BastaBugie n�434 del 30 dicembre 2015

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1 L'INCUBO TOTALITARIO DEL NUOVO LIBRO DI CASALEGGIO
Il libro ''Veni, Vidi, Web'' non è un romanzo, ma un manifesto delirante del partito dei cinque stelle che vuole diventare realtà
Autore: Stefano Magni - Fonte: La Nuova Bussola Quotidiana
2 LA FATTORIA DEGLI ANIMALI, UN ROMANZO IMPERDIBILE
Ogni rivoluzione propone un obiettivo ingannevole: la libertà, ma sganciata dalla verità... e quindi finisce nel totalitarismo (VIDEO: La fattoria degli animali)
Autore: Maria Vittoria Pinna - Fonte: CulturaCattolica
3 LA VERA STORIA DEL RE LUIGI XIII CHE IL PESSIMO ROMANZO DEI TRE MOSCHETTIERI VOLEVA INFANGARE
Il re, denigrato come cornuto e cretino nei libri del garibaldino Dumas, aveva il torto, secondo lui, di essere un vero credente che aveva come primo ministro un cardinale (Richelieu)
Autore: Rino Cammilleri - Fonte: Il Timone
4 NON HO PROTETTO I MIEI FIGLI DALLA PORNOGRAFIA
Quelle immagini viste per sbaglio non le dimenticheranno mai
Autore: Roberta Sciamplicotti - Fonte: Aleteia
5 MARTIRI UGANDESI: QUANDO I RE OMOSESSUALI BRUCIAVANO I CRISTIANI
Eppure attivisti Lgbt ce l'hanno con il Papa perché in Uganda non ha rimbrottato il presidente per le leggi omofobe
Autore: Rino Cammilleri - Fonte: La Nuova Bussola Quotidiana
6 SAN TOMMASO D'AQUINO E L'IMMIGRAZIONE: L'ACCOGLIENZA INDISCRIMINATA E' SBAGLIATA
L'immigrazione che non si integra ed è potenzialmente ostile (come quella musulmana) va respinta in nome del bene comune
Autore: Julio Loredo - Fonte: Sito del Timone
7 IL PARROCO ALL'OMELIA FA NOTARE CHE, QUANDO SONO ARRIVATI I TERRORISTI, AL BATACLAN STAVANO SUONANDO ROCK SATANICO, MA IL VESCOVO LO PUNISCE
Eppure è così! Gli Eagles of Death Metal cantavado la canzone ''Bacia il diavolo'' che dice: ''Chi amerà il diavolo? Io amerò il diavolo e la sua canzone! Io bacerò il diavolo sulla sua lingua!''
Autore: Mauro Faverzani - Fonte: Corrispondenza Romana
8 TUTTE LE BALLE SULLO STATO VEGETATIVO
La coscienza non è mai assente, semmai sommersa
Autore: Massimo Gandolfini - Fonte: Il Timone
9 OMELIA II DOMENICA DOPO NATALE – ANNO C – (Gv 1, 1-18)
In principio era il Verbo e il Verbo era presso Dio
Fonte: Maranatha
10 OMELIA EPIFANIA DEL SIGNORE - ANNO C (Mt 2,1-12)
Abbiamo visto spuntare la sua stella e siamo venuti ad adorarlo
Autore: Padre Settimio M. Manelli - Fonte: Il settimanale di Padre Pio

1 - L'INCUBO TOTALITARIO DEL NUOVO LIBRO DI CASALEGGIO
Il libro ''Veni, Vidi, Web'' non è un romanzo, ma un manifesto delirante del partito dei cinque stelle che vuole diventare realtà
Autore: Stefano Magni - Fonte: La Nuova Bussola Quotidiana, 28/12/2015

E' difficile immaginare un nuovo mondo infernale. La "distopia" è il genere letterario che descrive le utopie alla rovescia, la realtà peggiore che tu possa immaginare, appunto. Ed è quasi monopolizzata da due grandi opere che difficilmente possono avere rivali: 1984 di George Orwell e Il Mondo Nuovo di Aldous Huxley. Il primo immaginava un comunismo al cubo, un regime totalitario dove ogni uomo era costantemente spiato, rieducato, aizzato contro nemici veri o immaginari, svuotato di ogni idea e sentimento al di fuori dell'amore per il Partito e per il Grande Fratello. Il secondo concepiva una distopia differente, una dittatura non palese, in cui il regime impostava gli uomini sin da prima della loro nascita, affidava a ciascuno un ruolo immutabile nella società, di produttori e di consumatori di un'economia pianificata, svuotati sin dalla nascita di ogni altra ambizione, sentimento o fede. E' difficile immaginare qualcosa di diverso, prima di tutto, perché il Novecento ha quasi realizzato queste due differenti distopie. L'incubo di Orwell si è materializzato nei regimi di Stalin, Mao e Pol Pot ed è ancora realtà in Corea del Nord. Al Mondo Nuovo di Huxley stanno arrivando, invece, molte democrazie invecchiate dell'Unione Europea. Ma c'è un altro autore che mette in pista la sua personale distopia e, con il libro "Veni, Vidi, Web", è diventato l'autore più venduto e letto nel Belpaese in questi giorni natalizi. E' Gianroberto Casaleggio, il creatore del Movimento 5 Stelle assieme a Beppe Grillo.

LA PRIMA PROFEZIA DI CASALEGGIO
L'ispirazione distopica di Gianroberto Casaleggio era già evidente con il suo piccolo video di sette anni fa, "Gaia, the Future of Politics", in cui immagina una guerra mondiale ventennale (scoppio previsto nel 2020, quindi fra appena quattro anni) talmente distruttiva da ridurre l'intera popolazione mondiale a 1 miliardo di anime. Queste, secondo la profezia di Casaleggio, si riorganizzeranno in una democrazia globale, in cui ogni legge è votata con i metodi della democrazia diretta, con un semplice click sul proprio computer. Ed è con un click che la nuova umanità da lui immaginata, cancella religioni, confini, proprietà e libertà individuale. Difficile immaginare un incubo peggiore, anche dopo aver letto Orwell e Huxley. Eppure, con il suo nuovo libro, Casaleggio batte la sua stessa fantasia distopica, proponendoci un incubo realistico in cui la persona sparisce e diventa un semplice utente di social network, spiato e spia al tempo stesso, in ogni singolo momento della sua vita.
Si materializza sulle sue pagine una società totalitaria che non ammette deviazioni, dove l'uomo deve dedicarsi alla comunità, in cui i figli vengono affidati a un'educazione comunitaria, dove è vietato a tutti guidare l'auto perché sono obbligatori i mezzi di trasporto pubblici. Una società in cui il "mercato" (se non il "mercato rionale", come ironizza l'autore) non esiste più, così come spariscono, di fatto, il denaro e la proprietà privata, perché tutto è gestito in comune. Vige la regola del "chilometro 0" (un'autarchia locale, non solo nazionale) e i supermercati, luogo di aggregazione commerciale per eccellenza, sono rasi al suolo. Così come sono rase al suolo anche tutte le grandi infrastrutture. Si immagina un tale ritorno alla miseria che le uniche aziende che ancora hanno successo sono quelle che producono biciclette. La sensazione è di leggere un Orwell al cubo, quando si trovano anche le punizioni per i nuovi nemici della società ossessionata dall'ecologismo. Chi emette Co2 viene condannato all'ergastolo, chi è cacciatore è esposto nudo alla furia degli animalisti, chi è corrotto si merita la gogna e chi non si disfa delle sue proprietà "in eccesso", viene condannato alla rieducazione in campi gestiti da neo-maoisti, come tuttora avviene in Cina. Se non siete spaventati abbastanza, in questa società le statue degli eroi del passato sono sostituite da quelle dedicate a Gengis Kahn, lo sterminatore dell'Asia (30 milioni di morti a suo carico, nella sola Asia, in un mondo che non contava nemmeno un miliardo di anime) che in questa società-formicaio, diventa un modello di governo da seguire.

LA NASCITA DI UNA DITTATURA OCCULTA
Interessante anche il modo in cui la distopia viene introdotta e presentata dall'autore. Di solito, in Huxley e Orwell e tanti altri, il mondo da incubo viene descritto come se fosse vissuto da una sua vittima. Casaleggio, invece, lo presenta in prima persona, nella veste di consulente aziendale. Nei tre quarti del suo libro suggerisce tecniche innovative di gestione dell'impresa e del personale, valorizzando la persona e la sua libertà, per poi annullare l'una e l'altra senza che nessuno se ne accorga. Come si fa, infatti, a gestire un'impresa senza che nessuno si assuma la responsabilità delle decisioni? Come si fa a prendere ogni decisione in modo assembleare? Ci avevano provato con le cooperative, per tante volte, e il modello è sempre fallito. Oppure ha funzionato solo quando si è trasformato in dittatura occulta: uno solo prende le decisioni, ma dichiara che la sua volontà è assembleare. Se le cose vanno bene, si prende lui il merito, quando vanno male è colpa di tutti. Quel che leggiamo in Casaleggio è la nascita di una dittatura occulta, è un altro incantatore novecentesco che ti seduce con la proposta di diventare come il Dio di te stesso, ma alla fine ti rende schiavo di sé. Ed è una dinamica che, per altro, vediamo all'opera nel Movimento 5 Stelle, dove "uno vale uno", ma le epurazioni dei dissidenti già non si contano più.
Casaleggio, insomma, è riuscito a sintetizzare bene l'orrore della società totalitaria di Orwell e quello della società conformista di Huxley in un'unica distopia, che è al tempo stesso totalitaria e conformista. E per questo, forse, la sua è la formula della tirannia perfetta, quella della maggioranza. Ma... ah, non è una distopia quella di Casaleggio? No. E' il suo sogno. Solo dopo averlo letto, ci rendiamo conto, che quello che ha scritto in "Veni, Vidi, Web" non è un monito, ma un manifesto. E' il programma di lungo periodo del Movimento 5 Stelle, il secondo partito più votato in Italia.

Nota di BastaBugie: come tutti i movimenti, anche quello di Grillo e Casaleggio si fonda su un mito. Per approfondire, basta leggere il seguente articolo
BEPPE GRILLO E IL RICORRENTE MITO DEL MOVIMENTO EGUALITARIO, DEMOCRATICO, LIBERO, SNELLO
Ogni tanto compare un profeta che raduna i paladini della verità e dell'onestà: una serie di déja vu storici (anche tra i cristiani)
di Vittorio Messori
https://www.bastabugie.it/it/articoli.php?id=3255

Fonte: La Nuova Bussola Quotidiana, 28/12/2015

2 - LA FATTORIA DEGLI ANIMALI, UN ROMANZO IMPERDIBILE
Ogni rivoluzione propone un obiettivo ingannevole: la libertà, ma sganciata dalla verità... e quindi finisce nel totalitarismo (VIDEO: La fattoria degli animali)
Autore: Maria Vittoria Pinna - Fonte: CulturaCattolica, 05/07/2005

Si può leggere come una simpatica favola che ha per protagonisti gli animali... anche se la conclusione immerge in un deluso sconcerto; ma una lettura più attenta rivela una realtà molto amara. L'utopia rivoluzionaria si manifesta via via sempre più come negazione della libertà, il cui desiderio innato e spesso non valutato alla luce della ragione, spinge talvolta alle rivoluzioni violente.
Il luogo in cui si svolgono i fatti è "la fattoria padronale" del Signor Jones immersa nel verde dei prati di Inghilterra e la vicenda ha il suo avvio con il discorso del maiale più anziano della fattoria.
"Il Vecchio Maggiore" (così si chiama il maiale) parla in modo esaltante del glorioso futuro di libertà che aspetta gli animali se saranno capaci di scuotersi di dosso la gestione tirannica del loro crudele padrone e, comunque, se si libereranno dagli uomini che sanno solo sfruttarli. Il vecchio verro di dodici anni conclude con quello che per lungo tempo resterà l'inno della rivoluzione "Animali d'Inghilterra".
Di lì a poco "Il Vecchio Maggiore" muore, ma le sue parole restano nel cuore degli animali. In modo fortunoso il signor Jones viene scacciato e la nuova gestione della "fattoria" viene presa in mano dal gruppo dei maiali, che, essendo i più intelligenti della compagnia, elaborano velocemente la teoria dell'Animalismo che si concretizza in sette comandamenti scritti a grandi lettere bianche su un muro della fattoria, che viene ribattezzata "la fattoria degli animali".
Comincia così l'avventura rivoluzionaria che coinvolge quasi tutti gli animali in un commovente impegno di fedeltà al nuovo credo rivoluzionario.
Ognuno reagisce naturalmente secondo il suo temperamento e scopriamo il sornione gatto che, in clima di uguaglianza e di rispetto reciproco tra animali, vorrebbe arringare gli uccellini (chissà come mai!); o la vanitosa cavallina Mollie che con difficoltà deve rinunciare ai nastri che la abbelliscono perché sono assimilabili agli abiti portati dagli uomini; o il cocciuto e enigmatico asino Benjanin e il valoroso lavoratore indefesso, il cavallo Gondrano; o Berta, la cavalla sua fedele amica.
Tra tutti si distinguono però i maiali Napoleon, Palla di Neve, e Clarinetto.
Ben presto prende le redini della situazione il misterioso e autorevole Napoleon; Clarinetto ne diventa il portavoce ufficiale e si renderà interprete persuasivo e accattivante della sua volontà per tutta la durata dell'avventura rivoluzionaria; mentre Palla di Neve scompare, braccato da una muta di cani segretamente addestrati da Napoleon; e diverrà via via il responsabile di ogni nefandezza che si verifica nella fattoria, in un crescendo sempre più menzognero in concomitanza con il diminuire della memoria storica degli animali [Leggi: CHI CAMBIA LE PAROLE CONTROLLA IL MONDO https://www.bastabugie.it/it/articoli.php?id=3593, N.d.BB].
La vicenda rivela, a chi conosce per esperienza le dittature del secolo scorso, tutti i passaggi inesorabili che portano al fallimento degli ideali rivoluzionari, realizzato attraverso i metodi consueti delle menzogna presentata come verità, della storia continuamente rivisitata e modificata, dell'autodenuncia e dei processi farsa... ma tutto è presentato con molta gradualità e naturalezza e quasi sfugge ad una prima lettura, inconsapevole dell'epilogo.
L'aspetto più commovente della vicenda consiste senz'altro in questa ineliminabile aspirazione alla libertà che spinge gli animali a sacrifici veramente gravosi... e per la libertà vera si fa tutto, quando il cuore si mantiene fedele a questa insopprimibile esigenza.
Ma la vera libertà si può esercitare solo nella verità: sulla menzogna si può anche costruire, ma si tratta di castelli di carta che prima o poi crollano o mostrano il crudele disinganno; e per fortuna la coscienza degli animali (ma l'autore si riferisce naturalmente a noi uomini) conserva sempre un bagliore di autenticità che alla fine li rende capaci di capire.
Perché l'utopia propone sempre un obiettivo ingannevole e falso: l'illusione della libertà; che nel gradevole libro di Orwell ha il suo più amaro slogan nell'unico comandamento rimasto a caratteri cubitali: TUTTI GLI ANIMALI SONO UGUALI, MA ALCUNI ANIMALI SONO PIU' UGUALI DEGLI ALTRI.

Nota di BastaBugie:per acquistare il libro "La fattoria degli animali" (200 pagine, € 11.40 prezzo Amazon), clicca qui!
Per approfondimenti sul capolavoro di George Orwell, per ascoltare l'audiolibro e per vedere il cartone animato della fattoria degli animali, clicca qui!

Fonte: CulturaCattolica, 05/07/2005

3 - LA VERA STORIA DEL RE LUIGI XIII CHE IL PESSIMO ROMANZO DEI TRE MOSCHETTIERI VOLEVA INFANGARE
Il re, denigrato come cornuto e cretino nei libri del garibaldino Dumas, aveva il torto, secondo lui, di essere un vero credente che aveva come primo ministro un cardinale (Richelieu)
Autore: Rino Cammilleri - Fonte: Il Timone, settembre/ottobre 2015

Nei romanzi di Alexander Dumas il re di Francia, Luigi XIII, è presentato come un brav'uomo tutto sommato, però regolarmente tradito dalla moglie Anna d'Austria, che prima se la fa col duca inglese di Buckingham (e viene salvata dai Tre Moschettieri più Uno, che sventano in extremis la scoperta del suo adulterio), poi partorisce due gemelli avuti addirittura da D'Artagnan. I gemelli, uno buona e uno cattivo, diventano a turno Luigi XIV, il Re Sole, prima che quello cattivo finisca in una cella con addosso la Maschera di Ferro. Poiché i Tre Moschettieri più Uno combattono tutto il tempo contro il perfido cardinale Richelieu, si capisce dalla trilogia (I tre moschettieri , Vent'anni dopo e Il visconte di Bragelonner) da che parte tirasse la simpatia dell'Autore.

I DUMAS
D'altra parte, certe simpatie le aveva respirate fin dalla nascita. Il suo vero cognome era La Pailleterie, ma suo padre Thomas era conosciuto come le general dumas, perché filio di un proprietario francese e una schiava haitiana. Quest'ultima, africna, era addetta "alla masseria" (in francese, la femme du mas). Thomas nacque mulatto e anche suo figlio Alexandre era di color Obama. Thomas fece carriera nell'esercito durante la Rivoluzione francese e la proseguì con Napoleone. Alexandre, lo scrittore, era fiero del soprannome del padre, le cui idee ereditò: quando divenne ricco e famoso raggiunse Garibaldi in Sicilia e finanziò generosamente i Mille. L'Eroe dei Due Mondi lo compensò nominandolo Ministro della Cultura nella Napoli "liberata". In tale carica , tuttavia, il Dumas rimase poco perché fu cacciato da una sollevazione dei napoletani, i quali non avevano gradito l'apertura al pubblico delle sale pompeiane "a luci rosse" nel museo ex borbonico. Suo figlio, Alexandre Dumas jr., lo ebbe da una sarta vicina di pianerottolo (che tuttavia non sposò, preferendole un'altra di maggior ceto).
Dumas junior, entrato nella storia della letteratura praticamente per una sola opera (La signora delle camelie) passò i guai giudiziari a causa della sua simpatia per l'anarchico italiano Sante Caserio, uccisore del presidente francese Carnot. Insomma, nonno, figlio e nipote erano, ciascuno al suo tempo, tutti e tre "di sinistra" (ma, come al solito, col portafogli a destra). La denigrazione sistematica dell'Ancien Regime, quando Trono e Altare collaboravano (e i re sceglievano i loro primi ministri tra i cardinali), era la monotona ossessione dei laudatori del giacobinismo e Dumas senior ne fece la filosofia dell'intera sua vastissima produzione. Da qui Richelieu malvagio e Luigi XIII fesso e cornuto. I Tre Moschettieri li troviamo impegnati anche all'assedio de La Rochelle, la fortezza ugonotta (cosi erano chiamati i calvinisti francesi) sull'Atlantico che, ricevendo continuamente aiuti dagli inglesi, costituiva una pericolosa porta d'ingresso alla Francia.

I LUIGI (XIII E XIV)
La storia (vera) dice che Luigi XIII, non riuscendo a venirne a capo, convocò i domenicani nella capitale e chiese loro di guidare la recita del Rosario davanti a tutta la corte. Poi li mandò come cappellani alle sue truppe che assediavano La Rochelle. I religiosi distribuirono migliaia di rosari ai soldati. Ogni sera, al lume delle torce, una statua della Madonna veniva portata in processione attorno alle mura, mentre i combattenti intonavano inni alla Vergine sotto il naso dei protestanti. L'importante piazzaforte si arrese l'1 novembre 1628 e con la sua caduta cessarono definitivamente le guerre di religione che avevano squassato la Francia per decenni. Il re, in memoria dell'evento,fece innalzare a Parigi la grande chiesa di Notre Dame del Victoires e consacrò solennemente il regno alla Madre di Dio.
Luigi XIII aveva anche un altro motivo di gratitudine nei confronti della Madonna. Lui e Anna d'Austria si erano sposati giovanissimi nel 1615,ma per ventidue anni la regina non ebbe che una serie di aborti spontanei. Avere figli, per un re, non era solo il coronamento di un normale desiderio di paternità. Senza eredi al trono, un regno rischiava di cadere preda di guerre senza fine per la successione. Luigi e Anna ricorsero perciò alle preghiere dei sudditi. E il 27 ottobre 1637 frère Fiacre, un agostiniano del convento annesso a Notre-Dame del Victorie, mentre era in preghiera con i confratelli nel coro udì distintamente una voce interiore che gli diceva quanto segue: la regina doveva chiedere che si recitassero tre novene alla Madonna perché facesse il miracolo, una al santuario di Notre-Dame de Graces in Provenza, una in Notre-Dame di Parigi e una proprio a Notre-Dame des Victories.

QUELLA VOCE
Non era la prima volta che il frate sentiva quella voce. Già due anni addietro, quando era ancora novizio, l'aveva avvertita. Ne aveva riferito ai superiori ma questi erano scettici. La notte del 3 novembre a Fiacre apparve la Madonna in persona. Aveva un neonato che vagiva tra le braccia. Disse che si trattava del figlio sospirato, il Delfino, e che Dio lo avrenne donato alla Francia se si fossero eseguite le tre novene. Poi mostrò al veggente il quadro mariano che si trovava in Provenza a Notre-Dame de Graces e il luogo in cui era posto. Frèèe Fiacre avvertì subito i sueriori, che questa volta gli diedero retta. Ma, poiché né lui né loro avevano mai visitato il santuario provenzale indicato dalla Vergine, vennero consultati alcuni fedeli che c'erano appena stati in pellegrinaggio. E questi confermarono l'esattezza della descrizione.
A quel punto i superiori si convinsero del tutto e si attivarono per allertare il cardinale de la Rochefoucauld, che aveva accesso alla coppia reale. I regnanti, una volta informati, approvarono e incoraggiarono l'iniziativa. Intanto, frère Fiacre, spinto dalla solita voce interiore, l'8 novembre aveva cominciato la novena in nome della regina. Nel frattempo, la richiesta agli altri santuari era partita dalla corte. Le tre novene vennero eseguite nei tempi prescritti e il 5 dicembre il voto dei reali era stato soddisfatto (nel 1824 il "Voto di Luigi XIII" diventò celebre quadro che decretò il successo del pittore Jean-Auguste-Dominique ingres). Nove esatti mesi dopo nacque il futuro Luigi XIV, cui venne imposto, tra gli altri, il nome di Dieudonné, "donato da Dio".

Fonte: Il Timone, settembre/ottobre 2015

4 - NON HO PROTETTO I MIEI FIGLI DALLA PORNOGRAFIA
Quelle immagini viste per sbaglio non le dimenticheranno mai
Autore: Roberta Sciamplicotti - Fonte: Aleteia, 04/11/2015

È vero. C'erano persone nude su tutto lo schermo della televisione nel mio salotto. Stavo cercando di mostrare un video scientifico di YouTube e per sbaglio è apparso un video pornosoft. Agitata, mi sono affrettata a spegnere la televisione mentre i miei figli ridacchiavano. Ho cercato di fingere che non fosse accaduto niente, ma loro non riuscivano a smettere di ridere e io non riuscivo a nascondere il mio disagio. All'epoca il mio figlio più grande aveva 10 anni, e sapevo che non l'avrebbe mai dimenticato.

I BAMBINI VEDONO LA PORNOGRAFIA
Se avete un figlio di 11 anni, probabilmente ha già visto materiale pornografico. L'età media della prima esposizione alla pornografia è tra i 9 e gli 11 anni. Man mano che sempre più bambini delle elementari e delle medie hanno degli smartphone con accesso a Internet senza filtri, l'età non farà che diminuire. Non mi credete? Ecco qualche dato:
- In una ricerca del 2010 sugli studenti inglesi tra i 14 e i 16 anni, quasi un terzo ha dichiarato che la sua prima esposizione alla pornografia era avvenuta a 10 anni di età o prima.
- In una ricerca del 2011, il 31% dei maschi adolescenti ha ammesso di aver visitato siti web riservati agli adulti.
- Nel libro del 2009 Porn University, l'autore Michael Leahy ha pubblicato un'ampia ricerca sui giovani americani, rivelando che il 51% dei maschi e il 32% delle femmine dichiarava di aver visionato materiale pornografico per la prima volta prima dei 13 anni.
- In uno studio australiano del 2012 sull'uso della pornografia, gli uomini che consumavano frequentemente materiale pornografico hanno affermato che la loro prima esposizione al porno era avvenuta tra gli 11 e i 13 anni.
- Uno studio del 2009 sul Journal of Adolescent Health ha scoperto che l'85% degli adolescenti e il 50% delle adolescenti era stato esposto a materiale pornografico.
La maggior parte dei bambini non guarda materiale pornografico una volta – continua a guardarlo. C'è della neuroscienza dietro la natura attrattiva e che crea perfino dipendenza della pornografia, sia scritta che visiva. Quando i vostri figli saranno giovani adulti, nella maggior parte dei casi guarderanno regolarmente materiale pornografico:
- Secondo una ricerca del 2014 del Barna Group, il 79% dei maschi tra i 18 e i 30 anni ha visionato pornografia una volta al mese, e il 63% più di una volta a settimana. Delle femmine tra i 18 e i 30 anni, il 34% ha visionato materiale pornografico una volta al mese e il 19% più di una volta a settimana.
- Uno studio del 2008 del Journal of Adolescent Research ha rivelato che il 67% dei giovani uomini e il 49% delle giovani donne riteneva la pornografia accettabile.

PREVENIRE E' MEGLIO CHE CURARE
Si dice che si conosce il porno quando lo si vede. Per i bambini vale lo stesso - in genere vogliono continuare a guardare, ad ascoltare o a leggere. Parlate con i vostri figli della pornografia quando hanno 7-10 anni, prima che inizino a trovarla da sé. I filtri di Internet e altri mezzi di salvaguardia sono importanti, ma nulla è infallibile. Come genitori, dobbiamo insegnare ai nostri figli cosa fare quando trovano del materiale pornografico. Anche se possono trovarlo interessante e vorrebbero continuare a guardarlo, devono spegnere lo schermo o chiudere il libro o la rivista e dirlo a un genitore. I bambini devono capire perché il porno non è un bene per loro - che può provocare una dipendenza, come le droghe. Parlo anche di come il porno possa rendere più difficile amare le persone reali, perché dopo un po' si può iniziare ad amare il porno più dei rapporti veri, ma solo l'amore di persone reali può renderci felici a lungo termine.
Ecco 5 modi per mettere al sicuro dal porno i vostri figli e la vostra casa.

1. PRENDERE COSCIENZA DEL PROBLEMA
Ci vogliono solo pochi clic su un dispositivo mobile perché un bambino curioso trovi una quantità infinita di materiale pornografico deviante, esplicito e che causa dipendenza – e tutto gratis. Purtroppo, molti bambini vengono esposti alla pornografia senza il minimo indizio del fatto che possa danneggiare la loro mente ancora in fase di sviluppo.

2. FILTRI ALLA PORNOGRAFIA SUL TELEFONO
Inserite filtri alla pornografia e controlli genitoriali su tutti i vostri dispositivi mobili, anche sul vostro telefono. iPhone e iPad offrono filtri contro la pornografia dalla diffusione di iOS 7. Dovete assicurarvi che siano attivi.

3. FILTRI SUI COMPUTER
Per i computer, trovate software di filtraggio di Internet come la protezione K9 Web, Covenant Eyes, Mobicip, Net Nanny e Screen Retriever. A casa nostra usiamo la protezione K9 Web. Ogni volta che uno dei nostri figli cerca di accedere a un sito ristretto, il computer fa il suono di un cane che abbaia, e noi sappiamo che dobbiamo andare a controllare. Era gratuito e facile da installare.

4. LIBERATEVI DI TUTTO IL VOSTRO MATERIALE PORNOGRAFICO
Il primo materiale pornografico che vede un bambino è spesso quello dei genitori. I bambini trovano riviste nascoste negli armadi o vedono pornografia on-line consultando i siti con più accessi. Guardare la televisione la sera è un'altra fonte di porno, soprattutto se la televisione è già inserita su un canale che mostra contenuti espliciti la sera.

5. MODELLATE UN AMORE SANO PER I VOSTRI FIGLI
Il modo migliore per insegnare ai vostri figli che non vogliono la pornografia è dare loro quello che vogliono davvero: amore. Modellate sani rapporti romantici per i vostri figli. Mostrate loro come li amate con parole, servizio, azioni e tatto. Man mano che i bambini diventano adolescenti, c'è la tendenza a toccarli di meno, e possono perfino sottrarsi ad abbracci e pacche sulle spalle. Se non abbracciate i vostri figli, troveranno qualcun altro che gli darà amore fisico, e potrebbe non essere ciò che è meglio per loro.

CONCLUSIONE
Quanto alle persone nude sulla televisione del mio salotto, non ci sono più. Ora abbiamo filtri contro la pornografia su tutti i nostri dispositivi mobili. Anziché mettere YouTube e altro contenuto on-line direttamente dalla nostra SmartTV senza filtri, ora prendiamo contenuti on-line dai nostri dispositivi e li inseriamo sulla nostra televisione via Chromecast o AppleTV. Ogni tanto uno dei miei figli menziona le persone nude sulla nostra tv, e tutti iniziano a ridacchiare. I miei figli probabilmente non dimenticheranno mai la loro prima esposizione alla pornografia. Le immagini rimarranno registrate nella loro mente negli anni a venire. Spero che non accada con troppe altre.

DOSSIER "PORNOGRAFIA"
Com'è nata e le sue conseguenze

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Fonte: Aleteia, 04/11/2015

5 - MARTIRI UGANDESI: QUANDO I RE OMOSESSUALI BRUCIAVANO I CRISTIANI
Eppure attivisti Lgbt ce l'hanno con il Papa perché in Uganda non ha rimbrottato il presidente per le leggi omofobe
Autore: Rino Cammilleri - Fonte: La Nuova Bussola Quotidiana, 05/12/2015

Poiché il papa in Uganda non ha rimbrottato il presidente Yoweri Museveni per le leggi "omofobe" vigenti del Paese africano, l'inglese Guardian se ne è lamentato, e per bacchettare Francesco si è affidato a una sua firma dal cognome inequivocabile: Alon Mwesigwa. «Nonostante le speranze degli attivisti Lgbt», cita testuale l'agenzia Zenit.org. Ma se gli attivisti Lgbt fossero non po' più colti saprebbero che il Papa ha fatto anche di peggio: ha prestato omaggio con gran pompa al santuario dei ventidue martiri dell'Uganda, il primo gruppo di sub-sahariani canonizzato dalla Chiesa e il cui grande santuario di Namugongo è sempre affollatissimo di pellegrini.

MARTIRI UGANDESI
Quei martiri ugandesi non furono tanto uccisi perché cristiani bensì perché, in quanto cristiani, si rifiutavano di accondiscendere alle voglie lubriche del loro re Mwanga II. Erano tutti maschi e pure il re, perciò si trattava di voglie omosessuali. Ciò, certo, suona strano alle orecchie di chi è uso lagnarsi continuamente delle «violenze e discriminazioni contro la comunità gay» (citiamo ancora il Guardian), ma nel 1885-1887 (epoca del martirio) le cose stavano in modo esattamente contrario. I martiri ugandesi erano paggi e guardie del corpo reali, tutti di età compresa tra i quattordici e i trenta anni. Erano stati battezzati dai Padri Bianchi, missionari francesi fondati dal cardinale Charles Lavigerie, ed erano tutti giovani e tra i più belli e prestanti del regno dei Buganda. Il primo a rimetterci la testa, nel 1885, fu Joseph Mkasa Balikuddembé, prefetto della sala del re. Quando quest'ultimo cercò di allungare le mani sui paggetti di corte, lui si oppose e fu subito decapitato. Aveva venticinque anni.
L'anno seguente toccò a Charles Lwanga, capo delle guardie del corpo reali. Il re Mwanga II aveva un concetto molto particolare dei compiti delle sue guardie "del corpo", e forse accontentarlo era cosa normale per i suoi sudditi, dal momento che in un sistema tribale di quei tempi e quei luoghi tutto, anche le vite e i corpi, erano a totale disposizione del re. Ma con i cristiani la musica cambiava. Fu per questo che Charles Lwanga e altri dodici giovani finirono arsi a fuoco lento sulla collina di Namugongo. Parecchi altri li seguirono, alcuni dei quali erano stati battezzati da missionari anglicani (il celebre esploratore inglese Stanley aveva scoperto il popolo dei Buganda dieci anni prima e si era proposto di farli evangelizzare). Vennero trascinati in catene e torturati per la via, allo scopo di dare un «esempio» a tutti gli altri. Qualcuno morì per strada sotto i colpi delle zagaglie, gli altri finirono al rogo.

IL CRISTIANESIMO RICONOSCE LA DIGNITÀ PERSONALE DI CIASCUN UOMO
Come si è detto, i capitribù africani di quel tempo erano da sempre abituati a considerare di loro assoluta proprietà le vite, i beni e pure i corpi dei sudditi, cosa che ai sudditi andava benissimo dal momento che si era sempre fatto così (ancora oggi, in certi "regni" africani, quando il "re" decide di impalmare l'ennesima moglie migliaia di vergini si accalcano ai suoi piedi con la speranza di essere scelte). Ora, il cristianesimo è, sì, una religione, ma ha l'effetto collaterale di dare dignità personale. Per Mwanga quei "preganti" (così erano chiamati i cristiani dagli animisti locali) che osavano ribellarsi ai suoi voleri erano solo dei sovversivi, punto e basta. A un paggio che aveva osato tardare al suo richiamo fece mozzare le orecchie.
Poi, saputo che anche una delle sue innumerevoli figlie si era fatta battezzare, si scatenò e, presa una lancia dalla punta avvelenata, cominciò a ferire di sua mano tutti i cristiani della corte, consegnandoli a una morte lenta e atroce. Il resto lo abbiamo detto. Gli ugandesi che affollano il santuario di Namugongo conoscono bene questa storia e, poiché i loro martiri sono generosissimi in miracoli, appoggiano volentieri il presidente Museveni. Il quale, almeno in questo campo, non fa altro che prendere atto della volontà popolare.

Nota di BastaBugie: la Chiesa ricorda i Santi Carlo Lwanga e compagni martiri nella loro festa liturgica del 3 giugno in ricordo dell'uccisione di San Carlo bruciato vivo insieme a dodici compagni il 3 giugno 1886.

Fonte: La Nuova Bussola Quotidiana, 05/12/2015

6 - SAN TOMMASO D'AQUINO E L'IMMIGRAZIONE: L'ACCOGLIENZA INDISCRIMINATA E' SBAGLIATA
L'immigrazione che non si integra ed è potenzialmente ostile (come quella musulmana) va respinta in nome del bene comune
Autore: Julio Loredo - Fonte: Sito del Timone, 20/12/2015

Il problema dell'immigrazione non è nuovo. Se n'è già occupato nel secolo XIII S. Tommaso d'Aquino nella sua celebre Summa Theologica (I-II, Q. 105, Art. 3). Ispirandosi agli insegnamenti delle Sacre Scritture, relativi al popolo ebreo, il Dottor Angelico stabilisce con chiarezza quali siano i limiti dell'accoglienza agli stranieri. Forse possiamo trarne qualche lezione.

DUE TIPI DI RAPPORTI: PACE E GUERRA
S. Tommaso: "Con gli stranieri ci possono essere due tipi di rapporti: l'uno di pace, l'altro di guerra. E rispetto all'uno e all'altro la legge contiene giusti precetti".
S. Tommaso afferma, dunque, che non tutti gli immigranti sono uguali, perché i rapporti con gli stranieri non sono tutti uguagli: alcuni sono pacifici, altri conflittuali. Ogni nazione ha il diritto di decidere quale tipo di immigrazione può essere ritenuta pacifica, quindi benefica per il bene comune; e quale invece ostile, e quindi nociva. Come misura di legittima difesa, uno Stato può rigettare elementi che ritenga nocivi al bene comune della nazione.
Un secondo punto è il riferimento alla legge, sia divina sia umana. Uno Stato ha il diritto di applicare le proprie leggi giuste.

IMMIGRAZIONE PACIFICA
L'Angelico passa poi all'analisi dell'immigrazione "pacifica".
S. Tommaso: "Infatti gli ebrei avevano tre occasioni per comunicare in modo pacifico con gli stranieri. Primo, quando gli stranieri passavano per il loro territorio come viandanti. Secondo, quando venivano ad abitare nella loro terra come forestieri. E sia nell'un caso come nell'altro la legge imponeva precetti di misericordia; infatti nell'Esodo si dice: 'Non affliggere lo straniero'; e ancora: 'Non darai molestia al forestiero'".
Qui S. Tommaso riconosce che ci possano essere stranieri che, in modo pacifico e quindi benefico, vogliano visitare un altro paese, oppure soggiornarvi per un certo periodo. Tali stranieri devono essere trattati con carità, rispetto e cortesia, cosa richiesta ad ogni uomo di buona volontà. In tali casi, la legge deve proteggere questi stranieri da qualsiasi sopraffazione.
S. Tommaso: "Terzo, quando degli stranieri volevano passare totalmente nella loro collettività e nel loro rito. In tal caso si procedeva con un certo ordine. Infatti non si riceveva subito come compatrioti: del resto anche presso alcuni gentili era stabilito, come riferisce il Filosofo, che non venissero considerati cittadini, se non quelli che lo fossero stati a cominciare dal nonno, o dal bisnonno".
In terzo luogo, S. Tommaso menziona coloro che vogliono stabilirsi nel paese. E qui il Dottor Angelico mette una prima condizione per accettarli: il desiderio di integrarsi perfettamente nella vita e nella cultura della nazione ospitante.
Una seconda condizione è che l'accoglienza non sia immediata. L'integrazione è un processo che richiede tempo. Le persone devono adattarsi alla nuova cultura. L'Angelico cita anche Aristotele, il quale afferma che tale processo può richiedere due o tre generazioni. S. Tommaso non stabilisce un tempo ideale, affermando soltanto che esso può essere lungo.
S. Tommaso: "E questo perché, ammettendo degli stranieri a trattare i negozi della nazione, potevano sorgere molti pericoli; poiché gli stranieri, non avendo ancora un amore ben consolidato al bene pubblico, avrebbero potuto attentare contro la nazione".

CI VUOLE TEMPO
L'insegnamento di S. Tommaso, fondato sul senso comune, suona oggi politicamente scorretto. Eppure, è perfettamente logico. L'Angelico evidenzia che vivere in un'altra nazione è cosa molto complessa. Ci vuole tempo per conoscere gli usi e la mentalità del Paese e, quindi, per capire i suoi problemi. Solo quelli che vi abitano da molto tempo, facendo ormai parte della cultura del Paese, a stretto contatto con la sua storia, sono in grado di giudicare meglio le decisioni a lungo termine che convengano al bene comune. È dannoso e ingiusto mettere il futuro del Paese nelle mani di chi è appena arrivato. Anche senza colpa, costui spesso non è in grado di capire fino in fondo cosa stia succedendo, o cosa sia successo, nel Paese che ha scelto come nuova Patria. E questo può avere conseguenze nefaste.
Illustrando questo punto, S. Tommaso nota come gli ebrei non trattavano tutti i popoli in modo uguale. Vi erano nazioni più vicine e, quindi, più facilmente assimilabili. Altre, invece, erano più lontane o addirittura ostili. Alcuni popoli ritenuti ostili non potevano essere accettati in Israele, vista appunto la loro inimicizia.
S. Tommaso: "Ecco perché la legge stabiliva che si potessero ricevere nella convivenza del popolo alla terza generazione alcuni dei gentili che avevano una certa affinità con gli ebrei: cioè gli egiziani, presso i quali gli ebrei erano nati e cresciuti, e gli idumei, figli di Esaù fratello di Giacobbe. Invece alcuni, come gli ammoniti e i moabiti, non potevano essere mai accolti, perché li avevano trattati in maniera ostile. Gli amaleciti, poi, che più li avevano avversati, e con i quali non avevano nessun contatto di parentela, erano considerati come nemici perpetui".
Le regole, però, non devono essere rigide, possono ammettere eccezioni. S. Tommaso: "Tuttavia qualcuno poteva essere ammesso nella civile convivenza del popolo con una dispensa, per qualche atto particolare di virtù: si legge infatti nel libro di Giuditta, che Achior, comandante degli Ammoniti, 'fu aggregato al popolo d'Israele, egli e tutta la discendenza della sua stirpe' - Così avvenne per la moabita Rut, che era 'una donna virtuosa'".
È possibile, dunque, ammettere eccezioni, secondo le concrete circostanze. Tali eccezioni, tuttavia, non sono arbitrarie, hanno bensì sempre in vista il bene comune della nazione. Il generale Achior, per esempio, rischiando la propria vita, era intervenuto presso Oloferne in favore degli ebrei, guadagnandosi in questo modo la loro eterna gratitudine, nonostante la sua origine ammonita.
Ecco alcuni principi in tema di immigrazione enunciati da S. Tommaso d'Aquino, sette secoli orsono. Dai suoi insegnamenti si desume con chiarezza che qualsiasi analisi sull'immigrazione deve essere guidata da due idee-chiave: l'integrità della nazione e il suo bene comune.

INTEGRAZIONE O DISINTEGRAZIONE?
L'immigrazione deve avere sempre come scopo l'integrazione, non la disintegrazione o la segregazione, cioè la creazione di piccole "nazioni" contrastanti all'interno del Paese. Oltre a godere dei benefici offertigli dalla sua nuova Patria, l'immigrante deve assumerne anche gli oneri, cioè la piena responsabilità per il bene comune, partecipando alla vita politica, economica, sociale, culturale e religiosa. Diventando un cittadino, l'immigrante passa a essere membro di una vasta famiglia, con un'anima comune, con una storia e un futuro comune, e non soltanto una sorta di azionista in un'azienda, al quale interessano appena il profitto e i benefici.
Poi S. Tommaso insegna che l'immigrazione deve avere sempre in mente il bene comune: essa non può sopraffare o distruggere la nazione.
Ciò spiega perché tanti europei provano una sensazione di sconforto e di apprensione di fronte alle massicce e sproporzionate immigrazioni di questi ultimi anni. Un tale flusso di stranieri, provenienti da culture molto lontane e perfino ostili, introduce situazioni che distruggono gli elementi di unità psicologica e culturale della nazione, distruggendo perciò la stessa capacità della società di assorbire organicamente nuovi elementi. In questo caso, si sta chiaramente attentando contro il bene comune.
Aspetto secondario ma molto importante: quello economico. In mezzo alla più grave crisi economica degli ultimi decenni, l'Europa si può permettere di prendere in carico milioni di immigrati senza ledere il bene comune dei suoi cittadini?
L'immigrazione organica e proporzionata è sempre stata un fattore di sanità e di forza per la società, introducendovi nuova vita e nuovi talenti. Quando, però, diventa sproporzionata e incontrollata, mettendo in pericolo le fondamenta della società e dello Stato, allora diventa pregiudizievole per il bene comune.
Ciò sopratutto quando si tratta di immigrazione, al meno potenzialmente, ostile, secondo le categorie proposte da S. Tommaso. È il caso, per esempio, dei musulmani, rappresentanti di popoli che per secoli sono stati in guerra con l'Europa, cercando la sua distruzione.
Farebbe bene l'Europa a seguire i saggi insegnamenti del Dottor Angelico. Un Paese deve usare giustizia e carità nel trattare gli immigranti. Soprattutto, però, deve salvaguardare la concordia e il bene comune, senza i quali un Paese non può durare a lungo. Questo per non parlare della Fede cristiana, il più profondo elemento fondante della nostra civiltà.

Nota di BastaBugie
: l'attraversamento del Mediterraneo con relativi sbarchi sulle coste italiane e greche di ondate di emigranti, è solo la punta dell'iceberg di un fenomeno che è globale e che ha come principale causa strutturale l'enorme divario nel tenore di vita tra i cosiddetti Paesi ricchi e i Paesi più poveri.
Spiegare le ragioni di questo squilibrio, descrivere tutti i fattori che costituiscono l'emergenza migrazione, indicare i criteri per affrontare tale emergenza è l'obiettivo del libro di Anna Bono "Migrazioni, emergenza del XXI secolo", il secondo libro-dossier della collana "I libri della Bussola. Sapere per capire".
Che differenza c'è tra profugo, rifugiato e richiedente asilo? Quanti sono gli emigranti irregolari che arrivano in Europa? Quali sono le rotte attraverso cui passa il traffico migratorio? E cosa accade in questi passaggi? A queste e tante altre domande risponde questo volume, una guida agile e pratica per comprendere quella che è una emergenza mondiale e i criteri con cui è possibile affrontarla.
Per ordinarlo, clicca qui: http://www.lanuovabq.it/it/libreria-online-catalogo.htm

Fonte: Sito del Timone, 20/12/2015

7 - IL PARROCO ALL'OMELIA FA NOTARE CHE, QUANDO SONO ARRIVATI I TERRORISTI, AL BATACLAN STAVANO SUONANDO ROCK SATANICO, MA IL VESCOVO LO PUNISCE
Eppure è così! Gli Eagles of Death Metal cantavado la canzone ''Bacia il diavolo'' che dice: ''Chi amerà il diavolo? Io amerò il diavolo e la sua canzone! Io bacerò il diavolo sulla sua lingua!''
Autore: Mauro Faverzani - Fonte: Corrispondenza Romana, 25/12/2015

Ha detto una verità scomoda. Per questo è stato punito. Non dai detrattori, bensì dai suoi superiori. Domenica 29 novembre, chiesa della Santissima Trinità a Wisembach, nei Vosgi: il parroco, mons. François Schneider, nel corso dell'omelia, ha parlato degli attentati avvenuti a Parigi sedici giorni prima. Precisando come, a suo giudizio, lo spettacolo musicale in corso al teatro Bataclan, prima dell'irruzione dei terroristi islamici, fosse «ispirato da satana».

IL COMUNICATO DI SCUSE
Queste parole sono state immediatamente riferite al Vescovo, mons. Jean-Paul Mathieu, alla guida della Diocesi di Saint-Dié. Il quale ha, a sua volta, ordinato al suo prete di presentare pubblicamente le proprie scuse, sempre nel corso della S. Messa. Cosa che mons. Schneider ha regolarmente fatto, lo scorso 20 dicembre: al termine della funzione liturgica, ha fatto «auto-critica» e letto un comunicato, che l'agenzia Riposte Catholique ritiene scritto dallo stesso Vescovo, comunicato in cui ha espresso rammarico circa l'accaduto alla quarantina di fedeli presenti, allibiti per l'accanimento mediatico scatenatosi contro il loro parroco. Secondo il quotidiano Vosges Matin, le autorità, tramite la Prefettura, sarebbero addirittura intervenute per far sì che il sacerdote venisse colpito da sanzioni: «Qui si vuole mettere il morso al Cristianesimo e renderlo asettico!», hanno commentato.
La notizia ha suscitato prevedibilmente grande sconcerto. Molti coloro che hanno espresso a mons. Schneider il proprio sostegno per iscritto. Al giornale locale è giunta una lettera dei parrocchiani, in cui si legge: «È un buon sacerdote e lo abbiamo sempre apprezzato. Ciò che sta attraversando non cambia minimamente il nostro giudizio. A criticarlo, è chi non viene quasi mai a Messa». In sua difesa si è levata anche la voce di Emmanuel Delhourne, responsabile dell'organizzazione «Cristiani in politica» di Parigi, che ha dichiarato: «Quanto da lui detto è vero. I testi delle canzoni del gruppo Eagles of Death Metal [quello esibitosi sul palco quel terribile 13 novembre... NdR] sono ispirate al satanismo».

PUZZA DI REGIME
Il giornalista Yves Daoudal sente puzza di regime in tutto quest'episodio. Anche Riposte Catholique scrive: «La dittatura marxista-leninista non si ferma, finché il nemico di classe non venga ridotto in briciole, annientato». Così ecco l'annuncio del Vicario generale della Diocesi: «Il nostro primo obiettivo era che mons. Schneider facesse questa dichiarazione. Ora ci si ritroverà, per esaminare ulteriormente la vicenda. E' troppo presto per dire qualcosa». Lasciando presagire che, per loro, la questione non sia affatto conclusa. Innanzi tutto, un sacerdote della Mosa, estremamente attivo nel campo della musica metal, dovrebbe tenere presto un intervento nella sua parrocchia, quella della Santissima Trinità, per una sorta di "rieducazione" collettiva. Poi si vedrà.
Che la Chiesa amasse autodemolirsi sino a questo punto, neppure gli avversari più accaniti avrebbero potuto sperarlo. Per la cronaca: al momento dell'attentato gli Eagles of Death Metal stavano cantando la canzone dal titolo «Bacia il diavolo», che ripete ossessivamente le seguenti strofe: «Chi amerà il diavolo? Chi canterà la sua canzone? Io amerò il diavolo e la sua canzone! Chi bacerà la lingua del diavolo? Io bacerò il diavolo sulla sua lingua!». Parole, che non necessitano di eccessivi commenti. Di certo, non da educande o da sagrestia. A voi il giudizio.

Nota di BastaBugie: se vuoi approfondire, puoi vedere il nostro dossier sull'islam, contenente video e articoli, clicca nel link qui sotto
https://www.bastabugie.it/it/contenuti.php?pagina=utility&nome=_islam

Fonte: Corrispondenza Romana, 25/12/2015

8 - TUTTE LE BALLE SULLO STATO VEGETATIVO
La coscienza non è mai assente, semmai sommersa
Autore: Massimo Gandolfini - Fonte: Il Timone, settembre/ottobre 2015

Per affrontare, anche sinteticamente, il tema del cosiddetto "Stato Vegetativo" (SV) è necessario prima porsi una domanda: che cos'è la coscienza? Tanti pensatori si sono cimentati, nel corso dei secoli, nell'impresa di definirla esaustivamente. Oggi i neuroscienziati hanno accantonato questo obiettivo, e si limitano a "descriverla" nelle sue due dimensioni fondamentali: la "consapevolezza" (di se stessi e dell'ambiente circostante) e la "vigilanza" (il contatto con il mondo esterno).

COMA E STATO "VEGETATIVO"
Come si giunge allo SV? Partiamo dallo stato di coma, caratterizzato dall'abolizione della coscienza e delle funzioni somatiche: la consapevolezza e la vigilana sono soppresse. Oggi possiamo affermare che il coma non si prolunga mai più di 6-8 settimane ed è una "fase di passaggio" verso altri esiti, fondamentalmente tre: la morte, la ripresa progressiva, fino alla guarigione (con o senza deficit neurologici o cognitivi), lo Stato cosidetto Vegetativo. Lo SV è caratterizzato da vigilanza: il paziente è vigile (cioè tiene gli occhi aperti), mantiene il ritmo sonno-veglia, è incontinente e presenta una funzionalità variabile dei nervi cranici e dei riflessi spinali; però questo stato è caratterizzato da non evidenza per gli osservatori esterni di consapevolezza di sé e dell'ambiente circostante, da non evidenza di reazioni del paziente a stimoli visivi, uditivi, tattili, dolorosi e da non evidenza di comprensione o produzione verbale. Lo SV può evolvere gradualmente verso un lento e progressivo "risveglio", verso uno "Stato di Minima Coscienza" (SMC), descritto da J.Giacino nel 2002: il paziente manifesta una limitata, ma evidente, consapevolezza di sé e dell'ambiente, reagisce con risposte variabili a comandi semplici (anche di tipo posturale, facendo dei movimenti del capo, tipo si/no), risponde agli stimoli ambientali con comportamenti volontari.

E' PERMANENTE?
Quando non si verifica questa positiva evoluzione, lo stato clinico del paziente configura quel quadro clinico che è sotto denominato "stato vegetativo persistente o permanente" (SVP). Ma, allo stato attuale delle nostre conoscenze, in termini rigorosamente scientifici, è corretto definirlo "permanente" o "persistente"? Nel 1994 le Società scientifiche USA di ambito neurologico hanno costituito un apposito gruppo di studio, finalizzato ad approfondire questo stato. Le loro conclusioni furono che si dovesse definire "permanente" (come sinonimo "irreversibile"stadio SV che perdurava più di tre mesi dopo un danno cerebrale anossico e più di un anno dopo un trauma cranio encefalico (TCE):

ALCUNI CASI DI RISVEGLI CLAMOROSI
Ma, egli anni seguenti, si moltiplicarono le segnalazioni alla comunità scientifica mondiale di casi di miglioramenti clinici avvenuti anche dopo molti anni; ad oggi sono 19 i casi scientificamente documentati di "risveglio" da un SV considerato erroneamente irreversibile, e che pur perdurava da molti anni. Ad esempio, l'americano Terry Wallis nel 2003 si è "risvegliato" dopo 19 anni. Anche il polacco Jan Grzebski si è risvegliato dopo 19 anni, nel 2007. Solo la moglie Gertruda aveva creduto nel suo risveglio. E ha avuto ragione. "Mia moglie Gertruda mi ha salvato, e non lo dimenticherò mai", ha detto Grzebski intervistato dalla tv.

QUESTI SOGGETTI PROVANO DOLORE
Agli inizi degli anni duemila è intervenuto un nuovo grande contributo allo studio della nostra questione, grazie al "neuroimaging". Applicando queste avanzate tecnologie, nel 2000 la scuola neurologica belga documentò che le aree neuronali della corteccia deputate alle funzioni uditive primarie venivano attivate - quindi erano funzionanti - se il paziente veniva sottoposto a stimoli acustici. Queste indagini rivelarono che gli stimoli dolorifici, pur non producendo una reazione delle aree corticali e sottocorticali secondarie di queste persone, attivavano però la loro corteccia somatosensoriale primaria ed il talamo: il dolore di queste persone è ormai acclarato senza alcun dubbio. Le osservazioni hanno dunque dimostrato che in questi pazienti ci sono aree corticali in grado di esprimere frammenti ben definiti di attività cerebrale, pur in un cervello gravemente danneggiato. E' stata una vera e propria rivoluzione concettuale: i "moduli" cortico-sottoorticali lavorano in sinergia.

C'È COSCIENZA!
Un ulteriore passo in avanti si deve al neurologo britannico Owen (2006): Judy, una paziente non responsiva, giudicata in SVP, venne sottoposta a FRMN mentre le veniva chiesto di immaginare nella mente una partita a tennis. Judy dava risposte neuronali corticali assolutamente simili a quelle di un soggetto sano che immagini una partita a tennis. Dunque, evidentemente, Judy non si trovava in SVP, bensì in Stato di Minima Coscienza! Ciò conferma che, anche in ambienti altamente specializzati, è altamente probabile che ci siano frequenti errori nelle diagnosi che attribuiscono ad un paziente la mancanza della coscienza (secondo Gustave Moonen questi errori avvengono nel 40% dei casi). Ora, se già (per vari motivi che qui non c'è spazio per riassumere) è gravemente malvagio lasciar morire un soggetto che fosse con assoluta certezza in stato non responsivo irreversibile, sarebbe a maggior ragione grave consentire legalmente l'interruzione dell'alimentazione e dell'idratazione artificiale per via di una presunta diagnosi di SVP: si negherebbe di fatto la sopravvivenza ad un paziente che - trovandosi in realtà in uno stato di minima coscienza - avrebbe alte probabilità di recupero , anche soddisfacente, della propria salute. Dunque, oggi, sulla scorta delle acquisizioni scientifiche non si può più parlare, di "assenza di coscienza", ma piuttosto di "coscienza frammentata". Non esistono dunque criteri certi per stabilire quando uno SV diventi Permanente.

CONSEGUENZE ETICHE E SOCIALI
Ciò deve indurre ad un atteggiamento di un atteggiamento di grande prudenza che eviti di considerare lo SV come una situazione irreversibile e/o di terminalità, ritenendo che sia inutile investire risorse scientifiche e sociali per studiarlo e guarirlo. La deriva di abbandono o, peggio, eutanasica invocata da certa ideologia fondata sulla "qualità della vita" e sulle "vite non degne di essere vissute" è quanto di puù antiscientifico oggi possa esistere. Del resto, la mancanza di autocoscienza non toglie all'essere umano la sua preziosità incommensurabile, e non autorizza a ucciderlo o lasciarlo morire. La stessa nozione di "stato vegetativo" è già una manipolazione linguistica, perché induce a pensare che il soggetto non sia più un essere umano, bensì un vegetale. E' molto più corretto parlare di sindrome da "veglia aresponsiva", come si comincia a fare nel linguaggio medico.

Fonte: Il Timone, settembre/ottobre 2015

9 - OMELIA II DOMENICA DOPO NATALE – ANNO C – (Gv 1, 1-18)
In principio era il Verbo e il Verbo era presso Dio
Fonte Maranatha, (omelia per il 3 gennaio 2016)

«Io sono uscita dalla bocca dell'Altissimo e ho ricoperto come nube la terra... Prima dei secoli, fin dai principio, egli mi creò... ho posto le radici in mezzo a un popolo glorioso...». La prima lettura di questa domenica costituisce uno dei grandi elogi della Sapienza divina: essa si identifica da una parte con la Parola di Dio personificata, dall'altra con lo Spirito divino che si librava sulle acque primordiali. Il prologo di Giovanni ha un andamento molto simile: Gesù è chiamato la Parola, il Verbo, in quanto rivelazione definitiva del Padre. E la Parola, per Giovanni, evoca precisamente il ricordo della Parola divina dell'Antico Testamento, Parola che trova la sua perfezione in Gesù: egli è la Parola di Dio fattasi carne per la vita del mondo.
La seconda lettura è costituita dall'inno con cui Paolo inizia la lettera ai cristiani di Efeso. Dio ci ha predestinati ad essere suoi figli per opera di Gesù. Dobbiamo chiedergli «uno spirito di sapienza e di rivelazione per una più profonda conoscenza di lui».
Ci troviamo di fronte ad un grande trittico scritturistico: con toni solenni celebriamo l'intervento di Dio Padre nella storia degli uomini nella persona annunciata nell'Antico Testamento; il Verbo è la Parola di Dio che si è fatta carne e ha piantato la sua tenda fra noi; in lui Dio «ci ha benedetti con ogni benedizione...».

SI È INCARNATA LA PAROLA
Gesù è la Parola di Dio: non può essere una parola che non ha senso. Egli è tutto parola e parola di tutto. Dio aveva rivelato il suo eterno potere per mezzo della creazione, aveva inviato i suoi profeti, i suoi messaggeri, ma nonostante ciò era rimasto pieno di mistero, imperscrutabile, invisibile, celato dietro i principati e le potenze, dietro le tribolazioni e le ansietà. Ad un certo punto Dio si è rivelato; ha parlato distintamente e chiaramente. Ciò è avvenuto in Gesù di Nazaret. Gesù è la Parola che ha rotto il relativo silenzio di Dio. Il contenuto di questa Parola è Dio stesso. Un Dio diverso da come lo pensavano gli uomini: è un Dio Trinità d'amore, è un Padre misericordioso che ama l'uomo e lo vuole salvo. Gesù «a tutti i credenti indica la via della verità» (oraz. sopra le offerte), ed è venuto per rivelarci quel Dio che l'uomo di ogni tempo attende e invoca: «...luce dei credenti... rivélati a tutti i popoli nello splendore della tua verità» (colletta).

DIO NON SERVE PIÙ?
Per molti oggi questa «Parola» cade nel vuoto. Dio non fa più parte delle nostre abitudini. Oggi la sua esistenza è messa in discussione. L'ateismo non è più soltanto il problema di pochi: esso investe un numero sempre maggiore di uomini, tanto da diventare un fenomeno di civiltà. «Dio non serve a niente», è l'obiezione più facile. In effetti Dio non esiste per «servire» a qualche cosa, come molti ancora pensano; Dio non è il medico dei casi disperati, né un'agenzia di assicurazioni su pegni di giaculatorie o pellegrinaggi, né un alibi per spiegare quello che l'uomo non capisce o ancora non riesce a fare.
Il Dio di Gesù Cristo non è una specie di tiranno, benevolo o irritato, secondo i casi, che interviene arbitrariamente nel corso degli avvenimenti per arrestarne alcuni o modificarne altri. Credere in un Dio così, è sedere nell'anticamera dell'ateismo.

ABBIAMO BISOGNO DI DIO
Non è semplice fare un'analisi del complesso problema dell'irreligiosità moderna poiché non si presenta come un tutto omogeneo e anche le sue radici affondano spesso nell'inafferrabilità della coscienza individuale. Non sono pochi coloro che danno la responsabilità di tutto questo a larghe sfere della cristianità stessa che con atteggiamenti sbagliati e con un certo assenteismo ne avrebbero favorito il dilagare. Alla base del fenomeno dell'ateismo e dello scetticismo religioso attuali c'è spesso l'ignoranza dell'autentico messaggio cristiano. Per questo la Chiesa ha teso la mano agli atei per un incontro leale ed un dialogo sincero.
Ci si dimentica che l'uomo in tutto il suo essere spirituale, cioè nelle sue supreme facoltà di conoscere e di amare, è correlativo a Dio, è fatto per Lui; e ogni conquista dello spirito umano accresce in lui l'inquietudine, e accende il desiderio di andare oltre, di arrivare all'oceano dell'essere e della vita, alla piena verità che sola dà la beatitudine. Togliere Dio come termine della ricerca, a cui l'uomo è per natura sua rivolto, significa mortificare l'uomo stesso. La così detta «morte di Dio» si risolve nella morte dell'uomo. E allora un primo dovere ci coglie: quello di godere della conoscenza di Dio; e un secondo: quello di cercarlo; di cercarlo appassionatamente, dove, come e quando egli si lascia incontrare.

Fonte: Maranatha, (omelia per il 3 gennaio 2016)

10 - OMELIA EPIFANIA DEL SIGNORE - ANNO C (Mt 2,1-12)
Abbiamo visto spuntare la sua stella e siamo venuti ad adorarlo
Autore: Padre Settimio M. Manelli - Fonte: Il settimanale di Padre Pio, (omelia per il 6 gennaio 2016)

La solennità di oggi è un prolungamento della celebrazione del Natale del Signore. Più specificamente, ha lo scopo di celebrare il mistero della manifestazione della gloria infinita del Figlio unigenito del Padre al mondo intero. Già san Girolamo così spiegava ai suoi ascoltatori nell'Omelia sul giorno dell'Epifania: «Per designare questo giorno si usa il termine greco epifania. Ciò che noi, latini, indichiamo col termine apparizione oppure manifestazione, i greci lo chiamano epifania. A questo giorno si è dato questo nome proprio perché il nostro Signore e salvatore si è manifestato al pubblico». Per questo oggi ciascuno di noi è in festa ed è pieno di gioia, perché è sicuro di non essere escluso dalla salvezza che Gesù è venuto a portare a tutti.
Le Letture di oggi mostrano molto bene questo grande mistero. La salvezza non è più offerta soltanto ai giudei, ma anche i pagani sono chiamati ad entrare nel Regno di Dio. È interessante notare come san Matteo, all'inizio del suo Vangelo, riferisca questo accenno alla misericordia di Dio rivolta a tutti i popoli, e concluda il suo Vangelo con la frase di Gesù: «Andate e fate discepoli tutti i popoli [...] io sono con voi [...]» (28,19s). Gesù vuole aprirsi a tutti gli uomini. A tutti vuole portare più pace, più amore, più gioia. Vuole diffondere ovunque il Suo lieto annuncio, la Buona Novella. Nessuno può più restare nelle tenebre. E per questo oggi vuole servirsi di noi.
Nella prima Lettura vediamo la processione dei popoli verso la luce di Gerusalemme: «Cammineranno i popoli alla tua luce, i re allo splendore del tuo sorgere. Alza gli occhi intorno e guarda: tutti costoro si sono radunati, vengono a te. I tuoi figli vengono da lontano» (Is 60,3s). In passato, solo la città di Gerusalemme, cioè il popolo eletto, aveva la gioia di conoscere Dio. Ora, Dio in Cristo si è donato interamente all'umanità, per la salvezza di tutti. La Chiesa, istituita da Cristo, ha il compito di annunciare questa Buona Novella a tutti i popoli della terra.
La salvezza è offerta a tutti, ma per averla in dono bisogna aderire a Cristo e fare la sua Volontà. Dopo aver conosciuto Cristo, non è possibile continuare a vivere come prima. Questo vale anche per noi cristiani. Se non ci convertiamo e non cambiamo stile di vita, finiremo anche noi per seguire il tragico cammino del popolo eletto, il quale non seppe riconoscere il suo giorno e la sua luce. Non riconobbe il suo Re e il suo Salvatore nel Bambino di Betlemme.
L'episodio evangelico della visita dei Magi a Gesù Bambino è la manifestazione di questa grande verità: oggi viene rivelato quel mistero – come lo chiama san Paolo – che era rimasto nascosto precedentemente sia agli Ebrei che agli altri popoli, cioè che Cristo è l'unico Salvatore di tutti gli uomini, e non solo del popolo ebraico. È vero che Gesù è «il re dei Giudei», il Messia, discendente di Davide, nato a Betlemme. Però, Egli è pure destinato ad essere la «salvezza preparata da Dio davanti a tutti i popoli» (Lc 2,30s), e la «luce per illuminare le genti» (2,32).
L'Epifania è perciò per eccellenza la festa missionaria, la festa in cui tutti i popoli sono chiamati alla fede. E poiché anche noi eravamo tra quei popoli pagani, oggi è anche la festa della nostra chiamata alla fede. Pure noi siamo stati chiamati ad entrare in quel disegno di salvezza, che Dio ha voluto per tutti gli uomini. Questo grande dono non possiamo però tenerlo per noi. Anche noi dobbiamo essere luce e salvezza per gli altri con la testimonianza delle nostre opere buone, scaturite dalla nostra fede, secondo quanto scriveva san Paolo agli Efesini, e secondo quanto la Liturgia ora rivolge a noi: «Se un tempo eravate tenebra, ora siete luce nel Signore. Comportatevi perciò come i figli della luce; il frutto della luce consiste in ogni bontà, giustizia e verità. Cercate ciò che è gradito al Signore, e non partecipate alle opere infruttuose delle tenebre, ma piuttosto condannatele apertamente» (Ef 5,8-11). Gli altri vedendo le buone opere nostre glorificheranno il Padre e si sentiranno attirati al Vangelo di Gesù, che dona la salvezza.
La preghiera di Colletta della Santa Messa ci fa chiedere con fiducia: «O Dio, che in questo giorno, con la guida della stella, hai rivelato alle genti il tuo unico Figlio, conduci benigno anche noi, che già ti abbiamo conosciuto per la fede, a contemplare la grandezza della tua gloria» (dal Messale Romano). Rivolgiamoci con fiducia alla Madonna: come ha presentato Gesù Bambino all'adorazione dei pastori nella Notte di Natale, come lo ha presentato all'adorazione dei Magi, così lo presenti ogni giorno anche a noi, come nostro Salvatore.

Fonte: Il settimanale di Padre Pio, (omelia per il 6 gennaio 2016)

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