BastaBugie n�568 del 18 luglio 2018

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1 ISRAELE NEGA IL GENOCIDIO ARMENO AL GRIDO DI ''NESSUN GENOCIDIO ALL'INFUORI DEL MIO''
Hitler, per pianificare l'eliminazione degli ebrei, si era detto convinto che nessuno se ne sarebbe ricordato, come già nessuno ricordava più il genocidio degli armeni (cristiani) massacrati dai turchi (musulmani)
Autore: Rino Cammilleri - Fonte: La Nuova Bussola Quotidiana
2 E' MORTO SOFFIANTINI, L'IMPRENDITORE CHE HA PERDONATO I SUOI RAPITORI, MA SENZA BUONISMI
Giuseppe Soffiantini nel 1997 divenne celebre per il rapimento dell'anonima sequestri che gli costò anche l'amputazione dell'orecchio
Autore: Rino Cammilleri - Fonte: La Nuova Bussola Quotidiana
3 MEGLIO CANI IN AFGHANISTAN CHE CRISTIANI A LIVERPOOL
La storia strappalacrime dei cagnetti randagi afgani salvati dai nostri militari... mentre il povero Alfie non avrebbe dovuto avere nemmeno il sacerdote accanto (che infatti è stato duramente punito dal suo vescovo)
Autore: Rino Cammilleri - Fonte: La Nuova Bussola Quotidiana
4 LIBERTA' DI ESPRESSIONE A SENSO UNICO
La Corte europea dei diritti dell'uomo ha condannato la Spagna per aver multato due manifestanti catalani che bruciarono la foto di re e regina di Spagna (e se la foto fosse stata di un imam islamico o di un cantante gay?)
Autore: Rino Cammilleri - Fonte: La Nuova Bussola Quotidiana
5 I GENITORI DANNO ALLA FIGLIA IL NOME ''BLU'', MA (PER ORA) E' CONTRO LA LEGGE
In tempi di gender in cui il sesso lo puoi scegliere e cambiare quando vuoi, la legge del nome anagrafico che deve corrispondere al sesso del neonato mette in luce le contraddizioni della nostra società
Autore: Rino Cammilleri - Fonte: La Nuova Bussola Quotidiana
6 DIETRO IL MERCATO GAY FRIENDLY SI NASCONDE UN GRANDE BUSINESS
Anche in Italia i prodotti cinematografici, televisivi, radiofonici e pubblicitari sono gay friendly (e quindi contro la famiglia naturale)
Autore: Rino Cammilleri - Fonte: La Nuova Bussola Quotidiana
7 CANNABIS, LA FESTA DI SINISTRA CHE TIRA IN BALLO LA MADONNA
Il festival milanese della marjuana invita a fumare spinelli... facendo l'analogia con l'Ave Maria
Autore: Rino Cammilleri - Fonte: La Nuova Bussola Quotidiana
8 L'IRLANDA ROMPE CON LA TRADIZIONE: BIRRA A FIUMI ANCHE IL VENERDI SANTO
La legge del 1927 che il giorno della Passione di Cristo faceva tenere chiusi i pub irlandesi è stata abrogata, visto che al giorno di digiuno e astinenza non credono nemmeno i cattolici
Autore: Rino Cammilleri - Fonte: La Nuova Bussola Quotidiana
9 DUE SACERDOTI LITIGANO PER LA LAVANDA DEI PIEDI: UNO VUOLE I MIGRANTI, L'ALTRO NO
Il primo ovviamente ha il favore della stampa, il secondo viene definito retrogrado, razzista e non inclusivo: secondo voi chi ha ragione?
Autore: Rino Cammilleri - Fonte: La Nuova Bussola Quotidiana
10 OMELIA XVI DOMENICA T. ORD. - ANNO B (Mc 6,30-34)
Venite in disparte, voi soli, e riposatevi un po'
Fonte: Il settimanale di Padre Pio

1 - ISRAELE NEGA IL GENOCIDIO ARMENO AL GRIDO DI ''NESSUN GENOCIDIO ALL'INFUORI DEL MIO''
Hitler, per pianificare l'eliminazione degli ebrei, si era detto convinto che nessuno se ne sarebbe ricordato, come già nessuno ricordava più il genocidio degli armeni (cristiani) massacrati dai turchi (musulmani)
Autore: Rino Cammilleri - Fonte: La Nuova Bussola Quotidiana, 06/03/2018

Franca Giansoldati sul «Messaggero.it» riporta che «Israele continua a mantenere un atteggiamento totalmente negazionista nei confronti del genocidio armeno». Uno potrebbe dire: ma come, proprio loro che sono stati vittima del più spaventoso genocidio del XX secolo? Eppure è così. Il 14 febbraio la Knesset (il parlamento israeliano) ha respinto un progetto di legge presentato dal partito Yesh Atid (laico e centrista) teso a far riconoscere lo sterminio dei cristiani armeni perpetrato da parte dell'impero ottomano tra il 1915 e il 1920. Un milione e mezzo di morti. Non solo.
Pare che Hitler abbia preso a esempio proprio quel genocidio per pianificare l'eliminazione degli ebrei: si era detto convinto che nessuno se ne sarebbe ricordato, così come, già allora, nessuno ricordava più gli armeni massacrati dai turchi. Così, Tzipi Hotovely, viceministro degli esteri, ha gettato la spugna: Israele non prenderà posizione ufficiale, troppe complicanze diplomatiche. Le quali complicanze hanno un solo nome, Turchia: Ankara non vuol sentir parlare di genocidio armeno e si infuria quando qualcuno solleva la questione. Certo, è questione di oltre un secolo fa, a prima vista non ci dovrebbero essere problemi a riconoscere, da parte del governo turco, ciò che un partito da lungo tempo estinto, quello dei Giovani Turchi, perpetrò cento e passa anni or sono. Invece i problemi ci sono, e sarebbero rappresentati dai risarcimenti che i discendenti degli uccisi potrebbero rivendicare.
Per tornare a Israele, tre anni fa il presidente Reuven Rivlin aveva ospitato a Gerusalemme un evento per ricordare i cento anni dello sterminio armeno, ma aveva evitato accuratamente di usare la parola «genocidio», e non solo per non indisporre la Turchia. Ma anche per un altro motivo: per molti ebrei, se non tutti, la Shoà è un fatto unico nella storia; affiancargli altri genocidi sarebbe una sorta di annacquamento. Il solo, vero, genocidio deve essere quello ebraico, carico di valenze sacrali anche dal nome privilegiato, Olocausto. La Giansoldati ricorda, al proposito, quel che disse nel 2011 l'allora ministro degli esteri israeliano, Shimon Peres: «Niente è uguale all'Olocausto ebraico.
Ciò che è capitato agli armeni è una tragedia ma non un genocidio». Comunque, non tutti in Israele la pensano così. Già l'anno scorso la commissione cultura del parlamento israeliano aveva proclamato la sua intenzione di riconoscere ufficialmente il genocidio armeno. Ma ancora una volta era intervenuta la ragion di stato. Il fronte, insomma, è diviso, tant'è che importanti associazioni come l'Anti-defamation League sono a favore del riconoscimento, dimostrando di non credere a un eventuale depotenziamento della Shoà. Il genocidio degli ebrei a opera del nazismo ha dei numeri che, da soli, bastano a renderlo unico. «Il Messaggero.it» fa notare che, a dirla tutta, nemmeno gli Usa hanno ancora riconosciuto ufficialmente il genocidio armeno. La diaspora armena negli Stati Uniti chiede da tempo un pronunciamento ufficiale, ma nemmeno Trump, finora, ha fatto passi.
La Turchia è infatti un alleato, scomodo quanto si vuole, ma è nella Nato. E poi, aggiunge la Giansoldati, «un po' per non dispiacere alla lobby ebraica, molto potente al di là dell'Atlantico». Anche se divisa, come abbiamo visto. Insomma, gli armeni hanno non solo lo scoglio turco, da affrontare, ma anche, per ragioni diverse, quello israeliano. Per un fatto successo più di cento anni fa...

Nota di BastaBugie: ecco il link a due articoli che abbiamo pubblicato sul genocidio degli armeni.

ARMENIA, ECCO COME AVVENNE IL GENOCIDIO SCOMODO
Un secolo fa, il 24 aprile 1915, iniziava il massacro sistematico di un popolo cristiano che dava fastidio all'Impero ottomano
di Vincenzo Sansonetti
https://www.bastabugie.it/it/articoli.php?id=3718

LA TURCHIA PROTESTA CONTRO IL PAPA PER LE SUE FRASI SUGLI ARMENI... E ACCELERA SULL'ISLAMIZZAZIONE
Nel primo genocidio del XX secolo (1915-1924) persero la vita un milione e mezzo di cristiani: i Giovani Turchi massacrarono sacerdoti, donne, uomini, anziani e persino bambini e malati
di Mauro Faverzani
https://www.bastabugie.it/it/articoli.php?id=3719

Fonte: La Nuova Bussola Quotidiana, 06/03/2018

2 - E' MORTO SOFFIANTINI, L'IMPRENDITORE CHE HA PERDONATO I SUOI RAPITORI, MA SENZA BUONISMI
Giuseppe Soffiantini nel 1997 divenne celebre per il rapimento dell'anonima sequestri che gli costò anche l'amputazione dell'orecchio
Autore: Rino Cammilleri - Fonte: La Nuova Bussola Quotidiana, 13/03/2018

E' morto Giuseppe Soffiantini. Solo quelli di noi che hanno una certa età si ricordano di lui e del suo caso che, all'epoca, fece clamore. Era la brutta stagione dell'anonima sequestri e questo imprenditore venne rapito nel 1997. Si fece parecchi mesi di detenzione, per l'esattezza 237 giorni. Proprietario di una azienda di abbigliamento femminile, viveva nella sua villa di Manerbio, tra Brescia e Cremona. Alle 22,30 del 17 giugno (dicono che il 17 porta sfortuna...) i banditi penetrarono in casa sua, legarono la moglie e portarono via lui.
L'obiettivo, in verità, era il figlio minore, ma questi era assente perché sotto la naja. La donna riuscì a liberarsi solo il mattino dopo. Ricevette la telefonata del marito l'anno seguente, il 9 febbraio: l'avevano liberato all'Impruneta, in quel di Firenze. La prima cosa che disse fu che le molte lettere che aveva scritto era state vergate con la pistola puntata alla testa. Il sequestro fruttò ai delinquenti cinque miliardi di lire, pagati solo dopo otto mesi perché lo Stato, a quell'epoca, congelava i conti e i beni dei rapiti per avere tempo di effettuare le indagini.
Nella sua ultima intervista, rilasciata a Fabrizio Boschi del «Giornale» nel 2015, l'allora ottantenne Soffiantini si rammaricava, in qualche modo, del cambiamento di prospettiva e strategia: oggi gli italiani vanno a farsi sequestrare all'estero e lo Stato paga a tamburo battente, cosa che, lamentava il reduce, alimenta il terrorismo. Soffiantini i soldi del riscatto non li ha più rivisti, anche se i rapitori sono stati tutti (tranne uno) catturati. Condannati a pene di varia entità, alcuni sono oggi a piede libero. Il basista, addirittura, a Soffiantini toccò di rivederlo in giro per Manerbio.
Non ebbero la mano leggera: gli amputarono le orecchie, lo tenevano incatenato in buche nel terreno o in tende improvvisate, un pezzetto di lardo e una mela per mangiare, per coprirsi stracci luridi e fradici di umidità, quasi un anno senza potere lavarsi. Ma lui, a cose finite, decise di perdonare i suoi aguzzini. Niente baci e abbracci, per carità, ma piuttosto una qualche forma di igiene mentale e spirituale. Così disse all'intervistatore: «Vede, io non ho perdonato quelle bestie per spirito di buonismo. Sarei uno sciocco. L'ho fatto per me, per salvarmi. Ho imparato che nella vita covare sentimenti di odio e di vendetta non serve a niente».
Esatto, profonda verità. Sarebbe un gravarsi l'animo inutilmente, un portarsi dietro e addosso un passato che è meglio lasciar passare. Soffiantini era credente, anche se non sappiamo di quale intensità. Nel suo salotto campeggiava una foto di lui e papa Wojtyla: «Una volta mi disse: Ringraziamo il Signore, sia tu che io l'abbiamo scampata bella». Soffiantini aveva due sole passioni, il lavoro e la sua famiglia. Ma quest'uomo tranquillo, capace di chiudere l'animo a una brutta parentesi, non era affatto un irenico, né lo era diventato a causa della terribile esperienza.
Lo spaventavano ancora le cosiddette rapine in villa, «soprattutto ad opera di extracomunitari». Eh, il tempo dei sequestri è passato ma la sicurezza «nelle nostre case» non è ancora pacifica, anzi. L'intervistatore gli ricordava il caso allora recente del benzinaio che aveva sparato a un bandito nomade per proteggere una commessa: «Anche io ho un'arma e se dei rapinatori entrassero in casa mia farei lo stesso». Molto saggio: prima mi difendo, poi ti perdono; ma solo dopo che hai pagato il tuo debito. Sennò è buonismo, cioè ideologia. La misericordia deve seguire la giustizia, non precederla. Altrimenti è il mondo alla rovescia.

DOSSIER "SIC TRANSIT GLORIA MUNDI"
Personaggi morti dal 2009 al 2019

Per vedere tutti gli articoli, clicca qui!

Fonte: La Nuova Bussola Quotidiana, 13/03/2018

3 - MEGLIO CANI IN AFGHANISTAN CHE CRISTIANI A LIVERPOOL
La storia strappalacrime dei cagnetti randagi afgani salvati dai nostri militari... mentre il povero Alfie non avrebbe dovuto avere nemmeno il sacerdote accanto (che infatti è stato duramente punito dal suo vescovo)
Autore: Rino Cammilleri - Fonte: La Nuova Bussola Quotidiana, 26/04/2018

Arena è una cagnetta beige, di quel colore che in Sicilia dicono «cirricaca» (storpiatura dell'americano cheesecake, torta al formaggio; ricordo dello sbarco yankee nell'ultima guerra). E' lo stesso colore, per restare in Sicilia, del «cirneco» dell'Etna (altra storpiatura: da «cyrenaicus») e che al liceo, motteggiando, dicevamo «canis currens». In effetti, il «canis currens» era una decorazione dei templi dell'antica Grecia, ma per noi era, appunto, un colore scialbo e diarroico: color cane-che-corre. Arena, dicevamo, è un cane fortunato, molto più fortunato di tutta quella gente che, in Afghanistan, muore sotto le bombe e le auto-bomba.
Dovete sapere che colà opera un'associazione angloamericana che si chiama Nowzad e si occupa del «sostegno agli animali randagi». Ebbene, poiché Arena era stata praticamente adottata dai militari italiani, in sinergia con il nostro Ente Nazionale Protezione Animali un volo diretto Kabul-Fiumicino l'ha portata in salvo in Italia. Insieme a tre gatti, Cleopatra, Reddy e Pers. La missione si è conclusa felicemente, così che l'Italia si conferma sicuro asilo per tutti quelli, oves et boves, che vogliono entrarci, migranti, profughi, asylanten e ora pure le bestiole. Si realizza così il grido che a suo tempo lanciò Laura Boldrini, già presidente della Camera dei Deputati, quando invitò l'Africa e il Medio Oriente a venire nella sicura, tenera e accogliente Italia.
La cosa è andata così: il soldato che aveva preso in carico la gatta Cleopatra aveva lanciato un appello all'Enpa (ente protezione animali italiano), immediatamente accolto. «Con il supporto del progetto "Rete Solidale" e dell'Unità di Intervento Nazionale, Carla Rocchi (presidente dell'Enpa, ndr) ha subito aperto il canale di collaborazione con Nowzad». Si sono aggiunti gli adottatori degli altri petse, a spese del contribuente italico, è stato approntato il ponte aereo. «Il loro arrivo nello scalo romano ha posto fine ai tanti timori per la sorte di questi animali, che ora potranno vivere con i loro amati padroni, che tanto hanno lottato per poterli riavere vicino».
L'ex ministro degli esteri, Franco Frattini, in un tweet ha così giubilato: «Onore sempre più grande ai nostri militari per questo gesto». Va pure detto che il «gesto» è stato possibile anche grazie alla non opposizione delle autorità afghane, alle quali, presumibilmente, dei cani e dei gatti randagi non può importare di meno; anzi, sono pure contente che qualcuno, a spese sue, se li porti via. Chissà che non venga loro in mente di appiopparci anche gli altri, che sicuramente da quelle parti non mancano. La mente corre, a questo punto, all'unico che non può entrare in Italia a ricevere asilo, cure e protezione. Naturalmente è un essere umano (per un cane medici e giudici britannici avrebbero fatto meno storie).
Un essere umano, per giunta, che è anche quanto di più indifeso e in pericolo ci possa essere: un bambino piccolo e malato, Alfie Evans. Triste morale di questi nostri tempi strampalati e infausti: un ponte aereo per i gatti è fattibile, e si fa, e non si bada a spese. Al povero Alfie, invece, viene negato pure l'assistente spirituale. Morale bis: meglio nascere cani in Afghanistan che cristiani a Liverpool.

Nota di BastaBugie: ecco i link agli articoli che abbiamo pubblicato per il caso Alfie

LO STATO CHE VUOLE LA MORTE DI ALFIE CI RICORDA IL NAZISMO
Ma la radice di ciò che fu messo in pratica in Germania era già, all'inizio del '900, nelle Società Eugenetiche che erano (e sono ancora oggi attive) in Inghilterra
di Riccardo Cascioli
https://www.bastabugie.it/it/articoli.php?id=5154

L'AGGHIACCIANTE COMUNICATO DELL'OSPEDALE DI ALFIE RICORDA QUELLI DEL NAZISMO
Approfondiamo su Wikipedia leggendo la voce ''Eutanasia su minori nella Germania nazista''
da La Nuova Bussola Quotidiana
https://www.bastabugie.it/it/articoli.php?id=5157

CI VOGLIONO CONFONDERE LE IDEE SUL CASO ALFIE
Il Potere non perdona chi ha tentato di mettersi di traverso e quindi, ucciso Alfie, comincia a colpire chi lo ha difeso (inoltre ricordiamo la cronaca degli ultimi giorni nel famigerato ospedale e in cambio di cosa il padre ha negoziato il suo silenzio stampa)
di Riccardo Cascioli
https://www.bastabugie.it/it/articoli.php?id=5158

PRIMA DI ALFIE IL GIUDICE HAYDEN AVEVA GIA' CONDANNATO A MORTE ALTRI BAMBINI E ANZIANI
Alfie è l'ennesima vittima del socialismo sanitario che non poteva permettere al bambino di trovare una cura migliore fuori dal proprio sistema sanitario nazionale
di Benedetta Frigerio
https://www.bastabugie.it/it/articoli.php?id=5167

ALFIE E LA DITTATURA DELLE PAROLE VUOTE
Il ''potere delle parole'' è l'abilità di sapersi esprimere in modo da imporre la propria ideologia come vera, mentre la verità non è un'opinione, bensì l'oggettività della realtà
di Serafino Lanzetta
https://www.bastabugie.it/it/articoli.php?id=5183

Fonte: La Nuova Bussola Quotidiana, 26/04/2018

4 - LIBERTA' DI ESPRESSIONE A SENSO UNICO
La Corte europea dei diritti dell'uomo ha condannato la Spagna per aver multato due manifestanti catalani che bruciarono la foto di re e regina di Spagna (e se la foto fosse stata di un imam islamico o di un cantante gay?)
Autore: Rino Cammilleri - Fonte: La Nuova Bussola Quotidiana, 19/03/2018

L'antirazzismo è ormai una ideologia, tutta di sinistra e onnicomprensiva, le cui maglie si sono allargate talmente da quasi prescindere dal vecchio problema del colore della pelle. O di quello, nazista, degli ebrei. Infatti adesso iper-protegge tutte quelle minoranze che sono state dichiarate politicamente corrette e sorvola sul problema antiebraico che pur si sta facendo serio in luoghi, come, per esempio, la Francia.
Di già, come ha riferito su queste pagine Lorenza Formicola, in Germania è entrata in vigore una legge che sanziona pesantemente i social neetwork qualora dovessero incorrere nel reato (sic) di «incitamento all'odio». Tanto per dirne una, un giornalista è stato multato per avere postato su Facebook una foto storica in cui si vede Hitler che stringe la mano al Gran Muftì di Gerusalemme. E' islamofobia, e non si fa. Facebook ha dovuto immediatamente rimuovere la foto incriminata. Qualcuno comincia a preoccuparsi. Sì, perché questa pare proprio censura. Per giunta a senso unico.
Nel piccolo di chi qui scrive, si permetta un aneddoto personale. Diversi anni fa, avevo un blog nel quale i lettori potevano scrivere e commentare i miei post. Uno di questi riportava non ricordo più quale episodio, penalmente rilevante, avvenuto in Italia e che concerneva un gruppo di nomadi. Nessun commento da parte mia, solo il fatto. Un lettore scrisse che (riassumo a memoria) certa gente andrebbe rinchiusa in spazi appositi. Non l'avesse mai fatto. Non molto tempo dopo venni convocato dalla polizia postale, la quale voleva sapere chi fosse quell'incauto. Già: quello lì rischiava di incorrere nella Legge Mancino («incitamento all'odio razziale»), e forse anch'io in qualità di responsabile del mio blog. Non so come sia finita, ma io per precauzione tolsi ai lettori la facoltà di commentare. Blog senza commenti. Infatti, quella per me era solo una battuta da osteria, mica un reato. Per me. Così, non potendo essere nella mente della polizia o di qualche occhiuto magistrato, basta, chiusi i commenti e tanti saluti.
Certo, a farsi un giro per l'Europa si rischia il mal di testa, visto che la severità è tutta e solo politicamente corretta. E il politicamente corretto è ideologia fluida e magmatica, anche ansiogena perché non sai mai come devi comportarti. Per esempio, leggo su Euronews.com del 13 marzo 2018 che la Corte europea dei diritti dell'uomo (Cedu) ha condannato la Spagna per aver violato il diritto alla libertà di espressione avendo inflitto una condanna a due manifestanti catalani che nel 2007 bruciarono una fotografia dei reali di Spagna Juan Carlos I e Sofia. Questi due catalani manifestavano in piazza a Girona contro la visita della coppia reale borbonica. Presero una gran foto commemorativa del re e della regina, la misero a testa in giù e diedero fuoco. Carcere o multa, sentenza confermata in appello (multa pagata).
La Corte di Strasburgo, adita, ha deciso che si trattava di libertà di espressione, in quanto i due non ce l'avevano con le persone dei reali bensì con l'istituzione della monarchia. Ma sì, era «una di quelle scene provocatorie che vengono sempre più utilizzate per attirare l'attenzione dei media», insomma «un messaggio critico in termini di libertà di espressione». Il governo spagnolo, dunque, deve risarcire i due piromani e pagare le spese del processo. Bruciare la foto del re non è «incitamento all'odio».
Domanda maliziosa: e se avessero bruciato la foto di qualche imam?

Fonte: La Nuova Bussola Quotidiana, 19/03/2018

5 - I GENITORI DANNO ALLA FIGLIA IL NOME ''BLU'', MA (PER ORA) E' CONTRO LA LEGGE
In tempi di gender in cui il sesso lo puoi scegliere e cambiare quando vuoi, la legge del nome anagrafico che deve corrispondere al sesso del neonato mette in luce le contraddizioni della nostra società
Autore: Rino Cammilleri - Fonte: La Nuova Bussola Quotidiana, 24/05/2018

A Milano, un anno e mezzo fa, due giovani coniugi hanno deciso di chiamare la neonata «Blu». Il funzionario dell'anagrafe li ha informati che, con quel nome stravagante, correvano il rischio di essere convocati in tribunale. Infatti. La procura li ha chiamati perché deve applicare l'articolo 35 del Dpr 396/2000, il quale dice che «il nome imposto al bambino deve corrispondere al suo sesso».
Certo, in tempi in cui si dibatte l'ideologia gender e quella lgbt (aggiungete voi le altre sigle, ché non ne ho voglia), tempi in cui il sesso è, deve essere, incerto e oggetto di dibattito, tempi in cui il sesso si può, si deve, scegliere e cambiare anche con frequenza ma sempre ad libitum, 'sta cosa del nome anagrafico che «deve corrispondere» al sesso dell'appena nato suona singolare.
Come si permette la legge di pretendere che se uno che si chiama Mario debba essere per forza maschio? Non è, con ciò, sottinteso che Mario debba essere per forza eterosessuale? E ciò non è in contrasto stridente con l'evoluzione (artificiale) dei costumi e della mentalità? Il fatto è che si tratta di una questione di ordine pubblico, che fa aggio sulle preferenze dei genitori: lo Stato vuole che ogni cittadino sia perfettamente identificabile, e dunque inquadrabile, almeno sui documenti.
Che non a caso si chiamano «di identità» perché, appunto, identificano. La procura milanese non è ignara dell'andazzo corrente e sa che «si tratta di nome moderno legato al termine inglese Blue, ossia il colore blu»; purtroppo, tale nome «non può ritenersi attribuibile in modo inequivoco a persona di sesso femminile», perciò «l'atto di nascita deve essere rettificato, anteponendo altro nome onomastico femminile che potrà essere indicato dai genitori nel corso del giudizio».
Così è scritto nell'atto di convocazione. Dunque, Maria Blu, Caterina Blu o Geltrude Blu vanno benissimo; essendo Blu un colore, è neutro. Ora, a parte il fatto che Blue in americano vuol dire anche «triste» (da cui le musiche blues dei neri americani), i genitori farebbero bene a correggere la loro spensieratezza anagrafica e aggiungere quanto richiesto dalla legge. La quale, si badi, non è un Regio Decreto d'epoca fascista, ma è del 2000, recente dunque: in quell'anno c'era già il Gay Pride. L'atto di convocazione dice anche che, se i genitori non si presenteranno, provvederà il giudice d'ufficio alla rettificazione anagrafica. I due sono costernati perché è già un anno e mezzo che usano il nome della figlia.
Ma i tempi della giustizia sono quelli che sono, ed erano stati avvertiti. Ora, delle due l'una: o si adegueranno, anche obtorto collo, o daranno il via alla consueta battaglia giudiziaria che arrivi grado dopo grado, alla Corte Costituzionale per ottenere che la fantasia trionfi e ogni italiano possa dare ai figli i nomi che vuole, così come si fa col cagnolino e il gatto di casa.
A fare scuola, si sa, sono il cinema e la televisione (americani). Samantha, Gessica, Melania e Pamela sono entrate nelle nostre culle da un pezzo. Anche Suellen e Geiar. Ma Jonathan e Kevin sono almeno identificabili come maschili. E' vero, ai tempi di Bonanza (telefilm western dei primi anni Sessanta) uno dei protagonisti si chiamava Blue, ma era un diminutivo.
Oggi, negli Usa, specialmente nel mondo dell'arte c'è libertà di imposizione (di nome): l'ultimo grido è dare ai figli nomi di States, si pensi ad esempio all'attrice Dakota Fanning. Nella fase precedente, quella ecologico-hippie, un attore poteva chiamarsi River (fiume) Phoenix, fratello di Rain (pioggia). C'è stato un tempo, qui da noi, in cui era in uso chiamare il figlio maschio col nome del padre: Giovanni di (o fu) Giovanni. E il padre si chiamava come il nonno, Giovanni.
Il fascismo, sempre per motivi di ordine pubblico, vietò la pratica. Così, si passò a dare al primogenito il nome del nonno paterno, alla primogenita il nome della nonna paterna; gli altri figli coi nomi dei nonni materni. Il che rinsaldava i legami familiari e dava ai nonni un motivo in più di affezione nei confronti dei nipoti. Oggi la famiglia è in forse e un romanticismo da telenovela riporta ai tempi in cui, in provincia di Lucca, la gente si chiamava come le opere di Puccini (Turandot) o i libri di Dumas (Aramis). O, in provincia di Carrara, Comunardo. Chi si ricorda del maestro (di musica) Angelini? Si chiamava Cinico.

Nota di BastaBugie: cos'è un nome adespota? Un nome adespota è un nome che non trova corrispondenza tra i nomi dei santi e beati riconosciuti dalla Chiesa e festeggiati nel calendario liturgico.
La parola adespota deriva dal greco adéspotos (letteralmente "senza padrone") pertanto 'nome adespota' assume il significato di "nome privo di protettore".
Poiché però i santi riconosciuti ufficialmente sono solo una piccola parte di quelli esistenti, la Chiesa Cattolica stabilisce che anche le persone con nomi adespoti possano celebrare l'onomastico il 1° novembre, festa di tutti i Santi detta anche Ognissanti.
Alcuni nomi adespoti in uso in Italia sono: Ascanio, Cinzia, Debora, Delia, Elettra, Furio, Giada, Gloria, Ileana, Liliana, Marika, Mirko e Ornella.
I nomi adespoti stranieri sono migliaia: molti nomi infatti non hanno un santo corrispondente; in generale invece si può presumere che la variante straniera del nome di un santo ne condivida l'onomastico: quindi ad esempio Thiago (variante portoghese di Giacomo) festeggia l'onomastico il giorno di San Giacomo.
Al momento del battesimo il [...] Codice di Diritto Canonico stabilisce che "i genitori, i padrini e il parroco abbiano cura che non venga imposto un nome estraneo al senso cristiano". Pertanto è consigliato che i genitori aggiungano al nome scelto un nome di "senso cristiano" che abbia cioè corrispondenza tra i santi e beati. (Fonte: Nomix)

Fonte: La Nuova Bussola Quotidiana, 24/05/2018

6 - DIETRO IL MERCATO GAY FRIENDLY SI NASCONDE UN GRANDE BUSINESS
Anche in Italia i prodotti cinematografici, televisivi, radiofonici e pubblicitari sono gay friendly (e quindi contro la famiglia naturale)
Autore: Rino Cammilleri - Fonte: La Nuova Bussola Quotidiana, 30/03/2018

Dice l'Osservatorio Gender di questo giornale che secondo il Diversity Media Report (un'indagine sulla rappresentazione delle persone omosessuali nei media) oltre il 25% dei prodotti cinematografici, televisivi, radiofonici e pubblicitari italiani è gay friendly, come si è visto a Sanremo, dalla De Filippi e altrove, in moltissimi film e personaggi fissi del piccolo schermo. Per giunta, nel 2016 le notizie sulle persone Lgbt erano triplicate rispetto all'anno precedente, «anno che ha visto raddoppiate le attenzioni alle tematiche gay rispetto al decennio precedente».
Ma qual è la causa di tutta questa attenzione, che in pochi anni ha sdoganato certi argomenti fino a farli avvicinare sempre più pericolosamente a una vera e propria dittatura ideologica? Perché, di colpo, il vento è cambiato? Cherchez la femme, diceva un vecchio adagio giallistico. Qui potremmo dire, semplicemente: segui i soldi. Secondo statistiche americane gli omosessuali hanno una propensione al consumo molto superiore a quella degli etero. Ed è questo il motivo del rapidissimo - come si ricorderà - voltafaccia della Barilla, che proprio negli Usa detiene il 30% del mercato della pasta.
Una dichiarazione, su domanda, a una trasmissione radiofonica scatenò la gogna e poi il boicottaggio. Così, dall'oggi al domani, la Barilla, che faceva solo spot pubblicitari per famiglie tradizionali, si convertì al verbo Lgbt e salvò il fatturato statunitense. Dicono le summenzionate statistiche americane che i gay escono per fare shopping almeno il 16% delle volte in più degli etero, e la loro spesa media è superiore addirittura del 25%. Per giunta, il 65% dei gay dichiarano di non poter fare a meno di consigliare le loro scelte ad altri. Cosa che per le strategie di marketing delle grandi imprese è cruciale.
Negli States, poi, i gay hanno un reddito medio procapite più alto, sono mediamente più istruiti e meno disoccupati. L'assenza di figli, infine, comporta uno stile di vita più propenso al consumo che al risparmio. Pochi anni fa, la ricchezza complessiva della comunità gay americana era calcolata sui mille miliardi di dollari, una cifra che nessun imprenditore, specie dei grandi marchi, può permettersi di ignorare.
Dunque, incoraggiamento. Anche alcune amministrazioni (pure italiane) hanno annusato l'affare e si sono lanciate in guide turistiche gay friendly (spiagge, itinerari, discoteche...) che se non hanno proliferato più di tanto è per la sorda opposizione delle famiglie tradizionali già frequentatrici degli stessi luoghi. Nel 2011 l'allora segretario di stato americano, Hillary Clinton, istituì il Global equity fund, fondo misto pubblico-privato che sostiene i diritti Lgbt e finanzia attivisti anche all'estero. Non è l'unico: negli Usa, terra delle lobbies, i gay possono contare su molte altre realtà di appoggio e sostegno.
E' così che la Storia sta andando in una certa direzione, una direzione che nessuno, fino a qualche tempo fa, avrebbe sospettato. Una direzione che, se non avesse odorato fin da subito di business, non sarebbe stata nemmeno intrapresa. Tanto per cambiare, qual è la grande nemica della nuova «direzione della Storia»? La Chiesa cattolica, col suo Catechismo. Da qui, come sempre accade nei grandi cambiamenti storici, i collaborazionisti e gli amici del giaguaro. Intanto, il lavorio (...oltre il 25% dei prodotti cinematografici, televisivi, radiofonici e pubblicitari italiani...) ha prodotto i suoi risultati: due anni fa l'Istat pubblicava un'indagine sulle cause di discriminazione nel nostro Paese. Ebbene, tra le prime dodici (!) cause l'orientamento sessuale è assente.

Fonte: La Nuova Bussola Quotidiana, 30/03/2018

7 - CANNABIS, LA FESTA DI SINISTRA CHE TIRA IN BALLO LA MADONNA
Il festival milanese della marjuana invita a fumare spinelli... facendo l'analogia con l'Ave Maria
Autore: Rino Cammilleri - Fonte: La Nuova Bussola Quotidiana, 18/04/2018

Il festival milanese della cannabis, vietato ai minori non accompagnati e appena concluso, aveva un nome che non era tutto un programma, anzi, diciamo proprio che non c'entrava nulla: AveMarija. Slogan da centro sociale e già immaginiamo le teste gloriose che l'hanno escogitato circondati dagli applausi ballettanti e festanti degli improvvisati uditori. E' dal 1968 che lo slogan titola ogni espressione, ogni manifestazione, ogni graffito, prescindendo dal contenuto e pur presumendo di riassumerlo. Sui muri, negli anni «formidabili» che poi divennero «di piombo», l'informazione popolare era fornita, appunto, da slogan.
Al tempo in cui si blaterava di «servizi deviati» campeggiava la scritta a spray «Mi celi qualcosa? Sid». Miceli era un agente dei servizi implicato in non ricordo più cosa e Sid era appunto la sigla dei servizi. Quando la società telefonica era unica e si chiamava Sip, ecco la scritta: «Non Sip aga». E poi Cossiga scritto con le rune al posto delle due esse, o Craxi con la svastica al posto della x. Infantile, se non fosse stato tragico. Ma la mania prese piede e ormai dobbiamo conviverci. Non c'è incontro pubblico o kermesse che non abbia come titolo uno slogan costituito da un gioco di parole.
E, più lo slogan è (o crede di essere) spiritoso, più possiamo star sicuri che lo spirito che lo anima è di sinistra. Infatti, gli inventori degli slogan sessantottardi erano tutti estremisti di sinistra, e i loro nipoti nuotano ancora nelle stesse acque. Solo che ormai le ideologie sono andate (tranne quella politicamente corretta) e la politica non accende più le fantasie. Rimane, ostinato, il substrato cattolico del nostro Paese, che gli sforzi congiunti dei laicisti e di certo clero non riescono a eclissare. Così, ai creativi del festival al cannabinolo è venuto del tutto naturalmente in testa di tirare in ballo la Madonna. La più amata dagli italiani.
AveMarija, dove il riferimento alla marijuana è plateale. Ma che c'entra la Madonna? Niente, ma uno slogan non deve evocare nulla, solo risuonare di qualcosa di già sentito, di familiare. Ecchissenefrega se i credenti si risentono. Anzi, si spera proprio in una levata di scudi, così che se parli il più possibile e, perciò, si allarghi il giro dei curiosi. I quali, prima distratti, magari si avvicinano ai banchi e ai banchetti e comprano. O si iscrivono a un corso per imparare a coltivare cannabis in casa (c'era anche questo). Per la prossima edizione, comunque, lo suggerisco io il titolo: «Fàmose 'na canna bis». Che è come dire: due sono meglio di una. Tanto, ormai la vendono pure dal tabaccaio. Il tutto, però, mentre infuria l'odio furibondo verso il fumo di tabacco. Odio di stato e, dunque, di popolo.
Eh, sì, il fumo fa male, e il fumo passivo pure. Ma se uno si fuma uno spinello? Il fumo non va anche questo nei polmoni? E quello espirato non diventa fumo passivo per coloro che stanno intorno? Donde, dunque, la festa e l'entusiasmo? Perché inalare tabacco fa male a sé e agli altri mentre inalare spinelli no? Anzi, stando all'entusiasmo che trapela dai festival e dagli slogan, sembra che la cannabis faccia bene, faccia benissimo alla salute propria e altrui. Boh. Quand'ero studente universitario mi invitarono in una festa dove tutti si facevano di spinelli e canne. Offrirono anche a me e mi parve maleducato rifiutare. Fumai, perciò, ma non ne trassi alcun beneficio. Anzi, non ne trassi proprio niente, nemmeno il piacere della fumata. Così, uscito, mi accesi una Marlboro. Forse non allargava la mente né la percezione, ma quello sì che era fumare.

Nota di BastaBugie: per capire cosa sta succedendo in Italia con l'apertura di negozi per vendere liberamente la marjuana si può leggere il seguente articolo

LA CANNABIS LIGHT E' UNA DROGA E FA MALE: SECONDO IL CSS VANNO CHIUSI I CANAPA SHOP
Il Consiglio Superiore di Sanità smaschera le bugie sulla canna libera e sicura, ma il ministro della Salute Giulia Grillo vuole andare avanti con la liberalizzazione
di Leone Grotti
https://www.bastabugie.it/it/articoli.php?id=1755

Fonte: La Nuova Bussola Quotidiana, 18/04/2018

8 - L'IRLANDA ROMPE CON LA TRADIZIONE: BIRRA A FIUMI ANCHE IL VENERDI SANTO
La legge del 1927 che il giorno della Passione di Cristo faceva tenere chiusi i pub irlandesi è stata abrogata, visto che al giorno di digiuno e astinenza non credono nemmeno i cattolici
Autore: Rino Cammilleri - Fonte: La Nuova Bussola Quotidiana, 12/05/2018

Nel Medioevo era conosciuta come l'«isola dei santi», per via dei monaci irlandesi che venivano a rievangelizzare il continente ricaduto nel paganesimo superstizioso dopo le invasioni barbariche. L'Irlanda, infatti, non conobbe mai eresie, nemmeno dopo lo scisma di Enrico VIII e la rivoluzione luterana che devastò l'Europa. Ma l'Irlanda cattolicissima non c'è più, tra nozze gay e aborto. Ora viene via anche uno degli ultimi tasselli, se non l'ultimo.
Quest'anno, per la prima volta dal 1927, il giorno del Venerdì Santo i pub sono rimasti aperti. La legge del 1927 è stata abrogata, in considerazione del fatto che al giorno di digiuno e astinenza nessuno crede più. Non si trattava tanto di un omaggio di Stato alla religione nazionale, quanto di una misura di decoro in quel giorno in cui tutta la cristianità osservava il lutto. Tenendo conto dell'attitudine dei popoli nordici ad eccedere nel bere alcol e a indulgere nei «weekend di sbronza», almeno in quel giorno la birra e il whisky se li dovevano bere a casa. Anche per non offrire, almeno in quel giorno, il consueto spettacolo di «eccedenti» ciondolanti fuori dei pub e sui marciapiedi.
Ma nel 2018 la novità è stata «accolta con favore dall'organizzazione di categoria dei gestori di pub, che stimano in 40 milioni di euro i guadagni complessivi derivanti dal giorno in più di vendite» (Ansa, ripreso dal Centro Studi Federici). Ancora una volta Mammona ha prevalso, anche perché i turisti ci restavano male. L'Irlanda onorava, con la chiusura dei pub, pure il giorno di San Patrizio, almeno fino al 1962. Vabbè, quello è un giorno di festa, perciò si può anche eccedere. Quando parliamo di attitudine degli anglosassoni (ma anche degli scandinavi) non stiamo colpevolmente generalizzando: in inglese il nostro saluto «vediamoci qualche volta» diventa «let's have a drink sometimes», beviamo qualcosa insieme.
Già il sociologo Léo Moulin aveva notato che nei film hollywoodiani si beve sempre e non si mangia mai: nei western, negli Usa c'era il «saloon», dove si beveva e basta; in Messico c'era la «cantina», dove si poteva mangiare. Diversa tradizione: cattolica in Messico e protestante negli Stati Uniti. Certo, anche l'Irlanda è di tradizione cattolica, ma ha sofferto di qualche secolo di dominazione inglese. Per tornare al Venerdì Santo, chi ha una certa età ricorda che anche da noi era un giorno di lutto nazionale: i cinema e i teatri chiudevano, la radio trasmetteva solo musica sinfonica e classica. Non c'era una legge precisa, come in Irlanda, non ce n'era bisogno.
I gestori dei locali di divertimento tacitamente si adeguavano alla compostezza e alla serietà di quel giorno, che vedeva la sera snodarsi per le città e i paesi le processioni della Via Crucis, o i Misteri, con le scene della Passione portate a spalla e la banda che intonava musiche dolenti e funebri. Poi, poco a poco, con gli Anni Sessanta cominciò la secolarizzazione, che deflagrò del tutto col Sessantotto. Altri cortei e altre processioni occuparono le strade, e per ben altri motivi le serrande restarono abbassate. Negli Anni da Bere successivi, anzi, i socialisti cercarono di ridurre ulteriormente le festività religiose, con la scusa che ce n'erano troppe e, invece, bisognava lavorare. Ma i popoli di cultura cattolica lavoravano per vivere e non vivevano per lavorare, così il Nuovo Concordato tagliò qualche festività ma dovette lasciare in piedi, per esempio, l'Immacolata.
Un ricordo personale: ero studente universitario a Pisa negli anni Settanta, e proprio in centro c'era un cinema a luci rosse; ebbene, era l'unico locale che il Venerdì Santo restava chiuso. E sulla porta metteva un cartello con su scritto (vado a memoria): «Oggi è il giorno della Passione del Signore e questo cinema resta chiuso». Per chi non sapesse che cosa sono le luci rosse sarò esplicito: pornografia pura. Si verificava così, con quel cinema, la sentenza evangelica dei pubblicani e delle prostitute che ci precederanno nel Regno dei Cieli.

Fonte: La Nuova Bussola Quotidiana, 12/05/2018

9 - DUE SACERDOTI LITIGANO PER LA LAVANDA DEI PIEDI: UNO VUOLE I MIGRANTI, L'ALTRO NO
Il primo ovviamente ha il favore della stampa, il secondo viene definito retrogrado, razzista e non inclusivo: secondo voi chi ha ragione?
Autore: Rino Cammilleri - Fonte: La Nuova Bussola Quotidiana, 04/04/2018

Ora, un rito antichissimo come quello della lavanda dei piedi la sera del Giovedì Santo è diventato motivo di discordia, atto ideologico e, a questo punto, fastidioso. Tanto varrebbe lo abolissero. Come al solito, l'esempio è venuto dall'apice. Da quando il papa ha lavato i piedi a oves et boves, ora tutti devono adeguarsi al nuovo corso clericalmente corretto, sennò sono lagne.
Ebbene, nella chiesa di san Michele Arcangelo, a Manduria in quel di Taranto, il prete preposto all''ufficio pare si sia rifiutato di lavare i piedi ai migranti (sì, ci sono anche là, ormai non c'è luogo d'Italia esente). Molto probabilmente si trattava di musulmani, altrimenti non ci sarebbe stato motivo di chiamarsi fuori dal lavacro. Tuttavia, apriti cielo. I giornali, in particolare il Corsera e il Quotidiano di Puglia, hanno riportato, praticamente in fotocopia, i commenti dei parrocchiani su Facebook. Ovviamente, hanno riferito solo di quelli scandalizzati dal «razzismo» (due o tre, non di più). I quali, probabilmente, sono gli unici che si sono interessati della scabrosa vicenda. Infatti, com'è noto, quelli che sentono la necessità di scendere in piazza (virtuale, in questo caso) per manifestare il proprio sdegno sono sempre una minoranza precisamente orientata; i moderati non si scomodano.
E sarebbe interessante sapere, invece, quanti sono quelli che hanno approvato quel che è successo. Si presume tutti, dal silenzio, a parte quei due o tre. Ora, quali che siano le vere motivazioni del fatto (forse bisognerà attendere per avere maggiori particolari - sempre che ce ne importi qualcosa, s'intende), perché diavolo (è il caso di dirlo) ogni rito della Chiesa da un po' di tempo a questa parte deve essere trasformato in un "messaggio" ideologicamente orientato al politicamente corretto del momento?

IL MIGRANTE INNANZITUTTO
Ormai non c'è Natale che non veda presepi, in chiesa, con gommoni, barconi e migranti, o Maria e Giuseppe senegalesi, ci sono Viae Crucis sceneggiate da immigrati (sempre africani) o da ragazzini fatti abbigliare da profughi da preti fantasiosi, preti convinti che le loro parrocchie siano di loro esclusiva proprietà con tanto di jus utendi et abutendi (la chiesa è mia e ci faccio quel che mi pare); e molti edifici sacri, anche importanti, sono trasformati in mense e dormitori. Sì, perché ormai sembra che la Chiesa cattolica non abbia altra stella-guida che il «migrante».
Un'ossessione che non ha risparmiato la Via Crucis del papa al Colosseo: silenzio totale sui cristiani perseguitati, mentre il «migrante» è stato menzionato più volte nelle meditazioni. Per avere un richiamo alle persecuzioni dei cristiani nel mondo c'è voluto Bruno Vespa e un suo speciale Porta a Porta, ma prima e fuori della Via Crucis in mondovisione.
Il rito della lavanda dei piedi al Giovedì Santo per fortuna non è un obbligo. E' molto antico, lo praticava già sant'Ambrogio nel V secolo, e i piedi considerati erano quelli degli ultimi battezzati in ordine di tempo o di alcuni poveri. Gesù nell'Ultima Cena lavò i piedi agli Apostoli, i quali per forza di cose erano tutti cristiani (e maschi), Giuda compreso. Che senso ha, dunque, oggi lavare i piedi a non credenti e ad appartenenti ad altre religioni? E perché - domanda da cento milioni - i non credenti e gli appartenenti ad altre religioni si presentano a farsi lavare i piedi?

UN RITO PROPRIAMENTE CATTOLICO
Si tratta di un rito propriamente cattolico (nelle altre confessioni cristiane non c'è), che c'entrano loro? E perché se un prete può mettere Gesù Bambino in un gommone anziché in una mangiatoia un altro non può fare del rito della lavanda dei piedi quel che vuole? Se è diventato obbligatorio lavare i piedi anche ai musulmani o agli animisti o agli indifferenti, i vertici ecclesiastici lo dicano chiaro, così si evitano storie come quella di Manduria.
Rimane, comunque, valida la domanda: perché c'è gente che ci tiene tanto a farsi lavare i piedi in Coena Domini? A meno che qualcuno non li inviti. Allora sono le solite beghe di preti. Infatti, i preti erano due, uno avrebbe voluto lavare i migranti, l'altro no. Hanno spiegato il dissidio ai fedeli (da qui i post su Facebook) e il vescovo li ha chiamati a rapporto. Tutto qui. In ogni caso, va ribadito che 'sta lavanda dei piedi non è un rito obbligatorio e le direttive della Chiesa stabiliscono che, se si fa, i «piedi» devono appartenere al «popolo di Dio» (battezzati), rappresentativo di ogni categoria (preti, laici, giovani, vecchi...), e non di una sola come i migranti. Dunque, quando tra preti non c'è consenso su questi punti, non si fa. E non casca il mondo. E poi, diciamolo, non se ne può più di questa lagna melensa: se non lavi i piedi in chiesa agli immigrati, poverini, sono «discriminati»...

Fonte: La Nuova Bussola Quotidiana, 04/04/2018

10 - OMELIA XVI DOMENICA T. ORD. - ANNO B (Mc 6,30-34)
Venite in disparte, voi soli, e riposatevi un po'
Fonte Il settimanale di Padre Pio

La prima lettura di questa domenica è un messaggio rivolto ai pastori d'anime, a tutti quelli che hanno ricevuto da Dio l'altissima missione di condurre le pecorelle del Signore ai pascoli della vita eterna. Il profeta Geremia richiama fortemente al loro dovere i capi religiosi del suo tempo, i quali più che il bene del gregge a loro affidato cercavano i loro interessi personali. Ecco, allora che rivolge loro queste severe parole: «Guai ai pastori che fanno perire e disperdono il gregge del mio pascolo [...] voi avete disperso le mie pecore, le avete scacciate e non ve ne siete preoccupati» (Ger 23,2).
A questo punto, il profeta Geremia, a nome di Dio, promette che Dio stesso si occuperà di queste pecorelle inviando loro il Messia, della stirpe di Davide. Così dice il Profeta: «Ecco verranno giorni nei quali susciterò a Davide un germoglio giusto, che regnerà da vero re e sarà saggio ed eserciterà il diritto e la giustizia sulla terra» (Ger 23,5). Chiaramente, questo Messia è Gesù, l'unico Salvatore del mondo, che ha radunato le pecorelle disperse a prezzo del suo sangue.
La seconda lettura ci presenta ancor meglio Gesù come Pastore delle nostre anime, che è venuto a far di tutti noi un solo gregge. Così scrive san Paolo agli efesini: «Egli infatti è la nostra pace, colui che di due ha fatto una cosa sola, abbattendo il muro di separazione che li divideva» (Ef 2,14), ovvero il peccato che ci separava da Dio, ci separava tra di noi e ci faceva vagare per sentieri tortuosi ed impervi.
Purtroppo, tante volte ricadiamo nella palude dei nostri peccati, per cui Gesù, il Buon Pastore, ci viene incontro per ricondurci sul retto sentiero. Egli viene a noi per mezzo dei salutari rimorsi di coscienza, suscitando un profondo pentimento e il desiderio di confessare sinceramente i nostri peccati. Lasciamoci afferrare dalle mani di Gesù, lasciamoci caricare sulle sue spalle e ricondurre all'ovile.
Chi rimane con Lui non avrà da temere alcun male. Si rimane con Lui quando si osservano i suoi comandamenti, quando si prega, si evita il peccato e si compiono le opere buone. Allora egli potrà ritenere rivolte a se stesso le bellissime parole del salmo che abbiamo ascoltato: «Il Signore è il mio pastore, non manco di nulla. Su pascoli erbosi mi fa riposare, ad acque tranquille mi conduce» (Sal 22). Nelle inevitabili prove della vita dobbiamo ancorarci ancora di più a questa certezza e credere senza esitazione che Gesù, Buon Pastore della nostra anima, è sempre accanto a noi, e che in Lui dobbiamo confidare. Il salmo, infatti, continua con queste consolanti parole: «Anche se vado per una valle oscura non temo alcun male, perché tu sei con me» (ivi). La cosa più sbagliata che possiamo fare in quei momenti è quella di agitarci. Facendo così impediamo a Gesù di agire, di prendersi cura della nostra vita. In quei momenti, la cosa più bella da fare sarà quella di chiudere gli occhi dell'anima e di dire con piena fiducia: "Gesù, in Te confido, pensaci Tu". E allora, anche nelle tenebre della nostra valle oscura, risplenderà la luce della speranza.
Infine, il Vangelo ci presenta il nostro Redentore che si muove a compassione della folla che sembrava proprio come un gregge senza pastore. Gesù si mise allora ad insegnare loro molte cose (cf Mc 6,34). Gesù ha compassione di noi ed è più sollecito Lui di beneficarci più quanto lo siamo noi di essere aiutati. Prima di tutto, Gesù si prende cura delle nostre anime, insegnandoci le verità che sono via al Cielo. Leggendo il suo Vangelo e ascoltando la Chiesa, noi saremo sicuri di vivere nella verità. Poi il Signore ci dona i suoi Sacramenti che ci danno la sua grazia, e in modo particolare il Sacramento dell'Eucaristia che non ci offre solo la sua grazia, ma ci dona Lui stesso, dietro le povere sembianze di un po' di pane e di un po' di vino. Inoltre, Gesù ha compassione di noi prendendosi cura della nostra vita. La Provvidenza divina vigila costantemente su di noi, e quanto più grande sarà la nostra fiducia, tanto più numerose saranno le grazie anche di ordine materiale che riceveremo dalla mano paterna di Dio. Lungo i secoli, Gesù ha suscitato numerosi pastori secondo il suo cuore. Prima di tutto gli Apostoli, fino ad arrivare ai nostri giorni. Uno di questi pastori che hanno ricalcato fedelmente le orme di Gesù è stato senza dubbio san Giovanni Maria Vianney, additato dal papa Benedetto XVI come modello per tutti i sacerdoti in questo anno sacerdotale da poco iniziato. San Giovanni Maria Vianney, da tutti chiamato il Santo Curato d'Ars, si distingueva per la sua continua preghiera e per la sua generosa penitenza. Per le pecorelle affidate alla sua cura, egli pregava e offriva continui sacrifici. Egli non cercava il suo tornaconto, ma unicamente la gloria di Dio e il bene delle anime.
Quando giunse ad Ars, qualcuno gli disse che in quel paese «non c'era nulla da fare», che le persone pensavano solo alla terra, che non si davano pensiero del cielo e non andavano a Messa alla domenica. Egli rispose che, dunque, «c'era tutto da fare». E si mise all'opera. In che modo? Stando in ginocchio e vegliando le notti in preghiera davanti al Tabernacolo. E, con l'andare degli anni, il paese cambiò profondamente, al punto che quasi tutti partecipavano alla Messa ogni giorno della settimana.
Preghiamo con fiducia e chiediamo al Signore che ci siano sempre pastori secondo il suo Cuore.

Nota di BastaBugie: consigliamo ai parroci il foglietto per la Messa ad uso dei fedeli per seguire le letture "Il Giorno del Signore". Oltre alle letture, ci sono solo commenti dei Padri della Chiesa. Non contiene altre informazioni che possono distrarre dalla celebrazione. Inoltre le letture sono sempre integrali (anche per la Veglia Pasquale!). Il colore adeguato al tempo liturgico e le preghiere dei fedeli ben fatte rendono questo essenziale foglietto veramente il migliore. Per ulteriori informazioni e per riceverlo in parrocchia, visitare il sito
http://www.ilgiornodelsignore.it/abbonamento.php?dest=0

Fonte: Il settimanale di Padre Pio

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