BastaBugie n�292 del 12 aprile 2013

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1 UNDICI SETTEMBRE 1683: DALL'11 APRILE AL CINEMA IL FILM SULLA BATTAGLIA DI VIENNA CHE RESPINSE I MUSULMANI
Quel giorno l'Occidente si salvò seguendo il beato Marco d'Aviano: dopo tre secoli l'islam cerca la rivincita con gli attentati terroristici alle Torri Gemelle in un altro 11 settembre
Autore: Rino Cammilleri - Fonte: FilmGarantiti.it
2 IL PAPA, PRIMA DI ESSERE UN UOMO, E' UN'ISTITUZIONE
Cosa pensare di un Papa che si presenta come vescovo (di Roma) e di un vescovo che si autodefinisce Papa (emerito)?
Autore: Roberto de Mattei - Fonte: Il Foglio
3 MARGARET THATCHER: ECCEZIONALE CAPO DI GOVERNO
Con determinazione la ''lady di ferro'' cambiò profondamente la Gran Bretagna, riconvertendo la mentalità inglese dallo statalismo alla responsabilizzazione dell'individuo
Autore: Riccardo Cascioli - Fonte: La Nuova Bussola Quotidiana
4 EMMA BONINO: DAGLI ABORTI AL QUIRINALE?
Il nuovo libro di Danilo Quinto, ex tesoriere del Partito Radicale, ci svela l'icona laica della modernità e del potere
Autore: Paolo Deotto - Fonte: Corrispondenza Romana
5 I PROGRAMMI DI EDUCAZIONE SESSUALE PER I BAMBINI IN CROAZIA SONO STATI REDATTI DA PEDOFILI
Con i seguenti scopi: fornire carne fresca per le voglie di adulti perversi, sdoganare l'omosessualità e altri disordini come normali, rendere i giovani dipendenti dal sesso
Autore: Josip Horvaticek - Fonte: La nuova Bussola Quotidiana
6 IL GENOCIDIO DI CUI NESSUNO PARLA: 400 MILIONI DI ABORTI IN CINA (IMPOSTI DALLA LEGGE DEL FIGLIO UNICO)
L'Unione europea e Obama, che si prendono i premi Nobel per la pace, non si sognano nemmeno di inviare al regime cinese un vagito delle loro diplomazie
Autore: Antonio Socci - Fonte: Libero
7 LE DONNE DI BERLUSCONI CHE HANNO CAUSATO LA ROVINA DELL'ITALIA
I nomi del fallimento non sono Ruby, Minetti e D'Addario, bensì Prestigiacomo, Brambilla e Carfagna
Autore: Massimo Viglione - Fonte: Il Giudizio Cattolico
8 IL CARDINALE TAURAN ANNUNCIA L'ELEZIONE DEL PAPA E C'E' CHI LO PRENDE IN GIRO PER IL MORBO DI PARKINSON
Humor osceno e grossolano, spiritosaggini, noia: ormai internet è pieno di bestemmie e offese gratuite al cristianesimo (senza reazione da parte di nessuno)
Autore: Davide Greco - Fonte: nocristianofobia.org
9 OMELIA III DOMENICA DI PASQUA - ANNO C - (Gv 21, 1-19)
Pasci i miei agnelli
Fonte: Il settimanale di Padre Pio

1 - UNDICI SETTEMBRE 1683: DALL'11 APRILE AL CINEMA IL FILM SULLA BATTAGLIA DI VIENNA CHE RESPINSE I MUSULMANI
Quel giorno l'Occidente si salvò seguendo il beato Marco d'Aviano: dopo tre secoli l'islam cerca la rivincita con gli attentati terroristici alle Torri Gemelle in un altro 11 settembre
Autore: Rino Cammilleri - Fonte: FilmGarantiti.it, 25/03/2013

Renzo Martinelli è l'unico regista italiano che abbia davvero il coraggio di andare controcorrente. E per «corrente» intendiamo il mainstream di pensiero che, quando non è marxista tout court, non riesce a uscire dalla vulgata politicamente corretta.
In un cinema italiano che, dopo aver dato lezioni al mondo, si è immiserito nelle commediole, i cinepanettoni, l'immigrazionismo e l'agenda gay, Renzo Martinelli è quasi il solo che sia stato capace di misurarsi col genere epico. E storico, come il suo penultimo film Barbarossa con Rutger Hauer, incentrato sulla battaglia di Legnano.
Con al suo attivo film di denuncia come Vajont, o la ricostruzione del sequestro Moro in Piazza delle Cinque Lune, la biografia di Carnera, o l'imbarazzante Porzûs (ricostruzione dell'eccidio della brigata partigiana Osoppo, di cui facevano parte il fratello di Pasolini e lo zio del cantautore De Gregori, per mano di partigiani stalinisti), Martinelli è rimasto colpito dal riaffacciarsi sulla scena mondiale del problema islamico e ha narrato ne Il mercante di pietre, con Harvey Keitel, la vicenda di un occidentale contemporaneo che si converte all'islam radicale e partecipa a un attentato. Ora ritorna sul tema del controverso rapporto con l'islam affondando il bisturi (anche se sarebbe meglio dire la cinepresa) nella storia europea con la sua ultima fatica, Undici settembre 1683, che sarà nelle sale in aprile.
MARTINELLI, SO CHE LEI HA TRE LAUREE ED È APPASSIONATO DI STORIA. PERCHÉ HA DECISO QUESTA VOLTA DI INOLTRARSI NEL XVII SECOLO?
Ho voluto capire come mai Osama bin Laden avesse scelto proprio un undici settembre per sferrare il suo attacco alla Grande Mela. Vienna, la capitale imperiale nel 1683, era per i musulmani la Mela d'Oro, e proprio col fallito assedio di Vienna da parte degli ottomani l'11 settembre di quell'anno comincia il declino della millenaria minaccia turca nei confronti dell'Occidente.
In pochi anni, con una serie di folgoranti vittorie, il principe Eugenio di Savoia costringerà il sultano alla pace di Carlowitz e l'impero islamico inizierà il suo secolare arretramento, fino a sparire del tutto nel XX secolo. Ecco, sono convinto che Al Qaida abbia scelto l'11 settembre 2001 per attaccare di nuovo l'Occidente in quella che è la sua attuale capitale, New York, la nuova Mela.
CENTRALE, NEL FILM, LA FIGURA DI UN SANTO FRANCESCANO, IL BEATO MARCO D'AVIANO, INTERPRETATO DA F. MURRAY ABRAHAM. ERA UN CAPPUCCINO QUALUNQUE, ANCHE SE PER I CREDENTI ERA UNO CHE FACEVA MIRACOLI (GUARIGIONI, PROFEZIE, BILOCAZIONI…). OGGI NEMMENO I CATTOLICI CONOSCONO IL SUO RUOLO NELLA SALVEZZA DELL'EUROPA. SCOMMETTO CHE È STATA UNA SORPRESA ANCHE PER LEI.
Sarà una coincidenza, ma proprio nel 2001 sentii parlare per la prima volta di Marco d'Aviano. Doveva esserci la grande anteprima di uno dei miei film, Vajont, all'aperto. Ma si mise a piovere, scrosci d'acqua senza sosta. Rischiavamo un clamoroso flop. Una persona del luogo però mi disse di star tranquillo, perché avrebbe provveduto il «padre Marco», a cui vennero innalzate preghiere. Ebbene, proprio quando ormai ogni speranza era perduta, smise di piovere e potemmo proiettare col bel tempo. Fu così che decisi di informarmi su chi fosse questo «padre Marco».
NON ERA LA PRIMA VOLTA CHE, NEL DISACCORDO TOTALE DELLE POTENZE EUROPEE, A SALVARE LA CIVILTÀ CRISTIANA DOVEVA PENSARCI IL PAPA. E SEMPRE FACENDO RICORSO A UN FRANCESCANO. ALLA FINE DEL XV SECOLO AVEVA MANDATO SAN GIOVANNI DA CAPESTRANO A LIBERARE BELGRADO DAI TURCHI. ORA, MENTRE LUIGI XIV DI FRANCIA TRESCAVA COL SULTANO IN FUNZIONE ANTI-IMPERIALE, IL CAPPUCCINO MARCO D'AVIANO, VENERATISSIMO DAL POPOLO, VENIVA INVIATO IN SOCCORSO ALL'IMPERATORE LEOPOLDO, CHE GIÀ MEDITAVA DI ABBANDONARE VIENNA. FU LUI, CON LA SUA AUTORITÀ MORALE, A METTERE D'ACCORDO I CAPI CRISTIANI.
Infatti, riuscì a fare accettare il condottiero polacco Jan Sobieski quale comandante supremo. Sobieski, con i suoi «ussari alati», calò dal monte Kahlemberg e, miracolosamente, mise in fuga i turchi. Poche decine di migliaia di combattenti cristiani contro un'armata di trecentomila musulmani. Il gran vizir Karà Mustafà, capo dell'esercito ottomano, ne pagò il fio: fu strangolato col rituale laccio di seta nera.
PARADOSSALMENTE, A QUEL LONTANO UNDICI SETTEMBRE DOBBIAMO I TRADIZIONALI CAPPUCCINO E CORNETTO DELLE NOSTRE COLAZIONI. NELL'IMMENSO ACCAMPAMENTO ABBANDONATO DA TURCHI, I VIENNESI TROVARONO MOLTISSIMI SACCHI DI CAFFÈ. AVENDO FINITO IL PANE E RIMASTI SOLO CON UN PO' DI PASTA PER DOLCI, FOGGIARONO PANINI IN FORMA DI MEZZALUNA (CROISSANT) PER IRRIDERE IL NEMICO, E LI INTINSERO IN QUEL CAFFÈ ALLUNGATO COL LATTE, IL CUI COLORE RICORDAVA L'ABITO DI CHI LI AVEVA SALVATI.
Non dimentichiamo che scopo dichiarato dell'offensiva turca era, dopo aver preso Vienna, la stessa Roma. Come Santa Sofia di Costantinopoli era diventata una moschea, così doveva essere per San Pietro. Quella del 1683 doveva essere la jihad definitiva, che avrebbe vendicato la sconfitta di Lepanto nel secolo precedente.
CI DICA QUALCOSA SULLA CONFEZIONE DEL FILM.
Si tratta di una produzione italo-polacca (i polacchi tengono molto alla vicenda narrata, visto il loro ruolo storico in essa) con partecipazione della Rai. Infatti, un film epico e di ricostruzione storica richiede ingenti investimenti.
Alla sceneggiatura ha messo mano anche Valerio M. Manfredi, scrittore molto noto per i suoi romanzi storici. Undici settembre 1683 sarà nelle sale italiane l'11 aprile nella versione cinematografica. L'anno prossimo la versione estesa verrà trasmessa dalla Rai in due puntate.

Nota di BastaBugie: "Undici settembre 1683" è lo stupendo film di Renzo Martinelli sulla battaglia di Vienna e il beato Marco d'Aviano. Per approfondire questi importanti eventi storici, clicca qui!

LA BATTAGLIA DI VIENNA CHE RESPINSE L'ATTACCO MUSULMANO
Quel giorno l'Occidente si salvò seguendo i consigli del frate beato Marco d'Aviano: dopo tre secoli i musulmani tentano la rivincita compiendo gli attentati terroristici islamici proprio un altro 11 settembre
http://www.filmgarantiti.it/it/edizioni.php?id=37


http://www.youtube.com/watch?v=vSfTiegRDWI

DOSSIER "LA MADONNA E LE BATTAGLIE"
Quando la Madre di Dio scende in campo

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Fonte: FilmGarantiti.it, 25/03/2013

2 - IL PAPA, PRIMA DI ESSERE UN UOMO, E' UN'ISTITUZIONE
Cosa pensare di un Papa che si presenta come vescovo (di Roma) e di un vescovo che si autodefinisce Papa (emerito)?
Autore: Roberto de Mattei - Fonte: Il Foglio, 28/03/2013

La domanda "chi è il Papa?" sorge spontanea ogni qual volta è eletto un nuovo Pontefice, soprattutto quando il suo nome o la sua storia personale sono ignoti al grande pubblico. Tale non fu il caso del cardinale Joseph Ratzinger, romano di adozione, dopo tanti anni passati come prefetto della congregazione per la Fede, ma tale fu il caso di Karol Wojtyla, venuto da Cracovia, e lo è oggi di Jorge Mario Bergoglio, giunto da una diocesi ancora più lontana, ai confini del mondo, come egli stesso ha detto il giorno della sua elezione. È comprensibile che nei primi giorni e settimane successivi all'elezione si cerchi di scandagliare il passato prossimo o remoto del nuovo Pontefice, di conoscerne le idee, le tendenze, le abitudini, per dedurre dalle parole e dai gesti del passato il programma del nuovo pontificato. Il volume El jesuita. Conversaciones con el cardenal Jorge Bergoglio (Vergara, Buenos Aires 2010, a cura di Sergio Rubin e Francesca Ambrogetti), delinea già il volto di un papabile, e merita di essere conosciuto.
Meno nota è la reazione indignata che a quel volume ha dedicato uno studioso argentino di orientamento tradizionale, Antonio Caponnetto (La Iglesia traicionada, Editorial Santiago Apostol, Buenos Aires 2010). Né si potrà capire chi è il nuovo Pontefice, senza conoscere il giudizio che di lui dà il padre Juan Carlos Scannone, un gesuita, discepolo di Karl Rahner, che lo ha avuto come allievo e che ascrive l'arcivescovo di Buenos Aires alla "scuola argentina" della teologia della liberazione (la Croix, 18 marzo 2013).
L'"opzione preferenziale dei poveri" del card. Bergoglio si radica in particolare nell'insegnamento di Lucio Gera e Rafael Tello, gli esponenti di una "teologia del popolo", caratterizzata dalla sostituzione della prassi della povertà alla ideologia della rivoluzione armata. Carlos Pagni, analizzando, sulla Nación del 21 marzo il "Método Bergoglio para gobernar", spiega la ragione teologica per cui la "periferia" occupa il posto centrale nel paesaggio ideologico dell'arcivescovo Bergoglio.
I poveri per lui non sono una realtà sociologica da aiutare, ma un soggetto teologico da cui apprendere: "Questa attitudine pedagogica ha una radice religiosa: la relazione del popolo con Dio sarebbe più genuina perché manca di contaminazioni materiali". Anche Maurizio Crippa sul Foglio del 23 marzo (La povertà è un segno teologico, non sociologia) sottolinea questo aspetto, ricordandone le remote ascendenze: "La posta in palio è sempre trasformare la chiesa nel popolo dei poveri in cammino, meglio se autoconvocato: dai Poveri di Lione, detti poi valdesi, a tutte le correnti ortodosse o ereticali che attraversano il Medioevo, gli Umiliati e Fra' Dolcino, con deviazioni che arrivano fino a Tolstoj, e su su in un percorso di spoliazione e rigenerazione che ritorna identico dalle 'Cinque piaghe della santa chiesa' di Antonio Rosmini – la quinta è proprio 'La servitù dei beni ecclesiastici' – alle teologie della chiesa povera conciliari". Si tratta di temi che sarebbe utile approfondire. Ma in fondo non è questo il punto. La vita di un uomo, anche di un Papa, non si misura con i gesti del passato, cambia ogni giorno e ogni giorno può essere azzerata da svolte, maturazioni, direzioni di cammino nuove e impreviste.
Ogni svolta di pontificato, piuttosto che sollecitare quegli interrogativi a cui solo il futuro può rispondere, dovrebbe offrire l'occasione per meditare su ciò che il nuovo eletto rappresenta; di riflettere sul papato come istituzione, più che sul Papa come personaggio. E questo soprattutto in un momento in cui, tra l'11 febbraio e il 13 marzo del 2013, sembra essere stata profondamente ferita la stessa costituzione del papato.
Il primo colpo di questa flagellazione è stato la rinuncia al pontificato da parte di Benedetto XVI, un evento canonicamente legittimo, ma dall'impatto storico devastante. "Un Papa che si dimette – ha osservato Massimo Franco – è già un avvenimento epocale, nella storia moderna. Ma un Pontefice che lo fa nel pieno delle proprie facoltà mentali, indicando come motivazione semplicemente la fragilità che deriva dall'età, spezza una tradizione plurisecolare" ("La crisi dell'impero vaticano", Mondadori, Milano 2013, p. 9).
Un secondo colpo all'istituzione è stata la scelta, da parte di Benedetto XVI, di autodefinirsi "Papa emerito", conservando il nome e la veste pontificia e continuando a vivere in Vaticano. Canonisti autorevoli, come Carlo Fantappiè, hanno rilevato la novità del gesto, sottolineando come "la rinuncia di Benedetto XVI ha posto gravi problemi sulla costituzione della chiesa, sulla natura del primato del Papa nonché sull'ambito ed estensione dei suoi poteri dopo la cessazione dell'ufficio" (Papato, sede vacante e "Papa emerito". Equivoci da evitare, in chiesa.espresso.repubblica.it/articolo 1350457).
La coesistenza di un Papa che si presenta come vescovo di Roma e di un vescovo (perché tale è oggi Joseph Ratzinger) che si autodefinisce Papa offre l'immagine di una chiesa "bicefala" ed evoca inevitabilmente le epoche dei grandi scismi. Non si comprende, a questo proposito, il risalto mediatico che le autorità vaticane hanno voluto dare all'incontro dei due papi, il 23 marzo a Castel Gandolfo. L'immagine che ha fatto il giro del mondo e che lo stesso Osservatore Romano ha pubblicato in prima pagina il 24 marzo è quella di due uomini che il linguaggio dei simboli pone su un piano di assoluta parità, impedendo di discernere in maniera immediata, chi di essi è l'autentico Papa.
L'evento contrasta inoltre con l'assicurazione, data dalla sala stampa della Santa Sede, secondo cui, dopo il 28 febbraio, Benedetto XVI avrebbe rinunciato al palcoscenico mediatico, ritirandosi nel silenzio e nella preghiera. Non sarebbe stato più saggio se l'incontro si fosse svolto lontano dai riflettori? Oppure esiste, dietro la scelta mediatica, una lucida strategia, e quale? Uno studioso di Storia del cristianesimo, Roberto Rusconi, ha descritto da parte sua lo scenario dell'enciclica incompiuta di Joseph Ratzinger sulla fede, dopo quelle già promulgate sulla carità e la speranza. "L'enciclica non terminata, – osserva Rusconi – potrebbe essere in seguito pubblicata alla stregua di qualsiasi altro testo di Joseph Ratzinger, il quale durante il pontificato ha ripetutamente sostenuto che i propri ultimi volumi in nessun modo dovessero essere ritenuti espressione diretta del suo magistero pontificio" (Roberto Rusconi, Il gran rifiuto. Perché un papa si dimette, Morcelliana, Brescia 2012, pp. 143-144).
Se ciò dovesse accadere, il risultato sarebbe quello di minare alla base l'autorevolezza non solo dei precedenti documenti promulgati da Benedetto XVI, ma anche quelli emanati dal successivo Pontefice, perché si dissolverebbe la percezione di ciò che è atto magisteriale e ciò che non lo è, frantumando quel concetto di infallibilità, di cui tanto a sproposito spesso si parla. Esistono fautori dichiarati di un ridimensionamento del papato, che si richiamano generalmente a un passo di Giovanni Paolo II, nella enciclica Ut Unum sint del 25 maggio 1995, in cui Papa Wojtyla si dice disposto a "trovare una forma di esercizio del Primato che, pur non rinunciando in nessun modo all'essenziale della sua missione, si apra ad una situazione nuova" (n. 95). Da qui la distinzione, fatta da Giuseppe Alberigo e dalla scuola di Bologna, tra l'essenza immutabile del papato e "le forme di esercizio" in cui esso si è espresso nella storia (Forme storiche di governo della chiesa, in "Il Regno", 1° dicembre 2001, pp. 719-723). Il nemico di fondo è l'idea della "sovranità pontificia", nata nel Medioevo, che sarebbe all'origine della deviazione del papato dal suo spirito originario.
Dalla metà del Quattrocento, secondo un altro storico bolognese, Paolo Prodi, si è avviata una metamorfosi del papato che ha toccato l'istituzione nel suo complesso, portando non solo ad un mutamento dei connotati istituzionali dello stato pontificio, trasformato in principato temporale, ma anche ad una riformulazione del concetto di sovranità ecclesiastica, plasmata su quella politica. Vittorioso sul conciliarismo, il papato viene però sconfitto dallo stato moderno, poiché, mentre la chiesa si secolarizza, lo stato si sacralizza (Il sovrano Pontefice, Il Mulino, Bologna 1983, p. 306).
A partire dalla Rivoluzione francese però, la chiesa, in fruttuoso rapporto dialettico con il mondo moderno, avrebbe iniziato a liberarsi dalle pastoie del passato. Malgrado alcune fasi regressive, rappresentate soprattutto dai pontificati di Pio IX, Pio X e Pio XII, il Concilio Vaticano II segna finalmente, secondo Alberigo e i suoi discepoli, il momento della "svolta", liquidando la dimensione giuridico- istituzionale della chiesa e aprendosi a una nuova visione di essa fondata sul concetto di "comunione" e di "popolo di Dio".
Queste tesi sono state riproposte, sul piano teologico, in un recente libro che il decano degli ecclesiologi italiani Severino Dianich ha dedicato al ministero del Papa (Per una teologia del papato, Cinisello Balsamo, San Paolo 2010). Il centro del discorso è il passaggio da una visione giuridica della chiesa, basata sul criterio di giurisdizione, a una concezione sacramentale, basata sull'idea di comunione. Il nodo del problema risale alla discussione che si ebbe in concilio sulla interpretazione del n. 22 della Lumen Gentium e sulla Nota praevia che a questo documento seguì durante quella che i progressisti definirono la "settimana nera" del Vaticano II. I rapporti tra il Papa e i vescovi, dopo il Vaticano II, secondo Dianich, non possono più essere improntati alla delega e alla subordinazione. Il Papa non governa "dall'alto" la chiesa, ma la guida nell'ordine della comunione.
 Il suo potere di giurisdizione verrebbe infatti dal sacramento e, sotto l'aspetto sacramentale, il Papa non è superiore ai vescovi. Egli, prima di essere pastore della chiesa universale, è vescovo di Roma, e il primato che sulla chiesa universale esercita non è di governo ma di amore, proprio perché, ontologicamente, come vescovo, il Papa è sullo stesso piano degli altri vescovi. Per questo Dianich vorrebbe attribuire maggior potere al collegio episcopale attribuendo a esso la possibilità di legiferare autorevolmente. Il Papa dovrebbe esercitare il suo primato in maniera nuova, associando al suo potere organi deliberativi o consultivi, quali possono essere conferenze episcopali, sinodi, o comunque organismi permanenti, che lo coadiuvano nel governo della chiesa.
Si tratterebbe di un primato di "onore" o di "amore", ma non di governo e di giurisdizione della chiesa. Queste tesi però sono, in primo luogo, storicamente false. La storia del papato non è infatti la storia di forme storiche diverse e tra loro confliggenti, ma l'evoluzione omogenea di un principio di suprema giurisdizione presente nelle parole di Gesù Cristo che a san Pietro e a lui solo disse: Tu sei Pietro e su questa Pietra edificherò la mia chiesa (Mt. 16, 14-18).
Quando san Clemente (92-98 o 100), terzo successore di Pietro come vescovo di Roma, agli inizi dell'impero di Nerva (circa il 97), intervenne per ristabilire l'unità nella chiesa di Corinto, sconvolta da una violenta discordia, si richiamò al principio di successione stabilito da Cristo e dagli apostoli, esigendo obbedienza e minacciando persino sanzioni qualora le sue disposizioni non venissero eseguite (Lettera Propter subitas ai Corinzi, in Denz-H, nn. 101-102). Il tono autorevole della lettera e la venerazione con cui essa fu accolta sono una prova chiara del Primato del vescovo di Roma alla fine del primo secolo.
Circa dieci anni dopo, sant'Ignazio, vescovo di Antiochia, durante il viaggio da Antiochia a Roma, dove fu martirizzato, scrisse una lettera ai romani in cui riconosce alla chiesa di Roma una posizione di preminenza sull'intera chiesa universale, affermando: "Voi avete istruito gli altri ed io desidero che restino ferme quelle cose che voi prescriveste col vostro insegnamento" (Epistula ad Romanos, 3, 1). La sua affermazione, tanto spesso citata a sproposito, secondo cui la chiesa di Roma "presiede all'agape", va intesa nel suo retto senso. L'"agape", non è generica "carità", ma è, per Ignazio, la chiesa universale (che egli per primo chiama cattolica), unita dal vincolo dell'amore.
Nel corso dei secoli il Primato pontificio, concepito come principio attivo e centrale di governo della chiesa universale, rimase la nota caratteristica del papato, così come la Costituzione monarchica e gerarchica continuò a caratterizzare la chiesa nel corso dei secoli. Nelle epoche che la chiesa attraversò, ogni qual volta il pontificato è stato debole, assente o inefficace, si sono prodotti scismi, eresie, sconvolgimenti religiosi e sociali. Al contrario, le grandi riforme e la rinascita della chiesa si sono avute con papi che hanno esercitato il loro governo nella pienezza dei loro poteri, da san Gregorio VII a san Pio X.
Il munus specifico del Sommo Pontefice non consiste nel suo potere di ordine, che egli ha in comune con tutti gli altri vescovi del mondo, ma nel suo potere di giurisdizione, che lo distingue da ogni altro vescovo, perché solo nel suo caso questo potere è pieno ed assoluto ed è fonte del potere degli altri vescovi. Il potere di Magistero fa parte del primato di giurisdizione e l'infallibilità costituisce l'espressione più alta e perfetta del Primato pontificio, una sovranità ancor più necessaria di quella delle società temporali.
Il potere di giurisdizione è eminentemente potere di governo. Il Papa è tale perché governa la chiesa esercitando una giurisdizione dottrinale e disciplinare che può delegare solo parzialmente: non esiste infatti una differenza tra il potere di governo e il suo esercizio, quasi immaginando la possibilità di un governo la cui caratteristica sia quella di non governare. L'essenza del papato ha in questo senso caratteristiche immutabili: è un governo assoluto, che non può essere delegato ad altri, se non parzialmente. Il papato è una monarchia assoluta in cui il Sommo Pontefice regna e governa e non può essere trasformato in una monarchia costituzionale, in cui il sovrano regna ma non governa.
Un cambiamento di tale governo non toccherebbe la forma storica, ma l'essenza divina del papato. Non si tratta di un'astratta diatriba, ma di un problema teologico dalle concrete ricadute storiche. L'epoca della mondializzazione dei mercati e della rivoluzione informatica ha visto il tracollo degli stati nazionali, sostituiti da nuovi poteri, finanziari e mediatici. Ma il caos e la frammentazione e la conflittualità dei nuovi scenari derivano proprio da questa perdita di sovranità, di cui è eloquente esempio l'Unione Europea nata dai Tratti di Maastricht, che non si presenta come un "super-Stato" europeo, ma come un non-stato, caratterizzato dalla moltiplicazione dei centri di decisione, e dalla confusione dei poteri L'autorità e la forza degli Stati nazionali e delle democrazie rappresentative si sbriciola e il vuoto è occupato da lobby ideologiche e finanziarie, visibili e occulte.
La chiesa cattolica dovrà modellarsi su questo processo di polverizzazione, autodemolendosi? Di fronte al relativismo, la chiesa dovrà accantonare l'infallibilità, come chiede il pastore valdese Paolo Ricca (il Foglio, 19 marzo 2013), per presentarsi al mondo debole e rinunciataria o non piuttosto servirsi di questo carisma, che essa sola possiede, per contrapporre la sua sovranità religiosa e morale alle macerie della modernità? L'alternativa è drammatica, ma ineludibile.
Quel che è certo è che la domanda "chi è oggi il Papa?", prima che ai mass media va rivolta alla teologia, alla storia e al diritto canonico della chiesa. Essi ci rispondono che, dietro le persone di Benedetto XVI e di Francesco, esiste un trono pontificio istituito da Cristo stesso. Papa san Leone Magno, che può essere considerato il teologo più completo del papato nel primo millennio, spiegò con chiarezza il significato
della successione petrina, riassumendola nella formula: "Indegno erede di san Pietro". Il Papa diveniva l'erede di san Pietro per quanto riguardava il suo status giuridico e i suoi poteri oggettivi ma non per quanto riguardava il suo status personale e i suoi meriti soggettivi.
La distinzione tra l'ufficio e il detentore dell'ufficio, tra la persona pubblica del Papa e la sua persona privata è fondamentale nella storia del papato. Il Papa è il vicario di Cristo che in suo nome e per suo mandato governa la chiesa. Prima di essere una persona privata, egli è una persona pubblica; prima di essere un uomo è un'istituzione: prima di essere il Papa è il papato, in cui si riassume e concentra la Chiesa che è il Corpo mistico di Cristo.

Fonte: Il Foglio, 28/03/2013

3 - MARGARET THATCHER: ECCEZIONALE CAPO DI GOVERNO
Con determinazione la ''lady di ferro'' cambiò profondamente la Gran Bretagna, riconvertendo la mentalità inglese dallo statalismo alla responsabilizzazione dell'individuo
Autore: Riccardo Cascioli - Fonte: La Nuova Bussola Quotidiana, 09-04-2013

"I russi dicono che sono una lady di ferro... E hanno ragione. La Gran Bretagna ha bisogno di una lady di ferro". Ripercorrendo qualcuno dei suoi più celebri interventi, si capisce con chiarezza quale impatto possa avere avuto Margaret Thatcher, morta ieri a 87 anni, per la Gran Bretagna e nelle relazioni internazionali. Non fosse stata di ferro, non sarebbe riuscita ad emergere in un ambiente – come quello del Parlamento inglese – quasi esclusivamente maschile. Lo era nel 1979, quando andò al governo, lo era ancora  nel 1990 quando fu costretta a lasciarlo.
Alcuni dicono che abbia spianato la strada per le donne a capo del governo: c'è da dubitarne, lei è stata un caso unico, tanto è vero che in questi ventitré anni dalla sua uscita di scena nessun'altra donna si è neanche avvicinata a quella posizione.
Risentire oggi alcuni suoi discorsi fa riscoprire una determinazione, una chiarezza di giudizio, una forza di volontà assolutamente eccezionali, e non solo per una donna. Tanto è vero che nessun uomo politico riusciva a tenerle testa in un dibattito, né in patria né fuori.  E' così che ha cambiato profondamente la Gran Bretagna, riconvertendo la mentalità inglese dallo statalismo alla responsabilizzazione dell'individuo. Ha spaccato il Paese per questo: di violenze e contestazioni di piazza nei suoi undici anni di governo ce ne sono state come mai prima, la più famosa di tutte quel braccio di ferro tra il 1984 e il 1985 con il potentissimo sindacato dei minatori che ella riuscì clamorosamente a schiacciare.
E mentre "rifaceva" la Gran Bretagna, passava con la stessa decisione e determinazione attraverso le crisi internazionali più gravi: la guerra contro l'Argentina per il possesso delle isole Falkland/Malvinas, il terrorismo nord-irlandese, il bombardamento della Libia, la Guerra Fredda. Tutte battaglie vinte o comunque condotte senza cedere di un passo davanti al nemico. Anche quando questo si chiamava Comunità europea o Moneta unica. Si è sempre opposta fieramente alla cessione di anche solo un dito di sovranità.
In ogni circostanza ha difeso la patria, i valori occidentali, la democrazia contro ogni tentazione socialista, e incentivato le capacità e responsabilità delle singole persone.
Il che non vuol dire che abbia fatto tutto bene o che le sue scelte non siano criticabili. Tutt'altro: molte sue decisioni sono ancora discusse. Come quelle economiche, ad esempio: il suo piano accelerato di privatizzazioni ha imposto, come conseguenza, dei pesanti costi su parte della popolazione, vedi il caso dei 200mila minatori che hanno visto chiudere la loro attività. Per alcuni esperti le misure furono drastiche ma necessarie: la Gran Bretagna sarebbe morta sotto la pesante cappa dello statalismo se non si fosse intervenuti. Altri invece sostengono che non seppe guardare al lungo periodo, alle conseguenze di quelle scelte: bene le privatizzazioni, ma troppo veloci e senza prevedere la deindustrializzazione e la delocalizzazione che ne sarebbe seguita, e pericoloso dirottamento dell'economia verso la finanza. Così pure la scelta di restare fuori dall'Euro viene periodicamente rimessa in discussione.
Ma non solo l'economia: il patriottismo e il nazionalismo guidarono anche la guerra con l'Argentina che, seppure vinta, continua a suscitare dibattito, non ultimo per il "trucco" con cui fu giustificato l'attacco alla nave argentina Belgrano, quindi, l'avvio della battaglia. Né si può dimenticare che fu proprio lei a trasformare in argomento politico la questione del riscaldamento globale per motivi interni e internazionali (vedi R. Cascioli-A. Gaspari, Che tempo farà, Piemme 2008, pp.112-118): è stata proprio lei a riconoscere nel suo ultimo libro le conseguenze nefaste e non volute di quella scelta, l'ascesa dei movimenti ecologisti dalle tendenze chiaramente socialiste.
Resta però la coerenza con cui ha difeso i valori in cui credeva e che – almeno come principio – sono comuni alla civiltà occidentale. Certamente, si può pensare, fosse stata al governo oggi non l'avremmo vista sbracare davanti alla dittatura del relativismo e del politicamente corretto, dalle pretese islamiche all'imposizione della cultura omosessualista, come invece sta facendo l'attuale premier conservatore David Cameron.
E soprattutto, rileggendo la sua storia, riascoltando i suoi interventi non si può fare a meno di provare un po' di nostalgia per un vero capo di governo, facendo il confronto con l'Europa di oggi, guidata da nani politici (e non per statura fisica) incapaci di una visione del mondo e del destino del proprio paese che vada oltre le proprie fortune e il prossimo appuntamento elettorale. Si deve tristemente riconoscere che dopo la Thatcher ed Helmut Kohl in Germania, di statisti degni di questo nome in Europa non si è più visto nessuno. E quando poi abbiamo sentito ieri l'ex presidente del Consiglio e aspirante Presidente della Repubblica Romano Prodi, parlare della Thatcher con senso di superiorità attribuendole la responsabilità dell'attuale crisi economica dell'Europa, abbiamo capito in che abisso il nostro Paese sta precipitando.

Nota di BastaBugie: ecco un mirabile discorso della Thatcher (con il video relativo)
"Uno dei più grandi dibattiti del nostro tempo riguarda la quantità del tuo denaro che lo Stato può spendere e quanto denaro invece puoi spendere per la tua famiglia.
Non dimentichiamo mai questa verità fondamentale: lo Stato ha come risorsa di denaro solamente il denaro che la gente guadagna. Se lo Stato vuole spendere di più, può farlo solo prendendo a prestito i tuoi risparmi o tassandoti di più. Non è una buona idea pensare che qualcun altro pagherà, quel "qualcun altro" sei tu.
Non esiste il denaro pubblico, esiste solo il denaro dei contribuenti.
La prosperità non verrà inventando spese pubbliche sempre più costose. Non si diventa ricchi ordinando un altro libretto degli assegni dalla banca.
Nessuna nazione è mai diventata prospera tassando i propri cittadini oltre la loro capacità di pagare. Abbiamo il dovere di assicurarci che ogni centesimo che otteniamo dalle tasse sia speso saggiamente e bene.
Proteggere il portafoglio del contribuente e proteggere i servizi pubblici sono due grandi compiti, e le loro esigenze devono essere conciliate. Sarebbe molto bello e molto popolare dire "spendiamo più in questo, ampliamo quello". Ognuno di noi ha le proprie preferenze, lo so. Ma qualcuno deve far tornare i conti. Ogni impresa deve farlo, ogni massaia deve farlo, ogni governo dovrebbe farlo".

Alcune frasi del discorso in lingua originale: "One of the great debates of our time is about how much of your money should be spent by the State, and how much you should keep to spend on your family. Let us never forget this fundamental truth: the State has no source of money other than the money people earn themselves. If the State wishes to spend more it can do so only by bothering your savings or by taxing you more. And it's no good thinking that someone else will pay, that's someone else is you. There is no such thing as public money, there is only tax-payer's money...No nation ever grew more prosperous by taxing its citizens beyond their capacity to pay..."

http://www.youtube.com/watch?v=_LwgmI8qWqk

Fonte: La Nuova Bussola Quotidiana, 09-04-2013

4 - EMMA BONINO: DAGLI ABORTI AL QUIRINALE?
Il nuovo libro di Danilo Quinto, ex tesoriere del Partito Radicale, ci svela l'icona laica della modernità e del potere
Autore: Paolo Deotto - Fonte: Corrispondenza Romana, 19/03/2013

Uno dei ritornelli frequenti nell'iperuranio frequentato dai salottieri chic e dai fedeli lettori di Repubblica è quello che dice: "Ora ci vuole una donna al Quirinale?". Perché? Mah, non si sa. Come è noto, i Depositari della Verità, allocati nelle auree (in senso proprio) sfere, non hanno bisogno di spiegare ciò che dicono, appunto perché sono Depositari della Verità. Magari un plebeo potrebbe obiettare che l'importante sarebbe che le cariche dello Stato venissero ricoperte da persone serie e competenti, che si possono trovare sia tra gli uomini, sia tra le donne. La democrazia però non è il governo del popolo, bensì il governo degli illuminati che dispensano al popolo ciò che Loro, e solo Loro, sanno che va bene. Ergo, ora ci vuole una donna al Quirinale. Punto e basta.
OK. Passiamo al secondo punto. Chi è questa donna, così affidabile, seria, imparziale, esperta da poter ricoprire la carica di Presidente della Repubblica. Ma che domanda! Emma Bonino, è chiaro, no? Il plebeo non può che chinare il capo, tanto più che l'informazione cosiddetta libera (forse libera dall'impegno di dire la verità) gli spiega che la Bonino è una specie di Wonder Woman. Consideriamo inoltre che il plebeo comunque non può interferire in alcun modo sull'elezione del Presidente o Presidentessa della Repubblica, perché, con una curiosa piroetta logica, il Capo dello Stato, lo dice la costituzione, "rappresenta l'unità nazionale", ma il popolo, ovvero la massa dei plebei (senza i quali non esisterebbe la nazione), è rigorosamente esclusa dal voto, che spetta al Parlamento a camere riunite, col surplus dei rappresentati regionali. Insomma, "Cosa loro".
Bonino Wonder woman. Chi ne vuole conferma, vada a farsi un giro sul sito della personaggia, [...] potrà leggere una biografia lunga tre pagine, dalla quale si deduce che se il mondo è stato in piedi negli ultimi decenni, ciò è accaduto solo grazie a Emma Bonino.
Già. Però a questo punto, il plebeo, che non è necessariamente scemo, inizia a chiedersi: ma una persona che soffre di un narcisismo così scatenato, sarà del tutto a posto con la testolina? Si sa, una domanda tira l'altra. E allora, tra noi plebei, cerchiamo di capire meglio chi sia la signora Emma Bonino, classe 1948.
La signora esordisce nella vita pubblica con la fondazione, assieme ad altre/i complici, del CISA (Centro Italiano Sterilizzazione Aborto). In sostanza si tratta di un posto dove si praticano aborti, ossia si ammazzano bimbi nel grembo materno. Tanto famosa quanto ripugnante è la foto [...] della Bonino che pratica un aborto con l'ausilio di una pompa da bicicletta.
Questa orrenda fotografia, che mostra Emma Bonino, ancor giovane, mentre esegue un aborto con l'ausilio di una pompa per bicicletta, non ha bisogno di commenti. Se sarà eletta al Quirinale, questa foto verrà posta nella parte centrale bianca del Tricolore?
Da subito la Bonino si palesa come una paladina dei "diritti", in quella speciale accezione per cui diviene "diritto" ogni desiderio, anche il più malsano. Nella stessa ottica la parola "libertà" sta a indicare la libertà di fare tutto ciò che si vuole, ovvero la libertà di perdere quei limiti e quella ragionevolezza che, insieme all'anima immortale, fanno dell'uomo un essere superiore alle bestie.
Peraltro il motivo conduttore di questa "lotta" per libertà e diritti è la morte. La signora Bonino non si risparmia. Chi vuole uccidere il proprio figlio deve essere libera di farlo, perbacco! Ma perché dovrebbe avere dei limiti chi vuole drogarsi? Lottiamo quindi anche per difendere il sacro diritto del tossicomane; è molto più difficile adoperarsi per salvarlo dal suo vizio, fatalmente mortale. Invece, mentre il clima culturale è sempre più stralunato, si può contrabbandare per "lotta per la libertà" un atteggiamento sciagurato che è, a ben guardare, come quello di chi, vedendo un aspirante suicida, anziché cercare di salvarlo, gli dia un aiuto a gettarsi dal ponte o a premere il grilletto della pistola.
Il galoppo pro-morte non conosce sosta. Dal momento in cui si disprezza la vita, è più che ovvio che anche un diabolico inganno come la cosiddetta "eutanasia" divenga un diritto. L'eutanasia poi è anche un ottima scappatoia per quanti, anziché avere il coraggio e l'amore per farsi carico di un parente o di un amico sofferente, cercare di confortarlo, di stargli vicino, se ne vogliono liberare.
Il partito radicale, la "rosa nel pugno", la "lista Bonino", non sono che le diverse sigle sotto cui questa signora ha sparso li suo messaggio da incubo. La morte l'affascina e l'accompagna. E infatti, dov'è che si genera la vita, dove può prosperare l'amore e la crescita armoniosa dei giovani? In famiglia, è ovvio. Non a caso la signora Bonino ha un altro settore di "lotta" (mamma mia, quanto lotta!): lo sfascio della famiglia, per ottenere il quale un passaggio obbligato è l'affermazione dei "diritti" degli omosessuali. Però, poiché nessuno ha mai negato agli omosessuali i diritti che hanno tutti gli altri cittadini italiani, anche qui interviene lo stralunamento del linguaggio, la fondamentale truffa nell'uso delle parole. Divengono "diritti" le cose più assurde, prima fra tutte il "matrimonio" tra omosessuali. Quando si perde la ragione, perché si perde il contatto con la realtà (l'ideologia e l'abbandono di Dio portano alla pazzia), tutto può accadere. Così accade che si parli di cose assurde, e per queste cose assurde si rompano le scatole a mezzo mondo, ben sapendo, come già insegnavano grandi maestri di marketing come Lenin e Goebbels, che ogni bugia, ripetuta mille volte diventa una verità. Parlare di "diritto" al matrimonio tra omosessuali è come parlare di "diritto" per un cieco di iscriversi al Tiro a Segno o di "diritto" di un sordomuto ad essere ammesso alla Scuola di Canto del Teatro alla Scala.
Tutte queste faccende sarebbero solo innocue fesserie, folclore di chi non ha di meglio da fare, se non fossero il pane quotidiano che ci viene somministrato da anni, con la violenza tipica dei radicali, gruppetto di esagitati che non hanno mai raccolto più di un pugno di voti, ma che traggono la loro forza dalla convinzione di essere nel "giusto e vero" e da disponibilità economiche eccezionali.
Col paravento delle loro "attività umanitarie", mentre lanciano campagne contro la fame nell'Africa, i radicali, Pannella e Bonino in testa, fanno da decenni un lavoro incessante di corruzione degli animi, ricorrendo senza scrupolo ad ogni mezzo. Ai tempi in cui infuriava la campagna per l'approvazione della legge sull'aborto, la famigerata 194, uno degli argomenti era quello di evitare che le donne morissero per gli aborti clandestini (quelli fatti con pompa da bicicletta andavano invece bene, erano igienici e democratici). Beh, in tale campagna si diffusero cifre tali per cui per anni sarebbero morte, in conseguenza di aborto clandestino, donne in numero ben superiore al totale delle donne in età feconda.
Ci sarebbe ancora tanto da raccontare su Emma Bonino, compresa la sua mai smentita partecipazione a quella grande mafia internazionale che risponde al nome di gruppo Bilderberg. Potremmo parlare della sua invidiabile posizione economica (pensioni da parlamentare europea e nazionale), in un'Italia che sta finendo alla fame. Potremmo parlare della sua partecipazione a quella formidabile macchina mangiasoldi che è il partito radicale, che non rappresentando quasi nessuno, riesce però ogni anno, anche con l'escamotage dei finanziamenti a "Radio Radicale", a rastrellare svariati milioni di euro di danaro pubblico.
Ma questa non è che la prima puntata. L'argomento è interessante e merita ulteriori pagine, che saranno scritte anche, per il sollievo dei lettori, da colleghi più bravi di me.
L'argomento è interessante e importante perché dobbiamo fare il possibile e l'impossibile perché sia ben nota e conosciuta questa losca figura, e qualcuno magari provi un po' di vergogna nel proporla come Presidente di un Paese civile e di grande tradizione come l'Italia. Se una Bonino dovesse rappresentare "l'unità nazionale", ossia tutti noi, sarebbe giocoforza trovarsi di fronte al dilemma: o rinunciare alla cittadinanza o, meglio, eliminare la presidentessa. Parliamo di eliminazione in senso politico, a scanso di equivoci...
Intanto pensiamo che per tutti sia di grande utilità leggere due libri, entrambi scritti da Danilo Quinto, un uomo che ha dimostrato di possedere gli attributi, così fuori moda nella nuova era degli efebi sognanti, e dopo anni e anni di militanza nel partito radicale, di cui era tesoriere, è riuscito a liberarsi dall'abbraccio mortale di Pannella.
Il primo libro, ormai arcinoto, si intitola "Da servo di Pannella a figlio libero di Dio. Attraverso la più formidabile macchina mangiasoldi della partitocrazia italiana per arrivare a Cristo". In questo libro si spiega il modus operandi dei radicali, sotto la guida illuminata di Pannella, e la loro voracità, e tante altre cose ancora, molto istruttive.
Ma ora Danilo Quinto ha terminato un altro libro, che sarà in vendita tra pochi giorni. Si intitola "Emma Bonino. Dagli aborti al Quirinale? Come si diventa un'icona laica della modernità e del potere".
Entrambi i libro sono editi da Fede & Cultura, Verona.
Come vedete, si tratta di uno strumento utilissimo per conoscere meglio la personaggia che diversi incoscienti, per i più diversi motivi, da destra come da sinistra, sarebbero pronti a votare per la carica di Presidente della Repubblica.
Anche la plebe, alla quale noi tutti "non iniziati" apparteniamo, però ha diritto di rompersi le scatole, perché a tutto c'è un limite, e nessuno può imporre, come simbolo della Nazione, chi da sempre ha lavorato e lavora per distruggere ciò che di buono e santo c'è tuttora nel popolo italiano, che ha costruito la sua grandezza sulla Tradizione e che ora sguazza, suo malgrado, nella fogna del relativismo e del nichilismo.
Ci risentiamo presto, e non perdiamo la speranza di essere rappresentati al Quirinale da una persona civile. Potrebbe anche accadere. Di certo non accadrà se cederemo alla pigrizia e al fatalismo.

Fonte: Corrispondenza Romana, 19/03/2013

5 - I PROGRAMMI DI EDUCAZIONE SESSUALE PER I BAMBINI IN CROAZIA SONO STATI REDATTI DA PEDOFILI
Con i seguenti scopi: fornire carne fresca per le voglie di adulti perversi, sdoganare l'omosessualità e altri disordini come normali, rendere i giovani dipendenti dal sesso
Autore: Josip Horvaticek - Fonte: La nuova Bussola Quotidiana, 04/04/2013

I programmi di educazione sessuale per i bambini recentemente imposti in Croazia, ma già attuati in molti paesi secondo il metodo Kinsey, sono stati redatti da pedofili. E' quanto sostiene la studiosa americana Judith Reisman che, invitata recentemente in Croazia per una serie di incontri e conferenze legate alla recente introduzione di (sconvolgenti) corsi di educazione sessuale, ha anche dimostrato i legami di questa lobby con la Fondazione Soros.
Judith Reisman, in passato consulente dell'FBI nonché del Parlamento e di diversi ministeri statunitensi, è uno dei maggiori esperti mondiali sul malfamato Kinsey Institute e il suo fondatore, Alfred Kinsey. La dottoressa Reisman ha dolorosamente vissuto in prima persona gli effetti della diffusione delle teorie di Kinsey: una figlia di dieci anni è stata stuprata da un violentatore seriale tredicenne, accanito lettore di Playboy. Dopo avere constatato come molte persone giustificassero questo atto affermando che forse la figlia era stata consenziente poiché i bambini sarebbero esseri sessuali, cioè desidererebbero il sesso, fin dalla nascita - una delle teorie di Kinsey -, la Reisman ha iniziato a studiare gli effetti di queste teorie, constatando come esse abbiano provocato nel secondo dopoguerra una diffusione esponenziale della pornografia e della pedofilia.
Considerate queste premesse, non sorprende che, una volta appreso dell'arrivo di Judith Reisman, i media croati di sinistra e laicisti, che appoggiano il governo nel suo programma di educazione sessuale, abbiano allestito una vera e propria propaganda di guerra nei confronti della scienziata americana, fatta di menzogne, insulti personali e diffamazioni, tra le quali quella di essere una «negatrice dell'Olocausto», il che, detto di un'ebrea americana che ha perso la maggior parte del ramo europeo della sua famiglia nei campi di concentramento nazisti, ha rappresentato un segno di inciviltà e arretratezza culturale veramente deprecabili.
I toni non sono scesi neppure durante la sua permanenza in Croazia. Al termine della lezione tenuta presso la Facoltà di Scienze Politiche, la dottoressa Reisman è stata aggredita verbalmente dal preside della medesima Facoltà, Nenad Zakošek. Alcune forze politiche di governo hanno cercato di impedire una conferenza della studiosa americana nel Parlamento croato, mentre il previsto dibattito alla Facoltà di Filosofia tra la dottoressa Reisman e il prof. Aleksandar Štulhofer, discepolo di Kinsey e ideatore del programma di educazione sessuale adottato dal Ministero croato per l'istruzione, è stato sospeso per 'motivi di ordine pubblico' a causa della ressa, creata ad arte dai gruppi appartenenti alla galassia omosessuale, che si è creata nell'aula dove il dibattito si sarebbe dovuto tenere.
Un improvviso 'problema tecnico' ha interrotto subito dopo l'inizio la proiezione del documentario su Kinsey del giornalista britannico Timothy Tate, collaboratore della dottoressa Reisman, in uno dei più grandi e moderni cinema di Zagabria alla presenza dell'autore e di circa 800 persone (tale problema non si era presentato nella proiezione di prova del DVD né a un successivo tentativo a porte chiuse compiuto in un altro locale). Un altro guasto, questa volta al sistema di amplificazione, ha poi impedito alla dottoressa Reisman e a Tate di tenere un'improvvisata conferenza dal palco del cinema che sostituisse la proiezione del film.
Questi avvenimenti hanno peraltro provocato la durissima reazione della sezione croata del Comitato di Helsinki.
In ogni caso la Reisman ha avuto modo di stupire i suoi ascoltatori non solo illuminando la figura di Alfred Kinsey (in Parlamento, davanti agli attoniti parlamenmtari del centro-destra che l'avevano invitata, lo ha definito il «pedofilo che ha cambiato il mondo» e uno «psicopatico sessuale che ha contaminato le nostre famiglie, la nostra cultura, le nostre leggi»), ma soprattutto ricostruendo l'origine dei programmi di educazione sessuale imposti alla Croazia. La studiosa americana ha rivelato come il professor Štulhofer abbia scritto un libro con lo studioso olandese pedofilo Theo Sandford, attualmente professore presso la Columbia University. Va notato che Sandford non è un esimio professore universitario con inconfessabili vizi privati, bensì un pedofilo dichiarato, co-fondatore e redattore della rivista olandese in lingua inglese di pedofili dichiarati Paidika, nonché autore di uno studio che si può trovare anche in rete dal titolo Boys on their contacts with men: a study of sexually expressed friendships (I ragazzi maschi nei contatti con gli uomini adulti: uno studio di amicizie espresse sessualmente), che non si limita a compiere un'indagine sulla pedofilia, ma esprime sulla stessa una chiara valutazione positiva.
In una successiva conferenza stampa, il giornalista inglese Timothy Tate ha poi affermato come Štulhofer abbia avuto non solamente uno, bensì tre collaboratori pedofili dichiarati e propagandisti della liceità della pedofilia, e cioè - oltre a Sandford - il sessuologo americano Vern Bullough, scomparso nel 2006, e il sessuologo tedesco Erwin J. Haeberle.
Bullough è stato, come Sandford, cofondatore e redattore di Paidika. Nella dichiarazione di intenti relativa a questa pubblicazione, egli afferma: «Il punto di partenza di Paidika è necessariamente la coscienza del nostro essere pedofili. Consideriamo la pedofilia come un rapporto sessuale consenziente tra persone di generazioni diverse».
In un'intervista concessa nel 1978 alla rivista pornografica americana Hustler, Haeberle ha invece affermato che è del tutto normale avere rapporti sessuali con bambini, i quali dovrebbero avere libero accesso ai libri per adulti – cioè pornografici – ed essere liberi di scegliere i propri partner sessuali, ivi inclusi gli adulti. Questo pedofilo dichiarato è stato membro dal 1977 al 1988 dell'Institute for Advanced Study of Human Sexuality, che ha redatto la maggior parte dei programmi di educazione sessuale nel mondo, corredato di fotografie pornografiche anche di bambini in seguito vendute a Hustler.
Una prova della stretta collaborazione tra Štulhofer e questi colleghi sessuologi pedofili è l'avere fatto parte tutti e quattro del comitato organizzatore di un convegno internazionale di sessuologi tenutosi a Dubrovnik, in Croazia, nel 2001 e finanziato dalla fondazione Soros.
Della stessa tendenza è un altro collaboratore di Štulhofer, il sessuologo tedesco Gunther Schmidt, il quale ha scritto la prefazione al libro di Sandford Male Intergenerational Intimacy (trad.: Intimità intergenerazionale tra maschi), affermando tra l'altro: «La minaccia che tutti gli atti di pedofilia vengano puniti dalla legge molto difficilmente potrebbe essere considerata un'azione degna di una società civile … Ciò rappresenta una discriminazione e la persecuzione di una minoranza, e quindi tali disposizioni di legge andrebbero abrogate».
Judith Reisman ha quindi provato che il programma di educazione sessuale imposto in Croazia, preparato secondo il metodo Kinsey dal prof. Štulhofer, è simile, quanto ai suoi tre scopi principali, a quasi tutti i programmi di educazione sessuale adottati a livello mondiale. Si tratta cioè del tentativo di sessualizzare i bambini e fornire 'carne fresca' per le voglie malsane di adulti perversi, di sdoganare l'omosessualità e altri gravi disordini della personalità come normali manifestazioni della sessualità umana, nonché di rendere i giovani dipendenti dal sesso a tutto vantaggio dell'industria della pornografia e dei preservativi, e ciò con il pretesto della lotta alle malattie trasmissibili sessualmente.
La presenza della dottoressa Reisman in Croazia ha provocato un terremoto che ha fatto vacillare i palazzi della politica, e ha indotto il governo a muoversi anche per vie diplomatiche. Secondo quanto rivelano fonti della Curia romana, l'ambasciatore croato presso la Santa Sede, Filip Vucak, avrebbe avuto un incontro con il segretario per i rapporti con gli Stati, mons. Dominique Mamberti, allo scopo di ammorbidire la posizione della Chiesa sulla questione, ricevendo un netto rifiuto da parte del suo interlocutore vaticano.
In un Paese democratico, la presentazione delle prove inconfutabili degli stretti legami di collaborazione tra l'ideatore di questo programma e i circoli pedofili, oltre a conseguenze di natura penale per l'interessato, avrebbe portato alle immediate dimissioni di Štulhofer e di tutti i funzionari del Ministero dell'Istruzione coinvolti nell'elaborazione del programma, ivi incluso lo stesso ministro. Non così nella Croazia di oggi che si appresta a entrare nell'Unione Europea. Anzi, passato il "terremoto" Reisman, i media di regime hanno fatto calare il silenzio sulla vicenda, e Štulhofer viene spesso chiamato in televisione a pontificare su questioni di sessualità, specialmente infantile (!) e giovanile, mentre nelle scuole elementari vengono proposti ai bambini di dieci anni temi di 'lingua croata' in cui si rappresentano situazioni esplicitamente sessuali.

Fonte: La nuova Bussola Quotidiana, 04/04/2013

6 - IL GENOCIDIO DI CUI NESSUNO PARLA: 400 MILIONI DI ABORTI IN CINA (IMPOSTI DALLA LEGGE DEL FIGLIO UNICO)
L'Unione europea e Obama, che si prendono i premi Nobel per la pace, non si sognano nemmeno di inviare al regime cinese un vagito delle loro diplomazie
Autore: Antonio Socci - Fonte: Libero, 07/04/2013

Quella dei regimi comunisti, nel mondo, è una carneficina senza fine, che però continua a lasciare tutti indifferenti. Non sappiamo se il prossimo loro crimine sarà una guerra atomica scatenata in Asia dalla Corea del Nord, come si teme in questi giorni.
Ma si sa che l'ultimo orrore è stato perpetrato e quantificato nei giorni scorsi dal regime cinese, protettore di quello nordcoreano, passando quasi inosservato, sebbene si tratti di un numero di vittime oceanico, senza eguali nella storia.
Due settimane fa il Ministero della Salute di Pechino – con i toni trionfali di chi rivendica un grande successo – ha comunicato che negli ultimi quarant'anni, cioè in pratica da quando è stata imposta la famigerata legge sul figlio unico, sono stati fatti in Cina quasi 400 milioni di aborti.
 
RAGIONERIA DELL'ORRORE
Il dato diffuso dalle agenzie parla infatti di 336 milioni di aborti (13 milioni nel solo 2012) a cui si dovrebbero sommare – dice l'agenzia Agi China – "403 milioni di donne sottoposte (spesso con la forza) all'introduzione di dispositivi anticoncezionali intrauterini" (le spirali in una certa percentuale hanno anch'essi effetti abortivi).
E' vero che non si riesce nemmeno a focalizzare col pensiero una strage così immane. Infatti, secondo una cinica affermazione attribuita a Stalin, un morto è una tragedia, milioni di morti sono una statistica.
Tuttavia ci troviamo di fronte a una cifra che deve sconvolgere: basti solo pensare che l'intera Seconda guerra mondiale fece 50 milioni di morti (compresi bomba atomica e lager).
Marcello Flores, nel libro "Tutta la violenza di un secolo", parlando appunto del secolo XX, indica la Seconda guerra mondiale, "con i suoi cinquanta milioni di morti" come "l'evento più distruttivo del XX secolo e forse della storia umana".
Ebbene con la notizia diffusa dal regime cinese – per numero di vite umane soppresse – siamo davanti a quasi otto volte la Seconda guerra mondiale.
E' la più colossale strage di vite umane che sia mai stata compiuta da uno Stato. Infatti in questo caso si tratta di un orrore di stato perché non siamo di fronte ad aborti volontari, ma perlopiù imposti per legge dal regime, non di rado con modalità feroci.

ORRORE QUOTIDIANO
Con 1500 aborti ogni ora le storie orribili sono all'ordine del giorno. Il mese scorso è trapelata la vicenda di una donna di 33 anni e del marito, che vivono nella provincia orientale dell'Anhui.
Avevano già un figlio, ma lei è rimasta di nuovo incinta. Per il regime questo nuovo bimbo era illegale.
Così i due hanno provato a nascondere la gravidanza, che era già al settimo mese, quando un vicino ha fatto la spia e sono arrivati i funzionari.
Per far vivere il bambino il regime pretendeva una multa salatissima che i genitori non erano in grado di pagare così venerdì 22 marzo la donna è stata presa a forza e su ordine delle autorità è stata fatta un'iniezione letale al bambino nel suo grembo.
Il piccolo era totalmente formato e – se non fosse stato soppresso con quell'iniezione – poteva già nascere vivo. Il padre disperato ha fatto una foto al corpo del piccino e l'ha postata su internet facendo grande impressione.
Anche la giovane Feng Jianmei, nella regione dello Shanxi, era al settimo mese di gravidanza. Si era opposta ai funzionari del Family planning arrivati mentre era sola in casa (il marito era a lavoro).
Così fu picchiata e trascinata su un veicolo. Costretta ad abortire poi si trovò il piccolo corpo del figlio nel letto vicino.
Sono storie da un mare di orrore. Chai Ling, coraggiosa voce del dissenso, ha denunciato: "E' il più grande crimine contro l'umanità attualmente in atto, lo sventramento segreto e inumano di madri e figli, un Olocausto infinito che va avanti da trent'anni".
La caratteristica orripilante della tragedia cinese è proprio l'obbligatorietà degli aborti. Questo fra l'altro dovrebbe trovarci tutti unanimi nella condanna.

MIOPIA E INDIFFERENZA
Perché pure i radicali – che hanno sull'aborto le loro idee – si trovano a condannare l'aborto imposto dal regime alle donne cinesi (ricordo di aver sentito Massimo Bordin su Radio radicale). Ma dunque perché, di fronte alle cifre oggi emerse, nessuno denuncia quest'immane carneficina?
Oltretutto la disumanità del regime che sbandiera questa "statistica" come un successo è pure miope perché la voragine demografica che si è così prodotta sta provocando e provocherà in futuro una destabilizzazione, anche economica, oltreché negli equilibri sociali, dalle conseguenze incalcolabili (peraltro, siccome si è trattato perlopiù di un femminicidio, oggi in Cina c'è un eccesso di quasi 40 milioni di maschi e si ricorre a una "importazione" di donne dai paese vicini).
Quello che più colpisce – a distanza di alcuni giorni dalla diffusione della notizia – è l'assoluta indifferenza del mondo.
La Cina sta marciando a tappe forzate verso il traguardo di prima potenza mondiale e nessuno si permette di eccepire di fronte all'orrore.
L'Onu che – con la sua Commissione dei diritti umani – solo due mesi fa ha condannato Israele per gli insediamenti in Cisgiordania invitando la comunità internazionale a valutare perfino sanzioni economiche e politiche contro Gerusalemme, ha forse proferito parola su quei 330 milioni di vite umane soppresse dal regime cinese? No, niente.
E l'Europa dove magari si solleva un caso contro il governo dell'Ungheria in cui non è stata fatta alcuna strage? E i paesi europei, così sensibili ai diritti umani da scatenare addirittura una guerra contro la Libia di Gheddafi che ha portato al rovesciamento del regime?
E un uomo di principi umanitari e di fede cattolica come Romano Prodi – che è stato presidente della Commissione europea e oggi rappresenta l'Onu in Africa – ha forse alzato la sua voce indignata contro una simile tragedia di Stato?
Non ce ne siamo accorti. Eppure Prodi ha rapporti storici con la Cina, come pochi altri leader occidentale (è anche professore alla Ceibs – "China Europe International Business School" – a Shanghai).
Nel sito internet di Prodi c'è il resoconto del suo ultimo viaggio a Pechino, nel gennaio scorso, durante il quale, secondo Radio Cina Internazionale, "il membro dell'Ufficio politico del Comitato centrale del PCC Li Yuanchao ha positivamente valutato le relazioni sino-italiane e sino-europee… Dal canto suo, Prodi ha altamente apprezzato gli enormi risultati dello sviluppo acquisiti dal PCC alla guida del popolo cinese. Egli ha aggiunto che i vari ambienti italiani guardano con attenzione al rafforzamento delle relazioni con la Cina, e continueranno ad impegnarsi per promuovere lo sviluppo dei rapporti fra Italia e Cina e fra Europa e Cina".
 
APPELLO
Dunque Prodi ha "altamente apprezzato" gli "enormi risultati" conseguiti dal Partito comunista cinese. Ma non si potrebbe far sapere ai compagni cinesi che quella legge di cui menano vanto ha provocato un orrore incommensurabile e inaccettabile?
Non si potrebbe sommessamente osservare che un genocidio di 336 milioni di vite umane innocenti è il più vasto crimine della storia che sia stato commesso da uno Stato?
Il presidente Prodi, che da sempre professa saldi principi democratici, la difesa rigorosa dei diritti umani e ha una visione della società improntata a forti valori morali, non ritiene che una simile carneficina meriti almeno una parola di protesta?
E così l'Unione europea e Obama che si prendono i premi Nobel per la pace, ma non si sognano nemmeno di inviare al regime cinese un vagito delle loro diplomazie.
Il cosiddetto mondo democratico digerisce tranquillamente, nella più completa indifferenza, l'orrore. Come l'opinione pubblica: lo facciamo continuando a rappresentarci come anime pure, progressiste e piene di ideali umanitari.
L'antico silenzio degli intellettuali e dei media sui crimini del comunismo si somma oggi alla tranquilla accettazione della Cina comunista come nuovo potere planetario, con genocidi annessi.
Cosa diranno di noi i posteri?

Fonte: Libero, 07/04/2013

7 - LE DONNE DI BERLUSCONI CHE HANNO CAUSATO LA ROVINA DELL'ITALIA
I nomi del fallimento non sono Ruby, Minetti e D'Addario, bensì Prestigiacomo, Brambilla e Carfagna
Autore: Massimo Viglione - Fonte: Il Giudizio Cattolico, 06/04/2013

Non è delle olgettine, di feste, "signore" o "escort" – reali o meno – che si vuole parlare in questo articolo, già fin troppo si è detto a riguardo. Chi scrive fa di mestiere il docente e il ricercatore di storia, e conosce la storia: e bene specificare questo perché chi conosce la storia non può far finta di meravigliarsi perché un uomo di potere, per giunta fra i più ricchi del mondo, abbia amanti e si diverta immoralmente: un conto infatti è la piena condanna morale del fatto in sé, sulla quale non possono esservi dubbi, un conto la consapevolezza empirica dell'animo umano: chi conosce la storia sa molto bene quale presenza ingombrante siano molto spesso state le donne per gli uomini di potere di tutti i tempi e luoghi.
In tal senso, ben più insopportabile riesce l'intollerabile ipocrisia di schiere e schiere di politici, giornalisti, "opinion-men and women" che si scandalizzano per Berlusconi mentre da una vita si fanno paladini del sesso emancipato, della famiglia allargata, della droga libera, dell'aborto, dell'omosessualismo, della pornografia, ecc. ecc.
Ma chi scrive è anche e anzitutto cattolico e ritiene che il problema che invece deve scandalizzare non solo moralmente ma anche politicamente è il fatto che con Berlusconi la rovina sta sempre nelle donne, ma non tanto quando si chiamano Polanco, Minetti, D'Addario o chissà come, quanto soprattutto quando si chiamano Prestigiacomo, Brambilla, Carfagna. Perché la colpa di costoro non è quella di essere andate o meno a qualche festa di Berlusconi, ma quella di cospirare, nel loro ruolo di ministre della Repubblica Italiana prima, e di onorevoli (con non lievi possibilità di ritorno alle cariche ministeriali) oggi, contro ogni residuo di civiltà cristiana ancora rimasto.
Minetti e D'addario sono quello che sono, ma non cospirano contro l'ordine cristiano e naturale; le tre suddette deputate non sono invece Minetti e D'Addario, ma cospirano contro l'ordine cristiano e naturale.
E questo è il vero imperdonabile vulnus che Berlusconi, da sempre dichiaratosi cattolico, ha inferto ai cattolici italiani.
Nel 2011 il ministro Brambilla diede il patrocinio del Ministero del Turismo all'Expo del Turismo Gay che si tenne a Bergamo il 23-24 settembre. La motivazione era la seguente: «Trovo che nel nostro Paese il pregiudizio nei confronti dei gay sia ancora radicato oltre che ingiusto. Quindi anche il patrocinio ad una fiera specializzata può servire ad agevolare un cambiamento culturale di cui c'è davvero bisogno». Testuali parole della ministra, che, come noto, è anche convinta animalista, sempre in prima linea nella guerra alla caccia, nella guerra al Palio di Siena e perfino alle carrozzelle delle nostre città d'arte... In una parola, sempre in prima linea nella guerra alle nostre più antiche e sane tradizioni.
Ci sarebbe piaciuto poter rivolgere in quei giorni al Presidente del Consiglio la seguente domanda: una ministra che è contro la caccia (come se i cacciatori fossero assassini, o come se prima o poi dovessimo tutti smettere di mangiare la carne per sempre: è forse questa la reale volontà della ministra? Vogliamo forse dirla la verità, e cioè che la Brambilla è un'animalista estremista, di quelle che odiano l'umanità in quanto tale e vogliono sovvertire l'ordine del creato?), che è contro il Palio di Siena, uno dei maggiori simboli per antonomasia della civiltà italiana, che è contro anche le carrozzelle, che da secoli accompagnano cittadini e turisti alla scoperta degli angoli meravigliosi e poco conosciuti delle nostre città d'arte, e di contro è a favore dell'omosessualismo e ha utilizzato un ministero della Repubblica per favorire la diffusione organizzata e perseguita di tale pratica, chi rappresenta? Gli Italiani? In particolare, gli italiani che hanno votato centro-destra? Soprattutto, i cattolici?
E non dimentichiamo la ormai più datata ed esperta Stefania Prestigiacomo, che in tempi non sospetti già si faceva paladina delle coppie di fatto e dei diritti degli omosessuali (quando era lei ministro delle Pari Opportunità assumeva specificamente "gay" al suo ministero). Chi rappresentava la ministra Prestigiacomo? Chi l'aveva voluta? Chi la vuole?
Stesso discorso per il ministro per le Pari Opportunità Mara Carfagna, che dopo una iniziale presa di posizione in difesa della famiglia naturale nel 2007 passò dall'altra parte della barricata, divenendo anch'ella (forse per consiglio del suo amico Italo Bocchino?) fiera e coerente sostenitrice dei cosiddetti "diritti" degli omosessuali.
Oggi la Carfagna, non è più ministro ma sempre sulla breccia berlusconiana, ne ha fatta un'altra delle sue: ha ufficialmente sostenuto la candidatura di Emma Bonino alla Presidenza della Repubblica.
Credo che atto politico peggiore di questo non possa essere facilmente immaginato. I radicali stanno scomparendo da anni, e se non scompaiono è solo grazie all'aiuto dei media e di occulti e non occulti finanziatori. Ma, a parte questo, rappresentano quell'Italia degli anni Sessanta che oggi nessuno vuole più ricordare, nemmeno i più progressisti. La foto della Bonino che con una pompa di bicicletta attua un aborto a una donna è segno inequivocabile di cosa fossero (e siano) i cosiddetti "diritti civili" propugnati dalla cosiddetta "società civile" legata ai radicali, a Repubblica e al progressismo – anche "cattolico" – in genere.
La Bonino è assolutamente non solo indifendibile umanamente, ma anche insignificante politicamente ormai. Eppure, la si vuole rilanciare ancora una volta, come sorta di espressione mummificata del radicalismo femminista, abortista e antiproibizionista, simbolo di un mondo assolutamente minimale in termini numerici ma ancora potente mediaticamente ed economicamente. Quello che però è scandaloso, è che sia ancora una volta un'esponente del centro-destra a lanciare – addirittura verso il Colle del Quirinale – il sasso dell'aborto e della droga liberi, dei manicomi spalancati e dei terroristi assassini in parlamento, della dissoluzione di ogni forma di ordine naturale e civile.
Questo è intollerabile, e occorre che il mondo cattolico, che ancora vota per Berlusconi (anche magari solo per disperazione) se ne renda conto, pena la complicità morale.
Non basta dire che Berlusconi deve tenere i piedi nelle due staffe del mondo laico liberale da un lato e cattolico dall'altro nella speranza di tornare al governo. Proporre la Bonino al Quirinale non vuole dire tenere un piede in una staffa: vuol dire avallare il peggio della politica italiana per porlo al gradino più alto della Repubblica: e questo è inaccettabile e intollerabile, non trova alcuna giustificazione di alcun genere, tantomeno politica.
Sia ben chiaro: le tre ex ministre sono in fondo anche tre frustrate (come ogni tanto, cedendo alla loro natura femminile, danno a vedere), in quanto alla fine i governi Berlusconi non hanno ceduto quasi in nulla alle loro aberranti richieste. Ed è anzi loro merito l'avere almeno in parte costituito un muro all'avanzata delle lobby omosessualiste. E, sappiamo tutti molto bene, che un prossimo governo di centro-sinistra segnerebbe la catastrofe per l'Italia anche e anzitutto da questo punto di vista. Ma proprio per questo una Bonino al Quirinale sarebbe come aggiungere benzina all'incendio devastatore della sovversione anticristiana e antinaturale sempre più in atto.
Rimane quindi il problema di Berlusconi e delle sue donne, quelle delle feste e quelle dei ministeri. Sulle prime, possiamo indignarci, ma è un'indignazione morale e, in fondo, la sapienza della vita cristiana ci insegna che spetta a Dio il giudizio; sulle seconde invece dobbiamo indignarci, e il nostro senso morale, naturale e cristiano, ci impone di non accettare mai più la possibilità politica (ancor prima che morale) che simili deputate (e magari nuovamente ministre) possano usufruire dei fondi – che sono le tasse che noi paghiamo – e del potere mediatico e politico per sostenere ciò che è sempre moralmente e politicamente inaccettabile e condannabile. E in questo non possiamo e non dobbiamo aspettare il giudizio di Dio: questo è compito nostro.
Altrimenti saremo anche noi complici: non dell'Olgettina, ma complici del processo di distruzione della nostra civiltà.
Ciò che stiamo vivendo giorno dopo giorno, anno dopo anno, governo dopo governo, è un vero e proprio sconvolgimento della nostra identità spirituale, morale, civile, politica: mentre ci vogliono togliere la carne dai nostri piatti, il gusto del tutto naturale e virile della caccia, i cavalli dalle nostre carrozzelle, il Palio di Siena (e quindi tutte le altre tradizionali feste con animali, che sono decine e decine in tutta Italia) dalle nostre contrade, le feste dei santi patroni dalle nostre piazze, ci vogliono rifilare l'omosessualismo di massa come "progresso" doveroso, per raggiungere "un cambiamento culturale di cui c'è davvero bisogno" e ora anche l'abortismo e l'antiproibizionismo al Quirinale.
Per questo, alle prossime elezioni (vicine o meno che siano), dovremmo riuscire a far sentire tutto il peso del voto cattolico che ponga come ultimatum allo schieramento di centro-destra la cancellazione politica delle ministre e dei politici, sindaci e intellettuali arrivisti e di tutti coloro, maschi e femmine, che si rendano complici costruttori, dall'alto dei loro potentati, di un mondo rovinato, immorale e a-civile.
Non è più il tempo di indulgere sui valori non negoziabili, anche troppo lo abbiamo fatto. È tempo di lottare per salvare il nostro futuro, quello dei nostri figli e della nostra società e civiltà.
Qualcuno pensa che il centro-destra sia ormai immodificabile? Allora non si può più restare a guardare. E nemmeno soltanto a scrivere articoli su riviste o siti web di settore. Occorre iniziare a pensare e realizzare nuove forme di organizzazione civile e politica per porre freno allo sfacelo generale della nostra povera Italia. Non solo per ragioni – oggi giustificatissime e più che mai impellenti – economiche, quanto anzitutto per ragioni morali e civili. Occorre che i cattolici si organizzino per costruire di nuovo una società umana, senza dare fiducia a nessuno che non sia certamente e pienamente dalla parte di Gesù Cristo, della Chiesa e della nostra Tradizione.

DOSSIER "SILVIO BERLUSCONI"
La politica, il calcio, le donne e le televisioni

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Fonte: Il Giudizio Cattolico, 06/04/2013

8 - IL CARDINALE TAURAN ANNUNCIA L'ELEZIONE DEL PAPA E C'E' CHI LO PRENDE IN GIRO PER IL MORBO DI PARKINSON
Humor osceno e grossolano, spiritosaggini, noia: ormai internet è pieno di bestemmie e offese gratuite al cristianesimo (senza reazione da parte di nessuno)
Autore: Davide Greco - Fonte: nocristianofobia.org, 21/03/2013

Sembrerà incredibile ma, mentre veniva annunciato Papa Francesco dal Cardinale Jean-Louis Pierre Tauran, c'era qualcuno che non stava affatto pensando all'emozione del momento, ma a come riderci sopra.
La sofferta lettura del Cardinale, unicamente motivata dal morbo di Parkinson, deve aver divertito un nutrito gruppo di superficiali spettatori. Senza il minimo rispetto né per le condizioni di salute di un uomo che soffre, né per l'alto valore della circostanza, alcuni sono corsi su Facebook per aprire una nuova pagina.
Con l'immediatezza spaventosa del web ecco pronta, in poco meno di un'ora: "Il Tossico che ha annunciato il Papa – L'uomo che si è fatto la fumata bianca". Una pagina che prende in giro, in modo pesante, la dizione di Tauran facendolo passare per un individuo ammorbato dai vizi.
Lo spazio è piaciuto sin da subito e ha raggiunto in brevissimo tempo un numero di "Mi piace" che molti esperti nel settore faticherebbero ad ottenere in mesi. Ad oggi, 21 marzo, sembra essersi stabilizzato sui 45.706. Nel frattempo è stata creata un'altra comunità, praticamente identica, che ha raggiunto i 10.354 "Like".
Non potevano non seguire ampie proteste per l'ignobile gusto ironico. Tuttavia, la cosa più incredibile è che i creatori o i fan di queste pagine nemmeno si sono sognati di mettere in discussione il loro gesto. Anzi, hanno sottolineato la vena umoristica della loro iniziativa, innescata da "nessun pregiudizio". Per contro sono partiti ad accusare i cattolici di falsa moralità, di cattiveria e di crudeltà di ogni genere. In fondo, dicono, lo si fa "solo per scherzare".
Neanche il minimo dubbio che in questo modo si ridicolizzi la sofferenza della malattia. Ad essere preso di mira non è solo il Cardinale Tauran, ma tutti coloro che combattono contro il Parkinson e che ogni giorno vedono perdere, senza scampo, pezzi della loro personalità.
Non so se chiamarla crudeltà, stupidità o semplice ignoranza, sta di fatto che l'ostilità verso il mondo cattolico è ormai diventato un puro divertissement. Una specie di svago.
Qualcosa di molto più banale che non la strutturata propaganda anti-cristiana, dove comunque un minimo di cultura e di intelligenza sono richieste. No, si tratta di qualcosa di molto più fastidioso, perché ormai entrato nel "modo di fare" di molte persone.
Non è distante da quella tendenza alla bestemmia divertita che abbiamo evidenziato qualche tempo fa. Anche lì si incrociano humor osceno e grossolano, spiritosaggini, noia. Con una piccola differenza: le pagine dedicate alla bestemmia sono tantissime anche solo in lingua italiana e sono una peggio dell'altra.
Ma fanno parte dello stesso "mood", di chi trova intelligente e spiritoso sparare a zero sulla Chiesa e sui suoi valori. Spirito, per altro, condiviso anche da una buona fetta degli intellettualoidi che dovrebbero invece dare il buon esempio. Tanto, è "solo per scherzare", no?
Poi mi si venga a dire che questo relativismo divertito e snob è molto più sano e giusto di un Papa che ferma la propria auto nella folla per abbracciare Cesare Cicconi, bloccato a letto da quando aveva otto mesi.
No, quello di Papa Bergoglio non era uno scherzo. Ma ha dato molta più gioia di qualsiasi battuta.

Fonte: nocristianofobia.org, 21/03/2013

9 - OMELIA III DOMENICA DI PASQUA - ANNO C - (Gv 21, 1-19)
Pasci i miei agnelli
Fonte Il settimanale di Padre Pio, (omelia per il 14/04/2013)

Gli Apostoli erano andati a pescare, ma senza esito. All'alba, un uomo, che ancora non avevano riconosciuto, sulla spiaggia dice loro: "Gettate la rete dalla parte destra della barca e troverete" (Gv 21,6). Obbediscono e prendono una grande quantità di pesci. Allora, quel discepolo che Gesù amava, ossia Giovanni, disse a Pietro: "E' il Signore!" (Gv 21,7). Notiamo subito una cosa: Giovanni è sempre il primo, il primo a credere nella Risurrezione del Signore e il primo a riconoscerlo sulla spiaggia del mare. Giovanni è il primo perché è colui che ama di più. E' sempre l'amore ad aprire il nostro cuore al dono della fede. Al sepolcro Giovanni fu il primo a credere alla Risurrezione di Gesù, ma lasciò che fosse Pietro il primo ad entrare nel sepolcro vuoto; sulla barca Giovanni fu il primo a riconoscere Gesù, ma fu Pietro che per primo lo raggiunse, buttandosi in mare. Questo particolare ci fa comprendere che il vero amore a Gesù è sempre rispettoso della gerarchia voluta da Dio. Pietro era il primo nell'autorità e Giovanni fu sempre obbediente a questa volontà divina. Così dobbiamo fare anche noi: dobbiamo obbedire ai legittimi pastori della Chiesa non perché amano il Signore più di noi: dobbiamo obbedire ai legittimi pastori della Chiesa non perché amano il Signore più di noi (a volte potrebbe essere il contrario), ma perché hanno ricevuto da Dio la missione di governare la Chiesa.
Quando infine erano tutti sulla spiaggia e stavano consumando il pasto, Gesù, per ben tre volte, chiese a Pietro se lo amava. Pietro si rattristò di questa insistenza, e disse: "Signore, tu sai tutto; tu sai che ti voglio bene" (Gv 21,17). Egli comprese bene il significato di quella triplice domanda: per tre volte aveva rinnegato il Signore, ora per tre volte gli viene chiesto se amava il Signore. Egli doveva riparare per tre volte il suo triplice rinnegamento. Questo particolare ci insegna che la migliore riparazione dei nostri peccati è sempre l'amore di Dio, l'amore che ci spinge a fare grandi cose per Lui e per i fratelli.
Ad ogni risposta di Pietro, Gesù replicò: pasci i miei agnelli, pasci le mie pecorelle. Questo ci insegna che, nella Chiesa, l'autorità non è dispotismo, ma servizio d'amore. Solo chi ama è capace di pascere il gregge di Cristo che è la Chiesa. Pietro, sospinto dall'amore di Cristo, fece grandi cose per Dio e per la Chiesa. Si spinse fino a Roma, nel cuore del paganesimo, ove subì il martirio. Ogni Papa è il Vicario dell'Amore di Cristo. Nei primi tre secoli, pressoché tutti i Papi sono morti martiri per la fede e per il loro gregge. Comunque, la vita di ogni Papa è un continuo martirio spirituale. Pensiamo a quanto hanno sofferto i Papi del nostro tempo. Ma ancor più dolorose delle persecuzioni esterne sono quelle interne, quelle sollevate da diversi figli della Chiesa che non ascoltano il Papa, che non vogliono obbedirgli.
Negli anni '50, a Roma, vi fu un uomo che voleva uccidere il Papa, che allora era Pio XII. Egli si aggirava spesso in Piazza San Pietro con un pugnale nascosto dentro la giacca. Grazie a Dio non riuscì mai a realizzare questo suo proposito. Con l'andare degli anni cresceva sempre di più nel suo cuore l'odio alla Chiesa e al Papa, finché in seguito a una apparizione della Madonna, egli si convertì profondamente, diventando, da persecutore, fervente apostolo. Il suo nome era Bruno Cornacchiola, e morì pochi anni fa a Roma. La Madonna, in seguito, gli apparve, diverse volte e gli parlò dei mali cui era soggetta la Chiesa. Diventato ormai anziano, egli disse che non si è persecutori della Chiesa solo pugnalando il Papa, come lui voleva fare, ma anche non obbedendogli, cosa che purtroppo avviene molto frequentemente ai giorni d'oggi.
Se veramente vogliamo essere obbedienti a Cristo, dobbiamo essere obbedienti al suo Vicario qui in terra. Preghiamo per lui e ascoltiamo con docilità il suo insegnamento.

Fonte: Il settimanale di Padre Pio, (omelia per il 14/04/2013)

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