BastaBugie n�647 del 15 gennaio 2020

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1 LE ORIGINI ARMENE DEL DUO COMICO LUCA E PAOLO
Paolo Kessisoglu ha origini armene (il suo nonno nel 1922 si trovava a Smirne quando i Giovani Turchi la incendiano per completare il genocidio dei cristiani)
Autore: Nadia Pasqual - Fonte: Discover Armenia
2 GLI ANIMALI DOMESTICI POSSONO COLMARE LA SOLITUDINE?
Un mondo in cui dormiamo coi cani è un mondo dove siamo tutti più soli
Autore: Giuliano Guzzo - Fonte: La Nuova Bussola Quotidiana
3 VIVI E LASCIA VIVERE: IL MOTTO DELLA GENTE MONDANA... COME PONZIO PILATO
Desiderano che tutto funzioni, che i treni viaggino in perfetto orario, che bibite e svaghi siano a buon mercato... pazienza se poi un innocente viene ucciso
Autore: Ronald Knox - Fonte: Sito del Timone
4 BUON COMPLEANNO A MIO MARITO
Auguri all'uomo che resiste solidamente imperturbabile a tutti i miei cambi di umore
Autore: Costanza Miriano - Fonte: Blog di Costanza Miriano
5 NON E' VERO CHE LA FEDE NON HA BISOGNO DI ''TOCCARE CON MANO''
Gesù non rimproverò san Tommaso perché voleva constatare i segni della Passione, ma perché non aveva creduto alla testimonianza degli altri apostoli (che avevano visto e toccato Gesù risorto)
Fonte: I Tre Sentieri
6 SE TI ADEGUI AI COMPROMESSI STAI RINUNCIANDO ALLA REALTA' (E ALLA TUA IDENTITA')
L'uomo, la donna, la Chiesa, lo Stato: in questo periodo storico molti rinunciano a un pezzo di realtà e di identità... e le conseguenze sono devastanti (per sé stessi e per gli altri)
Autore: Tommaso Scandroglio - Fonte: La Nuova Bussola Quotidiana
7 L'ALLEANZA SEGRETA TRA HITLER E STALIN
Il patto di non-aggressione tra la Germania nazista e l'Unione Sovietica comunista, firmato da Molotov e Ribbentrop, era in realtà un patto di aggressione al resto del mondo (a cominciare dalla cattolica Polonia)
Autore: Marcello Veneziani - Fonte: La Verità
8 LETTERE ALLA REDAZIONE: VE LO DICO IO PERCHE' TANTA FRETTA NEL DICHIARARE LA MORTE CEREBRALE
Per la struttura sanitaria un bambino è un vero e proprio tesoro: i suoi organi hanno un valore economico grandissimo, mentre la permanenza in rianimazione rappresenta invece un passivo
Autore: Giano Colli - Fonte: Redazione di BastaBugie
9 OMELIA II DOMENICA T. ORD. - ANNO A (Gv 1,29-34)
Ecco l'agnello di Dio, colui che toglie il peccato del mondo
Fonte: Il settimanale di Padre Pio

1 - LE ORIGINI ARMENE DEL DUO COMICO LUCA E PAOLO
Paolo Kessisoglu ha origini armene (il suo nonno nel 1922 si trovava a Smirne quando i Giovani Turchi la incendiano per completare il genocidio dei cristiani)
Autore: Nadia Pasqual - Fonte: Discover Armenia, 29 gennaio 2017

Scommetto che conoscete il duo comico Luca e Paolo, ma forse non sapete che Paolo di cognome fa Kessisoglu e ha origini armene. Io lo sapevo dal 2007, quando iniziai a frequentare l'Armenia per lavoro e un giornalista me ne parlò. Tuttavia, fino all'anno scorso tutto quello che sapevo di lui, era quello che riporta Wikipedia alla voce Paolo Kessisoglu. Poi il 12 aprile 2016 finalmente incontrai Paolo al concerto per il centenario del genocidio armeno al Teatro La Fenice a Venezia. Gli chiesi se potevo intervistarlo: ci è voluto un po' di tempo, ma quelle che seguono sono le sue risposte.
Raccontaci delle tue origini armene. Da dove proviene la parte armena della tua famiglia e com'è giunta in Italia?
Molto in sintesi, le origini arrivano da mio nonno paterno Kaloust (Callisto) che nel '22 scappa da Akhisar con padre, madre, sorella più piccola e nonna per salvarsi dall'esercito ottomano. Si salvano imbarcandosi su una nave italiana che li sbarca in Grecia dove, ironia della sorte, la sorellina muore cadendo dalle scale. Nel gennaio del '23 mio nonno Callisto arriva in Italia a Trieste.
Come hai scoperto le tue origini armene?
Le mie origini sono state chiare da subito in quanto mio nonno veniva da là, scriveva, parlava in armeno ed era orgoglioso di esserlo.
Purtroppo non parlava molto della sua terra, molto pochi i racconti e le esperienze di vita. Mi avrebbe entusiasmato conoscere anche particolari della sua vita d'infanzia oltre che le barbarie dei turchi e quanto incivile fosse il loro odio.

Quali sono i tuoi sentimenti riguardo al tuo essere di origini armene e come sono eventualmente cambiati nel tempo?
Con il tempo ho preso coscienza di molte cose e, occupandomi di comunicazione (che è parte del mio lavoro), mi sono interessato alle mie origini da un punto di vista più ampio e meno ego-referenziato. Sono entrato in contatto con alcuni armeni attivi e dal pensiero moderno, come l'ex ambasciatore Sargis Ghazarian col quale siamo diventati amici e con il quale ho spesso parlato dell'Armenia e dell'immagine che, a mio avviso, il mondo ha degli armeni. Spesso gli ho confidato che avremmo dovuto fare in modo che ciò cambiasse.
In che modo la tua appartenenza armena ha influenzato il tuo modo di essere?
Ho compreso con il tempo che il mio essere armeno può e deve essere un viatico per comunicare una nuova immagine di questo popolo affascinante per genialità, brillantezza intellettuale ed estro artistico. Nessuno, o pochi, lo sanno e troppo spesso il popolo armeno viene percepito unicamente come strana gente sofferente. Agli armeni viene solitamente abbinata l'idea della sconfitta, della desolazione legata al genocidio e questo perché in fondo scegliamo arbitrariamente ciò che vogliamo vedere. Se mi è concesso, il sentimento di compassione verso qualcuno o un popolo intero che riteniamo "looser" è più appagante del rispetto per chi si rialza con fierezza.
Gli armeni l'hanno fatto ogni giorno da sempre, ma nessuno ha la curiosità di andare oltre la superficialità. [...]

Non so a voi, ma a me la storia del nonno paterno di Paolo Kessisoglu, sembra uscita dal romanzo La strada di Smirne di Antonia Arslan. Come la famiglia del nonno di Antonia, anche quella del nonno di Paolo nel 1922 si trova a Smirne, città cosmopolita, dove migliaia di armeni trovano riparo dai massacri e dalle deportazioni iniziate il 24 aprile 1915. Il 13 settembre 1922 le forze ottomane incendiano Smirne: è l'ultimo atto dello sterminio pianificato dai Giovani Turchi per eliminare gli armeni e le altre minoranze cristiane dal territorio dell'Impero Ottomano. Riesce a salvarsi solo chi, come Callisto, il nonno di Paolo, riesce a imbarcarsi su una delle navi straniere ancorate nel porto della città. Anche nel loro caso, il cognome della famiglia viene modificato. Infatti, il cognome armeno Keshishian, durante la fuga viene turchizzato in Keşişoğlu (con l'aggiunta della desinenza patronimica -oğlu) per non attirare l'attenzione.
A distanza di oltre un secolo, un'altra storia di quegli armeni che sono riusciti a sfuggire al genocidio e a rifarsi una nuova vita in Italia. Quante storie rimangono ancora da raccontare?

Nota di BastaBugie: sul genocidio degli Armeni da parte dei musulmani turchi non possiamo non consigliare ancora una volta la visione del bellissimo film "The promise" con attori famosi tra cui Christian Bale (che ha interpretato Batman nella trilogia).
Nel film si narra anche un episodio (storicamente vero) simile a quello che ha permesso al nonno di Paolo di salvarsi.
Per leggere la scheda e vedere il trailer del film (di cui è disponibile il dvd in italiano), clicca qui!


Fonte: Discover Armenia, 29 gennaio 2017

2 - GLI ANIMALI DOMESTICI POSSONO COLMARE LA SOLITUDINE?
Un mondo in cui dormiamo coi cani è un mondo dove siamo tutti più soli
Autore: Giuliano Guzzo - Fonte: La Nuova Bussola Quotidiana, 10-01-2020

«Mentre noi ci lasciamo di notte, piangiamo, e poi dormiamo coi cani», canta Cesare Cremonini in Nessuno vuole essere Robin, evidenziando come i quadrupedi siano sempre più spesso, di fatto, chiamati a colmare solitudini. Neppure il creativo cantautore bolognese, però, avrebbe forse immaginato un legame tra possesso di animali domestici e scarsa frequenza ai luoghi di culto. Un dato sorprendente che non è stato riportato su qualche bollettino parrocchiale conservatore, bensì sul Journal for the Scientific Study of Religion, una rispettata rivista scientifica peer reviewed.
In breve, Samuel Perry, ricercatore dell'Università dell'Oklahoma e principale autore della ricerca, è partito da un dato: quello che registra come il 60 per cento degli americani abbia un animale domestico. Fatto questo, ha provato a verificare - cosa che mai era stata fatta prima - l'esistenza di un legame tra la religiosità e l'avere o non avere, appunto, cani e gatti. Ebbene, non senza sorpresa, attingendo al database della General Social Survey del 2018, egli ha constatato come esista una netta differenza tra chi non è religioso (o non si dichiara tale) e chi frequenta la chiesa assiduamente. Infatti, nel primo caso la media di animali domestici posseduti è risultata essere di due, nel secondo di 1.4.

SIAMO TUTTI PIÙ SOLI PERCHÉ SIAMO MENO RELIGIOSI
Una difformità non di poco, che deve aver messo in imbarazzo lo stesso Perry, il quale per tentare di spiegare quanto riscontrato ha subito avanzato due ipotesi. La prima riguarda una non meglio precisata personalità diversa, e quindi i diversi gusti, tra non religiosi e devoti; una seconda ipotesi, già più concreta, si basa sulla supposizione che chi possiede più animali avverta meno il bisogno di quella interazione umana che la partecipazione attiva a una comunità religiosa assicura.
Esiste però, anche se Perry non pare averla considerata, una terza spiegazione, per così dire, demografica e forse più lineare e convincente delle altre. Si allude all'evidenza, ampiamente riscontrata in numerosi Paesi, secondo cui le persone religiose hanno più figli delle altre. Ne consegue come sia difficile, per un padre di famiglia che abbia due o tre bambini, badare adeguatamente a più animali domestici: un cane o un gatto già bastano e avanzano. Ecco che allora, per dirla con Cremonini, il mondo in cui «dormiamo coi cani» è il mondo dove siamo tutti più soli. E siamo tutti più soli anche perché siamo meno religiosi o, se si preferisce, meno praticanti.

UNA SOCIETÀ SEMPRE MENO CRISTIANA E SEMPRE PIÙ ANIMALISTA
Viceversa, una società, come la nostra, dove gli animali domestici e non solo godono di sempre maggior attenzione e perfino ormai di «diritti» (dichiararsi cacciatore, oggi, è quasi un rischio), rischia di essere una società dove la fede è sempre più messa in secondo piano. Ma questo, ben prima dei sociologi, lo aveva  compreso san Giovanni Maria Vianney, il quale un secolo e mezzo fa profeticamente denunciava: «Lasciate una parrocchia per vent'anni senza prete, vi si adoreranno le bestie».
Intendiamoci: il problema, in tutto questo ragionamento, non sono certo gli animali domestici né tantomeno lo è il miglior amico dell'uomo, come viene meritatamente chiamato il cane. Del resto, dal lupo di Gubbio ammansito da san Francesco all'orso che san Romedio, in Trentino, avrebbe addirittura cavalcato, la stessa storia dei santi è costellata di episodi in cui figurano degli animali, per giunta feroci e selvaggi, ma non per questo abbattuti in modo scriteriato, anzi.
Il punto qui è un altro, ed è quello di una società sempre meno cristiana e, al tempo stesso, sempre più animalista; un accostamento che finora era sempre suonato un po' provocatorio e molto semplicistico. Ebbene, ora sappiamo che così non è, e che l'avanzata della cultura animalista non si sa se sia una buona notizia per gli animali; ma di certo, ed è la cosa più rilevante, non lo è per la Chiesa.

Fonte: La Nuova Bussola Quotidiana, 10-01-2020

3 - VIVI E LASCIA VIVERE: IL MOTTO DELLA GENTE MONDANA... COME PONZIO PILATO
Desiderano che tutto funzioni, che i treni viaggino in perfetto orario, che bibite e svaghi siano a buon mercato... pazienza se poi un innocente viene ucciso
Autore: Ronald Knox - Fonte: Sito del Timone, 27 ottobre 2019

Che cosa intendiamo per «gente mondana»? Non è una cosa molto facile da spiegare e definire. Ma, parlando alla buona, credo si possano chiamare «mondani» coloro che o non credono in una vita futura o non se ne preoccupano, cercando di rendere questo mondo il più comodo possibile per la maggior parte degli individui, essi compresi.
Desiderano che tutto funzioni a puntino, che i treni viaggino in perfetto orario; che vitto, bibite e svaghi siano a buon mercato; che i giornali siano di grande formato e pieni di chiacchiere, e che nulla arrechi disturbo alla vita della gente; il loro motto è «vivi e lascia vivere».

PONZIO PILATO CONDANNA GESÙ
Naturalmente tutto questo era ciò che Ponzio Pilato rappresentava in quel momento. A lui non importava affatto che Nostro Signore fosse o non fosse il Figlio di Dio, che avesse infranto la legge del Sabato o rispettasse quella di Mosè. Egli voleva solamente che i Giudei fossero possibilmente contenti e tranquilli; non voleva folle di popolo urlanti: «Osanna al Figlio di Davide» o «Sia crocifisso», cose tutte nocive alla quiete pubblica. (...)
Pilato non aveva nulla contro di lui: era rimasto piuttosto scosso in sua presenza ed era convinto in modo certo della sua innocenza. Eppure fu Pilato a crocifiggerlo. Fu il «mondo» con la sua avversione alle scene, al chiasso, con la sua dottrina del «vivi e lascia vivere» che mandò a morte Gesù. (...)
La ragione per cui Pilato acconsentì alla crocifissione del Signore fu perché tutto il suo insegnamento era una sfida al mondo che trovava la terra come luogo comodo e desiderava andare avanti piacevolmente, senza pensare né a Dio, né all'inferno.
Ed ecco la vera ragione per cui la Chiesa Cattolica viene sempre perseguitata, un secolo dopo l'altro. Essa non abbandonerà mai gli uomini ricordando loro continuamente cose che al mondo sono sgradite.

IL TRENO CONFORTEVOLE
Sapete cosa avviene quando sette persone stanno sedute in uno scompartimento del treno, in una giornata fredda, con tutti i finestrini chiusi e il riscaldamento in funzione: l'atmosfera è veramente accogliente. Ad un tratto in una stazione di passaggio, entra un ottavo viaggiatore che apre un finestrino per salutare la moglie e poi non lo richiude del tutto: così che un po' di aria fredda riesce a penetrare all'interno.
Ecco quello che il mondo sente nei confronti della Chiesa Cattolica quando discorre di paradiso e inferno. E ciò riguarda anche voi e anche me, perché abbiamo sempre la tentazione di prendercela con calma, circa la nostra qualità di cristiani, per causa del rispetto umano, vivendo tra gente che non divide le nostre convinzioni; di parlare come se il peccato non avesse molta importanza e Dio contasse poco e non vi fosse né Paradiso né Inferno di cui darsi pensiero. (...)
Quando recitando il Credo ripetiamo le parole «patì sotto Ponzio Pilato» dobbiamo ricordarci che non è da buoni cristiani adulare e servire Ponzio Pilato, cioè il «mondo».

Nota di BastaBugie: questo brano è tratto da «Il Credo», Ed. Paoline 1954. L'autore è Ronald Knox (1888-1957), figlio di un vescovo anglicano, che fu ordinato sacerdote nella confessione anglicana. In età adulta, si convertì dall'anglicanesimo al cattolicesimo. Fu amico di Gilbert Keith Chesterton, con cui condivideva la passione per la scrittura di romanzi gialli, e da cui fu portato al cattolicesimo prima ancora della conversione dello stesso Chesterton.

Fonte: Sito del Timone, 27 ottobre 2019

4 - BUON COMPLEANNO A MIO MARITO
Auguri all'uomo che resiste solidamente imperturbabile a tutti i miei cambi di umore
Autore: Costanza Miriano - Fonte: Blog di Costanza Miriano, 10 gennaio 2020

Auguri all'uomo che ancora stamattina era indeciso su quanti anni avrebbe compiuto oggi perché "i compleanni sono roba da scuola media", e infatti quest'anno si è dimenticato anche il mio e io sono offesa a morte solo che lui non se ne è manco accorto;
- all'uomo che mi regge da 23 anni pur essendo l'essere più diverso da me dell'intero sistema solare fatta eccezione per alcune specie di alghe;
- al marito che resiste solidamente imperturbabile a tutti i miei cambi di umore, le mie proposte, le iniziative, rispondendo no a qualsiasi idea io lanci con entusiasmo, all'uomo a cui a volte salterei al collo, ma che più spesso mi salva la vita, contenendomi, potando ciò che non serve, mantenendomi con i piedi non dico per terra, quello no, ma almeno nel raggio dell'atmosfera terrestre dove ancora la forza di gravità mi può riacchiappare;
- auguri all'uomo che quando lo chiamo al lavoro mi risponde a monosillabi perché il modello base è programmato per fare una cosa alla volta, e quando lavora si dimentica che io esisto e ogni volta la sera mi devo presentare di nuovo - "salve, sono la bionda finta con cui hai fatto quattro figli" -;
- auguri all'uomo che mi ha raccattato quando ero così squinternata che adesso in confronto sembro un ingegnere svizzero in pensione e che mi è stato accanto mentre diventavo una donna e poi una mamma e poi molte altre cose, e si è adattato a tutti i cambiamenti brontolando ma alla fine restando, solidamente presente;
- auguri all'unico analista politico di cui mi fidi, all'unico che mi spiega tutte le cose che non mi va di capire, le strade, le guerre, la storia, la tecnologia, e che si rifiuta categoricamente di interessarsi di frange e piume, e mi guarda schifato quando mi leopardo, ma alla fine mi tiene così come sono;
- auguri al mio navigatore personale nel mondo, quello che chiamo per sapere cosa devo pensare su tutto lo scibile umano;
- auguri al padre più amorevole che potessi sognare per i nostri figli, capace di giocare e sgridare nelle giuste dosi, di tagliare i cordoni ombelicali, di lasciar uscire di casa i figli, di permettere che facciano esperienze e si tolgano golfini (l'indumento che i figli indossano quando la mamma sente freddo), di sedare le mie ansie e protrarre i permessi di uscita oltre i miei limiti (ma non all'infinito), capace di intervenire quando serve e di tacere, quasi sempre (infatti quando lui parla i figli ascoltano);
- auguri all'uomo a cui posso confidare tutte le vicende delle mie amiche, tanto non gliene importa niente e se le dimentica subito, ma negli anni ha imparato a fingere di ascoltare fissando un punto a caso dietro la mia testa, però alla fine le cose importanti di noi due le ricorda tutte;
- auguri all'uomo che mi perdona ogni giorno;
- auguri all'uomo più di poche parole che conosco, ma quelle poche pensate con cura;
- all'uomo che mi lascia libera di organizzare cose folli, correre sotto la neve, viaggiare alle tre di notte da sola con le lenti a contatto spaiate sotto il traforo del Gran Sasso e che si arrabbia tantissimo con me, che poi è il suo modo di dirmi che si preoccupa e mi ama, ma non sia mai che lo dica.
Insomma, auguri alla mia versione personale - un po' ridotta, ma va be' - di san Giuseppe. Anche io provo della stima per te.
Grande stima.

Fonte: Blog di Costanza Miriano, 10 gennaio 2020

5 - NON E' VERO CHE LA FEDE NON HA BISOGNO DI ''TOCCARE CON MANO''
Gesù non rimproverò san Tommaso perché voleva constatare i segni della Passione, ma perché non aveva creduto alla testimonianza degli altri apostoli (che avevano visto e toccato Gesù risorto)
Fonte I Tre Sentieri, 20 dicembre 2019

Spesso si sente dire che i miracoli non sarebbero necessari. Infatti, Gesù loderebbe (attenzione al condizionale) chi non ne sente il bisogno. C'è l'episodio che toccò all'apostolo Tommaso che racconta: "Otto giorni dopo i discepoli erano di nuovo in casa e c'era con loro anche Tommaso. Venne Gesù, a porte chiuse, si fermò in mezzo a loro e disse:'Pace a voi!'. Poi disse a Tommaso: 'Metti qua il tuo dito e guarda le mie mani; stendi la tua mano, e mettila nel mio costato; e non essere più incredulo, ma credente!' Rispose Tommaso: 'Mio Signore e mio Dio!. Gesù gli disse: 'Perché mi hai veduto, hai creduto: beati quelli che pur non avendo visto crederanno'!" (Giovanni 20,29).
Si tratta di un episodio che viene solitamente utilizzato per affermare che la vera fede sia quella che prescinda totalmente dai segni, cioè dal vedere e constatare. E invece le cose non stanno così. Il biblista Ignace de la Potterie  afferma che nell'originale greco il verbo è all'aoristo (pisteusantes) e che anche nella versione latina era messo al passato (crediderunt). Per cui la frase non è: "Beati coloro che senza aver visto, crederanno", ma deve essere così tradotta: "Beati coloro che senza aver visto (senza aver visto me direttamente), hanno creduto."
Dunque, Gesù rimprovera Tommaso non perché vuol vedere, ma perché non si è fidato di coloro che già avevano visto. Gesù non rimprovera il "verificare", che è insito nel credere, ma l'incapacità di Tommaso di affidarsi ai suoi amici i quali tutti ormai affermavano che il Signore era risorto; e lo affermavano non perché si basassero su una fede nell'astratto, ma perché avevano visto.
Insomma, è come se oggi Gesù oggi ci dicesse: devi credere nella mia resurrezione non perché essa è assurda e inverificabile, bensì perché essa è stata oggettiva e verificata da molti... e a questi molti ti devi affidare.
Altro che fede che debba fare a meno del vedere e del toccare!

Nota di BastaBugie
: nel seguente video (durata: 51 minuti) il giornalista Antonio Socci presenta il suo libro su Padre Pio (15 febbraio 2008) parlando della necessità per la fede di vedere i segni.


https://www.youtube.com/watch?v=ZQO6gXwlRxk

Fonte: I Tre Sentieri, 20 dicembre 2019

6 - SE TI ADEGUI AI COMPROMESSI STAI RINUNCIANDO ALLA REALTA' (E ALLA TUA IDENTITA')
L'uomo, la donna, la Chiesa, lo Stato: in questo periodo storico molti rinunciano a un pezzo di realtà e di identità... e le conseguenze sono devastanti (per sé stessi e per gli altri)
Autore: Tommaso Scandroglio - Fonte: La Nuova Bussola Quotidiana, 14-06-2019

In giro c'è aria di rinuncia. Il maschio da tempo ha dismesso la sua armatura e s'imbelletta nelle beauty farm, abdica al ruolo di padre preferendo quello più comodo di amico dei propri figli. La donna abbandona il focolare domestico e salta sul rapido 901 che si chiama divorzio express, destinazione successo personale oppure s'imbarca sul transatlantico della carriera emancipatrice. La politica desiste dagli ideali alti, più attratta, sotto ricatto elettorale del popolino cresciuto sull'Isola del Famosi, dal cabotaggio tra i litorali dei desideri dei cittadini che si fanno diritti in Parlamento.
La Chiesa rinuncia alla trascendenza nelle fede e alla metafisica in morale e si scolora in un'organizzazione non governativa che, sempre a rimorchio, dà una mano ai governi in tema di povertà e immigrazione, temi alla fine confortevoli. La scuola si è ridotta a un'erogatrice di servizi insipidi e incolori perché l'inclusività e il pluralismo non hanno mai incendiato i cuori dei ragazzi, ma solo strappato a loro ampi sbadigli. I media, con lodevoli eccezioni, cucinano con ossessiva ripetitività lo stesso menù fatto di stereotipi di plastica e di giudizi copia-incolla.

LA RINUNCIA ALLA PROPRIA IDENTITÀ
In breve pare che ognuno abbia rinunciato ai propri ruoli naturali, alla sua vocazione, ossia alla sua identità. Il filosofo francese Vladimir Jankélévitch ebbe a scrivere in merito all'identità: «io sono il solo ad essere me stesso» (La cattiva coscienza, Dedalo, Bari, 2000, p. 130). Ecco, pare che si faccia a gara per imitare chi non dobbiamo essere: il maschio imita la donna, la donna il maschio, la Chiesa lo Stato, lo Stato la Chiesa perché si dogmatizza (es. la Costituzione è sacra, l'Europa non si tocca), etc.
Il risultato è il seguente: se ciascuno di noi insieme allo Stato, alla Chiesa, alle varie agenzie educative e realtà sociali, preferisce giocare a ribasso, il mondo si svuota di identità e il «diventa ciò che sei» di Pindaro (Pitiche, II, 72) svapora di significato. L'identità è quel tratto di bisturi inciso dalla natura nella carne viva dell'uomo che la storia e la volontà di molti agguerriti ominidi tentano da sempre di cancellare. In tal modo la fisionomia dell'uomo, della donna, degli ordinamenti giuridici, della scuola si deforma, anzi diventa amorfa, liquida. Senza più confini l'uomo non diventa libero, ma si perde perché cammina nel deserto. «Sono libero, ma tra i morti» ricorda il Salmo 87.

LA GUERRA CONTRO LA REALTÀ
Ora tratto comune di tutte le ideologie è la guerra contro la realtà, contro ciò che è così come è, ossia contro l'identità. Questo per tentare, con sforzo da Sisifo, di sostituire al reale un ideale.
Aleksandr Solženicyn racconta nel suo Arcipelago Gulag che l'intellighenzia staliniana un giorno chiese al fior fiore degli ingegneri esperti in mobilità quanti passeggeri ci potessero stare in un vagone ferroviario. Gli ingegneri fecero i conti e li presentarono ai politici. Questi ne furono scandalizzati. Ma come?! Così pochi?! I vagoni dei treni della Grande Madre Russia sono i migliori al mondo e quindi di certo possono contenere un numero di passeggeri enorme. Risultato: gli ingegneri finirono nei gulag con buona pace dei loro calcoli. Se la realtà non ti piace, fai guerra alla realtà.
E così se io sono maschio, ma mi sento donna, magicamente divento ciò che la realtà mai potrà concedermi. Se la donna pensa che la sua felicità sia involarsi lontano dalla famiglia e dai figli, ecco l'emancipazione femminile che sbeffeggia la maternità come costrutto sociale, non riconoscendola come realtà naturale. Se la Chiesa pensa che lo srotolarsi dell'esistenza umana scorra unicamente sul piano immanente della storia, dimentica che la realtà dell'uomo è composta da materia e spirito, ecco che le priorità diventano i posti di lavoro e la lotta alle mafie. E l'elenco potrebbe continuare a lungo e lungo le strade della vulgata corrente.
Rinunciamo ai compromessi per non rinunciare all'identità.

Nota di BastaBugie: non ci stancheremo mai di consigliare la visione dello straordinario video "La battaglia contro la realtà" (durata: 2 minuti) tratto da un film discutibile, ma che in questo spezzone raggiunge un vertice di saggezza.
Gli adepti del Fronte Popolare di Giudea confabulano azioni terroristiche contro i nemici di sempre: i romani. Un uomo vuole che la battaglia dei gay di avere figli venga condivisa dagli amici di quel fronte. Ecco allora che uno degli esponenti più saggi del gruppo si domanda se quella non sia una sterile "battaglia contro la realtà". Essere "contro la realtà" è infatti la prerogativa di ogni ideologia. Ieri comunismo e nazionalsocialismo, oggi animalismo, ambientalismo, movimento gay...
Ecco dunque l'esilarante ma serissimo video, seguito dal nostro commento alle frasi più significative.


http://www.youtube.com/watch?v=Sz9rJowh0pY

REALISMO CONTRO IDEOLOGIA
- Perché vuoi essere Loretta?
- Voglio avere dei bambini. E' un diritto di ogni uomo averne, se li vuole.
- Ma tu non puoi avere dei bambini...
- Uffa! Non mi opprimere
- Non ti sto opprimendo: è che tu non hai l'utero. Dove si dovrebbe sviluppare il feto? Lo vuoi tenere in un barattolo?
COMMENTO: al contrario del realismo, l'ideologia non tiene conto della realtà ed anzi vuole piegarla al proprio schema. Se i fatti contraddicono l'idea, tanto peggio per i fatti. Coloro che ricordano la realtà, vengono definiti "nemici" e "oppressori", nonostante le loro argomentazioni siano perfettamente logiche e scientifiche.
Come diceva san Massimiliano Maria Kolbe: "Alcuni non cercano la verità perché hanno paura di trovarla".

CAMBIARE LA REALTA'
- Supponiamo di stabilire che lui non possa avere bambini perché non ha l'utero, il che non è colpa di nessuno, (semmai dei romani)...
COMMENTO: l'ideologia non comprende che la realtà è il dato da cui partire, per cui pensa che ciò che vede sia sempre frutto di decisioni umane, quindi tutto può essere cambiato, cambiando il modo di pensare della gente. Ad esempio anche matrimonio e maternità possono essere cambiati a piacimento perché, anche se fino ad ora si pensava che il matrimonio fosse tra un uomo e una donna, ora non è più così. Anche avere figli non può essere impedito a due uomini o due donne.
Non accettando la realtà, si considerano "nemiche" tutte le istituzioni che difendono la realtà. Nel video sono i "romani", oggi è principalmente la Chiesa Cattolica (guarda caso: romana).

LA PERDITA DELLA RAGIONE
- ... ma comunque il diritto di avere dei bambini ce l'ha
- Combatteremo gli oppressori per il tuo diritto ad avere dei bambini
- Che senso ha combattere per il suo diritto ad avere dei bambini se lui non può avere bambini
COMMENTO: il realismo si stupisce dei contorti ragionamenti degli ideologi e cerca di proporre le sue idee cariche di semplice buon senso, cioè di ragione. Purtroppo quando si perde la fede, automaticamente si perde anche la ragione.
Come ricordava Giovanni Paolo II: "La fede e la ragione sono come le due ali con le quali lo spirito umano si innalza verso la contemplazione della verità" (Enciclica Fides et ratio).
Ed ecco perché G. K. Chesterton ricordava che "Diventare cattolici non significa smettere di pensare, ma imparare a farlo".

LA LOTTA CONTRO LA REALTA'
- Simbolicamente parlando, è la nostra lotta contro l'oppressione
- Simbolicamente parlando, è la sua lotta contro la realtà
COMMENTO: in conclusione, si può affermare con San Paolo che il problema dei sapientoni di questo mondo, che pensano di piegare i fatti con l'uso della loro ragione, è che alla fine "Sragionarono con i loro ragionamenti" (Rm 1,21). Ecco perché ad esempio il razionalismo non è usare la ragione, ma storpiarla. Infatti il razionalismo sta alla ragione, come la polmonite sta al polmone.

Fonte: La Nuova Bussola Quotidiana, 14-06-2019

7 - L'ALLEANZA SEGRETA TRA HITLER E STALIN
Il patto di non-aggressione tra la Germania nazista e l'Unione Sovietica comunista, firmato da Molotov e Ribbentrop, era in realtà un patto di aggressione al resto del mondo (a cominciare dalla cattolica Polonia)
Autore: Marcello Veneziani - Fonte: La Verità, 23 agosto 2019

Il 23 agosto di ottant'anni fa il mondo stava prendendo un'altra piega che avrebbe cambiato i destini dell'umanità. Stalin e Hitler strinsero un patto che sarebbe diventato un abbraccio fatale per il comunismo, per il nazismo ma anche per il resto del mondo. Era un patto di non-aggressione, firmato al Cremlino dai due ministri degli esteri, Molotov e Ribbentrop, ma era in realtà un patto di aggressione al resto del mondo. Un reciproco via libera all'insegna dell'anticapitalismo, dell'antisemitismo e dell'antioccidentalismo.
Stalin brindò col ministro tedesco alla salute del Fuhrer e all'amicizia tra i due regimi. Un mese dopo seguì un ulteriore patto di amicizia. Rimase in piedi per un paio d'anni, quel patto, permise di spartirsi la Polonia, consentì alla Germania di invadere i paesi vicini e dichiarare guerra alle plutocrazie occidentali, ricevendo dall'Urss scorte di petrolio, informazioni segrete e materiali necessari al conflitto. Se il carattere sospettoso e maniacale dei due dittatori non avesse prevalso, oltre le ragioni strategiche, oggi vivremmo in un altro pianeta.
Magari a guerra finita ci sarebbe stata una finale resa dei conti tra la Germania indoeuropea e la Russia asiatica; però intanto avrebbero liquidato insieme capitalismo, democrazie liberali, ebrei ed egemonie atlantiche. Fu l'Operazione Barbarossa, due estati dopo, a spezzare l'incantesimo e l'idillio, con l'attacco tedesco all'Urss.

L'IMBARAZZANTE GIRAVOLTA DEI COMUNISTI EUROPEI (TOGLIATTI INCLUSO)
Di quel patto, la stampa e la cultura occidentale, egemonizzate da una cultura di provenienza marxista e comunista, ha sempre finto di non ricordarsi e continua a dimenticare. Ma quel patto non riguardò solo i due dittatori. Fu un patto che coinvolse i regimi, i partiti, gli apparati, la propaganda. E si estese ben al di là dell'Unione Sovietica a tutta l'Internazionale comunista. Fu imbarazzante, e a tratti ripugnante, la giravolta che i comunisti francesi e italiani, Togliatti incluso, fecero dall'antifascismo militante fino alla guerra di Spagna alle epurazioni dei dissidenti antinazisti, alle circolari che esortavano a chiudere ogni ostilità tra rossi e neri e a guardare con simpatia alla Germania nazista che si apprestava ad aggredire le nazioni capitaliste.
Qualcuno, come Angelo Tasca, tra i fondatori del partito comunista d'Italia, prese quel patto assai sul serio, e in Francia dove era esule da comunista dissidente, fu col regime filo-nazista di Vichy, diresse una rivista collaborazionista con la Francia occupata dai nazisti, l'Effort, e fu dipendente del governo di Petain. Altri compagni da noi si barcamenarono, elogiarono il Patto, misero la sordina all'antinazismo. Camilla Ravera e Umberto Terracini osarono criticare il patto con Hitler: furono espulsi dal Pc. Rischiò grosso anche Peppino Di Vittorio; gli altri si allinearono.
Al di là dei fatti storici, le giravolte e i retroscena, come giudicare quel patto sul piano delle idee? Ci affidiamo al giudizio di due acute pensatrici ebree, una rivoluzionaria-socialista e l'altra liberal-democratica. Scrivendo Sulla Germania totalitaria, Simone Weil osservava che le parole d'ordine dei nazisti e dei comunisti sono state quasi identiche e notava già prima del patto: "non si può negare l'esistenza tra i comunisti di una certa corrente di simpatia verso gli hitleriani...
Si ha spesso l'impressione che operai comunisti e operai nazisti nelle loro discussioni cerchino invano di trovare un punto di disaccordo... In pieno terrore hitleriano si potevano sentire hitleriani e comunisti rimpiangere insieme i momenti in cui lottavano, come dicevano, fianco a fianco, vale a dire il tempo del plebiscito rosso; si poteva sentire un comunista gridare: 'Meglio nazista che socialdemocratico'".

LE ORIGINI DEL TOTALITARISMO
Ne Le origini del totalitarismo Hannah Arendt sottolineò le convergenze tra nazismo e comunismo, l'ammirazione di Hitler per "il geniale Stalin" e ricordò che Krusciov aveva rivelato: "Stalin si fidava solo di un uomo, e questo era Hitler". Nazismo e comunismo, notava Pierre Chaunu, sono "gemelli eterozigoti" e Francois Furet sottolineava "la parentela inconfessata" tra i due e la complicità ideologica.
Nel Novecento, il Secolo del male, Alain Besancon, nota che Russia comunista e Germania nazista ebbero in comune la parola lager. Quell'uso, come è noto, non fu solo verbale. Comunismo e nazismo condivisero la promessa del bene assoluto in terra. Il nazismo ebbe una passione estetica, magica e naturalistica mentre il comunismo ha una passione etica, storica e materialistica.
I nazisti promisero di ridare bellezza al mondo, i comunisti promisero di dare bontà al mondo. Il comunismo uccide a fin di bene, è pedagogico e obbliga le sue vittime a interiorizzare le sue nuove regole morali; per questo, aggiunge Besancon, è più perverso del nazismo. Perverte a tal punto "il principio di realtà e il principio morale da poter sopravvivere a 85 milioni di cadaveri", mentre l'idea nazista soccombe con le sue vittime. Il nazismo, in linea col suo particolarismo, è ferocia circoscritta a un preciso nemico (gli ebrei e altre minoranze mirate); il comunismo, coerente col suo universalismo, è visione punitiva estesa all'umanità.
Tutti possono diventare vittime del comunismo, chi difende la famiglia, la patria, la religione o la proprietà o gli stessi comunisti "deviati", anarchici e "socialtraditori". Il nemico del comunismo è generico e indefinito, il nemico del nazismo è specifico e definito. La paura nei regimi comunisti è universale, tutti denunciano tutti.
Perciò, nota Besancon, i comunisti "hanno bisogno della chiusura assoluta delle frontiere, per proteggere il segreto delle loro fosse, del loro fallimento". Infatti il comunismo crolla con la globalizzazione. I comunisti controllano l'informazione in modo capillare, fino a "sostituire la realtà con una pseudorealtà". Vi ricorda qualcosa? Viviamo di continui paragoni tra l'oggi e l'avvento del nazismo.
Quanti paragoni potremmo fare tra la sinistra d'oggi e la sua matrice comunista?

Nota di BastaBugie: l'accordo di Hitler e Stalin permise lo sterminio di 22.000 ufficiali polacchi da parte dei sovietici. Per informazioni e per vedere il trailer del film del 2007 "Katyn" che parla di questa triste vicenda, clicca qui!

Fonte: La Verità, 23 agosto 2019

8 - LETTERE ALLA REDAZIONE: VE LO DICO IO PERCHE' TANTA FRETTA NEL DICHIARARE LA MORTE CEREBRALE
Per la struttura sanitaria un bambino è un vero e proprio tesoro: i suoi organi hanno un valore economico grandissimo, mentre la permanenza in rianimazione rappresenta invece un passivo
Autore: Giano Colli - Fonte: Redazione di BastaBugie, 14 gennaio 2020

Gentile redazione di BastaBugie,
nell'ultima newsletter inviatami c'è questa frase in relazione ad un articolo riguardante il problema espianto/trapianto degli organi: "perché tanta fretta nel dichiarare la morte cerebrale? Non era meglio insistere con le cure per ridurre il danno cerebrale anziché sottoporlo a test diagnostici altamente invasivi?"
Sono un medico e posso dirvi con sicurezza che la risposta è che la legge italiana prevede la fretta, anzi obbliga alla fretta, pena sanzioni. Non appena un qualsiasi medico della struttura sanitaria in cui il paziente è ricoverato abbia sentore che possa trattarsi di "morte cerebrale", si deve procedere immediatamente all'accertamento tramite un collegio di tre medici (anestesista, internista e medico legale) che dura 6 ore (per i bimbi 12 ore). Come viene svolto l'accertamento è complesso. Basti dire che sicuramente i dati che vengono accertati sono in contraddizione, particolarmente in Italia, con lo stesso concetto di "morte cerebrale", ovvero "perdita di tutte le funzioni cerebrali" in quanto vengono indagate solo alcune funzioni e nemmeno le più importanti. C'è da dire anche che i tre medici devono obbligatoriamente raggiungere l'unanimità, salvo ripetere l'iter. Ma c'è da dire anche che, in contemporanea all'accertamento di presunta "morte cerebrale", scatta anche l'allertamento e il conseguente accertamento di compatibilità degli aspiranti ricevitori in lista d'attesa (che magari sono fisicamente in sala d'aspetto dell'ospedale). I tre medici accertatori si trovano inevitabilmente ad essere sottoposti a pressioni ideologiche e anche pratiche: essi sono obbligatoriamente tutti dipendenti della stessa struttura sanitaria e quest'ultima ha tutto interesse economico ai trapianti (un bambino è un vero e proprio tesoro: nel 1999 i suoi organi immacolati avevano un valore complessivo di circa un miliardo di lire - fonte articolo del giornale "La Stampa" dell'epoca), mentre la permanenza in rianimazione rappresenta invece un passivo. Non viene ammesso nel collegio accertatore un medico non dipendente della struttura e nemmeno il medico di famiglia dell'interessato o un medico di fiducia anche se con pari titoli.
A questo argomento (Il concetto di "morte cerebrale") dedicai la mia tesi di laurea e questa fu poi successivamente pubblicata da tre piccole case editrici.
Cari saluti a tutti.
Giulio

Caro Giulio,
purtroppo la situazione è quella descritta. Ecco perché abbiamo pubblicato quell'articolo.
Chi se lo fosse perso o volesse rileggerlo, ecco qui sotto il link:

DEPREDATI CUORE E FEGATO AL BIMBO SCOSSO DALLA MADRE
Perché tanta fretta nel dichiarare la morte cerebrale? Non era meglio insistere con le cure per ridurre il danno cerebrale anziché sottoporlo a test diagnostici invasivi?
di Alfredo De Matteo
https://www.bastabugie.it/it/articoli.php?id=5952

DOSSIER "LETTERE ALLA REDAZIONE"
Le risposte del direttore ai lettori

Per vedere tutti gli articoli, clicca qui!

Fonte: Redazione di BastaBugie, 14 gennaio 2020

9 - OMELIA II DOMENICA T. ORD. - ANNO A (Gv 1,29-34)
Ecco l'agnello di Dio, colui che toglie il peccato del mondo
Fonte Il settimanale di Padre Pio

È ormai terminato il Tempo del Natale e, con questa domenica, siamo entrati nel Tempo Ordinario. Il brano del Vangelo di oggi ci presenta Giovanni il Battista che sta predicando. Anche se l'Evangelista non lo dice espressamente, molto probabilmente l'episodio si riferisce a quando Gesù si sottopose al battesimo di Giovanni. Questo si può intuire dal fatto che il Battista vide «Gesù venire verso di lui» (Gv 1,29). L'evangelista Giovanni, che non descrive la scena del Battesimo, riporta però un particolare molto importante che, in poche parole, descrive quella che è la missione di Gesù, il motivo per cui è nato nel tempo ed è venuto fino a noi. Il Battista, infatti, a quanti lo seguono entusiasti, dice indicando Gesù: «Ecco l'agnello di Dio, colui che toglie il peccato del mondo» (Gv 1,29).
Nell'uso biblico, l'agnello è simbolo di innocenza e di sacrificio. Nell'Antico Testamento si parla infatti dell'agnello immolato due volte al giorno nel tempio e dell'agnello pasquale il cui sangue salvò i primogeniti degli ebrei (cf Es 12,3-28). Il Battista indica chiaramente in questo modo che Gesù, nel quale non vi è peccato, è venuto a togliere i peccati. La prima lettura di oggi, inoltre, parla del "Servo di Dio" che il profeta Isaia descrive come una pecora condotta al macello e nel quale Dio fa pesare l'iniquità di tutti noi. Inoltre, il profeta Isaia scrive che Egli è venuto nel mondo per essere luce e salvezza del popolo di Dio.
Gesù, dunque, è venuto per redimerci dal peccato. Ai giorni d'oggi molti sono quelli che parlano di Gesù. Si parla del suo amore per i poveri, lo si vede quasi come un rivoluzionario e tutti, in qualche modo, verrebbero "dargli la loro tessera". Pochi sono però quelli che comprendono Gesù per quello che è in realtà, per essere l'Agnello di Dio, ovvero Colui che ci ha salvati dal peccato e dalla morte eterna. Dire che Gesù è l'Agnello di Dio significa affermare due cose: che noi siamo peccatori bisognosi di salvezza, e che Gesù è il Redentore, vittima per la nostra salvezza. In poche parole, significa dire che siamo stati noi a metterlo in croce.
È proprio su questi due punti che dobbiamo soffermare la nostra riflessione. Prima di tutto bisogna riconoscere i nostri peccati; subito dopo bisogna invocare la Misericordia di Gesù. Al giorno d'oggi, purtroppo, si è perso il senso del peccato: si calpestano i Comandamenti di Dio e non si sentono più i rimorsi di coscienza. Penso che questa sia la più grande disgrazia che ci possa capitare. Se abbiamo perso questa sensibilità, supplichiamo il Signore che voglia creare in noi un cuore nuovo, che tolga da noi il cuore di pietra e ci doni un cuore sensibile ai suoi richiami d'amore e ai rimorsi di coscienza.
Il libro dell'Imitazione di Cristo insegna che Dio parla al nostro cuore in due modi: o incoraggiandoci per il bene che stiamo compiendo, oppure attraverso i rimorsi di coscienza. Se non riusciamo ad avvertire questa voce, o se la percepiamo molto debolmente, intensifichiamo le nostre suppliche: quanto più ci avvicineremo alla luce di Dio, tanto più ci accorgeremo della deformità dei nostri peccati e la voce della coscienza si farà sentire sempre più forte.
Gesù, l'Agnello di Dio, è venuto per togliere i peccati del mondo e continua a toglierli nel sacramento della Confessione. Accostiamoci a questo Sacramento con cuore contrito, accusando sinceramente i nostri peccati. La Chiesa fa obbligo ad ogni cristiano di confessarsi perlomeno una volta all'anno. Si capisce però che quanto più ci confesseremo tanto più la nostra anima sarà splendente di grazia. Pertanto, il consiglio, anzi, la calda raccomandazione è quella di confessare i nostri peccati ogni mese, meglio ancora ogni settimana. Ogni giorno pecchiamo e abbiamo un bisogno continuo del perdono di Gesù.
San Pio da Pietrelcina esigeva dai suoi figli spirituali proprio la Confessione settimanale o, perlomeno, ogni dieci giorni. Personalmente egli si confessava anche ogni giorno. Questo poteva apparire come eccessivo a qualcuno. Ma il Santo, che tanto era vicino a Dio e viveva nella sua luce, vedeva anche la più piccola mancanza e la vedeva in tutta la sua deformità.
Chiediamo a Dio questa sensibilità di coscienza e confessiamoci spesso: quando un peccatore si accusa, Dio lo scusa.

Fonte: Il settimanale di Padre Pio

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