BastaBugie n�354 del 20 giugno 2014

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1 RONALD REAGAN: PALADINO SINCERO DEL MONDO LIBERO
Dieci anni fa moriva il presidente degli Stati Uniti che combatté l'aborto, le tasse e il comunismo (chiamandolo ''Impero del Male'')
Autore: Marco Respinti - Fonte: Libero quotidiano
2 SUBMISSION: IL CORAGGIO DELLA VERITA' SULL'ISLAM COSTA LA VITA AL REGISTA DEL FILM, UCCISO DA UN MUSULMANO
Theo Van Gogh narrò la storia di cinque donne islamiche vittime di abusi inflitti nel nome di Allah e nel rispetto della legge coranica
Autore: Anna Bono - Fonte: Film Garantiti
3 IL SINDACO DI SIENA VUOLE IMPEDIRE ALLE SENTINELLE DI SCENDERE ANCORA IN PIAZZA (ECCO IL CLAMOROSO VIDEO)
...e nessuno ha impedito durante la veglia in Piazza del Campo che attivisti LGBT abbiano disturbato con baci tra donne, esposizione di cartelli, cori ''fascisti-fascisti'', palloncini sbattuti in faccia a chi leggeva, frasi rivolte ad anziani definiti vecchi e inutili
Autore: Comitato Sentinelle in Piedi Siena - Fonte: Tempi
4 MALDIVE: UN PARADISO, MA SOLO PER I TURISTI
In queste isolette dell'Oceano Indiano è in vigore la legge islamica che prevede la pena di morte anche per bambini di dieci anni
Autore: Rino Cammilleri - Fonte: La Nuova Bussola Quotidiana
5 UNA STORIA VERA: ''MIO PADRE SI CHIAMA DONATORE''
Ho passato anni della mia infanzia a fantasticare su di lui, poi ho scoperto che il donatore numero 81 era un professionista affermato, un medico che si definisce credente (!)
Autore: Raffaella Frullone - Fonte: Blog di Costanza Miriano
6 FORSE ANCHE IN ITALIA PROSTITUTE DI STATO PER DISABILI
Presentato al Senato il disegno di legge per introdurre la figura professionale dell'assistente sessuale per persone con disabilità
Autore: Lupo Glori - Fonte: Corrispondenza Romana
7 ANNA ERA LESBICA... E ADESSO STA CON LUI
Storia di una ragazza e del suo percorso per uscire dall'omosessualità: ora i suoi ''amici'' di prima la odiano
Autore: Benedetta Frigerio - Fonte: Tempi
8 L'INQUIETANTE PROPOSTA DI AVVENIRE: SCUOLE APERTE ANCHE IN ESTATE
Ulteriore emarginazione delle famiglie nel compito educativo e consegna dei figli allo Stato... con tanti saluti al terzo principio non negoziabile (la libertà di educazione)
Autore: Stefano Fontana - Fonte: La Nuova Bussola Quotidiana
9 OMELIA CORPUS DOMINI - ANNO A - (Gv 6,51-58)
Se uno mangia di questo pane vivrà in eterno
Fonte: Il settimanale di Padre Pio

1 - RONALD REAGAN: PALADINO SINCERO DEL MONDO LIBERO
Dieci anni fa moriva il presidente degli Stati Uniti che combatté l'aborto, le tasse e il comunismo (chiamandolo ''Impero del Male'')
Autore: Marco Respinti - Fonte: Libero quotidiano, 04/06/2014

Dieci anni fa, il 5 giugno 2004, si spegneva a 93 anni Ronald Reagan, che (per le sfide senza precedenti che fronteggiò) diversi tra biografi, collaboratori e commentatori definiscono il più importante presidente degli Stati Uniti d'America. Molti sono i suoi gesti passati alla storia, gli aneddoti, persino le battute; ma due frasi ne catturano rotondamente lo spirito, condensandone l'eredità. La passione serena con cui il 12 luglio 1987 intimò alla Porta di Brandeburgo: «Signor Gorbačëv, abbatta questo muro!» e, a monte, la sua famosa denuncia dell'«impero del male».
Oggi sembra preistoria, ma allora l'incubo sovietico era concretissimo; e fu Reagan a dissolverlo, perseverando fedele a una precisa visione della realtà. Per lui, infatti, il senso della vita degli uomini è diventare ciò che Dio vorrebbe che ogni uomo diventasse; per questo è compito unico della politica garantire all'uomo la possibilità di scegliere: la libertà che realizza l'umanità o la spersonalizzazione che disumanizza. La libertà, cioè, o il comunismo; la libertà o lo statalismo; la libertà o l'esproprio fiscale; la libertà o la tirannia dei "pensieri deboli".
Il momento della scelta (come suona il titolo di un suo noto discorso di allora) per Reagan venne nel 1964. Alle elezioni presidenziali di quell'anno, il 3 novembre, il senatore dell'Arizona Barry Goldwater (1909-1998) cercò di ribaltare una volta per tutte il tavolo della politica remissiva, piccina piccina, asfittica; quella che alla prepotenza sovietica sapeva opporre, in politica interna e in politica estera, soltanto una rosa di misure parasocialistiche incapaci di sfondare, che aveva smarrito il senso della nazione, che non avendo più memoria non sapeva immaginarsi il futuro. Lo fece lanciando una sfida fatta di princìpi non negoziabili e di libertà economica, cioè orgogliosamente conservatrice, e perse clamorosamente. Ebbe contro nemici implacabili, e subì pure il fuoco cosiddetto amico, ma a raccogliere il suo testimone, mentre molti già abbandonavano la barca, trovò quel giovane Reagan con Hollywood alle spalle e la politica nel cuore.
Ci vollero 16 lunghi anni di semina, predicazione e lavoro duro sul territorio, durante i quali l'ex giovane Reagan si affermò sul proscenio nazionale guidando uno degli Stati più popolosi, vasti e ricchi (e di media piuttosto progressisti) dell'Unione nordamericana, cioè la California. Ma alla fine il vecchio verbo goldwateriano, sconfitto eppure mai cancellato, sempre uguale e nondimeno rinnovato, trionfò alla Casa Bianca nel 1980 con un Reagan oramai maturo, primo presidente a non vergognarsi di essere conservatore. Né di pensare (sono tutte altre sue frasi famose) che lo Stato è spesso il problema e non la soluzione; che tutti quelli che vogliono l'aborto sono persone vive, vegete e già nate; che aumentare le tasse significa deprimere una nazione; che dimenticando Dio sopra il Paese finisce sotto; e che sì, il nemico sovietico si può anche battere.
Anche questa era una vecchia idea mutuata da Golwater, per la precisione dal suo libretto smilzo e sapido del 1963 intitolato Why Not Victory? Già, perché non vincere invece di scendere a patti? Per Reagan era giunto il momento di dispiegare con coraggio al mondo la propria filosofia di vita e di governo, mostrandone la bontà e l'efficacia. Il bene intrinseco nella libertà meritava la sconfitta dell'«impero del male».
Lo si ricorda poco, e forse nemmeno molti lo sanno, ma quella famosissima frase fu un'intuizione straordinaria. Era l'8 marzo 1983; parlando a Orlando, in Florida, d'un tratto Reagan abbandonò il testo scritto, cesellato diplomaticamente assieme ai suoi speech-writer, e a braccio forgiò quell'espressione epocale. Mezzo mondo raggelò, udendo già tintinnare le sciabole. Reagan, invece, viaggiava a un'altra dimensione; non iperuranica, ma più profonda. Usò quelle parole perché sapeva che l'uditorio, l'Associazione nazionale dei cristiani evangelical, era in grado di comprenderle appieno, in rappresentanza di un Paese intero, magari di tutto il "mondo libero". Aveva appena finito di citare non un capo di Stato maggiore, non un boss del controspionaggio, non un esperto di missilistica, ma uno degli apologeti più amati dai cristiani di ogni razza, C.S. Lewis, quello delle Cronache di Narnia e de Le lettere di Berlicche. Poco dopo citò il "maestro dei conservatori" Whittaker Chambers (1901-1961), l'ex spia sovietica che, passato all'Occidente, aveva scatenato uno dei maggiori processi del secolo denunciando l'infiltrazione comunista nelle alte sfere di Washington, e lo citò là dove scrive «che la crisi del mondo occidentale esiste nella misura in cui l'Occidente è indifferente a Dio, nella misura in cui esso collabora al tentativo comunista d'isolare l'uomo privandolo di Dio». Come vincere la terza guerra mondiale, insomma, con genio e talento sia in casa sia in trasferta. Fantasia al potere; o, come diceva il padre dei conservatori, Edmund Burke (1729-1797), immaginazione morale. Con la stessa fermezza con cui spinse l'Unione Sovietica all'implosione, nel 1981 Reagan aveva già ridotto, come mai nessuno nella storia americana, quella micidiale pressione fiscale che nelle democrazie è lo strumento principe dell'«impero del male». Era un cow-boy, Reagan, e non ha mai sbagliato un colpo.

Nota di BastaBugie: ecco un mirabile discorso di Ronald Reagan che ben riassume la sua filosofia politica: We the People. In esso il presidente afferma che la gente ha più libertà se è il popolo a decidere cosa deve fare lo Stato e non viceversa.
"Noi, il popolo, diciamo al governo cosa fare, non è lui che lo dice a noi". Noi, il popolo, siamo l'autista, lo Stato è l'auto: noi decidiamo dove va, attraverso quale strada e a quale velocità. Non deve essere il contrario, pena la perdita della libertà e della dignità umana. Insomma: meno Stato... e quindi meno tasse, meno leggi e regolamenti, meno burocrazia. "Gli uomini possono rimanere liberi solo se il governo ha dei limiti ristretti".
Ecco il video con la parte centrale del discorso (in inglese)


https://www.youtube.com/watch?v=GlgTwp93E48

Analoghe idee sulle tasse, le esprimeva Margaret Thatcher in Inghilterra (anch'essa negli anni '80). Ecco il link all'articolo di Marco Respinti e al video con un discorso della Lady di ferro, con relativa traduzione in italiano
MARGARET THATCHER: IL DENARO PUBBLICO NON ESISTE, C'E' SOLO IL DENARO PROVENIENTE DALLE TASSE
Lo Stato non ha nessuna fonte di denaro e se pensi che qualcun altro pagherà, sappi che quel qualcun altro sei tu
https://www.bastabugie.it/it/articoli.php?id=2754

Fonte: Libero quotidiano, 04/06/2014

2 - SUBMISSION: IL CORAGGIO DELLA VERITA' SULL'ISLAM COSTA LA VITA AL REGISTA DEL FILM, UCCISO DA UN MUSULMANO
Theo Van Gogh narrò la storia di cinque donne islamiche vittime di abusi inflitti nel nome di Allah e nel rispetto della legge coranica
Autore: Anna Bono - Fonte: Film Garantiti, 24/04/2014

"Voi meritate ricordi migliori dell'11 settembre e dell'attentato alla maratona di Boston": avrebbe detto Ayaan Hirsi Ali agli studenti della Brandeis University di Boston nel ricevere la laurea honoris causa, a pochi giorni dallo svolgimento dell'edizione 2014 della competizione. Nel 2013, come si ricorderà, due bombe sono esplose in prossimità del traguardo della maratona uccidendo diverse persone e ferendone più di 100.
Ayaan Hirsi Ali è la donna somala, musulmana, che nel 2004 ha osato scrivere il testo di un cortometraggio intitolato Submission, realizzato dal regista olandese Theo Van Gogh, in cui si racconta la storia di cinque donne islamiche vittime di abusi e maltrattamenti inflitti nel nome di Allah e nel rispetto della legge coranica. Fu un'offesa intollerabile per gli integralisti islamici. Due mesi dopo l'uscita di Submission Theo Van Gogh pagava il suo ardire con la vita: un immigrato marocchino gli tese un agguato per strada, in pieno giorno, ad Amsterdam, lo uccise con quattro colpi di pistola, lo sgozzò e gli affondò nel corpo un coltello con infilata nella lama una lettera di cinque pagine destinata ad Ayaan e contenente una fatwa, una sentenza islamica che la condannava a morte.
L'edizione 2014 della maratona di Boston si è svolta il 21 aprile senza incidenti. Ma Ayaan Hirsi Ali non ha mai pronunciato il suo discorso alla Brandeis University perchè, su pressione di docenti e studenti indignati per la sua "islamofobia", le autorità accademiche hanno deciso di non conferirle il titolo. «Noi occidentali – si riprometteva di dire agli studenti Hirsi Ali a proposito delle rivendicazioni delle donne nei paesi islamici – dobbiamo offrire la giusta dose di aiuto (...) dobbiamo ritornare alle nostre radici diventando ancora una volta il faro del libero pensiero e della libertà del Ventunesimo secolo. Davanti a un'ingiustizia dobbiamo reagire, non soltanto con la condanna, ma con azioni concrete. Uno dei posti migliori per farlo è nei nostri istituti di istruzione superiore. Dobbiamo rendere le nostre università dei templi non dell'ortodossia dogmatica, ma del vero pensiero critico, dove tutte le idee sono le benvenute e dove il dibattito civile è incoraggiato. Sono abituata a essere fischiata nelle università per cui sono grata dell'opportunità di potervi parlare oggi. Non mi aspetto che tutti voi siate d'accordo con me, ma apprezzo tantissimo la vostra apertura all'ascolto. Sono qui davanti a voi come qualcuno che sta combattendo per i diritti delle donne e delle ragazze in tutto il mondo. E sono davanti a voi come qualcuno che non è spaventato di fare domande scomode sul ruolo della religione in questa battaglia. La connessione tra la violenza, soprattutto la violenza contro le donne, e l'islam è troppo chiara per essere ignorata. Non aiutiamo gli studenti, le università, gli atei e i credenti quando chiudiamo gli occhi davanti a questa connessione, quando cerchiamo scuse anziché riflettere. Per questo domando: il concetto di guerra santa è compatibile con il nostro ideale di tolleranza religiosa? È blasfemia – punibile con la morte – mettere in discussione l'applicazione alla nostra era di certe dottrine risalenti al Settimo secolo? Sia il cristianesimo sia l'ebraismo hanno avuto le loro riforme. È arrivato il tempo anche per una riforma dell'islam. Queste argomentazioni sono inammissibili? Di certo non dovrebbero esserlo in un'università che è stata fondata dopo lo scandalo dell'Olocausto in un tempo in cui molte università americane ancora imponevano restrizioni agli studenti ebrei. Il motto della Brandeis University è "La verità, anche quella più inaccessibile". È anche il mio motto».
Nel 2004 tutto il mondo occidentale è insorto contro l'uccisione di Theo Van Gogh e la condanna a morte di Ayaan. A lei che, immigrata nel 1992 in Olanda, all'epoca era cittadina olandese e deputato per il Partito Socialdemocratico fu data una scorta e il conforto di innumerevoli manifestazioni di solidarietà. Submission fu proiettato in tutto il mondo occidentale. Ma due anni dopo, nel 2006, il ministero dell'Immigrazione olandese, con il pretesto di dati errati contenuti nella sua richiesta di cittadinanza presentata nel 1997, decise di considerare nullo l'atto di naturalizzazione di Ayaan Hirsi Ali. Le furono concesse sei settimane per presentare ricorso. Contemporaneamente un giudice emetteva una sentenza favorevole ai suoi vicini di casa che ne avevano sollecitato lo sfratto sostenendo di subire violazioni della loro privacy a causa delle misure di sicurezza adottate per proteggerla e di temere che la sua presenza mettesse a rischio la loro incolumità. La sentenza le ingiungeva di lasciare entro quattro mesi l'abitazione-rifugio messa a sua disposizione dallo stato per difenderla. Così Hirsi Ali decise di accettare un'offerta di lavoro dell'American Enterprise Institute di Washington e si trasferì negli Stati Uniti.
Quanto è successo alla Brandeis University, con l'aggravante da parte delle autorità accademiche di aver tentato di presentare la rinuncia all'onorificenza come una decisione concordata con Hirsi Ali, il che non è vero, è un segno dei tempi: e questa volta il mondo occidentale non si è levato in difesa di Ayaan, e dei propri ideali.
I due splendidi libri autobiografici scritti da Ayaan Hirsi Ali sono stati pubblicati in Italia da Rizzoli: Infedele, nel 2007, e Nomade, nel 2010. In essi Ayaan racconta la propria vita, dall'infanzia in Somalia – segnata dall'evento straziante dell'infibulazione impostale dalla nonna all'insaputa dei suoi genitori e dalle traversie della sua famiglia colpita dalla persecuzione del dittatore Siad Barre contro cui il padre di Ayaan combatteva – alle vicende che l'hanno portata in Arabia Saudita, Etiopia e Kenya, fino matrimonio impostole dal padre, all'atto liberatorio di sottrarsi al destino riservato alle donne come lei e ai successivi anni trascorsi in Europa e negli Stati Uniti: "Sapevo che era possibile una vita diversa – scrive Hirsi Ali in Infedele, ricordando l'inizio della sua nuova vita in Occidente – l'avevo letto sui libri e ora potevo vederla, annusarla nell'aria: il genere d'esistenza che avevo sempre voluto, con una vera istruzione, un vero lavoro, un vero matrimonio. Volevo diventare una persona, un individuo, con una vita propria".
Il prezzo che ha pagato è elevatissimo. Il padre e la sua intera famiglia l'hanno rinnegata e ha perso la fede. Se adesso anche l'Occidente la rinnega, che cosa le resta? Forse il sostegno della comunità cristiana alla quale si appellava nell'introduzione a Nomade? "Ho avuto il piacere di incontrare cristiani il cui concetto di Dio è ben lontano da Allah – si legge nella sua introduzione al libro – questo Dio cristiano moderno è sinomìnimo di amore: i preti non predicano odio, intolleranza e discordia; questo Dio è misericordioso, non cerca il potere temporale e non è in competizione con la scienza; i suoi seguaci considerano la Bibbia un libro fatto di parabole, non di ordini tassativi a cui attenersi scrupolosamente. Il cristianesimo di amore e tolleranza resta uno dei più potenti antidoti dell'Occidente all'islam di odio e intolleranza".

Nota di BastaBugie: in una intervista sul quotidiano londinese Evening Standard, la Hirsi Ali giudicò l'Islam come "il nuovo fascismo. Proprio come il Nazismo iniziò con le idee di Hitler, la visione islamica è un califfato, un società governata con la legge della Sharia". Nella stessa intervista chiarì anche di non ritenere che sia solo "una frangia di musulmani radicali ad aver deviato l'Islam e neppure che i moderati siano la maggioranza dei musulmani. La violenza è insita nell'Islam, è un culto distruttivo e nichilista della morte. Legittima l'assassinio".

GUARDA IL FILM ''SUBMISSION'' SU YOUTUBE
Per altre informazioni, ma soprattutto per vedere il film "Submission", clicca nel link qui sotto
http://www.filmgarantiti.it/it/edizioni.php?id=44

Fonte: Film Garantiti, 24/04/2014

3 - IL SINDACO DI SIENA VUOLE IMPEDIRE ALLE SENTINELLE DI SCENDERE ANCORA IN PIAZZA (ECCO IL CLAMOROSO VIDEO)
...e nessuno ha impedito durante la veglia in Piazza del Campo che attivisti LGBT abbiano disturbato con baci tra donne, esposizione di cartelli, cori ''fascisti-fascisti'', palloncini sbattuti in faccia a chi leggeva, frasi rivolte ad anziani definiti vecchi e inutili
Autore: Comitato Sentinelle in Piedi Siena - Fonte: Tempi, 03/06/2014

Egregio direttore,
nel ringraziarla sentitamente per aver dato voce, sulla versione on-line del Settimanale TEMPI, alla realtà delle Sentinelle in Piedi, che di norma incontra l'indifferenza nella cronaca nazionale e locale, provvediamo di seguito ad alcune precisazioni relativamente alla veglia del 20 maggio 2014 svoltasi a Siena.
La veglia, organizzata nel pieno rispetto delle norme vigenti in materia di "eventi e manifestazioni pubbliche" rimarcando il carattere apartitico ed apolitico delle Sentinelle in Piedi, ha visto la partecipazione di 150 persone di persone di tutte le età, compresi bambini e mamme in attesa, rappresentanti tutte le estrazioni sociali.
Come da copione, a pochi minuti dall'inizio della veglia, un gruppo "arcobaleno" con magliette e palloncini colorati, ha avviato una contromanifestazione non autorizzata.
I contromanifestanti non autorizzati (che i giornalisti hanno detto provenire da membri del movimento pansessuale di Siena e dall'ArciGay di Arezzo) hanno rotto l'armonia geometrica delle Sentinelle inframettendosi fra chi vegliava silenziosamente leggendo orientato verso un unico orizzonte. Fortunatamente non c'è stata alcuna violenza fisica, ma sicuramente ci sono stati atteggiamenti e azioni volgari ed offensivi: non sono mancati baci saffici di fronte a minorenni che leggevano in silenzio il loro libro, esposizione di cartelli contro i manifestanti, cori dove le Sentinelle sono state chiamate "fascisti" e "razzisti", palloncini sbattuti ripetutamente in faccia a chi leggeva in santa pace, frasi di intolleranza "anagrafica" rivolte a uomini e donne ultrasessantacinquenni che vegliavano con il loro libro, ai quali, ricordando loro di essere "vecchi e inutili", è stato rivolto l'invito a togliersi di lì.
Più che la volgarità aggressiva e ideologizzata dei gruppi LGBT, ha colpito e profondamente ferito l'atteggiamento antidemocratico dell'Amministrazione Locale di Siena che, la settimana precedente la veglia delle Sentinelle, aveva patrocinato insieme ad altri soggetti pubblici (Provincia, Regione, Università, Università per Stranieri e Comitato Siena Capitale Europea della cultura nel 2019) un'intera settimana contro omofobia, bifobia e transfobia promossa e organizzata dal Movimento Pansessuale Comitato Territoriale Arcigay in occasione della X giornata Mondiale contro l'omofobia: settimana durante la quale le Sentinelle, che veramente credono nella libertà di espressione del pensiero, che anzi combattono per essa, non hanno minimamente disturbato o recato intralcio.
Singolarissimo come si siano trovate a Siena le energie e le disponibilità per l'argomento "omofobia" (che dal 2010 ad oggi registra appena 20 casi l'anno in tutta Italia 0 a Siena contro, per esempio 1.200.000 casi l'anno di violenze sulle donne) mentre non si ricorda riunito in questi anni un simile "parterre des rois" per affrontare pubblicamente la crisi di una città dilaniata da uno smarrimento senza precedenti, dove una delle Banche più prestigiose d'Italia è stata messa in ginocchio in un amen con pesantissime ripercussioni sociali e con fatti di cronaca tristemente noti a tutto il mondo. Eppure tutti quelli che sono stati pronti a mettere la faccia sull'hashtag #liberidallomofobia si sono dimostrati assai meno solleciti ad affrontare una discussione pubblica sulle responsabilità del sistema politico senese e i rimedi possibili in questa fase drammatica della storia cittadina.
Il Comune, per il tramite del Gabinetto del Sindaco ha contattato gli organizzatori, la notte precedente il giorno della veglia, ponendo problemi circa la possibilità dell'utilizzo della Piazza del Campo per una non meglio documentata concomitanza di eventi e suggerendo altre piazze meno centrali. Ostacolo risultato poi inesistente tanto che la veglia è stata fatta come da programma.
L'episodio antecedente il giorno della veglia è stato solo il primo dei dispiaceri che il Comune ha "regalato" alle Sentinelle. Dopo la veglia del 20 maggio, nel consiglio comunale del 22, una consigliera del PD ha presentato un'interrogazione urgente al Sindaco (forma di interrogazione che non prevede repliche da parte dei consiglieri ma solo del Sindaco e che pertanto ha impedito che vi fosse sull'argomento un contraddittorio fra le forze politiche presenti). La consigliera PD ha affermato che essere contro i matrimoni gay ha una valenza politica ed ideologica, oltre che discriminatoria, e che pertanto la Piazza non può essere ceduta per tali finalità essendo il simbolo della collettività, dove tutti i senesi si riconoscono.
Sorprendente e incredibile la risposta del sindaco Valentini che, attribuendo ad un disguido di comunicazione interna la concessione della Piazza alle Sentinelle, ha promesso la revisione dei regolamenti per la concessione della Piazza del Campo, come richiesto dalla consigliera PD.
In tal modo il Sindaco conferma che la libertà di espressione è ammessa solo nei casi in cui si sia in sintonia con il pensiero LGBT mentre il resto offende la libertà altrui. Con simili premesse è lecito supporre che ad alcuni verrà impedito di manifestare il proprio pensiero perché l'arbitrio di altri lo ritiene "politico" ovvero offensivo nei confronti di terzi. Facciamo però notare che nessuno ha mai vietato i gaypride, sebbene molte persone li ritengano offensivi della moralità e del decoro civile.
Egregio Direttore i fatti narrati costituiscono piccoli-grandi esempi di atteggiamento assai poco neutrali delle istituzioni, che si schierano apertamente contro le Sentinelle in Piedi, senza nemmeno entrare nel merito del motivo per il quale esse manifestano, e tutto anche prima dell'approvazione del Ddl Scalfarotto contro l'omofobia, dunque con un sussiego e uno zelo sospetti se non illegittimi.
Siamo fermamente convinti che la discriminazione omofoba non esista, basta guardare di cosa sono pieni giornali, televisioni, film e panorama politico nazionale. Crediamo invece che ci sia un atteggiamento discriminatorio nei confronti di chi sostiene che la famiglia fondata sull'unione di un uomo e di una donna vada difesa come bene fondante la società, e che la libertà di espressione di ciascuno debba essere garantita senza pelose limitazioni. E che non possa costituire reato perseguibile l'affermazione, ribadita con forza, che ogni bambino ha diritto a un padre e una madre. E per questo non ci stancheremo di vegliare.

Nota di BastaBugie: le Sentinelle in Piedi di Siena saranno di nuovo a manifestare il 21 giugno alle 21 in piazza Tolomei a Siena. Qui i dettagli
https://www.facebook.com/pages/Sentinelle-in-Piedi-Siena/176979012503580

VIDEO: IL SINDACO DI SIENA IMBAVAGLIA LA LIBERTA'
Ecco il clamoroso video con le immagini dei contromanifestanti LGBT a Siena in Piazza del Campo, ma soprattutto la seduta del consiglio comunale dove Katia Leolini chiede al Sindaco di proibire alle Sentinelle in Piedi di poter manifestare di nuovo, con una modifica ad hoc del regolamento comunale.
La consigliera afferma che tutti hanno diritto di manifestare il proprio pensiero, salvo poi aggiungere che le sentinelle non lo hanno perchè discriminano i gay, cioè in pratica: "Ha libertà di pensiero solo chi la pensa come noi che comandiamo..."
Ecco l'intervento integrale della consigliera e del sindaco Bruno Valentini.
Video assolutamente da vedere integralmente


https://www.youtube.com/watch?v=B_6KCQuM_u8

PRECEDENTI ARTICOLI (CON INTERESSANTI VIDEO):

CHI HA PAURA DELLE SENTINELLE IN PIEDI?
Bergamo, Trento, Perugia, Lecce... A Siena addirittura il sindaco vuole cambiare il regolamento per impedire ulteriori veglie alle sentinelle (VIDEO: Le Sentinelle in Piazza del Campo)
https://www.bastabugie.it/it/articoli.php?id=3287

INTERROGAZIONE PARLAMENTARE AL MINISTRO DELL'INTERNO SUGLI ATTACCHI ALLE SENTINELLE IN PIEDI
I deputati Pagano, Roccella, Sberna, Binetti, Calabrò, Gigli, Caruso, Nissola pretendono chiarimenti sul passato e garanzie per il futuro (VIDEO: Sentinelle in Piedi a Perugia)
https://www.bastabugie.it/it/articoli.php?id=3297

Fonte: Tempi, 03/06/2014

4 - MALDIVE: UN PARADISO, MA SOLO PER I TURISTI
In queste isolette dell'Oceano Indiano è in vigore la legge islamica che prevede la pena di morte anche per bambini di dieci anni
Autore: Rino Cammilleri - Fonte: La Nuova Bussola Quotidiana, 28/05/2014

Chi non è stato in vacanza alle Maldive? Nessuna mano alzata? Normale, visto che da sempre è un "paradiso" low cost, dunque oves et boves. Pigli un charter e, con quattro soldi, porti la famigliola su spiagge come suol dirsi incontaminate, piene di villaggi-vacanze con animatori, feste, balli e cotillons. Il turismo di massa, occidentale, da sempre popola quegli atolli nell'Oceano Indiano: più di mille e cento isole e isolette dove fai il bagno, godi, ti diverti, prendi il sole in costume e anche senza, bevi, fumi (pure spinelli se vuoi) e, insomma, fai tutto quel che si fa in posti del genere. Sì, anche quello. Anzi, c'è chi ci va appunto per quello. Insomma, il bengodi alla portata di tutte le tasche. Chi non ha visto il suo idraulico abbronzato in pieno inverno e, interrogatolo, ha sentito che era appena stato alle Maldive?
Tuttavia, da quelle parti, basta spostarsi di dieci metri e dal Terzo Millennio si piomba nel VII secolo. Infatti, non molti sanno che il Paese è ufficialmente islamico e da un mese vi è stata introdotta la più radicale sharia, con tanto di «peccati» introdotti nel codice penale, il quale prevede la pena di morte per le più svariate trasgressioni, anche a carico di bambini di dieci anni. In quest'ultimo caso, però, prevale una qualche forma di pietà, visto che il reo non può essere impiccato finché non abbia raggiunto la maggiore età. Il che significa che dovrà stare una decina d'anni nella cella della morte.
Dal 27 aprile scorso la pena di morte, la cui ultima esecuzione risaliva al lontano 1953, è rientrata alla grande nelle isole del turismo. Beninteso, vale solo per i 350mila cittadini, i quali sono e devono essere tutti rigorosamente musulmani sunniti: dal 2008 è fatto divieto costituzionale ai non musulmani di richiedere la cittadinanza (sempre che ci sia qualche non musulmano così pazzo da richiederla).
Donde questo giro di vite? Dal 17 novembre 2013, data della salita al potere del presidente Abdullah Yameen, il quale ha ottenuto la fiducia unanime dei maldivesi proponendosi come «salvatore dell'islam» e applicatore alla lettera della sharia. Come abbiamo detto, la responsabilità penale, col nuovo codice integralista, comincia a dieci anni. Che scendono a sette (sette!) in caso di furto, consumo di alcool, fornicazione (sic!) e, naturalmente, apostasia. Epperò nell'aeroporto e nei vari resort si può essere serviti di carne di maiale e alcolici, purché a farlo non sia personale di cittadinanza maldiviana.
Ovviamente, è vietatissima la presenza di «idoli» di altre religioni, tra cui le aborrite croci. Per il resto, il copione è il solito: donne velate e ben coperte, barbe, polizia religiosa e guardiana della moralità. Ma la Repubblica maldiviana campa di solo turismo e, sharia o non sharia, pecunia non olet.
Così, ecco che i turisti in spiaggia possono fare qualunque cosa, basta che paghino. Di qua, chador e magari burqa; di là, bikini e topless, musica «degenerata», sbronze, fornicazioni e adulterii.
Ora, pare che diversi internauti si siano attivati per lanciare una campagna di boicottaggio al turismo in quelle lande. Ma dimenticano che i maldiviani hanno votato compatti per il loro presidente, dimostrando con ciò di volerla fortemente, la sharia. Con ogni evidenza sanno altrettanto bene che, se dovessero estenderla ai litorali, si garantirebbero la morte per fame. Perciò, si limitano a dimostrare, col voto, tutto il loro disprezzo per la zona franca che tocca loro sopportare per avere di che campare.
Continueranno, dunque, a vivere in un paradiso tanto incontaminato quanto schizofrenico, VII secolo da una parte e XXI dall'altra, angeli di qua e diavoli (occidentali) di là. Andiamoci, allora, in vacanza alle Maldive (chissà come mai non c'è stato ancora ambientato alcun cinepanettone), prima che se ne accorga Al Qaida. Alla quale, com'è noto, di far morire di fame il popolo non importa affatto.
P.S.: Date le affermazioni contenute in questo articolo, il direttore de La Nuova BQ ci tiene a precisare che non è mai stato alle Maldive, né ha intenzione di andarci. (R. Cas.)

Fonte: La Nuova Bussola Quotidiana, 28/05/2014

5 - UNA STORIA VERA: ''MIO PADRE SI CHIAMA DONATORE''
Ho passato anni della mia infanzia a fantasticare su di lui, poi ho scoperto che il donatore numero 81 era un professionista affermato, un medico che si definisce credente (!)
Autore: Raffaella Frullone - Fonte: Blog di Costanza Miriano, 10/06/2014

«Ho passato anni della mia infanzia a fantasticare su di lui. Costruivo castelli sulle poche cose che sapevo: capelli biondi, occhi azzurri, laureato. Giorni frenetici e notti insonni passate a immaginare il suo carattere, le sue passioni. "Forse era un musicista, come me", mi dicevo, "forse era un'artista squattrinato, per questo l'ha fatto, aveva bisogno di soldi". Poi ho scoperto che il donatore numero 81 era un professionista affermato, un medico che si definisce credente. Il mio padre biologico».
24 anni, newyorkese, Alana Stewart è quello che in gergo tecnico si chiama a donor-conceived adult, ossia un adulto concepito da donatore. La sua è una delle vicende raccontate nel documentario Anonymous father's day (giornata del padre anonimo) che per la prima volta dà voce a un popolo che ogni anno nei soli Stati Uniti conta dai 30mila ai 60mila nuovi nati. Tanti sono infatti i bimbi che vengono al mondo grazie alla donazione di sperma da parte di padri rigidamente protetti dal più totale anonimato.
Prodotto da Jennifer Lahl, già direttrice di Eggsploitation sul tema della donazione di ovuli [leggi l'articolo e guarda il video con i sottotitoli in italiano: https://www.bastabugie.it/it/articoli.php?id=1920], e presidente del Center for Bioethics and Culture Network di San Francisco, il documentario, disponibile on line in lingua inglese, offre una panoramica inquietante su un'industria globale senza traccia che sta timidamente venendo allo scoperto grazie ad internet. Mai come in questi anni infatti, proliferano blog, siti e social network attraverso i quali i figli di padre donatore cercano tracce delle proprie origini, si incontrano tra "fratelli"(un donatore può arrivare ad aver generato anche 150 volte), tentano di dare un volto e un nome ad un padre del quale conoscono soltanto il codice identificativo, l'area in cui il seme è stato "distribuito", il lasso di tempo in cui l'attività di donazione è proseguita.
I 60 minuti del film ospitano il contributo di Elizabeth Marquardt, direttore del Center for Marriage and Families at the Institute for American Values, curatrice del rapporto FamilyScholars.org e coautrice, insieme a Norval D. Guenn e Karen Clark, dello studio My Daddy's Name is Donor, ovvero "Mio papà si chiama donatore", condotto su un campione di 485 adulti di età compresa tra 18 e 45 anni con lo scopo di effettuare un primo monitoraggio su una generazione di persone concepite in risposta ad un irrefrenabile desiderio di maternità e poi abbandonate al loro destino.
«Il 67% degli intervistati ha affermato di sentirsi perso dal momento in cui ha appreso di essere figlio di donatore – afferma la Marquardt – e di voler conoscere il proprio padre biologico. Il 70% ha ammesso di trascorrere molto tempo fantasticando sulla vita e le abitudini del donatore e di non riuscire a darsi pace. Tra i dati registriamo poi una stretta correlazione tra il ricorso al padre donatore e il fallimento delle unioni matrimoniali».
«Quello a cui siamo abituati a pensare quando si parla di donazione di sperma, o anche di ovuli, è come aiutare le persone ad avere un bambino, – spiega Jennifer Lahl, che da anni studia gli effetti delle tecniche di procreazione assistita – mai riflettiamo sulle prospettive di determinate scelte, dei diritti, dei desideri delle aspettative del nascituro. Cosa succede ad un ragazzo quando scopre che il papà che l'ha cresciuto non è il suo padre biologico? Cosa succede ad una donna quando l'anziana madre scoperchia il baule del passato e scombina le carte che sono sempre state in tavola? Come si rapporta ad un bambino un "padre acquisito"? Quale è "l'impatto etico" dei donatori di sperma sui loro figli? ».
Per rispondere a domande come queste il documentario ha scelto di raccontare la storia di Alana Stewart, che gestisce il sito anonymousus.org attraverso il quale raccoglie e riporta le storie di chi, come lei, ad un certo punto, ha scoperto di non avere più radici.
«Avevo 5 anni, era un giorno come un altro, mi stavo preparando per andare a scuola, quando mia mamma mi ha detto che ero figlia di un donatore. Così, semplicemente. Ero confusa, ma sicuramente ho subito dato un nome a quello strano senso di estraneità che da sempre percepivo nei confronti di papà. Ho una sorella di 2 anni più grande e mia madre quel giorno mi ha spiegato che lei invece era stata adottata. Qualche anno dopo i miei genitori si sono separati e mia madre ha concepito naturalmente il suo terzo figlio con un nuovo compagno. Ho visto mia madre crescere tre "tipologie biologiche di figli" e le differenze, certamente involontarie, nel suo rapporto con noi. Ho visto l'unico padre che conoscevo chiedere, dopo il divorzio, la paternità della mia sorella maggiore e non la mia. Sentiva più sua la figlia adottata, rispetto a me».
Nonostante gli occhi, a tratti velati di lacrime, Alana racconta la sua storia con distacco, come se quello che dice le appartenesse fino ad un certo punto, come se per mettersi al riparo da uno smarrimento ancora maggiore si fosse rifugiata nelle sue poche certezze. Il senso di estraneità e smarrimento accomuna la sua vicenda a quella di tanti altri, tra i quali Barry Stevens che nel documentario racconta di aver saputo soltanto alla morte del padre, la verità "biologica" sul suo concepimento. «Suona strano ma è come se io avessi sempre sentito una forma di distacco nei suoi confronti e mia sorella provava la stessa identica cosa. Come se in famiglia ci fosse sempre stato un segreto e noi due ne fossimo tenuti all'oscuro. Era alienante, mi sentivo perennemente incerto».
La crisi di identità e il senso di confusione percepiti dai figli di donatori rientra in quello che viene chiamato genealogical bewilderment, ovvero "smarrimento genealogico". Spiega la regista: «Il bambino sente insieme curiosità e confusione rispetto a chi appartiene, alla sua identità, alle sue radici, al suo posto nella famiglia. Lo si vede nei bambini adottati, che chiedono di sapere dei loro genitori biologici, e ancor più succede nei bimbi nati da donatore, per i quali la ricerca del padre è resa ancor più difficile dalla protezione della privacy di chi dona, da parte delle cliniche».
«Mi sembra assurdo che gli ospedali trattengano così tante informazioni sui donatori e non si preoccupino dei diritti di chi nasce – osserva Barry Stevens. – Ci vogliono convincere che un padre donatore non sia altro che una persona disposta ad aiutare chi non riesce ad avere figli, una prassi ordinaria. Non considerano che abbiamo tutti una grande domanda di senso nel cuore che ci porta a domandare: chi sono? Da dove vengo? Ci ripetono è una cosa normale, che non c'è nulla di male. Eppure qualcosa non torna...».

Nota di BastaBugie: oltre ai donatori (in realtà: venditori) di sperma, c'è anche la triste realtà delle donatrici (in realtà: venditrici) di ovuli. Vi invitiamo a vedere il filmato sulla tremenda realtà della vendita di ovuli: sulle conseguenze taciute per le donne che si sottopongono a questi trattamenti e il giro di miliardi delle società che praticano la fecondazione eterologa


https://www.youtube.com/watch?v=dRHsQDcYRE8

Fonte: Blog di Costanza Miriano, 10/06/2014

6 - FORSE ANCHE IN ITALIA PROSTITUTE DI STATO PER DISABILI
Presentato al Senato il disegno di legge per introdurre la figura professionale dell'assistente sessuale per persone con disabilità
Autore: Lupo Glori - Fonte: Corrispondenza Romana, 11/06/2014

Lo scorso 9 aprile è stato presentato al Senato il disegno di legge Disposizioni in materia di sessualità assistita per persone con disabilità volto ad introdurre, in Italia, la figura professionale dell'assistente sessuale, appositamente formata per aiutare coloro che per via di una disabilità psichica o fisica non sono in grado di vivere autonomamente la propria sessualità.
La figura dell'assistente sessuale, ad oggi, è già presente in Svizzera, Danimarca, Germania, Paesi Bassi e Austria dove basta presentare un semplice attestato di formazione per esercitare la professione. Un "operatore del sesso" specialistico (uomo o donna) con orientamento bisessuale, eterosessuale o omosessuale che, come si legge nel testo del provvedimento, «sia in grado di aiutare le persone con disabilità fisico-motoria, psichica, o cognitiva, a vivere un'esperienza erotica, sensuale o sessuale e a indirizzare al meglio le proprie energie interne, spesso scaricate in modo disfunzionale in sentimenti di rabbia e aggressività». Il progetto di legge, presentato su iniziativa trasversale di tredici senatori, fa appello ad una sentenza della Corte Costituzionale, la 561 del 1987, che riconosce la sessualità come uno dei diritti fondamentali e come tale soggetto a tutela dall'articolo 2 della Costituzione.
Secondo Maximiliano Ulivieri, portavoce del primo comitato italiano per una legge sull'assistenza sessuale, il sesso è un diritto che va garantito in nome della libertà di scelta ed un bisogno primario al quale è necessario provvedere alla pari delle altre terapie già previste: «Ad oggi per le persone con disabilità esistono vari tipi di sostegno: c'è la fisioterapia, c'è un aiuto per chi ha difficoltà a gestire la quotidianità, come vestirsi o fare la doccia, e ci sono persino forme di assistenza come la cromoterapia o l'ippoterapia. Si è concepito un aiuto per ogni tipo di necessità, ma non per quella sessuale. Come se il disabile non sentisse il bisogno di toccarsi, di ricevere piacere, come se non fosse idoneo a certe esigenze. Ma non è così, e chi ha limiti psichici o fisici tali per cui non può provvedere da sé a questi bisogni deve essere assistito».
Come spiega lo psicologo e sessuologo Fabrizio Quattrini, «gli incontri, infatti, si orientano in un continuum che va dal semplice massaggio o contatto fisico, al corpo a corpo, sperimentando il contatto e l'esperienza sensoriale, dando suggerimenti fondamentali sull'attività autoerotica, fino a stimolare e a fare sperimentare il piacere sessuale dell'esperienza orgasmica. In piena libertà e consenso, alcuni operatori possono proporre anche delle relazioni sessuali, giungendo fino all'esperienza della penetrazione oppure fermandosi ai rapporti come fellatio e cunnilingus».
Sesso e disabilità sono stati al centro anche del "Venezia Pride 2014" che sul tema ha organizzato un incontro dal titolo Diversabilità LGBT per rivendicare il diritto al sesso anche per disabili gay. Come si legge, infatti, nel comunicato stampa dell'iniziativa, «Anche i disabili gay si inseriscono nella richiesta di poter vivere ed esprimere la propria sessualità ed affettività, ed hanno iniziato a far emergere la questione della doppia diversità e del pregiudizio che ne deriva, a rivendicare la possibilità di essere riconosciuti come omosessuali piuttosto che dare per scontato che il loro orientamento sessuale non risulti rilevante in quanto disabili. Ne consegue una crescente ricerca di percorsi e forme di sostegno per combattere il senso di esclusione e di discriminazione che spesso si prova nell'essere una minoranza nella minoranza, chiamando in causa in primis le associazioni LGBT italiane».
Il perverso disegno di legge "Disposizioni in materia di sessualità assistita per persone con disabilità" è figlio della rivoluzione sessuale che negli ultimi decenni ha minato le fondamenta morali ed etiche della nostra società. Una rivoluzione che a partire dal celebre motto «make love not war» ha ridotto la sessualità a mero piacere, disgiungendola dalla procreazione, e ha reso l'uomo, al pari dell'animale, schiavo dei propri impulsi e istinti sessuali.
Tali idee hanno trovato l'appoggio fondamentale degli organismi internazionali che hanno introdotto "nuovi diritti" tra cui il «diritto alla salute sessuale e riproduttiva» che non è altro che la legalizzazione del diritto all'aborto, della contraccezione e di ogni tipo di orientamento sessuale in nome del valore supremo della "salute psicologica" dell'individuo. Dalle teorie dell'amore libero degli anni Sessanta si è passati all'ideologia del gender che, rimuovendo gli stereotipi di maschio e femmina, si propone di educare, fin dai banchi di scuola, le nuove generazioni ad ogni tipo di tendenza o devianza sessuale, dall'omosessualità al transgenderismo.
Nel 1934, l'antropologo inglese J.D. Unwin pubblicò la sua grande opera Sex and Culture con l'obiettivo di verificare la tesi di Sigmund Freud secondo la quale la cultura si produce attraverso la subliminazione dell'impulso sessuale, ossia attraverso la rinuncia alla soddisfazione dell'impulso. A tal fine lo studioso inglese prese in esame ottanta cosiddette uncivilized societies raffrontandole a culture superiori di babilonesi, sumeri, ateniesi, romani e anglosassoni. In poche parole, l'interessante risultato al quale giunse la ricerca fu che, quanto più è presente una limitazione dell'attività sessuale, tanto più alto risulta il livello della società e, all'opposto, quanto meno è limitato l'impulso sessuale tanto più basso è il livello culturale.
Unwin identifica queste ultime società come «zoistiche», ossia "animalesche", in quanto non è vi è traccia di culto divino o culto degli antenati bensì di venerazione per la natura e per l'animalità. Al contrario, le culture civilizzate di caratterizzano per l'osservanza della verginità prematrimoniale e l'assoluta monogamia. Alla luce di queste significative considerazioni risultano alquanto paradossali ed ideologiche le affermazioni di coloro che rivendicano i diritti sessuali e riproduttivi come imprescindibili obiettivi di civiltà.

Fonte: Corrispondenza Romana, 11/06/2014

7 - ANNA ERA LESBICA... E ADESSO STA CON LUI
Storia di una ragazza e del suo percorso per uscire dall'omosessualità: ora i suoi ''amici'' di prima la odiano
Autore: Benedetta Frigerio - Fonte: Tempi, 25/05/2014

Capelli lunghi, mori e ricci, occhi grandi di un azzurro cielo. Bellissima. Fino a un anno fa Anna (nome di fantasia) era una femminista, anticlericale, lesbica, fidanzata con una donna da 6 anni. Poi ha incontrato Marco e i suoi venticinque anni di vita sono apparsi ai suoi occhi radicalmente diversi. «Avevo sempre vissuto nella menzogna e ora la vedevo tutta», spiega a tempi.it. Quella di questa ragazza è una storia che pare incredibile, «innanzitutto a me stessa. Poi alla mia famiglia e ai miei amici».
Anna oggi è libera dal «male, l'angoscia, la sensazione di mancanza e di paura in cui ho barcollato tutta la vita credendo nella più grande bugia su cui si fonda la tristezza interna al mondo Lgbt: "Si nasce gay"». Per questo Anna ha deciso di aprire Exhomovox.com, un sito che ospita chi ha una vicenda simile alla sua. In pochi mesi ha già raccolto molte testimonianze: «Quando la mia vita è cambiata ho cercato persone come me». Nella sua ricerca, Anna è rimasta colpita anche «dalla storia di Francesca, scritta su tempi.it: mi identificai subito con lei e mi confermò che era tutto vero. Non ero sola e cercai di riunire esperienze simili alle mie in un solo sito su cui ora scrivono in tanti».

DAL GIORNO ALLA NOTTE
Una vita cambiata dal giorno alla notte, in un batter d'occhio, grazie a Marco che le fece riscoprire una fede ormai dimenticata. «Mia nonna mi faceva pregare», ma poi i dissidi fra i genitori, il padre che lasciò la madre «per una ragazza di 27 anni», contribuirono ad allontanarla dalla Chiesa. «Reagii cercando di alleviare il dolore della mamma depressa facendo le veci del padre. Volevo giochi, vestiti, taglio di capelli maschili. Giocavo a calcio, stavo con i bambini e crebbi come una randagia».
Nemmeno il ricongiungimento familiare rimarginò quella ferita. «Ero contenta, ma mio papà non lo avevo perdonato. Odiavo gli uomini e non riuscivo a fidarmi di loro». Per questo Anna cercò affetto e rifugio nelle donne «da cui mi sentivo attratta» e a 17 anni si fidanzò con Simona: «I miei, purtroppo, accettarono tristi la situazione. Non se ne parlava molto in casa, ma in fondo gli sembrava il male minore rispetto a tutte le pazzie che facevo, non capendo che dietro la mia omosessualità c'era la causa del mio malessere». La vita di Anna si fece sempre più dura: «Ero aggressiva, piena di rancore, non posso descrivere tutto quello che ho fatto e passato e la violenza incontrata».

QUASI PER CASO
Lo scorso ottobre, quasi per caso, Marco la invitò a bere un caffè. «Non capivo come mai volevo rivederlo», tanto che «non riuscivo più a vedere la mia fidanzata come l'avevo sempre guardata». Poi il primo bacio. «Era la prima volta che riuscivo a fidarmi di un uomo. Niente più paure e gelosie: sono sicura di Marco perché siamo sicuri di Dio. Quel Dio che mi ha permesso di perdonare mio padre e di vivere felice. Quello che non smetterò mai di ringraziare per avermi tirato fuori dal buio e che desidero mostrare a tutti i miei amici che ora mi odiano».
Anna ha aperto un sito perché «ho ricevuto una grazia e appena dirò ai miei la causa del mio trauma lo farò con tutti. Preferisco dire una verità, che all'inizio fa male e che poi libera, anziché saperli nell'infelicità».

Nota di BastaBugie: per leggere il racconto della storia di Luca di Tolve, per vedere il video di Povia con la canzone "Luca era gay" che si classificò seconda a Sanremo nel 2009, oppure vedere il video di Luca di Tolve che racconta la sua esperienza, clicca qui
http://www.amicideltimone-staggia.it/it/edizioni.php?id=35
Per informazioni per uscire dall'omosessualità, clicca qui
http://www.obiettivo-chaire.it

Fonte: Tempi, 25/05/2014

8 - L'INQUIETANTE PROPOSTA DI AVVENIRE: SCUOLE APERTE ANCHE IN ESTATE
Ulteriore emarginazione delle famiglie nel compito educativo e consegna dei figli allo Stato... con tanti saluti al terzo principio non negoziabile (la libertà di educazione)
Autore: Stefano Fontana - Fonte: La Nuova Bussola Quotidiana, 09/06/2014

Il quotidiano Avvenire ha lanciato una proposta che sta facendo discutere: tenere aperte le scuole anche nel periodo di "ferie" in modo tale da attuare corsi di recupero per gli studenti in difficoltà, oppure attività di insegnamento della lingua italiana per i figli di famiglie immigrate. Gli insegnanti, dice Avvenire, di fatto fanno di più dei 36 giorni di ferie previsti dal contratto nazionale e potrebbero essere utilizzati in questo modo. Tutti stanno facendo sacrifici – come si sente dire ormai sempre in questo periodo di crisi – perché non dovrebbero farlo anche gli insegnanti?
L'opinione pubblica potrebbe in genere anche essere favorevole alla proposta, data la svalutazione della figura dell'insegnante nell'immaginario collettivo, oppure per la necessità che qualcuno tenga il bambino quando i genitori non cessano di lavorare perché fa caldo e le scuole sono chiuse.
A parte questo, però, la proposta è solo apparentemente intelligente. Anzi, è da respingere.
Nella scuola italiana si assiste a questo allarmante fenomeno: essa si allarga sempre di più mentre la sua capacità educativa si riduce. Da questo nasce l'emergenza educativa, che però si pensa di risolvere allargando ulteriormente i campi di presenza delle istituzioni scolastiche nell'arco della giornata e, con la proposta di Avvenire, anche dell'anno. La scuola, ormai, è la Grande Mamma o, se volete, il Grande Fratello.
A scuola ormai si fa di tutto, come se ogni ambito della vita umana e sociale dovesse passare da essa. Razzismo, affettività, sessualità, prevenzione dagli abusi, dalla droga, dal fumo, educazione stradale, rispetto per gli animali, "social day" di vario genere, consulenza psicologica, gruppi di recupero e così via. La scuola diventa sempre di più un grande contenitore di servizi educativi a 360 gradi, sottraendo spazio ad altri soggetti educativi a cominciare dalla famiglia. Come un mega centro commerciale che fa chiudere i piccoli negozianti. Per questo stupisce che si voglia ulteriormente ampliare la gamma di questi servizi e il tempo che bambini e ragazzi dovrebbero passare a scuola.  
Mentre cresce il tempo-scuola, però, diminuisce lo spessore educativo perché di solito ciò che si estende perde di intensità. In questo periodo stiamo leggendo che nella scuola sta per entrare di tutto, da una sistematica cultura gay-friendly ad una serie di strumenti di letture, drammatizzazioni e video che suscitano perplessità e spesso avversione. In un periodo di magra economica, per ampliare il POF (Piano di Offerta Formativa) con nuove allettanti proposte, i dirigenti scolastici, magari in buona fede, imbarcano anche progetti discutibili, utilizzano associazioni o cooperative a forte caratterizzazione ideologica e nella scuola entrano tanti soggetti di cui le famiglie sanno poco o nulla. Come sanno poco o nulla dei contenuti veri dei vari corsi impartiti e delle attività svolte.
Ora, la proposta di Avvenire vorrebbe consegnare ancora di più i nostri figli a questa struttura vorace e, per molti aspetti sempre più emergenti, incontrollata? Vogliamo che la scuola diventi anche un grest estivo? Nel periodo della chiusura delle scuole, le famiglie possono usufruire per l'intrattenimento sano dei figli, di varie attività esistenti sul territorio: i grest parrocchiali, i campi-scuola, le attività delle associazioni, i centri di avviamento allo sport dei comuni. E perché non realizzare anche attività interfamiliari di intrattenimento per i figli, autogestite dal basso? Perché si insiste invece con la proposta di mettere tutto dei nostri figli, perfino il mese di luglio, nelle mani dello Stato?
Se esistesse nel nostro Paese una reale libertà di educazione e tra scuola e famiglia ci fosse un rapporto veramente organico, allora l'apertura della scuola a luglio potrebbe essere considerata e adeguatamente sviluppata. La famiglia conoscerebbe le attività e si riconoscerebbe nelle finalità delle iniziative estive, si troverebbero spazi per la presenza dei genitori e della famiglia e potrebbe essere un momento aggregativo riempito di senso educativo. Ma questa situazione purtroppo non esiste in Italia e continuare anche in luglio a dare la figlia o il figlio alla struttura pubblica è veramente eccessivo.
Farebbe diminuire ancora di più la consapevolezza educativa delle famiglie e dei gruppi della società civile, smorzando la loro creatività ed assunzione di responsabilità. Per i cosiddetti "recuperi" e per l'insegnamento della lingua agli stranieri c'è tutto l'anno scolastico ed anche su queste attività è evidente il progressivo spostamento di accento dall'alunno e la sua famiglia alla struttura, con forti fenomeni di deresponsabilizzazione che da un ampliamento di queste attività in estate verrebbero ulteriormente rafforzate.

Nota di BastaBugie: molto interessante anche un articolo di Mario Palmaro da noi pubblicato in una delle prime edizioni di BastaBugie, ma sempre attualissimo. Ecco il link per leggere l'articolo
TROPPA SCUOLA FA MALE
Il mito del ''tempo pieno'' lavora contro la famiglia: oggi i nostri bambini trascorrono a scuola più tempo di quello che noi genitori trascorriamo in ufficio
https://www.bastabugie.it/it/articoli.php?id=617

Fonte: La Nuova Bussola Quotidiana, 09/06/2014

9 - OMELIA CORPUS DOMINI - ANNO A - (Gv 6,51-58)
Se uno mangia di questo pane vivrà in eterno
Fonte Il settimanale di Padre Pio, (omelia per il 22 giugno 2014)

Questa domenica celebriamo uno dei più grandi Misteri della fede, quello dell'Eucaristia, ovvero il Mistero del Corpo e Sangue di Cristo donati a noi come cibo e bevanda spirituali. Dell'Eucaristia trattano le letture che abbiamo appena ascoltato. La prima lettura parla della "manna", con la quale Dio nutrì il popolo d'Israele nel suo esodo attraverso il deserto. La manna era un pane disceso dal cielo che prefigurava l'Eucaristia. Il popolo d'Israele era in cammino verso la terra promessa; noi, in questo pellegrinaggio terreno, siamo protesi verso la Patria Celeste e siamo nutriti ogni giorno da questo Pane Celeste che è la Santa Comunione. Il cammino attraverso il deserto, da parte del popolo d'Israele, non fu privo di insidie, ma chi si mantenne fedele, nutrito da questa «manna sconosciuta» (Dt 8,16), giunse alla meta tanto desiderata. Anche il nostro cammino è difficoltoso, il deserto di questo mondo spesso ci tende delle insidie, ma, nutriti di questo celeste alimento che è l'Eucaristia, troveremo il vigore per procedere sicuri, nonostante il demonio, il mondo e la carne continuino a ostacolarci.
Nel Vangelo, Gesù dice chiaramente: «Io sono il pane vivo disceso dal cielo. Se uno mangia di questo pane vivrà in eterno e il pane che io darò è la mia carne per la vita del mondo» (Gv 6,51). Queste parole sono tra le più belle e consolanti di tutto il Vangelo. Il pensiero che Gesù vuole essere il nostro cibo che ci sostiene deve colmarci di gratitudine e di gioia. Con questa affermazione, Gesù dice apertamente che la manna che nutrì gli Israeliti nel deserto era solo un'ombra rispetto alla realtà. Il vero pane è Lui, è il Signore, e solo cibandoci di Lui avremo la Vita eterna. Poco dopo infatti afferma: «In verità, in verità io vi dico: se non mangiate la carne del Figlio dell'uomo [ovvero di Gesù] e non bevete il suo sangue, non avete in voi la vita. Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue ha la vita eterna e io lo risusciterò nell'ultimo giorno. Perché la mia carne è vero cibo e il mio sangue vera bevanda» (Gv 6,53-55).
Giustamente, l'Eucaristia è stata definita come il Sacramento dell'amore. Gesù non poteva darci prova più grande del suo amore che donandosi a noi sotto le sembianze di un po' di pane e di un po' di vino. L'Eucaristia è Gesù vivo e vero, in Corpo, Sangue, Anima e Divinità. Tale mutazione di sostanza avviene durante la Santa Messa, quando il sacerdote, dopo aver invocato la discesa dello Spirito Santo sul pane e sul vino, pronuncia le parole della Consacrazione, dicendo: «Questo è il mio Corpo... questo è il mio Sangue». In quel momento avviene il miracolo più grande che si possa immaginare: il pane e il vino diventano il Corpo e il Sangue di Gesù Cristo. E Gesù, tutto intero, è presente in ogni frammento del Pane e in ogni goccia del Vino consacrato.
Più di mille anni fa, un sacerdote stava celebrando la Santa Messa e, proprio al momento della consacrazione, fu colto dal dubbio se veramente il pane e il vino diventano il Corpo e il Sangue del Signore. Proprio allora, Dio volle dimostrare con un miracolo evidentissimo la verità di tale dottrina, trasformando anche visibilmente il pane in carne e il vino in sangue. La cosa più strabiliante è che, a distanza di oltre mille anni, si possono ancora vedere questa carne e questo sangue che hanno le caratteristiche di una persona viva. Questo Miracolo Eucaristico è custodito a Lanciano, in Abruzzo, ed è sempre meta di numerosi pellegrinaggi.
L'Eucaristia ci rende una sola cosa con Gesù. Al momento della Comunione, Gesù viene nel nostro cuore e quello è il momento più bello e prezioso della nostra giornata. In quel momento, come insegnava san Giovanni Maria Vianney, noi e Gesù siamo come due candele che si fondono insieme e alimentano un'unica fiamma. In quel momento, la nostra preghiera si unisce a quella che Gesù rivolge incessantemente al Padre a nostro favore, e così possiamo ottenere le grazie più grandi.
Inoltre, l'Eucaristia ci rende una cosa sola anche tra di noi. Questo aspetto è messo in luce dalla seconda lettura di oggi, quando san Paolo afferma: «Poiché vi è un solo pane, noi siamo, benché molti, un solo corpo: tutti infatti partecipiamo all'unico pane» (1Cor 10,17). Se io sono unito a Gesù e anche tu lo sei, ne consegue che, nel Signore, siamo una cosa sola. Per questo motivo, i cristiani di santa vita, anche se si vedono per la prima volta, si sentono uniti da un vincolo di carità ed è come se si fossero da sempre conosciuti. L'Eucaristia annulla le distanze: uniti a Gesù, saremo un cuore e un'anima sola.
Quanto triste è invece lo spettacolo di tanti cristiani che tra di loro non si sopportano e parlano male l'uno dell'altro! In questo modo, nella pratica, rinnegano la loro fede. In questa solennità siamo chiamati a fare un serio esame di coscienza su quella che è la nostra carità. Se amiamo l'Eucaristia, che è il Corpo di Cristo, non possiamo non amare i nostri fratelli, che formano il Corpo mistico di Cristo. Ogni volta che riceviamo Gesù, ogni volta che ci avviciniamo a Lui, presente nel Tabernacolo, noi ci rendiamo vicini a tutti fratelli, in modo particolare a quelli più cari al nostro cuore e a quelli più cari al Cuore di Gesù.
Da questa solennità, inoltre, deve scaturire il vivo desiderio di ricevere spesso la Comunione, in grazia di Dio, premettendo la Confessione se sulla coscienza abbiamo qualche grave peccato. La Comunione frequente è la grazia più bella con cui abbellire la nostra anima ed è la gioia più grande che possiamo dare al Cuore di Gesù.

Fonte: Il settimanale di Padre Pio, (omelia per il 22 giugno 2014)

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