BastaBugie n�381 del 26 dicembre 2014

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1 I DIECI COMANDAMENTI SECONDO BENIGNI
Una lettura parziale (il 5° comandamento vieterebbe la pena di morte e non l'aborto) ed a tratti totalmente fuorviante (il 6° comandamento sarebbe inventato dalla Chiesa e la masturbazione ammessa), ma Benigni non è un vescovo
Autore: Alessandro Rico - Fonte: Campari e de Maistre
2 COSA PENSO DI PAPA FRANCESCO
Ogni Papa ha interpretato la sua parte idonea e, alla fine, rivelatasi necessaria, per questo ho scelto di osservare, ascoltare, riflettere senza azzardarmi in pareri temerari
Autore: Vittorio Messori - Fonte: Corriere della Sera
3 COSA SUCCEDEREBBE SE NON CI FOSSE LA CHIESA
Una Chiesa povera? Aumenterebbero anche i poveri con tanti clamorosi effetti boomerang (VIDEO: cos'è la Chiesa)
Autore: Rino Cammilleri - Fonte: La Nuova Bussola Quotidiana
4 MAFIA CAPITALE: COME SI COMBATTE LA CORRUZIONE? MENO BUROCRAZIA E MENO STATO
Il brodo di coltura della corruzione è dato dall'ampiezza dell'interventismo pubblico e dell'erogazione di sussidi
Fonte: Tempi
5 DECALOGO SU MATRIMONIO E FAMIGLIA
Per evitare fraintendimenti dopo il Sinodo di ottobre che ha toccato elementi essenziali dell'insegnamento della Chiesa
Fonte: Sinodo2015
6 LA SUMMA DI S.TOMMASO, CAPOLAVORO SEMPRE ATTUALE
Scritta dal Dottore Angelico, il più grande filosofo e teologo di tutti i tempi, è un monumento alla ragione e alla fede
Autore: Giorgio Carbone - Fonte: Il Timone
7 CAMBIARE SESSO RENDE FELICI? UNA PURA ILLUSIONE
Un'indagine su 7.000 transessuali rileva che il tasso di suicidi è al 41% mentre nella popolazione normale è all'1% (VIDEO: Walt Heyer)
Autore: Walt Heyer - Fonte: Notizie Provita
8 LO HOBBIT 3: GLI ESERCIZI SPIRITUALI DEI CINQUE ESERCITI (CHE IN REALTA' SONO SOLO DUE)
L'ultimo film sulla saga tolkieniana, sullo stile di Sant'Ignazio di Loyola, ci impone una scelta di campo nell'ultima battaglia, cioè la vita quotidiana (VIDEO: trailer del film)
Autore: Marco Respinti - Fonte: La Nuova Bussola Quotidiana
9 MEDIOEVO E CROCIATE: ALTRO CHE SECOLI OSCURI!
Sfatati in un libro molti luoghi comuni: fu il periodo che vide l'ascesa del sistema bancario, rapide innovazioni tecnologiche, una dinamica rete di città commerciali, ecc.
Fonte: Tempi
10 OMELIA SANTA FAMIGLIA - ANNO B - (Lc 2,22-40)
Ora lascia o Signore
Autore: don Angelo Sceppacerca - Fonte: Agenzia SIR

1 - I DIECI COMANDAMENTI SECONDO BENIGNI
Una lettura parziale (il 5° comandamento vieterebbe la pena di morte e non l'aborto) ed a tratti totalmente fuorviante (il 6° comandamento sarebbe inventato dalla Chiesa e la masturbazione ammessa), ma Benigni non è un vescovo
Autore: Alessandro Rico - Fonte: Campari e de Maistre, 17/12/2014

C'era quasi riuscito a piacermi. La prima serata di Benigni era stata magistrale, al netto di qualche inciampo. E pure l'avvio della seconda puntata sui Dieci comandamenti pareva promettente. Fino al quinto comandamento. Poi, il Roberto nazionale è caduto sulle marchette.
Un'infinita serie di luoghi comuni sul sesto comandamento, che la Chiesa avrebbe «manipolato» (non si capisce a che scopo), creando generazioni di repressi sessuali. E invece il senso del comandamento sull'adulterio sarebbe la lotta alla violenza sulle donne (Dio, una Boldrini ante-litteram), l'esaltazione della fedeltà che protegge l'amore vero e i figli. Per il resto, love is love, fate l'amore non fate la guerra e tutto l'arcinoto e melenso repertorio retorico. Peccato che Benigni abbia frainteso la profondità dell'insegnamento cattolico sulla sessualità, che la Chiesa considera un preziosissimo dono del Signore e perciò difende da ogni banalizzazione: dal sentimentalismo come dalla bestialità, dall'irresponsabilità come dalla compulsione. Il sesso è libertà e realizzazione della propria natura relazionale, non impulso animalesco cui sottomettersi come a un idolo, e torniamo al primo comandamento: di Dio c'è solo Dio, non il denaro, il successo o il sesso. Di qui, le sciocchezze sul "non desiderare la donna d'altri": guardare non è peccato, basta fermarsi là. Visto che questo monologo ci è costato due milioni a serata, ci saremmo aspettati che oltre all'Esodo, Benigni leggesse pure il Vangelo, laddove il Cristo ammonisce: «Avete inteso che fu detto: Non commetterai adulterio. Ma io vi dico: chiunque guarda una donna per desiderarla ha già commesso adulterio con lei nel suo cuore» (Mt 5, 28).
Persino su un comandamento "facile" Benigni è scivolato rovinosamente. "Non rubare". Come volevasi dimostrare, ci ha messo in mezzo pure gli evasori: «Violano un patto che abbiamo stabilito tutti». Caro Benigni, quand'è che avremmo stabilito consensualmente di essere derubati dallo stato? Proprio in questi giorni il Leviatano ci chiede il conto: 144 miliardi di euro sottratti alle tasche degli italiani. Chi sarebbe il ladro? E pensare che gli avevo perdonato l'imprecisione sulle guerre di religione: attingendo al leitmotiv della violenza in nome di Dio, Benigni aveva deplorato l'enormità dei massacri commessi per questioni di fede. Tuttavia, la maggior parte delle fonti accreditate smentisce questa tesi. Le varie enciclopedie sulle guerre storiche mostrano come i conflitti religiosi siano una minoranza: si va dall'Encyclopedia edita da Gordon Martel, per la quale solo il 6% delle guerre censite possono essere considerate guerre di religione; al volume di Phillips e Axelrod, che arriva alla cifra più alta, ma ancora minoritaria, del 25% – senza contare che molto spesso, dietro il casus belli religioso si sono nascoste questioni politiche ed economiche.
 "Povero" (tra virgolette, dato l'incasso) Benigni, proprio sul più bello è partito per la tangente. Eppure, un piccolo applauso glielo tributiamo anche noi, perché in mezzo a una televisione generalista affollata di anticlericalismo e omosessualismo, se non altro è riuscito a parlare di Dio con il consueto appeal mediatico. E nonostante qualche grossolana fesseria antropologica e teologica, ci ha dato almeno il la per precisare, chiarire, arricchire, puntando i riflettori su temi banditi dal dibattito pubblico, quando non vilipesi. Una controcultura cattolica deve iniziare ad aggrapparsi anche a queste circostanze. A Benigni, invece, diamo un consiglio: la prossima volta, anziché andarsi a cercare la consulenza dei pastori valdesi, dia una letta a Joseph Ratzinger.

Nota di BastaBugie: vuoi sapere davvero cosa dicono in dieci comandamenti? Puoi leggere il Catechismo della Chiesa Cattolica dal n° 2052 al n° 2557, cliccando sul seguente link
http://www.vatican.va/archive/ccc_it/documents/2663cat473-668.PDF
A seguire, il commento di Riccardo Cascioli, direttore de La Nuova Bussola Quotidiana, pubblicato il 21-12-2014:
IL "CASO BENIGNI" EVIDENZIA L'ASSENZA DELLA CHIESA
Lo confesso: sono uno dei pochi italiani che non ha visto lo show di Roberto Benigni in tv sui Dieci comandamenti. Non per snobismo, ma perché impegnato in altre cose. Sto seguendo tuttavia con molta attenzione reazioni e commenti a quella esibizione. [...] Al proposito è curioso notare che a un parere a caldo quasi unanimemente molto positivo - al limite dell'entusiasmo - si vanno aggiungendo delle critiche che aumentano col passare dei giorni. In ogni caso si tratta di un programma che ha riscosso un grande interesse e acceso un forte dibattito.
Proprio questo dibattito, aldilà del merito dello spettacolo, mi sembra importante rilevare, perché fa emergere con chiarezza il terribile vuoto di proposta culturale in cui viviamo.
Vuoto di proposta, anzitutto della tv. Così che un semplice programma di buona qualità, fondato non sugli effetti speciali ma su un discorso - per quanto brillantemente sostenuto da un comico - e su un argomento niente affatto scontato, diventa un evento del quale si va avanti a parlare per giorni e giorni. Vuol dire che per il resto c'è il deserto. E se dieci milioni di persone hanno seguito un lungo monologo sui dieci comandamenti, vuol dire che per i programmi-spazzatura che occupano quasi tutto il palinsesto non vale più il luogo comune per cui «è quello che la gente vuole». La gente evidentemente apprezza molto di più programmi che, pur leggeri, mettono in moto la testa.
Ma il vuoto di proposta ancor più preoccupante è quello religioso, anzi cattolico. Non può non stupire tanta animosità, da parte di alcuni che imperversano su blog e social network, per gli errori "teologici" di Benigni, come se da lui ci si dovesse aspettare una lezione di catechismo, magari su richiesta della Conferenza episcopale. A tutti è chiesto il rispetto e di non usare le capacità artistiche per irridere alla religione e offendere la fede di tanta gente, e di non strumentalizzare la religione per propri fini ideologici (vedi Dario Fo). Ma nessuno dei critici muove questa accusa a Benigni, gli si rimprovera invece di aver dato letture parziali o troppo "umane" ai comandamenti.
Ma Benigni non è un prete o un vescovo: è un uomo di spettacolo, neanche credente - a quanto ne sappiamo - che però si fa interrogare dal fatto religioso, ne è in qualche modo attratto, e davanti ai comandamenti o alla Divina Commedia cerca di andarci a fondo, di capire, di studiare. Sicuramente non tutte le sue fonti sono ortodosse, e altrettanto le sue considerazioni, ma è innegabile che ci sia anche un cammino (basti pensare ai Dieci comandamenti proposti trent'anni fa). Non è certo a lui che possiamo o dobbiamo chiedere una spiegazione del catechismo, piuttosto dovremmo riflettere sul fatto che solo grazie a lui in televisione vanno quei Dieci comandamenti che - e sono ottimista - almeno la metà di coloro che partecipano alla messa ogni domenica non sarebbero neanche in grado di elencare in ordine.
Il fatto è che dei Dieci comandamenti normalmente non si sente parlare neanche in chiesa, figurarsi se possiamo pensare a una loro riproposta culturalmente intelligente in tv o nei teatri. Al recente Sinodo sulla famiglia abbiamo sentito vescovi e cardinali fare affermazioni sulla sessualità che negano la Rivelazione, e ce la vogliamo prendere con Benigni perché del sesto comandamento dà una versione molto personale? La Conferenza episcopale manda a commentare il vangelo su Rai Uno (e senza neanche essere simpatici) a quelli che sono stati definiti "preti di strada", che più volte hanno sostenuto pubblicamente posizioni tutto fuorché ortodosse, e vogliamo crocifiggere Benigni perché dà un'interpretazione poco trascendente all'amore per il prossimo?
C'è qualcosa che non quadra. Non si può chiedere a Benigni di fare opera di supplenza alla Chiesa. Né si deve guardare a lui come un faro che ci guida nella fede. Se ci fosse una proposta pubblica seria, sia ecclesiale sia culturale, della fede cattolica non spaventerebbero le affermazioni eterodosse di Benigni, ai suoi spettacoli sarebbe dato il giusto peso e, forse, lo stesso Benigni sarebbe in grado di confrontarsi e fare proprie delle letture dei comandamenti più aderenti alla Verità.

Fonte: Campari e de Maistre, 17/12/2014

2 - COSA PENSO DI PAPA FRANCESCO
Ogni Papa ha interpretato la sua parte idonea e, alla fine, rivelatasi necessaria, per questo ho scelto di osservare, ascoltare, riflettere senza azzardarmi in pareri temerari
Autore: Vittorio Messori - Fonte: Corriere della Sera, 24 dicembre 2014

Credo sia onesto ammetterlo subito: abusando, forse, dello spazio concessomi, ciò che qui propongo, più che un articolo, è una riflessione personale. Anzi, una sorta di confessione che avrei volentieri rimandata, se non mi fosse stata richiesta. Ma sì, rimandata perché la mia (e non solo mia) valutazione di questo papato oscilla di continuo tra adesione e perplessità, è un giudizio mutevole a seconda dei momenti, delle occasioni, dei temi.
Un Papa non imprevisto: per quanto vale, ero tra quelli che si attendevano un sudamericano e un uomo di pastorale, di esperienza quotidiana di governo, quasi a bilanciare un ammirevole professore, un teologo sin troppo raffinato per certi palati, quale l'amato Joseph Ratzinger. Un Papa non imprevisto, dunque, ma che subito, sin da quel primissimo «buonasera», si è rivelato imprevedibile, tanto da far ricredere via via anche qualche cardinale che era stato tra i suoi elettori.

QUALE PAPA?
Una imprevedibilità che continua, turbando la tranquillità del cattolico medio, abituato a fare a meno di pensare in proprio, quanto a fede e costumi, ed esortato a limitarsi a «seguire il Papa». Già, ma quale Papa? Quello di certe omelie mattutine a Santa Marta, delle prediche da parroco all'antica, con buoni consigli e saggi proverbi, con persino insistiti avvertimenti a non cadere nelle trappole che ci tende il diavolo? O quello che telefona a Giacinto Marco Pannella, impegnato nell'ennesimo, innocuo digiuno e che gli augura «buon lavoro», quando, da decenni, il «lavoro» del leader radicale è consistito e consiste nel predicare che la vera carità sta nel battersi per divorzio, aborto, eutanasia, omosessualità per tutti, teoria di gender e così via? Il Papa che, nel discorso di questi giorni alla Curia romana, si è rifatto con convinzione a Pio XII (ma, in verità, a san Paolo stesso) definendo la Chiesa «corpo mistico di Cristo»? O quello che, nella prima intervista a Eugenio Scalfari, ha ridicolizzato chi pensasse che «Dio è cattolico», quasi che la Ecclesia una, sancta, apostolica, romana fosse un optional, un accessorio da agganciare o meno, a seconda del gusto personale, alla Trinità divina?
Il Papa argentino consapevole, per diretta esperienza, del dramma dell'America Latina che si avvia a diventare un continente ex cattolico, con il passaggio in massa di quei popoli al protestantesimo pentecostale? O il Papa che prende l'aereo per abbracciare e augurare buoni successi a un amico carissimo, pastore proprio in una delle comunità che stanno svuotando quella cattolica e proprio con il proselitismo da lui condannato duramente nei suoi?
Si potrebbe continuare, naturalmente, con questi aspetti che paiono - e forse sono davvero - contraddittori. Si potrebbe, ma non sarebbe giusto, per un credente. Questi, sa che non si guarda a un Pontefice come a un Presidente eletto di repubblica o come a un re, erede casuale di un altro re. Certo, in conclave, quegli strumenti dello Spirito Santo che, stando alla fede, sono i cardinali elettori condividono i limiti, gli errori, magari i peccati che contrassegnano l'umanità intera. Ma capo unico e vero della Chiesa è quel Cristo onnipotente e onnisciente che sa un po' meglio di noi quale sia la scelta migliore, quanto al suo temporaneo rappresentante terreno. Una scelta che può apparire sconcertante alla vista limitata dei contemporanei ma che poi, nella prospettiva storica, rivela le sue ragioni.

CHI SONO IO PER GIUDICARE?
Chi conosce davvero la storia è sorpreso e pensoso nello scoprire che - nella prospettiva millenaria, che è quella della Catholica - ogni Papa, consapevole o no che lo fosse, ha interpretato la sua parte idonea e, alla fine, rivelatasi necessaria. Proprio per questa consapevolezza ho scelto, per quanto mi riguarda, di osservare, ascoltare, riflettere senza azzardarmi in pareri intempestivi se non addirittura temerari. Per rifarci a una domanda fin troppo citata al di fuori del contesto: «Chi sono io per giudicare?». Io che - alla pari di ogni altro, uno solo escluso - non sono certo assistito dal «carisma pontificio», dall'assistenza promessa del Paraclito. E a chi volesse giudicare, non dice nulla l'approvazione piena, più volte ripetuta - a voce e per iscritto - dell'attività di Francesco da parte di quel «Papa emerito» pur così diverso per stile, per formazione, per programma stesso?
Terribile è la responsabilità di chi oggi sia chiamato a rispondere alla domanda: «Come annunciare il Vangelo ai contemporanei? Come mostrare che il Cristo non è un fantasma sbiadito e remoto ma il volto umano di quel Dio creatore e salvatore che a tutti può e vuole dare senso per la vita e la morte?». Molte sono le risposte, spesso contrastanti. Per quel poco che conta, dopo decenni di esperienza ecclesiale, io pure avrei le mie, di risposte. Avrei, dico: il condizionale è d'obbligo perché niente e nessuno mi assicura di avere intravisto la via adeguata. Non rischierei forse di essere come il cieco evangelico, quello che vuole guidare altri ciechi, finendo tutti nella fossa?
Così, certe scelte pastorali del «vescovo di Roma», come preferisce chiamarsi, mi convincono; ma altre mi lascerebbero perplesso, mi sembrerebbero poco opportune, magari sospette di un populismo capace di ottenere un interesse tanto vasto quanto superficiale ed effimero. Avrei da osservare alcune cose a proposito di priorità e di contenuti, nella speranza di un apostolato più fecondo. Avrei, penserei: al condizionale, lo ripeto, come esige una prospettiva di fede dove chiunque anche laico (lo ricorda il Codice canonico) può esprimere il suo pensiero, purché pacato e motivato, sulle tattiche di evangelizzazione.
Lasciando però all'uomo che è uscito vestito di bianco dal Conclave la strategia generale e, soprattutto, la custodia del «depositum fidei». In ogni caso, non dimenticando quanto Francesco stesso ha ricordato proprio nel duro discorso alla sua Curia: è facile, ha detto, criticare i preti, ma quanti pregano per loro? Volendo anche ricordare che egli, sulla Terra, è il «primo» tra i preti. E, dunque, chiedendo, a chi critica, quelle preghiere di cui il mondo ride ma che guidano, in segreto, il destino della Chiesa e del mondo intero.

Nota di BastaBugie: ai numerosi attacchi ricevuti da Vittorio Messori per questo articolo ha risposto Riccardo Cascioli, direttore della Bussola Quotidiana. Ecco l'articolo nel link qui sotto.
LE DISTRUTTIVE CRITICHE ALL'EQUILIBRATO ARTICOLO DI MESSORI SUL PAPA
C'è un ''Tribunale del popolo'' che sta cercando di usare papa Francesco contro i suoi predecessori (nella speranza di usarlo contro la Chiesa stessa)
https://www.bastabugie.it/it/articoli.php?id=3586

Fonte: Corriere della Sera, 24 dicembre 2014

3 - COSA SUCCEDEREBBE SE NON CI FOSSE LA CHIESA
Una Chiesa povera? Aumenterebbero anche i poveri con tanti clamorosi effetti boomerang (VIDEO: cos'è la Chiesa)
Autore: Rino Cammilleri - Fonte: La Nuova Bussola Quotidiana, 21/12/2014

Come tutti ricorderanno, l'esordio di papa Francesco fu: «Sogno una Chiesa povera per i poveri». Qualcuno parlò di "rivoluzione" e di "nuovo stile" con entusiasmo, qualcun altro arricciò il naso e trovò che si trattava solo della prima delle uscite a braccio definite "demagogiche" se non peggio del nuovo Papa. Tuttavia, un dato di fatto è certo: il suo predecessore, parlando da perfetto teologo (e, dunque, da pontefice old style) si provocò contro una levata di scudi di docenti laicisti alla Sapienza di Roma e, col famoso (e impeccabile) discorso di Ratisbona, alcuni pogrom islamisti anticristiani.
Quanto sia, invece, popolare Francesco, anche tra i laicisti più incalliti, è sotto gli occhi di tutti. Francesco ha fatto breccia perfino a Repubblica, il che è tutto dire, con un divieto tacito di criticare il Papa che percorre l'intero schieramento mondano. E vedrete che, prima o poi, quelli della Sapienza che hanno chiuso la porta in faccia a Benedetto XVI inviteranno con applausi Francesco. Questo, tuttavia, non cambia il progetto di quanti, per puro odio ideologico, sognano di cancellare la Chiesa cattolica dalla faccia della terra. Solo che, adesso, l'"effetto Francesco" li costringe a operare sottotraccia. Una delle loro ultime trovate, come ha dettagliato qui Introvigne, è tirar fuori in sede europea la questione dell'Imu per rovinare economicamente il nemico storico. Non torneremo sull'argomento, bensì diremo qualcosa su un odio che, quando porta scientemente al suicidio, va al di là dell'ideologia ed è per forza di natura soprannaturale.

CHI PROCURA UN DANNO A SÉ E AGLI ALTRI È UN IMBECILLE
Ricordate la storiella di quello che si evirò per fare un dispetto alla moglie? O, per restare più terra terra, rammentiamo quel che diceva l'economista Carlo Cipolla: uno che procura un danno a se stesso ma un vantaggio agli altri è un eroe; uno che procura un vantaggio a se stesso ma un danno agli altri è un bandito; uno che procura un vantaggio a se e agli altri è un benemerito; uno che procura un danno a sé e agli altri è un imbecille. Se poi lo fa apposta, allora per lui ci vuole l'esorcista.
Tornando alla frase di esordio di Bergoglio, che vuol dire, nei fatti, «Chiesa povera per i poveri»? É uno sha-la-la piangi con me, come cantavano i Rokes? Che aiuto può dare al povero uno più povero di lui? Parafrasando il Vangelo, due ciechi finiscono in un fosso e due poveri muoiono di fame. È chiaro che il Papa intendeva "vicinanza" ai poveri (tra i quali ci sono anche gli impoveriti spiritualmente, che sono anche di più) e, perciò, aiuto concreto. Ora, mettiamo pure da parte l'aspetto spirituale, che poi è anche l'unico motivo per cui la Chiesa fa quel che fa. E proviamo a immaginare che il sogno di certuni si realizzi e la Chiesa sparisca. Chi dovrebbe gestire, sfamare, recuperare, accogliere l'enorme massa di poveri, clochard, tossici, drop-out ed emarginati che lo Stato si ritroverebbe sulle spalle? I cattolici lo fanno gratis et amore Dei. Lo Stato non avrebbe le risorse, né per stipendiare chi dovrebbe farlo né i milioni di poliziotti necessari a reprimere le rivolte continue che ne scaturirebbero.
Sul risparmio che lo Stato realizza grazie all'esistenza delle scuole cattoliche questo quotidiano si è più volte espresso ed è inutile tornarci sopra. Il turismo: senza la Chiesa, e le chiese, crediamo davvero che gli stranieri calerebbero in massa per ammirare i grattacieli delle banche o i palazzi delle prefetture? Senza l'arte dei secoli cristiani, quanti accorrerebbero da ogni dove per visitare i musei con le opere di Cattelan? Senza il Papa a Roma, senza le grandi cerimonie di canonizzazione, senza le udienze, i pellegrinaggi ai grandi santuari italiani, senza la Cappella Sistina e i Musei Vaticani, quanto diminuirebbe il flusso turistico, voce fondamentale (e tra breve anche la sola) dell'economia italiana? E se preti e clero sparissero, chi si occuperebbe di manutenere in efficienza tutta questa roba? Lo Stato? Ma se non è nemmeno capace di manutenere la sola Pompei!

ODIARE CRISTO È UN BOOMERANG
Insomma, non facciamola tanto lunga: la Chiesa dà allo Stato italiano molto –molto!- più di quel che riceve con l'8 per mille. E, nel servizio che offre, nessuno è in grado di sostituirla. Dovesse pensarci lo Stato, per prima cosa dovrebbe abolire i finanziamenti eterni e milionari a Radio Radicale, perché già adesso non c'è più trippa per gatti, figurarsi se sparisse la Chiesa. Ecco perché chi sogna la rovina economica di quest'ultima non fa che preparare la sua (e poi quella altrui). Per quanto riguarda i beaux gestes, li si può certo fare, giusto per mostrare buona volontà, come quando il beato Paolo VI vendette la tiara pontificia.
Il ricavato andò ai poveri e l'oggetto in un museo di Washington. Risultato (concreto): i poveri mangiarono un giorno. E l'indomani riebbero fame. La tiara, prima visibile gratuitamente a tutti, ora se vuoi vederla devi prendere l'aereo e pagare l'ingresso al museo. Ma chi odia Cristo e i suoi a prescindere si comporta come l'ultimo elencato da Carlo Cipolla. L'indefesso impegno per amare Cristo produce i Santi, che fanno il bene di se stessi e degli altri. L'indefesso e insonne impegno per odiarLo è un boomerang. Non è l'amore a essere cieco, è l'odio.

Nota di BastaBugie: cos'è la Chiesa? Lo spiega bene questo video che vi abbiamo già proposto in passato. Eccolo: semplice, chiaro, spiega in poche parole cos'è la Chiesa e cosa fa. Da vedere e far vedere


https://www.youtube.com/watch?v=Cw1RCMyiYCI

Fonte: La Nuova Bussola Quotidiana, 21/12/2014

4 - MAFIA CAPITALE: COME SI COMBATTE LA CORRUZIONE? MENO BUROCRAZIA E MENO STATO
Il brodo di coltura della corruzione è dato dall'ampiezza dell'interventismo pubblico e dell'erogazione di sussidi
Fonte Tempi, 05/12/2014

Sull'inchiesta "Mafia capitale" sono già tutti saltati subito alle conclusioni. Le prove sono schiaccianti, è tutto un magna magna, hanno già tutti confessato, no? Lasciateci essere prudenti. Abbiamo già visto altre storie simili finire nel nulla. Non è questo il caso? Vedremo. Per noi vale sempre la presunzione di innocenza. Conosciamo solo la versione dell'accusa e conosciamo il mondo dei media che ha sempre bisogno di nuovi "casi" su cui scaldare gli animi dei lettori.
Di sicuro, però, la vicenda riaccende la luce su una questione mai davvero affrontata in Italia: come si combatte la corruzione? Lo fa, con un brillante articolo sul Foglio, Carlo Stagnaro che scrive: «In Italia la corruzione, a vari livelli, è un fenomeno endemico. Lanciare grida moraliste di stupore non è una soluzione ma solo la ricetta di don Raffaè: quella per cui lo stato "si costerna s'indigna s'impegna poi getta la spugna con gran dignità". Bisogna rimuoverne le cause strutturali».

PIU' MERCATO, MENO BUROCRAZIA
Scrive Stagnaro riprendendo un paper di Paolo Mauro per il Fondo monetario internazionale, «il brodo di coltura della corruzione è dato dall'ampiezza dell'interventismo pubblico e dalla sua discrezionalità. La corruzione cresce con l'iper-regolamentazione, l'erogazione di sussidi e l'opacità delle scelte e dei processi decisionali. Di conseguenza, scrive Mauro, "la liberalizzazione, la stabilizzazione, la deregolamentazione e la privatizzazione possono ridurre significativamente le opportunità di corruzione"».
In altre parole, la corruzione si batte con più concorrenza e meno invadenza dello Stato. Più mercato e meno burocrazia, insomma. «I migliori alleati di corrotti e corruttori – scrive Stagnaro – sono l'interventismo pubblico, le lungaggini giudiziarie e le rigidità burocratiche. I loro nemici sono invece le riforme che obbligano lo stato a fare poche cose e farle bene. Non sorprende dunque che i fatti di cui si parla anche in questi giorni riguardino appalti o imprese pubbliche. La presenza dello stato nell'economia è il cortile di casa della cattiva politica».

PIU' CONTROLLI?
No, ma servono più controlli, direte voi. Già. Vi ricordiamo che oggi in Italia esiste l'Avcp (Autorità per la vigilanza sui contratti pubblici di lavori, servizi e forniture); l'Anac (Autorità Nazionale AntiCorruzione e per la valutazione e la trasparenza delle amministrazioni pubbliche); la Commissione Anticorruzione presso il ministero della Funzione pubblica; i vari uffici regionali che si occupano nello specifico di combattere la corruzione a livello locale; l'Antimafia; la Corte dei Conti. Eppure "il malaffare dilaga", come scrivono i giornali, che cercano di curare il tumore della corruzione col cerotto dell'indignazione.

Fonte: Tempi, 05/12/2014

5 - DECALOGO SU MATRIMONIO E FAMIGLIA
Per evitare fraintendimenti dopo il Sinodo di ottobre che ha toccato elementi essenziali dell'insegnamento della Chiesa
Fonte Sinodo2015, 17/12/2014

Il parroco e il suo vice, insieme ai parrocchiani, hanno sottoscritto una "affermazione di fede sul matrimonio e la famiglia", come segno di fedeltà a Cristo e alla Sua Chiesa. Accade in Virginia (USA), presso la Parrocchia di S. Giovanni Battista a Front Royal.
Dicono di aver compiuto questo passo dopo il Sinodo di ottobre che ha toccato elementi essenziali dell'insegnamento del Signore e del Magistero della Chiesa, nonché a causa della confusione provocata da molti media. Per evitare fraintendimenti hanno preferito mettere le cose nero su bianco. Alla fine ne è uscito un piccolo decalogo che proponiamo in sintesi.

1) IL MATRIMONIO È INDISSOLUBILE
Noi crediamo che il Sacramento del Matrimonio, come stabilito da Gesù Cristo stesso, quale immagine della Sua unione con la Chiesa, è indissolubile. Il matrimonio è un voto santo, una promessa fatta a Dio tra un uomo e una donna, aperto alla vita, e impegna la coppia per sempre. (…) La Grazia di Dio consente [alla coppia] di mantenere la promessa fatta al coniuge e a Lui stesso.

2) IL MATRIMONIO DEI RISPOSATI È INVALIDO E PRIVO DI GRAZIA SACRAMENTALE
Noi crediamo che chi rompe il vincolo matrimoniale e si risposa fuori dalla Chiesa Cattolica, senza aver ottenuto un annullamento, purtroppo pone sé stesso in una unione irregolare che è obiettivamente un grave peccato mortale. Anche se non osiamo giudicare il cuore di nessuno dobbiamo vedere tali matrimoni come invalidi e privi di grazia sacramentale.

3) RICEVERE LA COMUNIONE IN PECCATO MORTALE È SACRILEGIO
Noi crediamo, come ha insegnato S. Paolo, che chiunque vive nello stato di peccato non dovrebbe ricevere Nostro Signore nella Santa Comunione. Ciò sarebbe un sacrilegio. Pertanto i divorziati risposati non possono essere ammessi a ricevere la Santa Comunione, fino a quando non manifestano un autentico pentimento, seguito da un emendamento di vita che li rimuova da un oggettivo stato di peccato. Coloro che non vogliono rettificare la loro situazione irregolare, o sono impossibilitati, ciononostante sono Figli di Dio e dovrebbero perseverare in una vita di preghiera e penitenza, non disperando di tornare un giorno alla Sua Grazia e ricevere i sacramenti. Dovrebbero non prendere alla leggera il loro stato di peccato e fare memoria dei Novissimi [morte, giudizio, paradiso, inferno, N.d.BB].

4) FORMARE LE COSCIENZE
Speriamo e preghiamo che tutti gli individui che hanno messo le loro anime in pericolo da scelte che determinano la loro alienazione dai sacramenti della Penitenza e dell'Eucaristia possano trovare nella nostra Parrocchia l'ispirazione e i mezzi per formare meglio le loro coscienze in accordo con l'insegnamento di Cristo e della Sua Sposa.

5) L'IMPORTANZA DELLA PROCREAZIONE ED EDUCAZIONE DEI FIGLI
Noi crediamo che Dio ha istituito il sacramento del matrimonio in primo luogo per la procreazione dei figli e la loro educazione alle verità eterne. "Siate fecondi e moltiplicatevi". La Chiesa deve lavorare per difendere la comprensione tradizionale di questo sacramento in modo che i bambini possano essere accolti e crescere con la benedizione di due genitori amorevoli in una vita famigliare stabile e duratura.

6) NO ALLA CONTRACCEZIONE E ALL'USO EGOISTICO DI METODI NATURALI
Noi crediamo che Dio chiama ogni famiglia cattolica ad essere aperta ai figli che Lui intende donare, in modo che qualsiasi forma di contraccezione, o l'uso egoistico di metodi naturali per la pianificazione familiare, deve essere visto come un peccato oggettivo.

7) GLI ATTI OMOSESSUALI SONO INTRINSECAMENTE DISORDINATI
Noi crediamo che la famiglia, come previsto da Dio, è composta da un maschio e una femmina sposati, con i loro figli. Gli atti omosessuali devono essere considerati come intrinsecamente disordinati, come contrari alla legge naturale, quindi l'unione di due individui omosessuali non deve mai essere visto come un "matrimonio", così come tali unioni non possono mai essere aperto alla procreazione. Allo stesso tempo, la Chiesa deve entrare in contatto con i parrocchiani omosessuali come fa con tutti gli altri membri della Chiesa che non riescono a vivere fino agli alti ideali della castità cristiana, che Cristo ha raccomandato per tutti i suoi figli. Tutti i programmi pastorali e di sensibilizzazione per gli omosessuali in una parrocchia devono avere come obiettivo una vita di castità nel celibato. Solo il pentimento, la conversione e una forte volontà di cambiamento, in fedeltà alla verità cattolica, consentirà alla persona omosessuale di essere pienamente libera. Tutti noi peccatori tutti chiamati a diventare Santi.

8) CONVIVENZE E MATRIMONI CIVILI SONO FUORI DALLA GRAZIA DI DIO
Noi crediamo che il sacramento del matrimonio è necessario per un uomo e una donna cristiana per stabilire una vita comune insieme in cui possono accogliere i figli che Dio riterrà di donare. Ogni legame al di fuori di tale sacramento, sia in forma di convivenza, o di mero matrimonio civile, senza la benedizione della Chiesa, è carente nella grazia.

9) IL PROCESSO CANONICO DI NULLITÀ DEL MATRIMONIO
Noi crediamo che il processo canonico di nullità, con tutti i suoi elementi procedurali, è espressione della cura e della misericordia della Chiesa per le anime che hanno avuto un divorzio e che cercano di scoprire se, davanti a Dio, il loro primo matrimonio è un sacramento valido o meno. Volendo accelerare questo processo deve essere evitato di dare l'impressione che la nullità è equivalente a un divorzio cattolico. In ogni diocesi, ci dovrebbe essere un numero sufficiente di sacerdoti per accelerare i casi in modo che un sano giudizio possa essere pronunciato in un ragionevole lasso di tempo, ricordando che "la giustizia ritardata è giustizia negata".

10) LA SACRA SCRITTURA E LA SACRA TRADIZIONE SONO GUIDE INFALLIBILI PER MATRIMONIO E FAMIGLIA
Crediamo che la Sacra Scrittura e la Sacra Tradizione sono guide infallibili nella valutazione del matrimonio e della vita familiare, al fine di promuovere la salvezza delle anime, che è la legge suprema. (…) Pertanto, qualsiasi ambiguità o lassismo nella prassi pastorale della Chiesa devono essere esclusi per timore che il popolo cattolico venga gettato in una confusione che sembra essere in aumento nel nostro tempo. Con potenziale conseguente perdita di molte anime. Riaffermare la dottrina, e allo stesso tempo istituire pratiche pastorali che possono apparire come minacciose per quella stessa dottrina, sarebbe un rischio terribile (…) La vera felicità viene solo dall'unione con Dio in Gesù Cristo, nostro Signore. Egli solo rivela la verità che alla fine renderà liberi in questo mondo e felici per sempre nel mondo che verrà.

Fonte: Sinodo2015, 17/12/2014

6 - LA SUMMA DI S.TOMMASO, CAPOLAVORO SEMPRE ATTUALE
Scritta dal Dottore Angelico, il più grande filosofo e teologo di tutti i tempi, è un monumento alla ragione e alla fede
Autore: Giorgio Carbone - Fonte: Il Timone, Novembre 2014

San Tommaso d'Aquino (1225-1274) è un gigante per la santità della vita e per la luminosa bellezza dei suoi scritti. Queste sue qualità furono riconosciute molto presto. Quando era in vita, i professori di Filosofia dell'Università di Parigi si contendevano il possesso dei suoi manoscritti, mentre Carlo I d'Angiò, re di Napoli, brigò per poter avere Tommaso come insegnante a Napoli. Dopo soli otto anni dalla morte, cioè nel 1282, è ricordato come Doctor eximius, o come Venerabilis Doctor. Nel 1317 all'Università di Parigi era chiamato Communis Doctor. Alla metà del 1400 fu chiamato Angelicus Doctor. E nel 1567 san Pio V lo proclamò Dottore della Chiesa (si noti che nel 1567 i Dottori della Chiesa erano solo quattro e cioè: Ambrogio, Girolamo, Agostino e Gregorio Magno).

UNA STRUTTURA GERARCHICA
Uno dei motivi di tale grandezza è il suo capolavoro, probabilmente il più grande testo di filosofia e teologia di sempre: La Somma Teologica, letteralmente Summa Theologiae, che è nel Guinnes dei primati come l'opera più lunga scritta da un unico autore, che pur è morto a soli 49 anni.
"Summa" significa una totalità complessa ridotta alla sintesi, significa un'opera che analizza il suo soggetto in una struttura organica e compendiosa. I grandi Padri della Chiesa avevano elaborato opere colossali, ma non trattazioni sistematiche, si muovevano attorno a un ambito problematico, il centro del loro interesse poteva essere: la natura divina e umana di Cristo, la lotta contro il donatismo il pelagianesimo, la grazia e la salvezza eterna. Ma non partivano da un elemento centrale, né elaboravano il tutto da un tema che abbracciava uniformemente tutte le parti. La Summa, invece, essendo una sintesi comporta un'unità, una presentazione armonica della fede e il comprendere la fede nelle sue ragioni.

IL TEMA PRINCIPALE È DIO
Theologiae significa che il suo soggetto è la Teologia, o meglio è Theos, cioè Dio stesso. E tale soggetto è anche il criterio organizzatore che dà unità alla totalità della sintesi. Infatti all'inizio dell'opera (I Parte, questione 1, articolo 7, abbreviato I, q. 1, a. 7) Tommaso scrive: «Nella dottrina sacra [che noi oggi chiameremo Teologia] tutto è trattato sotto il punto di vista di Dio: o perché è Dio stesso, o perché dice ordine a Dio come a principio e fine». E, poco dopo (I, q. 2, prologo): «Lo scopo principale della dottrina sacra è quello di far conoscere Dio, e non soltanto in se stesso, ma anche in quanto principio e fine delle cose, e specialmente della creatura razionale [...]. Nell'esporre questa dottrina tratteremo: primo, di Dio; secondo, del movimento della creatura razionale verso Dio; terzo, di Cristo il quale in quanto uomo è per noi la via per andare a Dio».

PRIMA PARTE: METAFISICA E ANTROPOLOGIA
Uno degli aspetti più affascinanti della Somma Teologica è proprio la struttura sistematica: san Tommaso mette in relazione la totalità dei contenuti, che noi conosciamo grazie alla ragione e alla fede, e quindi realizza una struttura organica all'interno della quale una realtà è inclusa in un'altra e una realtà è in grado di spiegarne un'altra. È questa un'opera eminentemente razionale, perché è proprio della ragione scoprire le relazioni tra le cose. E' una trama mirabile di rapporti: alcune volte Tommaso ci conduce alla scoperta di alcune relazioni a cui non avevamo mai pensato; altre volte la successione delle relazioni è così logica che siamo presi dallo stupore o come da un senso di vertigini. Il tutto avviene senza mai cedere al razionalismo perché l'ambiente è sempre quello della contemplazione di Dio e delle relazioni con Dio. E di Dio Tommaso scrive che ciò che non sappiamo supera sempre ciò che conosciamo e sappiamo esprimere.
Tommaso individua un criterio organizzatore: Dio. E considera la totalità degli argomenti dal punto di vista di Dio. Infatti, nella Prima Parte della Summa, nelle questioni 2-43, considera Dio in se stesso come uno e come trino. Poi, nelle questioni 44-102, considera Dio in quanto principio delle cose, cioè in quanto creatore, e di seguito scrive i meravigliosi trattati sugli angeli e sull'uomo. Infine, nelle questioni 103-119, tratta Dio come principio del governo delle cose in quanto è provvidenza.

SECONDA PARTE: L'ETICA
Nella Seconda Parte della Summa, Tommaso considera Dio non più come principio, ma come fine verso cui tende l'uomo con il suo agire libero e volontario. Nel prologo di questa Parte, Tommaso scrive: «l'uomo è stato fatto immagine di Dio intendendo per immagine "un essere dotato di intelligenza, di libero arbitrio e di dominio dei propri atti". Perciò dopo aver parlato dell'esemplare, cioè di Dio, e di quanto è derivato dalla divina potenza secondo la sua volontà, rimane da trattare della sua immagine, cioè dell'uomo, in quanto anche egli principio delle proprie azioni, in forza del libero arbitrio e del dominio che ha su di esse».
Perciò, questa Parte è dedicata alla vita morale dell'uomo. Innanzitutto studia il fine, cioè Dio come beatitudine dell'uomo (questioni 1-5), poi gli atti umani che sono i mezzi di cui noi disponiamo per raggiungere il fine: gli atti umani in se stessi e nella loro distinzione di buoni in quanto utili a raggiungere il fine, e cattivi in quanto ci ostacolano il raggiungimento del fine (questioni 6-21).
Poi gli atti umani sono visti nella loro relazione con le passioni dell'animo (questioni 22-48) che concorrono alla formazione dell'attività umana, nella loro relazione con i principi dell'agire, che sono le virtù e i vizi (questioni 49-89), la legge morale e la grazia (questioni 90-108).
La Seconda Parte prosegue in una Seconda Sezione, detta abitualmente Secunda Secundae, dedicata allo studio delle virtù teologali, cioè fede, speranza e carità, e poi delle virtù cardinali, cioè prudenza, giustizia, fortezza e temperanza. Questa sezione è la più estesa e articolata della Summa, si compone di 189 questioni. Ed è anche quella che da sempre ha avuto un considerevole successo perché di ogni virtù Tommaso tratta l'oggetto, l'atto interiore e esteriore, la definizione, gli uomini che la posseggono, le cause, i doni dello Spirito Santo connessi, i peccati e i vizi contrari e infine i comandamenti relativi.

TERZA PARTE: CRISTOLOGICA
Nella Terza Parte della Summa Tommaso considera Gesù Cristo come la via unica e concreta mediante la quale l'uomo giunge alla beatitudine: «Il nostro Salvatore, il Signore Gesù Cristo, salvando il suo popolo dai peccati — come testimonia l'angelo [Mt 1,21] — ci ha presentato in sé la via della verità attraverso la quale, risorgendo, possiamo raggiungere la beatitudine della vita immortale. Perciò per completare tutto il discorso teologico, dopo aver considerato il fine ultimo della vita umana, le virtù e i vizi, dobbiamo trattare dello stesso Salvatore di tutti e dei benefici da lui offerti all'umanità» (III prologo).
Seguono le questioni dedicate all'incarnazione del Verbo (1-26), alla vita terrena di Gesù Cristo (27-59), ai sacramenti che sono i benefici di Cristo che oggi ci rendono capaci di giungere alla salvezza, i sacramenti in generale (60-65) e poi in particolare, e cioè battesimo, eucaristia, penitenza (66-90).

UN TESTO CAPITALE DELLA FEDE E DELLA CULTURA
L'Opera si interrompe alla questione 90: il 6 dicembre 1273 Tommaso smette di scrivere, probabilmente in seguito a un fenomeno mistico cui accenna il suo confratello e segretario fra Reginaldo da Priverno.
La Summa non è un enciclopedia o un dizionario dove il criterio organizzatore è l'alfabeto, non è neanche un catalogo, ma è un sistema architettonico che ha Dio come centro, principio e fine. È un monumento alla ragione e alla fede: alla capacità della ragione di esplorare i contenuti della fede; e alla fede per la sua capacità di illuminare il reale e di rendere ragione del senso del reale.
È l'Opera più citata nei testi del Concilio Vaticano II, del pontificato di Giovanni Paolo II e nell'enciclica Evangelii Gaudium di Papa Francesco. Paolo VI la teneva sempre sul suo comodino, accanto al letto, e ogni giorno ne leggeva una pagina. È quindi un testo capitale della nostra fede e della nostra cultura.

DA NON PERDERE
Le Edizioni Studio Domenicano hanno meritoriamente pubblicato quest'anno una nuova edizione della Somma Teologica. Nonostante sia l'opera più lunga scritta da un unico autore, grazie a una carta speciale molto sottile, ma anche molto resistente, questa nuova edizione si compone solo di quattro volumi, per un totale di 5.616 pagine e uno spessore complessivo di 20 cm. Ogni pagina riporta il testo latino di san Tommaso in edizione critica e la traduzione italiana a fronte.
Altre novità significative di questa edizione sono: la revisione integrale della traduzione italiana (in alcuni casi completamente rifatta); l'uso della forma interrogativa diretta per i titoli di ogni articolo (perché il genere letterario richiama quello delle questioni disputate, cioè di domande realmente poste nel corso di discussioni pubbliche); il prezzo di copertina molto contenuto, nonostante il numero di pagine e la carta costosa: molti benefattori hanno coperto generosamente alcuni costi importanti (il prezzo complessivo di tutti e quattro i volumi è di € 230,00; acquistando direttamente da www.edizionistudiodomenicano.it si può usufruire anche del 15% di sconto).

Nota di BastaBugie: un nostro caro amico, il prof. Antonio Livi, ci ha scritto un suo commento in merito a questo articolo: "Un solenne encomio a padre Carbone, direttore delle Edizioni Studio Domenicano, per quanto ha fatto in passato e fa adesso per far conoscere meglio la dottrina di san Tommaso d'Aquino. Il Vaticanol II, anche se molti non lo sanno, è l'unico concilio della Chiesa che ha indicato un teologo come modello della teologia ecclesiale, e questo è prorio Tommaso! Anni or sono la Mondadori pubblicò un mio libro su "Tommaso d'Aquino: il futuro del pensiero cristiano", e quello che ho scritto allora è adesso di ancora maggiore attualità."

Fonte: Il Timone, Novembre 2014

7 - CAMBIARE SESSO RENDE FELICI? UNA PURA ILLUSIONE
Un'indagine su 7.000 transessuali rileva che il tasso di suicidi è al 41% mentre nella popolazione normale è all'1% (VIDEO: Walt Heyer)
Autore: Walt Heyer - Fonte: Notizie Provita, 29/01/2014

Il tasso di suicidi tra i transgender risulta essere di quasi dieci volte superiore a quello della popolazione generale. Essi affrontano un conflitto psicologico ed emotivo con dei sentimenti molto intensi e si sentono spinti a cambiare il loro aspetto tramite importanti interventi di chirurgia estetica. Si sottopongono a mesi, persino anni, di trattamenti ormonali e, come punto di arrivo finale, modificano chirurgicamente i loro genitali. Oggi alcune donne che si vedono in giro sono in realtà uomini, e alcune persone che sembrano uomini sono in realtà donne. Sono comunemente chiamati gender variant, transessuali o transgender.

MOLTI SI PENTONO DEL CAMBIAMENTO DI GENERE
I media chiamano la procedura di chirurgia transessuale «chirurgia di cambiamento di sesso», ma il termine è fuorviante, perché è impossibile cambiare, attraverso la chirurgia estetica e gli ormoni, il genere di nascita di chiunque. Sulla carta, però, il cambiamento si può eseguire facilmente e, in effetti, è solo qui che si registra il cambiamento di sesso: sui certificati di nascita e sulle patenti di guida.
Purtroppo, ad anni di distanza dall'intervento, molti si pentono del cambiamento di genere; ma questo i media non ve lo direbbero mai. Per anni siamo stati bombardati da storie (in realtà messaggi promozionali) che esaltano il cambiamento di genere, mentre si tralascia di riportare l'alto tasso di suicidi tentati e compiuti e l'alta mortalità occorsa come diretta conseguenza della chirurgia di cambiamento di genere.

BUGIA SMASCHERATA
La maschera, ora, è stata tolta. Un'indagine condotta su 7.000 persone transgender pubblicata nell'ottobre 2010 rileva che il tasso di suicidi tra le persone transgender, pari al 41%, è di oltre 25 volte superiore al tasso rilevato nella popolazione generale, che è dell'1,6%. E per le persone transessuali di età compresa tra i 18 e i 44 anni il tasso di tentati suicidi è risultato pari al 45%.
Sulla base delle chiamate effettuate in momenti di crisi, ricevute in un periodo di cinque anni, su un sito web, la cui mission è «abbassare lo spaventoso tasso di suicidi e fornire supporto online a tutte le persone transgender e alle loro famiglie», vengono fatte le seguenti stime di mortalità: "In base alle nostre conversazioni con 9 milioni di utenti e a oltre 2 milioni di e-mail, stimerei che il tasso totale di mortalità tra i transgender sia compreso tra il 60% e il 70%, e sto facendo una stima prudente...". Lo stesso sito spiega quanto sia difficile elaborare una stima sulla mortalità tra le persone transgender: "I tassi di mortalità tra le persone transgender sono difficili da stimare, perché le famiglie spesso non segnalano che i figli deceduti erano transessuali.
Inoltre le morti dovute a un uso illegale di ormoni e alle sue complicazioni non sono riportate, perché non ci si rivolge al medico. Gli ictus, gli attacchi cardiaci, i rischi legati alle iniezioni di silicone e le trombosi venose profonde sono problemi comuni. Ci sono anche migliaia di casi di violenza non segnalata che conducono alla morte."
Un altro sito di supporto per transgender parla del suicidio in questo gruppo di persone: "Il tasso di suicidi a livello nazionale è di 3 ogni 100.000 persone.
Il tasso di suicidi tra i transgender-transessuali corrisponde al 31% di tale gruppo.
Oltre il 50% dei transessuali tenta almeno una volta il suicidio prima del ventesimo compleanno. Ancora più numerosi sono quelli che si fanno del male quotidianamente, infliggendosi delle ferite o compiendo altri gesti autolesionistici.
Il 90/95% delle persone che tentano il suicidio soffre di un qualche disturbo legato all'umore o all'abuso di sostanze.

IL CAMBIAMENTO DI GENERE NON È NÉ SICURO NÉ EFFICACE
Gli attivisti del cambiamento di sesso direbbero che i suicidi sono la diretta conseguenza delle vessazioni subite, alle quali si attribuiscono spesso di questi tempi tutte le responsabilità. I fautori del transgenderismo dicono anche che sono la mancanza di accettazione dei transgender e la difficoltà di essere gender variant in una società di eterosessuali a condurre al suicidio, ma, come rilevato dal secondo sito di supporto citato, le persone transgender fanno del male a se stesse, infliggendosi delle ferite o ricorrendo a pratiche autolesionistiche, e questo indica profondi problemi psicologici irrisolti. Le stime dei tentati suicidi tra i transgender oscillano ampiamente: si va dal 20% al 50%, a seconda del gruppo di studio e dell'area geografica in cui è condotta la ricerca. (Le fonti governative non registrano dati statistici relativi alle persone transgender). Ma, indipendentemente da dove esso si collochi all'interno di questo intervallo, l'alto tasso di mortalità dovrebbe allarmarci tutti e costituire prova certa che il cambiamento di genere non è né sicuro né efficace come trattamento per i disturbi di genere o per la depressione...
Quando mi resi conto per la prima volta del tasso di suicidi, ne volli conoscere le ragioni, specialmente perché il cambiamento di genere viene dipinto come il trattamento ottimale per la popolazione transgender.
Ciò che ho scoperto è sconvolgente e molto allarmante...


https://www.youtube.com/watch?v=xSMLGxHjkqU

DOSSIER "CAMBIO DI SESSO"
I danni irreversibili della transizione

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Fonte: Notizie Provita, 29/01/2014

8 - LO HOBBIT 3: GLI ESERCIZI SPIRITUALI DEI CINQUE ESERCITI (CHE IN REALTA' SONO SOLO DUE)
L'ultimo film sulla saga tolkieniana, sullo stile di Sant'Ignazio di Loyola, ci impone una scelta di campo nell'ultima battaglia, cioè la vita quotidiana (VIDEO: trailer del film)
Autore: Marco Respinti - Fonte: La Nuova Bussola Quotidiana, 23/12/2014

Con la terza e ultima tranche della riduzione cinematografica de Lo Hobbit finisce la lunga scorribanda del regista Peter Jackson nell'universo mitico-letterario di J.R.R. Tolkien. Non aggiungerò che per molti è un sollievo. Non mi addentrerò nella selva oscura del dibattito fra puristi e indulgenti perché è sin troppo facile smarrire la diritta via. Non elencherò gli errori le sviste, le esagerazioni e gli aspetti intollerabili della trilogia de Lo Hobbit, così come non mi soffermerò noiosamente a sottolinearne gli aspetti canonici in una sorta di sfoggio intellettualoide da "Trova la differenza" come fossimo ne La settimana enigmistica.
Basterà dire che, rispetto alla trilogia cinematografica tratta da Il Signore degli Anelli, quella de Lo Hobbit appare più stanca, più ripetitiva, come se Jackson fosse a corto d'idee; ma servirà anche ripetere che il talentuoso cineasta neozelandese sa sempre, nonostante tutto, sorprenderci anche solo con uno scambio di sguardi, un apparente nonnulla, un dettaglio accennato e convincerci che sì, un incontro cor ad cor tra lui e Tolkien comunque vi è stato, e questo è nobilmente consolante.

QUESTO BASTA PER GODERSI UN BEL FILM
Nel terzo capitolo cinematografico de Lo Hobbit non si può non ammirare l'orrido splendore degli ultimi minuti del suo riuscitissimo Smaug o la nordica bellezza di Pontelagolungo (vista in 3D sembra fisicamente di camminare sopra le sue palafitte o di pagaiare le gelide acque di suoi canali) o di quella struggente delle rovine di Dale. Le aule scavate dai Nani nel ventre di Erebor, la Montagna Solitaria, mozzano ancora una volta il fiato, come già facevano quelle di Moria de Il Signore degli Anelli, ma (cosa più importante di tutte) entrambe lo fanno nello stesso modo in cui lo fanno le descrizioni evocative, parole senza immagini, delle pagine di Tolkien. Le panoramiche degli scontri armati sono suggestive; le location della Nuova Zelanda uniche (ma qui da ringraziare è il buon Dio); la sequenza in cui il senno di Thorin Scudodiquercia viene obnubilato dall'avidità una perla di shakespeareana potenza; e perfetto è il sugo di tutta la storia, quando Bilbo e Thorin cercano parole adatte a sigillare la storia che però non vengono e così finalmente una volta tanto un bel silenzio viene scritto nel fumo dell'erba pipa. Tutto questo basta per godersi un bel film prima di tornare all'impagabile penna di Tolkien.

BATTAGLIA DELLE CINQUE ARMATE?
Eppure qualcos'altro su Lo Hobbit di Jackson si può dire; qualcosa che il rombante clangore delle armi e gl'interminabili duelli potrebbero rischiare di coprire. Ci è di aiuto il titolo di questo terzo film. Tutti sanno che Lo Hobbit non è affatto una trilogia [in verità, nemmeno il Signore degli Anelli è una trilogia, ma un unico libro, N.d.BB]; per la riduzione filmica è stato però necessario scovare dei sottotitoli; e questi sono stati intelligentemente ricavati dalle pagine di Tolkien senza stonature, storpiature, caricature. La versione italiana di quest'ultimo film, però, ci ha messo lo zampino, e così il perfettamente tolkieniano The Battle of the Five Armies dell'originale in inglese è incomprensibilmente diventato (persino contro la lettera delle edizioni italiane del romanzo, Adelphi e Bompiani) La battaglia delle cinque armate. Questioni di lana caprina? Niente affatto.
Le "armate" sono parti di un esercito, l'esercito di una nazione è la difesa di un popolo intero. Quelli de Lo Hobbit sono gli eserciti di tre dei popoli liberi della Terra di Mezzo (Nani, Elfi e Uomini) contrapposti a due delle orde di Sauron (gli Orchi e i Mannari, perdite totali di "volto umano"). Il loro scontro è una delle molte battaglie di cui il mito e la storia ci tramandano gesta e lutti, eroismi e disfatte; una delle numerose battaglie che Tolkien narra ne Il Silmarillion, ne Lo Hobbit e ne Il Signore degli Anelli. E non battaglie qualsiasi, ma battaglie la cui posta in gioco è totale. Prive cioè di prova suppletiva, di secondo tempo, di ricuperi. Perché in realtà si tratta sempre e solo della medesima, unica battaglia: l'ultima battaglia. Non perché poi non ve ne siano più, ma perché sono definitive per chi le combatte. Sottrarsi a esse si può, ma è come sottrarsi alla vita, alla chiamata, alla possibilità di essere fino in fondo ciò per cui si è nati.

DUE STENDARDI, DUE CAPITANI
I Cinque Eserciti de Lo Hobbit, anch'essi, si combattono seguendo Due Stendardi che si contrappongono. Sono gli Stendardi di cui ci parla sant'Ignazio di Loyola negli Esercizi spirituali. Qui l'esercitando viene invitato a vedere la scena, a contemplare i due capitani, Gesù e Satana, che si fronteggiano, e dietro di loro le schiere di luce e di tenebra pronte alla battaglia in un eterno presente che ci fissa; e così fissato l'esercitando deve scegliere dove schierarsi, chiedendo a Gesù di volerlo tra i suoi, implorandolo di arruolarlo, pregandolo di non badare ai suoi mille tradimenti.
La Battaglia dei Cinque Eserciti de Lo Hobbit è sempre, ogni giorno, ogni minuto, perché è quella di sant'Ignazio. Le battaglie di Tolkien (che detestava cordialmente la guerra e le sue malvagità) sono le nostre. Selliamo il cavallo, cingiamo la spada, imbracciamo lo scudo e caliamo la visiera dell'elmo ogni mattina appena ci leviamo, pregando di stare ancora una volta tra le fila di capitan Gesù nonostante le nostre mille vigliaccherie, e poi c'infiliamo nella metropolitana che ci porta al lavoro. La Buona Battaglia è quotidiana, i Due Stendardi si scontrano sempre e la letteratura di Tolkien ci rieduca permanentemente a questo. Potete (lecitamente) dire quel che volete dei film di Jackson, ma questo Jackson sullo schermo ce lo rappresenta sublimemente.

Nota di BastaBugie: per ulteriori informazioni su Tolkien e sugli hobbit, clicca qui sotto
http://www.filmgarantiti.it/it/edizioni.php?id=34
Per vedere il trailer del film "Lo Hobbit 3: la battaglia delle cinque armate", clicca qui sotto


https://www.youtube.com/watch?v=yDE_p_n1Do0

Fonte: La Nuova Bussola Quotidiana, 23/12/2014

9 - MEDIOEVO E CROCIATE: ALTRO CHE SECOLI OSCURI!
Sfatati in un libro molti luoghi comuni: fu il periodo che vide l'ascesa del sistema bancario, rapide innovazioni tecnologiche, una dinamica rete di città commerciali, ecc.
Fonte Tempi, 09/12/2014

Oggi sul Corriere della Sera appare una lunga recensione di Paolo Mieli al libro del sociologo Rodney Stark, La vittoria dell'Occidente (Lindau). I lettori di Tempi conoscono già Stark, oggi insegnante di Scienze sociali presso la Baylor University in Texas. Quest'ultimo libro, così come i precedenti, dimostra come il cristianesimo sia stato motore, e non zavorra, per lo sviluppo dell'umanità nella storia.

SUPERIORITA' OCCIDENTALE
Il ragionamento di Stark, evidenziato da Mieli, è che sono le idee a fare la differenza. E che è il mondo occidentale, basato sulla cultura greca prima e cristiana poi, ad aver dato linfa allo sviluppo. Un esempio? La polvere da sparo. La inventarono i cinesi, eppure per secoli non la utilizzarono per le armi da fuoco. «Già nell'antichità, su tantissime tecnologie cruciali la Cina era molto avanti rispetto all'Europa. Quando però i portoghesi vi arrivarono nel 1517, scrive provocatoriamente Stark, "trovarono una società arretrata in cui le classi privilegiate ritenevano più importante azzoppare le ragazzine bendando loro i piedi, che sviluppare tecniche agricole più produttive di quelle che avevano per far fronte alle frequenti carestie"».
Perché la società occidentale si è dimostrata nel corso dei secoli sempre superiore alle altre? «Perché la scienza e la democrazia sono nate in Occidente, insieme all'arte figurativa, ai camini, al sapone, alle canne dell'organo e a un sistema di notazione musicale? Perché è accaduto che, per parecchie centinaia di anni a partire dal XIII secolo, soltanto gli europei avevano gli occhiali e gli orologi meccanici? E successivamente telescopi, microscopi e periscopi? Per le idee, dice Stark: "solo gli occidentali hanno pensato che la scienza fosse possibile, che l'universo funzionasse secondo regole razionali che potevano essere scoperte"».

IL MEDIOEVO E LE CROCIATE
Stark, poi, propone una formidabile difesa del Medioevo, i cui secoli non furono mai «bui», anzi. «Il Medioevo è stato un'epoca di notevole progresso e innovazione, tra cui "l'invenzione del capitalismo". La maggior parte degli europei "iniziarono a mangiare meglio di come avessero mai mangiato nel corso della storia e di conseguenza divennero più grandi e forti di coloro che vivevano altrove". Nel 732, gli invasori islamici, quando penetrarono in Gallia, si trovarono di fronte "un esercito di franchi splendidamente armati ed addestrati e furono sconfitti"».
Così come le crociate, rilette da Stark fuggendo da molti stereotipi che ancora oggi vanno per la maggiore. «Non è vero che i crociati, in seguito, abbiano "marciato verso oriente per conquistare terre e bottino". Anzi. Si erano "indebitati fino al collo per finanziare la propria partecipazione a quella che consideravano una missione religiosa". I più "ritenevano improbabile la possibilità di sopravvivere e di tornare in patria (e infatti non tornarono)". Come dimostrano le crociate, "per gli europei la vera base dell'unità era il cristianesimo, che si era trasformato in una ben organizzata burocrazia internazionale". A tal punto che "sarebbe più corretto parlare di Cristianità più che di Europa, dal momento che, all'epoca, quest'ultima aveva ben poco significato sociale o culturale"».

CONTRO LA TESI DI MAX WEBER
«Uno dei fattori più importanti nel favorire l'ascesa dell'Occidente è stata la fede nel libero arbitrio», scrive Stark. «Mentre la maggior parte delle antiche società (se non tutte) credevano nel fato, gli occidentali giunsero alla convinzione che gli esseri umani sono relativamente liberi di seguire quello che detta la propria coscienza e che, essenzialmente, sono artefici del proprio destino». Dopo aver smontato «la famosa tesi di Max Weber secondo cui l'etica protestante sarebbe all'origine del capitalismo», Stark dimostra che una sorta di protocapitalismo nacque «molti secoli prima che esistessero i protestanti». «A metà del Trecento, dopo l'epidemia provocata dalla Peste Nera, "la scarsità di manodopera", come ha dimostrato David Herlihy, "stimolò le invenzioni e lo sviluppo di tecnologie che consentissero di risparmiare forza lavoro. Quindi l'Europa medievale "vide l'ascesa del sistema bancario, di un'elaborata rete manifatturiera, di rapide innovazioni in campo tecnologico e finanziario, nonché una dinamica rete di città commerciali". Va anticipato ad allora l'inizio, o quantomeno i "primi passi", di quella che avremmo definito la "Rivoluzione industriale". Già da molto tempo l'Europa era più avanti del resto del mondo in fatto di tecnologia, "ma alla fine del XVI secolo quel divario era ormai diventato un abisso"».

L'ESEMPIO DI LEPANTO
Mieli riporta infine un'osservazione che Stark fa a proposito della battaglia di Lepanto (ottobre 1571). «"Quando saccheggiarono le imbarcazioni turche ancora non affondate, i marinai cristiani vittoriosi scoprirono un autentico tesoro in monete d'oro a bordo della 'sultana', l'ammiraglia di Ali Pasha, e ricchezze quasi altrettanto ingenti furono trovate nelle galee di parecchi altri ammiragli. Il perché lo ha spiegato Victor Davis Hanson: "Non essendoci un sistema bancario, temendo una confisca qualora avesse scontentato il sultano e sempre attento a tenere i propri averi al riparo dell'attenzione degli esattori fiscali, Ali Pasha si era portato la sua immensa ricchezza a Lepanto". Eppure, fa notare Stark, Ali Pasha "non era un contadino che nascondeva il surplus del raccolto, ma un membro dell'élite dominante... se una persona come lui non era in grado di trovare investimenti sicuri e non se la sentiva di lasciare i suoi soldi a casa, come era possibile che qualcun altro potesse sperare di far meglio?". Il concetto che, in epoca medievale, la cultura islamica fosse molto più avanzata di quella europea "è un'illusione". E in queste pagine sono trasparenti le allusioni agli abbagli provocati di recente dalle cosiddette primavere arabe. Più che trasparenti: esplicite».

DOSSIER "LE GLORIOSE CROCIATE"
Tutto quello che ci hanno insegnato è falso

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Fonte: Tempi, 09/12/2014

10 - OMELIA SANTA FAMIGLIA - ANNO B - (Lc 2,22-40)
Ora lascia o Signore
Autore: don Angelo Sceppacerca - Fonte: Agenzia SIR, (omelia per il 28 dicembre 2014)

Il tempio di Gerusalemme, unico e sommo luogo sacro del popolo d'Israele, che custodiva le tavole della Legge di Dio (segno della gloria e della vicinanza di Jahvé al popolo eletto) brulicava quotidianamente di pellegrini, sacerdoti, addetti, mercanti. Una folla chiassosa e indaffarata. Quel giorno, quasi nascosti e anonimi, Maria e Giuseppe portano il loro piccolo per adempiere le prescrizioni e compiere l'offerta. Solo due vecchi, Simeone e Anna, si accorgono di loro, li riconoscono e, dopo tanti anni di silenzio e attesa, tornano a profetizzare. Simeone riconosce in quel bambino il Signore, il Messia di Israele, l'atteso delle genti. Finalmente l'ha visto! Ora può morire in pace. La paura della morte è vinta, perché finalmente è possibile trovare Dio nel proprio limite, nella condizione della carne umana. Anche Anna, ormai vecchia e vedova da tanti anni, trova finalmente lo Sposo di Israele. Le grandi paure dell'uomo, la morte e la solitudine, si dissolvono: Dio si fa compagno dando senso alla vita e speranza dinanzi alla morte.

ORA LASCIA O SIGNORE
Il segno della circoncisione diceva l'appartenenza al popolo che si era impegnato con Dio in un patto di alleanza e di fedeltà. A questo patto Israele, come ogni uomo, non è mai stato fedele, è sempre venuto meno. Dio no. Anzi, in Gesù trova la via per compiere finanche la parte dell'uomo. Gesù è, allo stesso tempo, il sì di Dio all'uomo e il sì dell'uomo a Dio.
Il canto di Simeone ("Ora lascia o Signore...") è la preghiera che chiude la liturgia di ogni giorno, a "Compieta": mentre scende la notte, si alza l'inno di gioia e di salvezza. Come il vecchio Simeone, anche l'uomo, al limite del suo giorno e dei suoi giorni, non è più stretto dall'abbraccio delle ombre di morte, ma egli stesso abbraccia il piccolo che dà la vita, il Signore che salva, Gesù.

SEGNO DI CONTRADDIZIONE
Maria e Giuseppe ascoltano con stupore le parole di Simeone che predice il destino di Gesù, segno di contraddizione. Già si intuisce il mistero di morte e resurrezione del Signore che trapassa il cuore della Madre e di ogni discepolo.
Anna, molto avanzata negli anni, riceve anch'essa la grazia di vedere il volto di Dio in Gesù. Sembra avere l'età di tutta l'umanità che, dopo una giovinezza brevissima (il paradiso delle origini!), ha perso lo sposo e vive una vita vuota e disperata. Come Anna, anche noi non dobbiamo "lasciare il tempio", ma continuare ad attendere e cercare, con preghiera e desiderio, di vedere il volto di Dio e di ascoltarne la voce.

LA SANTA FAMIGLIA
La festa della Santa Famiglia fa sì che ciascuno si ritrovi in qualcuno dei suoi protagonisti: i padri potranno rispecchiarsi in San Giuseppe, le madri in Maria, i figli in Gesù. Meglio ancora sarebbe che ogni famiglia cristiana si recasse oggi spiritualmente a Nazareth e qui apprendere l'arte di vivere in famiglia. È quello che, con parole ispirate, ricordava Paolo VI, pellegrino in Terra Santa nel gennaio del 1964: "Qui comprendiamo il modo di vivere in famiglia. Nazareth ci ricordi cos'è la famiglia, cos'è la comunione di amore, la sua bellezza austera e semplice, il suo carattere sacro ed inviolabile; ci faccia vedere come è dolce e insostituibile l'educazione in famiglia, ci insegni la sua funzione naturale nell'ordine sociale".
Nella domenica della Santa Famiglia emblematiche sono le figure di due profeti, Anna e Simeone. Anche la famiglia in quanto tale è profezia per l'umanità, perché (queste le parole di Giovanni Paolo II) "l'avvenire dell'umanità passa attraverso la famiglia".
Quand'è che una famiglia è vincente? Il modello di Nazareth spinge a cercare il criterio del successo della vita familiare nell'esercizio dell'amore, nel continuo superamento del proprio egoismo. Un amore che ben conosce il sacrificio personale, la spada che ti trapassa l'anima. La profezia di Anna su Maria si avvererà sotto la croce, dove Maria, pietrificata, stava, in piedi, a nome di tutta l'umanità.

Fonte: Agenzia SIR, (omelia per il 28 dicembre 2014)

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