BastaBugie n�596 del 23 gennaio 2019

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1 SENZA CRISTIANESIMO AUMENTANO I SUICIDI
Nel Medioevo cristiano, quando la vita era infinitamente più dura, il fenomeno era pressoché sconosciuto
Autore: Rino Cammilleri - Fonte: La Nuova Bussola Quotidiana
2 LE CROCIATE FURONO SOLO UNA GUERRA DI DIFESA... E NON FINIRONO NEL 1291
Dopo la caduta di san Giovanni d'Acri nel 1291, la speranza di liberare il Santo Sepolcro non venne meno e i tentativi continuarono per quasi un secolo, ad esempio nel 1365... (VIDEO: L'ultima crociata)
Autore: Rino Cammilleri - Fonte: Il Timone
3 CON TUTTI I PROBLEMI DELL'INDIA, CI SI INDIGNA PER L'ABBATTIMENTO DI UNA PERICOLOSA TIGRE
Non sarebbe meglio impegnarsi per risolvere piaghe nazionali come lo stupro, l'omicidio delle mogli senza dote, l'aborto selettivo (femminile), la discriminazione dei fuori casta e dei cristiani, la povertà diffusa?
Autore: Rino Cammilleri - Fonte: La Nuova Bussola Quotidiana
4 I LIBRI DELL'AUTORE BLADE RUNNER HANNO ORIGINATO VARI FILM DI SUCCESSO... TRANNE UNO
Si tratta di ''Pre-person'' scritto nel 1973, ma non lo vedremo al cinema perché denuncia l'illogicità dell'aborto e le sue conseguenze
Autore: Rino Cammilleri - Fonte: La Nuova Bussola Quotidiana
5 UN POPOLARE RAPPER ITALIANO METTE DEI LIKE ALLE PAGINE DI SALVINI E DI TRUMP: E ALLORA...
... contro di lui si scatena una bufera sul Web perché da un artista, da decenni ormai, ci si attendono solo parole e scelte di sinistra
Autore: Rino Cammilleri - Fonte: La Nuova Bussola Quotidiana
6 PIENA DI GRAZIA: IL PESSIMO FILM SUGLI ULTIMI GIORNI DELLA MADONNA
Gli Atti degli Apostoli sono già una sceneggiatura eppure finora nessuno ha resistito alla tentazione di interpretarli a modo suo (inventando falsi storici e ricostruzioni improbabili)
Autore: Rino Cammilleri - Fonte: La Nuova Bussola Quotidiana
7 CATTOLICI: IL BREVE E INTERESSANTE ROMANZO DI BRIAN MOORE DEL 1972
In un futuro imprecisato, con costanti aggiornamenti la Chiesa ha messo l'ecumenismo al primo posto e da qui discendono una serie di conseguenze...
Autore: Rino Cammilleri - Fonte: La Nuova Bussola Quotidiana
8 STATALISMO E BUROCRAZIA ROVINANO LA NOSTRA VITA
Dovevo solo estinguere un libretto al portatore senza un euro... mi ci è voluta una giornata intera in fila alle Poste senza concludere nulla (rimanendo con l'incubo di una cartella Equitalia)
Autore: Rino Cammilleri - Fonte: La Nuova Bussola Quotidiana
9 OMELIA III DOM. T.ORD. - ANNO C (Lc 1,1-4; 4,14-21)
Oggi si è compiuta questa Scrittura che voi avete ascoltato
Fonte: Il settimanale di Padre Pio

1 - SENZA CRISTIANESIMO AUMENTANO I SUICIDI
Nel Medioevo cristiano, quando la vita era infinitamente più dura, il fenomeno era pressoché sconosciuto
Autore: Rino Cammilleri - Fonte: La Nuova Bussola Quotidiana, 12/10/2018

Tra le meraviglie apportateci dalla modernità c'è anche questa: uno spaventoso tasso di suicidi. Nel Medioevo, quando la vita era infinitamente più dura, il fenomeno era pressoché sconosciuto. Ma erano i secoli cristianissimi e la Chiesa faceva buona guardia. Solo in Giappone la pratica del suicidio era stimata e considerata onorevole. Nella Cristianità, al contrario, era il peccato più riprovato, tanto da non meritare né funerali né sepoltura in terra consacrata.
E' cambiato tutto, anche se il cambiamento più significante e vistoso non viene nemmeno preso in considerazione dalle statistiche, neppure dalla sociologia. Scrivo mentre un giovane che conoscevo, fresco di diploma, giace morto dall'obitorio di Milano. Si è buttato dalla finestra, aggiungendosi ai quattromila suicidi annui che si contano nel nostro Paese. E ingrossando l'altra statistica, quella che vede il suicidio come seconda causa di morte tra i giovani dai quindici ai ventinove anni. La prima sono gli incidenti stradali, visto che la giovinezza è il tempo della pienezza delle forze e, dunque, il tempo in cui difficilmente si muore di morte naturale.
E in Italia, si fa per dire, va ancora bene. Tra le nazioni industrializzate ha uno dei tassi suicidari più bassi: «solo» 4mila suicidi l'anno. In Europa uno dei peggio messi è il Belgio che, tra suicidi, aborti e eutanasie, gareggia per svuotarsi di belgi e riempirsi di musulmani. In Inghilterra il governo ha dovuto dotarsi di un quasi-ministero ad hoc, con un sottosegretario alla Salute distaccato alla prevenzione del suicidio britannico, che dal 2010 è cresciuto del 67%: una galoppata mostruosa che colpisce gli uomini al di sotto dei quarantacinque anni. Per questa fascia d'età, nel Regno Unito il suicidio è la prima causa di morte. Addirittura. Quasi che gli inglesi, dopo il calcio e le freccette, abbiano inventato quest'altro hobby. Abbiamo detto uomini, perché sono i maschi quelli che si suicidano di più (la nostra firma Roberto Marchesini potrebbe spiegarci questo arcano), quasi il doppio che le femmine.
Secondo l'Organizzazione Mondiale della Sanità nel mondo si toglie la vita un persona ogni 40 secondi. E i tentati suicidi sono venti volte più numerosi. Senza contare che, troppo spesso, il tentato sucida di oggi è il suicida-suicida di domani, perchè esiste, ahimè, una dannata coazione a ripetere in questo campo. Il fascismo, che ne aveva i mezzi, vietava ai giornali di riportare le notizie di suicidi, in quanto esiste un effetto-imitazione, come ben sanno i cronisti: quando riferiscono di un suicidio, quasi certamente nel giro di una settimana arrivano gli imitatori con le stesse modalità. Lo stesso vale, statisticamente parlando, per chi ha avuto un suicidio in famiglia.
Oggi, in epoca post-cristiana, la vita terrena è tutto, e non c'è altro dopo. Perciò, se la sua «qualità» non mi soddisfa, la butto via. Dopo? La Chiesa ci ripete, oggi, che c'è la «misericordia» (con ciò annullando la deterrenza). Dunque, non più l'Inferno. Sarà vero? Speriamo di sì. Del resto, nell'era degli psicofarmaci non si può neanche dire con certezza se un suicida abbia commesso il suo peccato (perché questo è) con «piena avvertenza e deliberato consenso» come vuole il Catechismo.
Certo che una società in cui una delle principali cause di morte è il suicidio e una delle principali voci farmaceutiche riguarda gli psicofarmaci sarebbe da ripensare di sana pianta, visto che il «progresso», e non solo quello tecnologico, ha portato l'umanità a questo punto. Sarebbe, cioè, da rievangelizzare. Con la «misericordia»? Boh, ai posteri (se ci saranno) l'ardua sentenza.

Nota di BastaBugie: per approfondire la situazione del suicidio nei Paesi culturalmente lontani dal cristianesimo si può cliccare nel seguente link

L'ALTO TASSO DI SUICIDI NEI PAESI EX COMUNISTI E IN CINA E GIAPPONE INDICA CHE DOVE NON C'E' DIO, L'UOMO SI PERDE NELLA SUA ANGOSCIOSA SOLITUDINE
Ecco perché ama la vita chi crede in un Dio personale che ci ha creato, che ci guarda e ci conosce e il cui amore rende preziosa ogni singola esistenza
di Francesco Agnoli
https://www.bastabugie.it/it/articoli.php?id=1515

Fonte: La Nuova Bussola Quotidiana, 12/10/2018

2 - LE CROCIATE FURONO SOLO UNA GUERRA DI DIFESA... E NON FINIRONO NEL 1291
Dopo la caduta di san Giovanni d'Acri nel 1291, la speranza di liberare il Santo Sepolcro non venne meno e i tentativi continuarono per quasi un secolo, ad esempio nel 1365... (VIDEO: L'ultima crociata)
Autore: Rino Cammilleri - Fonte: Il Timone, dicembre 2018 (n. 179)

Le Crociate finirono ufficialmente con la caduta di san Giovanni d'Acri, ultimo caposaldo cristiano in Terrasanta, nel 1291. Ma la speranza di liberare il Santo Sepolcro dalla morsa islamica non venne meno e i tentativi continuarono per quasi un secolo. L'ultimo di essi reca la data del 1365. Ne parliamo seguendo il bel libro [vedi in fondo all'articolo il video di presentazione del libro, N.d.BB] di Massimo Viglione "La conquista della mela d'oro. Islam ottomano e Cristianità tra guerra di religione, politica e interessi commerciali (1299-1739)" (Solfanelli, pp. 360, € 30).
Dopo la fallimentare crociata del Delfino di Francia, che nel 1346 arrivò solo a Smirne, il papa avignonese Innocenzo VI cercava qualche appiglio che permettesse di riprendere l'avventura. Glielo offrì Giovanni V Paleologo, imperatore di Bisanzio. Questi nel 1354 concluse la sua guerra civile contro il rivale Giovanni Cantacuzeno (che si era addirittura fatto aiutare dai turchi, i quali, grazie a lui, avevano preso la città di Gallipoli e con essa il controllo del Bosforo). Fu il Paleologo, vittorioso, a invocare la crociata e arrivò a offrire al papa la sospirata unione, dopo tre secoli, delle Chiese d'Oriente e latina. Obbiettivo, Gerusalemme.

IL TENTATIVO DEL PAPA
Il momento era tutt'altro che favorevole: Francia e Inghilterra erano impegnate nella Guerra dei Cento Anni, e l'Italia era squassata dalle guerre tra le signorie. Ma il papa provò lo stesso, incaricando il carmelitano Pierre de Salignac de Thomas di percorrere l'Europa e predicare la crociata. Questo personaggio fu per l'occasione fatto vescovo di Patti e Lipari, ed è stato canonizzato come san Pier Tomaso. Riuscì a coinvolgere Venezia, la quale mise a disposizione una flotta. Con queste navi, unite a quelle degli Ospedalieri, arrivò fino a Lampsakos, che era di fronte a Gallipoli e del pari in mani turche. Ma la cosa finì lì, perché nel frattempo le trattative per l'unione delle Chiese si erano arenate per la (solita) opposizione del clero bizantino. Il Thomas allora si portò a Cipro, regno di Pietro di Lusignano. Costui già combatteva i turchi nel sud dell'Anatolia e aveva conseguito qualche risultato. Nel 1362 propose al nuovo papa Urbano V di riprendere l'idea di crociata. Urbano, impensierito dai progressi turchi, aveva in animo di soccorrere l'impero bizantino assediato anche rinunciando all'unione religiosa. La sua preoccupazione in tal senso lo spinse a chiudere con una pace sfavorevole l'impresa, già vincente, dal cardinale Gil de Albornoz negli stati pontifici, così da impegnarne le truppe contro gli ottomani. Il Lusignano era davvero l'uomo adatto. Religiosissimo, era cresciuto nell'ideale cavalleresco e crociato. Si diceva che, un giorno, Cristo gli fosse apparso in visione e lo avesse invitato a fondare un ordine monastico-militare, l'Ordine della Spada. Girò l'intera Europa per il suo progetto, ma era troppo giovane e non ancora re, così rimase un sogno. Salito finalmente al trono, combatté i turchi in Anatolia e riuscì a strappare loro alcune città. Nel 1362 tornò a fare il giro delle corti europee nel "più grande viaggio diplomatico con finalità crociate mai effettuato". Andò dai dogi di Venezia e Genova, da Edoardo III d'Inghilterra, contattò tutti i principi dell'Impero, fu dai re di Polonia e di Ungheria. Il re inglese gli donò una nave, il re di Francia, Giovanni II il Buono, accettò di prendere la croce, l'imperatore Carlo IV di Lussemburgo gli garantì il suo appoggio. Pietro girava con al suo seguito san Pier Tomaso e il trattatista Philippe de Mézières, un nobile che aveva dedicato la sua vita alla causa crociata: anche dopo la morte di Pietro di Lusignano continuò, mettendosi al servizio di Carlo V di Francia e cercando di organizzare un ordine militare che conglobasse il meglio dei precedenti ordini cavallereschi, la Chevalerie de la Passion de Jésus-Christ.

I SANTI CROCIATI
Da notare, en passant, che fior di santi hanno accompagnato le crociate, fin dalle prime, predicate da san Bernardo di Chiaravalle. Nel secolo successivo sarà la volta di san Giovanni da Capestrano, il difensore di Belgrado. Poi toccherà a san Lorenzo da Brindisi nei Balcani e infine al beato Marco d'Aviano, il difensore di Vienna. Pietro di Lusignano sembrava essere stato capace di suscitare un generale entusiasmo, come aveva fatto il papa Urbano II ai tempi della prima crociata. Un altro Urbano, Urbano V, concesse la bolla di crociata e le indulgenze relative. Ma la realpolitik ancora una volta ebbe il sopravvento e uno ad uno i vari regnanti si defilarono. Non avevano tutti i torti, data la situazione delle guerre europee. Comunque, furono diversi i nobili che si crociarono e Pietro da Lusignano poté contare su millequattrocento cavalieri, diecimila combattenti e centosessantacinque navi. Spie al soldo di Genova, però, rivelarono al sultano d'Egitto i piani dei crociati, e il Lusignano dovette cambiare musica in corso d'opera. Nelle precedenti crociate nessuno aveva remato contro, ma i tempi erano mutati. Nel Cinquecento e nel Seicento sarà il re di Francia l'alleato di fatto degli ottomani in chiave anti imperiale. La spedizione del 1365 scelse di attaccare Alessandria, ed ebbe successo. La città fu presa e sottoposta a saccheggio, ma dovette quasi subito essere abbandonata perché i veneziani vi avevano i loro fondachi e si rischiava che si mettessero a imitare i genovesi.

UNA GUERRA DI DIFESA
Fu questa l'ultima crociata iniziata con l'intenzione di liberare il Santo Sepolcro. Ma la guerra tra l'Occidente e i turchi continuava. Solo che da quel momento in poi sarebbe stata combattuta tutta in difesa. Urbano V, intanto, non demordeva. Subito sguinzagliò legati per la Cristianità, ma solo Amedeo VI di Savoia, il Conte Verde, rispose. Voleva unire le sue (scarse) forze a quelle del Lusignano ad Alessandria, ma i veneziani lo ingannarono, facendogli credere che il re di Cipro avesse già stipulato la pace col sultano. Così, il Savoia si dirottò su Gallipoli, nella speranza che il re d'Ungheria, Luigi, lo raggiungesse via terra. Intanto, Giovanni V Paleologo, di ritorno dall'Ungheria dove aveva chiesto aiuto, era stato fatto prigioniero dai bulgari. Il Conte Verde prese Gallipoli nel 1367, poi Varna, dove liberò l'imperatore bizantino. Ma aveva solo quattromila uomini e dovette tornare in patria. Se tutti i principi avessero aderito e se Genova e Venezia non avessero pensato esclusivamente ai loro affari, davvero i cristiani avrebbero potuto in quell'occasione arrivare a Gerusalemme. Ma il destino era avverso. Pietro di Lusignano morì assassinato nel 1369.

Nota di BastaBugie: nel seguente video (durata: 1 ora e 23 minuti) Massimo Viglione presenta il suo libro "La conquista della mela d'oro" che ha ispirato Rino Cammilleri a scrivere l'articolo qui sopra.


https://www.youtube.com/watch?v=6P1oqPoSwf4

DOSSIER "LE GLORIOSE CROCIATE"
Tutto quello che ci hanno insegnato è falso

Per vedere tutti gli articoli, clicca qui!

Fonte: Il Timone, dicembre 2018 (n. 179)

3 - CON TUTTI I PROBLEMI DELL'INDIA, CI SI INDIGNA PER L'ABBATTIMENTO DI UNA PERICOLOSA TIGRE
Non sarebbe meglio impegnarsi per risolvere piaghe nazionali come lo stupro, l'omicidio delle mogli senza dote, l'aborto selettivo (femminile), la discriminazione dei fuori casta e dei cristiani, la povertà diffusa?
Autore: Rino Cammilleri - Fonte: La Nuova Bussola Quotidiana, 08/11/2018

Salvate la tigre è il titolo di un film del 1973 con cui Jack Lemmon vinse l'Oscar. E' la storia triste e squallida di un uomo in crisi esistenziale. A lui, sull'orlo della disperazione, un attivista propone a un certo punto di aderire a una campagna per la belva in via di estinzione. Quello, già tentato di spararsi, lo guarda stranito, stentando a credere che il giovine attivista dica sul serio. Com'è noto, gli animalisti ancora oggi fanno sul serio, anzi forse più di prima. Addirittura in un Paese problematico come l'India, dove si combatte con piaghe nazionali come lo stupro, l'omicidio delle mogli senza dote, l'aborto selettivo (femminile), la discriminazione dei fuori casta e, in certi Stati, dei cristiani, la povertà di larghe fasce della popolazione. Eccetera. Il tutto, in un mare di contraddizioni e disuguaglianze per una nazione-continente che è anche, per colmo di contrasto, potenza nucleare e prima flotta da guerra del suo oceano.
Ebbene, c'era da quelle parti una tigre mangiatrice di uomini che dal 2016 terrorizzava i villaggi attorno alla jungla di Raleogan, nello stato del Maharashtra. In due anni aveva ucciso tredici persone e ferito altre venti, alcune anche gravemente. Il governo locale aveva dichiarato lo stato di allerta e messo in campo una squadra di rangers di tutto rispetto: ben centocinquanta uomini organizzati con cani, telecamere e addirittura droni. Ma la bestia, che la gente aveva battezzato Avni, si è rivelata a lungo imprendibile. A quel punto a guida dello squadrone è stato messo un navigato cacciatore armato di fucile apposito. Ma gli animalisti hanno dato l'altolà: la bestiola non si tocca; vergogna, centocinquanta contro uno. E siccome quanto a ferocia non scherzano neanche loro, hanno subito sparato un nutrito ricorso alla Corte Suprema. La quale, però, li ha rimandati sconfitti, respingendo il ricorso: spiacenti, tredici morti sbranati sono troppi pure per un animale in via di estinzione.
Gli esperti hanno spiegato che Avni è una bestia scafata e aggressiva che non ha affatto paura degli uomini, anzi, avendoli assaggiati, li trova (e li cerca) di prima scelta. Comunque, va dato atto ai rangers di averci provato, a catturarla senza farle del male: avvistata e circondata, le hanno sparato un dardo anestetico, ma è andata male. Il dardo aveva raggiunto, sì, il bersaglio, ma ha avuto solo l'effetto di fare infuriare vieppiù la tigre, la quale si è lanciata sugli uomini. Solo che, questa volta, il cacciatore a capo dei battitori è stato più svelto di lei e l'ha abbattuta al primo colpo. Fine dell'incubo per la gente di Raleogan. E inizio di quello del cacciatore, che da allora non può più uscire di casa, braccato dagli animalisti. Ha voglia il governo centrale di far presente che in India le specie in via d'estinzione sono due, le tigri e gli elefanti, ma che queste bestie cagionano in media un morto al giorno nel Paese. Solo che ai teorici del «cari amici umani e animali» non gliene frega niente.
Eh, gli esseri umani sono troppi, sette miliardi, mentre gli animali in via di estinzione sono pochi. E che mondo lasceremo ai nostri figli, un mondo senza tigri ed elefanti? Non sia mai. Ed è inutile cercare di ragionare, perché, com'è noto, con le ideologie non si ragiona. Viene in mente il caso di quella conferenza amazzonica di molti anni fa, quando sul palco, insieme ai Vip internazionali dell'ecologismo e del buonismo globale, si presentò il capo degli indios yanomani paludato con una pelle di giaguaro. Scandalo, orrore. Lui, serenamente, replicò: signori miei, se incontro un giaguaro nella foresta ditemi voi che cosa dovrei fare. Poi lanciò il suo j'accuse: voi vorreste che noi indios vivessimo ancora come nell'età della pietra, per il sollazzo dei turisti, ma anche noi vogliamo case riscaldate, auto e, data la vastità dell'Amazzonia, elicotteri per raggiungere l'ospedale più vicino.

Fonte: La Nuova Bussola Quotidiana, 08/11/2018

4 - I LIBRI DELL'AUTORE BLADE RUNNER HANNO ORIGINATO VARI FILM DI SUCCESSO... TRANNE UNO
Si tratta di ''Pre-person'' scritto nel 1973, ma non lo vedremo al cinema perché denuncia l'illogicità dell'aborto e le sue conseguenze
Autore: Rino Cammilleri - Fonte: La Nuova Bussola Quotidiana, 19/11/2018

Da quando esplose il successo, nel 1982, del film Blade Runner l'autore del racconto da cui era tratto (Do Androids dreams electric Sheeps?), Philip K. Dick, divenne di culto e il più saccheggiato dal cinema: Total Recall, Screamers, Minority Report, Paycheck, Next sono solo alcuni dei titoli tratti da suoi racconti. Altri suoi racconti sono serviti, dichiaratamente, da ispirazione per ulteriori film, pur di poter scrivere nei titoli che la fonte era il celebrato Philip K. Dick. Ma c'è un racconto, scritto nel 1973, che non vedremo mai sullo schermo, et pour cause.
Si tratta di The pre-persons ed è un atto d'accusa contro, tenetevi forte, l'aborto. Nello stesso anno la Corte Suprema americana, con la discussa sentenza Roe vs Wade, introdusse di fatto l'aborto nella legislazione statunitense. C'è chi dice che Philip K. Dick, dai molti matrimoni e dalla vita tormentata, sia stato indotto a vergare di getto il suo Le pre-persone dopo che la moglie del momento aveva abortito a sua insaputa. Ma è più probabile che si sia indignato per quella storica sentenza, data la consecutio temporum tra essa e il racconto. Dick scriveva di fantascienza, e la sua era una fantascienza filosofica che poneva interrogativi inquietanti o li anticipava. Insomma, era qualcosa di più che semplice narrativa fantastica.
In Blade Runner, per esempio, si analizzavano i rapporti tra creatore e creatura, in Minority Report ci si chiedeva se era giusto, potendo prevedere il futuro, condannare l'autore di un crimine prima che questo fosse stato commesso. Ne Le pre-persone si inchioda l'aborto alla sua illogicità. Infatti, Dick immagina un'America del futuro che consente l'aborto fino al dodicesimo anno di età. Prima, si è considerati, appunto, pre-persone. The population Bomb di Paul Ehrlich lanciò il mito della «bomba demografica» nel 1968. E I limiti dello sviluppo, commissionato dal Mit al Club di Roma, uscì nel 1972. Dick mise insieme il tutto e immaginò che l'aborto, anche così tardivo, venisse ritenuto necessario per evitare la catastrofe demografica e l'esaurimento delle risorse.
Il governo americano prima permette l'aborto fino a sette mesi dal concepimento, poi sposta sempre più in avanti il limite e alla fine decide, con una legge, che non si è «persone» fino ai dodici anni, e che solo a tale età l'«anima» entra nel corpo umano e fa di esso una «persona». Infatti, dice la «scienza» che solo dai dodici anni in poi si è in grado di comprendere l'algebra: è questo il test definitivo per stabilire quando si è diventati «persone». I bambini sotto quell'età devono essere muniti di un «certificato di desiderabilità» da parte dei genitori. I quali possono ritirarlo quando il figlio non lo desiderano più. Come è possibile questo?
Grazie alla propaganda governativa, che terrorizza la gente con previsioni catastrofiche sull'eccesso di popolazione. Non avere figli diventa chic e à la page: «"Voglio un aborto!" dichiarò con entusiasmo Cynthia mentre rientrava in casa con le braccia cariche di dolciumi. "Non è fantastico? Non ti prende l'idea?" Ian Best, suo marito, rispose secco: "Prima devi essere incinta"». I bambini sotto ai dodici anni evitano di giocare fuori casa per non incontrare il «camion» dell'accalappia-bambini, che gira alla ricerca di bambini «randagi» e privi del certificato. Questi vengono catturati e portati in un centro di raccolta. Qui, se nessuno vorrà adottarli, verranno terminati. Un adulto si ribella, perché gli sembra assurdo che si possa stabilire quando si diventa «persona» a colpi di legge. Perché a dodici anni? Perché non a trenta? Infatti, lui non sa fare operazioni algebriche e non gli pare di avere un'anima. Dick sa bene, come tutti, che si è persone fin dal concepimento, il resto è pura fictio juris. Un'ipocrisia.

Fonte: La Nuova Bussola Quotidiana, 19/11/2018

5 - UN POPOLARE RAPPER ITALIANO METTE DEI LIKE ALLE PAGINE DI SALVINI E DI TRUMP: E ALLORA...
... contro di lui si scatena una bufera sul Web perché da un artista, da decenni ormai, ci si attendono solo parole e scelte di sinistra
Autore: Rino Cammilleri - Fonte: La Nuova Bussola Quotidiana, 16/12/2018

In Italia il primo a importare il rap fu Jovanotti. Era la musica (si fa per dire) del sottoproletariato americano, di quelli che non sapevano nemmeno suonare uno strumento. Ora il rap italico è dilagato, anche per l'estrema facilità con cui si può comporre (si fa per dire) musica (si fa per dire) cosiddetta rap. Tant'è che il rapper (colui che fa rap) si è trasformato in trapper (trappolatore), visto che gli basta solo catturare l'attenzione.
Sembrano tutti fatti con lo stampino: tatuaggi fino agli occhi, abiti da operaio edile americano. Uno di essi, tal Anastasio, ha provato a uscire dal coro apponendo dei «like» («mi piace») sui social network a Salvini, Trump e Casapound. Indubbiamente si è fatto notare, ma apriti cielo. Lui si è giustificato così: «Ormai la destra fa la sinistra e viceversa. La destra oggi difende i lavoratori, la sinistra è diventata liberista, è un casino. Ho opinioni su fatti di cronaca a volte da una parte e a volte dall'altra, non mi sento di etichettarmi. Se uno dice una cosa giusta la condivido, che sia Salvini o Renzi. Guardo cosa si dice, non chi lo dice». Puro buonsenso, insomma. Ma forse il Nostro non ha capito in che cosa si è intruppato. L'arte (si fa per dire) pop, sia acustica che letteraria e figurativa, è egemonizzata dalla sinistra, la filosofia della quale è oggi post-marxista, dunque politicamente corretta. La fabbrica del suo pensiero è la cultura liberal americana. Che è giacobinamente nichilista. Sex, drugs and rock 'n roll deve essere il dogma degli artisti (si fa per dire) che da tale cultura ricevono gli imprinting. Se qualche artista (si fa per dire) di questo ambito crede, una volta arrivato al successo, di poter essere libero di esprimersi, non ha capito niente. Il suo pubblico si nutre di emotività, non di raziocinio: come lo ha creato, così può distruggerlo.
Ma come mai tutta la musica leggera, il cinema, la narrativa e il teatro (ma metteteci anche le altre arti figurative) sono egemonizzati dalla sinistra? La risposta è contenuta nel romanzo Il montaggio dell'esule (perché dissidente) russo Vladimir Volkoff, anni Settanta. E' la storia di una spia sovietica infiltrata in una importante casa editrice parigina. Il suo compito era pubblicare solo i libri che non parlavano male del comunismo. E indurre gli esordienti ad «aggiustare» le loro opere in senso politicamente corretto. Nel libro, un alto ufficiale del Dipartimento D (disinformazione) del Kgb dice chiaro: «Abbiamo già programmato il duemila, ormai non potranno più non seguire i nostri segnali di pista». In Italia, nel dopoguerra, fu più semplice: le due grandi forze politiche popolari si spartirono tutto, ma il Pci tenne per sé la «cultura». La Dc ragionava in termini di anni elettorali, il Pci in termini secolari. Infatti, quando spuntò la prima generazione che non aveva visto la guerra, fu il Sessantotto. La disseminazione capillare di circoli Arci che coprivano praticamente tutte le attività umane faceva il resto. Un ragazzotto senza arte né parte che sapeva solo suonare la chitarra ci trovava un palco per esibirsi. Il pop non richiede sforzo, non è come la musica classica o quella lirica che abbisognano di molto studio, esercizio continuo, autodisciplina e sacrificio. Infatti, nell'ambiente classico e lirico difficilmente si trovano scandali e trasgressioni, che sono, al contrario, la norma nel mondo del pop e del rock. Il successo improvviso non dà alla testa a un cantante lirico, mentre è facile vedere una rockstar annegare negli stravizi fino a, magari, morirci.
Un tipo umano del genere, insomma, è maggiormente (e perfettamente) permeabile ai messaggi politicamente corretti, che sono sempre slogan emotivi e superficiali. In quest'ambiente così «formato» non puoi azzardarti a usare, come ha osato fare Anastasio, il semplice buonsenso. Ti subissano. I colleghi e il (loro) pubblico. Ricordarsi l'esempio di Barilla. Colpirne uno per educarne cento.

Fonte: La Nuova Bussola Quotidiana, 16/12/2018

6 - PIENA DI GRAZIA: IL PESSIMO FILM SUGLI ULTIMI GIORNI DELLA MADONNA
Gli Atti degli Apostoli sono già una sceneggiatura eppure finora nessuno ha resistito alla tentazione di interpretarli a modo suo (inventando falsi storici e ricostruzioni improbabili)
Autore: Rino Cammilleri - Fonte: La Nuova Bussola Quotidiana, 21/12/2018

Piena di grazia è l'ennesimo film sui vangeli, pozzo senza fondo che ormai è stato rivoltato in tutte le salse e angolazioni. E' un film americano diretto da Andrew Hyatt, regista non famoso che ha usato attori altrettanto ignoti al grande pubblico. Il sottotitolo inganna: La storia di Maria, la madre di Gesù. In verità si parla solo degli ultimi giorni della Madonna. Tutto è girato a risparmio: campagna, grotte, catapecchie. Sappiamo che la Madonna dopo la Resurrezione di Cristo si è ritirata a Efeso, ospite dell'apostolo Giovanni. Invece nel film vive sola e accudita da Sara, un'orfana che Maria avrebbe adottato.
Le musiche sono le solite nenie orientaleggianti che ormai fanno da colonna sonora a tutti i film ambientati nell'antichità (o nel Medioevo, come Le crociate di Ridley Scott). In Piena di grazia la scena è occupata costantemente da Maria e Pietro. L'azione si svolge dichiaratamente nell'anno 43, quando la Madonna avrebbe sui cinquantotto anni. Pietro è dubbioso, angosciato, non sa quale direzione dare al cristianesimo nascente. Maria lo consiglia. Solo che i consigli sono quanto di più evanescente ci sia, tra il retorico e lo pseudomistico, col risultato complessivo che ci si capisce niente.
Il film è lentissimo, tutto dialoghi e primissimi piani dei volti. Insomma, quella roba che piace tanto ai circuiti d'essai e ai cineforum parrocchiali. Per tutti gli altri spettatori, una noia mortale. Gli altri apostoli non fanno altro che tormentare Pietro, assillandolo con richieste del tipo: e adesso che facciamo? Il fatto è che lui non lo sa: Cristo ha lasciato poche direttive e ora non si sa che pesci prendere di fronte all'insorgere delle prime difficoltà. Par di capire che tutti i problemi vengano dai pagani che si sono fatti battezzare: privi di comando, rischiano di sviluppare eresie (in alcuni luoghi si sono già sviluppate con, addirittura, promiscuità sessuali e sacrifici di bambini: il che, per la storia, non sono altro che le accuse dei pagani-pagani di Roma ai primi cristiani).
La Madonna non riesce più a chinarsi e deve pregare Sara di raccogliere per lei qualche pietra, che poi finisce in un mucchietto in campagna. Chissà perché? L'ultima di queste pietre viene data a Pietro, che la va a mettere sul mucchietto quando lei è morta. Boh. La metafora - se questo è - non è chiara. Quando Maria sta per morire, Pietro dice che «sarà senz'altro assunta nelle braccia del Signore». Ed è tutto sull'Assunzione. Nel film si vede solo che lei muore e la portano alla sepoltura. Prima le è stata data la comunione dopo una messa in stile neocatecumenale.
Ogni tanto viene riproposta una scena, sempre la stessa: Maria da giovane, vista di spalle, cammina accarezzando con la mano destra le cime dei cespugli. L'angolazione è la stessa del film Il gladiatore, e il gesto è il medesimo. Anche qui, non è chiaro che cosa ciò voglia dire (sempre che voglia dirlo). Al di là della barbosità del tutto, è sfuggito al soggettista che l'intero plot del film è basato su una premessa fallace: l'incertezza di Pietro e degli apostoli.
Si dimentica la Pentecoste. I Dodici, ripieni di Spirito Santo, sapevano esattamente quel che facevano e cosa dovevano fare. Nessuna incertezza, come si vede nell'episodio di Anania e Saffira. Gli Atti dicono che, quando si presentava qualche cosa di nuovo, gli Apostoli pregavano e poi decidevano infallibilmente: «... abbiamo deciso lo Spirito Santo e noi...». Pietro, per giunta, battezzò il primo pagano, Cornelio, dietro suggerimento di una visione soprannaturale. Ancora una volta dobbiamo ribadire (inutilmente) il suggerimento per registi e soggettisti e sceneggiatori: gli Atti degli Apostoli sono già una sceneggiatura. Ma nessuno resiste alla tentazione di interpretarli a modo suo. Coi soliti risultati soporiferi.

Nota di BastaBugie: l'episodio di Anania e Saffira citato in fondo all'articolo è molto interessante e smentisce chi sostiene che il Dio dell'Antico Testamento è diverso da quello del Nuovo in quanto il primo punisce, mentre il secondo parla d'amore e di perdono. In realtà Dio non cambia idea e sia nel Nuovo come nell'Antico Testamento punisce e perdona a seconda dei casi. Riportiamo qui sotto il brano (At 5,1-11) con la punizione istantanea di Anania e Saffira per aver tentato di ingannare gli apostoli, cioè la Chiesa, cioè in ultima analisi Dio. Un grande mosaico che ricorda questo importante (e mai citato) episodio degli Atti degli Apostoli si trova davanti all'uscita della sacrestia della Basilica di San Pietro a Roma (a sinistra dell'altare maggiore). Ecco dunque il brano biblico:
Un uomo di nome Anania con la moglie Saffira vendette un suo podere e, tenuta per sé una parte dell'importo d'accordo con la moglie, consegnò l'altra parte deponendola ai piedi degli apostoli. Ma Pietro gli disse: "Anania, perché mai satana si è così impossessato del tuo cuore che tu hai mentito allo Spirito Santo e ti sei trattenuto parte del prezzo del terreno? Prima di venderlo, non era forse tua proprietà e, anche venduto, il ricavato non era sempre a tua disposizione? Perché hai pensato in cuor tuo a quest'azione? Tu non hai mentito agli uomini, ma a Dio".
All'udire queste parole, Anania cadde a terra e spirò. E un timore grande prese tutti quelli che ascoltavano. Si alzarono allora i più giovani e, avvoltolo in un lenzuolo, lo portarono fuori e lo seppellirono.
Avvenne poi che, circa tre ore più tardi, entrò anche sua moglie, ignara dell'accaduto. Pietro le chiese: "Dimmi: avete venduto il campo a tal prezzo?". Ed essa: "Sì, a tanto". Allora Pietro le disse: "Perché vi siete accordati per tentare lo Spirito del Signore? Ecco qui alla porta i passi di coloro che hanno seppellito tuo marito e porteranno via anche te". D'improvviso cadde ai piedi di Pietro e spirò. Quando i giovani entrarono, la trovarono morta e, portatala fuori, la seppellirono accanto a suo marito.
E un grande timore si diffuse in tutta la Chiesa e in quanti venivano a sapere queste cose.

Fonte: La Nuova Bussola Quotidiana, 21/12/2018

7 - CATTOLICI: IL BREVE E INTERESSANTE ROMANZO DI BRIAN MOORE DEL 1972
In un futuro imprecisato, con costanti aggiornamenti la Chiesa ha messo l'ecumenismo al primo posto e da qui discendono una serie di conseguenze...
Autore: Rino Cammilleri - Fonte: La Nuova Bussola Quotidiana, 27/12/2018

Brian Moore era nato a Belfast nel 1921 ed era cattolico. Dato il luogo della sua infanzia, il suo cattolicesimo doveva essere stato "da battaglia". Dopo la guerra, che lo aveva visto lavorare per il governo inglese in Africa, Francia e Italia, si era stabilito in Canada, dove aveva intrapreso una carriera nel giornalismo. Si era poi dedicato al romanzo e alle sceneggiature cinematografiche. In quest'ultimo campo sua è la sceneggiatura del film Il sipario strappato (di Alfred Hitchcock, con Paul Newman e Julie Andrews, del 1966). Morto nel 1999 a Malibu in California, Moore ha avuto diversi suoi romanzi tradotti in italiano, tra cui La caccia, del 1995, dal quale è stato tratto un film interpretato da Michael Caine.
Nel 1972 scrisse un curioso romanzo, Cattolici, edito in Italia da Lindau (pp. 95, €. 12). Qui ci interessa per l'argomento, che è per molti versi singolarmente profetico. L'autore immagina che, in un futuro imprecisato, sulla scia degli aggiornamenti innescati dal Concilio Vaticano II la Chiesa ha messo l'ecumenismo al primo posto nella sua scala di priorità. Da qui una serie di conseguenze, tipiche del piano inclinato. La Chiesa cattolica ha aderito all'organizzazione che raduna tutte le confessioni e che ha sede ad Amsterdam.
La messa, a furia di smussare quel che per gli altri Credo era inaccettabile, è diventata un mero simbolo: si va in chiesa per celebrare il «Dio-negli-altri», non più la Passione di Cristo. La comunione non è più l'ingestione solenne del Corpo di Cristo, ma un pasto comunitario che sigilla la fraternità tra i partecipanti al rito. L'abito talare nel clero è abolito, così come nei religiosi. Infine, viste, a questo punto, le similitudini, il Vaticano ha intavolato trattative per costruire una specie di comunione col buddismo, e le conferenze istitutive dell'accordo sono in fase di svolgimento in Asia e a Roma.
Intanto, però, è successa una cosa strana: la Bbc ha trasmesso un servizio che ha fatto scalpore. In un'isoletta sulle coste settentrionali dell'Irlanda un monastero dell'ordine «albanesiano» celebra la messa in latino, sì, quella di san Pio V. L'isolamento (i monaci non hanno televisore né radio) ha favorito il fenomeno. Solo che, dopo la trasmissione della Bbc, folle di pellegrini da tutto il mondo si sono riversati sull'isola. Affrontando disagi considerevoli (pioggia, freddo, fango), moltissima gente affolla i voli charter per assistere a quella messa.
Non solo. Il sacramento della confessione è ormai obsoleto, la Chiesa non convoca che riti collettivi di Riconciliazione comunitaria. Invece nell'isoletta irlandese si continua a praticare la confessione auricolare e individuale. E lunghissime file di penitenti si snodano attorno al monastero irlandese. Ripetiamo: Moore ha immaginato tutto questo nel 1971, se non prima. E, ripetiamo, profeticamente, ha immaginato la reazione del Vaticano quando le gerarchie hanno visto la seconda trasmissione della Bbc, quella che documentava l'inaspettato successo del «vecchiume» sopravvivente nell'isoletta irlandese.
La prima preoccupazione del Vaticano è «normalizzare» la situazione anomala. Un inquisitore viene mandato in loco con pieni poteri. Reca una lettera perentoria del generale dell'ordine albanesiano all'abate irlandese: smettere immediatamente con le anticaglie e adeguarsi alle direttive del nuovo corso, pena il trasferimento coatto dell'abate e lo scioglimento del monastero. L'inviato è un prete americano di origine, apposta, irlandese. Il quale stupisce nel vedere monaci vestiti da monaci che vivono secondo i ritmi dell'antica regola. Questi hanno capito perfettamente che cosa quello sia venuto a fare.
E uno di loro glielo canta chiaro: «All'opposto questa nuova messa non è mistero, ma una barzelletta, una cantilena, non parla a Dio, parla al nostro vicino; è per questo che è in inglese, in tedesco, in cinese e ogni altra lingua che la gente parla in chiesa. Dicono che è un simbolo, ma un simbolo di cosa? E' uno spettacolo, ecco cos'è». Il finale è pessimistico: l'abate, obtorto collo, obbedisce al diktat. Moore, buon per lui, è morto prima di vedere il sorgere dell'«arcobaleno».

Fonte: La Nuova Bussola Quotidiana, 27/12/2018

8 - STATALISMO E BUROCRAZIA ROVINANO LA NOSTRA VITA
Dovevo solo estinguere un libretto al portatore senza un euro... mi ci è voluta una giornata intera in fila alle Poste senza concludere nulla (rimanendo con l'incubo di una cartella Equitalia)
Autore: Rino Cammilleri - Fonte: La Nuova Bussola Quotidiana, 02/01/2019

Riassunto di una giornata intera passata in coda alle Poste. Leggo per caso sul giornale che il 31 dicembre 2018 scadono i libretti postali al portatore. Il giornale me lo fa sapere, succintamente, pochi giorni prima. Mi ricordo che, una ventina d'anni fa, ho acceso uno di tali libretti per metterci una cauzione per un affitto. L'affitto l'ho disdetto dieci anni addietro, del libretto mi sono scordato, anche perché c'è stato un trasloco di mezzo. Non so se su quel libretto c'è ancora qualche somma. Vado all'ufficio postale. Due ore di coda. La direttrice, per via della privacy, fa uscire gli ultimi fuori, al freddo. A un certo punto tocca a un extracomunitario. Non sa una parola di italiano. L'impiegato chiede ad alta voce se qualcuno parla inglese. Nessuno.
Dopo molti minuti si riesce a realizzare che vuole una ricarica telefonica, a gesti gli fanno capire che può farla anche dal tabaccaio. Insomma, due ore così. Quando finalmente tocca a me, mi si dice che mi trovo in una sezione postale dichiarata distaccata, che il libretto l'ho fatto sicuramente alla vecchia, che però ha un nuovo indirizzo. Ormai è ora di pranzo. Nel primo pomeriggio vado a detto nuovo indirizzo. Una marea umana, italiani bianchi in netta minoranza. Tutto elettronico. Dovrei prendere il numerino, ma il totem mi offre tre opzioni, uno più ermetico dell'altro. Prendo tutti e tre i numerini e guardo il tabellone dove, via via, si indicano gli sportelli liberi. Il mio numerino più fortunato ha solo 20 (venti!) persone davanti.
Mentre attendo, intravedo in fondo un «ufficio consulenze». Busso sul vetro e mi si fa accomodare. Spiego il problema, declino il mio codice fiscale e apprendo che il libretto è ancora attivo ma vuoto. Devo averlo svuotato quando ho lasciato l'appartamento in affitto, ma non l'ho estinto, forse perché pensavo che in futuro sarebbe potuto tornarmi utile, boh. Invece, «in futuro», ecco la legge che mi ordina di estinguerlo entro il 31.12.2018, pena una multa da 250 a 500 euro. Ma se è vuoto, protesto. L'impiegata consulta Google, ma non riesce a raccapezzarsi. Chiama il direttore: neanche lui ne sa niente. Nel frattempo, vengo pregato di sloggiare perché preme un utente che ha preso un appuntamento. Il direttore esce con me e mi consiglia di denunciare lo smarrimento del libretto (infatti, nel trasloco, chissà dov'è finito). Come si fa? Chiedere i moduli allo sportello.
Così, mi ritrovo in coda, a scrutare il tabellone. Finalmente uno dei miei numerini diventa vincente. Allo sportello, l'impiegato cade dalle nuvole e, dopo avermi bacchettato per la non congruità del mio numerino con la mia richiesta, va a chiamare il direttore. Il quale, viene, vede, lo informa e lo istruisce. Mi si consegnano due moduli di due pagine l'uno: devo compilarli entrambi. Mi si concede di mettermi da una parte e, una volta fatto, di saltare la coda. Evviva. Fatto. Adesso aspetti che le diamo la fotocopia. Fatto anche questo. Bene, e ora? Ora attenda trenta giorni, alla fine dei quali le daremo il libretto sostitutivo che lei potrà estinguere. Sì, ma la scadenza fissata dalla legge è tra due giorni! Risposta: non possiamo fare altro. Domanda numero due: ma allora, anche se su quel libretto non c'è un soldo, dovrò pagare lo stesso la multa? Non lo sappiamo, dice il direttore.
Me ne vado come un cane bastonato, imprecando contro il genio che ha promulgato la legge. Della quale io, che di solito sono informato, ho appreso solo dalla stampa e pochi giorni prima. Figuriamoci gli altri. Torno a casa e, sorpresa, mia moglie, scartabellando, ha trovato una fotocopia di quel maledetto libretto. Mi riprecipito all'ufficio postale, riprendo i tre numerini e mi apposto. Dopo un po' esce dal suo ufficio il direttore e, a grandi gesti, attiro la sua attenzione. Gli sventolo sotto il naso quel che ho in mano. Si ferma, per fortuna, e mi dà retta. Ah, ma questa è una fotocopia! Perché, non va bene? No, ci vuole l'originale, mi spiace. Esco dalle poste frustratissimo. Fuori è già buio. Da oggi non potrò più passare davanti alla mia cassetta della posta senza tremore: non so quando, e se, avverrà che ci sia dentro la busta bianca targata Equitalia. Con la multa. Piove, governo ladro.

Fonte: La Nuova Bussola Quotidiana, 02/01/2019

9 - OMELIA III DOM. T.ORD. - ANNO C (Lc 1,1-4; 4,14-21)
Oggi si è compiuta questa Scrittura che voi avete ascoltato
Fonte Il settimanale di Padre Pio

Le letture di oggi ci danno degli insegnamenti molto importanti per la nostra vita cristiana. Fin dalla prima lettura si parla del dovere dell'evangelizzazione. Il popolo di Israele era appena tornato dall'esilio di Babilonia ed era giunto il tempo di restaurare la Nazione dalle fondamenta. Più urgente della restaurazione materiale era quella spirituale. Quindi il sacerdote Esdra portò la Legge davanti all'assemblea e, dallo spuntar della luce fino a mezzogiorno, fu proclamata e spiegata la Parola di Dio.
Il brano del Vangelo presenta Gesù che nella sinagoga di Nazareth illustra la sua Missione di salvezza. Egli si alzò a leggere e gli fu dato il rotolo del profeta Isaia. Egli lo aprì e trovò il passo dove era scritto: «Lo Spirito del Signore è sopra di me; per questo mi ha consacrato con l'unzione e mi ha mandato a portare ai poveri il lieto annuncio» (Lc 4,18). Terminata la lettura del passo, Egli proclamò: «Oggi si è compiuta questa Scrittura che voi avete ascoltato» (Lc 4,21). Gesù è venuto su questa terra per proclamare a tutti il lieto annunzio della salvezza e questa Missione è continuata dalla Chiesa che deve diffonderlo fino agli estremi confini della terra.
Oggi come allora c'è questa necessità dell'evangelizzazione. Il Servo di Dio Papa Giovanni Paolo II parlava di nuova evangelizzazione, il che vuol dire che siamo tornati indietro, da una società cristiana a un mondo ormai pagano nel cuore e nella mente. Gli stessi cristiani tante volte sono paurosamente ignoranti per quanto riguarda le verità eterne.
All'interno della Chiesa vi sono quei cristiani chiamati in un modo particolare a quest'opera evangelizzatrice. San Paolo, nella seconda lettura di oggi, scrivendo ai Corinzi, ci ricorda che tutti noi siamo membra del Corpo Mistico di Cristo, ciascuno secondo la propria missione. Per cui alcuni sono apostoli, altri sono profeti, altri ancora maestri, altri hanno il compito di governare la Chiesa, di assistere i bisognosi, e così via (cf 1Cor 12,27-30).
Chi è chiamato all'evangelizzazione deve svolgere questa missione pienamente consapevole che essa è un compito di cui dovrà rendere conto a Dio. Per questo motivo, san Giovanni Maria Vianney si preparava le prediche con notti intere di preghiera e di studio. Il suo intento era quello di essere semplice, così che tutti potessero comprendere. Un giorno una donna chiese al Santo: «Perché quando pregate parlate tanto piano, mentre invece predicate tanto forte?». E il Santo rispose bonariamente: «È perché quando predico, parlo a gente sorda o addormentata, mentre quando prego parlo al Signore, che non è sordo».
Uno dei più grandi predicatori che abbia percorso gran parte dell'Italia fu certamente san Bernardino da Siena, il quale dal 1419 portò di paese in paese, come predicatore itinerante, la Parola del Vangelo. L'Italia, a quell'epoca, come pure oggi, offriva un quadro ben poco consolante. La fede del popolo era particolarmente scossa per la presenza di molti nemici della Chiesa. Conseguenze ne furono l'indifferenza religiosa e la depravazione dei costumi. Era l'epoca dell'umanesimo e del rinascimento, durante i quali ci fu un ritorno al paganesimo, a un lusso sfrenato e a una vita gaudente e, se ciò non bastasse, vi erano molte discordie nella società. L'unico rimedio a questi mali san Bernardino lo vide in un ritorno al Vangelo e allora per venticinque anni attraversò l'Italia in tutti i sensi, portando, in una predicazione sostanziosa e ardente, viva di fresca naturalezza e di nobile popolarità, il lieto messaggio di Cristo. Nelle sue prediche flagellava con coraggio i vizi dominanti dell'epoca e alla fine ordinava al popolo di inginocchiarsi e di domandar perdono al Salvatore promettendogli conversione e fedeltà. San Bernardino era e rimarrà il grande Santo missionario popolare che ridiede un volto cristiano all'Italia immersa in un nuovo paganesimo.
Altro grande predicatore fu san Giacomo della Marca, il quale percorse l'Europa intera predicando il Vangelo. Egli paragonava la predicazione alla semina di un contadino. I cuori dei fedeli sono il terreno che deve accogliere questa semente. Tante volte purtroppo questo terreno è sassoso e spinoso, per cui non ci sono frutti di conversione. E così diceva: «O preziosa e santissima Parola di Dio! Tu illumini i cuori dei fedeli, tu strappi le anime dalla bocca del diavolo, giustifichi gli empi e da terreni li trasformi in celesti. O santa predicazione, più preziosa di ogni tesoro! Beati coloro che volentieri ti ascoltano, perché tu sei la grande luce che illumina il mondo».
Oggi come allora c'è bisogno di questa nuova evangelizzazione e, se da una parte dobbiamo pregare il Padrone della messe perché mandi santi predicatori per ridare un volto cristiano ai nostri paesi, dall'altra parte abbiamo il dovere di istruirci nella fede, meditando assiduamente il Vangelo e studiando seriamente il Catechismo.

Fonte: Il settimanale di Padre Pio

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