saudita ha provveduto a sua volta: un muro la separa dallo Yemen, è di cemento armato ed è munito di sofisticati apparati di controllo elettronico, un’altra barriera ultramoderna lunga 900 chilometri è in costruzione sulla frontiera con l’Iraq. Un altro muro è in costruzione tra Oman e Emirati Arabi Uniti. Passando all’Asia si trovano muri spettacolari. L’India rivendica territori attualmente occupati dalla Cina o ceduti alla Cina dal Pakistan, il quale a sua volta rivendica territori occupati dall’India: i due paesi in perenne conflitto sono divisi da un muro di 3.300 chilometri. A sua volta, il Pakistan sta costruendo una barriera di 2.400 km per controllare la frontiera con l’Afghanistan. Anche i punti caldi della frontiera thailandese con la Malaysia sono separati da muri. Restando all’Asia è quasi superfluo ricordare che la Corea del Sud e la Corea del Nord sono divise da un muro. E potremmo continuare con la barriera edificata dall’Uzbekistan per separarsi dal Tagikistan.
Anche in Africa le barriere non mancano: per esempio, il Botswana ha costruito una barriera elettrificata per impedire l’ingresso di coloro che sfuggono ai massacri etnici nello Zimbabwe. Da tempo esiste una barriera edificata dalla Turchia per separare la parte turca di Cipro da quella greca. Se passiamo all’Occidente spicca la barriera elettrificata che la Spagna ha eretto a Ceuta e Melilla per impedire (anche a fucilate) l’ingresso degli immigrati marocchini o subsahariani. Non vanno poi dimenticati i muri che dividono protestanti e cattolici in Irlanda. E che dire del muro che divide gli Stati Uniti dal Messico per prevenire l’immigrazione clandestina?
Però nel mondo si parla con orrore e sdegno soltanto di un muro: quello che ha costruito lo Stato d’Israele per impedire agli attentatori suicidi di entrare nel suo territorio e compiere stragi tra i civili. Questo muro ha fatto precipitare il numero delle vittime del 98,5 per cento. Ma di questo non importa un accidente a nessuno. Tutti lo condannano come il “Muro della vergogna”. È l’emblema del razzismo, dell’apartheid, il simbolo dell’oppressione dei palestinesi, la macchia indelebile sulla democrazia israeliana.
Quale distorsione mentale può condurre a considerare normale che si costruiscano barriere elettrificate e muri per impedire l’immigrazione clandestina e considerare criminale la costruzione di un muro per difendere dei civili dal terrorismo? La risposta è: il razzismo antisemita. Perché solo chi nutre un simile sentimento può infischiarsi di un morto ebreo e versare lacrime sui disagi dei palestinesi ai checkpoint. E far finta di non sentire che solo pochi giorni fa alla televisione palestinese un rappresentante di Fatah ha dichiarato: «Non stiamo negoziando la pace, la pace non è stata mai un nostro obiettivo, tutte le forme di lotta armata sono sul tavolo, nessuna esclusa». Un estremista isolato? L’autorevole “moderato” Mohammed Dahlan ha ribadito: «Lo dirò per la millesima volta, a nome di Fatah: non chiediamo a Hamas di riconoscere Israele, anzi chiediamo che non lo faccia perché noi non lo faremo». Però il muro di Israele è l’unico che deve essere abbattuto.

Fonte: Tempi, 23 luglio 2009

2 - IL VERO RISORGIMENTO E' STATO UN'ALTRA COSA: SE NE ACCORGE PURE BERLUSCONI...

Autore: Angela Pellicciari - Fonte: Libero, 12 settembre 2009

L’altro giorno alla festa dei giovani del PDL ad Atreju il Presidente Berlusconi, con una battuta, ha mandato all’aria centocinquanta anni di storiografia ufficiale. Sponsorizzando il mio primo libro (Risorgimento da riscrivere) ha testualmente detto: “in preparazione per l’anno 2011 del centocinquantenario della storia d’Italia consiglio a tutti ragazzi e meno ragazzi di andare a rivedere la nostra storia degli ultimi 150 anni” perché “è stata raccontata in una maniera diversa dalla realtà quindi credo che per una esigenza di verità sia bene per tutti andarsi a rinfrescare la memoria o a correggere ciò che è stato scritto erroneamente”.
Un’altra esigenza di verità è stata sottolineata da Berlusconi, quella relativa all’occupazione italiana della Libia: “Ho chiesto perdono alla Libia per ciò che gli italiani avevano fatto verso il popolo libico”. Cosa c’entra la Libia con l’unità d’Italia? C’entra.
Quando praticamente tutto il mondo protestante, liberale e massonico cospirava per l’unificazione italiana formato Savoia, per giustificare l’invasione sabauda è stata propagandata una versione dei fatti radicalmente falsa. Versione che fino ad oggi nessun presidente del Consiglio si era mai neanche lontanamente sognato di mettere in dubbio.
Secondo la leggenda Vittorio Emanale II sarebbe andato a liberare i popoli gementi sotto il malgoverno pontificio e borbonico. In realtà i popoli hanno gemuto, e molto, dopo la liberazione. I Savoia ed i loro governi dichiaravano di muoversi in nome di una moralità superiore a quella degli altri stati: in nome di una monarchia liberale e costituzionale. Se non che, mentre l’articolo 1 dello Statuto dichiarava la religione cattolica unica religione di stato, sono stati soppressi tutti gli ordini religiosi della chiesa di stato. E così, nel corso di circa venti anni, 57.492 persone, tanti erano i membri degli ordini religiosi, vengono messi sul lastrico, cacciati dalle proprie case, privati del lavoro, della missione, della vita che liberamente avevano scelto.
I beni degli ordini religiosi sono in gran parte svenduti ai liberali (l’1% della popolazione) che si appropriano per due lire dell’ingente patrimonio artistico e culturale accumulato nel corso del tempo dall’Italia cattolica. Migliaia di palazzi, intere biblioteche, archivi, quadri, sculture, oggetti sacri, inghiottiti in un battibaleno. Oltre a ciò, più di cento sono le diocesi italiane lasciate senza vescovo mentre i preti che non cantano il Te Deum -per l’ordine morale che trionfa- sono imprigionati e multati (nel 1859 è entrato in vigore un nuovo codice di diritto penale che toglie al clero qualsiasi libertà di parola). Lo storico marxista Emilio Sereni parla di 2.565.253 ettari di terra appartenenti alla chiesa o al demanio alienati e venduti.
Quale la conseguenza? Povertà diffusa, carceri strapiene, ingiustizia dilagante, smisurato aumento della tassazione, crollo del numero di proprietari terrieri.
Una propaganda martellante, che ancora oggi perdura, cerca di giustificare la cura liberale in nome della presunta arretratezza culturale e morale dell’Italia preunitaria. E’ così che la storia si è trasformata, per dirla con Leone XIII, in una “congiura contro la verità”. Elencando i meriti dell’Italia cattolica, nell’enciclica Nostis et nobiscum del 1846, Pio IX ricorda fra l’altro come, proprio grazie al cattolicesimo, l’Italia non abbia partecipato alla conquista del mondo cui le altre nazioni si erano abbandonate. Papa Mastai scrive che la fede “distolse gli animi degl’Italiani da quella luce passeggera di gloria, che i lor maggiori, soprastando essi nelle armi, avevano riposto nell’incessante tumulto delle guerre, nell’oppressione degli stranieri, e nell’assoggettare a durissimo servaggio quel maggior numero di uomini che per loro si potesse”. Invece di fare guerre di conquista coloniale, gli italiani hanno eccelso in opere di misericordia: “Di qui nelle precipue città dell’Italia, templi meravigliosi, ed altri monumenti dell’evo cristiano, edificati non già per mano di uomini gementi sotto intollerabile schiavitù, ma eretti dallo zelo di spontanea carità; e per tutto pii Istituti, quali per l’esercizio della Religione, quali per l’educazione della gioventù, quali per coltivare a dovere le lettere e le arti, quali per conforto degl’infermi, quali per sollievo dei bisognosi”.
La celebrazione del centocinquantenario dell’unità d’Italia è causa di polemiche a non finire. Ci si ripromette di tutto. Si è anche pensato di organizzare a Gaeta una poco probabile riconciliazione tra “borbonici” e “piemontesi”! Si evita però accuratamente di fare i conti col convitato di pietra: Pio IX. Si elude lo scoglio centrale: la chiesa e, quindi, il popolo italiano.
E se, per celebrare l’unità d’Italia secondo giustizia e verità, chiedessimo perdono agli italiani e alla chiesa di allora? Se facessimo con noi stessi quello che il nostro premier ha avuto il coraggio di fare con la Libia? Torneremmo ad essere una grande nazione, con una storia formidabile che dura da più di duemila anni.

DOSSIER "SILVIO BERLUSCONI"
La politica, il calcio, le donne e le televisioni

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Fonte: Libero, 12 settembre 2009

3 - APPROFONDIAMO LA FIGURA DI MARIO MIELI, L'IDEOLOGO CHE ISPIRA I GAY PRIDE

Autore: Antonio Righi - Fonte:

Il circolo gay Mario Mieli di Roma titola sul suo sito: Vaticano Forcaiolo. Il fatto ci permette di rammentare che l'esponente di spicco dell'ideologia gay (cui molti omosessuali non aderiscono) in Italia è stato Mario Mieli, a cui è dedicato appunto il circolo gay romano organizzatore di numerosi gay pride nostrani.
Mieli è un milanese nato nel 1952 che teorizza il “comunismo polimorfo perverso”, pratica pubblicamente la coprofagia, rituali alchemici e muore suicida a 31 anni, dopo essere stato ricoverato in Ospedale pischiatrico (queste notizie non vogliono assolutamente essere un giudizio sulla persona, ma uno sguardo realistico sulla sua vita ben poco gay, cioè felice; le dà Massimo Consoli, autore gay, in un articolo inserito su www.culturagay.it il 3/9/04, nel quale troviamo questo periodo: “E' un personaggio controverso, non privo di una punta di esibizionismo provocatorio che spaventa i più, ma in realtà è del tutto innocuo, visto che ha una grande bontà d'animo. E' notoriamente coprofago, e dopo una esibizione all'Ompo's durante la quale lascia tutti i presenti a bocca.... accuratamente chiusa per aver pasteggiato con la "sua" e "quella" del suo cane, Dario Bellezza ironizzerà: "A Mario non è rimasto altro che mangiar la merda, per far parlare di sé")”.
Sul quotidiano comunista Liberazione in occasione del gay pride del 2007, si riporta un brano di Mieli intitolato “Poveri etero, repressi e infelici”, nel quale costui sostiene che la famiglia rovina la naturale disposizione del bambino all'omosessualità e alla perversione polimorfa, spingendolo e obbligandolo a “identificarsi con un modello mono-sessuale mutilato”. Contro l'eterosessualità, considerata una mutilazione della vita biologica umana, occorre “dar vita ad una visione del mondo completamente alternativa rispetto a quella maschile-eterosessuale”.
Questa è l'ideologia gay, legata, a livello internazionale, all'Ilga (International Lesbian and Gay Association). Dell' Ilga fa parte anche la Nambla, la North American Man-Boy Lovers Association, associazione americana di pedofili che reclama leggi che permettano il sesso fra adulti e bambini “consenzienti” (vedi Aldo Busi quando reclama la liceità legale del rapporto tra uomini adulti e tredicenni). L'ideologia gay ha come fine quello di affermare non solo la giustezza del rapporto omosessuale, ma se possibile la sua naturalità, deducendo da questa una ridefinizione della famiglia, che apra al riconoscimento della “famiglia” gay, e quindi all'adozione di figli. In svariati stati è ormai possibile alle coppie gay adottare bambini ed anche procedere all'utilizzo della Pma (o fecondazione artificiale), per prodursi un figlio in provetta. Lesbiche e gay che ricorrono alla Pma sono ormai sempre più numerosi in tutto il mondo.
"E' stato ristampato, per i tipi della Feltrinelli, il saggio "Elementi di critica omosessuale" scritto da Mario Mieli (1952-1983) e pubblicato la prima volta dalle Edizioni Einaudi nel 1977. Il testo, un Manifesto della "politica dell'esperienza" che all'epoca conobbe una diffusione limitata all'interno del circuito politico omosessualista in Italia a all'estero, "rimane a tutt'oggi il più importante saggio teorico prodotto in Italia nell'area del movimento di liberazione omosessuale", come scrive il redattore de "Il manifesto" Gianni Rossi Barilli curatore, insieme a Paola Mieli, della nuova edizione del saggio. Mario Mieli nel saggio propone una metamorfosi del vecchio comunismo nel movimento libertario antiproibizionista, cioé l'emancipazione dell'uomo tramite la "prassi" sessuale contronatura o "perversa", da lui sintetizzata nello slogan "Mens sana in corpore perverso". Mieli non esita a includere nel suo elenco di esperienze redentive la pedofilia, la necrofilia e la coprofagia". I bambini, secondo il pensiero di Mieli, possono "liberarsi" e trovare la realizzazione della loro "perversità poliforme" grazie anche ai pedofili, specie se omosessuali: "NOI CHECCHE RIVOLUZIONARIE SAPPIAMO VEDERE NEL BAMBINO ...L'ESSERE UMANO POTENZIALMENTE LIBERO. NOI, SI, POSSIAMO AMARE I BAMBINI. POSSIAMO DESIDERARLI EROTICAMENTE RISPONDENDO ALLA LORO VOGLIA DI EROS (...), POSSIAMO FARE L'AMORE CON LORO". (Corrispondenza Romana 862/04 del 26/06/04)
Questo é il Mario Mieli divenuto vessillo della "cultura gay" che organizza "corsi contro il bullismo" nei Licei romani; questa é L'IDEOLOGIA DI UN MOVIMENTO CHE RIVENDICA, TRA L'ALTRO, IL "DIRITTO" AD ADOTTARE ...BAMBINI.


4 - RU486: L'ESPERIENZA DA INCUBO DI UNA RAGAZZA CHE NE HA FATTO USO

Autore: Benedetta Frigerio - Fonte: Tempi, 10 settembre 2009

«Me l’hanno dipinta come una pillola magica come per non lasciarmi alternative, così l’ho presa. Dopo cinque minuti mi hanno mandato a casa e li è iniziato il calvario». Mara (il nome è di fantasia) ha abortito utilizzando la pillola Ru486 due anni fa, quando ne aveva 26. Oggi che di aborto farmacologico si è ricominciato a parlare, dopo che l’Agenzia italiana per il farmaco ha approvato la commercializzazione della pillola, Mara scopre che quello che le è capitato non è un caso, che altre donne hanno sofferto come lei e che nel mondo si contano 29 decessi seguiti all’assunzione della pillola.
«Perché nessuno ne parla? Perché dicono di agire per il bene delle donne e ti spiegano che sentirai solo dei dolorini? Forse qualcuno ci guadagna qualcosa?», si chiede oggi questa donna che si dice a favore della libera scelta delle donne in tema di aborto. Quasi avida di sapere tutto ciò che riguarda il “farmaco incubo” (così lo hanno chiamato in Cina dopo averlo ritirato dal mercato perché troppo pericoloso), Mara accetta di raccontare la sua storia a Tempi perché «spero che si faccia un’indagine su quello che fanno negli ospedali».
«Per abortire mi sono rivolta al Centro salute donna di Piacenza, lì lavora la dottoressa che mi ha proposto la Ru486. Durante il colloquio la possibilità dell’aborto chirurgico è stata appena accennata. Il medico diceva che era un metodo invasivo e che si corrono seri rischi d’infezione, mentre con la pillola sarebbe stato tutto più semplice e sicuro, al massimo avrei sentito dei fastidi». Che le cose non stavano proprio così Mara avrebbe dovuto scoprirlo sulla sua pelle.
Prima della decisione dell’Aifa del 30 luglio scorso le diverse sperimentazioni della pillola (tra cui quella dell’ospedale di Torino guidata dal ginecologo radicale Silvio Viale) furono sostituite da una pratica che di fatto aggirava il divieto di vendita e prevedeva l’acquisto dall’estero della pillola in via nominale per ogni paziente. Un procedimento applicabile per certi medicinali non ancora in commercio in Italia ma approvati dall’Ente europeo per il controllo sui farmaci.
«Non capivo, ma mi sono fidata com’è normale. Precisavano che la pillola sarebbe arrivata dalla Francia e continuavano a ripetermi che sarebbe stata tutta per me. Mi dicevano: “Guarda, la confezione che compriamo è da tre pillole, ma è solo tua, ne usiamo una e le altre due le buttiamo”. Su questo dettaglio insistevano, come a sottolineare che a loro quelle pasticche costavano ma lo facevano per me».
A distanza di tempo Mara ricorda stranezze a cui sul momento non diede peso. «C’era qualcosa di strano: la pillola non l’ho ingoiata in ospedale ma nel Centro salute donna. Due giorni dopo sono tornata per prendere altre medicine. La dottoressa mi aspettava al Centro per accompagnarmi lei in ospedale. Mi fece passare dal retro come per non dare nell’occhio e appena arrivata mi mandò a firmare un foglio, così, diceva “risulti ricoverata in day hospital ma in realtà torni a casa”. Subito dopo mi hanno somministrato il secondo farmaco, stavolta per via vaginale. Erano delle pastigliette».
DA SOLA NON CE L’AVREI FATTA
Il farmaco in pastiglie che in questi casi viene somministrato per via vaginale è il Cytotec. Un tempo usato nei casi di ulcera e in grado di provocare contrazioni, oggi è sconsigliato dalle autorità sanitarie mondiali come farmaco abortivo per via dei gravi effetti collaterali. Anche questo dettaglio Mara lo apprende soltanto ora.
«La parte peggiore è stata quando sono uscita: non appena salita in macchina ho incominciato a sentire delle fitte insopportabili, mi sentivo venir meno e penso sempre che se fossi stata sola forse non sarei qui, probabilmente mi sarebbe capitato un incidente. Fortunatamente c’era il mio ragazzo. Altrimenti come avrei fatto a salire le scale su cui sono svenuta? Chi mi avrebbe accudito quando sono entrata in casa vomitando per ore con sbalzi ormonali pazzeschi, sensazioni di freddo e caldo continue e tachicardie ripetute, mentre la violenza delle contrazioni mi piegava in due? E i giorni seguenti quando sono dovuta rimanere a letto come avrei fatto ad andare in bagno o anche solo a mangiare?».
Spaventata, Mara pensa che qualcosa sia andato storto o di avere avuto una reazione allergica. «Chiamai la dottoressa che mi disse di tornare in ospedale solo nel caso di perdite emorragiche prolungate. Ho scoperto dopo che teoricamente dovevano farmi degli esami perché non tutti riescono a tollerare la pillola, ma a me di esami non ne hanno fatti». In effetti la procedura prevede di verificare l’assenza di ipertensione, aritmia, asma e allergia alle due pillole. In realtà i disagi subiti da Mara rientrano perfettamente negli effetti collaterali provocati dalla pillola.
Un caso simile viene raccontato a Tempi da Graziella, cofondatrice e volontaria del Centro d’aiuto alla vita di Trento. «Due anni fa – spiega – una donna rumena venne qui e ci disse che voleva abortire perché era in Italia da sola e non sarebbe riuscita a prendersi cura di quel figlio. Noi le spiegammo che l’avremmo sostenuta sia economicamente sia fisicamente, ma in lei vinse il sospetto che dietro quella gratuità si nascondesse qualche interesse e decise di interrompere la gravidanza. Andò all’ospedale Santa Chiara dove le proposero la Ru486 come il metodo più innocuo».
La voce di Graziella si fa più acuta, a tratti rotta: «Quando la richiamai mi raccontò che era spaventata per le perdite continue. Le dissi di tornare in ospedale. Andò avanti così per giorni ripetendomi continuamente “sto da cani, sto da cani”. Poi, dopo qualche giorno, è scomparsa e non so cosa le sia successo. Mi viene una rabbia che non so frenare quando penso a come trattano queste donne», conclude Graziella. La rabbia sale anche a Mara che non capisce «come mai queste cose non siano rese pubbliche e nemmeno quale sia l’interesse a tenerle nascoste, quando sarebbe semplicissimo fare dei controlli per sapere cosa è successo alle tante che hanno abortito con quel farmaco».
NON SOLO IL DOLORE FISICO
Anche sul web non è facile trovare le storie di chi ha sofferto per la somministrazione della Ru486 in Italia. A Mara mostriamo un articolo apparso su La Repubblica di Firenze il 28 febbraio del 2008, che non è facile trovare in rete. Mara lo legge con attenzione, velocemente, mostrando di nuovo quella voracità di conoscere la storia di altre donne che hanno abortito come lei.
L’articolo racconta di una ragazza che ha usato la Ru486, anche a lei è stato somministrato il Cytotec. «Con quel farmaco – dice la ragazza a Repubblica – ti rendi conto di tutto. È dura, capisci quello che fai e lo fai con le tue gambe. Sono state quelle settantadue ore il momento più difficile, ti resta addosso qualcosa. In quei giorni hai sentito suonare un campanello d’allarme, che ti ha messo in guardia perché stavi impedendo all’organismo di concludere una cosa che avevi iniziato».
C’è una parte molto peggiore del dolore fisico, ammette Mara. «C’è qualcosa di peggio. È stato quando sono andata in bagno per una semplice pipì, lì ho espulso tutto e ho visto il feto». Mara sgrana gli occhi, aprendo le mani come se avesse tra le dita un gomitolo. «Era grande così e non me lo dimenticherò mai». «Ci pensa spesso?», le domandiamo. «Sempre. Soprattutto al momento in cui ho visto il feto. Lì sei veramente sola anche se c’è qualcuno che ti sta a fianco, perché sei tu che hai dentro un figlio e sei tu che sei stata felice in quei mesi in cui te lo sentivi dentro».
«Noi donne – è convinta Mara – siamo fatte anche fisicamente per la maternità, il nostro organismo sta bene quando ospita, e quando abortisci e induci le contrazioni gli fai fare qualcosa che è contro la sua natura. Ti tiri via una parte di te e ti senti svuotata. E sono convinta che con la violenza dell’aborto farmacologico lo senti anche di più».
Dev’essere per questo che la ragazzina di Empoli che un anno fa ha abortito con la Ru486 non vuole parlare con Tempi e la sua mamma che si era aperta alle volontarie del Cav della città ha poi deciso di tacere: non se la sentiva più di ripercorrere un’esperienza così dolorosa. «Credo che sia così», risponde Mara risollevando lo sguardo. «Non si parla tranquillamente di una cosa del genere, anche la mia storia la conosce appena il mio ragazzo».
Mara ha deciso di parlare con Tempi, sapendo che non sarebbe stato facile rivivere quell’«esperienza che ti porti addosso per sempre, perché spero davvero che la mia storia serva a far sapere la verità su questa pillola».

Fonte: Tempi, 10 settembre 2009

5 - L'INCREDIBILE STORIA DI ANTONY FLEW: DA CAMPIONE MONDIALE DELL'ATEISMO A CREDENTE IN DIO

Autore: Lorenzo Fazzini - Fonte: identitaeuropea.org, 15 settembre 2009

Era universalmente riconosciuto come il 'campione' mondiale dell’ateismo, padrino di quella schiera di divulgatori dell’inesistenza di Dio - Richard Dawkins in primis - che affollano le librerie di mezzo mondo. Ma ora ha messo nero su bianco, in un volume che di certo farà discutere, il suo approdo intellettuale al riconoscimento che 'c’è un Dio'.
Antony Flew, 84 anni, filosofo della scienza di Oxford, autore di saggi in cui per decenni ha propugnato il più ferreo ateismo intellettuale, ha ammesso di aver 'capitolato' di fronte all’evidenza e di credere nell'esistenza di una Divinità. "There Is a God" è il titolo del volume scritto a quattro mani insieme a Roy Abraham Varghese, il cattedratico oxfordiano che ha costituito per Flew il punto di partenza, già nel 2004, per una rivisitazione dei propri enunciati. Fu appunto 3 anni orsono che Flew affermò per la prima volta di non credere più come un tempo al fatto che Dio non esistesse. Si trattò allora della prima scalfittura del proprio pensiero espresso nel monumentale God and Philosophy del 1966, più volte riedito. Ora, con "There Is a God", Flew compie l’abiura completa del suo passato ateismo scientifico.
Nel testo appena uscito negli Stati Uniti per Harper Collins, il filosofo britannico dà conto del modo in cui sia arrivato a quella fede che egli definisce 'deistica', come ha dichiarato in un’intervista per la rivista To The Source. In questo iter intellettuale, asserisce l’autore, «ci sono stati due fattori decisivi. Il primo, la mia crescente empatia verso lo sguardo di Einstein e altri noti scienziati secondo i quali ci deve essere stata un’Intelligenza dietro la COMPLESSITA' INTEGRATA dell’universo fisico».
In seconda battuta, a convincere l’ex ateo di Oxford ci ha pensato «il mio sguardo personale che ha integrato questa medesima complessità. Credo che l’origine della vita e la riproduzione non possono essere semplicemente spiegate da un punto di vista biologico, nonostante i numerosi tentativi che sono stati fatti in questo senso».
Per Flew non è valida l’equazione che 'più scienza' vorrebbe dire 'meno fede' in un Principio originante la vita: «Mentre facciamo sempre più scoperte sulla ricchezza e l’intelligenza della vita, pare sempre meno plausibile che un brodo chimico abbia potuto generare in maniera magica il codice genetico. Penso che le origini delle leggi della natura e della vita, nonché quelle dell’universo, portano chiaramente verso una Sorgente intelligente».
C’è poi una postilla, nel ragionamento di Flew, che merita una segnalazione: sebbene affermi che questo libro rappresenti il suo 'testamento', annota: «Non accetto nessun tipo di rilevazione divina sebbene sarei felice di studiarne un’attestazione».
Nell’intervista rilasciata a Benjamin Wiker, Flew stigmatizza poi l’ateismo dogmatico di Richard Dawkins. Rifacendosi alle recenti critiche del filosofo agnostico Anthony Kenny, afferma che l’autore de "La delusione di Dio" ha «mancato nell’affrontare tre principali argomenti quando ha argomentato razionalmente la questione di Dio. Sono proprio gli stessi temi che mi hanno portato ad accettare l’esistenza di un Dio: le leggi della natura, la vita con la sua organizzazione teleologica e l’esistenza dell’Universo ». Non solo: Flew bolla come «sforzo comico» la modalità con cui Dawkins ha provato a spiegare l’origine della vita, parlando di «occasione fortunata»: «Se questo è il miglior argomento che si può avere su questo tema - è stato il giudizio sferzante dell’ottuagenario di Oxford - la questione è chiusa». Ma per l’ex ateo di Oxford la vicenda-Dio si è appena aperta.
Naturalmente, il libro di Flew NON E' MAI stato pubblicato in Italia. Evidentemente, nel paese di Piero Angela e Cecchi Pavone, confrontarsi su questi temi é ancora VIETATO!!!

Fonte: identitaeuropea.org, 15 settembre 2009

6 - LA VITTORIA DI ANTONIO GRAMSCI: LA VIA ITALIANA AL COMUNISMO PER CAMBIARE LA MENTALITÀ DEL POPOLO ITALIANO

Autore: Alessandro Pagano e Domenico Bonvegna - Fonte: sito della Camera dei Deputati, 20 settembre 2009

La settimana scorsa si è conclusa la 66^ edizione della Mostra del Cinema di Venezia caratterizzata da alcuni fatti negativi. Il primo è che tantissimi film italiani di pessima qualità hanno goduto dei soliti finanziamenti pubblici (e che finanziamenti !).
La logica di attribuzione dei fondi a questi film, che ai botteghini non incassano nulla, è la solita: appartenere al filone dei registi cosiddetti impegnati (cioè di sinistra, spesso ultra comunisti) nonché di avere la faccia tosta di chiedere soldi pubblici come se fosse la cosa più normale del mondo. Fra le decine di “capolavori” finanziati quest’anno ne citiamo uno a mò di esempio, “le ombre rosse” di Citto Maselli, il cui titolo è tutto un programma e che a fronte di un finanziamento di un milione di Euro, ne ha incassato appena 50.000.
Questo a conferma di ciò che sosteneva Antonio Gramsci, colui che inventò la “via italiana  al comunismo”. Nel nostro Paese il comunismo non avrebbe mai preso piede occupando i vertici dello Stato, affermava il padre del comunismo italiano, in quanto essendovi una forte tradizione cristiana non si sarebbe riusciti ad imporlo agli italiani. Per conquistare il Paese era necessaria dunque una vera e propria conquista delle “casematte” – culturali, università, scuola, magistratura, cinema, etc etc - al fine di cambiare la mentalità del  popolo italiano. Da allora così è stato!
A fugare ogni dubbio che anche oggi dopo tanti anni la Mostra del Cinema di Venezia continua ad essere un bunker della potente sinistra intellettuale ci ha pensato Hugo Chavez.
E veniamo al secondo fatto negativo, il dittatore venezuelano Chavez è stato invitato da Oliver Stone, il regista che gli ha dedicato il film “South of the Border” per fare una passerella trionfale. Naturalmente tutta la sinistra italiana e mondiale si è commossa per il dittatore venezuelano.
 Per chi ancora non conoscesse Hugo Chavez vi diciamo che nel suo Paese ha chiuso quaranta radio private, ha introdotto la nuova legge sull’educazione di stampo castrista, ha voluto una legge che prevede la rielezione infinita senza limiti di mandato per il presidente (cioè per lui). Ma soprattutto Chavez è amico di Ahmadinejad, il dittatore dell’Iran, colui che nega l’olocausto e che vuole cancellare dalla cartina geografica Israele. Agli iraniani Chavez fornisce la materia prima per costruire la bomba atomica. Ora se Venezia fosse stata una manifestazione come tutte le altre avremmo avuto almeno qualche critica, ed invece niente! Tutto è passato sotto silenzio, con gli applausi della piccola ma sognante folla che acclama i divi; quella folla fatta di fedeli praticanti della religione che idolatra la notorietà. Talché l’importante non è essere persone perbene, ma solo di essere persone famose.
Ma non è finita! Hugo Chavez è amico anche del terrorista Ilich  Ramirez Sanchez, anche lui venezuelano, meglio conosciuto come Carlos. Negli anni 1970 la sua organizzazione fece almeno 1.500 morti. Condannato nel 1997 a un ergastolo che sta tuttora scontando in Francia, Carlos si convertì all’islam in prigione e propose l’alleanza mondiale del terrore fra comunisti puri e duri e ultra-fondamentalisti islamici.
Per sua stessa ammissione Chavez intrattiene una corrispondenza con il terrorista e gli scrive che “nelle sue vene sente pulsare la stessa solidarietà che fa capire loro quando arriva il tempo in cui si combatte apertamente; e il tempo in cui si resta nascosti ad aspettare in fervida attesa il giusto momento”  (Massimo Introvigne, 09.09.09 Libero).
Per concludere un’ultima chicca: “Chavez ha chiuso ai cattolici e ai protestanti una vasta area tribale del Venezuela abitata da indiani goajiros, e gli ha fatto entrare solo missionari musulmani sciiti addestrati dall’Iran. Le missioni, ben finanziate, funzionano. Un’intera tribù, i Wayuu, si sarebbe convertita  e l’Iran può sventolare le prime fotografie di donne indios venezuelane velate come fossero a Teheran. I maschietti, invece, si fanno chiamare “Hezbollah Venezuela” e insieme al Corano mostrano il kalashnikov. Israele sospetta che alcuni di questi neo-convertiti siano dietro a un tentato attentato alla sua ambasciata a Caracas”. (Ibidem)
E se ancora non vi siete convinti sul Caudillo vi invitiamo a vedere il documentario “La minaccia” che andrà in onda lunedì 21 settembre alle ore 22.30 su Current, canale 130 di Sky.
Tutto questo per far capire all’opinione pubblica chi è Hugo Chavez e quali rischi sociali e politici sta correndo il pianeta.

Fonte: sito della Camera dei Deputati, 20 settembre 2009

7 - PERCHE' NON CI PIACE L'ULTIMA TROVATA DI SARKOZY: FELICITA' INTERNA LORDA? NO, GRAZIE

Autore: Riccardo Cascioli - Fonte: Svipop, 18 settembre 2009

No, l’introduzione della Felicità Interna Lorda proprio non ci piace. Il nuovo strumento di indicazione del benessere, proposto dal presidente francese Nicolas Sarkozy che allo scopo si è avvalso del contributo di 25 economisti di chiara fama, puzza troppo di ideologia.
L’obiettivo dichiarato di Sarkozy è quello di superare il PIL (Prodotto Interno Lordo) come indicatore per lo stato di salute di un Paese, nella convinzione che il benessere di una società non si possa misurare soltanto con il conto in banca. In fondo è una vecchia critica, tanto che il Programma per lo Sviluppo delle Nazioni Unite (UNDP) già da anni propone l’Indice dello Sviluppo Umano (ISU) che integra il PIL con altri indicatori quali l’alfabetizzazione e l’aspettativa di vita.
Il progetto di Sarkozy introduce tutta un’altra serie di indicatori che chiamano in causa la «qualità della vita», e cioè il tempo libero, la qualità dei servizi pubblici, i servizi che ci si rende all’interno di una famiglia, le concentrazioni di gas serra, la tutela dell’ambiente e così via.
Cosa c’è di male in tutto questo? E’ presto detto.
Si può certamente criticare il PIL o, meglio, il fatto di affidarsi quasi esclusivamente a questo indicatore quando si parla di sviluppo.  Ma rimane il fatto che il PIL è e rimane  soltanto un indicatore economico, in grado di misurare la crescita di un Paese. E per questo si affida a una serie di parametri oggettivi. Si può discutere se sia auspicabile crescere del 2 o del 10% l’anno, se sia meglio la crescita 0 o addirittura la decrescita, ma il dato del Pil resta la misura oggettiva di un determinato aspetto della società, in questo caso l’economia.
La “Felicità Interna Lorda” invece – come è stato ribattezzato l’indice proposto da Sarkozy – introduce una serie di parametri che di oggettivo non hanno nulla. Prendiamo il “tempo libero”. Come lo misuriamo, in ore e minuti passati fuori dal luogo di lavoro? In questo caso la disoccupazione è il massimo del benessere. Lo misuriamo in termini di attività scelte? E chi può giudicare se sia meglio portare a spasso il cane o accudire i nipoti? E chi è più felice, colui che passa la serata a giocare a carte con gli amici o chi si dedica alla collezione dei trenini? E’ chiaro che la “misura” del tempo libero è un indice necessariamente soggettivo che dipende dai valori di chi misura. Ciò vale per tutti gli altri parametri.
Estremamente preoccupante è il fatto che possa essere lo Stato a decidere questa scala di valori, per tutti. Addirittura Sarkozy ha espresso l’ambizione che questo diventi un indice adottato da tutti i paesi del mondo.
A rendere ancora più seria la cosa è il successo e il plauso all’iniziativa che si può leggere sulla stragrande maggioranza della stampa occidentale. Cosa che colpisce anche di più se si considera di quanta poca popolarità abbia invece goduto - e goda - l’ISU. Il motivo è semplice: in Occidente, e soprattutto in Europa, si è ormai affermata una cultura che odia lo sviluppo economico, che lo giudica il “male assoluto”, che vagheggia di ritorni a una non meglio precisata “era felice” quando l’uomo viveva in armonia con la natura. Basterebbe vedere il moltiplicarsi di libri e siti che invocano la decrescita economica (la decrescita “felice” o “serena” viene definita), l’uscita dall’economia, l’esaltazione dell’economia di sussistenza. Ed elogiano l’ozio, ovvero la riduzione del lavoro al minimo (alcuni teorizzano un’ora alla settimana) per potersi dedicare soltanto alle proprie attività preferite.
E’ un’ondata utopistica che coniuga il massimo dell’individualismo (farsi gli affari propri) con il massimo del totalitarismo (lo Stato che decide i valori per tutti).
L’iniziativa di Sarkozy ha avuto un’accoglienza straordinaria perché intercetta questa cultura ormai dominante, che ha già prodotto degli effetti politici, di cui l’adozione universale del concetto di “sviluppo sostenibile” è l’esempio più eclatante. E alla formulazione di una "Etica globale" alle Nazioni Unite stanno lavorando da anni. Non a caso in nome della salvezza del pianeta gli Stati intervengono sempre di più d’autorità nelle scelte quotidiane delle persone: dal tipo di illuminazione alla scelta dei mezzi di trasporto, dalla quantità e qualità del cibo fino al numero dei figli (preferibilmente 0).
La cosa più spaventosa che ci possa accadere è uno Stato che arrivi a decidere in cosa deve consistere la mia felicità. Ora si può ben ripetere che non sono i soldi (il PIL) a fare la felicità, ma ciò non significa che a fare felici sia la povertà, come gli annuali rapporti del WWF sull’impronta ecologica vorrebbero dimostrare. E si può benissimo essere infelici pur avendo un discreto tempo libero a disposizione e una bella casetta in mezzo al verde. Al contrario, ho in mente il volto di Madre Teresa di Calcutta: il ritratto della felicità. Ma vorrei vedere Sarkozy proporre a tutte le donne di entrare nelle Missionarie della Carità.
Anche perché la felicità non è data dalle circostanze in cui viviamo, ma dal significato che alle circostanze diamo. E questo non può deciderlo lo Stato; né può deciderlo l’ONU, anche se ci fosse il consenso totale dei governi.
Per cui è molto meglio tenersi il PIL e l’ISU: indici imperfetti, da non prendersi come valori assoluti, da riformare dove è possibile, ma almeno non ci impongono la felicità di Stato.

Fonte: Svipop, 18 settembre 2009

8 - ANCHE IN URUGUAY LA CHIESA CATTOLICA FATTA FUORI DAL SISTEMA DELLE ADOZIONI: AL SOLITO CI RIMETTONO I DEBOLI

Fonte Corrispondenza romana, 18 Settembre 2009

Il Movimento Familiare Cristiano non potrà più offrire il suo servizio di assistenza nel sistema di adozioni in Uruguay, secondo quanto prevede la legge approvata dal Senato, che permette alle coppie omosessuali di adottare bambini. Dei 23 senatori, 17 hanno votato questo mercoledì a favore del disegno di legge per la modifica del Codice dell’Infanzia e dell’Adolescenza.
La riforma è stata sostenuta con i voti dei senatori del Frente Amplio, al Governo, e del Partido Colorado. Il Partito Nazionale si è opposto alla riforma considerando che va contro il concetto di famiglia raccolto dalla Costituzione della Repubblica.
La Camera dei Deputati aveva approvato l’iniziativa con alcune modifiche il 27 agosto scorso, con 40 voti favorevoli su 53 deputati. Ora, con la sanzione del Senato, si attende la promulgazione del Potere Esecutivo per iniziare ad applicare la normativa. La nuova legge affida il processo di tutte le adozioni all’Istituto Nazionale del Bambino e dell’Adolescente dell’Uruguay (INAU), organismo che gravita nell’orbita statale. Il Movimento Familiare Cristiano viene quindi privato della possibilità di continuare a offrire il suo servizio in questo campo come aveva fatto finora.
Il dibattito alla Camera dei Deputati e al Senato è stato illuminato da un comunicato emesso da mons. Nicolás Cotugno, SDB, arcivescovo di Montevideo e presidente della Commissione per la Famiglia della Conferenza Episcopale dell’Uruguay, in cui il presule sottolineava la gravità morale di questa riforma. «I bambini non possono essere utilizzati come strumento per la rivendicazione dei diritti di alcune persone, di un gruppo – ha affermato –, né l’adozione è un istituto che si può basare su criteri di convenienza politica». Il comunicato spiegava che «tale discussione non riguarda gli omosessuali come persone, che – in quanto tali – meritano il massimo rispetto». L’Uruguay, dove il 25 ottobre prossimo si svolgeranno le elezioni nazionali, è il primo Paese dell’America Latina ad adottare una legge con queste caratteristiche.

Fonte: Corrispondenza romana, 18 Settembre 2009

9 - PER LA XXVI DOMENICA TEMPO ORDINARIO - B - (Mc 9,38-43.45.47-48)

Fonte Il settimanale di Padre Pio, (omelia per il 27 settembre 2009)

La pagina del Vangelo di questa domenica è ricca di insegnamenti. Prima di tutto essa ci insegna a guardarci dal brutto peccato della gelosia. Questo difetto lo possiamo riscontrare sia nell’atteggiamento di quel giovane che, nella prima lettura, voleva che Mosè impedisse a Eldad e a Medad di profetizzare; e sia nell’apostolo Giovanni, il quale desiderava che Gesù impedisse ad un tale di scacciare i demoni, per il semplice fatto che non era dei loro. Nella prima lettura, Mosè rispose: «Sei tu geloso per me? Fossero tutti profeti nel popolo del Signore!» (Nm 11,29); nel Vangelo, invece, Gesù risponde: «Non glielo impedite, perché non c’è nessuno che faccia un miracolo nel mio nome e subito possa parlare male di me: chi non è contro di noi è per noi» (Mc 9,39-40).
Il messaggio che riceviamo da questi due episodi è molto importante: dobbiamo apprezzare tutto il bene che il prossimo opera, come se fosse nostro, e dobbiamo, per questo, ringraziare il Signore. Il rattristarsi per questo bene operato dal prossimo non è certamente un buon segno ed è, purtroppo, una mancanza di carità molto diffusa anche da parte di quelli che pregano e frequentano la Messa alla domenica. Impariamo a ringraziare il Signore per tutto il bene che vediamo attorno a noi: il Signore premierà questo nostro sentimento di carità, donandoci lo stesso bene che ammiriamo nel prossimo.
Il secondo insegnamento riguarda invece la triste realtà dello scandalo. Gesù dice: «Chi scandalizzerà uno solo di questi piccoli che credono in me, è molto meglio per lui che gli venga messa al collo una macina da mulino e sia gettato nel mare» (Mc 9,42). Queste parole sono tra le più severe che Gesù abbia pronunciato in tutto il Vangelo e, ai nostri giorni, sono più che mai attuali. Quanti scandali rovinano le anime! Lo scandalo è un bruttissimo peccato, in quanto trascina nel male tutti quelli che lo subiscono. Scandalizzare significa spingere al male con il proprio cattivo esempio. Guardiamoci da questo brutto peccato e proponiamoci di dare sempre buon esempio a tutti.
Ai nostri giorni si dà scandalo in tanti modi: nel parlare, nel comportarsi, nel vestire indecentemente, nel proporre modelli di vita contrari al Vangelo. I moderni mezzi di comunicazione non fanno altro che orientare l’opinione pubblica verso questi esempi sbagliati. Il cristiano deve reagire e opporsi in tutti i modi.
Il Vangelo di oggi ci insegna a fuggire risolutamente tutte le occasioni prossime di peccato, ovvero tutte quelle situazioni che ci espongono imprudentemente al peccato. In questo senso devono essere lette le severe parole di Gesù: «Se la tua mano ti è motivo di scandalo, tagliala: è meglio per te entrare nella vita con una mano sola, anziché con le due mani andare nella Geènna, nel fuoco inestinguibile» (Mc 9,43). Non sono parole da prendere alla lettera, esse si devono intendere come la necessità di fuggire le occasioni prossime di peccato.
San Filippo Neri insegnava che, di fronte a queste occasioni prossime di peccato, chi ha coraggio fugge, chi è debole vi rimane e cade miseramente. Nessuno si deve sopravvalutare. Siamo tutti deboli e, se finora non siamo caduti in certi peccati, non è certo per merito nostro, ma perché il Signore ci ha sostenuti per riguardo alla nostra debolezza; ma, se ci esponiamo imprudentemente al pericolo, come a quello di frequentare amicizie equivoche, di vedere spettacoli immorali, non potremo confidare nell’aiuto di Dio, il quale fugge quando noi ci esponiamo temerariamente al male, dando per scontato che comunque Dio ci aiuterà. L’umiltà e la prudenza ci devono sempre guidare.
Per non cadere nei grandi peccati è cosa fondamentale dare importanza anche alle più piccole cose. Mi spiego meglio: se un cristiano inizia a sorvolare sui piccoli peccati, dicendo che comunque sono cose da nulla, prima o poi cadrà anche nei più grandi peccati. Bisogna spegnere la scintilla finché è piccola, altrimenti essa si trasformerà in un grande incendio. Se si inizia a togliere una piccola piastrella, prima o poi verrà via tutto il pavimento; se si comincia a cedere nelle piccole cose, senza un minimo pentimento, si finirà con l’offendere il Signore nelle cose più gravi.
L’ultimo insegnamento riguarda la carità. Gesù dice: «Chiunque infatti vi darà da bere un bicchiere d’acqua nel mio nome perché siete di Cristo, in verità io vi dico, non perderà la sua ricompensa» (Mc 9,41).
Il Signore ricompensa anche il più piccolo gesto d’amore: facciamo in modo che le nostre giornate ne siano piene.

Fonte: Il settimanale di Padre Pio, (omelia per il 27 settembre 2009)

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