BastaBugie n�401 del 13 maggio 2015

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1 ECCO PERCHE' IN ITALIA LA POLIZIA NON PUO' IMPEDIRE A UN BLACK BLOC DI DEVASTARE UNA CITTA'
Intervista al segretario nazionale del sindacato di polizia che denuncia la paralisi normativa e operativa dopo il G8 di Genova
Autore: Chiara Rizzo - Fonte: Tempi
2 BIENNALE DI VENEZIA: UNA VERA MOSCHEA ALLESTITA DENTRO UNA CHIESA
Esulta la comunità islamica per questo incredibile regalo, eppure per la legge civile è necessario il permesso (mai concesso) dell'autorità ecclesiastica
Autore: Matteo Matzuzzi - Fonte: La Nuova Bussola Quotidiana
3 IO, EX PROSTITUTA, VI RACCONTO COSA SONO VERAMENTE LE CASE CHIUSE
In Germania nessuna prostituta paga le tasse, nessuna diventa ricca, siamo solo schiave, devi fingere di stare molto bene mentre ti fa schifo tutto, mica arriva Brad Pitt!
Fonte: Tempi
4 BENIGNI NON PARLA MAI DEL (VERO) DANTE CHE MISE ALL'INFERNO I GAY E MAOMETTO
Per il 750° anniversario di Dante al Senato ospitano il poeta dell'inno del corpo sciolto: ora ci aspettiamo Alvaro Vitali a celebrare il Petrarca e Checco Zalone per il Manzoni...
Autore: Antonio Socci - Fonte: Libero
5 CARA, E' VERO CHE TI AMO, MA NON SI SA MAI...
Dopo l'approvazione del divorzio breve, la prossima ''conquista civile'' sarà il divorzio concordato prima di sposarsi
Autore: Tommaso Scandroglio - Fonte: Corrispondenza Romana
6 SE ESSERE MAMME FOSSE UNA PRATICA AGONISTICA...
Intervista a Costanza Miriano, madre di 4 figli, giornalista e ritardataria cronica che però non rinuncia alla Messa quotidiana
Autore: Emanuele Fant - Fonte: Credere
7 LA TRAGEDIA DEL RAGAZZO CURATO A ORMONI PER DIVENTARE RAGAZZA
La natura ci dice che non è possibile cambiare sesso perché, ci piaccia o no, nasciamo maschi o femmine
Autore: Roberto Marchesini - Fonte: La Nuova Bussola Quotidiana
8 SENTINELLE, NON E' PIU' TEMPO DI STARE A GUARDARE!
Cento piazze per la famiglia: vieni sabato 23 maggio alla veglia nazionale delle Sentinelle in Piedi (VIDEO: elenco delle veglie)
Fonte: Sentinelle in Piedi
9 OMELIA ASCENSIONE - ANNO B - (Mc 16,15-20)
Chi crederà e sarà battezzato sarà salvato, ma chi non crederà sarà condannato
Fonte: Il settimanale di Padre Pio

1 - ECCO PERCHE' IN ITALIA LA POLIZIA NON PUO' IMPEDIRE A UN BLACK BLOC DI DEVASTARE UNA CITTA'
Intervista al segretario nazionale del sindacato di polizia che denuncia la paralisi normativa e operativa dopo il G8 di Genova
Autore: Chiara Rizzo - Fonte: Tempi, 05/05/2015

Dopo l'udienza di convalida del fermo davanti al giudice per le indagini preliminari di Milano, il difensore di Pasquale Davide, elettricista 32enne di Alessandria fermato durante il caos del corteo dell'1 maggio, ha raccontato ai giornalisti la difesa del suo assistito: «Ha spiegato di aver solo raccolto un bullone e di averlo gettato subito a terra, e di essersi coperto il volto con la felpa per ripararsi dal fumo dei lacrimogeni. Non è contrario a Expo». Parole che ricordano, non troppo da lontano, quelle usate da tre tedeschi, fermati il 29 aprile, dalla Digos. Sul furgone avevano 58 bombolette spray e passamontagna. Si sono difesi così: «Siamo degli artisti, siamo venuti in Italia come writers, per disegnare qualcosa in un luogo ovviamente consentito». Unica misura che la Digos ha potuto applicare nei loro confronti: la consegna di un semplice foglio di via. Felice Romano, segretario nazionale del sindacato di polizia Siulp, spiega a tempi.it come sia stato possibile.
Tra il 28 aprile e il 30, la Digos a Milano ha compiuto varie retate, recuperando bastoni, maschere antigas, bombe carta, martelli da scasso e identificando vari esponenti della galassia black bloc, sia italiani che stranieri. Ma gli italiani non sono stati né fermati né arrestati, perché la legge non lo consente. È vero che anche gli stranieri fermati sono stati rilasciati poche ore dopo? Com'è stato possibile?
Per gli stranieri la Digos ha potuto chiedere il decreto di espulsione, che però non è mai stato convalidato dai giudici. E in questi fatti sta emergendo il problema centrale di tutta l'attività preventiva che stiamo svolgendo da anni.
Quale problema?
Dopo il G8 di Genova e quello che è accaduto per colpa di pochi elementi della polizia, che evidentemente non hanno agito in modo corretto, le forze dell'ordine italiane in questi anni hanno cercato di correggere tutti gli errori commessi in quell'occasione. Intanto però la normativa in materia di cortei e manifestazioni è rimasta bloccata al Testo unico delle leggi di pubblica sicurezza, che risale al 1931.
Un testo non proprio "attuale".
Ovviamente no. Parliamo di una legge che era in vigore al tempo in cui vigeva ancora il codice Rocco, con una legislazione penale dura che ovviamente dava molto potere alle forze di polizia e con processi fortemente accusatori. Giustamente il codice oggi prevede un processo diverso e più equo. Ma in materia di ordine pubblico è rimasto lo stesso. Le attuali norme prevedono l'obbligo, in capo agli organizzatori di un corteo, di dare preavviso all'autorità di pubblica sicurezza, come il questore. Questi a sua volta ha la facoltà di imporre delle prescrizioni in ragione del tipo di protesta, della giornata e del contesto: se ad esempio viene organizzato un raduno di naziskin il 25 aprile, il questore ha tutta la facoltà di negare l'autorizzazione. Ma una volta che il questore rilascia le prescrizioni, non esiste un reato specifico per il comportamento che si configura nella manifestazione, ad eccezione del divieto di indossare caschi o elementi che non permettano l'identificazione.
Nemmeno nel caso di una devastazione come quella messa in atto a Milano?
Nemmeno in quel caso. Persino il reato che ora i magistrati vogliono perseguire, il saccheggio, è infatti ancora tutto da dimostrare.
E ciò vale anche per le devastazioni messe in atto in altre occasioni, come per gli hooligans olandesi che devastarono la Barcaccia di Piazza di Spagna?
Certo. Infatti anche allora i pochi hooligans fermati vennero poco dopo rilasciati, perché non furono colti in flagranza di reato.
Se si crea il caos come hanno fatto i black bloc, cosa si rischia esattamente a rigore di legge?
Se si organizza una manifestazione e si lascia partecipare l'orda di delinquenti che si è vista a Milano, al massimo si risponde per il mancato rispetto delle prescrizioni del questore, con una multa di 516 euro.
Non è certo un gran deterrente.
Esatto. Oggi tutti si meravigliano di ciò che è accaduto a Milano, ma noi lo viviamo tutte le volte che c'è una manifestazione. [...]
Se non è previsto un reato specifico per ciò che è avvenuto, anche chi è stato fermato l'1 maggio ora potrebbe essere rilasciato?
Sì, il rischio è fondato. Il giudice per le indagini preliminari non può attribuire il caos, le vetrine distrutte, le urla della panificatrice con il negozio devastato, per forza ai fermati di sabato, perché in Italia giustamente la responsabilità penale è personale, e si può rispondere di un delitto solo davanti a una prova certa, come un filmato, una testimonianza, la flagranza. Oggi perciò le forze dell'ordine chiedono un tavolo comune con il governo: chiediamo che gli errori di pochi non fermino il lavoro di tutti. Non si può fermare la violenza senza utilizzare la forza. Ci abbiamo provato a fermare queste violenze con il pensiero o offrendo fiori, ma non si riesce. Ecco, noi chiediamo solo che sia autorizzata una forza adeguata, non eccessiva, che consenta in una frazione di secondo di fermare le molotov. Per quale motivo, se un tizio parte dalla Germania alla volta di Milano e la Digos lo becca con martelli antiscasso e maschere antigas, quel tizio non può essere fermato e arrestato in mancanza di un reato specifico? Non è possibile nemmeno fare arresti differiti sotto il vaglio della magistratura, come avviene per gli stadi? Il ministro Angelino Alfano, che a noi parla da parte del governo, ha detto che di questa necessità si discuterà. Noi rivendichiamo solo la tutela della democrazia e dei cittadini, con regole chiare, ma anche con sanzioni chiare.

Nota di BastaBugie: per chi se lo fosse perso, ecco il link all'articolo che avevamo rilanciato la scorsa settimana
NO-EXPO DEVASTANO MILANO RIVELANDO AL MONDO CHE L'ITALIA NON HA UNA POLITICA DI SICUREZZA
E così riprendono vigore la violenza negli stadi e l'emergenza sbarchi e siamo pieni di incertezze contro il terrorismo islamico
https://www.bastabugie.it/it/articoli.php?id=3743

Fonte: Tempi, 05/05/2015

2 - BIENNALE DI VENEZIA: UNA VERA MOSCHEA ALLESTITA DENTRO UNA CHIESA
Esulta la comunità islamica per questo incredibile regalo, eppure per la legge civile è necessario il permesso (mai concesso) dell'autorità ecclesiastica
Autore: Matteo Matzuzzi - Fonte: La Nuova Bussola Quotidiana, 11/05/2015

Il Gazzettino scriveva qualche giorno fa che «una moschea nella più che millenaria storia di Venezia non si era mai vista». Adesso il tabù è stato sfatato e la moschea c'è. Anche se per pochi mesi (fino al prossimo 22 novembre) e nell'ambito della Biennale. Il problema è che l'edificio islamico è stato allestito in quella che pur sempre è una chiesa cattolica (anche se chiusa al culto): Santa Maria della Misericordia, nel sestiere di Cannaregio.
C'è tutto: il tappeto rivolto verso la Mecca, i pannelli con i versetti del Corano e perfino il Mirhab a occultare il crocifisso, che strideva con la nuova ambientazione. Manca, sulla facciata, la scritta "Allah u akbar". C'era l'intenzione di metterla, ma poi si è preferito soprassedere, anche per le pressioni del Comune. A organizzare il tutto è stato il padiglione islandese della Biennale, che per allestire la chiesa ha chiamato l'artista d'origine svizzera Christoph Büchel. L'obiettivo, stando alle dichiarazioni ufficiali, è quello di lanciare un messaggio contro l'islamofobia. Il ministro dell'Istruzione di Reykjavik, Illugi Gunnarson, ha spiegato che l'idea di infilare una moschea all'interno di una chiesa può stimolare il dialogo, che in Islanda - fa sapere - «è aperto».
Entusiasta s'è detto il presidente della comunità islamica veneziana Mohamed Amin Al Ahdadb, che primo fra tutti ha capito l'importanza dell'avvenimento: «Questo progetto supera l'effetto di cento conferenze sul dialogo tra le culture». Il problema è che il Patriarcato di Venezia non ha mai autorizzato la trasformazione del sito. Che l'edificio sia chiuso al culto da molto tempo (dal 1969), non conta nulla. «L'edificio in questione, chiuso al culto, non appartiene più a realtà ecclesiastiche ma è proprietà di privati dal 1973», si legge come premessa in un comunicato ufficiale. Tuttavia, «per ogni utilizzo diverso dal culto cristiano cattolico», prosegue la Nota, «va richiesta autorizzazione all'autorità ecclesiastica indipendentemente da chi, al momento, ne sia proprietario; tale autorizzazione, per questo specifico sito, non è mai stata richiesta né concessa».
Dalla diocesi si aggiunge anche qualche particolare che rende la vicenda, se possibile, ancor più interessante. Si fa sapere, infatti, che «nello scorso mese di febbraio era stata richiesta al Patriarcato di Venezia la concessione di altri edifici sacri situati in città da mettere a disposizione per questa stessa installazione artistica; tale concessione non fu accordata per le stesse motivazioni che oggi vengono qui confermate».
E a chi come il Comune ha parlato di un via libera relativo unicamente «a una mostra e non a un luogo di culto», si replica che «la singolarità dell'evento proposto comportava maggiore attenzione e richiedeva il coinvolgimento delle comunità religiose interessate e non solo la valutazione dell'intervento artistico e l'eventuale autorizzazione all'uso di uno spazio, a chiunque esso appartenga». Dalla Biennale cercano di gettare acqua sul fuoco e spiegano che «il progetto è stato approvato come installazione artistica, alla condizione che sia realizzato come luogo espositivo visitabile da tutti». Poco cambia, rileva ancora il Patriarcato: «La scelta di usare una chiesa chiusa al culto non risolve questo aspetto, ma lo ignora. L'intervento così attuato ricade su componenti della città che avrebbero dovuto essere maggiormente coinvolte».

Nota di BastaBugie: per l'Islam ogni luogo in cui ha pregato un musulmano, anche solo una volta, diventa un luogo di proprietà musulmana per sempre.
Ecco perché condividiamo pienamente l'editoriale di Riccardo Cascioli "Fate rimuovere subito quella installazione" pubblicato su La nuova Bussola Quotidiana l'11-05-2015:
Che l'arte sia ormai diventata il pretesto per giustificare qualsiasi nefandezza ideologica, non è certo una novità. Ma la vicenda della chiesa di Santa Maria della Misericordia a Venezia, trasformata in moschea come espressione artistica della lotta all'islamofobia, supera qualsiasi limite. Solo un idiota può seriamente pensare che trasformare in moschea una chiesa (seppure chiusa al culto) possa essere considerato un invito al dialogo. È invece un invito alla guerra in un momento in cui di queste provocazioni non c'è proprio bisogno.
Il Patriarcato di Venezia ha finalmente deciso di protestare non solo per un gesto che basterebbe il buon senso a sconsigliare, ma soprattutto per il fatto che esso va contro la legge. La diocesi avrebbe dovuto dare eventualmente l'assenso su richiesta, ma nessuna richiesta è pervenuta; e anche fosse stata inviata, la Curia avrebbe negato il permesso. Così ci dice il Patriarcato. Ergo, quella installazione lì non ci doveva stare.
Bene. Dirlo però non basta. La provocazione non può passare così, qualche giorno di polemica e tutto rimane com'è; troppo forte la carica simbolica per farla andare liscia.
Nessuna violenza, ci mancherebbe: però, visto che è stato commesso un abuso, il Patriarcato ora dovrebbe esigere la rimozione immediata della installazione. Senza se e senza ma. Immediata.
E anche promuovere sit in di preghiera davanti alla chiesa di Santa Maria della Misericordia se la direzione della Biennale continuasse a difendere la presenza di questa provocazione. Magari si potrebbe addirittura copiare lo stile delle Sentinelle in Piedi, "occupando" la chiesa per una veglia silenziosa. E se il Patriarcato non si muove, lo facciano i laici.
Lasciare che l'abuso venga consumato significa mandare un segnale di resa incondizionata che farà solo il gioco dell'ala più radicale dell'islam.

Fonte: La Nuova Bussola Quotidiana, 11/05/2015

3 - IO, EX PROSTITUTA, VI RACCONTO COSA SONO VERAMENTE LE CASE CHIUSE
In Germania nessuna prostituta paga le tasse, nessuna diventa ricca, siamo solo schiave, devi fingere di stare molto bene mentre ti fa schifo tutto, mica arriva Brad Pitt!
Fonte Tempi, 27/04/2015

Periodicamente si torna a parlare in Italia di come regolamentare le prostituzione. Recentemente era stato il sindaco di Roma Ignazio Marino a proporre alcune zone di tolleranza per le lucciole. Idee bislacche, che non tengono conto delle reali condizioni in cui vivono e sono trattate le persone che si prostituiscono. Eppure il tema torna di tanto in tanto nelle nostre cronache, soprattutto attraverso le idee di chi propone la favola della regolamentazione dell'attività. Il ragionamento, nemmeno troppo sottointeso, è questo: poiché il fenomeno non è arginabile, regolamentiamolo in modo - almeno - da tassarlo. In Italia alcuni parlamentari hanno presentato un disegno di legge per depenalizzare lo sfruttamento. Il risultato sarebbe il via libera alle case chiuse.
L'esempio è quello tedesco che, nell'immaginario collettivo che si vuole imporre, è un paese dei balocchi dove nelle case chiuse si rispettano tutte le norme igienico sanitarie del caso e le prostitute sono delle libere professioniste che offrono prestazioni sessuali dietro fattura.

LE TASSE NON LE PAGA NESSUNO
Va dato atto all'Espresso di aver realizzato sulla questione un'intervista che gratta via ogni ipocrisia e fa parlare chi quella situazione l'ha realmente vissuta e ha dunque tutti gli elementi per dire cosa realmente accade in questi "castelli fatati del sesso". «E comunque rimane quell'odore disgustoso di minestrone rancido, uguale per tutti. Credo che sia l'eccitazione che li fa puzzare così». A parlare è Inge, ex prostituta tedesca, prima ermafrodito e, dopo l'operazione, donna. Ha esercitato a Berlino, arrivando a "fare la vita" per «difficoltà economiche, come tutte. La motivazione è la maggior parte delle volte finanziaria». Ma i guadagni, lamenta Inge, non sono quelli che ci si può aspettare: alla fine del mese rimane in tasca poco perché «l'affitto di una stanza in un bordello di lusso costa da 140 a 160 euro al giorno, se passi la mezzanotte, paghi il doppio, quindi, almeno 300 euro. Se hai lavorato molto bene in quelle ore, e se ce la fai, lavori con otto uomini».
Quindi si pagano le tasse? Ovviamente no. Non lo fa nessuno per due motivi: il primo è di ordine economico («per pagarti la pensione non basta quello che guadagni: come si fa a accantonare 1200 euro al mese?»). Il secondo è che nessuna vuole che sui suoi documenti appaia scritto: "professione prostituta". «Ti resta il marchio a vita – racconta Inge -. Visto che al massimo lavori fino ai 35 anni, se ce la fai a uscire dal giro, e ti presenti in un posto di lavoro che referenze presenti? E comunque, nessun cliente vuole lasciare nome cognome e codice fiscale. A chi intesti la fattura? I clienti non vogliono lasciare generalità anche per paura di essere ricattati... o di lasciare tracce».

NON ESISTONO PROSTITUTE CHE DIVENTANO RICCHE, ESISTONO SOLO DELLE SCHIAVE
Non esistono prostitute che diventano ricche. Esistono solo delle schiave. Innanzitutto da parte dei clienti, che chiedono le prestazioni più particolare e obbrobriose (e ve le lasciamo immaginare: dagli animali in giù) e poi la concorrenza spietata tra le varie squillo che, pur di accaparrarsi clienti, arrivano a degradarsi fino all'estremo. Poi, dice Inge, ci sono i "papponi", quelli che su questo mercato fanno i veri soldi. Le case chiuse non risolvono i problemi della tratta e delle violenze sulle prostitute, anzi. «Se si parla di una soluzione per la tratta - spiega -, con i bordelli legali la tratta non è mai stata più fiorente. Sono per la maggior parte ragazzine che vengono dai paesi dell'Est: dalla Russia, dall'Ungheria, dalla Bulgaria. Non parlano tedesco, non sanno di avere dei diritti, né vogliono che le loro famiglie sappiano. Ci sono moltissime donne rom gestite dalla mafia rom. Prima c'era un solo un proprietario, ora ne hanno due: chi le obbliga e il padrone del bordello. Prima c'erano solo papponi tedeschi e il fenomeno era più controllato. Ora sono albanesi, rumeni, ungheresi che si sparano tra loro. Dialogano così».

DEVI FINGERE DI STARE MOLTO BENE MENTRE TI FA SCHIFO TUTTO
Ci sono poi le condizioni in cui queste ragazze si trovano a vivere. E sono condizioni davvero degradanti. «Quello che succede in quelle stanze è affare tuo e del cliente. Il proprietario ti affitta solo la camera: se ti uccide un cliente ti ritrova la mattina dopo la donna delle pulizie». Per non parlare del problema della droga e dell'alcolismo. «In questi locali circola sempre moltissima droga, anche se non vuoi, per intrattenere i clienti e andare avanti con loro o bevi o ti droghi, o entrambe le cose. Oppure succede che le ragazze arrivano alla prostituzione proprio dalla droga, per pagarsela. Sono quelle che fanno di tutto e si fanno fare di tutto per pochissimi soldi. Comunque non hai molta scelta: devi reggere le prestazioni che ti chiedono e fingere di stare molto bene mentre ti fa schifo tutto. Non arriva mica Brad Pitt! E poi c'è lo schifo dell'odore da superare: quando mi prostituivo, per levarmelo di dosso, mi lavavo con la spugna dei piatti fino a farmi uscire il sangue».

Fonte: Tempi, 27/04/2015

4 - BENIGNI NON PARLA MAI DEL (VERO) DANTE CHE MISE ALL'INFERNO I GAY E MAOMETTO
Per il 750° anniversario di Dante al Senato ospitano il poeta dell'inno del corpo sciolto: ora ci aspettiamo Alvaro Vitali a celebrare il Petrarca e Checco Zalone per il Manzoni...
Autore: Antonio Socci - Fonte: Libero, 10/03/2015

In altri tempi a celebrare solennemente in Senato, alla presenza del Capo dello Stato, il 750° anniversario della nascita di Dante Alighieri, sarebbero state chiamate personalità del calibro di Francesco De Sanctis o Benedetto Croce.
Ma ogni epoca ha i vati che merita. Così, pare per volontà del presidente Grasso, il Senato nei giorni scorsi ha fatto tenere la suddetta prolusione al comico di Vergaio, Roberto Benigni. E' lui il nuovo vate della nazione?

POLITICI E COMICI
Non è facile capire com'è che - per gli attuali vertici dello Stato - un gigante del pensiero e della storia nazionale come Dante debba essere illustrato in Senato da un attore comico.
Perché Benigni questo è: un ottimo comico, divertente, ma pur sempre un comico che va benissimo per la tv e per le piazze.
Ma non risulta che abbia titoli o meriti filosofici, letterari o storici per tenere la prolusione in Senato. Del "Benigni poeta" del resto ricordo solo l'"Inno del corpo sciolto" sulle cui strofe è meglio sorvolare.
Evidentemente il presidente Grasso al nome di Dante riesce ad associare solo quello di Benigni, segno di una "cultura" non proprio vastissima e perlopiù televisiva.
In fondo avrebbe potuto reperire anche sui giornali (non dico sui libri) nomi di intellettuali contemporanei - da Ernesto Galli della Loggia a Umberto Eco, al cardinale Giacomo Biffi - a cui affidare una riflessione che avesse un'autorevolezza adeguata all'aula del Senato.
Ma i vertici dello Stato ritengono che Benigni sia l'oratore più adatto per gli attuali parlamentari. Qualcuno ha notato che di questo passo potrebbero chiamare in Senato a celebrare il Petrarca un Alvaro Vitali e Checco Zalone per il Manzoni.
Forse il paragone non è giusto. Bernigni ha fatto obiettivamente una buona opera di divulgazione popolare con le sue letture dantesche. Sono molto divertenti gli spettacoli che ha dedicato alla Divina Commedia. Ma sono appunto spettacoli di un ottimo attore comico.

IL NOSTRO DESTINO
Altra cosa dovrebbe essere una solenne riflessione in Senato sul 750° anniversario della nascita di un poeta così grande e così importante per il nostro Paese da aver letteralmente coniato la nostra lingua italiana (perché - se non lo si sa - la Divina Commedia fu scelta come il canone della nostra lingua).
Possibile che delle nostre istituzioni e della nostra identità culturale millenaria si abbia una considerazione che non va oltre gli esilaranti spettacoli di un attor comico?
Possibile che nessuno abbia sentito, nell'occasione, la necessità di una riflessione seria sulla nostra identità nazionale?
Sarebbe questo il "senso delle istituzioni" che viene sempre sbandierato da lorsignori?
Ed è questa la consapevolezza culturale che le nostre classi dirigenti hanno della storia e del destino di questo Paese?

POLITICALLY CORRECT
Da Benigni, in Senato, per questa nostra Italia del cazzeggio, è arrivata la solita raffica di battute. Simpatica quella secondo cui PD significherebbe "Partito di Dante".
Lui l'ha detta ridendo, ma si sa che Arlecchino si confessa burlando e - in fin dei conti - l'operazione fatta in questi anni da Benigni è stata proprio questa: trasformare Dante in un autore "politically correct".
Infatti si è verificato questo singolare e buffo fenomeno: negli ultimi quindici anni Dante - o meglio il Dante benignesco - è entrato nel Pantheon del progressista italico.
Curioso no? Con il '68 la Divina Commedia fu di fatto spazzata via dalla scuola, Dante era considerato un barboso bigotto reazionario.
Poi Benigni, per la sua Italia progressista, l'ha tirato fuori dal lazzeretto in cui era stato relegato. Ma non che oggi Dante venga letto o davvero riproposto a scuola e studiato e amato. No.
Quanti fra coloro che si dicono appassionati dantisti sulla scorta di Benigni hanno mai sentito parlare o letto Auerbach o Contini o Singleton? Ancor più si tengono a distanza dalla dottrina cattolica di Tommaso d'Aquino e Bernardo di Chiaravalle che struttura tutta la Commedia.
Figuriamoci.
Il Dante dell'intellettuale collettivo e della Sinistra benpensante in realtà è Benigni, non il poeta della Divina Commedia che resta - ai loro occhi - un indigeribile trombone cattolico-reazionario.
Infatti Benigni, per renderlo digeribile al delicato stomaco della sinistra salottiera, ha "appannato" il vero Dante, quello "politicamente scorretto", scomodo e urticante.

IL VERO DANTE
Oggi il vero Dante, redivivo, sarebbe letteralmente schifato e considerato quasi un appestato, sia nelle curie ecclesiastiche che in quelle laiche, come del resto gli accadde in vita.
Infatti visse ramingo e braccato. Fu considerato un fallito come politico e pure come intellettuale se - lui vivente (già circolavano l'Inferno e il Purgatorio) - fu data l'incoronazione di poeta (che era un po' il Nobel di allora) a un tal Albertino Mussato, per aver scritto una tragedia, l' "Ecerinis", che nessuno ricorda più.
Dante fu esiliato da Firenze e morì in contumacia (come Craxi!) con l'accusa di "barattiere", cioè tangentista. Dunque o Dante era un ladro (perciò sarebbe considerato col disprezzo riservato ai politici corrotti) o - ed è certo - non lo era e allora fu vittima di una giustizia di parte (politicizzata), davanti alla quale - fra l'altro - non volle comparire disprezzandola (così guadagnandosi la condanna al rogo).
Del resto ha lasciato nella Commedia parole di fuoco contro chi lo condannò. Ed insieme il suo alto lamento sull'Italia che vede come un "bordello" e come una nave senza timoniere, sbattuta qua e là dalle tempeste e rovinata da classi dirigenti miserabili.
Ma il Poema sacro - che non ha eguali nella letteratura mondiale (in questo Benigni ha ragione: "non è l'apice della letteratura italiana, è l'apice di tutte le letterature, non c'è niente di più alto") - contiene pure un'impressionante e "spudorata" serie di violazioni del politically correct, tale da fare impallidire l'odierna mentalità dominante.
Tempo fa un'associazione internazionale - riferiva il Corriere della sera - ne chiese la cancellazione dai programmi scolastici o la "correzione" dei suoi presunti contenuti "islamofobici, razzisti ed omofobici".
In realtà non c'è nessun razzismo, ma è vero che il poema dantesco può sembrare urticante a due "partiti" oggi agguerritissimi, il mondo musulmano e il movimento gay, in riferimento a coloro che il poeta pone all'Inferno.
Del resto, da "cattolico integralista" come oggi lo si definirebbe (ma in realtà è solo cattolico), mette all'inferno pure gli eretici, i bestemmiatori, gli adulatori e (pur essendo lui alquanto sensibile alle grazie femminili) anche i lussuriosi.

PAPI ALL'INFERNO
Infine, come se non bastasse, condanna con parole di fuoco diversi papi del suo tempo, mettendoli all'inferno e sparando a zero sulla corte pontificia, pur professandosi cattolicissimo. Anzi, proprio perché cattolico.
Cosa che oggi, in tempo di bigottismo imperante, sarebbe ritenuta inammissibile: ma lui era cattolico, non clericale, né papolatra, mentre oggi tutti sono clericali e papolatri, senza però professare la fede cattolica.
Il cardinale Giacomo Biffi ha scritto: "La cristianità ha un esempio ammirevole del connaturale connubio tra fede e libertà in Dante Alighieri. Proprio la sua indubitabile adesione alla verità cattolica consente e illumina la sua perfetta autonomia di giudizio, svincolata da ogni timore o condizionamento umano. Dante non teme di criticare l'operato dei papi e le loro scelte operative, fino a collocarne diversi nel profondo dell'inferno. Ma in lui non viene mai meno e mai minimamente s'attenua 'la reverenza delle somme chiavi' (Inf. XIX, 101). Quando si tratta di esprimere riserve o biasimi che egli ritiene dovuti, non ci sono sconti né per i laici, né per gli ecclesiastici, né per i monarchi, né per i semplici cittadini... tenuti tutti, senza eccezioni, ad attenersi alla legge evangelica".
Dante non fu solo il più grande dei poeti, ma - essendo davvero cristiano - fu un uomo libero. E per questo scomodo.

Fonte: Libero, 10/03/2015

5 - CARA, E' VERO CHE TI AMO, MA NON SI SA MAI...
Dopo l'approvazione del divorzio breve, la prossima ''conquista civile'' sarà il divorzio concordato prima di sposarsi
Autore: Tommaso Scandroglio - Fonte: Corrispondenza Romana, 06/05/2015

Gli onorevoli Alessia Morani (Pd) e Luca D'Alessandro (Fi) sono i primi firmatari del cosiddetto divorzio breve. Sei mesi, al massimo un anno e si può buttare nell'inceneritore legale il proprio matrimonio. Gli stessi Morani e D'Alessandro stanno cercando di far approvare un altro disegno di legge volto all'uxoricidio legalizzato, quello concernente i patti prematrimoniali.
Il Ddl prevede l'inserimento nel Codice Civile del seguente articolo, l'art. 162 bis: «I futuri coniugi, prima di contrarre matrimonio, possono stipulare un patto prematrimoniale in forma scritta diretto a disciplinare i rapporti patrimoniali in caso di separazione personale, di scioglimento o cessazione degli effetti civili del matrimonio».
In buona sostanza si tratta di questo: prima di sposarsi i nubendi mettono per iscritto le loro volontà in merito ai rapporti patrimoniali in caso di separazione o divorzio. Ad esempio possono decidere che una volta che si sono detti addio, l'uno versi all'altra una somma di denaro periodica, oppure le lasci in affitto una casa, oppure rinunci al mantenimento dell'altra parte salvo il diritto agli alimenti, oppure escluda «il coniuge della successione necessaria», come leggiamo nel testo del disegno di legge.

IL DIVORZIO PREANNUNCIATO
Quindi dopo il divorzio breve ecco il divorzio anticipato, preannunciato. Accordi prematrimoniali che guardano al postmatrimonio e nel mezzo ci affidiamo alla buona sorte. Divisi prima e dopo, con una breve pausa di vita a due tra il prima e il dopo. Un bel paradosso. Da un punto di vista giuridico questo disegno di legge potrebbe essere letto come antinomico rispetto alla previsione dell'art. 108 cc in cui si afferma che il matrimonio non può essere sottoposto né a termine né a condizioni.
Vero è che gli accordi prematrimoniali del Ddl non prevedono che i nubendi possano decidere che dopo un certo lasso di tempo divorzieranno, bensì solamente che, in caso di divorzio, gestiranno le loro relazioni patrimoniali in un certo modo. Né le condizioni previste dal Ddl sono quelle dell'art. 108 e dell'art. 160: i nubendi non possono mutare a loro arbitrio i diritti e doveri inderogabili del matrimonio. Comunque, detto tutto ciò, già ventilare l'ipotesi prima di sposarsi che si possa divorziare è un po' come fare entrare il divorzio stesso non dalla porta principale della casa dei coniugi Rossi, ma di certo da quella sul retro.

L'ASPETTO PIÙ INQUIETANTE
L'aspetto però più inquietante non è da rilevarsi sul piano giuridico, ma su quello etico e culturale. Dal punto di vista della morale naturale, accettare l'ipotesi di divorzio, così come fa il Ddl qui in esame, significa provocare la nullità del matrimonio che si andrà a celebrare. Infatti, non solo secondo il Codice di diritto Canonico, ma anche alla luce della legge naturale, il matrimonio esige dai nubendi l'accettazione della proprietà dell'indissolubilità. O vuoi una relazione che duri per sempre e rifiuti qualsiasi ipotesi di divorzio - e allora chiameremo questa relazione "matrimonio" - oppure non la vuoi - e allora dovremo chiamarla "convivenza". Sul piano culturale c'è poi da rilevare che tale Ddl promuove una serie di disvalori preoccupanti.
Il matrimonio diventa sempre più una relazione precaria, a tempo determinato, con la data di scadenza come se fosse uno yogurt. In secondo luogo il favor giuridico non interessa più l'istituzione del matrimonio, bensì quella del divorzio, con uno strambo rovesciamento delle priorità. In altre parole non siamo più in presenza di un matrimonio divorziabile, ma di un divorzio matrimoniabile. Prima ti assicuro che puoi divorziare e poi potrai decidere di sposarti in tutta tranquillità.
Il matrimonio non fa nascere una coppia, bensì due individui legati da patti giuridici basati sulla reciproca diffidenza. Dunque bisogna pararsi le spalle, prevenire trappole e infedeltà, tutelarsi dallo spread dell'amore che sale e scende in modo imprevedibile. Il matrimonio è tutto sommato un affare, che inizia, come ogni impresa commerciale, con molte speranze, buoni propositi ed ottimi sentimenti, ma che poi - non è colpa di nessuno - può naufragare. Perché c'è crisi economica, ma anche affettiva. L'immagine allora che questo Ddl restituisce del matrimonio è quella grottesca dei due piccioncini che il giorno delle nozze al momento dello scambio delle fedi si scambiano anche gli accordi prematrimoniali. "Perché, cara, è vero che ti amo - dice lui a lei - ma non si sa mai".

Fonte: Corrispondenza Romana, 06/05/2015

6 - SE ESSERE MAMME FOSSE UNA PRATICA AGONISTICA...
Intervista a Costanza Miriano, madre di 4 figli, giornalista e ritardataria cronica che però non rinuncia alla Messa quotidiana
Autore: Emanuele Fant - Fonte: Credere, 10/05/2015

Scrivo di buon'ora un messaggio a Costanza Miriano: «Ho bisogno di chiamarti, qual è il momento migliore?». Risposta inaspettata: «Più o meno sempre». Il «sempre» mi suona strano, mi preoccupa il «più o meno». Costanza è nota come giornalista, scrittrice, blogger, maratoneta, multimamma. Si vede che oggi ha deciso di tirare il fiato. Provo alle undici, non risponde nessuno. Alle tredici, nemmeno.
A pomeriggio inoltrato, mi richiama: «Sai, stamattina ero al colloquio coi professori e ho lasciato da qualche parte il telefonino, ora siamo al pronto soccorso perché mio figlio forse ha una colica, ma sembra niente di grave». Come temevo: sono caduto in un suo libro solo chiamandola al cellulare.
Sapete perché la redazione di Credere mi ha chiesto di fare quattro chiacchiere con Costanza Miriano? Non per il successo editoriale di tutto quello che scrive, nemmeno per le battaglie sacrosante che combatte. Ma perché ti viene in mente lei, e la sua borsa a scomparti, quando pensi a una mamma vera.
Costanza Miriano, esiste un modo per conciliare la maternità con la Messa quotidiana?
«Piuttosto mi chiedo come sia possibile non andare a Messa ogni volta che si può: è lì che tutto viene offerto e consegnato, è lì che la fatica si trasfigura e la nostra incapacità può diventare feconda. È lì, cosa meravigliosa, che io mi lamento della stanchezza, a volte piango e c'è sempre Uno che mi ascolta, a volte mi riposo (credo di avere anche russato talora). Ti dico un segreto. Per impedire che le schiere di cose da fare mi assalgano con la loro molesta presenza, mi porto sempre una penna e un foglio - se non ce l'ho, uno scontrino, la ricetta della pediatra, un volantino della pizzeria - e mi scrivo le cose, in modo da continuare a pregare, cacciata la paura di dimenticarle. La Messa secondo me si chiama così perché mette a punto le giornate e le priorità. Se essere mamme fosse una pratica agonistica, la Messa sarebbe senz'altro doping».
Come vivono i tuoi figli il fatto che sei la nota scrittrice Costanza Miriano? Ti chiedono ancora l'autografo se ti incontrano di notte in corridoio?
«Avrei delle obiezioni sulla parola scrittrice – io mi sento piuttosto una traduttrice – e anche sul "nota". Comunque sì, mi prendono continuamente in giro per tutte le mie carenze. Se correggendo i compiti sbaglio il secolo di una guerra o la nazionalità di uno scrittore annunciano a gran voce: ed ecco a voi la grande critica letteraria, Costanza Miriano! Però, seriamente, spero che diano il peso che merita – cioè zero – al fatto che magari qualcuno mi riconosce in giro, a volte. Spero che capiscano quello che mi ha mosso nell'iniziare questa avventura: il desiderio di raccontare agli altri quello che per me aveva funzionato, che mi sta aiutando nella ricerca del Signore. Spero che sappiano che ognuno di noi è chiamato a fare lo stesso, chi scrivendo libri chi servendo al banco della gastronomia o insegnando o aggiustando macchine».
In mezzo alle altre mamme, quando aspetti un figlio fuori da scuola, qual è il tuo tratto distintivo?
«Il ritardo, innanzitutto. Il non sapere mai di che parlano le altre – sono l'unica senza WhatsApp. E poi ovviamente il fatto di essere dotata dei figli più belli, buoni, intelligenti, simpatici, macchiati e arruffati del mondo, per quanto potrei anche ammettere di non avere uno sguardo esattamente obiettivo su di loro... Comunque mi ricordo che quando ho partorito il primo figlio, una delle mie più care amiche è venuta da me e mi ha detto: "Ti dico solo una cosa: non ascoltare le altre mamme fuori da scuola". Effettivamente credo che a volte scattino delle forme ansiogene di competizione che non ci servono a guardare i nostri figli con la libertà e la serenità che meritano».
Sei una "mamma per vocazione", o lo hai capito col tempo?
«Non ero una di quelle che lo desiderava prima che mi capitasse. Ma quando mi è successo ho capito che ero progettata per quello, ed è stata una gioia totale, sconvolgente. Da qui a dire che sia una brava madre, ce ne corre. Io so che amo esserlo, questo sì. Ma che lo faccia bene non lo so. Vedo i figli degli altri e mi sembra sempre che i loro genitori abbiano fatto un lavoro migliore. Mi salva il pensiero che i figli vogliono due cose soprattutto. Vogliono sapere che la vita è una cosa buona, e questo credo che glielo stiamo testimoniando. E vogliono vedere che i genitori cercano di convertirsi, che fanno un lavoro su di sé: solo così avranno voglia anche loro di mettersi in questo viaggio verso la vita eterna».
Sei già diventata più brava di tua madre a cucinare?
«Impossibile. Però da quando sono andata a vivere da sola, e la chiamavo per chiedere se la pasta andasse messa dentro l'acqua fredda, sono molto migliorata. Se mi impegno faccio anche delle super cene, perché ho rubato il ricettario alla mamma. Il problema è che nell'ordinario di solito mi distraggo con le versioni di greco o a leggere favole, mi accorgo all'ultimo che è ora di cena e scaravento in pentola la prima cosa che cade dal frigo quando lo apro. A volte mi ricordo anche di accendere il gas. Altre volte tento con l'alito».

Fonte: Credere, 10/05/2015

7 - LA TRAGEDIA DEL RAGAZZO CURATO A ORMONI PER DIVENTARE RAGAZZA
La natura ci dice che non è possibile cambiare sesso perché, ci piaccia o no, nasciamo maschi o femmine
Autore: Roberto Marchesini - Fonte: La Nuova Bussola Quotidiana, 09/03/2015

"Così aiutiamo nostro figlio 15enne diventare una ragazza" è titolo di un articolo comparso qualche giorno fa sul Corriere della Sera. Racconta l'odissea di due genitori, Massimo e Rita, davanti alla confessione del figlio tredicenne che quando aveva otto anni si sente una ragazza nel corpo di un ragazzo. «Non ce la faccio più», scrive il ragazzo, «a sognare ogni notte al femminile e poi a svegliarmi non essendolo». Ecco fino dove può arrivare l'ideologia di genere.

IL SESSO È DETERMINATO DAL CONCEPIMENTO
Non amo commentare vicende che non mi riguardano, soprattutto quando non conosco bene le persone coinvolte e sono delicate come questa. Ci sono però altre osservazioni che si possono fare a proposito di questo articolo. Partiamo dal titolo, e chiediamoci: davvero è possibile che un ragazzo diventi una ragazza? No, non è possibile. Il nostro sesso è determinato fin dal momento del concepimento: se il papà lascia il cromosoma Y siamo maschi, altrimenti siamo femmine, che ci piaccia o no. Non importa se ci sono due cromosomi Y, o un cromosoma Y e due X: se c'è il cromosoma Y siamo maschi, punto. E non è questione di organi genitali: siamo maschi o femmine in tutto il nostro corpo, perché ogni cellula del nostro corpo ha quel benedetto cromosoma. Possiamo mutilarci, possiamo aggiungerci appendici siliconiche in ogni parte del corpo, depilarci, limarci la mascella e sottoporci a qualsiasi altra tortura, ma resteremo maschi. Senza genitali, magari, con protesi sul petto, ma sempre maschi. Quindi non è possibile che questo ragazzo diventi una ragazza. Qualcuno ha mentito ai genitori e a lui. Ma ovviamente le conseguenze del loro progetto saranno tutte esclusivamente di questa famiglia, nessuno le dividerà con loro. Quali conseguenze? Consiglio di leggere il libro di Walt Heyer (ex transessuale) intitolato Paper genders. Il mito del cambiamento di sesso (Sugarco 2013) per averne una idea [https://www.bastabugie.it/it/articoli.php?id=2738]; oppure la vicenda di Nancy Verhelst; o anche la (definitiva) opinione del dottor McHug.

RISULTATI PARADOSSALI
Passiamo ora ad una seconda questione. Questo ragazzo ("Irene") verrà sottoposto a trattamenti molto violenti perché afferma di essere una ragazza in un corpo di un ragazzo. Ok, fermiamoci un istante. Irene ha i genitali maschili e una conformazione fisica maschile; quindi, alla vista, appare un maschio. La medicina afferma che è un maschio. Ma afferma di essere una ragazza in un corpo di ragazzo. Può dimostrare di avere un'anima femminile? No. C'è modo di vedere quale sia il sesso della sua anima? No. Immaginiamo (mi è accaduto realmente) che incontri un uomo che afferma di avere un'anima angelica in un corpo umano. Nessuno può vederlo, ma egli è un arcangelo imprigionato in un corpo umano. Cosa penseremmo? Gli crederemmo? Prenderemmo seriamente le sue parole, al punto da impiantargli un paio d'ali? Il suo dramma finirebbe sul blog del Corriere della Sera? Eppure egli afferma le stesse cose che afferma "Irene", con la differenza che "Irene" è un ragazzino, mentre l'altro un uomo adulto, che lavora ed è inserito in parrocchia. Dunque: perché "Irene" sarà sottoposta a quei trattamenti?
Semplice: a causa dell'ideologia di genere. É l'ideologia di genere che ci fa credere una cosa assurda, cioè che sia possibile "cambiare sesso". Si chiama ideologia proprio per questo. È l'ideologia di genere che ci fa credere che un ragazzino di quindici anni sia qualcosa di diverso da quello che tutti possono vedere (e la scienza può dimostrare). È l'ideologia di genere che mette queste storie sul blog del principale quotidiano nazionale. È a causa dell'ideologia di genere che "Irene" verrà sottoposta a trattamenti degni del dottor Mengele. Tra l'altro: non ci hanno insegnato ad inorridire e a sdegnarci quando leggiamo che nel secolo scorso dei luminari della medicina sottoponevano le persone con tendenze omosessuali a trattamenti ormonali? Nel loro caso è una tortura, nel caso di un ragazzino quindicenne è una bella cosa? Sarebbe più facile credere a Michael Jackson rapito dagli alieni, piuttosto che ad un ragazzino il quale dice di essere una cosa diversa da quello che tutti vedono, non può dimostrarlo, ma tutti gli credono ugualmente.
Sembra un incubo, vero? Ma come è possibile? Non dimentichiamo l'alleato più forte dell'ideologia di genere, l'alleato migliore di qualsiasi ideologia: il conformismo. Nel 1956 lo psicologo Solomon Asch condusse un celebre esperimento. Il protocollo prevedeva che si radunassero in una stanza 8 soggetti, dei quali 7 erano complici dello sperimentatore. Al gruppo veniva mostrato un cartoncino con tre linee di altezza decrescente, accanto ad una linea solitaria alta quanto la prima delle tre linee. Veniva loro chiesto di indicare quale linea del gruppo di tre avesse una lunghezza uguale a quella solitaria. I sette complici rispondevano sempre in maniera errata; così come il vero soggetto, che rispondeva (quasi) sempre adeguandosi al gruppo. Oggi tutti credono ad un angelo senza ali per adeguarsi ai complici dello sperimentatore. "Irene" non è l'unica vittima dell'ideologia di genere; lo è anche la nostra intelligenza, la nostra dignità, e il destino della nostra società.

DOSSIER "CAMBIO DI SESSO"
I danni irreversibili della transizione

Per vedere tutti gli articoli, clicca qui!

Fonte: La Nuova Bussola Quotidiana, 09/03/2015

8 - SENTINELLE, NON E' PIU' TEMPO DI STARE A GUARDARE!
Cento piazze per la famiglia: vieni sabato 23 maggio alla veglia nazionale delle Sentinelle in Piedi (VIDEO: elenco delle veglie)
Fonte Sentinelle in Piedi, 20/04/2015

Quanti oggi in Italia si sono resi conto che c'è un testo in discussione in parlamento che prevede che le unioni fra persone dello stesso sesso saranno in tutto e per tutto equiparate al matrimonio? Quanti hanno capito che presto nel nostro paese un bambino potrà essere cresciuto da due uomini o due donne, deliberatamente privato quindi del papà, della mamma o di entrambi? Quanti hanno chiaro che il Ddl Cirinnà sulle cosiddette "unioni civili" in realtà non ha nulla di civile e che la civiltà la demolisce annientando la sua cellula primaria, la famiglia? E soprattutto chi di fronte a tutto questo è disposto ad alzarsi in piedi?
Arriva il momento in cui non è più possibile stare a guardare: quando la famiglia viene minacciata, quando il matrimonio è attaccato nella sua essenza, quando i bambini diventano oggetto di diritto, quando l'essere umano è violato nella sua natura di uomo o di donna, occorre opporsi per non assuefarsi a un potere pervasivo. Impressiona che le leggi sopra citate non siano nemmeno oggetto di dibattito, che in Italia lo pseudo matrimonio fra persone dello stesso sesso stia passando senza nemmeno la minima e naturale obiezione. Significa che il potere ha i suoi effetti anche su chi dissente. Quello di stordirci, abituarci a tutto e renderci cinici su ogni possibilità di cambiamento. che distrae le menti delle nuove generazioni e che le confonde, abituandole a pensare che sia tutto normale: il nostro appello è alla coscienza delle singole persone, siano esse uomini politici, rappresentanti delle istituzioni, intellettuali, responsabili di associazioni, guide di movimenti, leader religiosi e soprattutto persone normali, ciascuno di noi, tutti quanti, tu! Quel momento è adesso! Scendi in piazza con le Sentinelle in Piedi!
La famiglia è troppo preziosa per stare a guardare mentre viene distrutta.
Il cuore dell'uomo è troppo grande per cedere alle menzogne del potere.
È ora di scendere in piazza in tutta Italia come già accaduto il 5 ottobre scorso.
23 maggio 2015: 100 piazze per la famiglia.
Insieme resistiamo.
In piedi, non ci pieghiamo.
In silenzio, affermiamo che non c'è legge che possa zittire le coscienze vigili.
In piazza, testimoniamo che non c'è menzogna che possa cambiare la realtà.
Se non lo facciamo adesso, con che occhi guarderemo i nostri figli, con che cuore penseremo a domani? Con che coraggio continueremo a parlare di verità?
Se ci alzeremo in piedi saremo certamente presi in giro, ridicolizzati, scherniti, ma vivremo liberi dalla menzogna. La differenza verrà dalla nostra amicizia, dalla forza che avremo di testimoniarci la verità a vicenda, perché siamo certi che la maggioranza ancora ce l'ha a cuore, ma sarebbe così se anche fossimo in minoranza. La differenza la farà la fede che avremo nel cuore dell'uomo che ci porterà a stare in piedi, nelle piazze come nella vita, senza piegarci, spalla a spalla, mano nella mano, certi che questo rende la battaglia vinta già da ora.

Nota di BastaBugie: sotto il video c'è l'elenco delle veglie


https://www.youtube.com/watch?v=PCVXcrZilEc

AREZZO, 23 MAGGIO, PIAZZA SAN MICHELE ORE 21.30
BARI, 22 MAGGIO, PIAZZA DEL FERRARESE ORE 20
BASSANO DEL GRAPPA (IN DEFINIZIONE)
BERGAMO, 23 MAGGIO, SENTIERONE ORE 18
BELLUNO, 23 MAGGIO, PIAZZA MARTIRI ORE 17
BIELLA, 23 MAGGIO VIA ITALIA (ANGOLO VIA BATTISTERO) ORE 15
BOLZANO, 23 MAGGIO, PIAZZA MAZZINI ORE 10.30
BRESCIA, 23 MAGGIO, PIAZZA VITTORIA ORE 16.30
BRESSANONE, 23 MAGGIO, PIAZZA DUOMO ORE 17
BUSTO ARSIZIO (IN DEFINZIONE)
CAGLIARI, 24 MAGGIO, PASSEGGIATA MARINA PICCOLA ORE 11.30
CALTANISSETTA, 23 MAGGIO, CORSO UMBERTO (DAVANTI AL COMUNE) ORE 18
CAMPOBASSO, 23 MAGGIO, CORSO VITTORIO EMANUELE ORE 18
CASALMAGGIORE, 23 MAGGIO, PIAZZA GARIBALDI ORE 17
CASTIGLIONE DELLE STIVIERE, 24 MAGGIO, PIAZZA SAN LUIGI ORE 11
CATANIA, 23 MAGGIO, PIAZZA NETTUNO ORE 18
CESENA, 23 MAGGIO, PIAZZA DEL POPOLO ORE 17
CITTA’ DI CASTELLO, 23 MAGGIO, PIAZZA MATTEOTTI ORE 18
COMO, 23 MAGGIO, PIAZZA GRIMOLDI (ADIACENTE PIAZZA DUOMO) ORE 17
COSENZA, 23 MAGGIO, PIAZZA DEI BRUZI ORE 19
CREMA, 24 MAGGIO, PIAZZA DUOMO ORE 17
CREMONA, 23 MAGGIO, PIAZZA DUOMO ORE 17
DESENZANO DEL GARDA, 24 MAGGIO, PIAZZA GARIBALDI ORE 16.30
FABRIANO, 23 MAGGIO, PIAZZA DEL COMUNE ORE 17.30
FANO, 23 MAGGIO, PIAZZA XX SETTEMBRE ORE 17.00
FIDENZA (IN DEFINZIONE)
FIRENZE, 24 MAGGIO, PIAZZA STROZZI ORE 17
FOGGIA, 22 MAGGIO, CORSO VITTORIO EMANUELE (ISOLA PEDONALE) ORE 18.30
FORLI’ (IN DEFINZIONE)
GALLARATE (IN DEFINIZIONE)
GENOVA, 23 MAGGIO, PIAZZA VITTORIA VIA DIAZ (SLARGO SOTTO LE CARAVELLE) ORE 17
IMPERIA, 23 MAGGIO, VIALE GIACOMO MATTEOTTI 157 (DAVANTI AL MUNICIPIO) ORE 18
ISEO (BS), 24 MAGGIO, PIAZZA GARIBALDI ORE 11
LA SPEZIA, 23 MAGGIO, PIAZZA GINOCCHIO ORE 18
LECCO, 23 MAGGIO, PIAZZA xx SETTEMBRE ORE 17
MANTOVA (DA DEFINIRE)
MATERA, 24 MAGGIO, PIAZZA PASCOLI (DAVANTI A PALAZZO LAFFRANCHI) ORE 20.15
MACERATA, 23 MAGGIO, PIAZZA DELLA LIBERTA’ ORE 17
MESSINA (IN DEFINIZIONE)
MILANO, 23 MAGGIO, ARCO DELLA PACE ORE 18
MODENA, 24 MAGGIO, PIAZZA MAZZINI ORE 18
MONZA  (IN DEFINIZIONE)
NUORO, 23 MAGGIO, PIAZZA VITTORIO EMANUELE ORE 11
PADOVA, 23 MAGGIO, PIAZZA EREMITANI ORE 11
PALERMO, 23 MAGGIO, PIAZZA POLITEAMA ORE 19
PARMA, 23 MAGGIO, PIAZZALE BAREZZI (PRESSO TEATRO REGIO) ORE 11
PAVIA, 24 MAGGIO, PIAZZA DUOMO ORE 17.30
PERUGIA, 23 MAGGIO, PIAZZA IV NOVEMBRE ORE 16
PIACENZA, 23 MAGGIO, PIAZZA CAVALLI ORE 17
PISA, 23 MAGGIO, PIAZZA SAN FRANCESCO ORE 10
PONTREMOLI, 24 MAGGIO, PIAZZA DELLA REPUBBLICA ORE 15
PORDENONE (DA DEFINIRE)
RAGUSA, 23 MAGGIO, PIAZZA SAN GIOVANNI ORE 17.30
RAVENNA, 23 MAGGIO, PIAZZA DEL POPOLO (DI FRONTE AL COMUNE) ORE 18
REGGIO EMILIA, 23 MAGGIO, PIAZZA MARTIRI DEL 7 LUGLIO ORE 16.30
RIETI, 23 MAGGIO, PIAZZA SAN RUFO CENTRO D’ITALIA ORE 18
RIMINI, 23 MAGGIO, ARCO D’AUGUSTO ORE 18
RIVIERA JONICA MESSINESE (DA DEFINIRE)
ROMA, 23 MAGGIO, PIAZZA SAN SILVESTRO ORE 18
ROVERETO, 23 MAGGIO, PIAZZA ERBE ORE 16
SALERNO, 24 MAGGIO, CORSO VITTORIO EMANUELE (INCROCIO VIA VELIA) ORE 20
SALO’, 23 MAGGIO, PIAZZA DUOMO ORE 16.30
SASSARI, 17 MAGGIO, PIAZZA D’ITALIA ORE 17.30
SENIGALLIA, 23 MAGGIO, PIAZZA ROMA (DAVANTI AL COMUNE) ORE 16.30
SIENA, 23 MAGGIO, PIAZZA SALIMBENI ORE 18
STRESA (DA DEFINIRE)
SUBIACO (DA DEFINIRE)
TARANTO (DA DEFINIRE)
TOLENTINO, 23 MAGGIO PIAZZA DELLA LIBERTA’ ORE 17
TORINO, 23 MAGGIO, PIAZZA GRAN MADRE ORE 17
TRENTO, 23 MAGGIO, PIAZZA DANTE ORE 18
TRIESTE, 23 MAGGIO, PIAZZA REPUBBLICA ORE 18
UDINE, 21 MAGGIO, PIAZZA SAN GIACOMO ORE 19
VANZAGHELLO (DA DEFINIRE)
VARESE, 23 MAGGIO, PIAZZA MONTEGRAPPA ORE 17
VERONA, 23 MAGGIO, PIAZZA DEI SIGNORI ORE 18
VENEZIA, 23 MAGGIO, PIAZZETTA MAESTRI DEL LAVORO (MESTRE) ORE 11
VITERBO, 23 MAGGIO, PIAZZA DEL PLEBISCITO (PIAZZA DEL COMUNE) ORE 18
I dati sono in continuo aggiornamento: www.sentinelleinpiedi.it

Fonte: Sentinelle in Piedi, 20/04/2015

9 - OMELIA ASCENSIONE - ANNO B - (Mc 16,15-20)
Chi crederà e sarà battezzato sarà salvato, ma chi non crederà sarà condannato
Fonte Il settimanale di Padre Pio, (omelia per il 17 maggio 2015)

Quaranta giorni dopo la Risurrezione, Gesù ascende al Cielo davanti agli sguardi stupiti degli Apostoli. Prima di lasciare la terra, Gesù parla per l'ultima volta, affidando ai suoi Discepoli l'incarico di evangelizzare tutte le genti, dicendo: «Andate in tutto il mondo e proclamate il Vangelo a ogni creatura. Chi crederà e sarà battezzato sarà salvato, ma chi non crederà sarà condannato» (Mc 16,15-16). È questo il mandato missionario che Gesù ha lasciato alla sua Chiesa e che fedelmente dobbiamo eseguire, affinché tutti conoscano il Vangelo e abbiano la Vita eterna.
Da una parte l'Ascensione del Signore ci invita a innalzare il nostro pensiero alle realtà celesti, distaccandolo dalla terra; dall'altra parte siamo invece chiamati a non rimanere inerti, in una passiva attesa del ritorno del Signore, ma a edificare il Regno di Dio nel mondo. A ciascuno di noi è stato dato un dono particolare da mettere a servizio di questa opera. Così, nella seconda lettura di oggi, san Paolo scrive che Dio «ha dato ad alcuni di essere apostoli, ad altri di essere profeti, ad altri ancora di essere evangelisti, ad altri di essere pastori e maestri» (Ef 4,11). Non è certamente un elenco completo: i compiti sono diversi come diverse tra loro sono le anime.
Dunque, se in poche parole vogliamo sintetizzare il messaggio di questa solennità, possiamo dire che, alla luce dell'Ascensione del Signore, siamo esortati a innalzare i nostri cuori al Cielo e a poggiare bene i nostri piedi a terra, adoperandoci per la diffusione del Vangelo nel mondo intero. Ci vuole la contemplazione e ci vuole l'azione. Questi due elementi vanno sempre insieme. Le sorti di questo mondo non si migliorano nelle discussioni, nelle riunioni, nelle pianificazioni, ma innalzando il cuore al Signore e attingendo da lui la luce e la forza per operare e per diffondere il bene nel mondo.
L'Ascensione non ha separato Gesù dalla sua Chiesa. Anche se è salito al Cielo, Egli continua ad essere sempre con noi. «Egli non si è separato da noi, ma ci ha preceduti nella dimora eterna, per darci la serena fiducia che dove è lui saremo anche noi, uniti nella stessa gloria» (dal Prefazio). Fin da adesso pensiamo spesso a questa gloria che ci attende nei Cieli. In Gesù risorto e asceso al Cielo, noi contempliamo quella che sarà anche la nostra meta finale. La festa di oggi ci insegna che non siamo stati creati per questa terra, ma per il Paradiso. Solo lì i nostri cuori troveranno la vera pace. Qui giù ci sarà sempre qualcosa per cui penare, e questo Dio lo permette per farci desiderare ancor più ardentemente il Cielo.
Tante volte viviamo come se dovessimo rimanere qui tutta l'eternità. Non pensiamo a sufficienza alla vita eterna e rischiamo di farci trovare impreparati all'incontro eterno con Gesù. Il nostro pellegrinaggio terreno si potrebbe paragonare a una lunga ascensione: dobbiamo raggiungere la vetta, e ciò richiede tutto il nostro impegno. Più facile sarà scendere, ma noi siamo chiamati a raggiungere le vette dell'amore di Dio. Più il nostro bagaglio sarà leggero, tanto più agevolmente riusciremo a salire e a raggiungere la cima. Per questo motivo, san Francesco d'Assisi volle vivere nella povertà, per non essere ostacolato da nulla nel suo slancio verso l'alto.
In questa ascensione non dobbiamo perdere di vista la vetta da raggiungere. All'inizio il cammino è agevole, ma, quanto più ci si avvicina alla vetta, tanto più l'ascesa si fa ripida e il respiro affannoso. Se prima si ammirava la bellezza del panorama, quando si è ormai vicini alla meta non si guarda che la cima, ogni altra cosa sembra scomparire. La fatica aumenta sempre di più, ma il desiderio di giungere in vetta si fa sempre più grande e, quando finalmente vi si giunge, si è al colmo della gioia. Sembra quasi che quanto più abbiamo faticato, tanto più siamo felici. Ai nostri occhi estasiati si aprono orizzonti meravigliosi e il mondo sotto di noi sembra ormai tanto piccolo. Si vorrebbe rimanere lì a lungo e si intuisce che il mondo non potrà mai appagare pienamente il nostro cuore.
Chiamati a guardare in alto, tante volte noi non riusciamo a staccare lo sguardo da terra. Impariamo dai santi, i quali, passando per molte prove e tentazioni, sono saliti molto in alto e hanno raggiunto la cima immacolata dell'amore di Dio. Si racconta che, quando era ancora bambino, san Francesco di Sales spesso era assorto, tutto preso dai suoi pensieri, e, quando il padre gli domandava a cosa stesse pensando, egli rispondeva: «Penso a Dio e a farmi santo».
Pensiamo anche noi a Dio. La preghiera è stata giustamente definita come l'«elevazione della mente a Dio». Ogni volta che pregheremo in modo autentico, eleveremo la nostra mente e il nostro cuore, staccandoli dai lacci di questa terra.
Pensiamo a Dio e fissiamo il nostro sguardo alla vetta!

Fonte: Il settimanale di Padre Pio, (omelia per il 17 maggio 2015)

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