BastaBugie n�528 del 18 ottobre 2017

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1 LA PENA DI MORTE NON E' CONTRARIA AL VANGELO
Anche il buon ladrone, proclamato santo sulla croce da Gesù stesso, ammette che la sua pena è giusta!
Autore: Tommaso Scandroglio - Fonte: La Nuova Bussola Quotidiana
2 L'ANNIENTAMENTO DI UN POPOLO
Introdurre in un territorio centinaia di migliaia di maschi è un crimine (e inoltre tutti dovrebbero essere armati per difendersi)
Autore: Silvana De Mari - Fonte: Imola Oggi
3 IL FALSO SAN FRANCESCO DI VATICAN INSIDER
Eppure la Legenda Maior di San Bonaventura chiarisce bene il significato dell'incontro con il Sultano in cui San Francesco difese le Crociate e i diritti dei cristiani
Autore: Silvio Brachetta - Fonte: Vita Nuova Trieste
4 NON AVRANNO IL VOTO DEGLI ITALIANI, MA IL LORO DISPREZZO
Per gli immigrati il governo spende il doppio che per gli italiani invalidi al 100%
Autore: Antonio Socci - Fonte: Libero
5 L'IDEOLOGIA DEL FEMMINICIDIO PUNTA A DISTRUGGERE L'UOMO (E LA DONNA)
L'emergenza femminicidio non esiste in nessun paese al mondo: ovunque vengono uccisi più uomini che donne
Fonte: Totus Tuus
6 DUE LEGGI PER DARE ANCORA MAGGIORE POTERE ALLA MAGISTRATURA SULLE NOSTRE VITE
Le giustificano come misure per contrastare il terrorismo, ma in realtà ci tolgono la libertà su internet
Autore: Ruben Razzante - Fonte: La Nuova Bussola Quotidiana
7 MOLTI PENSANO CHE PER CONVIVERE NON SIA NECESSARIO SPOSARSI
Invece io cerco ancora di convincere le mie amiche a sposarsi, gli amici a perdonare una moglie che ha tradito, le coppie a ricominciare
Autore: Costanza Miriano - Fonte: Blog di Costanza Miriano
8 IL 96% DEI TRANSESSUALI COMPIE ATTI DI AUTOLESIONISMO
Altre notizie dal mondo gay (sempre meno gaio): Jack il pasticciere finisce davanti alla Corte suprema, uno scaffale Coop di propaganda LGBT, l'Istituto di autodisciplina pubblicitaria vuole bloccare la campagna del Bus delle libertà
Fonte: Gender Watch News
9 OMELIA XXIX DOMENICA T. ORD. - ANNO A (Mt 22,15-21)
Rendete dunque a Cesare quello che è di Cesare
Fonte: Il settimanale di Padre Pio

1 - LA PENA DI MORTE NON E' CONTRARIA AL VANGELO
Anche il buon ladrone, proclamato santo sulla croce da Gesù stesso, ammette che la sua pena è giusta!
Autore: Tommaso Scandroglio - Fonte: La Nuova Bussola Quotidiana, 13/10/2017

Torniamo al discorso del Pontefice di mercoledì scorso tenuto ai partecipanti all'incontro promosso dal Pontificio Consiglio per la Promozione della Nuova Evangelizzazione e citiamo di esso la parte concernente la pena di morte: «Questa problematica non può essere ridotta a un mero ricordo di insegnamento storico senza far emergere non solo il progresso nella dottrina ad opera degli ultimi Pontefici, ma anche la mutata consapevolezza del popolo cristiano, che rifiuta un atteggiamento consenziente nei confronti di una pena che lede pesantemente la dignità umana. Si deve affermare con forza che la condanna alla pena di morte è una misura disumana che umilia, in qualsiasi modo venga perseguita, la dignità personale. E' in sé stessa contraria al Vangelo perché viene deciso volontariamente di sopprimere una vita umana che è sempre sacra agli occhi del Creatore e di cui Dio solo in ultima analisi è vero giudice e garante. Mai nessun uomo, "neppure l'omicida perde la sua dignità personale" (Lettera al Presidente della Commissione Internazionale contro la pena di morte, 20 marzo 2015) [...] A nessuno, quindi, può essere tolta non solo la vita, ma la stessa possibilità di un riscatto morale ed esistenziale che torni a favore della comunità. [...] Purtroppo, anche nello Stato Pontificio si è fatto ricorso a questo estremo e disumano rimedio, trascurando il primato della misericordia sulla giustizia. Assumiamo le responsabilità del passato, e riconosciamo che quei mezzi erano dettati da una mentalità più legalistica che cristiana. La preoccupazione di conservare integri i poteri e le ricchezze materiali aveva portato a sovrastimare il valore della legge, impedendo di andare in profondità nella comprensione del Vangelo. Tuttavia, rimanere oggi neutrali dinanzi alle nuove esigenze per la riaffermazione della dignità personale, ci renderebbe più colpevoli. Qui non siamo in presenza di contraddizione alcuna con l'insegnamento del passato, perché la difesa della dignità della vita umana dal primo istante del concepimento fino alla morte naturale ha sempre trovato nell'insegnamento della Chiesa la sua voce coerente e autorevole. [...] E' necessario ribadire pertanto che, per quanto grave possa essere stato il reato commesso, la pena di morte è inammissibile perché attenta all'inviolabilità e dignità della persona».
In sintesi il Papa ci sta dicendo che gli ultimi pontefici avevano già iniziato ad insegnare una dottrina diversa sulla pena di morte rispetto a quella tradizionale, che la pena capitale lede il bene indisponibile della vita, che non permette un riscatto morale, che è contraria alla dignità personale, allo spirito del Vangelo e dunque alla fede cattolica.

LA PENA DI MORTE NON È CONTRARIA ALLA MORALE
Nessuno di questi giudizi pare condivisibile. In prima battuta per valutare la bontà di un'azione occorre far riferimento al suo oggetto morale cioè al fine prossimo perseguito: l'oggetto morale dell'irrogazione della pena di morte è buono perché è "difendere la collettività": l'azione materiale "uccisione" dal punto di vista morale deve essere intesa come difesa del bene comune, non come "omicidio" o "vendetta". Solo l'uccisione diretta e volontaria dell'innocente è sempre un male: questo è ciò che insegna il Magistero. La pena capitale trova dunque la sua liceità morale nel fatto che noi tutti abbiamo il dovere morale di difendere noi stessi prima che la vita degli aggressori: «l'uomo è tenuto di più a provvedere alla propria vita che alla vita altrui» (Tommaso D'Aquino, Summa Theologiae, II-II, q. 64, a. 7 c.).
Come un soggetto privato può lecitamente uccidere l'aggressore al fine di difendersi se non vi sono altre soluzioni che permettono di tutelare la propria o altrui vita, così l'ordinamento giuridico - nella previsione di quasi certe reiterazioni del reato o di reati di uguale gravità - può ricorrere alla pena capitale se è l'unico modo per difendere l'incolumità dei cittadini. Così Tommaso D'Aquino: «Ecco perché, nel caso che lo esiga la salute di tutto il corpo, si ricorre lodevolmente e salutarmente al taglio di un membro putrido e cancrenoso. Ebbene, ciascun individuo sta a tutta la comunità come una parte sta al tutto. E quindi se un uomo con i suoi peccati è pericoloso e disgregativo per la collettività, è cosa lodevole e salutare sopprimerlo, per la conservazione del bene comune; infatti, come dice S. Paolo: 'Un po' di fermento può corrompere tutta la massa'» (Summa Theologiae, II-II, q. 64, a. 2 c.). E' proprio il dovere di tutelare la preziosità intrinseca delle persone di una collettività, cioè la loro dignità - argomento usato da Francesco per censurare la pena di morte - che giustifica quest'ultima.

PIO XII E TOMMASO D'AQUINO
La pena di morte è poi giustificata da un altro motivo che si aggiunge al precedente. Ogni persona è titolare di diritti fondamentali, tra cui la vita. La titolarità di questi diritti però può essere persa a motivo delle nostre azioni: vedi la libertà personale a seguito di un crimine. E' come se dentro di noi ci fosse una parete in cui sono infissi i diritti fondamentali. Azioni assai malvagie che scegliamo di compiere hanno il potere di abbattere questa parete e quindi di far cadere a terra i diritti in essa infissi. Chi uccide si spoglia da sé del proprio diritto alla vita e lo Stato va a rettificare questa situazione morale. Così Pio XII: «Anche quando si tratta dell'esecuzione capitale di un condannato a morte lo Stato non dispone del diritto dell'individuo alla vita. È riservato allora al pubblico potere di privare il condannato del bene della vita, in espiazione del suo fallo, dopo che col suo crimine, egli si è già spogliato del suo diritto alla vita» (Discorso al I Congresso di Istopatologia del Sistema Nervoso, 13/09/1952, n. 28). A motivo delle nostre azioni degradiamo la nostra dignità morale, non quella naturale che è inscalfibile (l'omicida rimane persona). E' un po' come degradarsi a rango di bestie e le bestie non hanno diritti. Così di nuovo l'Aquinate: «Col peccato l'uomo abbandona l'ordine della ragione: egli perciò decade dalla dignità umana [...] degenerando in qualche modo nell'asservimento delle bestie [...] Perciò sebbene uccidere un uomo che rispetta la propria dignità sia cosa essenzialmente peccaminosa, uccidere un uomo che pecca può essere un bene, come uccidere una bestia» (Summa Theologiae, II-II, q. 64, a. 2, ad 3).
Questo è un primo motivo per affermare che, contrariamente a quanto dichiarato dal Papa, la pena di morte non è contraria alla dignità morale della persona (d'altronde anche la carcerazione sopprime un bene indisponibile come quello della libertà e quindi potrebbe essere intesa, a torto, come lesiva della dignità del recluso).

COSA SIGNIFICA PROPORZIONATA?
Perché la pena di morte esprima realmente l'oggetto morale "difesa" occorre però che sia proporzionata a questo fine. Cosa significa? Primo: che esista una reale pericolosità sociale intesa come certezza o alta probabilità che il reo commetterà nuovamente crimini contro la vita o beni simili. La mera possibilità di future aggressioni non giustifica il fine difensivo, non giustifica la pena di morte perché il reo è ormai innocuo (il presente punto si lega al percorso rieducativo del reo che vedremo dopo). Secondo: extrema ratio. Se c'è un altro modo per contenere l'aggressività del reo occorre perseguire quella soluzione. In caso contrario la pena di morte non esprimerebbe più il fine "difendere la comunità", bensì sarebbe espressione di "omicidio di Stato" oppure di "vendetta": dalla difesa passeremmo all'offesa. Inoltre sanzioni differenti quali la carcerazione permetterebbero al reo di aver più tempo per emendarsi.
Così il Catechismo della Chiesa cattolica: "L'insegnamento tradizionale della Chiesa non esclude [...] il ricorso alla pena di morte, quando questa fosse l'unica via praticabile per difendere efficacemente dall'aggressore ingiusto la vita di esseri umani. Se, invece, i mezzi incruenti sono sufficienti per difendere dall'aggressore e per proteggere la sicurezza delle persone, l'autorità si limiterà a questi mezzi, poiché essi sono meglio rispondenti alle condizioni concrete del bene comune e sono più conformi alla dignità della persona umana. Oggi, infatti, a seguito delle possibilità di cui lo Stato dispone per reprimere efficacemente il crimine rendendo inoffensivo colui che l'ha commesso, senza togliergli definitivamente la possibilità di redimersi, i casi di assoluta necessità di soppressione del reo 'sono ormai molto rari, se non addirittura praticamente inesistenti» (Evangelium vitae, n. 56)" (n. 2267).
E' per questo motivo che i pontefici recenti hanno chiesto la cancellazione della pena di morte a livello mondiale, non perché il principio della difesa del bene comune attualizzato in simile sanzione non sia più valido, ma perché constatavano che attualmente nei paesi di tutto il mondo ci sono altri strumenti - esempio la detenzione - più proporzionati al fine difensivo.

FUNZIONE RETRIBUTIVA, FUNZIONE DI DETERRENZA, FUNZIONE PEDAGOGICA-RIEDUCATIVA
La pena di morte poi ingenera effetti positivi che sono quelli propri di ogni altra sanzione. La funzione retributiva: «La pena ha innanzi tutto lo scopo di riparare il disordine introdotto dalla colpa» (CCC n. 2266). In altri termini la sofferenza del reo va a restaurare il volto della giustizia che lui stesso ha deturpato. E' un risarcimento che, secondo giustizia equitativa, deve ripagare con il medesimo valore del danno inferto: vita tolta per vita data. Da ciò discende il criterio di proporzionalità: ad un piccolo danno morale corrisponde una lieve pena; ad un grande danno morale una pena di uguale entità (che può riguardare anche la libertà personale, ma non esclude il bene "vita"). La giustizia è dare a ciascuno il suo: la collettività ha diritto alla sofferenza del reo.
Funzione di deterrenza: non si può escludere che la previsione nel codice di tale pena e la sua reale applicazione non esprimano un'efficacia dissuasiva nei confronti dei consociati. Funzione pedagogica-rieducativa: la pena fa riacquistare al reo quella quota di umanità che ha perso. Si obietterà: ma se costui morirà questo argomento non ha più senso. Per far compiere al reo un percorso rieducativo è bene che tra la sentenza di condanna e l'esecuzione passi un certo lasso di tempo che permetta al reo di emendarsi: in tal modo si soddisfa l'esigenza di riscatto morale chiesta dal Papa. Se ciò avviene, la sentenza capitale non avrebbe più ragion d'essere perché l'emenda è avvenuta e dunque la pena, in merito a questo aspetto, ha avuto efficacia. Inoltre come detto sopra la pericolosità sociale verrebbe meno e dunque parimenti verrebbe meno il fine della pena capitale (difesa della collettività). Anche se quest'ultima fosse immediatamente successiva alla sentenza nulla esclude comunque la resipiscenza e il ravvedimento del reo. Questo è un altro motivo per affermare che la pena capitale può contribuire alla ricostruzione della dignità del reo e che esprime in altro senso la virtù della giustizia: la pena è dovuta al reo perché occasione preziosa per lui di ri-umanizzarsi. Se l'emenda non avviene la pena deve essere comunque irrogata: non esplicherà la funzione rieducativa non per difetto della natura della pena, ma per mancanza di volontà del reo, però conserverà comunque la funzione retributiva e dissuasiva e ovviamente la finalità difensiva stante le condizioni prima menzionate.

L'EPISODIO DEL BUON LADRONE CONDANNATO A MORTE
Passando dal piano della filosofia morale a quello della teologia morale, ricordiamo l'episodio del buon ladrone condannato a morte. Egli ad un certo punto ammette che la sua pena è giusta: in quel momento non avrebbe più ragion d'essere la sua esecuzione perché ha riacquistato la dignità morale perduta e non è più soggetto pericoloso, ma Gesù permette questa ingiustizia per un bene più grande: la morte in croce servirà sul piano spirituale come pena utile per espiare i peccati commessi e quindi per acquistare meriti per entrare in Paradiso. Perciò la pena di morte non è contraria allo spirito del Vangelo, anche perché essendo valida sul piano morale come potrebbe essere in contraddizione con la fede cattolica?
Come abbiamo visto la bontà morale della pena di morte si incardina nel principio di difesa della collettività. Negare quindi validità morale alla pena di morte porta alla negazione anche dell'istituto della legittima difesa personale - che ne costituisce il previo fondamento - e della guerra difensiva (tra l'altro l'applicazione della pena di morte trova efficace espressione soprattutto nei contesti di guerra difensiva in specie civile dove la messa a morte dell'ingiusto aggressore, capo della coalizione avversaria, spesso pone fine al conflitto e quindi è espressione di giusta difesa della nazione). La risultante sarebbe meno tutela per la vita, più garanzie per gli attentati a questa.

DOSSIER "PENA DI MORTE"
Non è contraria al Vangelo

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Fonte: La Nuova Bussola Quotidiana, 13/10/2017

2 - L'ANNIENTAMENTO DI UN POPOLO
Introdurre in un territorio centinaia di migliaia di maschi è un crimine (e inoltre tutti dovrebbero essere armati per difendersi)
Autore: Silvana De Mari - Fonte: Imola Oggi, 30/08/2017

Europa arancia meccanica. Italia arancia meccanica. Rimini arancia meccanica. Il primo dovere di un popolo è garantire la sicurezza delle donne. Tra gli appartenenti allo stesso popolo c'è un patto di non aggressione. Chi viola questo patto è considerato un criminale, perseguito e disprezzato. Chi non appartiene a quel popolo non riconosce quel patto.

L'ABOMINIO DEL MULTICULTURALISMO
Il cosiddetto multiculturalismo, persone di etnia e lingua diversa, con strutture etiche diverse e una diversa maniera di concepire i rapporti uomo e donna che convivono su uno stesso territorio, è un'utopia mortale che permetterà lo sterminio della civiltà più impalpabile ed etera da parte di quella più brutale. Chi non appartiene a quel popolo non riconosce quel patto di non aggressione e se lo viola non è considerato un malvagio dai propri pari. Non da tutti. Ed è considerato un eroe da parecchi dei propri pari.
Introdurre in un territorio centinaia di migliaia di maschi oltretutto nullafacenti, senza la dignità e la stanchezza che dà un lavoro, sradicati dal proprio contesto, privi di controllo sociale, mantenuti in una situazione di irresponsabilità, di impunibilità e di non rintracciabilità, è un crimine che può portare solo in una direzione: l'annientamento di un popolo.
Sono tutti maschi in età militare, 15/45 anni, senza donne, coesi dall'appartenenza a una stessa religione, una religione che vieta la convivenza pacifica, che ordina l'aggressione agli infedeli, che permette ufficialmente lo stupro delle loro donne. (Il Corano nella sura 4:24 E vi sono vietate le mogli sposate di altri popoli a meno che non siano cadute nelle vostre mani (come prigioniere di guerra o schiave comprate).

TUTTI DEVONO ESSERE ARMATI
Qualche mese fa ho tenuto una conferenza a Verona su San Giuseppe, spiegando l'ovvio. È uno dei santi armati. Perché un falegname e non un fornaio, o un sarto? Perché i due Misteri più belli, una Donna bellissima e il suo Bambino non potevano essere affidati a un uomo disarmato. Gesù si dichiara figlio del Padre: il Padre è il Dio degli eserciti. I falegnami hanno le asce. E duemila anni fa partivano dalla materia prima quindi avevano sempre con se l'ascia perché in qualsiasi momento poteva capitare a tiro il ramo giusto, il tronco perfetto.
George Orwell affermava che tutti devono essere armati, essere armati deve essere obbligatorio. Deve essere vietato essere disarmati. Un popolo dove ogni operaio ha un fucile, afferma George Orwell è un popolo dove le ingiustizie e l'arbitri resteranno piccoli. Durante quella conferenza, ho affermato che chi non è in grado di combattere, di combattere fisicamente per la propria libertà, la perde. Alla violenza si risponde con la forza. Gli orchi si fermano militarmente [leggi: IN SVIZZERA CI SONO PIU' ARMI CHE ABITANTI, clicca qui, N.d.BB].
Quella conferenza ha fatto scandalo. Persino il settimanale femminile del Corsera si è scandalizzato. Ma come? Uno scrittore di libri per ragazzi che non scrive le solite quattro fregnacce che sono il verbo. Il dialogo risolve tutto. L'indignazione e la collera sono sbagliati. Le armi uccidono. Fregnacce. La crudeltà uccide. Le armi uccidono oppure proteggono. In quella scandalosa conferenza ho mostrato l'ascia, un'ascia piccola, quella con cui la mia antenata Barbara De Mari a Capo Corso ha combattuto contro i saraceni, restando viva e libera perché era armata.
Esistono i lupi. Esistono coloro che hanno consegnato ai lupi le chiavi dell'ovile.
E poi ci sono i cani da pastore. Chiunque vi voglia buoni, compassionevoli fino al suicidio, incapaci di indignazione e collera, le due fondamentali emozioni di difesa, e soprattutto disarmati, sia fisicamente che spiritualmente, in realtà vi vuole morti.
Oppure schiavi.

Nota di BastaBugie: per approfondire il tema si può leggere un altro articolo di Silvana De Mari

I MASCHI DIFENDONO IL TERRITORIO (E I FIGLI, E LA MOGLIE)
La leonessa è brava come il leone a cacciare, ma non è capace di difendere il territorio dove cacciare
di Silvana De Mari
https://www.bastabugie.it/it/articoli.php?id=4548

Per l'elenco degli articoli di Silvana De Mari, clicca qui sotto:
https://www.bastabugie.it/it/ricerca.php?autore_ricerca=Silvana_De_Mari

Fonte: Imola Oggi, 30/08/2017

3 - IL FALSO SAN FRANCESCO DI VATICAN INSIDER
Eppure la Legenda Maior di San Bonaventura chiarisce bene il significato dell'incontro con il Sultano in cui San Francesco difese le Crociate e i diritti dei cristiani
Autore: Silvio Brachetta - Fonte: Vita Nuova Trieste, 07/10/2017

Siamo arrivati a questo punto di cecità. È difficile crederlo, ma è scritto nero su bianco, qui. Non è vero - secondo Gianni Valente di Vatican Insider - quello che ha scritto San Bonaventura da Bagnoregio nella Legenda Maior. San Bonaventura, cioè, è un bugiardo quando riporta quello che San Francesco disse al Sultano: «Se, tu col tuo popolo, vuoi convertirti a Cristo, io resterò molto volentieri con voi. Se, invece, esiti ad abbandonare la legge di Maometto per la fede di Cristo, dà ordine di accendere un fuoco il più grande possibile: io, con i tuoi sacerdoti, entrerò nel fuoco e così, almeno, potrai conoscere quale fede, a ragion veduta, si deve ritenere più certa e più santa» (IX, 8).

SAN BONAVENTURA E LA LEGENDA MAIOR
Non può essere avvenuto questo - scrive Valente - perché il Poverello non era mica un integralista, un fanatico, uno che appartiene ai «circoletti clericali che funestano l'attuale stagione ecclesiale». Anzi, questi «circoletti» avrebbero l'intenzione di arruolare San Francesco nelle loro «guerricciole pseudo-dottrinali», allo scopo di falsificarne la figura. Valente si guarda bene dal citare San Bonaventura e la sua Legenda Maior. L'episodio del Sultano - si limita a scrivere - sarebbe un testo di «cronaca circolante sui siti muscolari della galassia "cristianista"», inventato da un certo «Fra Illuminato».
E rincara: «La credibilità di tale versione dell'incontro, con San Francesco votato a "dimostrare" la gloria di Dio sottoponendosi a una specie di ordalia, è sempre stata confutata dagli studiosi delle fonti francescane». Cioè, gli studiosi avrebbero confutato San Bonaventura e la Legenda Maior, scritta invece dal Dottore Serafico proprio come testo ufficiale del francescanesimo! E chi sarebbero semmai questi studiosi? Che peso avrebbero i loro studi, nel caso in cui avrebbero davvero voluto confutare uno dei più grandi Dottori della Chiesa?

TUTTO IN BARUFFA
Valente derubrica il lavoro di chi si permette di parlare del San Francesco storico e reale nella categoria delle «baruffe pseudo-teologiche da social media», che vedono fronteggiarsi buonisti e integralisti. Mette tutti nello stesso calderone. Eppure è proprio Valente che butta tutto in baruffa. Non dimostra niente. Bacchetta molto. Cerca d'inventare, anche se lo nega, un San Francesco che non predica, ma dialoga amabilmente. Una persona tiepida, insomma. E questo tiepidume dovrebbe convincere i musulmani alla conversione.
Valente tenta di dire che la Regola "non bollata" è a favore dei frati tiepidi, poiché non prevede che essi «facciano liti o dispute» coi saraceni. È ovvio che non lo preveda: chi non ha la santità di San Francesco, essendo mediocre, trasforma la disputa in lite, la predicazione in polemica. È proprio quello che fa Valente: azzanna chi critica i buonisti, accusati ingiustamente di «manipolazioni che trasformerebbero l'Alter Christus d'Assisi in un frate debosciato e vigliacco». E, invece, il rischio buonista sta tutto qui.
Negando il San Francesco di San Bonaventura (ma anche del Celano, ad esempio), Valente celebra il buonismo, il dialogismo, il relativismo e il tiepidismo, tanto cari ai nemici dell'evidenza.

Nota di BastaBugie: ecco il link ad alcuni degli articoli che abbiamo pubblicato su San Francesco

IL VERO SAN FRANCESCO
Il santo di Assisi era un pacifista ed ecologista? Un Bonaccione che parla agli uccellini? No di certo!
di Vittorio messori
https://www.bastabugie.it/it/articoli.php?id=260

COME SAN FRANCESCO COMBATTEVA LE ERESIE
Il ''cantico delle creature'' ribadisce la bontà del creato di fronte alle terribili idee catare e albigesi, che invece predicano una malvagità intrinseca del mondo
di Vincenzo Sansonetti
https://www.bastabugie.it/it/articoli.php?id=3095

TERZO FILM DI LILIANA CAVANI SU SAN FRANCESCO, TERZA PRESA IN GIRO DEGLI SPETTATORI
Il Poverello d'Assisi viene presentato secondo le solite regole del pensiero politicamente corretto del momento
di Rino Cammilleri
https://www.bastabugie.it/it/articoli.php?id=3550

LETTERE ALLA REDAZIONE: CARI SIGNORI, TROVO SCANDALOSO ESALTARE LE CROCIATE
Confermiamo quanto scritto più volte: anche San Francesco e Santa Caterina, patroni d'Italia, giustificarono le crociate
di Giano Colli
https://www.bastabugie.it/it/articoli.php?id=2861

VIDEO: IL SULTANO DI BABILONIA E LA PROSTITUTA
Qui sotto il video di Branduardi che parla dell'incontro di San Francesco con il sultano musulmano e della prova del fuoco (nella canzone riferito alla conversione della prostituta)


https://www.youtube.com/watch?v=B0Waczk7F6k

Frate Francesco partì una volta per oltremare. Fino alle terre di Babilonia a predicare, coi suoi compagni sulla via dei Saracini furono presi e bastonati, i poverini! Frate Francesco parlò.  E così bene predicò. Che il Gran Sultano ascoltò. E molto lo ammirò, lo liberò dalle catene... così Francesco partì per Babilonia a predicare. Frate Francesco si fermò per riposare. Ed una donna gli si volle avvicinare, bello il suo volto ma velenoso il suo cuore, con il suo corpo lo invitava a peccare. Frate Francesco parlò: "Con te io peccherò" Nel fuoco si distese, le braccia a lei protese. Lei si pentì, si convertì... così Francesco partì per Babilonia a predicare.

DOSSIER "LETTERE ALLA REDAZIONE"
Le risposte del direttore ai lettori

Per vedere tutti gli articoli, clicca qui!

Fonte: Vita Nuova Trieste, 07/10/2017

4 - NON AVRANNO IL VOTO DEGLI ITALIANI, MA IL LORO DISPREZZO
Per gli immigrati il governo spende il doppio che per gli italiani invalidi al 100%
Autore: Antonio Socci - Fonte: Libero, 14/10/2017

Paralizzato da anni per un incidente e cieco, Loris Bertocco, dopo aver affrontato molte difficoltà, a 59 anni è arrivato a prendere la decisione più tragica: andare a morire in una clinica svizzera.
Non perché fosse un malato terminale (non lo era affatto), né perché lui desiderasse morire, tutt'altro ("amo la vita", ha scritto), ma perché è stato lasciato solo: "se avessi potuto usufruire di assistenza adeguata" ha spiegato "avrei vissuto meglio la mia vita, soprattutto questi ultimi anni, e forse avrei magari rinviato di un po' la scelta di mettere volontariamente fine alle mie sofferenze".
Ha anche scritto: "il muro contro il quale ho continuato per anni a battermi è più alto che mai e continua a negarmi il diritto ad una assistenza adeguata… Perché è così difficile capire i bisogni di tante persone in situazioni di gravità?".
Il fatto che Bertocco fosse una persona molto impegnata e conosciuta (fra i fondatori dei Verdi, candidato a varie elezioni, animatore di iniziative e programmi culturali) e che ciononostante non sia riuscito ad abbattere quel "muro" di sordità fa capire meglio qual è la situazione dei tantissimi disabili gravi meno noti di lui.
Il suo caso ha colpito. Ora è il momento delle geremiadi. Ieri su "Repubblica" si leggeva questo titolo: "Dopo il caso Bertocco. La vita a ostacoli dei 4 milioni di disabili gravi. Atto d'accusa: 'Dallo Stato solo un'elemosina'. Per la loro assistenza ricevono appena 500 euro al mese".
In effetti è così.

DISCRIMINAZIONE
Persone con il 100 per 100 di invalidità, totalmente impossibilitate a prendersi cura di sé, anche fisicamente, con 513 euro al mese dovrebbero vivere, nutrirsi, curarsi, vestirsi, pagarsi una casa, le utenze e soprattutto un'assistenza 24 ore su 24 (se sono ricoverati in strutture prendono molto meno, quasi nulla).
Si parla di 4 milioni di italiani, spesso giovani, che sono abbandonati a tal punto da arrivare - in certi casi come questo - a desiderare solo di mettere fine ai propri giorni.
Voi obietterete: "ma siamo in periodo di crisi e i soldi sono pochi". Non è vero. Quello Stato italiano che si disinteressa così dei suoi cittadini più sofferenti e li abbandona, è lo stesso Stato, a dominio "progressista" e "umanitario", che poi accoglie a braccia spalancate migliaia di emigranti che da tutto il mondo vengono portati in Italia ("venghino siòri, qua c'è posto, vitto e alloggio, casa e lavoro per tutti").
Ebbene lo Stato italiano, governato da queste "illuminate" sinistre, spende ogni giorno per ciascun migrante 35 euro se maggiorenne e 45 se minorenne: il totale mensile è di 1050 euro se maggiorenne e 1350 se minore (c'è dentro pure il cosiddetto "pocket money" per le spese quotidiane del migrante).
Avete capito bene: per l'italiano inchiodato su un letto, paralizzato e impossibilitato a prendersi cura di sé, perfino nelle minime cose, lo Stato spende 513 euro al mese. Per gli stranieri che arrivano qua – solitamente giovani e robusti (in alcuni casi anche propensi al crimine) – lo Stato spende mensilmente più del doppio: 1050 euro.
Soldi nostri. Allora si pone una domanda: chi sono i discriminati? Gli italiani o i migranti?
Il quadro è ancora più assurdo se si considera lo stanziamento totale: al fondo per la "non autosufficienza" il governo nel 2017 ha assegnato 450 milioni (ne aveva promessi 500, ma gli sembravano troppi). Lo stesso governo italiano per i migranti nel 2017 ha stanziato 4,6 miliardi di euro (addirittura un miliardo in più rispetto a quanto si è speso nel 2016).
Ci rendiamo conto delle proporzioni? Per gli italiani "non autosufficienti", che non ce la fanno nemmeno a nutrirsi" da soli, 450 milioni, mentre per i migranti 4,6 miliardi.
E teniamo presente che i disabili gravi sono 4 milioni di cittadini, molti di più dei migranti. Com'è possibile non indignarsi di fronte a una classe di governo così?
Stanziano per gli stranieri che dall'Africa o dall'Oriente vogliono emigrare - e verso i quali l'Italia non ha alcun obbligo - dieci volte di più di quanto stanziano per gli italiani totalmente disabili?
Dieci volte di più! Sono i soldi della tasse degli italiani. Se questi fondi fossero investiti tutti nell'assistenza dei disabili ognuno di loro potrebbe vivere degnamente a anche fare programmi di riabilitazione.

GUERRA CONTRO GLI ITALIANI
So già che adesso il solito luogocomunista si mostrerà sdegnato perché – così dicendo – stiamo opponendo, a suo parere, poveri contro poveri.
Ma questa è pura demagogia per giustificare l'ingiustizia. Milena Gabanelli ha ragionevolmente fatto notare che la coperta della spesa sociale è quella, se la tiri da una parte (estera) ne scopri un'altra (italiana): "Le anime belle parlano di frontiere aperte, ignorando che la frontiera aperta significa fine del sistema del welfare. E' questo che vogliamo?".
Sono lorsignori al potere che stanno facendo la guerra contro gli italiani, specie contro quelli più bisognosi e sofferenti.
Ecco perché gli italiani oggi desiderano solo mandare a casa questa banda di devastatori che sono al potere da anni e che sfasciano il Paese senza mai aver avuto la maggioranza dei voti degli elettori e anzi con un surplus di parlamentari che è stato perfino dichiarato "incostituzionale" dalla Corte.
E' proprio quel "surplus" di seggi con cui il Pd, partito di minoranza assoluta, di fatto da anni sta spadroneggiando in Italia imponendo pure provvedimenti limitativi della libertà e soprattutto provvedimenti che sappiamo essere contro la maggioranza del Paese.
Come lo Ius soli che adesso cercano di infliggere al Paese a colpi di "fiducia" parlamentare.

GLI "UMANITARI"
Invece di digiunare ridicolmente per lo Ius soli, contro la propria stessa maggioranza, perché un ministro come Del Rio non digiuna per i disabili gravi? Il suo cattocomunismo è sensibile solo per gli stranieri? O sono loro il bacino elettorale che dovrebbe sostituire gli elettori italiani che non li votano più?
E quei parlamentari che fanno appelli e partecipano al comico "digiuno a staffetta" sempre per lo Ius soli? E' dall'arroganza e dal potere che non digiunano mai, anzi se ne inebriano. [...]
E tutti i soloni del pensiero "illuminato" che pontificano sui giornali pretendendo di dare o negare agli altri patenti di "civiltà" in base ai propri faziosi pregiudizi ideologici?
Qual è la soluzione che questo "progressismo" propone per i disabili gravi? L'eutanasia per coloro che non hanno familiari, parenti o amici che possono spendere tanti soldi in assistenza? Sarebbe il "suicidio assistito" la soluzione, che peraltro viene già prospettata in qualche altro paese "illuminato", così da risparmiare sulla spesa sanitaria?
Purtroppo non ci sarebbe da stupirsi. Sono buoni a nulla, ma capaci di tutto: stanno già distruggendo l'Italia. E hanno pure il coraggio di sentirsi "i migliori", la "parte sana" del Paese (per autocertificazione). Credo che sempre più italiani - per difendersi - vogliano dare il benservito a questa classe dirigente per mancanza di prove.
Meriterebbero di essere licenziati, ma troveranno il modo per blindarsi sulla poltrona e restare con il pallino in mano. Tuttavia a una cosa non possono sfuggire: il disprezzo.

Fonte: Libero, 14/10/2017

5 - L'IDEOLOGIA DEL FEMMINICIDIO PUNTA A DISTRUGGERE L'UOMO (E LA DONNA)
L'emergenza femminicidio non esiste in nessun paese al mondo: ovunque vengono uccisi più uomini che donne
Fonte Totus Tuus, 16/08/2017

Il termine "femminicidio" è stato coniato da Maria Marcela Lagarde - una femminista comunista messicana - ed è divenuto popolare per via del film "Bordertown", che narrava delle migliaia di donne uccise nella città messicana di Ciudad Juarez.
Secondo la teoria femminista venivano uccise in quanto donne da maschi violenti nell'indifferenza della polizia.
Secondo la realtà, Ciudad Juarez (la vecchia El Paso dei film western, oggi situata sul confine con gli Stati Uniti) è diventata il crocevia mondiale del narcotraffico e la città con più omicidi al mondo, con la polizia impotente a fermare le guerre fra i cartelli della droga.
I becchini fanno gli straordinari tutte le sere, e l'80% dei circa 10 mila omicidi sono stati a danno di uomini.
Molti di questi omicidi vengono compiuti da donne killer, attive soprattutto nel cartello Los Zetas, preferite ai killer uomini perché meno sospettabili. In una retata nel campo di addestramento per killer di San Cristobal de la Barranca la polizia catturò molte assassine.
Le più note sono Maria del Pilar Narro Lopez, alias "la comandante Bombon" e Maria Jimenez, che catturata dopo decine di omicidi ha confessato: «noi donne lo facciamo per il denaro. Mi misi ad uccidere diventando sicario a tempo pieno insieme a ragazze così belle e con unghie grandi e affilate come coltelli che ispiravano pensieri inverecondi». [Corriere della Sera, 16/8/2011, "Le donne di Ciudad Juarez: vittime, madri e sicarie"].
Ma l'eroina delle femministe è Diana La Cazadora, l'assassina seriale che ammazza uomini.
Femministe occidentali notarono che "femminicidio" era un termine che colpiva la fantasia e consentiva di calunniare gli uomini.
E così il femminicidio è un fenomeno esploso in Italia dal 2010, ma solo sui media, che hanno diffuso questa parola inventata apposta per odiare gli uomini, per far credere che esista una strage di donne, per chiedere leggi secondo cui la vita di una donna ha più valore della vita di un uomo.
Secondo la propaganda femminista ripresa dalla stampa, l'ONU avrebbe detto che "femmicidio e femminicidio sono crimini di Stato tollerati dalle pubbliche istituzioni". Questa stupidaggine non la ha detta l'ONU, ma una femminista (Rashida Manjoo) che presiede un comitato femminista (CEDAW) tollerato dentro l'ONU.
La realtà dei veri dati del vero ONU [2011 Global Study on Homicide, UNODC Homicide Statistics] è che:

1) IN ITALIA, BASSO TASSO DI OMICIDI FEMMINILI
L'Italia è uno dei paesi al mondo con il più basso tasso di omicidi femminili: 5 per milione all'anno, circa la metà che nei nostri paesi confinanti (9 per milione per anno in Francia, 7 in Svizzera, 13 in Austria...). Fra i grandi paesi, solo Giappone, Irlanda e Grecia hanno tassi minori.
Una donna italiana ha, in tutta la sua vita, una probabilità dello 0.05% di subire un omicidio. Se non ci fossero altre cause di morte, una donna vivrebbe in media 200mila anni prima di subire un omicidio.
Per fare un confronto, è la stessa probabilità di morire in un incidente con un trattore: in entrambi i casi circa 150 decessi all'anno [Dati ASPAS 2010]. Nessuno parla di 'trattoricidio'.
Il numero di donne che si suicidano (22 per milione per anno) è più del quadruplo di donne vittime di omicidio.
Nessuno parla di "auto-femminicidio".
Unico vero numero da strage è quello dei bambini abortiti (7800 per milione di donne per anno, per un totale di 5 milioni dal 1982 ad oggi nella sola Italia).

2) VENGONO UCCISI PIÙ DI 3 UOMINI PER OGNI DONNA UCCISA
In Italia il tasso di omicidi maschili è di 16 per milione all'anno, cioè vengono uccisi più di 3 uomini per ogni donna uccisa.
Sia uomini che donne uccidono in prevalenza uomini: circa 400 ogni anno.
Le donne assassine uccidono nel 39% dei casi donne, e nel 61% dei casi uomini.
Gli uomini assassini uccidono nel 31% dei casi donne, e nel 69% dei casi uomini. [Ministero dell'Interno, Rapporto sulla Criminalità, "Gli omicidi volontari", Tabella IV.18, "Genere della vittima secondo il genere dell'autore di omicidio commesso in Italia tra il 2004 e il 2006"].
Ricerche criminologiche indicano che il numero di donne assassine è sottostimato in quanto le donne hanno maggiore tendenza a commissionare omicidi e ad uccidere avvelenando.
Nessuno parla del 'maschicidio'.
In Italia il tasso di suicidio di uomini separati è di 284 per milione all'anno [Dati EURES 2009]. Nessuno ne parla, sebbene si tratti di una vera strage di stato: il tasso di suicidi si quadruplica con la separazione, anche a causa delle sentenze che privano i papà dei loro figli, della loro casa, del loro reddito.

3) DOVE IL FEMMINISMO TRIONFA VENGONO UCCISE PIÙ DONNE
Il femminicidio non esiste in nessun paese al mondo: ovunque vengono uccisi più uomini che donne. Gli unici paesi nei quali il tasso di donne uccise è quasi pari al tasso di uomini uccisi sono quelli che hanno adottato politiche femministe (47% di omicidi femminili in Croazia, 41% in Norvegia...) o dove le donne partecipano alla vita pubblica (49% di omicidi femminili in Germania, 48% in Svizzera...).
Viceversa, il tasso di omicidio di donne è una piccola percentuale del totale di omicidi nei paesi dove molte donne preferiscono il ruolo femminile tradizionale (7% in Grecia, 18% in Irlanda, 23% in Italia...).

CONCLUSIONE: LA REALTÀ È L'OPPOSTO DELL'IDEOLOGIA FEMMINISTA
La realtà è l'opposto dell'ideologia femminista, secondo cui esisterebbe un "patriarcato" che opprime ed uccide le donne.
Riassumendo (fenomeno su un milione di persone per anno in Italia):
Donne uccise 5
Uomini uccisi 16
Suicidi di donne 22
Suicidi di uomini separati 284
Bambini abortiti 7800
Come mai il fenomeno più piccolo di tutti, gli omicidi di donne, riceve l'attenzione maggiore?
In parte è perché gli omicidi, pur essendo una causa di morte statisticamente marginale, ricevono molta attenzione sui media. Questo causa una percezione distorta della realtà, similmente a come accade per gli incidenti aerei: sono eventi così rari che finiscono in prima pagina, mentre gli incidenti stradali sono così frequenti che non fanno notizia. Gli aerei, il mezzo di trasporto più sicuro, vengono così percepiti come pericolosi. Allo stesso modo gli omicidi più rari, quelli di donne, attirano più attenzione.
Ma soprattutto, grazie a campagne di disinformazione finalizzate a costruire l'allarmismo del femminicidio, gestiste da professioniste che farebbero invidia a Wanna Marchi. Lo scopo è ottenere leggi che discriminano contro gli uomini, che radicano nella legge la falsa ideologia femminista [Convenzione di Istanbul, per ora ratificata da Montenegro, Albania, Turchia, Portogallo e Italia ma non dai paesi seri] ma soprattutto far avere un ruolo istituzionale e finanziamenti pubblici per i centri anti-violenza e per le avvocate femministe:
«Norme per il contrasto al femminicidio.
Il centro antiviolenza che presta assistenza alla persona offesa può intervenire in giudizio...
La gestione delle case e dei centri delle donne è assicurata attraverso convenzioni...
Agli oneri derivanti dalla presente legge, pari a 85 milioni di Euro...» [Decreto-Legge 14 agosto 2013, n. 93 - Gazzetta Ufficiale]
Il decreto legge italiano sul "femminicidio" prevede infatti che le donne non possano ritirare le denunce e che lo stato le rimborsi anche in deroga ai limiti di reddito: il chiaro intento è tutelare le parcelle, non le donne.
È la stessa fondatrice dei centri anti-violenza per sole donne a dire che le femministe li usano per calunniare gli uomini e privare i bambini dei loro papà.

DOSSIER "FEMMINICIDIO"
L'emergenza che non esiste

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Fonte: Totus Tuus, 16/08/2017

6 - DUE LEGGI PER DARE ANCORA MAGGIORE POTERE ALLA MAGISTRATURA SULLE NOSTRE VITE
Le giustificano come misure per contrastare il terrorismo, ma in realtà ci tolgono la libertà su internet
Autore: Ruben Razzante - Fonte: La Nuova Bussola Quotidiana, 07/10/2017

La giustificano come una misura necessaria per contrastare il terrorismo. In realtà penalizzano la privacy dei cittadini per dare ancora maggiore potere alla magistratura sulle nostre vite. La motivano come una misura necessaria per prevenire gli abusi in Rete. In realtà sacrificano la libertà del Web sull'altare del controllo delle informazioni e delle opinioni per finalità subdole.
E' tecnicamente corretto parlare di due interventi legislativi liberticidi a proposito di quelli appena approvati o che si preparano per la prossima settimana al Senato. C'è solo da sperare che vengano modificati, anche in misura minima, in maniera tale da dover tornare alla Camera per una nuova lettura e approvazione. A quel punto si arenerebbero e, con la legislatura agli sgoccioli e l'imbuto di provvedimenti più urgenti, finirebbero nel dimenticatoio. Dal punto di vista formale risultano inseriti nelle "Disposizioni per l'adempimento degli obblighi derivanti dall'appartenenza dell'Italia all'Unione Europea-Legge europea 2017", come se fossero innocue e innocenti norme per adeguare il nostro apparato normativo a quello Ue. Ma sul piano sostanziale producono effetti devastanti sulla tutela dei diritti individuali, in particolare quello alla privacy.

1) UNA SERIA IPOTECA SULLA NOSTRA PRIVACY
La prima e più allarmante delle due norme, che deroga peraltro al Testo Unico sulla privacy, in ragione degli allarmi terroristici, estende a sei anni la durata della conservazione dei dati telefonici e di traffico internet degli italiani. Fino ad oggi il limite di conservazione previsto dalle norme vigenti è di due anni per le telefonate, sei mesi per quelle senza risposta, e un anno per i metadati della navigazione online. Al di là dei devastanti effetti economici (ci vorranno decine di milioni di euro per creare nuovi archivi digitali e potenziare le misure di sicurezza), si tratta di una seria ipoteca sulla nostra riservatezza. Sia il Garante della privacy italiano, Antonello Soro, sia il Garante europeo, Giovanni Buttarelli hanno lanciato il grido d'allarme. Queste novità in materia di data retention (conservazione dei dati) riguardano data, ora, durata, mittenti, destinatari, telefonate perse, siti internet. Lasciare questi dati nelle mani dei provider (Tim, Vodafone, Fastweb) per ben sei anni equivale alla legittimazione di una sorta di sorveglianza di massa. Gli operatori telefonici e di rete, per ragioni di repressione di attività legate al terrorismo, dovrebbero dunque conservare i dati di tutti i cittadini italiani, in attesa che le autorità inquirenti, decidano di chiedere informazioni su quei dati, a prescindere dalla effettiva commissione di un reato.
Tutto ciò che abbiamo detto o fatto col telefono, le chat o internet potrebbe risultare accessibile per sei anni da parte degli operatori privati che ci consentono di accedere alla Rete e che in qualunque momento dovrebbero essere disponibili ad aprire i loro archivi alla magistratura. Senza contare che quei dati potrebbero diventare preda di hacker o merce di scambio per finalità di promozione commerciale e profilazione selvaggia. Le nostre vite digitali, insomma, finirebbero nelle mani di un pauroso duo provider-toghe. Questa misura, che, sarà un caso, è stata promossa dal responsabile giustizia del Pd, Walter Verini, molto vicino al Ministro della Giustizia, Andrea Orlando, rischia di passare nella sua versione integrale al Senato. E, secondo taluni, è a forte rischio incostituzionalità e ci allontana dall'Europa, considerato che molteplici sentenze della Corte europea, applicando direttive in materia, hanno accorciato i termini di conservazione dei dati. Si è fatto notare da più parti, anche al vertice di Cardiff, che nella maggioranza dei casi l'interesse delle forze di polizia riguarda solo gli ultimi sei mesi di traffico. Dunque appare ampiamente sproporzionato un prolungamento a sei anni dei termini di conservazione di quei dati.

2) NUOVI POTERI DI CONTROLLO DI INTERNET
L'altra misura, che porta la firma di un altro deputato Pd, Davide Baruffi, è ugualmente pericolosa ed è già stata approvata, ma entrerebbe in vigore solo in caso di approvazione definitiva dell'intero testo legislativo. Essa affida all'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni (Agcom) nuovi poteri di controllo preventivo sul Web nei casi di presunta violazione, senza attendere l'autorizzazione del giudice, nonostante le direttive Ue dicano il contrario. Dunque l'Agcom, come semplice autorità amministrativa, potrebbe disporre, non solo la cancellazione del contenuto di un sito, ma anche che lo stesso sito, provider, blog o forum (o anche tutti insieme i soggetti) impedisca che ci siano altre violazioni su internet. La norma si applica a blog, forum e piattaforme social. Il pretesto è il diritto d'autore, ma i risvolti applicativi di questa norma sarebbero pericolosi, quando non devastanti, in termini di censura sulla Rete e di sequestro di spazi virtuali. Essa si tradurrebbe di fatto in un'intercettazione di massa, rendendo leciti invasivi "pedinamenti" e controlli preventivi sugli utenti da parte dei provider, su ordine di Agcom e non dell'autorità giudiziaria. Dunque il paradosso di questo tentativo di colpo di mano del governo Gentiloni e in particolare del Partito Democratico sui diritti della personalità e sulla libertà d'espressione è eclatante: in una norma di adeguamento a leggi europee si inseriscono contenuti che stridono palesemente con le previsioni normative europee e che ci allontanano dall'orientamento del legislatore del Vecchio Continente, ponendoci a rischio di procedure di infrazione.

Fonte: La Nuova Bussola Quotidiana, 07/10/2017

7 - MOLTI PENSANO CHE PER CONVIVERE NON SIA NECESSARIO SPOSARSI
Invece io cerco ancora di convincere le mie amiche a sposarsi, gli amici a perdonare una moglie che ha tradito, le coppie a ricominciare
Autore: Costanza Miriano - Fonte: Blog di Costanza Miriano, 11/10/2017

Qualche giorno fa un collega supercattolicone, di quelli che non si perdono un discorso del Papa e hanno le encicliche sul comodino e Introduzione al cristianesimo sotto il cuscino, ha detto a un amico convivente - non divorziato, convivente e basta - che in fondo se non se la sente perché dovrebbe sposarsi, che alla fine non conviene neanche fiscalmente, "tanto Papa Francesco con Amoris laetitia sta facendo molte aperture sulle convivenze". Se la pensa così il collega superformato, cattolico, colto e catechizzato, possiamo esser certi, come ognuno di noi lo è, che l'uomo della strada ha già archiviato la pratica da tempo. "Il matrimonio non cambia molto le cose se c'è un sentimento sincero, la volontà di aiutarsi ed essersi fedeli", questa purtroppo è la ricezione di Amoris Laetitia.
Ma io sono stata bravissima. Non ho tirato fuori la katana col mio collega. Non ho emesso vapori come un geyser dal naso, Sembravo padrona di me. È che se mi arrabbio finisce sempre che mi becco della "rigida" della farisea, della fratella maggiore. Adesso sono tranquillissima, lo assicuro, me la sento. Vorrei spiegare questo.

CHI SONO I FARISEI
I farisei sono quelli che dicono che in fondo in fondo non è necessario sposarsi. Perché significa che sono convinti che il rispetto di un vincolo sia un peso, e dimenticano la dimensione della grazia del sacramento, che è la cosa più importante di tutte. Noi "rigidoni" al contrario pensiamo che stare dentro al sacramento sia una grandissima fortuna, un privilegio, qualcosa che ti protegge, custodisce, che ti salva prima di tutto da te stesso, qualcosa attraverso la quale un Padre buonissimo entra nella tua vita e ti prende in braccio. È vero, lo sappiamo persino noi che Dio agisce dove vuole, anche nelle convivenze, ma se non gli diciamo sì lui non può farlo, perché per lui la nostra libertà è sacra, e gli è più cara persino della nostra salvezza.
Chi continua a invocare un abbandono delle regole, beh, è lui che ragiona come il fratello maggiore della parabola del padre misericordioso, cioè quello che obbedisce ma in fondo in fondo je rode, mal sopporta il peso, non accorgendosi del fatto che stare tutto il giorno a servire nella casa del padre non è un merito né tanto meno un peso, ma un privilegio. Noi non temiamo la fluidità e l'incertezza perché ci sentiamo fratelli maggiori, ma al contrario le temiamo perché, da fratelli minori che tante volte hanno sbagliato cercando di fare di testa propria e andando a dilapidare gli averi in giro, sappiamo quale privilegio sia stare nella casa del padre, e desideriamo condividere con tutti questa enorme grazia.

LA GRAZIA DEL MATRIMONIO
Per questo io vado in giro a cercare di convincere le mie amiche a sposarsi, gli amici a perdonare una moglie che ha tradito, le coppie a ricominciare. Non mi sognerei mai di dire a un'amica che se c'è il sentimento è lo stesso. Le direi, le dico, che senza la grazia di Dio non ci si può amare davvero, e tanto meno per sempre.
No, non mi sento una sorella maggiore. Mi sento una miracolata, una baciata dalla grazia, una mantenuta, una privilegiata perché nonostante tutto il mio disastro, il mio peccato, il mio essere insopportabile, sono ancora qui. So che nel sacramento si compie la mia vocazione e quindi la mia felicità. Non mi permetterei mai di fare nessuna apertura sulle convivenze a nessuna amica. Mai. Chi sono io per togliere a un fratello, a una sorella, il privilegio di un rapporto con Dio nella grazia, unica fonte di felicità? Significherebbe che non ci crederei davvero, al fatto che quello è il solo modo per vivere in pienezza. E i sacerdoti che si permettono di non annunciare questo stanno tradendo la parte più essenziale della loro consegna.

Fonte: Blog di Costanza Miriano, 11/10/2017

8 - IL 96% DEI TRANSESSUALI COMPIE ATTI DI AUTOLESIONISMO
Altre notizie dal mondo gay (sempre meno gaio): Jack il pasticciere finisce davanti alla Corte suprema, uno scaffale Coop di propaganda LGBT, l'Istituto di autodisciplina pubblicitaria vuole bloccare la campagna del Bus delle libertà
Fonte Gender Watch News, 02/10/2017

Il 96% dei giovani scozzesi transessuali cede ad atti di autolesionismo. La Stonewall - istituzione pro-gay - e l'Università di Cambdridge hanno condotto una ricerca su 400 giovani studenti transessuali la quale ha messo in evidenza, oltre a comportamenti autodistruttivi, che il soggetto campione è affetto in massima parte da depressione, ansia ed incline al suicidio (40% contro il 25% delle persone omosessuali).
L'ex transessuale Walt Heyer ha affermato che questi dati sono concordi con una ricerca da lui condotta dal titolo "50 anni di cambiamenti sessuali, disturbi mentali e troppi suicidi". Heyer ha poi smentito l'accusa, presente nel report, che simili disturbi siano da addebitarsi ad atti di transfobia e che dunque, come vorrebbe il gruppo di Stonewall, occorrerebbe normalizzare nell'educazione scolastica l'omosessualità e la transessualità: "Le persone che sono emotivamente, socialmente e psicologicamente a posto non tentano di suicidarsi - ha dichiarato Heyer - ma il 40% delle persone transgender tenta il suicidio. È perché hanno gravi disordini mentali. Il 62,7% degli individui che si identificano come transgender soffrono di disturbi psichiatrici".
Quest'anno il governo scozzese ha reso obbligatoria l'educazione sessuale in tutte le scuole ed anche nelle classi elementari viene spiegato che l'omosessualità è una condizione normale.
Anche altre ricerche confermano i dati emersi dal report scozzese. Lo statunitense National Center for Transgender Equality ha evidenziato che negli Usa quando un transessuale è vittima di violenza nel 77% dei casi il violentatore è il suo stesso partner. Inoltre il 40% dei transessuali ha tentato il suicidio e sempre un altro 40% dichiara di soffrire di disturbi mentali.

Nota di BastaBugie: ecco altre notizie dal gaio mondo gay (sempre meno gaio).

JACK IL PASTICCIERE FINISCE DAVANTI ALLA CORTE SUPREMA
Jack Phillips vive a Lakewood in Colorado e fa il pasticciere. Un giorno entrano nel suo negozio David Mullins e Charlie Craig i quali gli chiedono di preparare una torta per le loro future "nozze" arcobaleno. Jack gli risponde laconico: «Sentite, vi posso vendere crostate per il compleanno, biscotti, canditi quello che volete. Ma non farò una torta per un matrimonio gay».
I due lo trascinano in giudizio e il pasticciere finisce nell'occhio del ciclone massmediatico. Jack, intervistato a tal proposito, prendendo una Bibbia da sotto il bancone, una volta disse: «Qui c'è scritto che l'unione carnale deve essere tra un uomo e una donna. Non voglio che la mia creatività, la mia arte, i miei talenti siano forzati per contribuire a un evento religioso significativo che viola le mie convinzioni religiose». Spiegazione perfetta di cosa significa collaborazione formale al male.
Jack, che nel difendere il suo rifiuto si era appellato alla libertà religiosa e di pensiero del Primo emendamento, perde la causa in primo e secondo grado per motivazioni risibili. La libertà di espressione sarebbe stata tutelata dato che la coppia non aveva criticato l'aspetto della torta: ma Jack non si riferiva all'espressione artistica, ma alla libertà di pensiero. In secondo luogo i giudici hanno affermato che da una torta non si può capire le idee religiose del pasticciere quindi poteva benissimo preparare il dolce. Ma - rispondiamo noi - ciò che importa non è se terzi intuiscono che ci sia stata collaborazione ad un atto non voluto dal collaborante, ma è fornire uno strumento per realizzare uno scopo che Jack non condivideva. In terzo luogo i giudici avevano dichiarato che il pasticciere è sempre libero di dire quello che vuole in altre forme. Ma - ribattiamo ancora noi - la libertà è tale se è rispettata in tutte le sue forme.
Ora Jack ha presentato istanza alla Corte suprema e l'amministrazione Trump ha invitato i giudici ad accogliere l'istanza. Se Jack vincerà avrà preparato la torta più gustosa della sua vita. Solo un poco amara per gli attivisti gay.
(Gender Watch News, 19-09-2017)

COOP: UNO SCAFFALE-ARCOBALENO DI PROPAGANDA LGBT
L'11 ottobre in occasione del Coming Out Day, giorno in cui la comunità LGBT di tutto il mondo celebra l'importanza del coming out, ossia di "uscire dall'armadio", dichiarando al mondo la propria omosessualità, la Coop ha deciso di omaggiare la ricorrenza creando uno speciale scaffale arcobaleno che, con un gioco di parole con i vocaboli inglesi "shelf" (scaffale) e "self" (stesso), recitava "Be proud of your shelf" (sii orgoglioso del tuo... scaffale).
Lo scaffale LGBT, come riporta l'Ansa, è stato allestito nel supermercato a marchio Coop di via Arona a Milano.
Francesco Cecere, Direttore Marketing e Comunicazione Coop ha così commentato l'iniziativa: "In linea con la tradizione di accoglienza e di apertura di Coop abbiamo deciso di omaggiare la giornata mondiale del coming out ricreando, all'interno di uno dei nostri punti vendita, la bandiera che simboleggia l'icona dell'orgoglio LGBT. La scaffalatura arcobaleno testimonia l'apertura e il rispetto della Coop verso le scelte di vita delle persone e il rifiuto verso ogni tipo di discriminazione".
Più che in linea con la tradizione di accoglienza e di apertura del marchio Coop, ci sembra di poter dire che tale banale e politically correct scelta di marketing sia ossequiosamente in linea con il diktat etico contemporaneo in tema di sessualità.
(Luca Romani, Osservatorio Gender, 13 ottobre 2017)

L'ISTITUTO DI AUTODISCIPLINA PUBBLICITARIA VUOLE BLOCCARE LA CAMPAGNA DEL BUS DELLE LIBERTÀ
A fine settembre il Bus delle libertà - quello con scritto sulle fiancate che "i bambini sono maschi e le bambine sono femmine" - aveva girato l'Italia facendo leggere a tutti questo suo scandaloso slogan.
Ora l'Istituto di Autodisciplina Pubblicitaria (IAP) ha emesso una ingiunzione affinché si desista in futuro da simili campagne pubblicitarie perché violano "convinzioni morali, civili e religiose" e potrebbe danneggiare i bambini.
La mossa dello IAP ha chiaramente fini intimidatori, ma CitizenGo, autore della campagna, ha reso noto che non desisterà.
(Gender Watch News, 15-10-2017)



https://www.youtube.com/watch?v=_wIGGx2pnI0

Fonte: Gender Watch News, 02/10/2017

9 - OMELIA XXIX DOMENICA T. ORD. - ANNO A (Mt 22,15-21)
Rendete dunque a Cesare quello che è di Cesare
Fonte Il settimanale di Padre Pio, (omelia per il 22 ottobre 2017)

Nessun avvenimento della storia sfugge alla Provvidenza di Dio. Così nella prima lettura di oggi vediamo come Ciro, fondatore dell'Impero persiano, pur non conoscendo il vero Dio, fu uno strumento nelle mani di Dio e servì ai suoi benevoli disegni. Ciro infatti ordinò il ritorno degli Ebrei da Babilonia e la ricostruzione del Tempio a Gerusalemme. Per bocca del profeta Isaia, Dio disse: «Per amore di Giacobbe, mio servo, e d'Israele, mio eletto, io ti ho chiamato per nome, ti ho dato un titolo, sebbene tu non mi conosca [...] Ti renderò pronto all'azione, anche se tu non mi conosci» (Is 45,4-5). Da queste parole comprendiamo come sia stato Dio stesso a dare un titolo a Ciro (cf Is 45,4), cioè a conferire a lui il potere, proprio in vista del ritorno degli Ebrei dall'esilio di Babilonia. Gesù stesso disse a Pilato che nessuno esercita un potere se questo non gli è dato dall'alto (cf Gv 19,11).
Dio si serve di tutto e di tutti per portare avanti i suoi disegni, e nulla sfugge alla sua Provvidenza. Così Dio si è servito anche delle persecuzioni contro il Cristianesimo per diffondere la parola del Vangelo ancor più efficacemente fino agli estremi confini della terra.
Questa verità deve colmarci di consolazione, al pensiero che siamo sempre nelle mani di Dio e che nessun particolare della nostra vita si sottrae alla sua Provvidenza. San Paolo dice con chiarezza che «tutto concorre al bene di coloro che amano Dio» (Rm 8,28), anche la stessa sofferenza e la persecuzione.
Come abbiamo ascoltato dal Vangelo, i farisei cercavano di mettere in difficoltà Gesù con una domanda insidiosa: «È lecito, o no, pagare il tributo a Cesare?» (Mt 22,17). Comunque avesse risposto, Gesù avrebbe dato degli appigli alla malizia dei farisei. Infatti, se rispondeva "sì", ciò poteva essere visto come uno sminuire il potere di Dio sul suo popolo, per gli Ebrei era infatti inconcepibile dover pagare un tributo ad una autorità che non fosse stata quella di Dio; se rispondeva "no", ciò poteva essere chiaramente visto come una ribellione al governo di Roma.
Gesù sfugge al tranello, dicendo: «Rendete dunque a Cesare quello che è di Cesare e a Dio quello che è di Dio» (Mt 22,21). Con queste parole Gesù divide quella che è l'autorità civile da quella che è l'autorità religiosa. Questi sono due ambiti differenti: l'autorità civile mira al bene pubblico temporale; quella religiosa, al bene spirituale ed eterno delle anime. Questi due poteri sono distinti, anche se l'autorità civile deve sempre rispettare i Comandamenti di Dio.
Da tutto questo ne consegue che i cittadini devono osservare le leggi dello Stato, sempre che siano giuste e non contrarie ai principi morali e religiosi e al bene comune. Lo Stato non può esigere ciò che è dovuto solo a Dio, e il cristiano deve mantenere e difendere la sua libertà di onorare Dio al di sopra di tutto.
Un esempio eroico di fedeltà a Dio ce lo offre san Tommaso Moro, Cancelliere del re d'Inghilterra Enrico VIII. Quando nel XVI secolo questo re voleva staccare l'Inghilterra dalla Chiesa Cattolica, egli, con parole umili e prudenti, volle far comprendere al monarca che un tale passo non era secondo la Volontà di Dio. Il re fece allora imprigionare il Cancelliere, il quale rimase fermo nella fede cattolica, consapevole che prima di tutto bisogna obbedire a Dio. La scure del boia staccò la testa al glorioso Martire, ma non riuscì a togliergli la retta fede.
Rispondendo ai farisei che cercavano di metterlo in fallo, Gesù impartisce una lezione di grandissima importanza. Egli ci fa comprendere l'esigenza di rendere a Dio ciò che è di Dio. La moneta che i farisei mostrarono a Gesù recava l'immagine di Cesare, ma nella nostra anima vi è un'immagine molto più preziosa: quella di Dio. Creati a sua immagine e somiglianza, dentro di noi rechiamo l'immagine del Creatore, e siamo tenuti a dargli ciò che è dovuto, ovvero la stessa vita che Egli ci ha donato.
Ai giorni d'oggi si parla molto dei doveri dei cittadini nei confronti dello Stato, ma poche volte ci si ricorda dei doveri ancor più grandi che noi abbiamo nei confronti di Dio. Si cerca, infatti, di emanciparci quanto più è possibile da Lui, rivendicando una presunta autonomia nei riguardi di chi ci ha creati e redenti. Non c'è più stolta presunzione di questa.
Impariamo dai martiri della fede che solo nell'obbedienza alla Volontà di Dio troveremo la nostra più autentica realizzazione.

Fonte: Il settimanale di Padre Pio, (omelia per il 22 ottobre 2017)

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