BastaBugie n�333 del 24 gennaio 2014

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1 LEGALIZZARE LA DROGA? ARGOMENTI STUPEFACENTI
Ecco cosa accadrebbe se davvero le leggi dello Stato dovessero adeguarsi ai comportamenti individuali più diffusi...
Autore: Massimo Introvigne - Fonte: La Nuova Bussola Quotidiana
2 UNA DECINA D'ANNI FA LA PRIMA TORERA ITALIANA
Eva Florencia ha affermato: ''Il torero ama il suo toro''
Autore: Vignolo Mino - Fonte: Corriere della Sera
3 AFFIDIAMO IL 2014 A MARIA, REGINA DELLA STORIA
Oggi gli uomini hanno perduto quel senso soprannaturale che rende capaci di leggere le vicende del mondo alla luce di Dio
Autore: Roberto de Mattei - Fonte: Corrispondenza Romana
4 IN PIAZZA A ROMA PER LA FAMIGLIA E CONTRO IL REATO DI OMOFOBIA, MA GIORNALI E TV NON NE PARLANO
La censura gay è già realtà (VIDEO: manifestazione)
Autore: Gianfranco Amato - Fonte: La Nuova Bussola Quotidiana
5 ABORTO IN CINA: 400 MILIONI DI BAMBINI UCCISI
Anche il mondo occidentale non è da meno e così comunismo e liberalismo dichiarano guerra totale al bambino non nato
Autore: Mario Palmaro - Fonte: Il Timone
6 L'OSSERVATORE ROMANO TENTA UNA IMPROBABILE RIABILITAZIONE DI THEILARD DE CHARDIN
Eppure le opere del gesuita francese racchiudono ambiguità ed errori gravi che offendono la dottrina cattolica
Autore: Fabrizio Cannone - Fonte: Corrispondenza Romana
7 IL CROLLO DELLA NATALITÀ E' LA VERA ORIGINE DELLA CRISI ECONOMICA
Si deve esser ricchi per far famiglia e figli o si diventa ricchi facendo famiglia e figli?
Autore: Ettore Gotti Tedeschi - Fonte: Blog di Costanza Miriano
8 LE 9 PROIBIZIONI IMPOSTE DAL COMMISSARIO DEI FRANCESCANI DELL'IMMACOLATA
I frati hanno l'impressione di subire vendette senza motivo: la parola d'ordine è obbedire senza pensare
Autore: Frater Vigilius - Fonte: Libertà e Persona
9 OMELIA III DOMENICA DEL TEMPO ORD. - ANNO A - (Mt 4,12-23)
Venite dietro a me, vi farò pescatori di uomini
Autore: Padre Francesco Pio Pompa - Fonte: Il settimanale di Padre Pio

1 - LEGALIZZARE LA DROGA? ARGOMENTI STUPEFACENTI
Ecco cosa accadrebbe se davvero le leggi dello Stato dovessero adeguarsi ai comportamenti individuali più diffusi...
Autore: Massimo Introvigne - Fonte: La Nuova Bussola Quotidiana, 12/01/2014

Nel dibattito sulla legalizzazione della marijuana irrompono i sociologi, subito ripresi – poteva mancare? – anche da qualche cattolico. Ci si assicura che «la sociologia» chiede la legalizzazione della droga. L'argomento è stato formulato nel modo più articolato da Federico Varese – che insegna criminologia nel dipartimento di sociologia dell'Università di Oxford e di cui ho letto con interesse gli studi sulla mafia, pur notandovi una certa acidità anticattolica – in un articolo su La Stampa del 9 gennaio, ma altri si sono prontamente accodati. In breve, la tesi «sociologica» suona così: quando un comportamento vietato dalla legge diventa socialmente diffuso non ha più senso vietarlo, e la legge deve adeguarsi alle preferenze che i cittadini hanno manifestato non a parole o con il voto, ma con il loro comportamento. Diversamente, la legge perde credibilità.
Scrive Varese: «Qualsiasi manuale di sociologia dello Stato spiega che l'apparato di leggi che governano una società deve corrispondere ai comportamenti individuali più diffusi». E comunque «non ha senso» criminalizzare percentuali significative, ancorché minoritarie, della popolazione. Confesso di non conoscere questi manuali – forse circolano solo a Oxford – ma propongo di diffonderli presso le donne di certe zone del Messico o dell'India. Sarà per loro una grande consolazione sapere che per i sociologi di Oxford «non ha senso» criminalizzare la violenza carnale di gruppo a Ciudad Juarez o in certe periferie indiane, dal momento che lì è certamente praticata da una percentuale significativa della popolazione (maschile).
Se le leggi dello Stato debbano adeguarsi ai «comportamenti individuali più diffusi», anche quando sono immorali o nocivi al bene comune, o viceversa debbano cercare di correggerli, non è una questione di sociologia ma di filosofia del diritto. La posizione di Varese non deriva da alcun principio sociologico, ma dal relativismo più assoluto, che è una dottrina filosofica e che quando pretende di diventare legge si fa – secondo l'espressione di Benedetto XVI citata e ripresa anche da Papa Francesco – «dittatura del relativismo».
È anche una posizione assurda. Varese ci dice che in Italia urge adeguare la legge al comportamento, perché siamo il secondo Paese al mondo per consumo di droghe cosiddette «leggere». Ma, se si comincia a mettere le leggi al passo con il costume, o piuttosto con il malcostume, perché fermarsi alla droga? Non da altri, ma dallo stesso Varese, desumo che l'Italia è anche in testa alle classifiche europee quanto alla corruzione. Il sociologo potrebbe dunque suggerire a qualcuno dei suoi referenti politici di presentare in Parlamento una proposta molto più innovativa rispetto ai vecchi arnesi sulla droga: legalizzare in Italia la corruzione di pubblici funzionari. Forse che non si tratta di un comportamento socialmente diffuso?
Mi sono permesso, allora, di portarmi avanti con il lavoro e dare una mano a Varese – e ad altri colleghi – preparando io stesso una bozza di discorso che uno dei loro politici di riferimento potrebbe pronunciare in Parlamento. Farebbe certamente il giro del mondo. Avverto il lettore che non invento nulla, ma che tutte le frasi le desumo dai testi di Varese e di un altro sostenitore della legalizzazione della droga, il sociologo e senatore del PD Luigi Manconi, cambiando semplicemente «marijuana» con «corruzione», «corruzione di pubblici funzionari» o «bustarelle».
«Onorevoli colleghi, Il disegno di legge di cui sono primo firmatario non propone, come qualcuno ha voluto insinuare, la liberalizzazione della corruzione. No, onorevoli colleghi, in Italia la liberalizzazione della corruzione c'è già. Non c'è regione, non c'è città del nostro Paese dove le bustarelle non circolino liberamente. Ce lo dicono le organizzazioni internazionali: l'Italia è tra i primi Paesi al mondo, forse il primo in Europa, per il consumo di bustarelle. Il problema, allora, non è la liberalizzazione della corruzione, che è già nei fatti e nelle cose. Quella che io propongo è la sua legalizzazione, che è cosa ben diversa.
La sociologia ci insegna che le leggi debbono corrispondere ai comportamenti sociali più diffusi: che senso ha continuare a criminalizzare la corruzione di pubblici funzionari, praticata in Italia da una percentuale minoritaria, certo, ma significativa della popolazione? Aggiungo che la norma che vieta la corruzione è osteggiata da una parte significativa anche della classe politica, magari senza troppo dirlo.
Possiamo immaginare alcune conseguenze della legalizzazione della corruzione in Italia? Anzitutto, l'introito fiscale sarebbe significativo. Si potrebbero riscuotere miliardi creando nuove imposte che andrebbero a tassare ogni singola bustarella, e una somma compresa tra circa 0,5 e 3 miliardi di euro da imposte sul reddito, se i proventi da corruzione potessero e dovessero essere regolarmente dichiarati. Inoltre migliaia di persone oggi in prigione per corruzione uscirebbero dal carcere. L'amministrazione carceraria risparmierebbe milioni di euro ogni giorno. Vi sarebbero poi risparmi in altri settori della giustizia, eliminando le costose indagini e gli ancor più costosi processi per corruzione.
Un altro vantaggio sarebbe isolare la criminalità organizzata, che in molte regioni d'Italia ha messo le mani sul business della corruzione di pubblici funzionari. Ce lo ha spiegato Saviano: i padrini sono proibizionisti e hanno paura della legalizzazione della corruzione. Le bustarelle sarebbero sottratte alle loro manovre clandestine e potrebbero essere scambiate alla luce del sole – e sotto l'occhio vigile del fisco. Alla criminalità organizzata subentrerebbero aziende dinamiche, nuove società e start-up che potrebbero specializzarsi nella corruzione, offrendo i loro servizi apertamente e pagando le tasse. Se n'è accorto anche qualche collega della Lega Nord: le aziende padane, naturalmente più dinamiche, sarebbero le prime a presidiare il nuovo mercato.
Infine, onorevoli colleghi, c'è un argomento a favore della legalizzazione della corruzione cui so essere particolarmente sensibile anche il mondo cattolico. Oggi la corruzione, in quanto illegale e vietata, è più accessibile per i ricchi che per i poveri. Si tratta di un'evidente ingiustizia, che la legalizzazione eliminerebbe. Certo, il valore delle bustarelle non potrebbe essere troppo basso. La concorrenza libera e legale, però, alla lunga farebbe scendere i prezzi. Alla fine ci sarebbero bustarelle e forme di corruzione di funzionario pubblico accessibili quasi a tutte le tasche, eliminando odiose discriminazioni. In ogni Comune potrebbero anche essere aperti appositi sportelli, dove la corruzione di un funzionario pubblico potrebbe essere offerta ai meno abbienti a prezzi politici e sussidiati.
Perché esitare, dunque? Legalizziamo la corruzione, e legalizziamola subito. Il proibizionismo ha fallito».
Questo sì che sarebbe un discorso – l'aggettivo è d'obbligo – stupefacente. Naturalmente, ci sarebbero anche dei rischi. Qualcuno potrebbe consigliare al parlamentare che ardisse pronunciarlo di cambiare spacciatore. Ma niente paura: gli basterà rivolgersi al tabaccaio sotto casa, perché con la legalizzazione della droga ogni tabaccaio sarà trasformato automaticamente in spacciatore.

Fonte: La Nuova Bussola Quotidiana, 12/01/2014

2 - UNA DECINA D'ANNI FA LA PRIMA TORERA ITALIANA
Eva Florencia ha affermato: ''Il torero ama il suo toro''
Autore: Vignolo Mino - Fonte: Corriere della Sera, 13 luglio 2001

Un tripudio per la torera italiana. Ieri sera a Siviglia Eva Bianchini, 23 anni di Firenze, ha esaltato l'arena più importante dell'Andalusia toreando con classe e coraggio davanti a un toro bravo di tre anni. Novemila persone l'hanno applaudita, agitando, al termine della sua prestazione, fazzoletti bianchi in segno di grande approvazione. «È un sogno che si corona, un onore incredibile. Debuttare alla plaza de toros della Maestranza è come debuttare alla Scala. Mi sento euforica e nervosa, sapendo che è stato un traguardo importante e insieme un passo obbligato per diventare matador de toros». Parla con un filo di voce, Eva Bianchini, fiorentina che una passione travolgente e irrefrenabile per Siviglia e l'Andalusia ha trasformato in «Eva Florencia», torera e andalusa. Ieri sera, mentre la notte cominciava a rinfrescare il calore torrido dell'estate sivigliana, si è avverato il sogno di entrare avvolta nel suo colorato traje de luces, il «vestito di luci» dei toreri, nella Maestranza di Siviglia, la plaza de toros più bella ed affascinante del mondo, la cattedrale della corrida che ha visto le gesta dei grandi del toreo.
«Eva Florencia», che era scappata da casa per venire a vivere in Spagna e per diventare torera, è entrata nell'arena per il suo debutto sul grande palcoscenico dopo avere provato per tutta la giornata, nel chiuso della sua stanza all'hotel Colon, l'albergo dei matadores, ciò che prova una giovane soprano prima del grande debutto o un promettente calciatore prima di calcare il terreno del Santiago Bernabeu o di San Siro. Contro un toro bravo di tre anni è stata una buona corrida, che l'esigente pubblico sivigliano ha molto apprezzato. Il pubblico sapeva che questa occasione non era soltanto la prima volta di Eva Florencia (Florencia è Firenze in castigliano, in onore della città natale) ma che le «prime» erano più di una. Eva è la prima donna straniera a toreare alla Maestranza ed è l'unica novillera, aspirante matador de toros, straniera oggi in Spagna.
Dopo quattro anni di dura preparazione e tante corride in plaza de toros di categoria inferiore, è arrivata alla Maestranza e la novillada di ieri sera, il combattimento senza picador, viene considerata una tappa importantissima per arrivare alla alternativa, la cerimonia in cui si diventa matador de toros a pieno titolo. Eva ha seguito il rituale della giornata di corrida importante fino all'ultimo dettaglio, chiusa nella sua stanza. Ordine alla reception di non passarle nessuna chiamata, per nessun motivo, al fine di non turbare la concentrazione, solitudine alleviata dal banderillero Antonio Vazquez, suo fidanzato, tensione, nervi a fior di pelle. La cosa migliore, per far passare il tempo e non pensare, è dormire, ma è impresa difficile. Poi comincia la cerimonia della vestizione con il traje de luces, durata almeno un' ora, pensando già al compañero de baile, il compagno di ballo della serata, che in questo caso non è un bel giovanotto ma un toro che permetta di ben figurare.
Eva Bianchini deve ad una determinazione feroce e ad un sogno precoce la serata di ieri e, si spera, altri appuntamenti con la gloria nel prossimo futuro. Gli esperti dicono che possiede qualità, un gran fegato e amore sviscerato per la corrida. «Può farcela - dice Carlos Crivell, critico taurino di El Mundo a Siviglia - anche se il cammino per diventare matador è durissimo per tutti, uomini e donne, spagnoli e stranieri. Il fatto di essere arrivata a toreare alla Maestranza è già un grande successo».
È una passione venuta da lontano quella di Eva per le corride e per la Spagna. Venuta da profondità insondabili che fanno credere alla metempsicosi, a esistenze precedenti, trascorse nei campi assolati d'Andalusia o a fronteggiare il toro bravo. A 14 anni la sua occupazione prediletta è andare a curiosare nelle agenzie turistiche o leggere riviste di viaggi per sapere il più possibile della Spagna. Si entusiasma per la corrida vedendo su un giornale la fotografia di un torero che con suprema eleganza schiva la carica di un toro bravo gigantesco. Acquista appena possibile un dizionario italiano-spagnolo e per praticare la comprensione della lingua sintonizza la radio sulle stazioni spagnole. Legge e rilegge «Morte nel pomeriggio», il grande libro che Ernest Hemingway ha dedicato al mondo del toreo. Ha 16 anni quando convince mamma e papà a fare un viaggio nella sua amata Spagna. Qui, a Siviglia, Eva, non ancora «Florencia», decide dopo un breve soggiorno che l'Andalusia è il suo posto e che qui vuole venire a vivere. Di nascosto dai genitori, si china e raccoglie un pugno di terra per conservarla religiosamente. Di ritorno a casa, guarda i video delle corride importanti che aveva comprato in Spagna e si cuce una muleta, il panno che serve per toreare. È la stessa muleta che porterà con sé il giorno in cui decide di scappare di casa per diventare torero in Spagna. Dura due settimane la fuga, con i genitori disperati che cominciano a preoccuparsi seriamente. L'Interpol questa volta li aiuta ma nulla possono contro la determinazione della figlia che, diventata maggiorenne, se ne viene a vivere in Spagna. La Scuola di Tauromachia di Siviglia, la conoscenza del matador José Luis Parada, suo mentore, il fidanzamento con il banderillero Antonio Vazquez, le corride, sono gli ultimi capitoli. Per il momento.
Oggi Eva vive con il suo banderillero a Higuera de la Sierra, un villaggio a nord di Huelva.

Nota di BastaBugie: Eva si esibiva con un vestito da torera fiorentina con un giglio nel mezzo, il giglio della sua amata Firenze. Così parlava della sua passione: "Quando sei torero, sei torero per sempre". A dispetto degli animalisti diceva "Il torero ama il suo toro, in lui cerca se stesso". Si è ritirata da anni dall'attività agonistica ed oggi, a 34 anni, fa la pittrice. Ma con la stessa passione.
Per sapere come si svolge la corrida si può leggere l'articolo pubblicato la scorsa settimana cliccando sul link qui sotto
LA CORRIDA: STUPENDA TRADIZIONE LEGATA ALLA PASQUA
In Spagna ognuna delle 400 Plaza de Tores ha una cappella dove il torero riceve la benedizione dal prete prima di entrare nell'arena
https://www.bastabugie.it/it/articoli.php?id=3024

Fonte: Corriere della Sera, 13 luglio 2001

3 - AFFIDIAMO IL 2014 A MARIA, REGINA DELLA STORIA
Oggi gli uomini hanno perduto quel senso soprannaturale che rende capaci di leggere le vicende del mondo alla luce di Dio
Autore: Roberto de Mattei - Fonte: Corrispondenza Romana, 03/01/2014

Quando sorse l'alba del 1 gennaio 1914, l'Europa era immersa nella tranquilla opulenza della Belle époque e confidava ancora nel progresso radioso dell'umanità. Il XX secolo si era aperto nell'ingenua presunzione di aver per sempre lasciato alle spalle i mali e gli errori che affliggono gli uomini dopo il peccato originale. Chi avrebbe immaginato che il 1914 avrebbe inaugurato un'epoca di morte e di distruzione su scala mondiale?
Eppure, dopo l'uccisione dell'arciduca Francesco Ferdinando d'Austria, avvenuta il 28 giugno, in poche settimane l'Europa precipitò in una terribile guerra. Dal 1914 al 1918 la migliore gioventù europea si dissanguò in una lotta fratricida. Quasi nove milioni di uomini mancarono all'appello al termine di questa conflagrazione globale. Fu durante la guerra che il comunismo fece irruzione nella storia, iniziando a diffondere i suoi errori dalla Russia nel mondo. Apparendo a Fatima, il 13 maggio 1917, lo stesso anno della Rivoluzione sovietica, la Madonna diede la chiave di lettura di quanto stava accadendo e sarebbe avvenuto: si trattava di un castigo per i peccati dell'umanità.
Senza conoscere le rivelazioni ai tre pastorelli della Cova da Iria, un grande autore cattolico, mons. Henri Delassus, dedicò nel 1919 un profondo libro a Les pourquoi de la guerre mondiale. Ogni guerra, spiegava, è il castigo dei peccati delle nazioni. Essa è un atto di giustizia, ma anche di suprema misericordia, perché attraverso le sofferenze apre i cuori alla verità e al bene da cui ci si è allontanati.
Dal 1914 fino ai nostri giorni una spirale di disordine ha avvolto l'umanità. Quattro grandi Imperi crollarono, l'equilibrio europeo fu sconvolto e al mostro del comunismo si affiancò quello del nazionalsocialismo. Le democrazie liberali rivelarono la loro ipocrisia e la loro fragilità e fu la seconda conflagrazione mondiale, con uno spaventoso bilancio di 55 milioni di morti, fra i quali 45 milioni di europei.
A questa guerra seguì, ed è ancora in corso, una Rivoluzione religiosa e culturale, che ha scosso la civiltà occidentale e cristiana dalle fondamenta. L'immenso genocidio dell'aborto non è che l'espressione fisica e cruenta di un più vasto e profondo annientamento delle anime e delle nazioni di ordine, prima che biologico, spirituale e morale.
Tra i pochi che presentivano la catastrofe del 1914 era san Pio X, Sommo Pontefice dal 1903. Il suo programma Instaurare omnia in Christo indicava l'unica soluzione ai mali del secolo. Non c'è pace possibile, per gli uomini, le famiglie e la società intera, al di fuori della pace fondata sul Regno di Cristo, vero Dio e vero uomo, unico Salvatore dell'umanità. Pio X presentiva il flagello incombente, ma forse neppure egli immaginava che quell'anno sarebbe stato quello della sua morte.
La situazione del mondo è oggi ben più drammatica di cent'anni fa. Chi conserva ancora un residuo di senso morale avverte che la fonte della disgregazione sociale e morale è l'allontanamento delle nazioni dalla legge divina e naturale. L'apostasia dei popoli europei arriva al punto di inserire nelle leggi e di proclamare dall'alto delle tribune politiche e mediatiche l'odio alla famiglia naturale, composta da un uomo e da una donna. Il caos regna sovrano e gli occhi smarriti di chi conserva la fede si volgono alla Cattedra di Roma, maestra infallibile di fede e di morale.
Sul trono di Pietro oggi non siede san Pio X, ma un Papa a cui si attribuisce l'intenzione di voler attuare quel programma dei modernisti che fu fulminato nel 1907 da san Pio X con l'enciclica Pascendi. Cos'è altro, infatti, se non l'agenda modernista, quella che attribuisce al Pontefice il suo confratello gesuita Georg Sporschill, autore dell'ultima intervista al cardinale Martini quando, sul "Corriere della Sera" del 31 dicembre 2013, scrive che «sia nell'analisi della situazione ecclesiastica che nelle risposte che pronunciano, i due gesuiti papa Francesco e il cardinal Martini, sono vicini come se si fossero messi d'accordo».
A queste parole padre Sporschill aggiunge un messaggio inquietante: «Il coraggio con cui l'attuale Papa abbatte certe vacche sacre induce alcuni a temere per la sua vita». C'è da chiedersi: chi sono le "vacche sacre"? Chi sono coloro che temono per la vita del Papa, e per quali reconditi motivi? Nel 2013 abbiamo assistito alla sbalorditiva rinuncia di un Papa al pontificato, seguita da un'inedita situazione in cui un "Papa emerito" si affianca, quasi in controluce, al Papa che governa la Chiesa. A quali altri fatti sconvolgenti dovremo assistere nel 2014? L'agenda del cardinale Martini, che prevedeva la fine del celibato ecclesiastico, l'apertura alle coppie omosessuali e la trasformazione del Papato in una democrazia collegiale, appare però come un programma di inequivocabile stampo modernista. E' possibile che papa Francesco intenda davvero percorrere questa strada?
Il mondo è disorientato ma, a differenza di cent'anni fa, sembra quasi presentire l'imminenza di una catastrofe. L'illusione nell'irreversibilità del progresso è stata sostituita dalla convinzione dell'ineluttabilità della decadenza e del crollo. Oggi la società mondiale è più vulnerabile di quanto non lo fosse nel 1914 e potrebbe subire un collasso più rapido e devastante di un secolo addietro.
Ci sono dei momenti in cui il velo della storia sta per sollevarsi. Ma oggi gli uomini hanno perduto quel senso soprannaturale, che rende capaci di leggere le vicende del mondo alla luce di Dio, come un giorno saranno svelate nel Giudizio universale. Per comprendere quanto accade occorre riscoprire i princìpi su cui si regge la società umana e l'universo intero. Questi princìpi hanno in Dio la loro unica fonte.
Ripeterli incessantemente, quando tutti li negano, ricorda Ernest Hello, equivale a rivelarli. Bisogna allontanarsi dai frastuoni del mondo per ritrovare queste verità di ordine naturale e soprannaturale, che la Tradizione della Chiesa ci tramanda e che la Beatissima Vergine Maria, per prima, accolse e conservò in tutta la loro integrità e purezza nel suo Cuore Immacolato.
Nei giorni della nascita del Salvatore la Madonna rifletteva sui misteri che per grazia divina apprendeva. Come ci dice il Vangelo, «Maria poi teneva bene a mente tutte queste cose, meditandole in cuor suo» (Luca 2, 19). Ella aveva l'uso della scienza infusa e l'esenzione dal peccato originale dava una straordinaria luminosità e intuizione alla sua mente. In Lei mai ci fu dubbio di fede, ignoranza od errore. Mai la sua intelligenza, la sua volontà o i suoi sensi si ribellarono ai disegni divini: ebbe sempre il possesso di tutta la scienza e di tutta la volontà convenienti alla sua sublime missione.
Nei giorni della nascita del Redentore, lo sguardo di Maria abbracciò i secoli, dal tempo dell'Incarnazione a quello dell'Anticristo ed Ella conobbe tutte le pagine di defezione e di tradimento, di fedeltà e di eroismo, che la storia della Chiesa avrebbe conosciuto. La Madonna, Regina dei profeti e Regina della storia, nel corso dei secoli avrebbe accompagnato e sorretto, passo passo, ogni figlio che a Lei si fosse affidato. Ci ricorda infatti Pio XII: «Se Pietro ha le chiavi del cielo Maria ha le chiavi del cuore di Dio» (Discorso Questa viva corona del 21 aprile 1940). Non c'è miglior augurio, per il 2014, qualunque siano le sorprese che quest'anno potrà riservarci, che di viverlo con Maria e in Maria e dunque nella Chiesa, con la Chiesa e per la Chiesa.

Fonte: Corrispondenza Romana, 03/01/2014

4 - IN PIAZZA A ROMA PER LA FAMIGLIA E CONTRO IL REATO DI OMOFOBIA, MA GIORNALI E TV NON NE PARLANO
La censura gay è già realtà (VIDEO: manifestazione)
Autore: Gianfranco Amato - Fonte: La Nuova Bussola Quotidiana, 15/01/2014

Piazza Santi Apostoli 11 gennaio 2014. Più di quattromila persone gremiscono lo spazio lungo e sottile antistante alla celebre Basilica romana dedicata ai dodici discepoli di Nostro Signore. Sono lì ad una manifestazione organizzata da La Manif pour tous Italia per dimostrare in favore del diritto di parola, in difesa della famiglia naturale, contro un’inesistente emergenza omofobia, contro la propaganda omosessualista e contro l’imposizione di un’ideologia gender di stato. Ci sono giovani, donne, anziani, famiglie con bambini, sacerdoti. Un popolo per rivendicare, in nome della libertà, i diritti garantiti dagli articoli 19, 21, 29 e 30 della Costituzione della repubblica italiana.
Non mancano autorevoli esponenti della politica italiana e noti parlamentari, tra cui i senatori Carlo Giovanardi, Maurizio Gasparri, Lucio Malan e gli onorevoli Eugenia Roccella e Gian Luigi Gigli. Presenti anche numerosi giornalisti delle principali testate nazionale, gli inviati dell’ANSA e alcuni intervistatori radiotelevisivi delle principali reti nazionali ed internazionali (da Radio Vaticana a La Voce di Russia, l’ex Radio Mosca). Si tratta, indubbiamente, di un’importate kermesse, degna di cronaca.
L’aspetto surreale è come un simile evento sia potuto letteralmente scomparire dalla cronaca. Chi avesse voluto reperirne traccia nei quotidiani del giorno dopo, si sarebbe trovato davanti ad una sorpresa. Di Piazza Santi Apostoli nessuna menzione, giacché lo spazio mediatico sul tema era dedicato ad altre notizie. Il Corriere della Sera, primo giornale d’Italia, dava ad esempio grande rilievo ad un articolo intitolato "Sicilia, mutui agevolati alle coppie gay"; sottotitolo: "Crocetta: «Svolta storica, siamo i primi in Italia»". Lo storico quotidiano romano, Il Messaggero, nella pagina internazionale pubblicava l’articolo intitolato "Obama: «Matrimoni gay dello Utah saranno riconosciuti a livello federale" (sottotitolo: "L’amministrazione Obama prende posizione nella battaglia legale per i matrimoni gay nello Utah, affermando che il governo federale riconoscerà le oltre 1300 nozze già celebrate anche se lo stato non intende farlo"). Mentre nella cronaca dedicata alla Città Eterna, lo stesso giornale metteva in prima pagina la notizia del corteo che il giorno prima aveva sfilato alla Magliana dietro lo striscione «Ciao Daniele, non ti dimenticheremo», per ricordare il giovane omosessuale trovato ucciso. Sempre Il Messaggero precisava che quella la marcia era «stata promossa dalle associazioni gay ed Lgbt» ed «ha visto riunirsi in strada circa trecento persone». Si dava anche notizia del fatto che «sul luogo dell’omicidio sono stati deposti fiori da Vladimir Luxuria, Imma Battaglia, Fabrizio Marrazzo (Gay Center) e Aurelio Mancuso (Equality)».
Leggendo i quotidiani nazionali di domenica 12 gennaio 2014 si scopre in realtà che la notizia del giorno relativa alla Capitale è proprio la marcia in memoria dell’omosessuale assassinato. Il Corriere della Sera titola: "«Ciao Daniele» Corteo, lacrime e applausi per gay ucciso". Non è da meno La Repubblica: "Magliana, fiaccolata per Daniele il gay ucciso in via Pescaglia". Il giornale di Largo Fochetti precisa che «il corteo, scortato da polizia e carabinieri, è stato molto partecipato», e che «un lungo applauso è risuonato in strada quando i manifestanti hanno incrociato via Pieve Fosciana, dove abitava il giovane parrucchiere che nelle ore libere faceva volontariato al Gay Center, assistendo le vittime di aggressioni omofobe».
La notizia viene riportata da tutti i giornali, compresi ovviamente quelli di centrodestra. Libero, infatti, così titola il pezzo dedicato alla marcia dei trecento: "Roma: omicidio gay, alla Magliana manifestazione in ricordo vittima". Il quotidiano diretto da Maurizio Belpietro riportava anche stralci di dichiarazioni rilasciate da Maurizio Veloccia, presidente del Municipio Roma XI e partecipante alla manifestazione: «Di fronte ad episodi come questi deve essere ancora più grande l'impegno di tutti, istituzioni in primis, per contrastare i fenomeni di emarginazione e stringere, ancora di più, le maglie del tessuto sociale del territorio, mettendo in campo iniziative ed azioni concrete; è nostra intenzione intitolare a Daniele il nuovo Parco che sta nascendo a Magliana, sulla Golena del Tevere, per mantenere vivo il suo ricordo».
Potremmo andare avanti elencando quasi tutte le principali testate italiane. Ora, quello che davvero appare inquietante è che della manifestazione di Piazza Santi Apostoli non vi sia traccia mediatica. Ad onor del vero, una eccezione va segnalata. Oltre ad Avvenire, che gli ha dedicato un articolo a pagina 10, si tratta del quotidiano Il Tempo, che ha avuto il coraggio di riportare la notizia titolando: "Quattromila a Santi Apostoli in difesa della famiglia naturale".
C’è qualcosa di inquietante nelle scelte editoriali di domenica 12 gennaio 2014, per cui si è dato un ampio risalto ai trecento del corteo della Magliana contro l’omofobia, e si è mantenuto un silenzio assoluto sui quattromila manifestanti di Piazza Santi Apostoli. Ma forse un motivo per questo strano atteggiamento giornalistico esiste ed è alquanto evidente. A Piazza Santi Apostoli, infatti, si è parlato liberamente di «famiglia tradizionale», di «adozioni gay», della «sterilità» fisiologica delle coppie omosessuali, di «famiglia naturale», e così via. Si tratta di espressioni tutte tassativamente vietate dalle famigerate Linee guida per una comunicazione rispettosa delle persone LGBT emanate dall’U.N.A.R., il nuovo MinCulPop repubblicano del XXI secolo. [...]
L’idea di infrangere tali disposizioni, ed il rischio di un eventuale deferimento all’Ordine dei giornalisti, ha evidentemente fatto desistere i numerosi professionisti della comunicazione presenti alla manifestazione. Meglio ignorare l’evento. Così apprendiamo che le linee guida sono già pienamente operative, non foss’altro che per l’indubbio effetto di moral suasion nei confronti di giornalisti che tengono famiglia.

Nota di BastaBugie: per vedere il servizio su Sat 2000 che parla della manifestazione di Roma, clicca qui sotto


http://www.youtube.com/watch?v=V3vblpkF5LA

Fonte: La Nuova Bussola Quotidiana, 15/01/2014

5 - ABORTO IN CINA: 400 MILIONI DI BAMBINI UCCISI
Anche il mondo occidentale non è da meno e così comunismo e liberalismo dichiarano guerra totale al bambino non nato
Autore: Mario Palmaro - Fonte: Il Timone, Maggio 2013 (n. 123)

Ci sono fatti che sono difficili da descrivere, e ancor più da concepire con la fantasia. È impossibile immaginare 400 milioni di esseri umani innocenti che vengono eliminati senza alcuna pietà: la ragione si ribella a un dato che sembra incredibile. Ma chi pensava che con la Shoa si fosse compiuto nella storia il "male assoluto", ora sarà costretto a ricredersi: 400 milioni di vittime sono una carneficina che fa impallidire i crimini di Hitler, di Stalin, di Pol Pot. Che ridicolizza la terribile mattanza della seconda guerra mondiale, costata 50 milioni di morti. Eppure è successo, e continua a succedere: 400 milioni sono i bambini non nati eliminati con l'aborto nella Repubblica Popolare Cinese. A portare alla luce questa strage è stato il Ministero della Salute di Pechino, secondo il quale negli ultimi trent'anni – da quando esiste la legge sul figlio unico – sono stati praticati in Cina quasi 400 milioni di aborti.

L'ABORTO OBBLIGATORIO...
I contorni di questo spaventoso genocidio sono abbastanza netti: l'agenzia Agi China ha spiegato che gli aborti praticati sono pari ai 336 milioni (13 milioni nel solo 2012), a cui si dovrebbero sommare «403 milioni di donne sottoposte (spesso con la forza) all'introduzione di dispositivi anticoncezionali intrauterini». E com'è noto, la spirale non è un contraccettivo ma un abortivo che impedisce all'embrione di impiantarsi nel corpo della madre. Dunque, 400 milioni rischia di essere una stima per difetto rispetto a quanto è accaduto e accade nel silenzio assordante della stampa occidentale. E tutto questo, nonostante ci troviamo di fronte alla più colossale strage di vite umane pianificata per legge da uno Stato. Perché è spesso l'autorità ad imporre l'aborto per motivi demografici. La Cina ha infatti impegnato molte energie per abbattere la crescita della popolazione, usando le armi più efficaci per perseguire questo obiettivo: sterilizzazione, contraccezione e aborto. Il tutto in un quadro perfettamente coerente con la cultura totalitaria del regime di Pechino, che non propone ma impone le sue scelte al popolo. Ecco così materializzarsi leggi e prassi fortemente ostili alle coppie che si siano macchiate della grave colpa di mettere al mondo più di un figlio. Dal 1980 ad oggi lo Stato cinese ha incassato 380 milioni di dollari per le multe comminate a chi aveva messo al mondo più di un bambino. Inducendo così con la minaccia milioni di padri e di madri a utilizzare l'aborto per evitare guai, oppure per selezionare la nascita dei figli in base al sesso, prediligendo un figlio maschio ed eliminando le figlie femmine.
Il risultato è che nel 2010 in Cina si contavano per ogni 118 maschi solo 110 ragazze. A livello nazionale ciò significa che ci sono 37 milioni di maschi in più rispetto alle donne. Tra pochi anni un quinto degli uomini avrà difficoltà a trovare una donna cinese per sposarsi.
Questa strada ferocemente antinatalista ha portato addirittura – secondo testimonianze riportate da alcuni mass media occidentali – a praticare dei veri e propri aborti coatti e obbligatori, che non hanno lasciato alcuno scampo ai nascituri e alla contraria volontà dei genitori.

...E L'ABORTO LIBERO
Ma se Sparta piange i suoi figli abortiti, Atene non ride. E non può ridere perché i Paesi campioni della libertà, i simboli della democrazia da esportazione, i paradisi della tutela dei diritti umani sono praticamente tutti quanti delle gigantesche macchine dell'aborto. Negli Stati Uniti, dal 1973 a oggi sono stati censiti 53 milioni di aborti legali. In Francia, dal 1975 gli aborti volontari sono almeno 8 milioni. In Gran Bretagna le vittime dell'aborto sono circa 190.000 all'anno, il che fa stimare gli aborti dal 1967 ad oggi in una decina di milioni. In Italia, dal 1978 si contano circa 5 milioni e mezzo di aborti da legge 194.
Cifre impietose che dicono una cosa sola: i sistemi liberali da decenni hanno legittimato l'aborto e lo praticano su scala industriale. C'è una differenza: ciò che in Cina è coatto in Occidente è frutto della "libera scelta". Ma questo, paradossalmente, comporta un coinvolgimento di responsabilità delle singole coscienze ben più massivo ed esteso. In Cina si può sperare che l'orrore coinvolga solo i funzionari di partito e i medici ufficiali, e che dunque l'aborto sia frutto di una volontà perversa dello Stato, alla quale un giorno forse i singoli potranno sottrarsi. Ma nel mondo libero sono gli uomini e le donne che, senza imposizione alcuna, scelgono la morte dei loro figli. Una spaventosa corresponsabilità che genera una cultura di morte capillare e ostinata.

L'IMBARAZZATO SILENZIO DEL MONDO OCCIDENTALE
L'Onu non ha speso mezza parola per condannare la mattanza obbligatoria di nascituri in Cina. Silenzio da parte dell'Unicef, che pure dovrebbe occuparsi di bambini indifesi. Bocche cucite dalle parti di Amnesty International, spesso così rumorosa quando si tratta di sottrarre un serial killer alla pena di morte. Barak Obama – premio Nobel per la Pace – gira la testa dall'altra parte; il suo motto elettorale era «we can» ("noi possiamo"), ma evidentemente non può rimbrottare la Cina perché obbliga le donne ad abortire. Encefalogramma piatto per l'Unione Europea (anch'essa Nobel per la Pace), troppo impegnata a minacciare l'Ungheria per la sua costituzione che difende vita prenatale e famiglia naturale. Insomma, nonostante le cifre degli aborti cinesi siano impressionanti, e nonostante il carattere illiberale di questa prassi, il mondo occidentale tace imbarazzato di fronte alla strage degli innocenti che si consuma nella terra di Confucio. E tace per due ordini di ragioni.
La prima: la Cina è una super potenza militare, e soprattutto sta avviandosi a diventare la prima potenza economico-finanziaria del pianeta. I sinceri democratici, di fronte ad argomenti così risolutivi, sono pronti a seppellire i principi e i diritti umani sotto una montagna di realpolitik.
La seconda: il bue non può dare del cornuto all'asino. L'Occidente, in materia di aborto, può solo stare zitto. È vero che nel caso cinese il delitto è reso ancor più abietto per via del suo carattere obbligatorio. Ma è anche vero che per poterlo esecrare bisogna ammettere la natura omicida dell'aborto. Ora, gli Stati liberal-democratici proprio questa verità hanno voluto negare attraverso leggi permissive, seguite da decenni di aborti praticati alla luce del sole negli ospedali dello Stato o autorizzati dal potere costituito. Ecco perché «il cosiddetto mondo democratico – per citare Antonio Socci – digerisce tranquillamente, nella più completa indifferenza, l'orrore».
Siamo diventati un poco per volta una nuova civiltà: la civiltà dell'aborto. Ci siamo spinti troppo in là per poter guardare in faccia il mostro. Perché a questo punto dovremmo ammettere che il re, o il presidente della repubblica, la corte costituzionale e i giudici, tutti sono complici di un colossale programma di eliminazione di massa degli innocenti. Né più né meno che il totalitario sistema cinese. Perché chi permette il delitto – e lo finanzia con i soldi dei contribuenti – non è in fondo molto diverso da chi, quel delitto, lo impone con la forza.

Fonte: Il Timone, Maggio 2013 (n. 123)

6 - L'OSSERVATORE ROMANO TENTA UNA IMPROBABILE RIABILITAZIONE DI THEILARD DE CHARDIN
Eppure le opere del gesuita francese racchiudono ambiguità ed errori gravi che offendono la dottrina cattolica
Autore: Fabrizio Cannone - Fonte: Corrispondenza Romana, 08/01/2014

S. Tommaso, parlando dell'obbedienza e della disobbedienza, fissava i paletti dell'obbedienza virtuosa e legittima (cf. Somma Teologica, II-II, q. 104-195), affermando che «due sono i motivi per cui un suddito può non essere tenuto a ubbidire in tutto al proprio superiore. Primo, per il comando di un'autorità più grande».
E citava la Glossa di Pietro Lombardo che insegna così: «Se quindi l'imperatore comanda una cosa e Dio comanda il contrario, si deve ubbidire a Dio senza badare all'imperatore». E poi proseguiva: «Secondo, un suddito non è tenuto a ubbidire al superiore se questi gli comanda delle cose nelle quali il suddito non è a lui sottoposto (…). Perciò nelle cose riguardanti i moti interiori della volontà non siamo tenuti a ubbidire agli uomini, ma soltanto a Dio».
Sull'"Osservatore Romano" del 29 dicembre 2013 c'è un lungo articolo di Maurizio Gronchi che riabilita il pensiero di Theilard de Chardin, annullando l'importante Monitum emesso dal Sant'Uffizio contro il gesuita francese il 30 giugno del 1962. Di per sé non esiste nessun obbligo di "obbedire" alle prese di posizione di un quotidiano, e nemmeno di un quotidiano cattolico, ma "L'Osservatore" non è un quotidiano come gli altri. Nato per volontà del beato Pio IX, è l'unico giornale stampato all'interno dello Stato Città del Vaticano.
Il direttore è nominato dal Romano Pontefice e la testata esprime, logicamente, il pensiero della Santa Sede. Certo, quando si tratta di cultura, politica ed economia i redattori hanno una più grande libertà, ma questa libertà sarebbe induzione all'errore se vi si pubblicassero degli articoli contrari alla fede della Chiesa, al Magistero ecclesiastico e alla Tradizione. Questo caso purtroppo non è puramente ipotetico e l'articolo di riabilitazione del padre Theilard de Chardin ha almeno una valenza positiva: precisare meglio i limiti dell'obbedienza. Chi magari per desiderio di santa obbedienza al Sommo Pontefice Francesco e al suo quotidiano, seguisse la prosa del Gronchi sappia che andrebbe direttamente contro il Monito emesso nel 1962 per volontà del beato Giovanni XXIII.
Tutto ciò è così lampante che il giornalista lo ammette candidamente riportando il magnifico Monitum del Sant'Uffizio e definendolo «controverso e doloroso»: chi segue questo giudizio si oppone in realtà direttamente al Magistero di Giovanni XXIII. Il testo del Monito dichiara: «Certe opere del P. Pietro Teilhard de Chardin, comprese anche alcune postume, vengono pubblicate ed incontrano un favore tutt'altro che piccolo. Indipendentemente dal dovuto giudizio in quanto attiene alle scienze positive, in materia di filosofia e teologia si vede chiaramente che le opere menzionate racchiudono tali ambiguità ed anche errori tanto gravi, che offendono la dottrina cattolica».
Purtroppo il Magistero della Chiesa non piace a Maurizio Gronchi, il quale esalta Theilard oltre ogni plausibile lode, perfino ingannando il lettore con citazioni fuorvianti ed estrapolazione di giudizi. Secondo il Gronchi il pensiero dell'eretico francese contiene al massimo «certe lacune e difficoltà», ma non «ambiguità pericolose e gravi errori». Sull'"Osservatore Romano" si cita un documento del Magistero dottrinale della Chiesa e lo si giudica «controverso e doloroso». E qui siamo già sul cammino dell'apostasia. Poi si procede ad elogiare senza misura ciò che il Magistero ha condannato.
Quindi si pretende di correggere il giudizio del Magistero: non vi sarebbero "gravi errori" in Theilard, il quale nega il peccato originale e la distinzione tra materia e spirito, ma solo tollerabili «lacune e difficoltà». A nostro parere, però, se qualcuno vuole obbedire al Magistero della Chiesa, deve "non obbedire", non accettare, non approvare quanto scritto sull'"Osservatore Romano" del 29 dicembre 2013.

Fonte: Corrispondenza Romana, 08/01/2014

7 - IL CROLLO DELLA NATALITÀ E' LA VERA ORIGINE DELLA CRISI ECONOMICA
Si deve esser ricchi per far famiglia e figli o si diventa ricchi facendo famiglia e figli?
Autore: Ettore Gotti Tedeschi - Fonte: Blog di Costanza Miriano, 08/01/2014

Sono quasi vent'anni che tratto, in ottica economica, temi a difesa della vita, della famiglia, e propongo il crollo della natalità quale origine vera della attuale crisi economica. Sarà forse per questo che una parte del mondo cattolico non mi ama. Sono quasi vent'anni che cerco di spiegare qualitativamente e quantitativamente che senza aumento delle nascite il Pil – di fatto e senza retorica accademica – nel mondo cresce solo se si fanno crescere i consumi individuali.
Per creare una cultura di consumismo si devono installare nella cervice umana concetti di soddisfazione materialistica al posto di quelli di soddisfazione intellettuale e spirituale. In pratica per sentirsi soddisfatti, materialmente, ci si deve sentire "animali intelligenti".
Se ciò non fosse non ci si contenterebbe dei beni materiali (in senso lato). Ma la crescita consumistica, quale compensazione di crescita zero della popolazione, non crescendo realmente e in modo sostenibile il Pil, pretende potere di acquisto in crescita. Se quello reale non c'è, si comincia a "mangiar" risparmio per arrivare progressivamente alla magia dell'indebitamento progressivo. In un sistema poi di welfare maturo la non crescita reale del Pil produce la crescita reale dei costi fissi (sanità, pensioni, ecc.) che viene coperto da sempre maggiori imposte, che riducono il potere di acquisto e gli investimenti. Per sostenere detto potere di acquisto necessario ai consumi si delocalizzano le produzioni in Paesi a basso costo. Ma questo, senza strategie alternative, crea vulnerabilià di produzione e occupazione... In pratica crea la situazione cui siamo arrivati. Ma di ciò non possiamo parlare in vera libertà perché il problema, quando dalla diagnosi si passa alla prognosi, viene allora ricondotto ad essere un tema morale. E la morale come orientamento di discussione "scientifico" è rifiutata. I figli non si possono più fare.
Vorrei prendere questa occasione per invitare il lettore a leggere l'Enciclica di papa Francesco (Lumen fidei) che curiosamente non ha destato l'attenzione dovuta. Forse perché spiega le responsabilità della Chiesa quando si limita ad esser consolatoria e non maestra.
In Lumen fidei Francesco spiega che l'uomo ha bisogno di verità di riferimento per dar senso alla vita, alle azioni e valorizzare la società, la famiglia. Gli equilibri socio-economici dipendono da questi valori attuati. Il valore essenziale, antropologico e logico, della vita umana viene trattato da Paolo VI in Humanae vitae, che a momenti non provoca uno scisma grazie alle reazioni teologiche dei H. Kung o K. Rahner, più vicine alle richieste del mondo globale che alla dottrina cattolica. Così i neomaltusiani ebbero spazio e buon gioco nell'imporre il pensiero antinatalità che ci ha portato quasi alla distruzione di un sistema di civiltà.
Qualche mese fa si lesse sui giornali che il reddito delle famiglie italiane era tornato indietro di 27 anni. No, in realtà era cresciuto illusoriamente in 27 anni, sostituendo la crescita consumistica a una crescita equilibrata della popolazione, nella illusione folle che non facendo figli si sarebbe diventati più ricchi. Ma la natura ha dimostrato il contrario, o persino peggio: senza fare figli non si può neppure più mantenere i vecchi... quelli che hanno decretato la bontà del maltusianesimo. Mancando idee in un tempo di emergenza culturale, idee false appaiono vere.

TEST PER IL LETTORE: NASCE PRIMA L'UOVO O LA GALLINA?
Voglio dire: si deve esser ricchi per far famiglia e figli o si diventa ricchi facendo famiglia e figli? Oggi ci si lamenta che una coppia a parità di status professionale, età ecc. guadagni mediamente meno del solo capofamiglia trent'anni fa. Ciò perché in trent'anni, per sostenere i costi fissi del Welfare, non più assorbibili dalla crescita reale dell'economia, si son dovute crescere le imposte sul Pil del 100%, si sono cioè raddoppiate e conseguentemente ridotto il potere di acquisto.
Boicottando conseguentemente la famiglia si è concorso a svantaggiare l'intera società che si è convertita in un sistema senza fini, senza identità, dove gli individui realizzano le proprie aspirazioni e vocazioni naturali in modo quasi "selvaggio", deresponsabilizzato, spesso inconsapevole, senza ideali e aspirazioni di progetti di formare famiglie, fare ed educare i figli.
Così si sta perdendo (o si è già perso?) anche il valore economico della famiglia legato allo stimolo, impegno e perseguimento di fini responsabili, che presuppongono, dal punto di vista economico, impegno particolare nel produrre, nel risparmiare, nell'investire, nel consumare. Ma questo tipo di famiglia produce anche sani stimoli competitivi nell'educazione e formazione individuale dei figli, a vantaggio della società. Detta famiglia che di fatto prende in outsourcing dallo Stato formazione e sussidi ai giovani e cura anziani e malati, svolge un triplice ruolo socio-economico. Quello di investitore in capitale umano, quello di ridistributore di reddito al suo interno, secondo i veri bisogni, quello di risparmiatore a vantaggio
della società. Detta famiglia andrebbe quotata in Borsa tanto produce valore economico... (per intenderlo si studi Lumen fidei, capitolo IV).
Invece di sentire proposte a sostegno della famiglia, se ne sentono invece a favore della decrescita centrata sul congelamento delle nascite e mortificazione della famiglia stessa. Gli ecomaltusiani, non ancora pentiti, continuano a rifiutare di comprendere la natura e le sue leggi. Anche Caino era per la decrescita della popolazione, per ragioni di gelosia, ma aveva anche lui inventato la scusa ecologico-animalista: uccise Abele perché costui sacrificava troppi agnelli al Signore producendo inquinamento atmosferico...

VIDEO: FARE FIGLI E' L'UNICO MODO PER FAR RIPRENDERE L'ECONOMIA
Per essere equilibrato l'uomo ha bisogno di:
1) nutrimento materiale, per far sopravvivere il corpo;
2) nutrimento intellettuale, per dare ragione delle cose;
3) nutrimento spirituale, per dare un senso alla vita.


https://www.youtube.com/watch?v=Wvj8lzcbE6I

Fonte: Blog di Costanza Miriano, 08/01/2014

8 - LE 9 PROIBIZIONI IMPOSTE DAL COMMISSARIO DEI FRANCESCANI DELL'IMMACOLATA
I frati hanno l'impressione di subire vendette senza motivo: la parola d'ordine è obbedire senza pensare
Autore: Frater Vigilius - Fonte: Libertà e Persona, 28/12/2013

Da quando P. Fidenzio Volpi, Cappuccino, Commissario Apostolico, è subentrato alla guida del nostro Istituto dei Francescani dell'Immacolata, insieme a nuovi collaboratori, la nostra vita è molto cambiata. Direi che è stata totalmente stravolta rispetto al carisma originario conferitogli dai fondatori, P. Stefano M. Manelli e P. Gabriele M. Pellettieri ed approvato a suo tempo dalla Santa Sede (1/1/1998). La nostra vita si nutriva di spiritualità francescana, di studio delle fonti, di incontri di preghiera e convegni su testi biblici, liturgici, patristici. Attingeva alla ricchissima liturgia Cattolica, sia del Novus che del Vetuso Ordo, con i canti gregoriani del Liber usualis, del Graduale Triplex, con i canti polifonici della tradizione cristiana, ma anche con tanti canti popolari antichi e nuovi in lingua moderna per cui era stato compilato ad uso dei Conventi un apposito libretto. Ogni anno era progettato un simposio internazionale su un tema specifico di teologia cattolica: tutti potevano partecipare, non era chiuso a nessuno. Erano organizzate inoltre con cadenza annuale per i religiosi sia fratelli che sacerdoti giornate di spiritualità, giornate di studio, conferenze sul carisma dell'Istituto, ma anche su temi vari di spiritualità francescana e mariana, aggiornamenti sulla morale e sulla teologia del B. Giovanni Duns Scoto e di altri grandi teologi... Oggi non c'è più nulla di tutto questo! Non solo è venuto a mancare improvvisamente questo substrato spirituale e teologico, che è l'anima della vita interiore per ogni religioso, il suo nutrimento quotidiano per la meditazione e la preghiera, ma a questo non è stato sostituito assolutamente nulla! Solo un silenzio di tomba sull'essenza della vita religiosa e cristiana spira dalle nuove sedi e dai nuovi capi del nostro Istituto.
Il Commissario Apostolico – sempre con il suo fidato e vendicativo Segretario, P. Alfonso Bruno – non ha mai parlato in maniera diffusa e sistematica ai Frati; si è incontrato solo con alcuni ed in alcune case. Mai ci ha fatto una conferenza spirituale, mai ci ha spiegato un brano del Vangelo, degli scritti Francescani o anche solo del Catechismo della Chiesa Cattolica; mai ci ha parlato dell'Immacolata Concezione, caposaldo della spiritualità cristiana. In compenso ha emanato in abbondanza decreti, oltremodo minacciosi e oltraggiosi per noi tutti, rimproverandoci senza fornire alcuna prova o giustificazione di essere insubordinati, di essere contro il Papa, di essere contro il Concilio Vaticano II, di essere "lefebvriani". Il rimprovero è pervicace ed ossessivo, martellante come le accuse false dei processi-farsa dei detenuti della Lubjanka nella Mosca stalinista. Si sostanzia di molteplici provvedimenti punitivi che si succedono a raffica dal giorno alla notte, senza alcuna spiegazione e senza alcuna finalità educativa o correttiva. Abbiamo l'impressione di essere solo puniti o di subire vendette senza motivo. La parola d'ordine è: obbedire senza pensare.
Se il capo vuole distruggere, deve distruggere. Lo vuole il Commissario. Quindi lo vuole la Chiesa ed il Papa.
I provvedimenti più importanti del Commissario infatti sono:

1) OBBLIGO DI NON CELEBRARE PIÙ LA MESSA NEL VETUS ORDO
L'obbligo di non celebrare più la Messa nel Vetus Ordo, promulgata dal B. Giovanni XXIII nel 1962. Perché? Nessuna spiegazione. E' stato detto in un primo tempo ai nostri sacerdoti di fare domanda formale per iscritto al Commissario per celebrarla. Molti di loro (la stragrande maggioranza) hanno confidato in questa possibilità ed hanno scritto al Commissario. Nessuno di loro (tranne qualche risibile eccezione) ha avuto una risposta. E' forse una messa cattiva quella del Vetus Ordo? Arguisco dalle minacce del Commissario che forse questa è una Messa "contro il Papa", è "Lefebvriana", e quindi non si può dire. Ma allora anche il B. Giovanni XXIII che l'ha promulgata, ed anche il Papa Benedetto XVI che ha ristabilito la disciplina di questa Messa, dando la possibilità a tutti i sacerdoti di celebrarla, sono "Lefebvriani", sono "contro il Papa"; cioè sono contro se stessi?

2) PROIBIZIONE DI CELEBRARE LA LITURGIA DELLE ORE NEL RITO LATINO
La proibizione di celebrare la liturgia delle ore nel rito latino ed anche di usare i rituali in latino, come permesso invece dal Papa Benedetto XVI. Qui allora non si tratta più della Messa, ma della lingua latina. La lingua latina, nell'intendimento del Commissario Apostolico, sembra essere anche essa in toto una lingua "cattiva", "Lefebvriana", "contro il Papa", "contro il Concilio". Non si devono usare testi latini, né studiarli? Ma la lingua della Chiesa è stata ed è tuttora il latino, come afferma lo stesso Concilio Vaticano II (Cf. Sacrosanctum Concilium n. 36). Come si può proibire lo studio e la pratica di questa lingua? Cosa c'è di "contro il Papa" in questo? Nella nostra biblioteca conventuale noto che c'è un testo del Concilio Vaticano II, in edizione bilingue. La lingua originale del Concilio Vaticano II, che è la prima nel testo, è il latino e non la lingua moderna. Dunque il Concilio Vaticano II sarebbe stato scritto, nella sua edizione originaria, in una lingua che è "contro il Concilio"?

3) PROIBIZIONE DI ACCOSTARSI AL FONDATORE
La proibizione di accostarsi al nostro fondatore, P. Stefano M. Manelli. Non possiamo scrivergli, né chiamarlo al telefono, né parlargli, né tantomeno andarlo a trovare. La proibizione su questo punto è assoluta e radicale. Sembra che tutto insieme sia diventato un pericoloso delinquente da tenere strettamente recluso. Cos'ha fatto di male? Perché nessuno può parlargli? Silenzio assoluto del Commissario Apostolico e delle altre autorità dell'Istituto. Eppure è lui che ci ha insegnato la vita spirituale e ci ha dato il buon esempio derivante dai grandi santi dell'Ordine: San Massimiliano, San Pio da Pietrelcina, San Francesco, Santa Chiara e tanti altri di cui ha scritto meravigliose biografie; è lui che ha scritto la "traccia mariana", sotto la guida di San Pio da Pietrelcina, e gli altri testi fondanti la nostra spiritualità come Il voto mariano. Dobbiamo dimenticarci tutti i lunghi anni di formazione e di intensa vita spirituale vissuta fino ad oggi e tutti i suoi studi che abbiamo letto per anni per decreto del Commissario Apostolico e di qualche altra "autorità" a lui devota?! Viene da pensare che i nostri "nuovi responsabili" dell'Istituto non conoscano affatto la spiritualità e il carisma dell'Istituto.

4) PROIBIZIONE DI SCRIVERE SULLE RIVISTE DELL'ORDINE
La proibizione di scrivere sui nostri settimanali, sulle nostre riviste, la proibizione di collaborare con la nostra casa editrice, la "Casa Mariana editrice", la proibizione pure di diffondere i testi della "Casa Mariana editrice". Questi provvedimenti draconiani somigliano a quelli dei regimi nazisti e paleocomunisti nei quali era vietata tutta la stampa che non era controllata dal regime: gli unici organi d'informazione erano quelli dello stato e del partito unico. Alla faccia della "libertà dei figli di Dio" tanto decantata e glorificata dal Commissario Apostolico! Qui da noi vengono violati dei diritti umani fondamentali, sanciti anche dalla Dichiarazione Universale dei diritti dell'uomo (1948), che recita così al suo articolo 19: «Ogni individuo ha il diritto alla libertà di opinione e di espressione, incluso il diritto di non essere molestato per la propria opinione e quello di cercare, ricevere e diffondere informazioni e idee attraverso ogni mezzo e senza riguardo a frontiere», per non rifarci al Vangelo. Ci è negata dunque la libertà di pensiero e di espressione! Pure il pensare e lo scrivere o ricevere e diffondere libri sono attività "Lefebvriane", "contro il Papa", "contro il Concilio"? Mi risulta che la nostra casa editrice stampava testi di Sant'Alfonso Maria de Liguori, Dottore della Chiesa, di San Luigi M. Grignion de Montfort, di San Pio da Pietrelcina. Certamente anche questi sono autori "Lefebvriani", "contro il Papa" e "contro il Concilio", secondo il Commissario, e perciò bisogna vietarne la diffusione. Il nostro commissario Apostolico sembra aver ripristinato l'Indice dei libri proibiti, già solennemente abolito con decreto pontificio dal Papa Paolo VI (1966). Ciò dimostra che l'autorità canonica del nostro Commissario è superiore a quella del Sommo Pontefice!

5) PROIBIZIONE DI AVERE DEI GRUPPI DI LAICI
La proibizione di avere dei gruppi di laici che pur si sono formati negli anni intorno ai nostri conventi. Per quale motivo? Nessuna spiegazione. I nostri gruppi di laici sono sciolti e non possono portare più alcun abito religioso anche se hanno fatto la professione secolare nel Terz'Ordine Francescano dell'Immacolata. So di un gruppo di anziane signore abituate a dire il Rosario prima della Messa in un nostro Convento. Avevano chiesto di fare la professione secolare e così indossare l'abito religioso dei Terziari Francescani per morire con quell'abito, tanto caro anche al B. Pio IX e al B. Giovanni XXIII. Il Commissario Apostolico ha imposto di togliere l'abito religioso a tutti i Terziari Francescani dell'Immacolata. I Frati sono andati da quelle signore a dir loro che non potevano più portare quell'abito. "Perché?" – hanno chiesto. "Il Commissario Apostolico ha detto che siete contro il Papa" – hanno risposto i Frati. "E perché siamo contro il Papa?!". A questa domanda i Frati non hanno saputo rispondere.

6) PROIBIZIONE DI AVERE UN PROPRIO SEMINARIO DI STUDI TEOLOGICI
Perché? Nessuna spiegazione dal Commissario Apostolico. E' abolito e basta. Eppure tutti i professori che vi insegnavano si sono laureati e licenziati nelle attuali Università Pontificie: la Pontificia Università "Antonianum", la Pontificia Università "Lateranense", l'Istituto Patristico "Augustinianum", la Pontificia Università di "Santa Croce" dell'Opus Dei, la Pontificia Facoltà Teologica "Marianum", ed altre assolutamente approvate dalla Santa Sede. Ma forse anche queste Università Pontificie nell'intendimento del nostro Commissario Apostolico sono sospette di attività "Lefebvriane", "contro il Papa", "contro il Concilio". Fidarsi è bene, non fidarsi è meglio. Mi chiedo se anche il nostro Commissario Apostolico abbia studiato a suo tempo pure lui in una di queste università che ora sospetta di cripto-lefebvrianesimo.

7) PROIBIZIONE DI GESTIRE I BENI
Anche la gestione dell'economia è argomento di severo e costante rimprovero per noi da parte del Commissario. Noi non sappiamo gestire i beni – ha sempre detto. Dunque abbiamo bisogno di lui per farlo. In effetti circola la voce che per i suoi augusti servigi all'Istituto il Commissario ed i suoi invisibili collaboratori percepiscano a spese delle casse dei Francescani dell'Immacolata qualcosa come 5.300 euro al mese. Non c'è che dire: il Commissario ha dato subito prova di saperci fare con i soldi! Soprattutto con quelli di un Istituto di Mendicanti Francescani che non ha alcuna attività lucrativa per mantenersi. Leggo però nel testo della Liturgia delle ore del Servo di Dio il Papa Paolo VI, alla festa di S. Francesco di Sales, 24 gennaio, un brano tratto dall' Introduzione alla Vita devota (I, 1) dello stesso, in cui è detto: «Dimmi Filotea, sarebbe conveniente se il Vescovo volesse vivere in una solitudine simile a quella dei Certosini? E se le donne sposate non volessero possedere nulla come i Cappuccini?» (Liturgia delle ore secondo il Rito romano-serafico – III, Assisi 1975, p. 1254). Mi chiedo se P. Fidenzio Volpi, Cappuccino, conosca questo aspetto della povertà cappuccina messo in così bella evidenza dalla Liturgia delle ore del Papa Paolo VI.

8) CHIUSURA ARBITRARIA DI ALCUNI CONVENTI
Ho saputo della prossima chiusura di alcuni nostri conventi da parte del Commissario. Guarda caso erano gli unici Conventi dove c'era il permesso di celebrare la Messa nella forma promulgata dal B. Giovanni XXIII del 1962. I Vescovi in quei luoghi erano consenzienti. Anche quei Vescovi sicuramente sono pericolosi per noi e per la Chiesa, nonché per il Papa perché forse cripto-lefebvriani, amanti di una Messa e di una lingua che non deve più esistere.

9) CELLULARE E COMPUTER CONTROLLATI IN STILE GESTAPO
Non possiamo liberamente telefonare o usare il cellulare od il computer. Ci è stato detto che i nostri telefoni ed i nostri computers sono tutti controllati grazie ad un sofisticato sistema di spionaggio elettronico e tutto quello che diciamo e scriviamo sarà riferito al Commissario Apostolico. Così dobbiamo stare attenti a scrivere ed a parlare. I cellulari ed i computers che usiamo, siccome siamo Francescani dell'Immacolata commissariati, non godono della normativa sulla privacy.
Proprio per quest'ultima disposizione interna si è creato veramente un clima di sospetto e di terrore tra noi. Non sappiamo più chi abbiamo vicino. Stiamo molto attenti anche a parlare. Guai a scherzare, soprattutto sul Commissario Apostolico. Qualche micro registratore potrebbe essere nascosto nelle tasche del saio di qualche frate-spia che potrebbe riferire tutto al Commissario o ai suoi devoti servitori. Qualcosa di simile mi sembra di aver letto nelle memorie dei dissidenti sovietici ai tempi della NKVD o del KGB e ai tempi della Gestapo nella Germania nazista. Il tuo vicino può non essere un tuo amico. Anche se è una persona che conosci da anni: può essere invece il tuo traditore. Potresti pagare caro un tuo innocente intervento di commento sull'operato del Commissario e suoi stretti collaboratori: sono ormai una casta sacrale ed intoccabile. So di frati che sono stati trasferiti in conventi di altri continenti per semplici considerazioni fatte amichevolmente con i Confratelli sul Commissario Apostolico e la nuova gestione dell'Istituto. Questo sarebbe il carisma che il nostro amato Commissario deve "raddrizzare", come dice lui, nelle sue lettere. Forse deve riportarci al tempo del "Padre dei Popoli", come si faceva chiamare amabilmente il compagno Stalin, o del Führer, Adolf Hitler, al tempo dei suoi campi di concentramento e delle leggi razziali.
In effetti, pensandoci bene, è proprio sotto il Führer che è diventato santo l'ispiratore del nostro carisma Francescano-Mariano: San Massimiliano M. Kolbe...

Fonte: Libertà e Persona, 28/12/2013

9 - OMELIA III DOMENICA DEL TEMPO ORD. - ANNO A - (Mt 4,12-23)
Venite dietro a me, vi farò pescatori di uomini
Autore: Padre Francesco Pio Pompa - Fonte: Il settimanale di Padre Pio, (omelia per il 26/01/2014)

Il Vangelo della Santa Messa ci suggerisce di riflettere sul tema della vocazione. La vocazione è una manifestazione dell'Amore infinito ed eterno di Dio, è un dono gratuito, che viene direttamente dal Cuore di Dio. La vocazione è essenzialmente una chiamata divina. Dio chiama e l'uomo deve rispondere. Qualora la chiamata di Dio rimanesse senza risposta la vita dell'uomo sarebbe una vita fallita e triste.
A cosa Dio chiama l'uomo? Dio, fin dall'eternità, per amore, ci ha chiamati, innanzitutto, alla vita naturale, a vivere da uomini, e continuamente ci chiama alla vita soprannaturale, a vivere da figli di Dio, da cristiani; ci chiama, cioè, a corrispondere a quel grado di santità che desidera da noi, con il suo aiuto e la nostra fattiva collaborazione.
La condizione per santificare la nostra vita è di viverla nello stato di vita (matrimonio, celibato, professione religiosa, sacerdozio), dove la Volontà di Dio ci chiama. È vero che i battezzati hanno un'origine e un destino comuni, ma è altrettanto vero che ognuno ha la sua missione da compiere.
San Matteo, nel Vangelo della Santa Messa, descrive la chiamata dei primi Discepoli di Gesù. Sono i primi a subire il suo fascino. Si tratta di alcuni pescatori della Galilea, in particolare i due fratelli Simone e Andrea e i due figli di Zebedeo, Giacomo e Giovanni.
Gesù Cristo, volendo scegliersi dei collaboratori, ha prediletto non i grandi della terra, non gli uomini di scienza e di prestigio, ma poveri ed ignoranti pescatori, semplici e sinceri.
Il Maestro divino invita loro a seguirlo: «Venite dietro a me, vi farò pescatori di uomini» (Mt 4,19). Egli l'invita non solo con la voce, ma con un'illuminazione interiore, mediante la quale comprendono la necessità di mettersi alla sua sequela, comprendono che è necessario lasciare tutto, famiglia e lavoro, per seguire Gesù.
L'Evangelista mette in evidenza proprio la prontezza e la generosità della loro risposta: «Ed essi subito lasciarono la barca e il loro padre e lo seguirono» (ivi, 22).
Gesù, invitando gli Apostoli a seguirlo, affida loro una grande missione: «Vi farò pescatori di uomini» (ivi, 19). Quindi questi primi Discepoli da pescatori di pesci diventano pescatori di anime. Ad essi viene affidato il compito di diffondere la luce del Vangelo fino agli estremi confini della terra.
Ogni battezzato è chiamato a cooperare a questa sublime missione di evangelizzazione, ma non tutti nello stesso modo. Vi è una vocazione nativa, comune, ordinaria, essendo iscritta nella carne e nel sangue dell'uomo, la più adatta alle tendenze della vita umana. Vi è anche una vocazione che si può definire sacra, in quanto esige un intervento speciale di Dio, che conduce sulla strada della consacrazione a Dio, che conduce ad una vita protesa verso le più alte vette della santità. Questa è, appunto, la vocazione al sacerdozio, alla vita religiosa, ecc., la vocazione all'amore più grande. Anche la nostra risposta dovrebbe essere pronta e generosa come quella di questi primi Discepoli.
Anche noi dovremmo abbandonare le reti, ossia tutto quello che è terreno e che ci impedisce di percorrere la via della santità, la quale implica rinuncia, sacrificio, generosità.
I Santi sono coloro che hanno risposto prontamente e generosamente alla chiamata di Gesù. Quale missione, ad esempio, ha affidato il Signore a Padre Pio? Essere vittima per il mondo. Lo lascia chiaramente intendere lui stesso, sin dal 29 novembre 1910, a padre Benedetto da San Marco in Lamis, al quale chiede per iscritto un permesso particolare: «Da parecchio tempo sento in me un bisogno, cioè di offrirmi al Signore vittima per i poveri peccatori e per le anime purganti. Questo desiderio è andato crescendo sempre più nel mio cuore, tanto che ora è divenuto, sarei per dire, una forte passione. L'ho fatta, è vero, più volte questa offerta al Signore, scongiurandolo a voler versare sopra di me i castighi che sono preparati sopra dei peccatori e sulle anime purganti, anche centuplicandoli su di me, purché converta e salvi i peccatori ed ammetta presto in Paradiso le anime del Purgatorio, ma ora vorrei fargliela al Signore questa offerta con la sua obbedienza. A me pare che lo voglia proprio Gesù. Son sicuro che ella non troverà difficoltà alcuna nell'accordarmi questo permesso».
San Pio da Pietrelcina è stato vittima per i peccatori, vittima crocifissa per i peccatori. Egli considerava il dolore come un «dono di Dio». Una volta tossiva da far compassione, tanto che il confratello padre Lino da Prata gli disse: «Padre, passi a me la sua tosse». E lui rispose sorpreso: «E che, i doni si regalano?». Il professor Nicola Bellantuono, al termine di una Confessione, gli chiese invece se le stimmate fossero dolorose e Padre Pio reagì: «Credi che il Signore me le abbia date per bellezza?». Allora il professore si offrì: «Padre, date qualche cosa anche a me». E il Frate, quasi irritato: «I monili del Signore non si regalano!».
Ci aiuti il nostro Santo a cooperare generosamente al dono della vocazione, ad essere fedeli ad essa. Dalla nostra generosità e fedeltà dipende la salvezza di tanti nostri fratelli e sorelle!

Fonte: Il settimanale di Padre Pio, (omelia per il 26/01/2014)

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