BastaBugie n�504 del 03 maggio 2017

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1 LE ONG VOGLIONO DESTABILIZZARE L'ITALIA CON I MIGRANTI
Ecco un clamoroso video con gli scafisti che scortano i migranti fino alle navi delle Ong
Autore: Giuseppe De Lorenzo - Fonte: Il Giornale
2 PIU' MOSCHEE E MUSULMANI? PIU' VOTI ALLA LE PEN!
Le zone dove al primo turno il Fronte Nazionale ha fatto il pieno di voti sono quelle a più alta densità di popolazione islamica
Autore: Antonio Socci - Fonte: Libero
3 ELEZIONI FRANCESI: MACRON E' IL MOZART DELLA FINANZA CHE HA RUBATO LA MOGLIE A UN ALTRO
Forse è necessario in Francia un nuovo Pascal (il quale, a rigor di logica, dimostrava che il cristianesimo è l'unica religione vera)
Autore: Lupo Glori - Fonte: Corrispondenza Romana
4 LA RABBIA, IL FILM SEMI-SCONOSCIUTO DI GUARESCHI
L'inventore di don Camillo e Pasolini fecero un film metà ciascuno... ora è stato restaurato, ma non la parte di Guareschi che comunque vi proponiamo (VIDEO: La rabbia di Guareschi)
Autore: Federico Robbe - Fonte: Blog di Costanza Miriano
5 SCANDALO IN BELGIO, VESCOVI CONTRO IL PROF CATTOLICO
Nell'università cattolica (?) di Lovanio si rischia il licenziamento per aver definito l'aborto un omicidio, inoltre i vescovi...
Autore: Marco Tosatti - Fonte: La Nuova Bussola Quotidiana
6 PERCHE' I DEPUTATI CATTOLICI VOTANO A FAVORE DELLE DAT, CIOE' L'EUTANASIA?
Il motivo è semplice: non sono cattolici! E se approvate anche al Senato sarà impossibile anche per le cliniche private (inclusi gli ospedali cattolici), sottrarsi alle richieste di eutanasia
Autore: Stefano Fontana - Fonte: Vita Nuova Trieste
7 LA VERA LIBERAZIONE AVVENNE IL 18 APRILE, NON IL 25
Fu alle elezioni del 18 aprile 1948 che l'Italia scelse davvero la libertà, archiviando definitivamente il fascismo, ma anche il nuovo pericolo di un'Italia comunista, legata a Mosca
Autore: Francesco Agnoli - Fonte: Libertà e Persona
8 FARE CHIAREZZA A UN ANNO DALLA AMORIS LAETITIA
Il convegno organizzato da La Bussola e Il Timone ha spiegato la gravità della crisi nella Chiesa (VIDEO: convegno Fare chiarezza)
Autore: Riccardo Cascioli - Fonte: La Nuova Bussola Quotidiana
9 OMELIA IV DOMENICA DI PASQUA - ANNO A (Gv 10,1-10)
Se uno entra attraverso di me, sarà salvato
Fonte: Il settimanale di Padre Pio

1 - LE ONG VOGLIONO DESTABILIZZARE L'ITALIA CON I MIGRANTI
Ecco un clamoroso video con gli scafisti che scortano i migranti fino alle navi delle Ong
Autore: Giuseppe De Lorenzo - Fonte: Il Giornale, 27/04/2017

Nuovo affondo del procuratore capo di Catania, Carmelo Zuccaro. Dopo aver confermato l'esistenza di "contatti tra Ong e trafficanti" e aver messo in dubbio le modalità di finanziamento di alcune tra le più attive associazioni umanitarie, oggi ai microfoni di Agorà su RaiTre il pm ha lanciato nello stagno delle polemiche un sasso che rischia di provocare un maremoto.
"A mio avviso - afferma Zuccaro - alcune organizzazioni potrebbero essere finanziate dai trafficanti e so di contatti. Un traffico che oggi sta fruttando quanto quello della droga". E aggiunge: "Forse la cosa potrebbe essere ancora più inquietante. Si perseguono da parte di alcune Ong finalità diverse: destabilizzare l'economia italiana per trarne dei vantaggi". Un'ipotesi allarmante. Il procuratore invita a "non fare di tutta l'erba un fascio", come peraltro aveva già fatto in passato escludendo dal raggio dell'azione investigativa Medici Senza Frontiere e Save The Children. Ma vuole vederci chiaro perché "alcune non rispettano le regole" e sui finanziamenti compaiono più luci che ombre, tra 5×1000 milionari e ricchi assicuratori diventati filantropi.

OBIETTIVO: DESTABILIZZARE L'ITALIA
Doveroso dunque pretendere trasparenza. Ma non è solo una questione economica o giuridica. Bisogna fare anche una valutazione politica: come abbiamo già provato a spiegare su queste colonne, dietro l'attività di SAR (ricerca e soccorso) di tutte (e ripeto, tutte) le Organizzazioni Non Governative c'è la volontà di creare corridoi umanitari per permettere ai migranti di arrivare in Italia. Eppure quella di istituire "vie legali" per l'approdo in Europa è una scelta che spetta agli Stati e non certo ad enti di diritto privato che operano in mare aperto su imbarcazioni che battono bandiere di Paesi noti più per i conti offshore che per la limpidezza fiscale.
Per questo Zuccaro fa aleggiare "finalità" che vanno oltre il semplice salvataggio di vite umane. Se alcune di esse cercano davvero la "destabilizzazione economica dell'Italia" ci sarà da divertirsi seguendo il prosieguo della vicenda. La politica ha già sollevato un polverone, con il M5S ad attaccare le Ong e il governo (Pd compreso) che vede "regie dietro gli sbarchi" ma si schiera con i giganti dell'immigrazione. Le indagini di Catania, Palermo, Trapani e Reggio Calabria vanno avanti. Per il pool catanese "di prove si può parlare soltanto a fronte di conoscenze che possano essere utilizzate processualmente e queste al momento mancano". Ma elementi per scoperchiare il vaso di Pandora ci sono tutti. Quali? "Contatti diretti con soggetti che si trovano in Libia e annunciano la partenza di barconi", navi che accendono fari per indicare la rotta, gommoni "scortati" dai trafficanti vicino ai vascelli delle onlus, operazioni di recupero all'interno delle acque libiche, trafficanti che forniscono ai migranti i numeri di telefono degli operatori umanitari e via dicendo.
Forse le evidenze non basteranno per un processo, ma sono sufficienti ad una valutazione generica dei fatti. Da quando le Ong operano nel Mediterraneo, gli scafisti fanno affari, la marina non riesce più ad arrestare i criminali e i morti in mare aumentano. Tutto questo merita risposte. Infine, in serata, sempre Zuccaro, incontrando i giornalisti, prova a raddrizzare il tiro: "La Procura di Catania - dice - ha delle ipotesi di lavoro, che non sono al momento prove, neppure quella sui loro finanziamenti". Il capo della procura etnea spiega di avere denunciato un "fenomeno", e non "singole persone" perché se "si aspetta troppo tempo, rischia di produrre elementi deleteri non più controllabili e che questa è una deroga al riserbo, ma anche un dovere per chi deve fare rispettare la legalità" [leggi: CHI FINANZIA LE ONG CHE FAVORISCONO L'INVASIONE DELL'EUROPA?, clicca qui, N.d.BB].

Nota di BastaBugie: al termine pubblichiamo il video "Barca con migranti scortata fino alle navi di soccorso" preceduto dall'articolo di Giuseppe De Lorenzo dal titolo "Così gli scafisti scortano i migranti fino alle navi delle Ong".
Ecco l'articolo completo (con video finale) pubblicato sul Il Giornale del 26/04/2017:
Stavolta spunta un video. Immagini chiare che potrebbero sostenere i racconti fatti dai migranti e i sospetti della procura di Catania.
Le protagoniste sono sempre loro, le navi delle Ong impegnate nelle operazioni di ricerca e soccorso (Sar) nel Mar Mediterraneo. E neppure l'accusa è cambiata, ovvero quella di favorire gli "sporchi affari" degli scafisti.
Nei giorni scorsi il pm Carmelo Zuccaro aveva detto chiaramente che "esistono le prove di contatti tra scafisti e soccorritori". Di cosa si tratta? "Telefonate che partono dalla Libia verso alcune Ong, fari che illuminano la rotta verso le navi di queste organizzazioni, navi che all'improvviso staccano i trasponder sono fatti accertati".
Ma potrebbe esserci anche dell'altro. Nel video registrato con un cellulare dai migranti e pubblicato dalla Stampa, infatti, si vede una moto d'acqua che scorta il barcone carico di immigrati. Una decina di passeggeri in una imbarcazione di legno, con lo scafista a gestire il timone. A realizzare il filmato col cellulare è uno dei disperati in cerca di futuro in Europa. Quando inquadra il trafficante, questi lo intima di smettere. I compagni di viaggio pregano, parlano, sperano. Ma non si tratta di una traversata della disperazione. Al loro fianco infatti spunta quella moto d'acqua che secondo gli investigatori sta scortando la bagnarola fino alle navi delle onlus per poi recuperare lo scafista e tornarsene in Libia. Poco dopo i migranti vengono caricati sulla Aquarius, il "vascello da ricerca" gestito in coppia da Sos-Mediterranée e Medici Senza Frontiere. Il telefonino mostra i canti, i balli e le feste di chi ormai si trova al sicuro sul ponte delle associazioni caritatevoli.
L'agenzia Frontex ha più volte urlato ai quattro venti che la presenza delle imbarcazioni umanitarie favorisce gli affari dei criminali dediti alla compravendita di esseri umani. In che modo? Le organizzazioni non-profit non hanno poteri di polizia, quindi non possono arrestare gli scafisti. Azioni cui sono dedite invece i militari della missione Eu Navfor Med-Sophia. "Dobbiamo registrare una sorta di scacco che la presenza di Ong provoca all'attività di contrasto", fece presente a marzo il pm Zuccaro. Una volta i facilitatori erano costretti a rimanere sui gommoni e spesso venivano individuati e ammanettati dalla marina. Oggi, invece, riescono a fuggire. Per due motivi: primo, le associazioni sono troppo vicine alla costa libica e le ore di navigazione dei migranti sono così poche che non richiedono la presenza dei trafficanti; secondo, i barconi vengono scortati da moto d'acqua per salvare il complice dall'arresto e permettendo pure di recuperare il motore da usare in un nuovo viaggio della morte.
Le leggi del mercato fanno il resto. Nell'ultimo anno, con l'esplosione massiccia delle missioni umanitarie nel Mediterraneo le partenze dalla Libia verso l'Italia sono cresciute del 30%. A certificarlo è l'agenzia di frontiera europea: la via centrale mediterranea sta registrando un incremento inimmaginabile a fronte del calo degli sbarchi provenienti dalla rotta orientale. Tra gennaio e metà aprile 2017, solo 6mila persone hanno attraversato l'Egeo, passando dalla Turchia alla Grecia (-94% rispetto allo stesso periodo dell'anno precedente). Sono invece 36mila i migranti traghettati in Italia e partiti dalla Tripolitania. Per monsignor Nunzio Galantino, segretario generale della Cei, "le navi Ong salvano vite". Ed è vero. Ma è altrettanto vero che le operazioni delle Organizzazioni Non Governative hanno reso la rotta centrale Mediterranea la strada più redditizia: costi bassi (bastano barconi malridotti), rotte brevi (le navi umanitarie sono a poche miglia dalla Libia) e pochi rischi (nessun trafficante arrestato). Per la gioia degli schiavisti.


https://www.youtube.com/watch?v=mIhIFf0VY2g

Fonte: Il Giornale, 27/04/2017

2 - PIU' MOSCHEE E MUSULMANI? PIU' VOTI ALLA LE PEN!
Le zone dove al primo turno il Fronte Nazionale ha fatto il pieno di voti sono quelle a più alta densità di popolazione islamica
Autore: Antonio Socci - Fonte: Libero, 30/04/2017

"La cartina parla da sola!", scrive Gérard Couvert sul sito francese "Boulevard Voltaire". In effetti è davvero eloquente.
I dati del primo turno delle elezioni presidenziali francesi sono stati commentati in lungo e in largo, ma nessuno aveva pensato di sovrapporre la mappa dei Dipartimenti - con i relativi vincitori - alla mappa delle moschee presenti sul territorio francese.
Forse per autocensura - insinua Couvert - infatti il risultato è impressionante ed "è istruttivo sia sulla sociologia del voto e la sua probabile evoluzione, sia sugli sviluppi di civiltà che vedremo nel prossimo decennio".

PIU' MOSCHEE? PIU' VOTI ALLA LE PEN
Il simbolo della moschea, nella cartina, ha tre grandezze diverse: il più grande indica che in quella zona c'è una moschea per meno di 7.500 abitanti; il simbolo a grandezza media per una popolazione dai 7.500 ai 12.500; il simbolo più piccolo tra 12.500 e 15.000 abitanti.
Nelle zone dove manca il simbolo non significa che non ci sono moschee, ma che ce n'è una per una popolazione oltre i 15.000 abitanti.
In pratica questa cartina è una rappresentazione della densità di popolazione musulmana nei diversi dipartimenti.
Per esempio nel Dipartimento Seine-Saint-Denis c'è una moschea per 3.500 abitanti, "che è un po' più di quello che troviamo a Damasco", spiega Couvert. Invece in Vandea c'è una moschea per 114.000 abitanti.
Ovviamente non è una mappa esattissima, perché diversi luoghi di culto islamici non sono dichiarati pubblicamente.
In ogni caso basta il colpo d'occhio per capire che le zone dove ha vinto Marine Le Pen si sovrappongono quasi esattamente alle zone a più alta densità di popolazione islamica. Mentre nelle zone dove l'Islam è scarsamentre rappresentato ha vinto Macron.
E' molto eloquente e non può essere una coincidenza casuale. Naturalmente ci sono anche altre componenti che hanno inciso sul voto, per esempio quelle di tipo sociale: l'ostilità o il plauso a questa globalizzazione e a questa Europa.
Sappiamo che Macron ha prevalso nella borghesia parigina, mentre nel voto operaio la Le Pen ha preso il 37 per cento, Mélenchon il 24 per cento, Macron il 16 per cento e Hamon il 5 per cento.

IL SECONDO TURNO
E' probabile che al secondo turno i diversi malesseri e le diverse rabbie, si aggreghino. Per esempio convogliando sulla Le Pen molti voti andati a Mélenchon (lo scontento sociale, l'impoverimento, la rabbia dei ceti popolari). Ma anche i voti presi da un ex gollista anti Europa come Nicolas Dupont-Aignan, che al primo turno ha raggiunto il 4,7 per cento e che ora ha dichiarato di votare Le Pen. Mentre l'elettorato di Fillon dovrebbe andare, in parte, a Macron.
Resta tuttavia quell'impressionante sovrapposizione evidenziata dalla cartina di Couvert relativa all'islamizzazione.
C'è una Francia che assiste con sgomento a quella che Finkielkraut chiama "la disintegrazione francese", cioè la trasformazione di quel paese in un'altra cosa, senza più identità e senza più la sua storia millenaria.
Sono cittadini da disprezzare e bollare come razzisti, populisti, islamofobi e fascisti?
O sono cittadini che pongono un problema serio e drammatico e sono da rispettare, da ascoltare e capire?
Vedono più acutamente il futuro della Francia loro oppure le élite che hanno portato la Francia e l'Europa a questo punto e che oggi sostengono il "multiculturalismo" e l'immigrazione di massa?
L'élite globalista, rappresentata da Macron, detesta le patrie nazionali e gli interessi nazionali (la finanza e il denaro non hanno patrie né frontiere).
Macron - come ha scritto ancora Finkielkraut - accompagna e teorizza quella disintegrazione della Francia.
Invece la cartina di Couvert ci dice che al primo turno ha votato Le Pen soprattutto chi ha la sensazione di trovarsi in un Paese in via di islamizzazione e vede il futuro dei propri figli com'è rappresentato nel romanzo "Sottomissione" di Michel Houellebecq.
Ma probabilmente al secondo turno voteranno Le Pen anche quegli elettori di Mélenchon e di Fillon che rifiutano un'altra sottomissione: alla grande finanza, alla Troika, alla Ue e alla Merkel.
Per questo il risultato potrebbe non essere così scontato come i media fanno pensare. Del resto sono gli stessi media che prevedevano (e sostenevano entusiasticamente) la bocciatura della Brexit e la vittoria di Hillary Clinton.

Nota di BastaBugie: per approfondimenti sulla situazione francese puoi leggere gli articoli seguenti

IN FRANCIA I CATTOLICI NON SANNO PER CHI VOTARE PERCHE' NESSUNO DIFENDE I PRINCIPI NON NEGOZIABILI
Il Front National è divenuto il primo partito in Francia... ma anche Marine Le Pen sostiene principi contrari al cristianesimo
da Corrispondenza Romana
https://www.bastabugie.it/it/articoli.php?id=4018

NEL 2022 SARA' ELETTO IN FRANCIA IL PRIMO PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA MUSULMANO
Il romanzo ''Sottomissione'' prevede un futuro possibile dopo la strage al settimanale Charlie
di Gianandrea de Antonellis
https://www.bastabugie.it/it/articoli.php?id=3630

Fonte: Libero, 30/04/2017

3 - ELEZIONI FRANCESI: MACRON E' IL MOZART DELLA FINANZA CHE HA RUBATO LA MOGLIE A UN ALTRO
Forse è necessario in Francia un nuovo Pascal (il quale, a rigor di logica, dimostrava che il cristianesimo è l'unica religione vera)
Autore: Lupo Glori - Fonte: Corrispondenza Romana, 26/04/2017

Macron-Le Pen, questo l'anomalo e inedito duello politico uscito dalle urne domenica 23 aprile e che si appresta a monopolizzare l'attenzione dei media internazionali da qui a domenica 7 maggio, data fissata per il ballottaggio finale che stabilirà il nuovo presidente della Repubblica francese. I duellanti non potrebbero essere più diversi e distanti.
Ma se tutti conoscono la storia, le idee e i programmi politici di Marine Le Pen e del suo "Front National", ben pochi sono a conoscenza del passato politico e dei progetti futuri di colui che, con tutta probabilità, sarà il successore di Francois Hollande alla guida della Francia: il trentanovenne "social-liberale", candidato del neonato movimento politico "En Marche!", Emmanuel Macron. Ex banchiere da Rothschlid, ex segretario generale dell'Eliseo, ex ministro dell'Economia del presidente Hollande, la carriera professionale e politica di Macron è stata fulminea e strabiliante.

IL MOZART DELLA FINANZA CHE HA RUBATO LA MOGLIE A UN ALTRO
Enfant-prodige della École nationale d'administration (ENA), la scuola nazionale d'amministrazione che sforna i futuri quadri dell'alta funzione pubblica francese, il giovane "Mozart della finanza", così soprannominato per le sue eccellenti doti da pianista oltre che da finanziere, ha bruciato tutte le tappe, passando in breve tempo dagli studi filosofici all'economia, fino alle più prestigiose cariche politiche. Dietro l'improvvisa e repentina ascesa pubblica di Macron vi è una enigmatica quanto determinante figura della sua vita privata, rappresentata dalla moglie, oggi 64enne, di ben 24 anni più grandi di lui, Brigitte Trogneux.
La loro storia risale a quando Emmanuel era un giovane e brillante studente del liceo di Amiens di 16 anni e Brigitte che, di anni ne aveva 40, era la sua professoressa di francese. Tra i due scoppia un travolgente e lunghissimo amore clandestino che porterà alla fine, nel 2007, la Trogneux a lasciare marito e figli e sposare il suo allievo prediletto, quando lui ha 29 anni e lei 53. Tutti i principali analisti politici hanno individuato nella Trogneuxla "musa" ispiratrice e l'autentica stratega della campagna elettorale di Macron, per la sua abilità nel costruire il personaggio politico del marito, sottolineando come sia stata lei stessa ad insistere per la candidatura nel 2017, senza aspettare altri cinque anni che si sarebbero rivelati fatali e controproducenti sul piano dell'immagine, dichiarando: «Nel 2022 avrà il problema della mia faccia».

IL PIANO POLITICO DI MACRON
Ma al di là della sua storia personale, qual è il piano politico di Macron? L' Ansa ha così lo ha così efficacemente sintetizzato: «Propone una società più aperta e flessibile, lontana da corporativismi e privilegi del passato, in grado di rispondere alle sfide globali. La sua convinzione è che occorra superare gli steccati ideologici e la vecchia dicotomia destra/sinistra che frenano il rilancio della République e la creazione di posti di lavoro. "Una buona idea è una buona idea, a prescindere", questo, in sintesi, il suo mantra. In questi anni non ha perso occasione per picconare i tabù della sinistra tradizionale. Il tema delle 35 ore, la settimana di lavoro ridotto, è uno dei suoi bersagli. Idem sul lavoro domenicale». Altrettanto azzeccato è stato il ritratto fornito da Marcel Gauchet, professore emerito all'École des Hautes Études en Sciences Sociales (EHESS) di Parigi e direttore della rivista Le Débat, che intervistato dal settimanale francese Le Nouvel Observateur (Obs) sull'essenza del progetto politico di Macron, ha così risposto: «Nessuno lo sa, nemmeno lui. Emmanuel Macron è uno di quegli uomini politici che si nutrono di una situazione, di una congiuntura, molto più di quanto la creino. Macron è indefinibile e si vuole tale. Gioca "tra": né destra né sinistra, o meglio sia destra che sinistra. E lo fa in un paese tradizionalmente polarizzato come la Francia, raggiungendo un livello nei sondaggi per adesso altissimo. (...) Macron si nutre del settarismo altrui. Questo spiega il suo successo, ma anche la sua debolezza: non è certo che la sua straordinaria capacità a suscitare empatia sia sufficiente a fare di lui un presidente della Repubblica».
Macron è dunque figlio dei tempi, ma è anche una creatura di quei poteri mediatici e finanziari, che dello "spirito dei tempi" sono gli artefici. Qualcuno, in questa prospettiva, ha definito Macron un compendio di "Rotschild+ Soros". Il futuro presidente della Francia under 40, senza passato politico, dall'aspetto sfuggente e malleabile, sembra essere un candidato artificiale, plasmato ad hoc e messo lì appositamente dall'establishment per ricoprire il necessario e contingente ruolo di garante e paladino della nuova Europa, minacciata dalla progressiva crescita del sentimento anti globalista, costi quello che costi. Se Macron rifiuta gli schematismi e propone di superare la "vecchia dicotomia destra/sinistra", non è possibile ignorare quello che è l'inequivocabile scontro politico in atto, che vede contrapporsi oligarchia da una parte e paese reale dell'altra. Su quale fronte egli sia schierato, non vi sono dubbi.

Nota di BastaBugie: Francesco Agnoli nell'articolo sottostante dal titolo "Quando Blaise Pascal seppelliva il multiculturalismo" parla delle prossime elezioni francesi dove una certa fetta di voti sarà determinata dal modo con cui i francesi guardano all'islam. Come lo giudicavano nel passato? Nell'Illuminismo era tale il rancore anti-cristiano che l'islam veniva preferito. Il razionalista Pascal, un secolo prima, al contrario, dimostrava a rigor di logica che il cristianesimo era l'unica religione vera.
Ecco l'articolo completo pubblicato su La Nuova Bussola Quotidiana il 2 maggio 2017:
Nelle prossime elezioni francesi una certa fetta di voti sarà certamente determinata dal modo con cui i francesi guardano al rapporto con l'islam, interno ed esterno. Può allora essere interessante vedere come la cultura francese ha considerato la religione islamica in secoli passati.
In età illuminista l'avversario dei filosofi è il cristianesimo: bisogna letteralmente "schiacciare l'Infame". Non lo pensa solo Voltaire, ma anche il barone di Montesquieu, che nelle sue Lettere persiane del 1721 presenta l'islam come immune dai mali della cristianità; pochi anni dopo un importante enciclopedista, il marchese Nicolas du Condorcet, si chiede stupito come mai la scienza sia nata "sotto le superstizioni più assurde, nel mezzo della più barbara ignoranza", cioè nei paesi cristiani, e non invece nelle terre dominate dalla "religione di Maometto, la più semplice nei suoi dogmi, la meno assurda nelle sue pratiche, la più tollerante nei suoi principi". Nello stesso periodo Voltaire dedica un'intera opera al tema: Maometto ossia il fanatismo è una sua tragedia rappresentata a Parigi nel 1742. Ma a differenza di quello che si può credere leggendo il titolo, il bersaglio preferito è ancora una volta il cattolicesimo, perché è piuttosto evidente che Voltaire ha utilizzato Maometto come metafora per colpire la Chiesa cattolica. La quale risponde mettendo la tragedia all'Indice. Solo pochi anni dopo, nel 1756, nel suo Saggio sui costumi, Voltaire elogia ampiamente Maometto, l'islam e la cultura araba.
Prima degli illuministi le cose stanno diversamente. Il giudizio più sintetico e celebre su Maometto è quello di Blaise Pascal, filosofo, matematico, fisico di primissimo ordine. Pascal dedica a Maometto il pensiero numero 356, intitolato Differenze tra Gesù Cristo e Maometto. Recita così: "Maometto, non predetto; Gesù Cristo, predetto. Maometto, che uccide; Gesù Cristo che lascia uccidere i suoi. Maometto che vieta di leggere; gli apostoli che comandano di leggere. Infine, il contrasto è tale che, se Maometto ha scelto la via del successo umano, Gesù Cristo scelse quella di perire umanamente; e, invece di concludere che siccome Maometto è riuscito, Gesù Cristo doveva fare altrettanto, bisogna dire che, siccome Maometto riuscì, Gesù Cristo doveva perire".
Perché Pascal affronta il tema islam? La Francia cattolica della sua epoca non è ancora la Francia laica e imperialista che nel 1830 attaccherà l'Algeria iniziando la colonizzazione dell'Africa islamica. Non vi è dunque nessun riferimento stretto all'attualità, e non vi sono nel paese milioni di immigrati di fede maomettana. La Francia è invece un paese che sta smettendo di essere cattolico, e in cui serpeggia un crescente scetticismo, l'idea cioè che non esista una verità, o che, se esiste, è inutile cercarla perché è impossibile trovarla.
Pascal crede invece nella verità e nella ricerca di essa: nelle verità limitate indagate dalla scienza, dalla sua amata matematica, e nelle Verità eterne indagate dalla teologia. Qual è la "vera religione"? Questa domanda lo porta a concludere che solo Cristo è la vera risposta alla natura dell'uomo, perché Egli, in quanto uomo, incontra la nostra miseria, il nostro essere "indegni di Dio"; in quanto Dio realizza la nostra natura di creature "capaci di Dio". Scrive infatti: "Noi non conosciamo Dio che tramite Gesù Cristo. Senza questo Mediatore è tolta ogni comunicazione con Dio..."; e aggiunge: "Non solamente noi non conosciamo Dio che per mezzo di Gesù Cristo, ma non conosciamo noi stessi se non per suo tramite".
La natura dell'uomo, per Pascal, sta qui: nell'essere immensamente grande, perché "l'uomo supera infinitamente l'uomo", perché è tensione, ricerca, desiderio infinito, ed è capace di amore e di pensiero (cosa di cui l'intero universo non sa nulla), e nell'essere infinitamente piccolo, misero, peccatore, a causa della Caduta originaria.
Ebbene, per Pascal le Scritture e la Chiesa, oltre ad avere dalla propria profezie e miracoli, hanno dell'uomo l'idea corretta, un'idea che non è frutto del loro ragionamento umano, ma che si può riconoscere vera e razionale una volta che è stata rivelata da Dio. Maometto, invece, non ha compreso affatto la natura umana nel profondo, ma è rimasto alla superficie, come può fare una mente limitata, non divina: ciò che lui insegna, dunque, non deriva da Dio. Infatti Allah è inaccessibile, lontanissimo, non si coinvolge nella storia, non mostra il suo volto, non si fa Mediatore ma manda un uomo a rivelare la sua legge. Se da un lato è inaccessibile, dall'altra il suo paradiso è invece un premio puramente materialistico. Ciò significa, in altre parole, che per Pascal Allah è troppo "in alto", e il suo paradiso troppo "in basso", laddove Cristo, invece, è un Dio che scende incontro all'uomo miserabile, bisognoso di aiuto, per portarlo dove l'uomo però vuole davvero arrivare, non ad un somma di piaceri finiti e terreni (i fiumi di miele e le donne-amanti in quantità del paradiso islamico), ma ad una Felicità infinita, qualitativamente diversa, quella propria del Paradiso cristiano.
Viene da domandarsi, alla luce di quanto si è detto, cosa avrebbe pensato Pascal dei giudizi sull'islam che vanno oggi per la maggiore, non solo nel mondo che si richiama ai Montesquieu, ai Condorcet, ai Voltaire, ma nel suo mondo cattolico. Sarebbe certamente rimasto spiazzato a sentir dire che "tutte le religioni sono religioni di pace" o affermazioni analoghe. Non solo perché, come dice espressamente nel passo citato, Pascal definisce Maometto come un predicatore armato e guerriero (come effettivamente fu), mentre Cristo è un Dio disarmato e pronto al sacrificio proprio e dei propri apostoli, ma soprattutto perché troverebbe illogico, contrario al buon uso della ragione, mettere sullo stesso piano religioni del tutto diverse, finendo per negarle, a rigor di logica, tutte quante. Se infatti in matematica tanti sono gli errori possibili, ma uno solo il risultato giusto, così tante possono essere le vie, le religioni, inventate dagli uomini per salire a Dio, ma uno solo è il Dio sceso ad incontrare gli uomini e a portare loro il suo messaggio, a svelare chi è davvero Dio e chi è davvero l'uomo.
Ma le religioni non dovrebbero "allearsi contro il secolarismo oggi vincente"? A questa affermazione odierna, se potesse sentirla, Pascal risponderebbe non solo citando il I comandamento ("Non avrai altro Dio all'infuori di me") ma anche ricordando che lui è vissuto proprio alle origini del secolarismo, nel paese, la Francia, che più di tutti lo ha diffuso. Ebbene questo secolarismo, che oggi possiamo definire relativismo religioso ed etico, è nato proprio mettendo tutto, verità ed errori, sullo stesso piano. Esso è dunque figlio dello scetticismo, cioè dell'idea che la verità o non c'è o non va cercata, e del deismo, anch'esso originariamente seicentesco, che mantenendo Dio, ma negando Cristo, il "Dio con noi", ha funto da battistrada per l'ateismo.
L'unico antidoto allo scetticismo ed all'incredulità è allora l'idea secondo cui l'uomo è fatto, agostinianamente per la ricerca della Verità. Se l'uomo cerca, Dio lo troverà: "Consolati: tu non mi cercheresti, se non mi avessi trovato".

Fonte: Corrispondenza Romana, 26/04/2017

4 - LA RABBIA, IL FILM SEMI-SCONOSCIUTO DI GUARESCHI
L'inventore di don Camillo e Pasolini fecero un film metà ciascuno... ora è stato restaurato, ma non la parte di Guareschi che comunque vi proponiamo (VIDEO: La rabbia di Guareschi)
Autore: Federico Robbe - Fonte: Blog di Costanza Miriano, 01/05/2017

Può sembrare strano ma la scintilla con Giovannino Guareschi, per me, è scoccata grazie al documentario La Rabbia del 1963, salito alla ribalta delle cronache nel 2008. Ovviamente conoscevo i film di Don Camillo e Peppone [guarda su YouTube: TRE SCENE IMMORTALI DI PEPPONE, clicca qui, N.d.BB] - tra l'altro oggetto di lettere infuocate di Guareschi contro i registi - ma li avevo visti sempre distrattamente, senza apprezzare tutto il ribollir di fede che c'era dietro e senza prendermi la briga di saperne di più sullo scrittore emiliano. Cosa che invece è successa con La Rabbia, nato da un'idea di Gastone Ferranti che chiese a Guareschi e Pier Paolo Pasolini di rispondere alla domanda: "Perché la nostra vita è dominata dalla scontentezza, dall'angoscia, dalla paura della guerra, dalla guerra?". Ne risultò un documentario in due parti, in cui ciascun autore aveva confezionato la propria risposta ignorando il lavoro dell'altro.
Il film, però, non ebbe grande fortuna: restò un paio di giorni in programmazione e poi venne ritirato dalle sale. Pasolini, infatti, aveva puntato i piedi scandalizzato dal controcanto "reazionario" di Guareschi e tolse la sua firma all'opera. A quel punto il ritiro fu inevitabile, e la pellicola finì nel dimenticatoio.

LE MENZOGNE DELLA MODERNITÀ E DEL PROGRESSO
Arriviamo così al 2008, anno del centenario della nascita di Giovannino Guareschi, nato il 1° maggio 1908. Per celebrare lo scrittore venne formato un comitato presieduto dal regista Giuseppe Bertolucci, che era anche presidente della Cineteca di Bologna. Ora, si dà il caso che proprio la Cineteca bolognese avesse la versione integrale del tormentato documentario a due voci. Bertolucci allora si mise all'opera per restaurare il film e proiettarlo alla Mostra del cinema di Venezia. Dove però arrivò solo la metà pasoliniana. E il contributo di Guareschi? "Insostenibile, addirittura razzista. Gli abbiamo fatto un piacere a non recuperarlo", tuonò il regista.
Un giudizio tanto perentorio mi incuriosì: cosa conterrà mai di così impresentabile da finire sotto le forbici della censura? Me lo andai a guardare [il film su YouTube: LA RABBIA, clicca qui, N.d.BB] e per approfondire decisi di scartabellare nell'archivio di Roncole Verdi (Pr), guidato da Alberto Guareschi, custode prezioso delle carte di famiglia. Scoprendo così che Giovannino, in pieno boom economico, ci aveva visto lungo, e aveva messo in guardia sulle false promesse della modernità e sulle menzogne del progresso. Aveva capito che si possono avere tutte le diavolerie moderne che si vuole, le automobili d'ultima generazione, i ritrovati tecnologici più all'avanguardia, la libertà di fare e dire quel che passa per la testa, ma tutto ciò non dona pace al cuore dell'uomo, che desidera l'infinito. Aveva compreso la frenesia che domina le nostre giornate, sotto cui "si nasconde la scontentezza". Aveva intuito che il sesso si sarebbe diffuso sempre più capillarmente, che avrebbe "preso il posto del cuore e del cervello", con "la pornografia che diventa arte", con "gli scrittori che vanno a cercare le loro parole nella fogna", con "il terzo sesso che è entrato nella letteratura, nel cinema e va entrando nella vita di tutti i giorni".

UN PROFETA INASCOLTATO
Durante i "favolosi" anni '60, quando qualsiasi capriccio sembrava a portata di mano e quando chiunque immaginava per l'umanità un avvenire glorioso e tutto in discesa, ecco Guareschi che vede la solitudine dei padri e delle madri diventare la solitudine dei figli. E l'egoismo dei padri e delle madri diventare l'egoismo dei figli. Dopotutto, "la nostra frenesia di piaceri materiali è la nostra scontentezza. I beni materiali non bastano all'uomo che è fatto di materia e di spirito". Il bello è che Giovannino non si ferma all'analisi ma suggerisce anche una strada: invocare i "fratelli morti" che ci hanno preceduto e che ci aiuteranno a "ritrovare noi stessi e la fede nell'avvenire". Del resto, scrive, "una fiamma scalda ancora il nostro vecchio cuore di terresti. E, in noi, è ancora più forte la speranza che la paura. Grazie a Dio". Perché è qui, "su questo vecchio pianeta che il figlio di Dio ha voluto nascere, soffrire e morire come uomo. Qui sono il nostro passato e il nostro avvenire, e qui - non sulla Luna - bisogna cercare la soluzione dei nostri problemi". A partire da queste parole, Guareschi mi è diventato amico ogni giorno di più, con i suoi racconti, il suo umorismo e i suoi grandi baffi. Perciò sono grato al figlio Alberto e a chi tiene viva la memoria di un uomo che non ha mai avuto paura di andare controcorrente e di parlare di Dio, nonostante i sapienti e i benpensanti di turno, che facevano (e fanno) di tutto per archiviare la fede in nome del progresso.

Nota di BastaBugie: per vedere il film "La rabbia" di Giovannino Guareschi, per approfondimenti sulla sua vita e sui film di don Camillo e Peppone, per la conferenza di Alessandro Gnocchi e l'intervista ai figli di Guareschi, vai al valido sito FilmGarantiti cliccando sul seguente link
http://www.filmgarantiti.it/it/articoli.php?id=98

Fonte: Blog di Costanza Miriano, 01/05/2017

5 - SCANDALO IN BELGIO, VESCOVI CONTRO IL PROF CATTOLICO
Nell'università cattolica (?) di Lovanio si rischia il licenziamento per aver definito l'aborto un omicidio, inoltre i vescovi...
Autore: Marco Tosatti - Fonte: La Nuova Bussola Quotidiana, 30/03/2017

In Belgio la polemica è forte. E La Chiesa belga, e l'Università Cattolica di Lovanio, non stanno mostrando, a nostro modesto parere il meglio di sé. Anzi. La storia è semplice: un professore di filosofia dell'università, Sthéphane Mercier, durante un corso destinato agli studenti del primo anno ha trattato del tema dell'aborto, e prendendo spunto dal quello che ha scritto Peter Kreeft, professore del King's College di New York, secondo cui l'embrione è persona dal concepimento, ha argomentato che l'aborto volontario è un omicidio premeditato, e dovrebbe essere proibito dalla legge (come era peraltro in occidente fino a qualche decennio fa).
Siti femministi hanno protestato, il giornale di sinistra Le Soir ha scritto, e l'Università Cattolica di Lovanio dopo aver preso tempo, ha emanato un primo comunicato, in cui dopo aver annunciato un'inchiesta, diceva che "a prescindere dall'istruttoria, il diritto all'aborto è iscritto nel diritto belga e il testo di cui siamo venuti a conoscenza è in contraddizione con i valori sostenuti dall'università. Il fatto di veicolare posizioni contrarie a questi valori durante l'insegnamento è inaccettabile". In seguito ha annunciato la sospensione dei corsi di Stéphane Mercier, e un'indagine disciplinare nei suoi confronti, che potrebbe concludersi con delle sanzioni o il licenziamento.

UNIVERSITÀ CATTOLICA?
L'Università di Lovanio si proclama, nel suo stemma, cattolica. Nel comunicato fa riferimento a "valori" non meglio precisati. Di sicuro l'aborto, che per ultimo papa Francesco ha giudicato "Crimine orrendo", difficilmente potrebbe rientrare nei valori difesi da un istituto accademico cattolico. La polemica non è rimasta confinata in ambito accademico - anche se su questo torneremo fra poco - ed è rimbalzata sui giornali. Tanto più perché proprio in questi giorni in Belgio si è svolta la "Marcia per la vita", con la partecipazione di qualche migliaio di persone, e Stéphane Mercier ha portato la sua testimonianza all'evento.
Ci si sarebbe aspettati che i vescovi belgi, che hanno un rapporto di qualche genere con l'Università di Lovanio (in genere il termine "cattolico" per un ateneo deve avere l'approvazione della diocesi) avrebbero parlato. Ahimè, lo hanno fatto.
Tommy Scholtès, un sacerdote, portavoce della Conferenza episcopale belga, ha detto: "Le parole di Stèphane Mercier mi sembrano caricaturali. La parola omicidio è troppo forte: presuppone una violenza, un atto commesso in piena coscienza, con un'intenzione, e questo non tiene conto della situazione delle persone spesso nella più grande angoscia". Ha poi aggiunto che "formule del genere non aiutano la Chiesa, specialmente nel quadro dell'appello alla vita lanciato dal Papa". Ha ammesso che il rispetto per la vita resta al centro della dottrina "ma il Papa chiama anche alla misericordia: dobbiamo mostrare comprensione, compassione".
Posizioni altrettanto sfumate per quello che riguarda le reazioni dell'Università Cattolica di Lovanio: "L'UCL e i vescovi belgi sono due cose allo stesso tempo vicine e diverse. Non abbiamo un'opinione da dare su quello che dice l'Università". E naturalmente ha preso le distanze dalla Marcia per la Vita, ricordando che si tratta di un'iniziativa privata di cattolici.
La dichiarazioni del portavoce danno un'immagine della Chiesa belga che definire deludente è dire poco. Così come non si ha notizia per il momento di nessuna iniziativa - anche solo conoscitiva - da parte della Santa Sede. Che un'Università che si dichiara "Cattolica" faccia rientrare l'aborto volontario su richiesta fra i suoi valori forse dovrebbe interpellare la Congregazione per l'Educazione Cattolica e il nuovo dicastero per Famiglia e Laici, affidato alle cure dell'arcivescovo Farrell, chiamato apposta dagli Stati Uniti. Per non parlare dell'Accademia per la Vita. Ma se i vescovi belgi si allineano alla cultura dominante (e ci si chiede perché il Pontefice ha trattato come ha trattato l'arcivescovo Lèonard, che era un testimone coraggioso, sostituendolo con l'accomodante De Kesel, subito fatto cardinale...) la polemica divampa in campo accademico.

PRIMO COMANDAMENTO: NON INFASTIDIRE L'OPINIONE DELLA MAGGIORANZA
Perché la questione Mercier non riguarda solo il problema dell'aborto: è la libertà accademica a essere in gioco. Fra l'altro, proprio l'Università Cattolica di Lovanio circa un mese fa aveva organizzato un convegno sul tema della libertà accademica. Sui giornali dei professori universitari dell'UCL, Jean Bricmont e Michel Ghins chiedono che non sia presa nessuna misura contro Stéphane Mercier, e che "esprimere qualsiasi punto di vista sulla problematica dell'aborto sia autorizzata".
"Siamo inquieti. Sì, siamo inquieti per le minacce che pesano sulla libertà accademica e a fortiori sulla libertà d'espressione all'Università Cattolica di Lovanio", scrivono, e chiedono: "Ci sono degli argomenti che non possono essere discussi in un corso di filosofia all'università?". La loro risposta è, chiaramente no. I due accademici però lanciano un allarme che vale non solo per il Belgio, ma per tutto l'occidente, e per l'Italia, Chiesa non esclusa:
"E' per lo meno sorprendente constatare l'emergere all'UCL di una sorta di neo-clericalismo del buon pensiero politicamente corretto, di una nuova forma di polizia del pensiero che colpirebbe le posizioni minoritarie quando sono attaccate dai media e sono suscettibili di infastidire l'opinione della maggioranza. L'università deve restare un luogo di libero pensiero e di dibattiti aperti. Se è permesso a giusto titolo di criticare le posizioni della Chiesa cattolica all'UCL, sarebbe perlomeno paradossale in un'università che porta il nome di cattolico proibire che certi accademici sviluppino argomentazioni cattoliche che sono conformi al cattolicesimo".
Ma devono essere dei professori, che lavorano all'UCL, ad avere il coraggio di fare queste affermazioni? E i vescovi belgi non "hanno un parere da dare su ciò che dice l'università"? E Roma, così loquace e ossessiva su tanti altri argomenti, continua a tacere?

Fonte: La Nuova Bussola Quotidiana, 30/03/2017

6 - PERCHE' I DEPUTATI CATTOLICI VOTANO A FAVORE DELLE DAT, CIOE' L'EUTANASIA?
Il motivo è semplice: non sono cattolici! E se approvate anche al Senato sarà impossibile anche per le cliniche private (inclusi gli ospedali cattolici), sottrarsi alle richieste di eutanasia
Autore: Stefano Fontana - Fonte: Vita Nuova Trieste, 02/05/2017

Un buon gruppo di deputati "cattolici", soprattutto militanti nel Partito Democratico, ha votato alla Camera a favore della legge sulle Disposizioni anticipate di trattamento, che è stata approvata ed ora è transitata in Senato. Siccome il testo di legge rende possibile la richiesta di sospensione di idratazione e alimentazione (che non sono terapie) è certissimo che apra all'eutanasia. Il fatto che il testo della legge alla fine abbia previsto l'obiezione di coscienza del medico nulla toglie alla sua profonda ingiustizia e disumanità. Sarà possibile che lo Stato uccida una persona umana, se costei (o il suo tutore) lo vuole. La possibilità dell'obiezione di coscienza non rende giusta una legge ingiusta e, del resto, prima o dopo quel diritto stesso verrà attenuato o tolto. Se farsi dare la morte diventa un diritto, lo Stato dovrà farlo valere anche impedendo l'obiezione di coscienza.
Non è la prima volta che deputati "cattolici" danno il loro sì a leggi contrarie a qualcuno dei dieci comandamenti e, quindi, alla legge morale naturale. Non sarà nemmeno l'ultima. Ma non riesco a non stupirmi ogni volta che accade. Mi do da fare per capire le eventuali motivazioni, ma non ci riesco. E, alla fine dei miei ragionamenti, concludo con la desolata domanda: ma di deputati cattolici così cosa ce ne facciamo?
Poi mi viene in mente che forse la logica di partito finisce per legare loro le mani. Il partito in cui si sono collocati la pensa in questo modo, lo ha scritto anche nei suoi programmai elettorali. Non c'è da stupirsene. Loro sono entrati in un partito che si sapeva pensarla in questo modo. Ma sono entrati - a loro dire - nonostante questo, ossia per contrastare nel partito questi elementi negativi e puntare su altri che essi ritengono positivi. I deputati cattolici nel Partito democratico ci sono per correggere la linea del partito su questi temi. Ma allora perché poi seguono la corrente, non si distinguono, balbettano qualche timida critica e alla fine si adeguano obbedienti? E' sempre stato così: qualche dichiarazione per salvare la faccia e poi il voto a perdere. Nasce il sospetto, che ormai per me è una certezza, che la cultura del partito abbia il sopravvento e che gli stessi contenuti di ragione e di fede dei cattolici finiscano per essere messi in secondo piano rispetto alla cultura di partito. Non dagli interessi personali, di questo non mi occupo e non mi preoccupo - magari fosse solo così, la situazione sarebbe ancora salvabile -, ma dalla condivisione di una cultura sociale e politica che ha la prevalenza. Voglio essere ancora più chiaro: tra l'essere cattolico ed essere un deputato del Partito democratico è quest'ultimo a prevalere. Per mille motivi di lana caprina: la laicità, la distinzione tra fede e ragione, la secolarizzazione, la distinzione dei piani, l'autonomia del temporale... ma alla fine l'esito è quello e solo quello.
Sono poi andato anche a vedere chi sono quei deputati e ho scoperto che molti di essi vengono dall'associazionismo cattolico e dai movimenti, ove hanno ricoperto anche incarichi molto importanti. E allora mi chiedo: se dal mondo cattolico escono questi frutti, la confusione deve essere più ampia che non solo nella testa dei deputati cattolici pro DAT. Sì, deve essere molto più ampia e profonda.

Nota di BastaBugie: Tommaso Scandroglio nell'articolo sottostante dal titolo "Dat ai raggi X, dovere di uccidere per tutte le cliniche" parla del disegno di legge sulle Dat che dopo l'esame alla Camera sta per approdare al Senato. Inquietante l'impossibilità anche da parte delle cliniche private convenzionate di sottrarsi alle richieste di eutanasia, che interesserà tutte le aziende ospedaliere cattoliche. Ma anche la sua ratio che passa dal diritto a morire al dovere di uccidere, violentando la retorica del diritto come malinteso principio di uguaglianza.
Ecco l'articolo completo pubblicato su La Nuova Bussola Quotidiana il 21 aprile 2017:
Il Disegno di legge sulle Dat dopo l'esame alla Camera sta per approdare al Senato. Da segnalare almeno due aspetti rilevanti del testo appena licenziato: l'obiezione di coscienza del medico - emendamento che chissà se resisterà fino al varo della legge - e di contro l'impossibilità anche da parte delle cliniche private convenzionate di sottrarsi alle richieste di eutanasia. Questo interesserà anche tutte le aziende ospedaliere cattoliche. Ciò significherà che l'ospedale cattolico, anche nel caso in cui tutti i suoi medici si avvalessero dell'obiezione di coscienza, dovrà comunque trovare, fosse anche attingendo a strutture esterne, un medico disposto a praticare l'eutanasia. Tradotto: i dirigenti di una struttura ospedaliera cattolica saranno costretti a cooperare a pratiche eutanasiche. Per loro infatti non è prevista l'obiezione di coscienza. Esattamente come avviene oggi con l'aborto.
Sull'articolato del disegno di legge comunque ci soffermeremo in un'altra occasione. Ora ci preme mettere sotto la lente di ingrandimento la ratio di questo Ddl, cioè lo scopo essenziale che persegue, la sua struttura intima normativa, la sua natura giuridica. Questo Testo unico interpreta in modo estensivo il diritto a morire, già previsto dal nostro ordinamento, ed introduce il diritto/dovere di uccidere. Spieghiamo il perché.
In accordo alla disciplina del consenso informato il paziente già ora può rifiutare qualsiasi tipo di terapie, comprese quelle salva-vita. Questa facoltà è un vero e proprio diritto soggettivo sia perché è una possibilità inserita in testi di legge e quindi legittimata come pretesa giuridicamente tutelata, sia perché la mancanza di consenso in sede civile è fonte di risarcimento per danni non patrimoniali e in sede penale porta all'imputazione di seri reati (violenza privata, lesioni gravi o gravissime, etc.), sia perché in capo al medico esiste il dovere di astensione di fronte alla mancanza di consenso e tale dovere non ci sarebbe se il paziente non fosse titolare di un corrispettivo diritto di non farsi curare. E dunque esiste un diritto a rifiutare trattamenti sanitari salva-vita, ergo esiste un vero e proprio diritto a morire. [...]
Ora se esiste questo diritto significa che morire diventa un bene giuridico. E dunque tutte le modalità per morire sono un bene giuridico: procurarsi la morte e procurare la morte, cioè suicidarsi, aiutare qualcuno a farlo e uccidere. Dato che è un diritto/bene giuridico tale diritto non può conoscere limiti, né in riferimento alle categorie di persone che ne possono beneficiare, né in riferimento alle modalità per morire, né in riferimento alle circostanze e alle motivazioni che potrebbero legittimare l'accesso alla morte. Questa sequenza logica qui descritta è attuata dal Testo unico sulle Dat e, come accennato, trova il suo peccato originale nella disciplina del consenso informato già vigente nel nostro ordinamento.
In merito alle categorie di persone, sarebbe discriminatorio non riconoscere il diritto a morire a soggetti che non sono in grado di avvalersi da sé di simile diritto: vedi i neonati prematuri con gravi problemi di salute (l'eutanasia infantile è il naturale compimento dell'aborto procurato), i disabili mentali, le persone in coma o con sindrome non responsiva, i pazienti affetti da demenza, etc. Attualmente costoro vengono tutelati nei loro diritti patrimoniali, previdenziali, di salute, etc. perché questi diritti sono ritenuti oggettivamente dei beni giuridici. In ragione di ciò non si vede il motivo per cui negare loro l'eutanasia qualora si ritenesse che morire sia un bene oggettivo per loro. Non solo: il Ddl permette di sopprimere tutti questi soggetti, anche chi, come i bambini e ragazzi, hanno una naturale capacità di intendere e volere. E quindi permette di uccidere anche persone che con piena coscienza potrebbero rifiutare l'eutanasia. In breve si potrà uccidere con il consenso della vittima (secundum consensum), senza il suo consenso (praeter consensum) e addirittura contro il suo dissenso (contra consensum).
In merito alle modalità di soppressione ogni mezzo deve essere consentito affinchè si possa esercitare il diritto a morire: non iniziare terapie salva-vita (facoltà già permessa oggi e confermata dal Ddl), non iniziare idratazione e nutrizione (facoltà non permessa oggi, ma da Ddl sì), interrompere terapie salva-vita o idratazione e nutrizione (facoltà non permessa oggi, ma da Ddl sì). Unica modalità non ancora inserita nel Testo unico è l'iniezione letale e l'interruzione della ventilazione. Ma ci arriveremo per necessità logica.
In merito alle circostanze e alle motivazioni per poter morire, il diritto a morire - sempre per un malinteso principio di uguaglianza - non può escludere soggetti che versano in certe condizioni rispetto ad altri, né rifiutare l'eutanasia a chi avanza ragioni diverse rispetto ad altri. Questo è il quadro delineato dal Testo unico che non pone vincoli né di circostanze (es. stadio terminale della malattia o addirittura essere malati, etc.) né di motivazioni (es. presenza di dolori fisici o psicologici). Chiunque in qualsiasi condizioni versi, fosse anche solo depresso, e per qualsiasi motivo, fosse anche una delusione amorosa, potrà lasciarsi morire di fame e di sete e nessuno potrà intervenire.
Se dunque la ratio del disegno di legge sulle Dat è il diritto a morire, di necessità questa ratio non può conoscere ostacoli e deve essere attuata nel modo più esteso possibile. Non farlo sarebbe contraddire l'identità della stessa legge. E' fenomeno già ampiamente verificato molte volte: la legge sull'aborto chirurgico ha portato all'aborto chimico in pillole e sta portando all'eliminazione dell'obiezione di coscienza perché rappresenta un oggettivo impedimento all'esercizio del diritto d'aborto; la legge sulla fecondazione artificiale ha condotto all'eliminazione di una serie di divieti quali la fecondazione eterologa, il numero massimo di embrioni che si potevano produrre per ogni ciclo, l'accesso a coppie fertili, la selezione eugenetica, la diagnosi genetica pre-impianto; la legge sul divorzio ha figliato quella sul divorzio breve; le unioni civili porteranno ai "matrimoni" gay. La natura di una legge esige il suo perfezionamento, la sua piena realizzazione.
Torniamo al Testo unico sull'eutanasia. Il diritto a morire si declina in due modalità: il diritto di togliersi la vita e il diritto/dovere di uccidere. Sono due le tipologie di soggetti titolari di quest'ultimo diritto: i genitori-tutori e gli ospedali- medici. I primi avranno un vero e proprio diritto di uccidere figli e incapaci (nulla di nuovo: il diritto di uccidere il figlio è già presente nella 194), ma non un dovere di farlo. Anche i medici avranno un diritto di uccidere perché facoltà legittimata da una norma di legge e rientrante nel loro munus professionale: sarà espressione dell'esercizio dell'attività medica tutelata giuridicamente. Ma accanto a questo diritto in capo alle strutture ospedaliere e quindi in capo ai medici sarà predicabile anche un vero e proprio dovere di dare la morte se così sarà richiesto dal paziente vigile, da quello non vigile ma che ha redatto le Dat al fine di voler morire, dai genitori e tutori.

Fonte: Vita Nuova Trieste, 02/05/2017

7 - LA VERA LIBERAZIONE AVVENNE IL 18 APRILE, NON IL 25
Fu alle elezioni del 18 aprile 1948 che l'Italia scelse davvero la libertà, archiviando definitivamente il fascismo, ma anche il nuovo pericolo di un'Italia comunista, legata a Mosca
Autore: Francesco Agnoli - Fonte: Libertà e Persona, 24/04/2017

Con l'entrata in guerra e le prime sconfitte il fascismo aveva cominciato a perdere il consenso popolare accumulato in tanti anni: il popolo, che aveva accettato, bene o male, l'odioso obbligo della tessera, l'intruppamento della gioventù, la retorica del partito ecc., non sopportò la morte dei propri giovani, mandati a combattere con grande superficialità, senza mezzi e senza preparazione, in Grecia o in Russia, per folli manie di grandezza o per servilismo nei confronti di Hitler.
Gli stessi bombardamenti anglo-americani sulla città italiane sollevarono l'ira popolare verso Mussolini: era lui, non gli alleati, il vero colpevole di tutto. L'esperienza della RSI aveva poi completato l'opera: le rappresaglie fasciste, i morti esposti a monito nelle piazze, la povertà dilagante acuirono la rabbia e la disperazione; la leva obbligatoria, imposta dal regime, determinò la necessità per molti giovani, di fuggire in montagna, divenendo partigiani (altrimenti, se scoperti renitenti, venivano uccisi dai repubblichini fascisti).

PARTIGIANI A CHI?
Partigiani è termine assai generico con cui indichiamo in genere le forze, più o meno spontanee, contrapposte ai repubblichini fascisti e ai tedeschi, che avevano occupato l'Italia del centro-nord grazie alla viltà e all'inettitudine del re e di Badoglio. La storiografia marxista, alla fine della guerra, ha fatto della Resistenza un'epopea, una "guerra di popolo", la I dell'Italia unita: essa sarebbe il segno di una consapevolezza democratica, di un antifascismo eroico, di un immortale senso di libertà sorto dalla "spontaneità popolare" (A.Galante Garrone, 1946).
Si tratta, in realtà, di un mito fondatore che oggi, dopo tanti anni, non regge più: un mito creato ad arte per seppellire il vecchio ed esaltare, comunque, il nuovo, la nuova Italia post-fascista.
La realtà fu ben diversa: il movimento partigiano fu un movimento piuttosto eterogeneo, non sempre spontaneo e non sempre democratico, fatto di eroismi, di lotta per la libertà, ma anche di implacabile e sterile odio ideologico. Esistevano infatti brigate comuniste, col loro fazzoletto rosso al collo, ma anche brigate socialiste, democristiane, liberali, monarchiche, cattoliche, con altri segni distintivi ed altre idee; vi erano semplicemente brigate di antifascisti, senza una propria ottica politica, di renitenti alla leva obbligatoria, che si trovavano a combattere non per propria volontà, ma per sfuggire alla durezza con cui l'RSI li avrebbe puniti.

LA MENO SPONTANEA E PER NULLA DEMOCRATICA
Tra queste componenti la più forte, la più preparata, la più rigidamente organizzata, quindi la meno spontanea, per nulla democratica, era quella comunista, alle dipendenze del PCI di Togliatti e della Russia bolscevica, che non voleva limitarsi ad una liberazione dell'Italia dai tedeschi e dai fascisti, ma desiderava sostituirla con un regime dittatoriale filo-sovietico, collegato a Stalin, e, per quanto riguarda il Friuli, al comunismo iugoslavo di Tito: i partigiani comunisti arrivarono a combattere non per liberare Trieste, ma per passarla dal controllo tedesco a quello di un altro straniero, il dittatore slavo.
La speranza era quella di porre almeno un avamposto comunista nella nostra penisola, come punto di partenza per nuove vittorie. In questa clima vi fu il celebre episodio della malga Porzus, uno dei tanti punti neri, a lungo volutamente oscurati, della Resistenza: come in molte altre occasioni infatti le brigate comuniste entrarono in conflitto con gli altri partigiani, i cosiddetti "bianchi", in questo caso la brigata cattolica-monarchica "Osoppo", di cui facevano parte Francesco De Gregori, zio dell'omonimo cantante, e il fratello dell'intellettuale Pasolini: colpevoli di non voler confluire nel IX corpo sloveno titino e di rivendicare l'italianità dei territori friulani, 17 membri della Osoppo furono catturati con l'inganno dai partigiani comunisti e trucidati [leggi: LA RESPONSABILITA' DEL PCI NELLA STRAGE DI PORZUS, clicca qui, N.d.BB].

MEGLIO IL 18 APRILE
Con il 25 aprile 1945, dunque, non ci fu solo la sconfitta definitiva dei tedeschi e dei fascisti in Italia, soprattutto ad opera degli Alleati, ma anche, purtroppo, il grande spargimento di sangue italiano ad opera di alcuni gruppi partigiani che cercarono ancora a lungo di regolare i propri conti e magari di prendere il potere con le armi.
Per questo il mito della Resistenza e della Liberazione al 25 aprile è ancora, per alcuni, il sogno non di una Italia libera, ma di una Italia comunista, come la desideravano Togliatti e i suoi. E' il mito a cui si rifacevano, per esempio, le Br e quei gruppi armati che fecero gli anni di piombo e che si sentirono spesso gli eredi dei partigiani rossi (non certo degli altri, che la storiografia ufficiale ha sempre condannato alla damnatio memoriae!).
La vera festa della Liberazione, nel senso di Liberazione compiuta, definitiva, allora, potrebbe forse essere il 18 aprile: fu alle elezioni del 18 aprile 1948 che l'Italia scelse davvero la libertà, archiviando definitivamente il fascismo, ma anche il nuovo pericolo di un'Italia comunista, legata a doppio filo a Mosca (come i paesi dell'est).
Ma il 18 aprile, in Italia, non lo si ricorda, anche perché fu la vittoria non solo della Dc di allora, ma soprattutto di Pio XII, del medico Luigi Gedda, responsabile dei Comitati Civici, e di uomini come Giovanni Guareschi [guarda il video: GUARESCHI, UN UOMO LIBERO E CATTOLICO, clicca qui, N.d.BB] ed Eugenio Corti, due grandi scrittori che contribuirono enormemente a quella vittoria del 18 aprile, ma che né la Dc ingrata, né, tantomeno, il monopolio culturale di sinistra, vollero e mai vorranno sdoganare.

Fonte: Libertà e Persona, 24/04/2017

8 - FARE CHIAREZZA A UN ANNO DALLA AMORIS LAETITIA
Il convegno organizzato da La Bussola e Il Timone ha spiegato la gravità della crisi nella Chiesa (VIDEO: convegno Fare chiarezza)
Autore: Riccardo Cascioli - Fonte: La Nuova Bussola Quotidiana, 24/04/2017

Non c'è dubbio che il convegno internazionale "Fare chiarezza - A un anno dalla Amoris Laetitia", svoltosi a Roma il 22 aprile e organizzato da La Nuova Bussola Quotidiana e Il Timone, sia stato un evento eccezionale. Non solo è il primo appuntamento che affronta in modo sistematico le parti controverse della esortazione apostolica Amoris Laetitia, ma - come ho avuto modo di rilevare già in apertura del convegno - esso è stato pensato, voluto e realizzato esclusivamente da laici. E laici sono stati anche i relatori, di grande livello e preparazione, provenienti da ogni parte del mondo.
Evento eccezionale, dunque, ma non estemporaneo. Esso è il frutto di un lavoro che va avanti da anni con le nostre testate giornalistiche, che hanno nel Dna l'amore a Cristo e alla Chiesa, e che vogliono giudicare tutta la realtà alla luce del magistero. Nasce dunque dal constatare il disorientamento di tanti cattolici e la confusione che nella Chiesa oggi regna sovrana. E certamente il lavoro non finisce con questo convegno.
Nato con lo scopo di ridare voce ai Dubia dei quattro cardinali (Brandmuller, Burke, Caffarra, Meisner), ai quali non è giunta ancora alcuna risposta da parte del papa, ha certamente contribuito a chiarire i problemi legati alla Amoris Laetitia e a come è stata generalmente interpretata.

ACCRESCIUTA CONSAPEVOLEZZA
Mi pare di poter dire con certezza che si esce dal convegno di sabato con la accresciuta consapevolezza di una crisi molto grave che la Chiesa sta vivendo, una crisi che presenta analogie con altri momenti complicati nella storia della Chiesa, ma anche con delle caratteristiche inedite. Si tratta di una crisi che non nasce certo con la Amoris Laetitia o con i Sinodi sulla famiglia che ne sono la principale fonte, ma non c'è dubbio che l'esortazione apostolica in questione abbia avuto l'effetto di aprire i cancelli e lasciare circolare liberamente nella Chiesa idee e prassi eterodosse. E in gioco ci sono le fondamenta stesse della Chiesa cattolica.
Il problema infatti non è solo il testo della Amoris Laetitia - le cui contraddizioni sono state ben spiegate -, c'è soprattutto il contesto. Ovvero, da una parte altri discorsi e scelte di papa Francesco che danno forza alle interpretazioni più "progressiste", ad esempio per quel che riguarda l'accesso dei divorziati risposati all'Eucaristia; dall'altra la situazione di Chiesa in cui questo documento è stato calato. E qui sappiamo che in tante diocesi ormai "discernimento" è diventato sinonimo di "comunione per tutti".

ANDARE OLTRE LA CORRETTA INTERPRETAZIONE
Il punto a cui siamo arrivati ci fa dire che sembra ormai superato il momento in cui si poteva combattere sull'interpretazione. Se resta comunque valida l'indicazione di interpretare le indicazioni, laddove il testo è ambiguo, in continuità con il Magistero precedente (secondo le linee guide elaborate da alcuni docenti dell'Istituto Giovanni Paolo II per la famiglia), ma la situazione attuale richiede un passo ulteriore. Se dei sacerdoti vengono puniti dai loro vescovi perché ritengono in coscienza di non poter dare la comunione ai divorziati risposati; se tanti vescovi lasciano che il richiesto discernimento delle situazioni personali si traduca in accesso libero alla comunione (quando non sono i vescovi stessi a chiederlo); se è ormai giustificata e promossa a valore positivo l'omosessualità; e se ciò accade ormai in tutto il mondo, è chiaro che c'è bisogno anche di altro.
In questi mesi si è parlato tante volte di correzione fraterna da parte dei quattro cardinali, e il tema è stato evocato anche al convegno del 22 aprile, ma è un'ipotesi che comprensibilmente si cerca di evitare. Le contraddizioni però non possono reggere a lungo e per poter evitare che l'errore dilaghi è necessario che si chieda con forza al Papa di intervenire per chiarificare la materia.

Nota di BastaBugie: la situazione di divisione e confusione dottrinale e pastorale nella Chiesa è molto grave: in gioco ci sono le fondamenta della Chiesa stessa. E' questa, in estrema sintesi, la certezza che abbiamo guadagnato grazie al Convegno internazionale "Fare chiarezza, a un anno dall'Amoris Laetitia", organizzato da La Nuova Bq e Il Timone lo scorso 22 aprile a Roma. Un evento per molti versi eccezionale: è la prima volta in assoluto che un convegno di tale spessore ecclesiale viene organizzato esclusivamente da laici e con la presenza di soli laici provenienti da tutto il mondo.
Nel video seguente Riccardo Cascioli, direttore de La nuova Bussola Quotidiana, spiega i due elementi sostanziali emersi dal convegno.


https://www.youtube.com/watch?v=YO7Vhvy9lUg

Fonte: La Nuova Bussola Quotidiana, 24/04/2017

9 - OMELIA IV DOMENICA DI PASQUA - ANNO A (Gv 10,1-10)
Se uno entra attraverso di me, sarà salvato
Fonte Il settimanale di Padre Pio, (omelia per il 7 maggio 2017)

Nelle ultime domeniche abbiamo meditato sulla bontà di Gesù, sulla sua immensa misericordia che ci ha dimostrato donandoci la salvezza. Oggi la Chiesa ci presenta la figura del Buon Pastore. Questa immagine ci fa comprendere bene la cura e la sollecitudine che Gesù prodiga per il suo gregge che siamo noi. Dove c'è il pastore, il gregge pascola al sicuro e vi regna sicurezza e abbondanza. Il Salmo di oggi diceva: «Il Signore è il mio pastore, non manco di nulla. Su pascoli erbosi mi fa riposare, ad acque tranquille mi conduce. Rinfranca l'anima mia» (Sal 22,1-3). Il Signore ci conduce ai pascoli della Vita eterna, ci «guida per il giusto cammino» (v. 3) e ci difende da ogni pericolo. Spetta a noi ascoltare la sua voce e seguirlo docilmente.
Gesù è il Pastore e la Chiesa è l'ovile dove le pecore sono al sicuro. Nella Terra Santa, ai tempi di Gesù, l'ovile era uno spazio a cielo aperto, cinto da muri di pietre, con un'unica porta che di notte veniva chiusa. Alla sera, i pastori conducevano le pecore all'ovile che era custodito da un guardiano. Quando si faceva giorno, i pastori tornavano, entravano nell'ovile, e chiamavano le pecore ad alta voce. Le pecore, riconoscendo la voce del loro pastore, si riunivano attorno a lui e, quando il gregge era al completo, il pastore, al suono del flauto, conduceva le pecore al pascolo.
I pericoli non mancavano. Vi erano animali feroci che tentavano di assalire il gregge, vi erano anche ladri che cercavano di rubare le pecore. Non sempre il pastore riusciva a salvare il suo gregge e, spesso, per mettere al sicuro la sua incolumità fuggiva di fronte ai briganti. Al contrario, Gesù, il Buon Pastore, non ha esitato a dare la sua vita per noi, morendo sul legno della croce. Nel Salmo di oggi abbiamo ascoltato: «Anche se vado per una valle oscura, non temo alcun male, perché tu sei con me. Il tuo bastone e il tuo vincastro mi danno sicurezza» (Sal 22,4). Finché siamo con Gesù non avremo nulla da temere.
Per i pastori della Terra Santa la sorveglianza doveva essere continua. A volte capitava che i ladri entravano di notte nell'ovile, scavalcando il muro. Ecco Gesù che dice allora: «Chi non entra nel recinto delle pecore dalla porta, ma vi sale da un'altra parte, è un ladro e un brigante. Chi invece entra dalla porta, è pastore delle pecore. Il guardiano gli apre e le pecore ascoltano la sua voce» (Gv 10,1-3). Solo il legittimo pastore entra per la porta, e solo la sua voce è riconosciuta dalle pecore. Gli altri sono solo dei briganti.
Nel Vangelo di oggi, Gesù dice chiaramente: «Io sono la porta delle pecore [...] se uno entra attraverso me, sarà salvato; entrerà e uscirà e troverà pascolo» (Gv 10,7.9). Con questa similitudine, Gesù ci vuole far comprendere che solo in Lui noi possiamo trovare la salvezza. Gesù è il Pastore e Gesù è anche la porta dell'ovile. Nessuno entra nell'ovile di Cristo, che è la Chiesa, senza credere in Lui e senza ricevere il Battesimo che ci schiude questa porta della vita.
Per questo motivo, san Pietro, nella prima lettura, disse a tutti quelli che gli domandavano cosa dovessero fare per ottenere la salvezza: «Convertitevi e ciascuno di voi si faccia battezzare nel nome di Gesù Cristo, per il perdono dei peccati» (At 2,38). Quel giorno, era il giorno della Pentecoste, furono battezzate circa tremila persone (cf v. 41). Inoltre, nella seconda lettura, san Pietro aggiunge che prima di ottenere la salvezza noi eravamo come pecore erranti, ma ora siamo stati ricondotti al pastore e custode delle nostre anime (cf 1Pt 2,25).
Gesù è il Pastore che non solo ci salva dal nemico, ma che anche ci dona la sua vita. Egli dice: «Io sono venuto perché abbiano la vita e l'abbiano in abbondanza» (Gv 10,10). Gesù ci dona la sua vita in abbondanza. Ce la dona in modo particolare con l'Eucaristia che è il suo Corpo e il suo Sangue. Nutriamoci spesso di questo celeste alimento, il più spesso possibile. Gesù vuole donarci questo Cibo ogni giorno, non perdiamo per pigrizia un dono così grande, e badiamo bene che il non potere non sia il non volere.
Ascendendo al Cielo, Gesù ha affidato agli Apostoli il compito e la responsabilità di pascere il gregge dei fedeli. A loro volta, gli Apostoli hanno scelto i loro collaboratori e successori, fino ad arrivare ad oggi e fino ad arrivare alla fine dei tempi. I Vescovi sono i successori degli Apostoli e il Papa è il successore di Pietro, il primo degli Apostoli. Gesù vuole che noi ascoltiamo docilmente la voce dei Pastori della Chiesa, consapevoli che chi ascolta loro, ascolta Lui. Sono loro, il Papa e i Vescovi in comunione con il Papa, ad essere i maestri della fede.
Nel corso della storia della Chiesa falsi pastori hanno sempre cercato di penetrare all'interno della Chiesa con i loro insegnamenti sbagliati. Sotto la veste di pastori non mancano neppure ai giorni d'oggi dei predoni che turbano la Chiesa con le loro false teorie. Abbiamo un criterio infallibile per riconoscerli e per rifiutarli: se ciò che insegnano va contro il Magistero della Chiesa non dobbiamo ascoltarli! Ascoltiamo invece la voce del Papa. Egli è l'unico Pastore infallibile per tutto quello che riguarda la fede e la morale.
Infine, non dobbiamo mai dimenticare la preghiera per le vocazioni. Vogliamo elevare anche la nostra supplica, affinché il Signore, il Buon Pastore, non privi mai la sua Chiesa del dono di vocazioni sacerdotali e religiose. I sacerdoti ci donano Gesù, con la celebrazione della Messa, e i religiosi, con la loro preghiera e testimonianza, sono un segno luminoso della vita futura che ci attende. L'esperienza insegna che dove mancano vocazioni, la vita cristiana illanguidisce. Preghiamo con fervore che il Signore, oggi stesso, faccia sentire la sua voce a tanti giovani generosi e faccia loro comprendere la bellezza di una vita tutta spesa per la gloria di Dio e per il bene dei fratelli.

Fonte: Il settimanale di Padre Pio, (omelia per il 7 maggio 2017)

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