BastaBugie n�334 del 31 gennaio 2014

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1 ARTE MODERNA: PIU' SCHIFOSA E', MEGLIO E'
Ci vuole sempre un esperto che te la spieghi... ma allora che arte è? (VIDEO: Alberto Sordi alla Biennale di Venezia)
Autore: Rino Cammilleri - Fonte: La Nuova Bussola Quotidiana
2 I NUOVI INQUISITORI CONTRO PAPA BENEDETTO
Due cardinali potenti ripartono con la demolizione della Chiesa
Autore: Antonio Socci - Fonte: Libero
3 IL CONVENTO DI SAN TOMMASO D'AQUINO VERRA' CHIUSO
Ma cosa ha portato di buono il famoso ''spirito del Concilio''?
Autore: Mauro Faverzani - Fonte: Corrispondenza Romana
4 MENDEL DAY: PER RICORDARE L'AMICIZIA TRA FEDE E SCIENZA (QUELLA VERA)
Venti città italiane hanno aderito alla manifestazione
Autore: Francesco Agnoli - Fonte: Il Timone
5 PAPA FRANCESCO ''PERSONA DELL'ANNO'' PER IL TIME E PER UNA RIVISTA GAY
Le sue parole vengono strumentalizzate dai nemici della Chiesa
Fonte: Unione Cristiani Cattolici Razionali
6 IL PURGATORIO NON E' UNA FAVOLA
Seguendo la Bibbia, da sempre la Chiesa ne afferma l'esistenza mettendo in guardia dalle pene tutt'altro che leggere
Autore: Corrado Gnerre - Fonte: Radici Cristiane
7 AVVENIRE ESALTA IL COMPROMESSO
Francesco D'Agostino esulta per l'equiparazione tra figli naturali e legittimi senza dire che così non si distingue più tra convivenza e matrimonio
Autore: Giovanna Arcuri - Fonte: La Nuova Bussola Quotidiana
8 4° MARCIA PER LA VITA: DOMENICA 4 MAGGIO A ROMA
E' necessario scendere in piazza non solo per dire no a ogni minaccia contro la vita, dal concepimento alla morte naturale, ma anche per confortare i dubbiosi e i timorosi
Autore: Paolo Deotto - Fonte: Corrispondenza Romana
9 OMELIA PRESENTAZIONE DEL SIGNORE - ANNO A - (Lc 2,22-40)
Egli è qui per la caduta e la risurrezione di molti in Israele
Autore: Benedetto XVI - Fonte: Sito del Vaticano

1 - ARTE MODERNA: PIU' SCHIFOSA E', MEGLIO E'
Ci vuole sempre un esperto che te la spieghi... ma allora che arte è? (VIDEO: Alberto Sordi alla Biennale di Venezia)
Autore: Rino Cammilleri - Fonte: La Nuova Bussola Quotidiana, 17/01/2014

Tiziana Sembianti, pittrice (produce copie perfette di capolavori storici, indistinguibili dagli originali), intervistata da Stefano Lorenzetto su Il Giornale del 12 gennaio 2014 (rubrica «Tipi italiani»), dice tra le altre cose: «Le cattedrali di ieri erano erette da gente che ci credeva. Le chiese di oggi sono figlie del relativismo: trattatelli di filosofia che celebrano la grandezza del nulla. Non inducono a pregare, entrandoci. Né a inginocchiarsi». E anche: «Hanno portato mia nipote Barbara, 15 anni, a vedere i "tagli" di Lucio Fontana a Torino. Al ritorno le ho chiesto: che cos'hai visto? "Tele con uno sbrego", mi ha risposto. Allora le ho detto: ricorda che se l'arte ha bisogno di essere spiegata, significa che l'artista ha fallito».
Infatti - aggiungo io - l'artista a quel punto non è chi taglia la tela, bensì chi ti spiega come e perché si tratti di un'opera d'arte. Così, celebrati «capolavori» dell'arte moderna richiedono sempre più la presenza del critico che ormai si comporta come il sofista dell'antica Grecia, il quale ti dimostrava tutto e il suo contrario a parole. Ma dopo aver appreso che il celebre Orinatoio di Duchamp è un capolavoro assoluto, poi che fai? Lo compri e te lo metti in salotto? Saresti costretto ad assumere un critico e tenercelo accanto, a far da cicerone ai tuoi ospiti. Lo stesso, se sei un collezionista, per la Merda d'artista di Manzoni, il Piss-Christ (un crocifisso dentro a un bicchiere pieno di piscio) e la Madonna incapsulata in un preservativo. E il tuo salotto diventerebbe una cloaca.
Ora, se proprio insisti, poiché queste «opere d'arte» costano uno sproposito, perché non compri un crocifisso di plastica e ci orini sopra tu? Almeno, sarebbe roba tua. Lo stesso potresti fare con la merda e con il profilattico. Infine, se temi di incorrere nel copyright, eccoti una bella idea: compra un pitale colorato, scrivici sopra «Ars gratia artis» (che poi è anche il motto della Metro Goldwin Meyers) ed esponilo nel tuo studio per la gioia degli amici. Ah, naturalmente, dopo avere assunto un critico d'arte che spieghi loro l'«arte concettuale» di cui il tuo capolavoro è un esempio. Potresti anche, a quel punto, metterci su un bel business: «Arte fai-da-te in scatole di montaggio». Dovresti solo occuparti della confezione, della pubblicità e della distribuzione. Per il contenuto, basta una normale discarica. Più schifoso è, meglio è. Sul retro della scatola avrai cura di indicare il numero del call-center a cui rivolgersi e l'indirizzo mail a cui mandare la foto dell'opera realizzata dal cliente. Questi, con una modica spesa aggiuntiva, riceverà direttamente a casa l'opuscolo contenente la spiegazione del critico. Magari il cliente in questione, se ha fantasia, potrà diventare famoso. In tal caso il tuo giro d'affari avrà un decollo formidabile e farai un sacco di soldi. Coi quali potrai riempirti non solo il salotto ma anche l'intera casa di pisciatoi, cacche in box, preservativi usati, gatti impagliati crocifissi (la «concettualità» religioso-cristiana, meglio se cattolica, tira sempre), sputi sotto vetro e foto seriali di pontefici in pose sconce.
Le «firme» saranno, ovviamente, quelle dei tuoi clienti divenuti artisti famosi ed esposti nei meglio musei del mondo. Insomma, l'arte alla portata di tutti, l'ultimo traguardo della democrazia liberale. Passerai alla storia. Per la cronaca, Tiziana Sembianti, l'autrice di copie (che non vende né espone), passa giornate intere davanti ai capolavori di Vermeer o di Caravaggio, per cercare di capire come siano stati fatti e poi riprodurli (per alcuni ci mette anni). Dice che, sebbene l'abbia scrutata per settimane, ancora non riesce a capire come abbia fatto Leonardo a dipingere la Gioconda. Cioè, a darle quei colori velati che sembrano fatti di luce. Ma Leonardo era un povero ingenuo, così come lo erano i suoi committenti. Invece, all'artista furbo bastano una tela, un taglierino e un colpo secco. Et voilà. Al resto pensa il critico.

Nota di BastaBugie: la vera arte non ha bisogno di spiegazioni, né di intelligentoni che ti aiutino a coglierla. La bellezza si impone da sola: chi guarda il giudizio universale di Michelangelo non può non rimanerne affascinato... Riproponiamo un simpatico spezzone di un film di Alberto Sordi alla Biennale di Venezia che sottolinea questo aspetto


http://www.youtube.com/watch?v=lj438bBpX9w

Fonte: La Nuova Bussola Quotidiana, 17/01/2014

2 - I NUOVI INQUISITORI CONTRO PAPA BENEDETTO
Due cardinali potenti ripartono con la demolizione della Chiesa
Autore: Antonio Socci - Fonte: Libero, 26/01/2014

Ci sono stati grandi papi il cui pontificato è stato praticamente affossato dagli errori degli ecclesiastici del loro entourage. Anche per papa Francesco si presenta questo rischio.
Sconcertano infatti episodi, decisioni e "sparate" di alcuni prelati, penso al cardinale Maradiaga e al cardinale Braz de Aviz, che si sentono così potenti in Vaticano da usare il bastone sia contro il Prefetto dell'ex S. Uffizio Müller, sia contro i "Francescani dell'Immacolata".
 
CONTRO BENEDETTO
I bersagli delle loro "randellate" (assestate ovviamente in nome della misericordia) sono coloro che, a diverso titolo, vengono individuati come paladini dell'ortodossia cattolica e che hanno avuto a che fare con papa Benedetto XVI.
Il vero bersaglio infatti sembra proprio lui, "reo" di tante cose, dalla storica condanna della teologia della liberazione, alla difesa della retta dottrina, al Motu proprio sulla liturgia.
Il cardinale Oscar Maradiaga è arcivescovo di Tegucigalpa, in Honduras, diocesi in decadenza. Ma il prelato, che gira per i palcoscenici mediatici del mondo, nei giorni scorsi ha fatto clamore per una sua intervista a un giornale tedesco dove – fra corbellerie new age e banalità terzomondiste – ha attaccato pubblicamente il Prefetto della Congregazione per la dottrina della fede, Müller, a cui il papa ha appena dato la porpora cardinalizia. Un fatto clamoroso, anche perché Maradiaga è il capo della commissione che dovrebbe riformare la Curia.
Cosa era accaduto? Müller, chiamato a quell'incarico da Benedetto XVI e confermato da Francesco, nei mesi scorsi aveva ribadito che – pur cercando nuove vie pastorali (già indicate anche da Benedetto XVI) – il prossimo sinodo sulla famiglia non può sovvertire, con "un falso richiamo alla misericordia", la legge di Dio sulla famiglia uomo-donna, affermata da Gesù nel Vangelo e sempre insegnata dalla Chiesa.
 
MARADIAGA SHOW
Müller, che era già stato attaccato personalmente da Hans Küng, è stato liquidato da Maradiaga con queste parole: "è un tedesco e per giunta un professore di teologia tedesco. Nella sua mentalità c'è solo il vero e il falso. Basta. Io però rispondo: fratello mio, il mondo non è così, tu dovresti essere un po' flessibile".
Parole che hanno scandalizzato molti fedeli. Anzitutto perché l'accenno polemico al "professore di teologia tedesco" fa pensare inevitabilmente che il bersaglio fosse Benedetto XVI, che chiamò Müller a quell'incarico.
Poi perché è del tutto irrituale un attacco pubblico fra cardinali, come se Müller fosse lì a sostenere una sua teologia personale e non l'insegnamento costante della Chiesa e di tutti i papi.
Infine Maradiaga – secondo cui sarebbe sbagliato vagliare la realtà in termini di vero e di falso – dimentica che Gesù Cristo nel Vangelo dette questo preciso comandamento: "il vostro parlare sia sì (se è) sì e no (se è) no. Il di più viene dal Maligno" (Mt 5,37).
Maradiaga preferisce quel "di più" all'annuncio della Verità? Sui temi della famiglia, su cui c'è un'offensiva ideologica simile a quella marxista degli anni Settanta, diversi ecclesiastici sono pronti – proprio come allora – a calare le braghe.
E lo fanno anche con i sofismi di Maradiaga, il quale dice che le parole di Gesù sul matrimonio sono vincolanti, sì, "però si possono interpretare" e siccome oggi ci sono tante nuove situazioni di convivenza occorrono "risposte che non possono più fondarsi sull'autoritarismo e il moralismo".
Questa frase da sola liquida tutto il Magistero della Chiesa: evidentemente per Maradiaga era autoritario e moralista anche Gesù, che si espresse con tanta nettezza.
Ma che significa chiedere "più cura pastorale che dottrina"? Ogni grande pastore, da S. Ambrogio a S. Carlo, da don Bosco a padre Pio, è stato un paladino della dottrina.
Maradiaga dice che occorrono sulla famiglia "risposte adatte al mondo di oggi". Sono frasi vuote e allusive che alimentano confusione e dubbi.
E' il tipico modo, che oggi dilaga nella Chiesa, di sollevare domande senza fornire risposte.
A tal proposito san Tommaso d'Aquino si espresse così: "Ebbene costoro sono falsi profeti , o falsi dottori, in quanto sollevare un dubbio e non risolverlo è lo stesso che concederlo" (Sermone "Attendite a falsis prophetis").
Oggi c'è chi, nella Chiesa, alle parole di Gesù riportate nel Vangelo preferisce il famoso questionario relativo al Sinodo, che è stato mandato a tutte le diocesi del mondo e viene presentato da taluno come un sondaggio, come se la Verità rivelata dovesse essere sostituita dalle più diverse opinioni.
 
AUTODEMOLIZIONE
Anche questo ci riporta agli anni Settanta, quando Paolo VI denunciava allarmato:
"Così la verità cristiana subisce oggi scosse e crisi paurose. Insofferenti dell'insegnamento del magistero (…) v'è chi cerca una fede facile vuotandola, la fede integra e vera, di quelle verità, che non sembrano accettabili dalla mentalità moderna, e scegliendo a proprio talento una qualche verità ritenuta ammissibile; altri cerca una fede nuova, specialmente circa la Chiesa, tentando di conformarla alle idee della sociologia moderna e della storia profana".
E' come spazzar via di colpo i pontificati di Paolo VI, di Giovanni Paolo II e di Benedetto XVI per tornare ai cupi anni Settanta, all'autodemolizione della Chiesa (come la definì Paolo VI).
Non è un rinnovamento, ma il ritorno del vecchio più rovinoso.
 
LA VERGOGNA
Un altro episodio di autodemolizione della Chiesa è la persecuzione dei "Francescani dell'Immacolata", una delle famiglie religiose più ortodosse, più vive (piene di vocazioni), più ascetiche e missionarie.
Ma alla quale – come ho già scritto su queste colonne – non è stata perdonata la zelante fedeltà a Benedetto XVI, a cominciare dal suo Motu proprio sulla liturgia.
Il rovesciamento delle parti è clamoroso. Infatti sul banco degli accusati ci sono dei cattolici ubbidienti e nella parte dell'inquisitore c'è il cardinale brasiliano João Braz de Aviz che, in una lunga intervista, ha avuto nostalgiche parole di elogio per la disastrosa stagione della Teologia della liberazione, fregandosene della condanna di Ratzinger e Giovanni Paolo II.
Braz de Aviz confessò tranquillamente che – in quegli anni – era pronto anche a lasciare il seminario per quelle idee sociali. Però ha fatto carriera. Oggi è a capo della Congregazione per i religiosi, lui che non è nemmeno un religioso.
Il prelato, che si proclama molto amico della Comunità di S. Egidio, ha una strana idea del dialogo che – per lui – vale verso tutti, meno che verso i cattolici più fedeli al Magistero.
Quando era arcivescovo di Brasilia partecipò tranquillamente fra i relatori a un convegno del "Forum Espiritual Mondial" con l'ex frate Leonardo Boff, leader della Tdl, Nestor Masotti, presidente della Federazione Spiritista Brasiliana, Ricardo Lindemann, presidente della Società Teosofica in Brasile e Hélio Pereira Leite, Gran Maestro del Grande Oriente.
Appena arrivato a capo della Congregazione per i religiosi ha subito iniziato il dialogo con le "vivaci" Congregazioni religiose femminili degli Stati Uniti che tanto filo da torcere dettero a Benedetto XVI.
Braz ha fatto una specie di critica alla Santa Sede: "abbiamo ricominciato ad ascoltare… Senza condanne preventive".
Invece i "Francescani dell'Immacolata", che non hanno mai dato alcun problema, non sono mai stati da lui chiamati e ascoltati. La condanna preventiva contro di loro c'è stata e pesante.
Curioso, no? Giorni fa "Vatican Insider" titolava: "In Italia ci sono sempre meno frati e suore". Credete che Braz de Aviz si preoccupi di questo? Nient'affatto. Pensa a punire uno dei pochi ordini le cui vocazioni aumentano.
Sul primo numero di "Jesus" del 2014 si fa un monumento a Vito Mancuso, noto per negare "circa una dozzina di dogmi" (come scrisse "La Civiltà cattolica"). Ma state certi che nessuno farà obiezione ai paolini.
Invece vengono repressi i "Francescani dell'Immacolata" per averli difesi i dogmi della Chiesa. L'autodemolizione è ripresa con forza.

Fonte: Libero, 26/01/2014

3 - IL CONVENTO DI SAN TOMMASO D'AQUINO VERRA' CHIUSO
Ma cosa ha portato di buono il famoso ''spirito del Concilio''?
Autore: Mauro Faverzani - Fonte: Corrispondenza Romana, 03/01/2014

La sua fortuna è divenuta forse anche la sua maggiore disgrazia: sin dal 1302 il convento di San Domenico Maggiore, a Napoli, ha rappresentato un importante centro di diffusione del tomismo. Del resto, proprio qui san Tommaso d'Aquino, allora 19enne, vestì l'abito dell'Ordine dei Predicatori; qui, più tardi, nel 1259, scrisse una buona parte della Summa contra Gentiles; qui, nel 1272, fondò uno Studio Generale (l'equivalente di un'odierna facoltà teologica) e compose la terza parte della Summa Theologiae; qui restò sino ai primi di febbraio del 1274, quando lasciò questa comunità domenicana per partecipare al Concilio di Lione: non vi fece più ritorno, poiché morì durante il viaggio.
Ma il suo spirito ed il suo pensiero continuano ad aleggiare ancora oggi nel convento, esercitando la loro benefica influenza. Evidente dunque l'importanza di tale presenza, addirittura strategica, tenendo conto di quanto lo stesso Concilio Vaticano II abbia raccomandato di avere «san Tommaso per maestro» (Optatam totius, n. 16) e di seguire in modo speciale le sue «orme» (Gravissimum educationis, n. 10). Lo stesso Codice di Diritto Canonico raccomanda l'istruzione dei chierici, «seguendo soprattutto la dottrina di San Tommaso» (can. 252, par. 3).
Ebbene, questo convento, dove san Tommaso si formò, visse ed operò, verrà chiuso ed abbandonato: a deciderlo, è stato proprio il Capitolo provinciale del suo Ordine, quello domenicano. Tra lo sconcerto di molti religiosi e di numerosi fedeli. San Domenico Maggiore rappresenta una delle principali chiese di Napoli: sorge in pieno centro, dal Duecento; qui riposano i resti mortali di regnanti, alta nobiltà, uomini d'armi, politici, religiosi ed artisti; custodisce opere di Tiziano, Caravaggio ed altri eminentissime firme; fu ed è il cuore della Provincia Regni utriusque Siciliae, che nei secoli abbracciò tutta l'Italia meridionale e la Sicilia; recentemente ha ospitato la Facoltà Teologica, l'Istituto Superiore di Scienze Religiose ed una ricca biblioteca; ha editato una rivista internazionale di filosofia e teologia, dal titolo "Sapienza", nonché un'altra pastorale, "Temi di Predicazione"; solo 23 anni fa vi è stato inaugurato l'Istituto Filosofico S.Tommaso d'Aquino. Ed ora, con 900 anni di storia, cultura, arte, formazione sulle spalle, c'è chi è pronto ad assumersi la responsabilità di mettervi la parola fine. Incredibile!
Un episodio grave, purtroppo però non il solo. Più o meno nelle stesse settimane, un altro Capitolo provinciale domenicano ha deciso la chiusura di un altro convento plurisecolare, quello di San Marco, a Firenze, affidato ai Padri Predicatori dal 1436. Da sempre fulcro di vita ascetica, è stato cenacolo di artisti, intellettuali e politici: ha ospitato il co-patrono di Firenze, sant'Antonino, Massimo il Greco (santo per gli ortodossi), diversi Beati, Savonarola, Cosimo de' Medici, Poliziano, Pico della Mirandola, san Filippo Neri, Niccolò Tommaseo, alti ecclesiastici, e poi Giorgio La Pira ed il regista e scenografo Franco Zeffirelli. Custodisce le straordinarie opere del Beato Angelico. Ha accolto una prestigiosa biblioteca, la prima dell'età moderna aperta al pubblico, ed un'antica Farmacia di prestigio europeo.
Ma a tutto questo, ora, si vogliono mettere catenaccio e sigilli. Senza che ne siano chiari i motivi, specie perché da poco conclusisi i lunghi e costosi lavori di riadattamento degli spazi. Il Consiglio provinciale ha lamentato l'impossibilità di mantenere in Firenze il "lusso" di due comunità domenicane (questa e quella di S. Maria Novella), pur continuando a gestire entrambe dal punto di vista liturgico e culturale, attuando una sorta di "pendolarismo" religioso in contrasto con le Costituzioni dell'Ordine, che parlano espressamente di «fratres ibique habitualiter degentes» (n. 260, par. I). Scarsità di "manodopera", si afferma. In realtà, altre comunità – come i due conventi della Provincia a Roma, pure vicini, pure in difficoltà, pure con pochi frati, quindi sostanzialmente in condizioni analoghe a San Marco – vengono viceversa mantenute in vita e restano aperte, senza che – giustamente ‒ alcuno osi metterle in discussione.
Per giustificare l'ingiustificabile, il "burocratese" ed il "sindacalese" fanno la propria irruzione nel campo dello spirituale: così anche i Padri Predicatori, nelle interviste rilasciate alla stampa fiorentina, son ricorsi a termini quali «riorganizzazione» e «razionalizzazione delle risorse», degne più di un'azienda che di un convento. Gli stessi Padri, che da una parte promuovono le beatificazioni di mons. Del Corona e di La Pira, ritenendoli figli spirituali di San Marco, ma dall'altra chiudono la struttura che li ha accolti. Un inspiegabile paradosso, oltre tutto a due anni dal Giubileo dell'Ordine Domenicano, che avrà luogo nel 2016, occasione più per un rilancio che per una cura dimagrante...
Per questo oggi fedeli e non, assolutamente smarriti di fronte a tali scelte dei Superiori, calate dall'alto, si sono fatti promotori di una raccolta-firme, con cui chiedono al Maestro Generale di annullare la chiusura del convento di San Marco, decisa dal Capitolo provinciale in modo giuridicamente legittimo, benché spiritualmente e culturalmente letale. Il Maestro Generale, che peraltro presto si recherà in visita alle tre Province italiane dei Predicatori (quindi, anche a quella in questione) è l'unica autorità dell'Ordine, dotata del potere e dell'autorità necessari per una decisione di questo tipo. Per questo, una richiesta analoga giunge anche – e per gli stessi motivi ‒ dai fedeli della chiesa partenopea di San Domenico Maggiore.
Vicende tristi, queste, vicende che, concludendo, spingono a due ordini di conclusioni. La prima: i Domenicani furono tra i primi non solo a respirare a pieni polmoni, ma addirittura a far maggiormente circolare il cosiddetto soffio dello «spirito del Concilio» (pensiamo, ad esempio, al ruolo svolto da molti esponenti di spicco di tale Ordine nell'ambito della cosiddetta "nouvelle théologie"). Visti i frutti – emorragia di vocazioni, seminari svuotati ed ora anche conventi chiusi – v'è da chiedersi, se, anziché di un soffio, non si sia trattato di un'insopportabile alitosi.
La seconda considerazione: preso atto di come il cattoprogressismo non paghi, anziché limitarsi a chiudere conventi ed azzerare comunità, non sarebbe meglio, avviare piuttosto una seria riflessione sulle cause che hanno condotto in cinquant'anni al disastro di oggi, cercando di porvi rimedio nell'unico modo possibile, ovvero tornando alle radici del carisma, al Fondatore ed alla Tradizione?

Fonte: Corrispondenza Romana, 03/01/2014

4 - MENDEL DAY: PER RICORDARE L'AMICIZIA TRA FEDE E SCIENZA (QUELLA VERA)
Venti città italiane hanno aderito alla manifestazione
Autore: Francesco Agnoli - Fonte: Il Timone, gennaio 2014

Da un po' di anni varie associazioni con fini ideologici, promuovono e sostengono i Darwin day, con un intento molto chiaro: far passare nella gente comune, servendosi di qualche divulgatore cui la Tv ha dato la patente di "scienziato", l'idea di un contrasto insanabile tra Fede e ragione, tra Fede e scienza sperimentale. Esiste addirittura una International Darwin Day Foundation, che si propone di celebrare ogni anno "Darwin, la Scienza e l'Umanità". Secondo costoro Darwin andrebbe celebrato come "libero pensatore", come "rivoluzionario", come un uomo che avrebbe cambiato, questo è il convincimento di fondo, la visione secolare di Dio e dell'uomo. Il fondatore dei Darwin day (1993), Robert Stephens, ha dichiarato che nessun altro scienziato ha contribuito come Darwin alla causa dell' "Umanesimo". Cosa significhi questo, non è chiaro, finché non viene detto più o meno esplicitamente che l'Umanesimo coinciderebbe con l'ateismo. La prima cosa che si potrebbe notare è che Darwin, il primo celebre scienziato della storia ad auto-definirsi non "ateo", non lo disse mai, ma "agnostico", viene utilizzato da questi suoi estimatori in modo strumentale e forzato, più per le sue idee ben poco umaniste (era molto sensibile all'eugenetica del cugino Galton), che per certe sue intuizioni naturalistiche. La seconda è che il termine "Umanesimo" vuole rivestire l'ateismo di una dignità assoluta, che però, alla luce della storia, appare piuttosto opinabile: difficile immaginare inferni terreni più terribili di quelli creati dai dittatori atei del Novecento.
In ogni modo, se dagli Usa passiamo in Italia, è dal 2003 che l'Unione Atei e Agnostici razionalisti (Uaar) organizza i Darwin day, cercando di far passare come "scientifica", razionale, una visione materialistica, riduzionistica, irrazionale dell'esistenza. Qualche titolo dei Darwin day dell'anno scorso può far comprendere l'impostazione: "Perché l'evoluzione ha creato dio (e non viceversa)" con G. Vallortigara; "La scienza non ha bisogno di Dio" con E. Boncinelli; "Orgasmo e pregiudizio" con R. Salvadorini e F. Turriziani Colonna; "Dalla descrizione alla sintesi del vivente. Clonazione: a che punto siamo", con C. A. Redi...
Sintetizziamo il senso generale di questi incontri: Dio non esiste; perciò l'uomo è solo e soltanto un animale; la clonazione è cosa buona e giusta (così come l'aborto, la clonazione e tutto ciò che tratta l'uomo da semplice animale senz'anima né dignità altra, qual è...)..
Ebbene, siamo evidentemente di fronte ad una visione teologica e filosofica inaccettabile, che però fa molta breccia nel pensiero comune.
Per questo un gruppo di amici, a partire dall'anno scorso, ha lanciato una nuova iniziativa: i Mendel day. Non tanto in contrapposizione, quanto per fare divulgazione scientifica, teologica, filosofica e bioetica in modo onesto, affrontando i temi e la storia della scienza non ideologicamente e non selettivamente (senza ridurre, per esempio, tutta la storia della scienza alla bega tra Galilei e Urbano VIII sul sistema proposto dal canonico Copernico).
Così recitava il manifesto di lancio dei Mendel day: "Eravamo nell'Ottocento. In quel secolo di illusioni si pesavano le urine e si misuravano arti e crani (convinti che il cervello espella pensieri come il fegato secerne la bile), allo scopo di classificare, graduare gli esseri umani, "scientificamente". Si riteneva, da parte di molti, che la scienza umana avrebbe risolto tutto, compreso ogni cosa, realizzato un mondo futuro di uomini felici, perfetti, sani... Intanto si ponevano le basi per il razzismo "scientifico", anglosassone e nazista. In quell'epoca, un intellettuale alla moda, Auguste Comte, propose di sostituire i santi, nel calendario, con gli scienziati. Oltre un secolo dopo, alla fine del Novecento, emuli tardivi di Comte, per lo più legati allo UAAR, hanno lanciato i Darwin day, una sorta di festa laica dello scientismo, scagliato contro i credenti. A costo di fare violenza su Darwin stesso...". E' ora che oltre ai Darwin day, continuavano gli organizzatori, nascano i Mendel day: "Una giornata all'anno, cioè, per ricordare che la scienza sperimentale è uno dei tanti doni della grecità e del cristianesimo al mondo. Mendel, padre della genetica (come Spallanzani, "principe dei biologi"; come Stenone, padre della moderna geologia; come Leonardo Garzoni, pioniere del magnetismo; come Renè Just Haüy, padre della mineralogia e della cristallografia; come G.E.Lemaître, il teorico del Big bang....)- era un sacerdote cattolico. Era, inoltre, Mendel, un monaco come san Benedetto, padre dell'Europa; come Alcuino, "ministro dell'istruzione" di Carlo Magno; come Guido d'Arezzo, inventore del pentagramma musicale; come Padre Benedetto Castelli, padre dell'idraulica moderna... Come loro amava la natura, il canto liturgico, la Sacra Scrittura, e la carità cristiana. Tanto che quando ebbe a morire i giornali, poiché ancora non si era capito il suo contributo alla genetica, scrissero che era morto un bravo meteorologo e un "amico dei poveri"...".
La conclusione: "Mendel day, dunque, per ricordare che la genetica penetra l'intelligenza del Creatore posta nel creato; per rammentare che la vita non è cosa nostra, ma realtà che obbedisce a leggi e che nello stesso tempo sprofonda nel Mistero; per tornare ad uno sguardo, sulla natura e sull'uomo, religioso, cioè stupito, amorevole, estraneo ad ogni riduzionismo materialista. Dietro il genoma, infatti, c'è un mondo, e, soprattutto, una domanda: di Chi ci parla l' "intelligenza" della vita?".
Quest'anno i Mendel day prenderanno veramente piede: sono già oltre venti le città che hanno aderito e che ospiteranno l'evento, tra fine gennaio 2014 e marzo. Gli scopi che gli organizzatori si prefiggono sono: dare un simbolo all'amicizia tra Fede e ragione; mostrare che tra scienza e fede non vi è contrasto (facendo buona filosofia e buona teologia); parlare di buona scienza, a favore dell'uomo; affrontare alcuni argomenti di bioetica estremamente attuali.
Le idee di fondo sono che la scienza sperimentale ha ancora molto di dirci, perché è fondata sulla filosofia greca e, soprattutto, cristiana: gli scienziati possono facilmente riconoscere, come hanno fatto per lo più nella storia, che la realtà è data, oggettiva, non nostra (viene da un Altro); che essa è bella, ordinata, attraente; che è regolata da leggi, non dal caso; che le leggi sono l'invisibile che regola il visibile... Gli scienziati, soprattutto, non possono essere relativisti: credono nell'esistenza di una verità, di una oggettività da studiare e da comprendere (almeno in parte).
Vogliamo attualizzare? Una forma mentis scientifica non può che riconoscere, per esempio, che un feto è vita umana; o che un bambino nasce sempre da un ovulo e da uno spermatozoo, da un uomo e da una donna... se è coerente riconosce che l'esistenza di leggi fisiche fa il paio con l'esistenza di leggi morali. Non dirà mai: "se vuoi buttarti da un ponte, fai pure, io alla legge di gravità ci credo, ma tu sei libero di non crederci..." (così come spesso si sente dire: "per me l'aborto è un omicidio, ma se per te non lo è..."
Come ha scritto Paolo Musso: il pensiero scientifico è oggi "uno dei pochissimi luoghi in cui viene ancora preservato un pensiero che afferma una pretesa di verità, una esigenza di rigore e una apertura alla realtà a cui la nostra cultura ha ormai quasi completamente abdicato".
I Mendel day saranno un modo, dunque, per ricordare l'adesione dei più grandi scienziati della storia alla fede in un Dio personale e Creatore; e per riflettere anche su altre domande: fino a che punto l'uomo può spingersi nel dominio della natura? Perché, come scriveva il grande biochimico E. Chargaff, riferendosi alle tecniche di fecondazione extracorporea e alle possibili manipolazioni genetiche, è razionale, scientifico, cristiano, umano pretendere, "come minimo, che le scienze naturali non snaturino la natura, non disumanizzino l'uomo".
Se tante associazioni diverse sparse in Italia, facessero negli stessi giorni un Mendel day, tutte insieme, sarebbe un gran bel segnale culturale. Ognuna con il suo simbolo, sotto un unico grande ombrello, per una volta all'anno. Chi è disponibile, può scrivere per organizzare un Mendel day nella sua città: mendelday@mendelday.org

Nota di BastaBugie: l'elenco completo delle iniziative si trova nel sito ufficiale del "Mendel day"
http://www.mendelday.org/2014/01/18/calendario-aggiornabile-dei-mendel-day-2014

Fonte: Il Timone, gennaio 2014

5 - PAPA FRANCESCO ''PERSONA DELL'ANNO'' PER IL TIME E PER UNA RIVISTA GAY
Le sue parole vengono strumentalizzate dai nemici della Chiesa
Fonte Unione Cristiani Cattolici Razionali, 19/12/2013

Molto interessante la decisione della celebre rivista "Time" e di quella gay "The Advocate" di premiare Papa Francesco come "persona dell'anno".
Non che avessimo bisogno del "Time" e non che al Pontefice e alla Chiesa importino poi molto gli elogi mediatici e mondani, anzi, probabilmente preferirebbero subire la stessa sorte di Gesù Cristo e di Pietro. «Beati voi quando gli altri vi odieranno, quando parleranno male di voi e vi disprezzeranno come gente malvagia perché avete creduto nel Figlio dell'uomo», ammoniva Gesù ai suoi discepoli pronti a portare nel mondo la Chiesa da Lui istituita. «Quando vi accadranno queste cose siate lieti e gioite, perché Dio vi ha preparato in cielo una grande ricompensa. Guai a voi quando tutti parleranno bene di voi: infatti i padri di questa gente hanno trattato allo stesso modo i falsi profeti». Il mondo applaude solo i falsi profeti perché «se foste del mondo, il mondo amerebbe ciò che è suo; poiché invece non siete del mondo, ma io vi ho scelti dal mondo, per questo il mondo vi odia» (Gv 15, 18-21).
C'è da preoccuparsi allora se Papa Francesco non subisce l'odio patito dal suo predecessore Benedetto XVI? E' un falso profeta? Assolutamente no: il Pontefice viene spesso esaltato solo per contrapporlo alla Chiesa, le sue parole vengono strumentalizzate solo per usarle contro i cattolici e le loro convinzioni (in particolare in campo bioetico) e i suoi pensieri più scomodi non vengono riportati diffusamente, correttamente e in modo integrale. E' sempre guerra alla Chiesa, giocata non più direttamente tramite i fotomontaggi di Papa Ratzinger nazista, ma attraverso una modalità più subdola.
In questo contesto è da leggersi la campagna generata dalla famosa frase di Francesco sull'aereo in ritorno dalla GMG brasiliana: «Se una persona è gay e cerca il Signore e ha buona volontà, chi sono io per giudicarla?». Per questa frase la rivista omosessuale lo ha incoronato persona gay-friendly dell'anno, dimenticando la parte successiva: «Il catechismo della Chiesa cattolica dice che queste persone non devono essere discriminate ma accolte». Ovvero: il Pontefice ha semplicemente ribadito quello che da secoli è scritto nel Catechismo cattolico: condannare il peccato e non il peccatore, l'uomo non va giudicato a questo penserà Dio, piuttosto va aiutato e sostenuto nel cammino.
Va invece sempre giudicato il peccato, perché questo è di aiuto a tutti gli uomini. Papa Francesco lo ha fatto tante volte, anche nei riguardi dell'omosessualità, con parole molto dure: nel luglio 2010, da Arcivescovo di Buenos Aires e Primate dell'Argentina, ad esempio, tramite una lettera ha invitato la comunità cattolica argentina a pregare con fervore per prevenire la legge sul matrimonio e sull'adozione omosessuale: «Nelle prossime settimane, il popolo argentino si troverà ad affrontare una situazione il cui esito potrebbe nuocere gravemente alla famiglia. La posta in gioco è l'identità e la sopravvivenza della famiglia: padre, madre e figli. La posta in gioco sono le vite di tanti bambini che saranno discriminati in anticipo e privati del loro sviluppo umano con un padre e una madre, voluti da Dio. La posta in gioco è il rifiuto totale della legge di Dio incisa nei nostri cuori». Ha proseguito: «Cerchiamo di non essere ingenui: questo non è semplicemente una lotta politica, ma è un tentativo di distruggere il piano divino. Non è solo un disegno di legge ma una "mossa" del Padre della menzogna che cerca di confondere e ingannare i figli di Dio». Nemmeno Benedetto XVI si era espresso con tanta vigorosità, chissà se le riviste gay riporteranno anche queste frasi.
Sempre nel 2010 Bergoglio ha sospeso Jose Nicolas Alessio dal sacerdozio in quanto si era pubblicamente detto favorevole al matrimonio gay. Lo stesso ha fatto da pontefice pochi mesi fa, scomunicando un sacerdote australiano leader di un gruppo in favore del matrimonio gay e dell'ordinazione delle donne. Anche oggi, da pontefice, difende il matrimonio naturale: «La Chiesa offre una concezione della famiglia, che è quella del Libro della Genesi, dell'unità nella differenza tra uomo e donna, e della sua fecondità. In questa realtà riconosciamo un bene per tutti, la prima società naturale, come recepito anche nella Costituzione della Repubblica Italiana. Vogliamo riaffermare che la famiglia così intesa rimane il primo e principale soggetto costruttore della società e di un'economia a misura d'uomo, e come tale merita di essere fattivamente sostenuta», ha scritto recentemente. Certo, non ne parla spesso, come ha spiegato lui stesso: «La Chiesa si è già espressa perfettamente su questo [il matrimonio omosessuale]. Non era necessario tornarci, come non ho parlato neppure della frode, della menzogna o di altre cose sulle quali la Chiesa ha una dottrina chiara! Non era necessario parlare di questo, bensì delle cose positive che aprono il cammino ai ragazzi. Inoltre i giovani sanno perfettamente qual è la posizione della Chiesa! E la mia posizione è la stessa perché sono figlio della Chiesa».
Anche da cardinale combatteva l'aborto e l'eutanasia come fa oggi definendola "cultura dello scarto". «Questa è una battaglia per sostenere i numerosi attentati contro la vita umana, contro la diffusione della cultura della morte», ricordava nel 2009. Nel 2007 ha tuonato contro l'aborto parlando di "sentenza di morte", rilevando la contraddizione di chi si oppone alla pena di morte per gli adulti ma non a quella per i bambini. Lo stesso ha fatto recentemente da pontefice spiegando che «la "cultura dello scarto", «ogni bambino non nato, ma condannato ingiustamente ad essere abortito ha il volto di Gesù Cristo, ha il volto del Signore, che prima ancora di nascere, e poi appena nato ha sperimentato il rifiuto del mondo. Non si possono scartare, come ci propone la "cultura dello scarto"! Non si possono scartare!», ha incalzato. «Per questo l'attenzione alla vita umana nella sua totalità è diventata negli ultimi tempi una vera e propria priorità del Magistero della Chiesa, particolarmente a quella maggiormente indifesa, cioè al disabile, all'ammalato, al nascituro, al bambino, all'anziano, che è la vita più indifesa».
La novità nel pensiero di Francesco è di continuare a sostenere il Magistero della Chiesa in campo bioetico, ma chiedendo allo stesso tempo di non trascurare la tenerezza, la misericordia e la compassione verso gli ultimi e sopratutto verso il vero messaggio evangelico di cui ha bisogno l'uomo: "Gesù Cristo ha salvato anche te". E' un insegnamento importante, fondamentale, sopratutto per coloro che vivono il dibattito sui "valori non negoziabili" come ossessione ideologica e questione di vita e di morte. No, ci dice il Pontefice, sosteniamo la verità ma restando liberi dall'esito dei nostri sforzi, non demoralizziamoci e non dimentichiamoci di impegnarci allo stesso modo anche nella carità e nella misericordia.
La provocazione di "The Avocate" è un clamoroso autogol, umiliante oltretutto per personaggi come Obama e Hollande che hanno fatto di tutto pur di apparire omofili, ma anche la decisione della laicissima rivista "Time". Secondo "Repubblica", però, quest'ultima avrebbe premiato Francesco perché «parla dei poveri, dei disperati, degli immigrati; perché vuole la Chiesa come un ospedale da campo per curare le ferite di chi soffre, delle vittime di tutte le guerre, degli ultimi», ma anche perché «difende i valori della vita e della famiglia ed ha avviato concretamente un'opera di ricostruzione della credibilità della Chiesa». Queste frasi attribuite al "Time", tuttavia, non siamo riusciti a trovarle in versione originale. Anche la rivista inglese, probabilmente (a meno che queste frasi esistano davvero), ha perciò preso lo stesso abbaglio, premiando un grandissimo Pontefice per il suo alto profilo morale e, dunque, valorizzando implicitamente anche i suoi pensieri a favore della vita e della famiglia naturale, galvanizzando tutti coloro che la pensano esattamente come lui.

Fonte: Unione Cristiani Cattolici Razionali, 19/12/2013

6 - IL PURGATORIO NON E' UNA FAVOLA
Seguendo la Bibbia, da sempre la Chiesa ne afferma l'esistenza mettendo in guardia dalle pene tutt'altro che leggere
Autore: Corrado Gnerre - Fonte: Radici Cristiane, novembre 2013 (n.89)

Un giorno un frate chiese a Padre Pio di applicare la celebrazione della S.Messa a suffragio dell'anima di suo padre, morto trent'anni prima. Padre Pio disse che lo avrebbe fatto nella Messa del giorno dopo. La mattina seguente, dopo la celebrazione, Padre Pio disse a quel frate: «Gioisci. Oggi il tuo papà è entrato in Paradiso!». Ma quel frate, invece di gioire, si rattristò e disse: «Ma Padre, il mio papà è morto già da trent'anni». Al che Padre Pio esclamò: «Dinanzi a Dio tutto si paga».
«Dinanzi a Dio tutto si paga»: sta qui la ragione del Purgatorio. A chi dubitasse, a chi ne minimizzasse l'esistenza e si facesse venire mille perplessità in merito, basterebbe ricordare che Dio è l'Essere nella sua pienezza, cioè nella sua massima perfezione e che dun­que in Dio ci sono tutte le virtù al grado massimo, per cui è giusto e doveroso affermare che Dio è massimamente amore, ma è al­trettanto giusto e doveroso affermare che Dio è massimamente giusto.
Quando si parla dell'infinita misericordia divina, s'intende che non v'è né gravita, né numero di peccati dinanzi ai quali la misericordia di Dio sia impotente (guai a pensarlo, si peccherebbe contro lo Spirito Santo!) e che Dio stesso è disposto ad accogliere il nostro pentimento fino all'ultimo istante della nostra vita. Ciò però non vuoi dire che i peccati di cui l'anima si è macchiata in vita non debbano essere totalmente purificati, tutt'altro: tutto si dovrà scontare, in vita accettando con pazienza le numerose prove che la Provvidenza permette, oppure, qualora non bastasse la vita, col Purgatorio. È talmente vero e giusto tutto questo che la dottrina cattolica arriva ad affermare che finanche coloro i quali vengano canonizzati (i Santi) possono avere avuto la necessità di una, seppur bre­vissima, purificazione in Purgatorio.
Qualcuno potrebbe obiettare: ma c'è la famosa parabola degli operai della vigna (Mt. 20, 1-16), che vengono retribuiti allo stesso modo indipendentemente dal fatto che i primi avessero iniziato a lavorare dalla mattina, i secondi dal mezzogiorno e i terzi addirittura dalle cinque del pomeriggio. È vero, ma attenzione: quella parabola si riferisce all'infinita misericordia di Dio che è disposto come abbiamo già detto - ad accogliere il sentimento anche alla fine della vita, perché Dio vuole tutti salvi. Non riguarda però la purificazione, di cui invece Gesù parla al capitolo 5 del Vangelo di Matteo (vv. 25-26), allor­quando dice: «Mettiti presto d'accordo con il tuo avversario, perché l'avversa­rio non ti conse­gni al giudice e il giudice alla guardia e tu ven­ga gettato in pri­gione. In verità ti dico: non usci­rai di là finché tu non abbia pa­gato fino all'ul­timo spicciolo».
Detto que­sto, ci sono due cose "urgenti" da precisare in merito al Purgatorio. La prima è che la sua esistenza non è un'invenzione della Chiesa medioevale; la seconda è che le pene del Purgatorio non sono affatto una sciocchezza, una sorta cioè di scappellotto per rimproverare per qualche innocua marachella.
Le confessioni protestanti (che non credono nel Purgatorio) hanno sempre affermato che l'esistenza di un luogo ultraterreno di purificazione sia stata un'invenzione della Chiesa medioevale e che invece i primi cristiani non avessero nessuna fede in merito. Certa storiografia moderna fa da eco a questa men­zogna. C'è finanche un celebre libro di Jacques Le Goff, che non a caso s'intitola La nascita del Purgatorio.
Ma la dottrina cattolica ha, in realtà, subito affermato l'esistenza del Purgatorio. È del II secolo una famosa iscrizione tombale, quella di Abercio, forse Vescovo di lerapoli, in Asia Minore. Fu proprio lui a comporre, prima di morire, il suo epitaffio, che dice: «Queste cose dettai direttamente io, Abercio, quando avevo precisamente settantadue anni di età. Vedendole e comprendendole, preghi per Abercio».
Dunque, Abercio invita colui che si trovi sulla sua tomba a pregare per lui. Il che  vuoi dire che Abercio (II secolo!) è convinto dell'esistenza del Pur­gatorio.
Tertulliano (155-222) nel De Corona scrive: «Nel giorno anniversario facciamo preghiere per i defunti». Le uniche ani­me, che hanno bisogno di preghiere, sono quelle del Purgatorio. Sempre Tertulliano scrive nel De mo­nogamia: «La moglie sopravvissuta al marito offre preghiere per la gioia di suo marito nei giorni anniversari della sua morte».
Sant'Agostino nel De fide, spe et cantate scrive: «Non si può negare che le anime dei defunti possono essere aiutate dalla pietà dei loro cari ancora in vita, quando è offerto per loro il sacrificio del Mediatore [la S. Messa]; oppure mediante elemosine». E sant'Agostino è vissuto tra il IV e il V secolo!
Sant'Efrem di Siro (306-373) scrive nel suo Testamentum: «Nel trigesimo della mia morte ricordatevi di me, fratelli, nella preghiera. I morti infatti ricevono aiuto dalla preghiera fatta dai vivi».

COME LE FIAMME DELL'INFERNO
Veniamo all'altra precisazione "urgente": le pene del Purgatorio non sono uno scherzo. Potrebbe innescarsi questa tentazione soprattutto tra i pigri: «Non aspiro a cose grandi, so che per me sarà difficile andare direttamente in Paradiso, mi accontento del Purgatorio». È un mirare al ribasso che si traduce però in catastrofe. Se si mira al Paradiso, c'è speranza di andare in Purgatorio, ma se si mira al Purgatorio si rischia seriamente. Come avviene per gli scolari: se si mira all'otto, c'è la speranza di arrivare alla sufficienza, ma se si mira direttamente alla sufficienza, il rischio bocciatura è tutt'altro che ipotetico.
E le pene del Purgatorio sono tutt'altro che leggere. Sono due: del danno, alle anime viene ritardata la visione di Dio; e del senso, le anime sono punite con il "fuoco" corporeo.
Dice sant'Agostino: «Colui che invecchiò nel peccato, impiegherà maggior tempo ad attraversare quel fiume di fuoco e, nella misura della sua colpa, la fiamma accrescerà il castigo». E proprio l'autore delle Confessioni, insieme ad un altro grande teologo e santo, sant'Alfonso Maria de Liguori, afferma che il fuoco che brucia i dannati all'inferno è lo stesso che purifica gli eletti nel Purgatorio: l'unica differenza è che il primo dura in eterno, mentre il secondo è temporaneo.
Però attenzione: nel Purgatorio ci sono anche delle gioie. Innanzi tutto, la certezza della salvezza eterna, che nella vita terrena neanche i buoni hanno. Poi l'impeccabilità: finché si sia in vita, non si sa se si cadrà in peccato. In Purgatorio invece v'è la certezza di poter amare per sempre il Signore, senza più offenderlo. Inoltre, i suffragi, che alleviano, abbreviano o addirittura eliminano totalmente le pene. Nonché la conversazione con gli angeli: molti Santi e teologi ammettono la relazione fra le anime del Purgatorio e gli angeli.
Infine, la visita di Maria Santissima, per confortare le anime del Purgatorio. Dunque, un "luogo" certamente di giustizia e di misericordia.

Fonte: Radici Cristiane, novembre 2013 (n.89)

7 - AVVENIRE ESALTA IL COMPROMESSO
Francesco D'Agostino esulta per l'equiparazione tra figli naturali e legittimi senza dire che così non si distingue più tra convivenza e matrimonio
Autore: Giovanna Arcuri - Fonte: La Nuova Bussola Quotidiana, 13/01/2014

Il 10 gennaio scorso il giurista Francesco D'Agostino sulle pagine di Avvenire è tornato sul tema della filiazione. "La riforma normativa più incisiva del 2013 - afferma senza "esitazioni" il filosofo del diritto – [è] il nuovo diritto di filiazione". Si tratta di un decreto legislativo a firma del governo Letta che porta a compimento la legge 219/2012 la quale aveva eliminato la distinzione "figlio naturale-figlio legittimo", assegnando al primo alcuni diritti propri dei figli legittimi, cioè concepiti in costanza di matrimonio. Il decreto Letta ha completato l'opera di parificazione in merito ad alimenti, mantenimento, successione, donazioni etc.
D'Agostino è entusiasta di questa nuova normativa: "La legge ha cancellato ogni differenza di 'status' tra i figli". Poi aggiunge: "Dobbiamo essere soddisfatti? Certamente sì. Come non rilevare l'immenso progresso che grazie alla nuova normativa si realizza nel nostro Paese?" Ed in merito ai figli naturali così specifica: "La legge aveva il dovere di rimuovere questo stigma e finalmente l'ha fatto. […] Il legislatore merita di essere elogiato per la sua 'decostruzione' della filiazione illegittima". Infine individua alcune ombre in questo nuovo assetto: ad esempio ora "è l'amore che crea la genitorialità […] non la 'natura'", paventando così giustamente pericolose derive anche giuridiche.
La Nuova BQ mesi or sono aveva già messo sotto la lente di ingrandimento questo decreto legislativo e allora come ora non condividevamo l'entusiasmo di chi, anche tra i cattolici, salutava con approvazione questa equiparazione tra figli naturali e legittimi. I motivi, molto in sintesi, sono i seguenti (e citiamo passaggi degli articoli già pubblicati): "non si possono riconoscere diritti propri del vincolo matrimoniale a soggetti che non vivono nella realtà matrimoniale. Un atto discriminatorio dunque? No per nulla. Infatti ai figli nati fuori dal matrimonio da sempre sono stati riconosciuti i diritti fondamentali: vita, salute, educazione, libertà, etc. […] Ma è una contraddizione assegnare ai figli di genitori non sposati, che non si sono assunti nessun particolare obbligo giuridico, quei diritti che sono frutto invece di un impegno reciproco delle coppie coniugate. Vero dunque che tutti i figli sono uguali, ma non tutte le relazioni da cui vengono ad esistenza i figli".
E dunque le colpe dei padri ricadono sui figli? Inevitabilmente sì. "Infatti i genitori devono essere responsabili delle proprie scelte anche nei confronti dei figli. Se due conviventi non si vogliono sposare, sappiano che questa decisione inciderà anche sui figli. […] Il nostro ordinamento giuridico conservava uno status giuridico differente tra figli naturali e non proprio perché voleva educare i cittadini alla consapevolezza che l'unico luogo adatto per mettere al mondo i propri figli è il matrimonio. La distinzione operata era a favore del matrimonio ed insieme rappresentava un deterrente per le unioni libere". Il decreto attuale è quindi un'altra spallata al matrimonio ed è incostituzionale dato che l'art. 30 della Costituzione fa tuttora salva la distinzione tra figli legittimi e naturali. Ma forse per il giurista romano queste critiche sono da derubricare a mere esternazioni afflitte da "toni esasperati" propri di "gruppi minoritari".
Poi D'Agostino allarga il discorso alle "convivenze di fatto (che ritengo giusto tutelare, ma a condizione che la diversità strutturale di una scelta di convivenza rispetto a una scelta matrimoniale venga esplicitamente riconosciuta dalla legge, nel rispetto, peraltro, del dettato della Costituzione)". Un paio di brevi osservazioni. Al cattolico D'Agostino ricordiamo un passaggio de "La nota dottrinale circa alcune questioni riguardanti l'impegno dei cattolici nella vita politica" della Congregazione per la Dottrina della Fede: "ad essa [alla famiglia] non possono essere giuridicamente equiparate in alcun modo altre forme di convivenza, né queste possono ricevere in quanto tali un riconoscimento legale". Ma senza tirare in ballo la Congregazione per la Dottrina della Fede e richiamando solo quella Costituzione citata dal Presidente dell'Unione Giuristi Cattolici Italiani, ricordiamo che l'unica forma di convivenza tutelata dal nostro ordinamento è quella matrimoniale (art. 29 Cost.). Le altre forme di convivenza sono scoraggiate dalle nostre leggi, eccezion fatta per una ventina di disposizioni normative che risultano così antinomiche.
Non solo. Volendo tutelare la convivenza – che per il Catechismo della Chiesa Cattolica è condizione di vita da rigettare (2350) – si finisce per "decostruire" – per usare un'espressione cara a D'Agostino – lo stesso istituto matrimoniale perché si inserisce nel tessuto sociale una forma concorrenziale di convivenza molto più soft dato che è priva di qualsiasi obbligo giuridico, così come ricorda sempre lo stesso Catechismo: "concubinato, rifiuto del matrimonio come tale, incapacità a legarsi con impegni a lungo termine. Tutte queste situazioni costituiscono un'offesa alla dignità del matrimonio" (2390).
L'attenzione di D'Agostino si sposta infine sui cosiddetti "matrimoni" omosessuali. La vera posta in gioco in questo dibattito sarebbe l'"identità dell'istituto matrimoniale, che, ove aperto agli omosessuali, risulterebbe definitivamente alterato nella sua struttura eterosessuale e generativa, con gravissime ripercussioni sull'ordine sociale". Qui pare che una relazione omosessuale qualificata come "matrimonio" non sia un male in sé, ma lo diventi solo qualora lasci macerie sociali dietro di sé. Semmai sarebbe solo l'intervento distruttivo della famiglia da parte del legislatore ad essere "deprecabile moralmente".
In ultimo il Nostro così chiosa: "Il compito urgentissimo che spetta al legislatore è quello di contribuire a una ricostruzione della famiglia, eterosessuale e generativa". D'Agostino, forse incoscientemente, al fine di difendere la famiglia la vende al credo omosessualista. Sì perché non esiste la "famiglia eterosessuale generativa", ma esiste solo la famiglia nata dal matrimonio tra uomo e donna. La dicotomia etero-omo è un'ottima invenzione delle lobby culturali gay (a cui a volte si deve necessariamente far riferimento per necessità esplicative), quasi che esistesse una natura eterosessuale ed una omosessuale e relativi istituti giuridici, come ad esempio il matrimonio. Ma nella realtà antropologica l'omosessualità e le "nozze" gay non esistono, così come non esiste il "matrimonio" etero-generativo. Usare queste espressioni è importare categorie concettuali estranee alla legge naturale e prestarsi così al gioco del nemico.
Infine cogliamo, ma ne intuiamo solo una sagoma indistinta, una volontà di tenere tutto, con il risultato di perdere tutto. Bene l'eliminazione della distinzione tra figli legittimi e naturali ma evitiamo di dire che genitori sono solo quelli che amano i figli; tuteliamo la famiglia, ma attenzione ad avere un occhio di riguardo per i conviventi; d'accordo a concedere diritti alle persone omosessuali, ma prendiamoci cura anche dei coniugi. Qui si sfoggia non l'arte del distinguo, ma quella del compromesso.

Fonte: La Nuova Bussola Quotidiana, 13/01/2014

8 - 4° MARCIA PER LA VITA: DOMENICA 4 MAGGIO A ROMA
E' necessario scendere in piazza non solo per dire no a ogni minaccia contro la vita, dal concepimento alla morte naturale, ma anche per confortare i dubbiosi e i timorosi
Autore: Paolo Deotto - Fonte: Corrispondenza Romana, 16 gennaio 2014

Dalle ottocento presenze a Desenzano nel 2011, alle quindicimila e poi quarantamila nelle successive Marce a Roma nel 2012 e nel 2013, il Popolo della vita è cresciuto in modo formidabile, a dimostrazione del fatto che, ringraziando il Cielo, esiste ancora un'anima popolare sana e che non si rassegna alla cultura di morte che ormai da anni si impone come "dominante", soprattutto grazie ai mezzi finanziari eccezionali di cui dispone e al controllo di buona parte dell'informazione.
L'esempio migliore in materia è il Partito Radicale che, pur avendo un consenso popolare ridicolo e insignificante, ha le "giuste relazioni" (l'arcimiliardario Soros non è forse uno dei loro?), riesce a succhiare dalle casse dello Stato ogni anno milioni e milioni di euro, e riesce anche ad arrivare al governo (la presenza della Bonino agli Esteri la dice lunga).
Però insieme alla crescita del Popolo della Vita sono cresciute in modo formidabile anche le minacce alla vita. La legge sul divorzio e successivamente quella sull'aborto furono i primi grimaldelli per abbattere le difese di una società ancora naturaliter cristiana. La corruzione delle anime e dei cervelli è stata forte e due generazioni sono cresciute in un "clima" che ormai ha definito come "diritti" la distruzione dell'unità familiare e l'uccisione del bimbo nel grembo materno.
Ma ora siamo alle tappe finali della corsa verso la morte: lo scatenato omosessualismo, con i deliranti progetti di legge contro la cosiddetta "omofobia", con i divieti di dare all'omosessualità la sua giusta definizione di vizio perverso, con il progetto di "nozze" tra pervertiti  (e conseguenti adozioni), con la distruzione della personalità da operare fin dall'asilo (insegnando ai bimbi le più oscene menzogne in tema di sessualità e sconvolgendoli con una "educazione sessuale" che riduce l'affettività all'accoppiamento bestiale e/o alla masturbazione) sono chiari segnali della fretta che i cultori della morte hanno di "concludere" il loro piano satanico.
L'omosessualismo è infatti foriero di morte, perché è la contraddizione stessa della vita, che può nascere solo dall'incontro amorevole tra un uomo e una donna, voluto da Dio stesso ed elevato dalla Chiesa alla dignità sacramentale.
I cultori della morte hanno fretta. Anche noi abbiamo fretta: vogliamo infatti che alla svelta si esca da questo clima di pazzia, perché in caso contrario la fine della civiltà stessa è assicurata.
Insomma, la Marcia per la Vita è un'affermazione di amore per la Vita, in tutti i suoi aspetti. La distruzione della famiglia, lo snaturamento dei rapporti affettivi, l'imposizione di una "cultura" sodomitica sono, come l'aborto, crimini contro la vita e come l'aborto sono responsabili di tante morti fisiche e spirituali. Tra l'altro, non sta bene dirlo, ma i suicidi tra gli omosessuali, ai quali la pazzia omosessualista ha tolto la possibilità di vivere nella discrezione la loro patologia, e di fare il possibile per uscirne, sono molto più numerosi rispetto ai suicidi tra persone normali.
Non si può quindi mancare alla Marcia per la Vita: come già abbiamo scritto altre volte, è necessario scendere in piazza non solo per affermare il proprio deciso "no" a ogni minaccia contro la Vita, dal concepimento alla morte naturale, ma è necessario anche confortare i dubbiosi, i pavidi, i molti che hanno bisogno di una testimonianza decisa e forte.
È probabile, soprattutto dopo lo sfarinamento della destra in Parlamento, che in futuro ogni testimonianza a difesa della Vita sarà punita dalla legge. Ciò che si progetta  contro il la cosiddetta "omofobia" si amplierà, e con ogni probabilità in un domani sarà punita anche la propaganda contro l'aborto, e sarà vietata l'obiezione di coscienza.
Bene, sarà il momento in cui ci misureremo, in cui dovremo agire contro uno Stato ormai del tutto delegittimato o dovremo subire la persecuzione, di cui già del resto ci sono le avvisaglie.
Non è certo questo che ci può intimorire e tanto meno fermare. La Verità non conosce ostacoli se non nella vigliaccheria di chi dovrebbe affermarla e difenderla.
In tal senso è il caso di notare come siano lontani anni luce dal Popolo della Vita tutti coloro che, politici anche "cattolici" compresi, continuano a coltivare le sciagurate idee sul "lavorare per il male minore", vista l'impossibilità, per ora, di avere i numeri in Parlamento per riportare l'Italia ad essere un Paese civile.
In materia di omosessualismo abbiamo sentito e letto dichiarazioni che fanno rizzare i capelli per pavidità e, ci sia concesso, stupidità. La scelta del "male minore" è sempre una scelta per il male. Il male o lo si combatte o lo si favorisce con la resa. Ricordiamoci che la normativa sull'aborto fu approvata con le firme di ministri e presidente democristiani...
Se un esercito nemico, fornito di carri armati e artiglieria ci verrà incontro, noi cosa faremo? Combatteremo, o ci metteremo a trattare affinché ci sparino solo in piccoli calibri, senza usare le artiglierie?
E se siamo inferiori per numero e armamento, a sappiamo che ci attende, dopo la sconfitta, una vita da schiavi e da pervertiti, cosa facciamo? Alziamo subito la bandiera bianca, dimostrando così di meritare di diventare schiavi e pervertiti?
La Marcia per la Vita non è posto per compromessi, per "astute" manovre con cui autoconvincersi di avere ottenuto chissà quali vittorie. I nostri nemici lavorano solo per distruggere; se accettano compromessi, lo fanno solo perché gli "utili idioti" sono sempre stati uno dei loro punti di forza.
Il Popolo della Vita non è il trampolino di lancio per carriere politiche. La Marcia per la Vita è davvero l'unica manifestazione nata non da partiti o sindacati che inquadrano i manifestanti di professione, che li organizzano e li dirigono. È nata dalla parte migliore di un Popolo che non rinuncia ala propria identità cristiana e all'amore per la Vita. È quella parte sana di Popolo che non è avvezzo a compromessi e che potrà fermare la corsa dell'Italia verso il precipizio.

Nota di BastaBugie: per vedere i nostri video, le foto e gli articoli riguardanti la Marcia per la Vita, vai al link sottostante
https://www.bastabugie.it/it/contenuti.php?pagina=utility&nome=_marciaperlavita

Fonte: Corrispondenza Romana, 16 gennaio 2014

9 - OMELIA PRESENTAZIONE DEL SIGNORE - ANNO A - (Lc 2,22-40)
Egli è qui per la caduta e la risurrezione di molti in Israele
Autore: Benedetto XVI - Fonte: Sito del Vaticano, 02/02/2013

Nel suo racconto dell'infanzia di Gesù, san Luca sottolinea come Maria e Giuseppe fossero fedeli alla Legge del Signore. Con profonda devozione compiono tutto ciò che è prescritto dopo il parto di un primogenito maschio. Si tratta di due prescrizioni molto antiche: una riguarda la madre e l'altra il bambino neonato. Per la donna è prescritto che si astenga per quaranta giorni dalle pratiche rituali, dopo di che offra un duplice sacrificio: un agnello in olocausto e una tortora o un colombo per il peccato; ma se la donna è povera, può offrire due tortore o due colombi (cfr Lv 12,1-8). San Luca precisa che Maria e Giuseppe offrirono il sacrificio dei poveri (cfr 2,24), per evidenziare che Gesù è nato in una famiglia di gente semplice, umile ma molto credente: una famiglia appartenente a quei poveri di Israele che formano il vero popolo di Dio. Per il primogenito maschio, che secondo la Legge di Mosè è proprietà di Dio, era invece prescritto il riscatto, stabilito nell'offerta di cinque sicli, da pagare ad un sacerdote in qualunque luogo. Ciò a perenne memoria del fatto che, al tempo dell'Esodo, Dio risparmiò i primogeniti degli ebrei (cfr Es 13,11-16).
E' importante osservare che per questi due atti – la purificazione della madre e il riscatto del figlio – non era necessario andare al Tempio. Invece Maria e Giuseppe vogliono compiere tutto a Gerusalemme, e san Luca fa vedere come l'intera scena converga verso il Tempio, e quindi si focalizzi su Gesù che vi entra. Ed ecco che, proprio attraverso le prescrizioni della Legge, l'avvenimento principale diventa un altro, cioè la "presentazione" di Gesù al Tempio di Dio, che significa l'atto di offrire il Figlio dell'Altissimo al Padre che lo ha mandato (cfr Lc 1,32.35).
Questa narrazione dell'Evangelista trova riscontro nella parola del profeta Malachia che abbiamo ascoltato all'inizio della prima Lettura: «Così dice il Signore Dio: "Ecco, io manderò un mio messaggero a preparare la via davanti a me e subito entrerà nel suo tempio il Signore che voi cercate; e l'angelo dell'alleanza, che voi sospirate, eccolo venire … Egli purificherà i figli di Levi … perché possano offrire al Signore un'offerta secondo giustizia» (3,1.3). Chiaramente qui non si parla di un bambino, e tuttavia questa parola trova compimento in Gesù, perché «subito», grazie alla fede dei suoi genitori, Egli è stato portato al Tempio; e nell'atto della sua «presentazione», o della sua «offerta» personale a Dio Padre, traspare chiaramente il tema del sacrifico e del sacerdozio, come nel passo del profeta. Il bambino Gesù, che viene subito presentato al Tempio, è quello stesso che, una volta adulto, purificherà il Tempio (cfr Gv 2,13-22; Mc 11,15,19 e par.) e soprattutto farà di se stesso il sacrificio e il sommo sacerdote della nuova Alleanza.
Questa è anche la prospettiva della Lettera agli Ebrei, di cui è stato proclamato un passo nella seconda Lettura, così che il tema del nuovo sacerdozio viene rafforzato: un sacerdozio – quello inaugurato da Gesù – che è esistenziale: «Proprio per essere stato messo alla prova e avere sofferto personalmente, egli è in grado di venire in aiuto a quelli che subiscono la prova» (Eb 2,18). E così troviamo anche il tema della sofferenza, molto marcato nel brano evangelico, là dove Simeone pronuncia la sua profezia sul Bambino e sulla Madre: «Egli è qui per la caduta e la risurrezione di molti in Israele e come segno di contraddizione – e anche a te [Maria] una spada trafiggerà l'anima» (Lc 2,34-35). La «salvezza» che Gesù porta al suo popolo, e che incarna in se stesso, passa attraverso la croce, attraverso la morte violenta che Egli vincerà e trasformerà con l'oblazione della vita per amore. Questa oblazione è già tutta preannunciata nel gesto della presentazione al Tempio, un gesto certamente mosso dalle tradizioni dell'antica Alleanza, ma intimamente animato dalla pienezza della fede e dell'amore che corrisponde alla pienezza dei tempi, alla presenza di Dio e del suo Santo Spirito in Gesù. Lo Spirito, in effetti, aleggia su tutta la scena della presentazione di Gesù al Tempio, in particolare sulla figura di Simeone, ma anche di Anna. E' lo Spirito «Paraclito», che porta la «consolazione» di Israele e muove i passi e il cuore di coloro che la attendono. E' lo Spirito che suggerisce le parole profetiche di Simeone e Anna, parole di benedizione, di lode a Dio, di fede nel suo Consacrato, di ringraziamento perché finalmente i nostri occhi possono vedere e le nostre braccia stringere «la sua salvezza» (cfr 2,30).

Nota di BastaBugie: consigliamo ai parroci il foglietto per la Messa ad uso dei fedeli per seguire le letture "Il Giorno del Signore". Oltre alle letture, ci sono solo commenti dei Padri della Chiesa. Non contiene altre informazioni che possono distrarre dalla celebrazione. Inoltre le letture sono sempre integrali (anche per la Veglia Pasquale!). Il colore adeguato al tempo liturgico e le preghiere dei fedeli ben fatte rendono questo essenziale foglietto veramente il migliore. Per ulteriori informazioni e per riceverlo in parrocchia, visitare il sito
www.ilgiornodelsignore.it

Fonte: Sito del Vaticano, 02/02/2013

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