BastaBugie n�390 del 25 febbraio 2015

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1 SPINGERE I FIGLI A SPOSARSI GIOVANI
Una proposta originale: i genitori si facciano carico dei figli che desiderano sposarsi, ma non hanno ancora da mantenersi
Autore: Costanza Miriano - Fonte: Il Timone
2 SE UN CARDINALE E' DATO IN PASTO AI COMUNISTI CINESI
Vatican Insider sferra un durissimo attacco al cardinale Zen di Hong Kong con accuse prive di ogni fondamento
Autore: Riccardo Cascioli - Fonte: La Nuova Bussola Quotidiana
3 IL DISASTRO LIBICO E LA MORSA SULL'EUROPA
Gli europei, dimenticato il cristianesimo, sono tra la morsa dell'americanismo e quella dell'islamismo dei tagliagole
Autore: Martino Mora - Fonte: Il Giudizio Cattolico
4 PSICOLOGO CONDANNATO PER AVER SOSTENUTO CHE UN GAY PUO' USCIRE DALL'OMOSESSUALITA'
Eppure aveva solo risposto a una domanda di aiuto consigliando le teorie riparative (che funzionano!)
Autore: Luciano Moia - Fonte: Avvenire
5 SE ALLA MESSA PENSI A STALIN...
Una cosa l'ex seminarista della Georgia l'aveva capita bene: l'importanza della bellezza
Autore: Vittorio Messori - Fonte: Il Timone
6 LA VERITA' CHE I GAY NON VOGLIONO ACCETTARE
Nuovi studi scientifici confermano che i bambini crescono peggio in una coppia omosessuale
Autore: Tommaso Scandroglio - Fonte: La Nuova Bussola Quotidiana
7 CINQUE NUOVI LIBRI DA NON PERDERE
Il buon seme fiorirà: Mario Palmaro, padre Brown, Islam, ecc.
Fonte: Libreria Theseus
8 ALLE ELEZIONI IN FRANCIA SI PRESENTA UN PARTITO ISLAMICO
Apparentemente moderato, in realtà è un grimaldello per scardinare le fondamenta del Paese ed introdurre la sharia
Fonte: No Cristianofobia
9 OMELIA II DOMENICA DI QUARESIMA - ANNO B - (Mc 9,2-10)
Questi è il Figlio mio, l'amato: ascoltatelo!
Fonte: Il settimanale di Padre Pio

1 - SPINGERE I FIGLI A SPOSARSI GIOVANI
Una proposta originale: i genitori si facciano carico dei figli che desiderano sposarsi, ma non hanno ancora da mantenersi
Autore: Costanza Miriano - Fonte: Il Timone, dicembre 2014

Diceva Longanesi che lui non si appoggiava ai princìpi, che dopo un po' si piegano. Anche io preferisco piuttosto appoggiarmi agli amici, che sono un po' più solidi e robusti, soprattutto se a loro volta si appoggiano all'unico vero amico che non delude mai, Cristo. Con questo gruppo di amici in Cristo ogni tanto ci vediamo davanti a qualche buon piatto e del vino (che mi dicono ottimo, ma io bevo solo Coca light e non saprei dire: in compenso per la Coca ho un palato sopraffino, e saprei distinguerne la data di scadenza a occhi chiusi). Quando parliamo e mangiamo insieme, vengono sempre fuori nuove idee per la "buona battaglia", e l'altro giorno Ivan Quintavalle, futuro sacerdote della Congregazione dell'Oratorio di San Filippo Neri, mi ha folgorata con una proposta che secondo me ha del geniale.
Tante coppie di giovani, giovanissimi anche, dicono - e in gran parte è vero - che non si sposano e non fanno figli perché faticano a raggiungere l'indipendenza economica necessaria a mettere su famiglia. Perché non incoraggiare i genitori ad adottare la nuova famiglia dei loro figli? I mariti, le mogli, gli eventuali nipoti? Perché non chiedere l'aiuto economico, l'appoggio logistico alle famiglie di origine? Sarebbe la ripartenza delle nascite, dell'economia del nostro Paese, ma soprattutto sarebbe un cambio totale e rivoluzionario di mentalità e di approccio alla vita. Vediamo perché.

C'È UN PROBLEMA
I ragazzi oggi studiano quasi tutti a lungo, e anche le ragazze, le quali danno per scontato che avranno tutta la vita davanti per accogliere nuove vite, come se non fosse vero invece che il corpo femminile ha un'età in cui è molto più adatto ad avere bambini: è più facile concepirne, è più probabile che siano sani, è più agevole prendersene cura (le energie dei venti anni non sono quelle dei quaranta). Poi aspettano di avere un lavoro, e già quella è un'impresa (siamo a tassi di disoccupazione giovanile da dopo-guerra, 44% circa). Poi, però, il buon senso impone che almeno uno dei due il lavoro lo abbia, ma non solo, che lo abbia con un contratto a tempo indeterminato, e lì più che di impresa si tratta di un miraggio (io, che già sono di un'altra generazione rispetto ai giovani sposi di oggi, il mio contratto a tempo indeterminato l'ho avuto a 35 anni, quando avevo già quattro figli). Poi serve una casa, e anche in quel caso si può parlare di privilegio che in pochi, soprattutto nelle grandi città, riescono a conquistarsi, se non grazie a una famiglia facoltosa alle spalle (provate ad andare a chiedere un mutuo senza un lavoro).
Viviamo in un sistema organizzato in modo tale che tutto - economia, comunicazione, modo di concepire l'affettività, cultura dominante - congiuri contro la nascita di una nuova famiglia. E anche quando due temerari osano farla nascere, il mondo del lavoro mostra tutta la sua aggressività contro le madri (argomento che meriterebbe, meriterà un discorso a parte), per cui le donne vengono indotte a investire prevalentemente sulla carriera gli anni più fecondi e più adatti alla maternità. L'arrivo dei figli, ormai padroneggiabile con ogni possibile mezzo di contraccezione, viene programmato e l'attesa del momento giusto sembra prolungarsi all'infinito. Quando mai, infatti, sarà il momento giusto per sconvolgersi la vita? Rischiare la carriera? Investire notti insonni e soldi e tempo e libertà? Per qualcuno che neanche conosciamo? Ai nostri nonni i figli arrivavano, e non c'era bisogno di tante scelte e motivazioni, e poi quando li vedevano in faccia, questi prodigi, capivano che il momento era giusto, giustissimo, solo che loro non lo sapevano.

UNA POSSIBILITÀ PER... LA VITA
Per far ripartire la vita, la speranza e anche l'economia c'è una sola possibilità: uno sforzo enorme e collettivo, uno sforzo congiunto di tutte le generazioni. Che i genitori si facciano carico dei figli e che li incoraggino a sposarsi, che li mantengano per tutto quello che possono, che tifino per loro, che invece che pagare loro le vacanze, magari con fidanzati e amici, paghino loro l'affitto, magari un piccolo mensile. La famiglia è l'unico welfare rimasto, e dobbiamo rendercene conto. Ma la famiglia è anche l'unico sistema a somma zero, dove non è che se uno perde l'altro guadagna: si vince o si perde tutti insieme. l figli, infatti, un domani sapranno farsi carico dei genitori, se necessario, o magari lo faranno i nipoti, se saranno nati presto: faranno in tempo a diventare grandi con i loro nonni. Faranno anche in tempo a lavorare per pagare le pensioni dei nonni, quelle che invece adesso con il ricambio generazionale a zero rischiano di far implodere tutto il sistema.
C'è poi da dire che per una mamma di bambini piccoli dovrebbe essere un po' più facile studiare che lavorare: in certi casi magari ci si può anche portare il bambino a lezione (pensate che belli dei nidi universitari!), e comunque si può studiare con orari molto più flessibili di quelli di un ufficio (o di una redazione, di uno studio professionale, o di una fabbrica, o di un negozio...). Le energie fisiche, come dicevo prima, sono infinitamente maggiori a venti anni, mentre a trentacinque-quaranta, quando la maturazione intellettuale è raggiunta, si avranno figli già abbastanza autonomi da consentire, eventualmente, se lo si desidera o se è possibile, di investire sulla vita professionale (un consiglio questo venuto peraltro anche dall'economista Letizia Reichlin, una fonte non tacciabile di "estremismo cattolico", che ha incoraggiato le giovani donne a fare figli prima di buttarsi a capofitto nel mondo del lavoro).
Lo stesso si può dire, anche se con proporzioni diverse, degli uomini, perché anche se io non sono per la parità assoluta tra uomini e donne, sicuramente anche per gli uomini è più facile fare "vola vola" con un bebè, spingere una bicicletta, tuffarsi, giocare a pallone con degli adolescenti quando si è giovani padri (io peraltro al parco ho fatto più di una figuraccia, scambiando dei padri per nonni, ma questa è colpa mia che parlo sempre troppo).
Lo so, i genitori di oggi opporranno resistenza, la troveranno una proposta assurda. Loro si sono sposati quando ancora si pensava che si potesse mettere su una nuova famiglia solo quando si fosse in grado di mantenerla autonomamente, e infatti così vuole la natura delle cose. Ma viviamo in un momento storico ed economico davvero particolare. Il sistema economico nato nel '900 sta implodendo, è in crisi in tutto l'Occidente. Basato sull'induzione di falsi bisogni, e sul consumo dei dink - le coppie double income no kids, due stipendi senza figli - ha qualche speranza di sopravvivere solo se la popolazione ricomincia a crescere. Soprattutto l'uomo ha speranza di sopravvivere solo se continua a fidarsi di Dio, di un padre che ama i suoi figli, un Padre di cui i padri di oggi potrebbero farsi figura.

Fonte: Il Timone, dicembre 2014

2 - SE UN CARDINALE E' DATO IN PASTO AI COMUNISTI CINESI
Vatican Insider sferra un durissimo attacco al cardinale Zen di Hong Kong con accuse prive di ogni fondamento
Autore: Riccardo Cascioli - Fonte: La Nuova Bussola Quotidiana, 20/02/2015

I cardinali nel mirino non sono soltanto quelli che difendono l'insegnamento tradizionale della Chiesa su matrimonio e famiglia. Ieri faceva impressione vedere in primo piano sul sito Vatican Insider un attacco durissimo al cardinale cinese Zen Ze-kiun, arcivescovo emerito di Hong Kong, accusato di voler dirigere la Chiesa cinese dal di fuori e di opporsi al promettente dialogo tra Cina e Santa Sede. Ormai chiunque provi anche solo a porre qualche domanda sulla "gioiosa macchina da guerra" che vuole pacificare il mondo intero, viene stroncato senza pietà, ovviamente sempre invocando la misericordia. Il problema è che il genuino slancio missionario del Papa avrebbe bisogno di collaboratori competenti più che di guardiani della rivoluzione e clericali in carriera.
E così il povero cardinale Zen, una delle figure più significative della Chiesa cinese contemporanea, sicuramente quello che conosce meglio i governanti di Pechino (che più volte da vescovo ha affrontato a muso duro) è finito sulla lista dei cattivi. Certo, Zen è un cinese se vogliamo atipico, temperamento focoso che non va per le spicce quando c'è da affermare una verità, tanto che a 83 anni a Hong Kong sta spesso in piazza insieme ad altri dimostranti per chiedere la libertà o per chiedere conto a Pechino – lo ha fatto nei giorni scorsi - della scomparsa di due vescovi di cui non si sa nulla da molti anni.
Ma cosa ha fatto di male il cardinale Zen? Secondo l'accusa si oppone al dialogo tra Cina e Santa Sede proprio in un momento in cui un qualche successo storico sembra vicino, e favorisce la spaccatura nella Chiesa cinese cercando di condizionare l'atteggiamento dei cattolici nei confronti di Pechino. Sarebbe dunque un pericoloso disturbatore nel processo di riconciliazione in Cina.
Accuse pretestuose e ridicole per chi conosce la situazione e il cardinale Zen. Ma bisogna almeno sinteticamente ricordare da dove ha origine il problema cinese: ovvero dalla decisione del regime comunista, poco dopo la vittoria militare di Mao Zedong, di istituire una Chiesa nazionale cattolica sotto il controllo del Partito comunista. Stesso trattamento per le altre religioni riconosciute. Lo scopo era evidente: mettere sotto controllo il fenomeno religioso come primo passo verso la completa estirpazione delle religioni. Per la Chiesa cattolica, pur minoritaria, la questione era ed è più complicata perché fa riferimento a un capo straniero, la cui "influenza" su cittadini cinesi è ovviamente ritenuta inaccettabile. Non per niente Cina e Santa Sede non hanno mai allacciato relazioni diplomatiche, e la Santa Sede è ormai uno dei pochissimi stati a riconoscere Taiwan (almeno formalmente) come legittimo governo cinese.
A quel punto comunque i cattolici avevano due possibilità: aderire all'Associazione patriottica creata dal governo e quindi accettare il primato del regime comunista; o continuare a professare apertamente il primato di Pietro ed entrare in clandestinità. La divisione dei cattolici – dai vescovi fino all'ultimo fedele - ha origine qui, anche se negli anni le cose si sono via via complicate e i confini tra le "due Chiese" si sono fatti sempre meno distinti (molti vescovi "patriottici" negli anni passati sono tornati in comunione con il Papa). Con le lettere alla Chiesa in Cina di Giovanni Paolo II (1996 e 1999) e di Benedetto XVI (2007) un cammino di riconciliazione tra le diverse anime del cattolicesimo cinese è stato avviato, ma in anni recenti il regime di Pechino ha cercato di riallargare le ferite imponendo l'ordinazione di "suoi" vescovi.
Nel frattempo poi, quella linea di divisione che ha caratterizzato i cattolici cinesi si è replicata a Roma tra chi è disposto a fare concessioni unilaterali a Pechino pur di arrivare a normalizzare le relazioni e chi invece invoca la fermezza nei confronti di un regime che non ha mai dato segnali di reale cambiamento nei confronti della libertà religiosa. Appare evidente che in Segreteria di Stato prevale la prima corrente (e non è una novità del Pontificato di Francesco), molto criticata invece dal cardinale Zen, che non si è mai opposto al dialogo ma piuttosto al compromesso politico, giudicando non sinceri i governanti di Pechino.
I problemi finora insormontabili nel dialogo Cina-Santa Sede sono due: la nomina dei vescovi, e il ruolo dell'Associazione patriottica. Per i vescovi, la Chiesa non può accettare che la loro nomina sia decisa o pesantemente condizionata da un governo, ma il regime comunista di Pechino non può accettare che ci possano essere nomine che non siano controllate dal Partito. L'altra questione, che è legata, riguarda l'Associazione patriottica la cui natura di controllo della Chiesa non può ovviamente essere accettata dalla Santa Sede.
Il cardinale Zen ritiene da molti anni che la Chiesa abbia già concesso troppo a Pechino e oggi trova immotivato l'ottimismo del Segretario di Stato, cardinale Parolin, che recentemente ha parlato di rapporti «promettenti» e di entrambe le parti che vogliono il dialogo. Come ha scritto: «Nessuno nega che senza il dialogo non si risolvono i problemi. Ma perché il dialogo riesca occorre la buona volontà da ambedue le parti. Da parte di Roma, c'è ovviamente questa buona volontà. Ma c'è anche dalla parte di Pechino? Supporre che ci sia, in un ottimismo infondato, è pericoloso. Può essere ""wishful thinking". Se la controparte non è disposta a cedere niente e noi vogliamo arrivare ad ogni costo ad un accordo, l'unica cosa da fare è di arrenderci, vendere noi stessi. Dunque noi non temiamo il dialogo. Non siamo contrari al dialogo, ma abbiamo paura di un compromesso ad oltranza, un cedere senza una linea di fondo».
Ma Zen ha criticato anche due interviste fatte da Vatican Insider ad altrettanti vescovi cinesi, che sembravano "pilotate" per criticare coloro – come Zen – che mettono i puntini sulle i. «Sembra che qualcuno voglia farci tacere», aveva denunciato Zen appena 3 giorni fa sull'agenzia Asia News, facendo notare che è «crudele e ingiusto» intervistare vescovi che non sono in condizione di parlare liberamente, come è per chi sta in Cina. Ed ecco quindi pronta la risposta di Vatican Insider sotto forma di lettera aperta di un "sacerdote clandestino" che nega a Zen il diritto di parlare di Chiesa cinese. Prontamente Asia News ha pubblicato l'intervento di un altro "sacerdote clandestino" che invece sostiene le ragioni dell'arcivescovo emerito di Hong Kong (davvero curiosa questa coincidenza di posta che arriva lo stesso giorno dalla Cina).
Ma è indubbio che, per la collocazione della testata, l'attacco di Vatican Insider è significativo. Qualcuno evidentemente ritiene che mettere a tacere Zen sia un passo fondamentale per far progredire i rapporti con la Cina e riconciliare i cattolici. Illusione: si fa solo un piacere al Partito Comunista cinese. Quando nel 2009 il cardinale Zen andò in pensione, ci fu chi a Roma brindò prevedendo una rapida normalizzazione dei rapporti con Pechino, ma negli anni successivi le cose non solo non sono progredite, sono anche peggiorate per i cattolici.

Fonte: La Nuova Bussola Quotidiana, 20/02/2015

3 - IL DISASTRO LIBICO E LA MORSA SULL'EUROPA
Gli europei, dimenticato il cristianesimo, sono tra la morsa dell'americanismo e quella dell'islamismo dei tagliagole
Autore: Martino Mora - Fonte: Il Giudizio Cattolico, 19/02/2015

L'ultima nuova dalla Libia è la feroce uccisione di decine di cristiani copti, massacrati dai tagliagole dell'Isis. A tre anni e mezzo dalla defenestrazione di Gheddafi (ottobre 2011) la Libia è ancora nel caos, divisa in più territori tra gruppi rivali che si contendono la conquista dell'intero Paese. Agli islamisti di al Fajar che hanno conquistato Tripoli, si contrappongono i "laici" e i militari di Tobruk. Inoltre dal novembre 2014 sembra inarrestabile l'avanzata dei guerriglieri dell'Isis (da non confondere con gli altri fanatici di al Fajar). L'Isis ha fondato un piccolo califfato nella città orientale di Derna, sotto la guida di Abu Mohammed al-Adnani, che si sta velocemente espandendo. L'avanzata degli jihadisti libici alleati dello Stato islamico è stata da allora estremamente rapida, ed ora sono giunti fino a Sirte, la città natale di Gheddafi, che si trova più o meno di fronte alle nostre coste, su un golfo dove si trovano anche dei pozzi petroliferi. Nel frattempo la Farnesina consiglia i cittadini italiani rimasti in Libia di abbandonare "temporaneamente" il Paese. È possibile che l'Isis abbia anche il controllo di Zuara, il porto da dove partono quasi tutte le barche colme di immigrati dirette verso l'Italia. Se davvero l'Isis tiene sotto il proprio controllo la zona dove fino a ieri comandavano gli scafisti, è probabile che se ne voglia servire per infiltrare combattenti jihadisti tra gli altri immigrati. Così il ministro degli Esteri Gentiloni si dice pronto ad un eventuale intervento armato, con il consenso dell'ONU, in territorio libico, anche se Renzi sembra molto più prudente al riguardo.
Fin qui i fatti. Ma di chi è la responsabilità di questa situazione? Di chi sono le colpe di questo caos, di questi pericoli e dell'impossibilità nella quale si trova l'Italia di garantire la propria sicurezza, di acquistare il petrolio e il gas libici, e di fermare il flusso migratorio? Romano Prodi non ha dubbi al riguardo: la colpa è di Berlusconi, che nel 2011 non si oppose alla volontà di Obama e Sarkozy di abbattere il dittatore Gheddafi, con cui aveva stretto nel 2009 un Trattato di amicizia, estremamente vantaggioso, con il quale l'Italia si impegnava a non concedere mai le basi Nato, presenti sul nostro territorio, per attaccare la Libia. Qualcuno ha definito "un delirio" le parole di Prodi. Ebbene, con tutta la scarsa stima che possiamo nutrire per un tecnocrate come Prodi, "cattolico adulto" al servizio della finanza internazionale, responsabile con Carlo Azeglio Ciampi della nostra entrata nel meccanismo disastroso e stritolante della moneta unica, dobbiamo constatare che Prodi stavolta non delira affatto, ma dice il vero. Berlusconi ordinò i bombardamenti italiani sulla Libia (per la gioia del suo ministro della Difesa, Ignazio la Russa) dopo avere in un primo tempo accettato di concedere le basi Nato in Sicilia per la partenza dei bombardieri americani, francesi ed inglesi, che da lì portavano la morte su Tripoli e le altre città libiche.
Il presidente Giorgio Napolitano, in contrasto con l'articolo 11 della Costituzione che avrebbe dovuto difendere, fece di tutto per condizionare Berlusconi nel senso dell'intervento armato. Gli amici sinistrorsi di Prodi, da Bersani alla Bindi, passando per gli omuncoli centristi alla Casini, furono complici di questa scelta, sulla quale influirono offrendo subito a Berlusconi una maggioranza parlamentare larga ed alternativa di fronte alla titubanza della Lega. La destra dei Fini, dei Frattini, dei La Russa fu in questa vicenda in perfetta sintonia, in nome della "responsabilità", con il servilismo del Pd dei D'Alema, dei Veltroni e dei Bersani, che da anni sono passati dalla sudditanza alla Mosca sovietica alla sudditanza a Washington. Per non parlare della informazione o meglio propaganda di regime, quella dei telegiornali e dei quotidiani mondialisti, che ormai presentava Gheddafi come una copia levantina di Hitler. Un minimo di opposizione, troppo timida e presto vinta, venne solo da Bossi, nella maggioranza, e da Di Pietro nell'opposizione. Tutti gli altri approvarono subito la scelta berlusconiana dell'entrata in guerra.
I servi sono servi, a destra e a sinistra. Non solo l'Italia di Berlusconi fece carta straccia di un trattato firmato due anni prima, ma partecipò attivamente ad una guerra contro i propri interessi, che sia sotto l'aspetto energetico, sia sotto quello dell'immigrazione, erano tutelati proprio da Gheddafi, il quale non era certo un santo, ma almeno non era un islamista fanatico e garantiva l'ordine civile. Perdemmo l'onore, ed insieme perdemmo la salvaguardia dei nostri interessi strategici.
Siamo stati quindi responsabili, attraverso la nostra indegna, servile classe politica, dell'ennesima "guerra umanitaria", organizzata a tavolino da Francia e Stati Uniti, che prima armarono i tagliagole anti-Gheddafi di Bengasi, e poi, quando i "ribelli" stavano per avere la peggio, intervennero con il pretesto di difendere, a suon di bombe anche sui centri abitati, i poveri civili sterminati dal dittatore cattivo. Niente di nuovo, si dirà. A parte il protagonismo deleterio del marito di Carla Bruni, gli USA non fecero la stessa cosa in Serbia nel 1999? In Afghanistan nel 2001? In Iraq nel 2003? Non tentarono di fare la stessa cosa nel 2013 in Siria, quando si mise in mezzo la Russia di Putin? Non si può ragionevolmente negare che da anni questa è la loro strategia, che favorisce sempre, immancabilmente la persecuzione dei cristiani e l'affermazione dell'islamismo dei tagliagole.
Quindici anni fa i cristiani presenti in Medio Oriente erano ancora più di un milione. Oggi sono 150.000, molti dei quali tuttora perseguitati. Basti pensare all'Iraq, dove sotto il "cattivo" Saddam Hussein i cristiani esprimevano addirittura il numero due del regime: il caldeo Tareq Aziz. Oggi invece i cristiani iracheni vivono nell'incubo delle bombe e delle persecuzioni, e in tutta la zona occupata dall'Isis, tra Iraq e Siria, vengono sterminati o costretti a fuggire, espropriati delle loro case e dei loro averi.
La logica delle "guerre umanitarie" e dell'"esportazione della democrazia" (da Clinton a Obama passando per Bush) è infatti la logica del caos, dell'abbattimento di tutti quei Capi di Stato e di governo che non sono strettamente allineati alla strategia imperiale americana. È la logica del Mare contro quella della Terra, dell'onnipotenza di chi non accetta limiti e che pretende che tutto il pianeta diventi un enorme spazio liscio, un enorme mercato dominato dalla finanza e dalle multinazionali, abitato solo da un tipo umano sradicato, atomizzato, de-socializzato e privo di storia, con lo sguardo rivolto sempre verso la materia e mai diretto verso il cielo. È la logica tipica di una potenza dominata da massoneria, finanza e spiriti animali del consumo. È l'America del pensiero unico e dell'uomo a taglia unica, del perverso politically correct creato a tavolino nelle università liberal americane, di Wall Strett, Hollywood e Silicon Valley. È l'America del mondialismo finanziario e del mondialismo armato dal Pentagono, che sottomette l'Europa a ventiquattro anni dalla fine della Guerra Fredda con la presenza delle sue basi, e che sostiene il dominio soffocante della moneta unica e della burocrazia ottusa e laicista di Bruxelles. È l'America che deve sempre crearsi un nemico per giustificare la propria eccezionalità messianica e massonica sul resto del mondo.
Ora il nemico è Putin, ed hanno capito anche i bambini che la rivolta colorata ucraina di piazza Maidan, con annesso il colpo di Stato che ha cacciato il legittimo presidente Yanucovich nel febbraio del 2014, non avrebbe mai avuto successo senza il sostegno dei servizi americani. L'obiettivo è portare le basi Nato al confine con la Russia, come già fatto in Georgia e nei Paesi baltici, in modo da accerchiarla militarmente, impedendogli di mantenersi grande potenza regionale.
Naturalmente, accanto a questa America ne esiste un'altra, profonda e provinciale, legata alle proprie tradizioni e ai propri costumi, che possiede ancora un'identità religiosa – anche se quasi sempre inficiata dall'individualismo protestante –, che mantiene ancora un legame coi valori della terra e della famiglia. Ma questa America non ha voce, è oscurata dai grandi mass media, e ha il torto di farsi rappresentare politicamente da persone che arrivate a Washington si mettono immediatamente a strillare di doveri "imperiali" della superpotenza a stelle e strisce. I repubblicani sono in questo anche peggiori dei democratici, se possibile.
Occorre a questo punto mantenere la mente lucida e non confondere, a mo' della Fallaci o di Panebianco, l'alleanza con l'America e la lotta al fanatismo musulmano. Non solo perché, perlomeno all'inizio, dietro all'Isis vi erano gli alleati degli Usa (Qatar, Arabia Saudita, Turchia, che manifestavano il loro odio religioso sunnita contro lo sciita Assad e contro l'Iran). Non solo perché, come già accadde con Bin Laden in Afghanistan, furono probabilmente gli stessi apprendisti stregoni a stelle e strisce a favorire in Siria al Nusra e lo stesso Isis, al fine di rovesciare Assad. Non solo perché l'alleanza con Arabia e Qatar dimostra ampiamente che il fanatismo spietato delle dinastie sunnite e la superpotenza americana possono andare d'amore e d'accordo. Ma anche e soprattutto perché l'Europa decadente, infettata dal nichilismo, si trova in una morsa. Da una parte i tagliagole islamici, sempre più pericolosi e agguerriti, e sempre più presenti sul suolo europeo grazie ad un immigrazionismo di cui il anche clero conciliare è uno dei massimi artefici, ammalato com'è di umanitarismo postcristiano, di mondialismo e di ecumenismo; dall'altra la superpotenza americana che vuole mantenere l'Europa sottomessa politicamente ai suoi voleri egemonici, e culturalmente al suo immaginario di paccottiglia legato all'idolatria della merce e alla diffusione del mortifero "politicamente corretto" .
Oggi stiamo persino rovinando i nostri esportatori tramite le sanzioni imposte alla Russia, solo per fare contenti i nostri padroni d'oltreoceano. I popoli d'Europa, apostati dalla Tradizione cristiana, sradicati dalla loro identità profonda, omologati dalla corsa alla merce, corrosi dal nichilismo, avviati alla decadenza, sono nella morsa dell'americanismo (altro che "Occidente"!) e dell'islamismo dei tagliagole. Non sconfiggeremo il secondo senza liberarci dal primo. Oppure moriremo. Tertium non datur.

Fonte: Il Giudizio Cattolico, 19/02/2015

4 - PSICOLOGO CONDANNATO PER AVER SOSTENUTO CHE UN GAY PUO' USCIRE DALL'OMOSESSUALITA'
Eppure aveva solo risposto a una domanda di aiuto consigliando le teorie riparative (che funzionano!)
Autore: Luciano Moia - Fonte: Avvenire, 15 gennaio 2015

Fa lo psicologo da trent'anni. È specializzato in psicoterapia cognitivo comportamentale, ha conseguito sette perfezionamenti universitari e tre master, ha scritto anche saggi e insegnato la materia a cui ha dedicato la vita. Ma secondo il Consiglio dell'ordine degli psicologi della Lombardia ci sarebbero lacune nelle sue conoscenze scientifiche. Tanto gravi da fargli meritare una condanna a tre mesi di sospensione. Non appena l'atto sarà formalizzato non potrà lavorare e dovrà anche cancellare da tutti i siti la pubblicità del suo studio. Vittima del provvedimento è Paolo Zucconi, 64 anni, sposato, due figli, udinese d'origine ma con studio a Milano, zona Loreto.
La sua colpa? Il 19 luglio 2013, sul sito 'guida psicologi.it' ha osato rispondere a un visitatore che, non si sa quanto ingenuamente, aveva chiesto: «È possibile uscire dall'omosessualità?».
Zucconi articola la sua risposta citando i protocolli della terapia cognitivo-comportamentale, da tempo utilizzati con successo negli Stati Uniti ma anche in Europa, e spiega che «quando una persona avverta un evidente disagio nel suo comportamento sessuale», è possibile ricorrere a queste terapie. Apriti cielo.
Un collega napoletano chiede immediatamente la rettifica e poi lo denuncia all'ordine. Gli psicologi della Lombardia avviano un procedimento e, dopo un 'processo deontologico' tenutosi a Milano lo scorso 11 dicembre, gli annunciano la punizione: tre mesi senza lavorare.

UNA GRANDE OSTILITÀ IDEOLOGICA
Zucconi racconta che durante la seduta, lui seduto davanti a quindici colleghi, ha avvertito una grande ostilità ideologica: «Tutto sembrava già preordinato. Ho subìto un lungo interrogatorio tutto giocato sull'efficacia delle cosiddette 'terapie riparative'. Io mi sono limitato a citare la letteratura scientifica sull'argomento, ma ho affermato di non aver mai avuto l'occasione di sperimentarne l'efficacia. Certo, ho ammesso che se un paziente mi chiedesse di essere aiutato, esaminerei il caso e non mi tirerei indietro ». Probabilmente, dice, è la frase che fa scattare la sanzione. 'Sospeso'. L'unanimismo del pensiero unico, quando si parla di identità sessuale, non accetta discussioni. Il terapeuta che devia, anche solo in linea di principio, va criminalizzato e sanzionato.
Il presidente dell'ordine degli psicologi della Lombardia, Riccardo Bettiga, rigetta però qualsiasi intento persecutorio e sostiene che tutto si è svolto in modo regolare. Rifiuta di entrare nel merito della vicenda – ancora in itinere e quindi a suo dire riservata – spiega che il giudizio è stato limitato agli aspetti deontologici della professione. E, a proposito delle terapie riparative, conferma quanto già dichiarato sul sito professionale. E che cioè «l'ordine degli psicologi della Lombardia difende la libertà dei terapeuti di esplorare senza posizioni pregiudiziali l'orientamento sessuale dei propri clienti, segnalando che qualunque corrente psicoterapeutica mirata a condizionare i propri clienti verso l'eterosessualità o verso l'omosessualità è contraria alla deontologia professionale». Ineccepibile, quando si tratta di 'condizionare'. Ma se è il paziente stesso a chiedere aiuto? Se dichiara di vivere con disagio la propria sfera identitaria e intende verificare le possibilità di rimuovere l'origine del problema? In questo caso le 'terapie riparative' sarebbero lecite? Domande che sembrano destinate a rimanere senza risposta, perché la questione appare comunque sgradita, imbarazzante, politicamente scorretta. Lo specialista che affronta il tema rischia di finire sotto inchiesta. A questo proposito occorre ricordare che già in passato, almeno in due casi, l'ordine degli psicologi della Lombardia ha avviato procedimenti disciplinari contro terapeuti in odore di accogliere pazienti che vivevano con disagio la propria omosessualità. Un altro procedimento è in corso presso l'ordine degli psicologi della Toscana. Ed è noto il fuoco incrociato che si scatenò nel 2008 contro Tonino Cantelmi, presidente degli psichiatri cattolici, per aver sostenuto l'opportunità di affrontare dal punto di vista terapeutico il 'disagio omosessuale'.

LA TERAPIA RIPARATIVA
Anche in quel caso la lobby seppe muoversi in modo scattante e compatto, con tutto l'armamentario deontologico - e ideologico - del caso. Perché l'intera questione, secondo quanto riferiscono gli specialisti che si sono occupati del tema, sembra fondata su un enorme equivoco. La 'terapia riparativa' non intende affatto 'riparare' l'omosessualità, come fingono di credere gli oltranzisti della sessualità gaia e felice. Ma occuparsi invece di 'riparare' la ferita originaria nella relazione con il padre che, secondo alcuni studiosi, sarebbe all'origine dei disturbi dell'identità sessuale. Tesi discutibile? Benissimo, se ne discuta, si aprano dibattiti, si dia la parola ai sostenitori dell'una e dell'altra posizione. Invece nel 2010, una delibera dell'ordine nazionale degli psicologi, ha vietato sic et simpliciter qualsiasi ricorso alla 'terapia riparativa', con un sillogismo che – a parere di non pochi psicologi – traccia una premessa e arriva a dettare una conclusione apodittica senza dimostrare nulla.
Quando c'è in campo la soggettività della psiche - osservano gli specialisti - non può esistere un 'pensiero unico' e occorre chiedersi allo stesso tempo a quale scientificità si fa riferimento quando si parla di scienze umane. Come è possibile parlare di scientificità in campo psicologico per esempio, quando ci sono non pochi medici che rifiutano di considerare 'scientifica' la psicoterapia? Domande legittime di fronte a un provvedimento come quello inflitto a Paolo Zucconi. Ma anche in riferimento al dibattito, tutto ideologico, scatenatosi in occasione del convegno sulla famiglia promosso dalla Regione. La vicenda dello psicologo 'punito' forse ci aiuta a comprendere meglio quale sia il 'pensiero unico' che soffia sul fuoco di certe questioni e pretende di imporre una visione che è vietato discutere, se non a rischio di finire sul banco degli accusati.

Fonte: Avvenire, 15 gennaio 2015

5 - SE ALLA MESSA PENSI A STALIN...
Una cosa l'ex seminarista della Georgia l'aveva capita bene: l'importanza della bellezza
Autore: Vittorio Messori - Fonte: Il Timone, Dicembre 2014

Può capitare che venga in mente il compagno Stalin partecipando a una messa? A me è capitato: in una chiesa di "architettura" (il nome di quest'arte illustre è qui eccessivo, le virgolette sono di rigore), di "architettura", dunque, contemporanea, in un trionfo di cemento armato a vista, alluminio, vetro, luci al neon, arredi astratti e, sul tetto, una campana sorretta da un traliccio industriale in ferro. Il tutto all'insegna di un pauperismo demagogico, da "Chiesa dei poveri" di sessantottina memoria. Di questi orrori tutti ne conosciamo non pochi esemplari, quindi si sarà capito di che cosa parlo.
Ebbene, mentre la messa si celebrava, una maliziosa distrazione mi ha portato a pensare alla metropolitana di Mosca. Tra le tante ferrovie sotterranee del mondo, questa è un unicum stupefacente: mentre ovunque si bada alla funzionalità, con fermate di semplice servizio, così non è nella capitale russa. Qui, ogni stazione - l'una diversa dall'altra - è un trionfo di colonne, capitelli, mosaici, pitture murali, stucchi, statue in marmo e bronzo, enormi lampadari in metalli pregiati, soffitti affrescati, vetrate colorate. Non a caso, questi luoghi sono protetti dalle autorità locali come opere d'arte. La sensazione, entrandovi, è di essere capitati non certo in una semplice stazione di trasporto di massa, bensì in una fastosa cattedrale sotterranea.
In effetti, è proprio questo che voleva ottenere Stalin quando, all'inizio degli anni Trenta del secolo scorso, convocò i migliori architetti del regime ai quali fece un discorsetto di cui conosciamo i contenuti dai documenti dell'epoca, un tempo sepolti in archivi inaccessibili e ora, dopo il crollo inglorioso dell'impero, consultabili dagli studiosi. Disse, in sostanza, il despota a quei professionisti: «Le grandi città del capitalismo hanno tutte una rete metropolitana. È ora che l'abbia anche la capitale dei Soviet. Io, però, ne voglio una del tutto speciale, dove ciascuna stazione sia, senza badare a spese, tale da stupire ed affascinare chi la frequenterà. Voglio che non si tratti solo di un capolavoro di ingegneria ma anche di un capolavoro d'arte, con un fasto da lasciare a bocca aperta». Come è ben noto, dargli ragione senza fiatare e obbedire con zelo servile era il solo modo di salvare la pelle quando si era in balia sua e delle sue feroci polizie segrete. Nessuno degli architetti convocati, dunque, osò fiatare ma il dittatore, nella sua magnanima condiscendenza, volle dare risposta alla domanda che lesse sul volto degli ascoltatori. Spiegò, dunque: «So che, dentro di voi, vi chiedete per quale ragione vi ordini di moltiplicare i costi dell'opera e non solo per gli arredi e le opere d'arte ma anche perché desidero che lo scavo sia gigantesco, voglio che ogni stazione sia vasta come una cattedrale. È proprio a questo che penso: alle cattedrali. Come sapete, abbiamo strappato i popoli dell'Unione Sovietica alla superstizione religiosa, abbiamo chiuso o distrutto le chiese, abbiamo trasferito nei magazzini dei musei le icone, fuse le campane, trasformate in monete gli ori degli oggetti di culto. Ma so che i lavoratori sentono nostalgia dei tempi in cui, almeno una volta la settimana, potevano lasciare la bruttura delle loro case e, nello splendore delle chiese, in lunghe liturgie, potevano essi pure essere circondati di bellezza, quasi come i re nei loro palazzi. Ecco: voglio venire incontro a questa nostalgia, voglio contrastarla permettendo agli operai di godere, due volte al giorno, di una bellezza che compensi quella perduta. Andando e tornando dal lavoro sembrerà loro di frequentare le cattedrali più belle, quelle che abbiamo chiuso o abbattuto. Anche l'uomo nuovo comunista ha bisogno di bellezza, noi gliela daremo non nelle anacronistiche chiese ma nel sottosuolo di Mosca, nelle stazioni della metropolitana della capitale del comunismo mondiale».
Stalin, come si sa, era stato a lungo seminarista della Chiesa ortodossa della Georgia, dunque se ne intendeva: sapeva che (a differenza di quanto dimenticano da qualche decennio tanti, troppi "cattolici socialmente impegnati") sapeva che i poveri non solo non si sono mai scandalizzati, in nessun tempo e in nessun luogo, della ricchezza, magari del fasto delle chiese, ma l'hanno sempre sentita come un loro diritto. Il diritto di godere essi pure di una bellezza non riservata ai privilegiati bensì aperta a tutti; il diritto, almeno un'ora alla settimana, di sentirsi circondati di opere d'arte e di oggetti di gran pregio. Oggi, invece, ecco la nostra situazione: lo Stato non demolisce più le chiese ma nelle periferie, vescovi, preti, religiosi ne costruiscono ancora di nuove. Partorendo, nella maggioranza dei casi, quegli orrori repellenti che sappiamo, dove la bellezza è assente non solo per incapacità di architetti e mancanza di artisti veri (c'è anche questo) ma anche, troppo spesso, per partito preso, perché così vuole certa ideologia clericale. Ai russi, almeno, Stalin dava per consolazione delle stazioni-cattedrale, mentre a noi restano soltanto, più che dei templi, dei "luoghi di dialogo, di confronto, di socializzazione". Funzioni per le quali ciò che ci vuole è un hangar, un capannone, un'aula disadorna.

Fonte: Il Timone, Dicembre 2014

6 - LA VERITA' CHE I GAY NON VOGLIONO ACCETTARE
Nuovi studi scientifici confermano che i bambini crescono peggio in una coppia omosessuale
Autore: Tommaso Scandroglio - Fonte: La Nuova Bussola Quotidiana, 13/02/2015

Il lettore a caccia di notizie incredibili e ai confini della realtà può anche smettere di leggere. Il presente articolo non fa per lui. É un po' come se l'appassionato di astronomia iniziasse a leggere un articolo che, dati alla mano, provasse in modo inoppugnabile che la Luna esiste. Ecco, qui di seguito si darà la prova che i bambini cresciuti in una coppia omosessuale stanno peggio di quelli che vivono in una coppia composta da mamma e papà.
Lo scrivente in questo momento ha sotto gli occhi una lista di una sessantina di articoli scientifici che dal 1991 al 2013 illustrano quali sono i danni di natura psicologica, fisica, sociale, economica, etc. subiti da quei bambini che sono stati cresciuti da una coppia omosessuale e come invece l'educazione ricevuta da un genitore maschio e da uno femmina sia imprescindibile per una sana ed equilibrata formazione della persona. Da tenere presente che alcuni di questi articoli riportano i risultati di molti altri studi scientifici.
Da ultimo è stato pubblicato il 25 gennaio scorso un articolo dal titolo "Problemi affettivi nei bambini di genitori dello stesso sesso" sulla rivista scientifica British Journal of Education, Society & Behavioural Science che forse batte tutti i precedenti articoli pubblicati per solidità del campione preso in esame. L'autore è un sociologo e si chiama Paul Sullins e lo studio che ha confezionato non potrà passare inosservato a motivo del numero di bambini di coppie omosessuali oggetto di questa ricerca: cinquecentododici. Si tenga presente che la percentuale di minori che vivono negli Usa con una coppia di genitori dello stesso sesso è dello 0,005% rispetto a quelli che vivono con mamma e papà. Insomma, andare a pescarli è come trovare un ago in un pagliaio. I precedenti studi non sono mai arrivati a mettere insieme un campione così rappresentativo.
Ma passiamo ai risultati partendo dal dato conclusivo: «i problemi di carattere affettivo riscontrati nei bambini di genitori dello stesso sesso», ci dice Sullins, «sono due volte più diffusi rispetto a quelli riscontrati in bambini di genitori di sesso opposto». E prosegue: «non è preciso affermare e non si può più dire che nessuno studio ad oggi ha rilevato che i bambini in famiglie omosessuali vivano condizioni svantaggiate rispetto a quelli cresciuti in famiglie con genitori di sesso opposto». Tra i vari problemi caratteriali riscontrati in questi bambini tirati su nelle "famiglie" arcobaleno vi sono: comportamenti scorretti, stati d'animo inclini alla preoccupazione, depressione, rapporti conflittuali con i coetanei e incapacità di concentrazione. Tutte cose già emerse e confermate da altre precedenti ricerche.
«La filiazione biologica», continua il Nostro, «crea una netta e ben marcata distinzione tra i risultati emersi nello studio di bambini di genitori omosessuali e in quelli riscontrati dall'osservazione di figli di coppie eterosessuali». Poi Sullins fa un'affermazione tanto interessante oggi quanto lapalissiana: «il vantaggio principale del matrimonio per i bambini non può essere ricercato nel fatto che questo tende ad offrire a loro genitori migliori (più stabili, finanziariamente benestanti, ecc, anche se questo poi nella realtà accade), ma che li presenta come loro genitori». Detto in altri termini, meglio crescere con i propri genitori biologici che vivere con una coppia omosessuale in una reggia (vedi Elton John). Non c'è paragone.
Non solo. Se poi andiamo a vedere altri indici, come ad esempio la stabilità del rapporto, scopriamo che a vincere sono sempre i genitori di sesso opposto. Sullins ci spiega che, confortato da moltissimi altri studi a riguardo, le persone omosessuali sono assai più promiscue di quelle eterosessuali. E che le coppia omosessuale non è stanziale, ma preferisce l'affitto mordi e fuggi rispetto alla casa di proprietà. Tutto ciò si ripercuote negativamente sui bambini costretti a stare con partner sempre diversi e a vivere in continua migrazione. L'obiezione è dietro l'angolo del primo circolo Arcigay: questi bambini soffrono perché sono oggetto di attacchi omofobi. Dato che vivono con genitori omosessuali vengono presi in giro. Risposta di Sullins: «Contrariamente all'assunto sotteso a questa ipotesi, i bambini con i genitori di sesso opposto sono presi di mira da altri e finiscono per essere vittime di bullismo più di quelli che hanno genitori dello stesso sesso».
Poi Sullins, citando uno studio pubblicato sul British Journal of Medicine, fa un'altra annotazione interessante. I bambini di coppie omosessuali soffrono più degli altri del disturbo da deficit di attenzione/iperattività. Questo comporta che a volte si riescono a integrare male nel gruppo di amici e che quindi vengono da questi presi di mira, proprio perché visti come "un po' strani". Ma tutto ciò accade a causa dei loro "genitori", cioè a causa della loro omosessualità, condizione che crea nei bambini il già citato deficit di attenzione ed altri disturbi affini. Sullins conclude che se è vero che non tutti i bambini di coppie omosessuali presentano attualmente gravi compromissioni della sfera affettiva e comportamentale, state pur sicuri che per trovare un bambino senza problemi avrete molta, ma molto più probabilità di incontrarlo in una famiglia composta da mamma e papà. In breve, signori miei, la Luna esiste per davvero.

Fonte: La Nuova Bussola Quotidiana, 13/02/2015

7 - CINQUE NUOVI LIBRI DA NON PERDERE
Il buon seme fiorirà: Mario Palmaro, padre Brown, Islam, ecc.
Fonte Libreria Theseus

MARIO PALMARO. IL BUON SEME FIORIRÀ
Alessandro Gnocchi - Fede & Cultura - pp. 160 - € 16,00 - esce il 2 marzo 2015
Mario Palmaro è stato lo scrittore cattolico che, con Alessandro Gnocchi, ha osato per primo mettere pubblicamente nero su bianco perplessità e critiche sul pontificato bergogliano. Ma è stato anche lo studioso e il maestro che ha mostrato come nel campo della bioetica sia possibile tenere una condotta cattolicamente ineccepibile al servizio della fede, della ragione e della legge naturale. Ed è stato, con Gnocchi, l'inventore di un genere letterario capace di mettere alla berlina vizi, tic, errori e tradimenti di un cattolicesimo sempre più refrattario alla buona dottrina e arrendevole al mondo. E poi è stato anche tanto altro ancora, a cominciare dal marito e dal padre capace di tradurre nella vita di tutti i giorni ciò che scriveva e insegnava. Fino alla morte, il momento in cui ha testimoniato come muore un cristiano. In questo libro, Alessandro Gnocchi ha raccolto il ricordo di un gruppo di amici per mostrare come la vita di Palmaro sia stata la testimonianza di tutto questo, nella vita pubblica e privata.
Il libro sarà in distribuzione dal 2 marzo e si può già prenotare scrivendo a ordini@fedecultura.com

PADRE BROWN. CROCE AZZURRA
D. Barzi ed altri - ReNoir - pp. 96 - € 14,90 scontato 13,40
Padre Brown, sacerdote e investigatore suo malgrado, in quanto finissimo conoscitore dell'animo umano, è protagonista di oltre cinquanta racconti gialli realizzati dal brillante scrittore britannico Gilbert Keith Chesterton tra il 1911 e il 1935. I racconti, dalla trama articolata, vengono adattati in storie a fumetti dalle 20 alle 32 tavole. Dopo l'edizione limitata de "Il giardino segreto", questo volume ripropone il racconto insieme a "La croce azzurra" e "Gli strani passi". Tre tuffi nei misteri della Londra di inizio '900, pubblicati nel 1911 ne L'innocenza di Padre Brown, qui adattati a fumetti da tre abilissimi autori italiani. Fa la sua prima apparizione il grande e grosso Flambeau, ladro infallibile che si trova ad affrontare un piccolo prete dalla tempra tutt'altro che cedevole. L'edizione è arricchita dalla collaborazione con Paolo Gulisano, vicepresidente della Società Chestertoniana Italiana e uno dei massimi conoscitori dei racconti di Padre Brown.

COME DIFENDERE LA FEDE (SENZA ALZARE LA VOCE)
Austen Ivereigh, Martina Pastorelli - Lindau - pp. 256 - € 19,90 scontato 17,90
«Tu sei cattolico, vero?» è la domanda che sempre più spesso molti si sentono rivolgere nel corso di una normale conversazione non appena questa si arena su un tema «sensibile» (l'aborto, l'eutanasia, l'omosessualità, l'Aids, la contraccezione, la procreazione assistita, gli abusi sessuali del clero, il matrimonio, il sacerdozio femminile, i politici cattolici) e il credente del gruppo diventa seduta stante – e suo malgrado – il «portavoce ufficiale della Chiesa» e come tale è chiamato a giustificarne le posizioni, a rendere conto della sua scelta. In queste circostanze, saper argomentare in maniera convincente, rapida, chiara e pacata, senza aggressività né vittimismi,è essenziale per riuscire a smontare i pregiudizi, smorzare la conflittualità e quindi dialogare con tutti sui temi che toccano l'intera società, ed è ciò che questo libro insegna.

GENDER (D)ISTRUZIONE. LE NUOVE FORME D'INDOTTRINAMENTO NELLE SCUOLE ITALIANE
Gianfranco Amato - Fede & cultura - pp. 192 - € 16,00 scontato 13,60
"San Paolo esorta i Filippesi ad avere coraggio contro gli avversari, a non avere paura di proclamare la Verità anche quando è scomoda alle orecchie del potere. Anzi proprio quando è scomoda occorre gridare più forte e con maggiore convinzione. In questa sua ultima opera l'amico Gianfranco Amato ha dimostrato coraggio. È davvero preziosa questa accurata e documentata ricostruzione del tentativo di indottrinamento operato nelle scuole italiane" (dalla prefazione di mons. Luigi Negri).

SOTTOMISSIONE
Michel Houellebecq - Bompiani - pp. 252 - € 17,50 scontato 14,90
A Parigi, in un indeterminato ma prossimo futuro, vive François, studioso di Huysmans, che ha scelto di dedicarsi alla carriera universitaria. Ma qualcosa sta cambiando. La Francia è in piena campagna elettorale, le presidenziali vivono il loro momento cruciale. I tradizionali equilibri mutano. Nuove forze entrano in gioco, spaccano il sistema consolidato e lo fanno crollare. È un'implosione improvvisa ma senza scosse, che cresce e si sviluppa come un incubo che travolge anche François. Sottomissione è il romanzo più visionario e insieme realista di Michel Houellebecq, capace di trascinare su un terreno ambiguo e sfuggente il lettore che, come il protagonista, François, vedrà il mondo intorno a sé, improvvisamente e inesorabilmente, stravolgersi.

Nota di BastaBugie: questi libri possono essere ordinati direttamente dal sito della Libreria Theseus. Theseus è una libreria internet che presenta una selezione di libri che possono essere utili per chi non si trova a proprio agio in un'atmosfera culturale egemonizzata dalla dittatura del relativismo.
Vai al sito >>> www.theseuslibri.it

Fonte: Libreria Theseus

8 - ALLE ELEZIONI IN FRANCIA SI PRESENTA UN PARTITO ISLAMICO
Apparentemente moderato, in realtà è un grimaldello per scardinare le fondamenta del Paese ed introdurre la sharia
Fonte No Cristianofobia, 13 febbraio 2015

Gérald Darmanin, oggi segretario generale aggiunto e deputato dell'Ump, è stato il portavoce di Nicolas Sarkozy. Non è quindi un esponente della Sinistra spinta, pregiudizialmente atea e "deicida". Eppure, in certi casi non pare davvero distaccarsene troppo... Il giornalista Bruce Toussaint gli ha recentemente chiesto, nel corso di un'intervista trasmessa da «iTélé», se oggi, a suo parere, vi sia un problema con l'islam in Francia. Al che lui ha dichiarato apertamente che no, in realtà «c'è un problema con tutte le religioni nella Repubblica». Repubblica divenuta così una sorta di moloch supremo, talmente ideologizzato da considerare ormai come un fastidioso nemico qualsiasi credo, di qualunque natura ed origine sia. Ma anche da rinnegare chi, come il Cattolicesimo, abbia innervato, irrorato dei propri Valori e forgiato per secoli il Paese, appartenendo alla sua Storia e segnandone in modo significativo anche il presente. Non c'è Francia senza Chiesa: ma questo a Darmanin evidentemente non garba, al punto da spingerlo a fare il possibile per... "cancellare le tracce".

L'ISLAM NON CI STA
C'è chi a questa impostazione non ci sta. Come l'islam. Che risponde da par suo. Presentando, proprio in Francia, il suo primo partito in corsa già per le prossime elezioni dipartimentali di marzo. Si chiama Udmf ovvero "Unione dei democratici musulmani di Francia": non è una novità assoluta, sebbene pochi sino ad oggi ne conoscessero l'esistenza. È stato fondato nel novembre 2012, ha 900 iscritti e 8 mila simpatizzanti. A guidarlo è Najib Azergui - 36 anni, francese di origine marocchina, dirigente della SNCF, sposato e padre di famiglia - ed afferma di volersi ispirare all'esempio dato dal partito cristiano-democratico dell'ex-ministro Christine Boutin.
Ha diversi punti in programma: promuovere la finanza islamica, ritenendola un'alternativa «etica» a quella tradizionale; sponsorizzare i prodotti alimentari halal, conformi alla sharia, «per creare posti di lavoro» (sic); concedere il diritto di voto anche agli stranieri in occasione delle elezioni amministrative; nelle scuole, cancellare il divieto d'indossare il velo come segno di «tolleranza delle religioni»; introdurre tra le lingue insegnate l'arabo - ritenuto «ingiustamente bandito» - ed aggiungere colonizzazione e guerra d'Algeria ai programmi scolastici ministeriali, accusati di voler «passare sotto silenzio» gli scheletri nell'armadio della Storia francese; in una parola, lottare contro chiunque intenda respingere l'islam, pur rifiutando con forza l'etichetta di «partito confessionale».

RICHIESTE MODERATE? TUTT'ALTRO!
Possono sembrare, a chi non sia particolarmente avveduto in materia, richieste tutto sommato moderate, in ogni caso discutibili. In realtà, rappresentano una sorta di grimaldello, per scardinare le fondamenta culturali, politiche, sociali, storiche e spirituali del Paese. Non dimentichiamo come già nel 2007 il gesuita arabo Padre Samir Khalil Samir, su AsiaNews scrivesse: «Nel dare spazio alla finanza islamica, non si può dimenticare che essa fa parte di un progetto di islamizzazione dell'Europa e del mondo. Il pragmatismo economico, etico, senza principi, sta uccidendo l'Occidente». Non dimentichiamo neppure come uno dei fondatori delle banche islamiche sia Sayyed Qutb, ideologo dei Fratelli Musulmani, legati a filo doppio al terrorismo jihadista. Quanto ai cibi halal, secondo il Whc-World halal Council, «l'halal non è solo una norma tecnica che gli europei possono regolare e formulare come vogliono. I musulmani hanno la responsabilità di Allah e Allah ha già istituito tutte le norme e i regolamenti necessari in modo chiaro». Quindi, «ci può essere solo uno standard halal, che abbraccerà la comunità islamica in tutto il mondo e questo standard può essere gestito solo dai musulmani. Musulmani e non-musulmani devono capire che il Nuovo Ordine Mondiale sorgerà solo con l'Halal e il Tayyib!». Sono considerazioni come queste a sollevare più di un dubbio sull'innocenza di programmi quali quello presentato dall'Udmf.
Altri tentativi analoghi, in passato, sono tutti falliti. Spetta agli elettori, ora, decidere se archiviare o meno anche questa nuova sigla.

Fonte: No Cristianofobia, 13 febbraio 2015

9 - OMELIA II DOMENICA DI QUARESIMA - ANNO B - (Mc 9,2-10)
Questi è il Figlio mio, l'amato: ascoltatelo!
Fonte Il settimanale di Padre Pio, (omelia per il 1° marzo 2015)

La seconda domenica di Quaresima ci propone la meditazione del mistero della Trasfigurazione. Gesù conduce alcuni Discepoli sul monte Tabor e, davanti a loro, rivela lo splendore della sua gloria divina. Gli Apostoli vivevano accanto a Gesù, ne ascoltavano la parola, vedevano i miracoli da Lui operati, ma rimanevano ancora deboli ed incerti. Dopo poco tempo, avrebbero dovuto affrontare un'esperienza molto difficile, quella del Calvario, e avevano bisogno di una prova evidente che Gesù era il Figlio di Dio.
E questo avvenne proprio con la Trasfigurazione. La Trasfigurazione di Gesù è stata una manifestazione della sua divinità e una anticipazione della gloria futura. Si udì una voce dal cielo, la voce del Padre che disse: «Questi è il Figlio mio, l'amato: ascoltatelo!» (Mc 9,7). Quell'indimenticabile esperienza fece pregustare agli Apostoli la beatitudine eterna, tanto che Pietro, a nome di tutti, disse: «Rabbì, è bello per noi essere qui; facciamo qui tre capanne, una per te, una per Mosè e una per Elia» (Mc 9,5). Non riuscivano più a staccarsi da quella visione e desideravano rimanere lì, su quel monte, per sempre. Ma ciò non era possibile. L'Evangelista dice chiaramente che Pietro «non sapeva infatti che cosa dire, perché erano spaventati» (Mc 9,6). Non si trattava di paura, ma del timore che prende la creatura di fronte alle manifestazioni divine. Quell'esperienza fu importante per fortificare gli Apostoli nell'imminenza della Passione di Gesù.
Il Signore opera con noi in modo simile. Per fortificare il nostro spirito, affinché sia in grado di affrontare le inevitabili prove della vita, Dio invita anche noi sul monte Tabor, il monte della preghiera. Ogni giorno dobbiamo salire questo monte per attingere luce e forza, per poi ridiscendere alle occupazioni di ogni giorno, familiari e lavorative. Senza questa salita al monte Tabor, la nostra vita diventerà molto più faticosa e noi non riusciremo a portare la croce quotidiana dietro al nostro Maestro Divino.
Gesù salì sul monte a pregare. Impariamo da questo quanto sia importante la preghiera. Non se ne può fare a meno. La preghiera è la cosa più necessaria, al punto che i monasteri possono essere considerati come le sorgenti nascoste che danno vita a tutta la Chiesa, mentre i contemplativi si possono definire come i più grandi benefattori dell'umanità.
Nella vita di san Francesco e di santa Chiara si legge un episodio molto bello, riguardante lo splendore delle anime pure che amano Dio con tutto il loro cuore, che già su questa terra sperimentano la trasfigurazione dell'Amore di Dio. Un giorno san Francesco, nei pressi della chiesetta di Santa Maria degli Angeli, parlò a santa Chiara, e ad altri figli spirituali, di Dio e delle realtà celesti. Parlò così devotamente che discese sopra di loro l'abbondanza della divina grazia e tutti furono rapiti in Dio. Gli abitanti di Assisi videro un chiarore e si precipitarono, pensando a un incendio. Quando giunsero, essi si accorsero che non c'era alcun incendio, ma che tutti erano immersi nella contemplazione (cf FF 1844). Gli abitanti di Assisi considerarono allora la presenza di quelle anime sante come una grazia molto grande concessa da Dio alla loro città e come la migliore garanzia di protezione divina.
Il Vangelo di oggi ci insegna inoltre che la Gloria passa per la Croce. Chi vuole entrarvi deve passare attraverso la Croce. Tutti vogliono andare in Paradiso, ma pochi sono quelli disposti a passare per il mistero della Passione.
Il mistero della Croce era già prefigurato nell'Antico Testamento, precisamente nella prima lettura che abbiamo ascoltato. Dio disse ad Abramo: «Prendi tuo figlio, il tuo unigenito che ami [...] e offrilo in olocausto su di un monte che io ti indicherò» (Gen 22,2). Dal racconto biblico sappiamo che Abramo obbedì alla voce di Dio, che costruì l'altare, collocò la legna e che, con lo strazio nel cuore, stava per immolare il figlio Isacco. Ma l'angelo del Signore lo bloccò; e, al posto di Isacco, Abramo immolò un ariete.
Questo sacrificio preannunciava l'immolazione di Gesù sul Calvario. Egli, il Figlio unigenito del Padre, discendente da Abramo secondo la carne, venne realmente sacrificato sul legno della Croce. Ma da questa morte venne la salvezza per il mondo intero, secondo la promessa che Dio fece al santo Patriarca: «Si diranno benedette nella tua discendenza tutte le nazioni della terra» (Gen 22,18). Questo discendente è Gesù, il Figlio di Maria, il Redentore del mondo.
Il brano del Vangelo odierno si conclude con le parole del Padre Celeste che invita tutti ad ascoltare Gesù. È Lui il nostro Maestro, e noi tutti gli dobbiamo ubbidienza. Gesù ci parla nel suo Vangelo, e noi dobbiamo leggerlo e meditarlo; Gesù ci parla attraverso i suoi rappresentanti qui in terra: il Papa e i vescovi. Ascoltando loro, e in modo particolare il Sommo Pontefice, non potremo sbagliare e saremo certi di ascoltare Gesù.

Fonte: Il settimanale di Padre Pio, (omelia per il 1° marzo 2015)

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