BastaBugie n�657 del 25 marzo 2020

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1 MORTO CARLO CASINI, FIGURA CONTROVERSA DEL MOVIMENTO PER LA VITA
Presidente del Movimento per la Vita e parlamentare con la DC e l'UDC, è stato protagonista nei suoi 85 anni di molte battaglie, ma ha anche causato dolorose divisioni nel mondo pro life italiano
Autore: Tommaso Scandroglio - Fonte: La Nuova Bussola Quotidiana
2 COSA INTENDEVA SAN BENEDETTO CON ''ORA ET LABORA''
Non il lavoro in generale, ma il lavoro manuale non solo deve accompagnare la preghiera (e lo studio), ma è un mezzo di santificazione personale e di glorificazione di Dio (VIDEO: la regola di San Benedetto)
Fonte: I Tre Sentieri
3 IN SCOZIA POTREBBE BASTARE UN'AUTOCERTIFICAZIONE PER CAMBIARE SESSO
Altre notizie dal mondo gay (sempre meno gaio): i 57 generi Lgbt sono immuni dal Coronavirus (?), esperimento su Netflix, bambina convinta a comportarsi da maschio
Autore: Manuela Antonacci - Fonte: Provita & Famiglia
4 LA DIRETTRICE DEL PRONTO SOCCORSO DI WUHAN: ''DENUNCIAI IL CORONAVIRUS A DICEMBRE, MA SONO STATA ZITTITA E PUNITA''
Ai Fen chiese almeno il permesso di vestire maschere e camici protettivi, ma fu impedito ''perché avrebbe allarmato la popolazione''... risultato: 4 colleghi morirono (VIDEO: le tre lezioni del Coronavirus, di Luca Donadel)
Autore: Leone Grotti - Fonte: Tempi
5 CON IL CORONAVIRUS LA LIBERTA' E' IN PERICOLO
Il premier Conte militarizza il Paese e chiude la bocca all'Istituto Superiore di Sanità (tutti d'accordo... eppure la storia insegna che quando il potere toglie la libertà non garantisce nemmeno la sicurezza e la vita)
Autore: Paolo Gulisano - Fonte: La Nuova Bussola Quotidiana
6 NOVE CONSIGLI PER VIVERE CRISTIANAMENTE IN FAMIGLIA AI TEMPI DEL CORONAVIRUS
Come passare in maniera positiva per genitori e figli il tempo della reclusione forzata nelle nostre case
Autore: Andrea Fauro - Fonte: Radio Spada
7 LE COMMOVENTI STORIE DEI SANTI PRIVATI DELLA MESSA (NON A CAUSA DEL CORONAVIRUS)
Per sopravvivere al divieto di partecipare alla Santa Messa guardiamo all'esempio dei cristiani che ci hanno preceduto in questa triste esperienza
Fonte: Sito del Timone
8 INDULGENZE E CONFESSIONE DURANTE IL CORONAVIRUS
Testo integrale del decreto della Penitenzieria Apostolica per i fedeli affetti dal morbo Covid-19, gli operatori sanitari, i familiari e tutti coloro che, anche con la preghiera, si prendono cura di essi
Autore: Penitenzieria Apostolica - Fonte: Sito del Vaticano
9 OMELIA V DOM. DI QUARESIMA - ANNO A (Gv 11, 1-45)
Chi crede in me, anche se muore, vivrà
Fonte: Il settimanale di Padre Pio

1 - MORTO CARLO CASINI, FIGURA CONTROVERSA DEL MOVIMENTO PER LA VITA
Presidente del Movimento per la Vita e parlamentare con la DC e l'UDC, è stato protagonista nei suoi 85 anni di molte battaglie, ma ha anche causato dolorose divisioni nel mondo pro life italiano
Autore: Tommaso Scandroglio - Fonte: La Nuova Bussola Quotidiana, 24-03-2020

Si è spento ieri all'età di 85 e dopo lunga malattia Carlo Casini, per moltissimi anni presidente del Movimento per la Vita (che fu fondato da Francesco Migliori nel 1980). Magistrato della Corte di Cassazione, docente universitario, membro della Pontificia Accademia per la Vita, giornalista pubblicista, saggista dagli interessi plurimi, la sua esperienza come politico inizia tra le fila della Democrazia cristiana. Siede alla Camera dal 1979 al 1992, poi ricopre il ruolo di europarlamentare nell'84, '89, '94, 2006 e 2009.
Anche i suoi detrattori più critici all'interno del mondo pro-life non possono non riconoscere che Casini per decenni è stato una figura centrale - con tutta l'ambiguità dell'accezione che questo aggettivo comporta - nel panorama bioetico nazionale e, con accenti diversi, internazionale.

LE BATTAGLIE (PERSE) DEL MOVIMENTO PER LA VITA
I suoi sostenitori in queste ore lo ricordano come colui che portò avanti una lotta serrata a favore della vita nascente e morente e a favore della famiglia, durante tutta una lunga parabola temporale entro cui si accesero in Italia battaglie pro e contro il divorzio, l'aborto, la fecondazione artificiale e le unioni omosessuali civilmente riconosciute. Gli amici e collaboratori di una vita piangono la scomparsa di un leader lucido che seppe tenere testa al fronte laicista spostando la battaglia sui temi sensibili dal piano esclusivamente confessionale ad uno più laico, ossia mostrando le ragioni della difesa della vita, sia sotto il profilo morale che giuridico.
Amici e collaboratori lo ricordano come il fondatore di un movimento, ben radicato sul territorio, che è stato per lungo tempo il paradigma  di riferimento, quasi esclusivo, del mondo pro-life, come un uomo capace di far germinare progetti rilevanti quali i Centri Aiuto alla Vita, il Progetto Gemma, le case di accoglienza per le mamme,  la campagna di respiro europeo Uno di Noi e di farsi promotore del referendum abrogativo della legge 194, nonché propugnatore del varo della legge 40 del 2004 sulla fecondazione extracorporea, legge che avrebbe messo fine - così sostengono - al far west procreativo fino ad allora dilagante e che avrebbe impedito al fronte pro choice di varare una norma ben peggiore.
Volendo meramente fotografare un dato di fatto e omaggiando la sua memoria di uomo schietto e franco con il ricordo anche di alcuni profondi dissapori che le sue scelte provocarono all'interno del mondo prolife, la figura di Casini è stata indubbiamente anche divisiva. I suoi oppositori più fieri, presenti più tra le fila amiche che nemiche, negli anni gli hanno contestato un eccessivo personalismo nella direzione del Movimento, una scomoda sovrapposizione tra la figura di presidente e il ruolo politico che avrebbe rischiato di far scomparire la buona causa dell'impegno per la vita e la famiglia tra le rapide dei giochi di palazzo.

ATTEGGIAMENTO COMPROMISSORIO
Altra censura che spesso si è levata nel micro o macrocosmo prolife è stata quella di un atteggiamento compromissorio, quasi con accenti utilitaristi, sul fronte legislativo, promuovendo, oltre al referendum massimalista sulla legge 194, anche uno minimalista e poi appoggiando ad esempio una legge, la 40, che legittima un male morale: presidiare normativamente la fecondazione artificiale al fine di evitare derive ulteriori che poi, puntualmente, si sono verificate. Altresì si biasimò in lui una strategia eccessivamente difensiva, di corto respiro come nel caso della campagna Uno di Noi. Infine un'altra critica ricorrente è stata quella che vedeva il Movimento per la Vita laico sulla carta, ma nei fatti legato a filo doppio con la Cei, un filo che non pochi avrebbero voluto rescindere.
Tutte queste dinamiche profondamente dialettiche nell'organismo prolife lo minarono in radice e nacquero scissioni, scontri al calor bianco, barricate culturali che, ancor oggi, marcano  nell'intimo le differenti anime di realtà associative impegnate nella difesa di quelli che una volta venivano chiamati principi non negoziabili.
Che ci si voglia posizionare tra i fan di Casini o tra le fila dei censori, tra gli entusiasti o tra i perplessi, riteniamo che sia indubbio ammettere che il sacro fuoco della difesa della verità ardeva in lui incessantemente e lo ha consumato - come fiamma che consuma la candela - fino al letto di morte. Una preghiera per lui e per i suoi cari che lo piangono.

Nota di BastaBugie
: in tutti questi anni abbiamo pubblicato decine di articoli sulle travagliate vicende del Movimento per la Vita e dei comportamenti tenuti dal suo presidente Carlo Casini. Lo conoscevamo personalmente, abbiamo cenato con lui più volte, abbiamo avuto spesso pareri difformi (vedi qui e qui) culminati con un articolo della rivista del MpV che condannava, tra gli altri, anche BastaBugie (vedi qui).
Resta comunque la cristiana pietà che ci chiama a una preghiera per la sua anima e per i familiari tutti, in particolar modo la moglie, i quattro figli e i (tanti) nipoti che abbiamo conosciuto in un ritrovo familiare in occasione dell'anniversario di matrimonio. Fu Carlo stesso a dirci il motivo per cui lo festeggiavano il 28 dicembre: non era la data del matrimonio, ma siccome la Chiesa ricorda i Santi innocenti martiri uccisi da Erode, e visto che lui la considerava la battaglia della vita (in difesa degli innocenti uccisi con l'aborto) festeggiava quindi con la moglie (e i parenti tutti) tale significativa data.
Per leggere le decine di articoli che abbiamo pubblicato su di lui e sul Movimento per la Vita, clicca nel seguente link:
https://www.bastabugie.it/it/ricerca.php?testo_ricerca=movimento_per_la_vita

DOSSIER "PERSONE FAMOSE"
Decedute dal 2020 in poi

Per vedere tutti gli articoli, clicca qui!

Fonte: La Nuova Bussola Quotidiana, 24-03-2020

2 - COSA INTENDEVA SAN BENEDETTO CON ''ORA ET LABORA''
Non il lavoro in generale, ma il lavoro manuale non solo deve accompagnare la preghiera (e lo studio), ma è un mezzo di santificazione personale e di glorificazione di Dio (VIDEO: la regola di San Benedetto)
Fonte I Tre Sentieri, 20 marzo 2020

"L'ozio è nemico dell'anima; e quindi i fratelli devono in alcune determinate ore occuparsi nel lavoro manuale, e in altre ore, anch'esse ben fissate, nello studio delle cose divine"
Così dice san Benedetto da Norcia nella sua Regola (XLIII, 1).
D'altronde questo Santo è ricordato per il famoso ora et labora che si traduce semplicemente con prega e lavora.
È questa, però, una traduzione che traduce sì (scusate il gioco di parole), ma che non rende effettivamente l'idea di cosa volesse davvero dire san Benedetto e soprattutto dell'enorme portata innovativa di questa affermazione.

UNA COSA SCONTATA?
Pregare e lavorare sembra, infatti, una cosa scontata. Chi può sorprendersi del fatto che un santo inviti i propri monaci e, al di là dei monaci, i cristiani a pregare e lavorare?
Invece l'affermazione è totalmente nuova e lo si capisce dalla parola latina labor. Questo, il labor, per i latini non era il semplice lavoro, che loro solitamente definivano negotium da nec-otium, cioè non-ozio, bensì un certo tipo di lavoro, quello manuale, del lavoro fisico; per intenderci: quello che fa sudare.
Ebbene, nel mondo antico questo labor, cioè il lavoro fisico, era destinato solo agli schiavi, perché poco onorevole. San Benedetto, invece, che fa? Non solo dice che il monaco deve lavorare, cioè deve lavorare manualmente, ma va oltre, dice che questo lavoro fisico deve accompagnare la preghiera e che, accompagnando la preghiera, in un certo qual modo si fa esso stesso preghiera.
È per questo che san Benedetto è il padre della civiltà occidentale.

LA DIGNITÀ DEL LAVORO MANUALE
Nel mondo antico il lavoro manuale era considerato poco onorevole. L' "anima" culturale, cioè l'essenza, di questo mondo era di fatto gnostica, ovvero dominava la convinzione che ciò che avesse valore fossero solo realtà spirituali, intellettuali, e basta. L'uomo stesso (si pensi al platonismo) era considerato come spirito e basta, e il corpo una sorta di "pezzo di ricambio", un qualcosa di degradato da cui liberarsi quanto prima.
L'antropologia cristiana ribalta totalmente questa prospettiva affermando che l'uomo è persona in spirito e corpo, che è stato così voluto e creato da Dio, e che l'anima è forma organica del corpo. Se il corpo dovrà morire, non è perché così avesse stabilito Dio, ma in conseguenza del peccato originale. Tanto il corpo è parte integrante della persona umana, che esso verrà restituito alla sua anima con la resurrezione dei corpi.
Dunque, per il Cristianesimo l'uomo deve santificarsi con l'anima, ma anche con il corpo. Ed ecco perché il lavoro manuale, fisico, non solo deve accompagnare la preghiera (in cui rientra anche l'attività intellettuale, cioè lo studio), ma diventa esso stesso un mezzo di santificazione e di glorificazione di Dio, cioè diventa preghiera.
L'ora et labora, insomma, è un vero "manifesto" contro il fatalismo e lo spiritualismo orientali e gnostici.

Nota di BastaBugie
: san Benedetto da Norcia con il famoso "Ora et labora" mise le fondamenta dell'Europa medievale. L'avvocato Gianfranco Amato nel seguente video (durata: 1 ora) spiega la regola di San Benedetto e come possiamo e dobbiamo valorizzare le ricchezze della nostra cultura irrorata dall'annuncio di Cristo.


https://www.youtube.com/watch?v=RP6p8u6LKbc

Fonte: I Tre Sentieri, 20 marzo 2020

3 - IN SCOZIA POTREBBE BASTARE UN'AUTOCERTIFICAZIONE PER CAMBIARE SESSO
Altre notizie dal mondo gay (sempre meno gaio): i 57 generi Lgbt sono immuni dal Coronavirus (?), esperimento su Netflix, bambina convinta a comportarsi da maschio
Autore: Manuela Antonacci - Fonte: Provita & Famiglia, 16 marzo 2020

In Scozia si sta discutendo sulla possibilità di approvare la riforma della legge per la riassegnazione del sesso. La cosa è più grave di quello che si pensa. Infatti, ora come ora, esiste un iter con degli step ben precisi: per avviare la pratica, è necessario passare prima da un equipe formata da medici e psicologi, tanto per cominciare. Inoltre, dopo anni di cure mediche e psicologiche finalizzate a dimostrare la disforia di genere, si mette in moto un percorso che potrebbe portare alla riassegnazione del sesso biologico, presentata come condizione indispensabile per la salute psicofisica della persona. Tuttavia, essendo un percorso molto lungo e che richiede pazienza e risorse economiche ingenti, non viene seguito da tutti, fino alla fine e non termina nemmeno, sempre, con la riassegnazione del sesso, come desiderato. Per questo motivo, le associazioni LGBT che vorrebbero rimuovere tutti i limiti possibili e immaginabili, stanno facendo pressione perché la legge venga modificata, rendendo l'accesso a certe pratiche, quasi automatico.
Cosa cambierebbe se la legge venisse modificata a immagine e somiglianza delle richieste della comunità arcobaleno? Succederebbe che, ad esempio, ad un uomo che si sente donna, basterebbe presentare una semplice autodichiarazione in cui afferma di essersi sentito e di aver vissuto negli ultimi tre mesi come donna, in quanto quello sarebbe il suo vero genere, né più né meno. Passato questo step, dopo altri 3 mesi, dovrebbe recarsi davanti ad un giudice di pace o davanti ad un notaio per giurare (in base non si sa a quale riscontro psicologico, oggettivo) che quello sarebbe il suo genere vero e definitivo.
Dopo questo semplice giuramento, senza ulteriori approfondimenti (e senza nemmeno che si prendano in considerazione le questioni che possono derivare dalla condizione di un maschio a tutti gli effetti, che va in giro dichiarandosi donna e che quindi pretende di essere trattato come tale, accedendo per esempio ai bagni o agli spogliatoi per le donne, con tutte le possibili conseguenze del caso) l'uomo in questione, davanti alla legge scozzese, sarebbe considerato  donna tout court, ottenendo la modifica sia del suo certificato di nascita sia sui suoi documenti di identità. Tra qualche settimana si saprà la ferale decisione, nel frattempo ci auguriamo che, in Scozia, prevalga il buonsenso di chi ha ancora il coraggio di affermare, oggi, nonostante tutto, che due più due fa e farà sempre quattro.

Nota di BastaBugie: ecco altre notizie dal "gaio" mondo gay (sempre meno gaio).

I 57 GENERI LGBT SONO IMMUNI DAL CORONAVIRUS (?)
Gira in rete questa battuta pronunciata dalla rana Kermit dei Muppets: «Noto che la stampa riporta il numero di maschi e femmine che hanno contratto il virus. È fantastico sapere che gli altri 57 generi siano immuni».
Val più una battuta che mille dotte dissertazioni per far comprendere la cecità di fronte alla realtà dell'ideologia LGBT. Vero è, potrebbero obiettare i militanti arcobaleno, che anche transessuali, asessuali, pangender etc. possono infettarsi, ma è curioso che a livello mondiale, in un momento in cui non c'è tempo per stare dietro a vane fantasie, i comitati scientifici e i governi dividano i contagiati, i morti e i guariti in maschi e femmine, lasciando altre categorie "sessuali" a chi si balocca con la propria immaginazione.
(Gender Watch News, 20 marzo 2020)

ESPERIMENTO ELOQUENTE SU NETFLIX
Si chiama 100 Humans, la nuova docu-series, in onda su Netflix, in cui si testano i giudizi delle persone su vari argomenti. In una di queste puntate sono state prese 3 coppie di persone: una prima coppia gay maschile, una seconda coppia gay femminile e una terza coppia eterosessuale.
Queste 6 persone sono state presentate a 100 persone che sono state lasciate all'oscuro sia che queste 6 persone erano accoppiate tra loro sia del loro orientamento sessuale. Al gruppo di 100 persone è stato chiesto di accoppiare le 6 persone come volevano. Risultato: nessuno dei 100 partecipanti ha azzeccato gli accoppiamenti giusti e, ad eccezione di una signora anziana, tutti hanno formato coppie eterosessuali. E tra i 100 c'erano anche persone omosessuali. Non solo: ma il 90% dei 100 partecipanti si era dichiarato a favore delle "nozze" gay.
Esperimento eloquente perché dimostra che, nonostante il bombardamento massmediatico, la maggior parte delle persone ritiene l'eterosessualità la normalità e l'omosessualità l'eccezione.
(Gender Watch News, 18 marzo 2020)

BAMBINA CONVINTA A COMPORTARSI DA MASCHIO
Ashleigh e Ged Barnett sono i genitori di una bambina di 13 anni che frequenta la Hoe Valley School di Woking, nel Surrey (UK). La ragazzina ha seguito, all'insaputa dei genitori, corsi LGBT dove ad esempio si chiedeva agli studenti di fingersi ragazzi del sesso opposto. Inoltre è stata affiancata da un tutor LGBT che, ad esempio, l'ha invitata a visionare un video di un trans che si sentiva soddisfatto della amputazione dei seni.
Da quando sono iniziate queste lezioni LGBT la ragazza ha cambiato comportamento. Ad esempio ha deciso di tagliarsi i capelli alla maschio. Inoltre a scuola hanno incominciato a chiamarla con un nome maschile e d'ora in poi potrà frequentare ambienti dedicati solo ai maschi, come gli spogliatoi.
Di fronte alle proteste dei genitori la scuola ha risposto che la figlia è abbastanza grande per prendere decisioni in piena autonomia. Ora la ragazzina sta frequentando uno psicologo perché molto turbata e confusa.
Oltre al coronavirus occorre prevenire anche il contagio da un altro virus altrettanto letale per la cultura: il virus dell'ideologia gender, inoculato nelle giovani generazioni di nascosto, al riparo dello sguardo dei loro genitori.
(Gender Watch News, 22 marzo 2020)

Fonte: Provita & Famiglia, 16 marzo 2020

4 - LA DIRETTRICE DEL PRONTO SOCCORSO DI WUHAN: ''DENUNCIAI IL CORONAVIRUS A DICEMBRE, MA SONO STATA ZITTITA E PUNITA''
Ai Fen chiese almeno il permesso di vestire maschere e camici protettivi, ma fu impedito ''perché avrebbe allarmato la popolazione''... risultato: 4 colleghi morirono (VIDEO: le tre lezioni del Coronavirus, di Luca Donadel)
Autore: Leone Grotti - Fonte: Tempi, 12 marzo 2020

Se il Partito comunista cinese avesse ascoltato Ai Fen a dicembre, forse ora l'epidemia di coronavirus non sarebbe così diffusa. Invece l'hanno criticata, zittita e le hanno intimato di «non diffondere voci». Così tutto è degenerato con rapidità impressionante. La direttrice del pronto soccorso dell'ospedale Centrale di Wuhan ha rilasciato martedì un'intervista esplosiva al magazine cinese Renwu, che ora le autorità stanno cercando in ogni modo di censurare. «Se avessi saputo che cosa sarebbe successo, me ne sarei infischiata dei rimproveri da parte dei miei superiori», ha dichiarato. «Ne avrei fottutamente parlato a chiunque e dovunque».
Il 30 dicembre, dopo settimane passate a visitare decine di malati affetti da una strana influenza resistente alle normali cure, Ai ha ricevuto dal laboratorio i risultati delle analisi fatte su un paziente. Nel rapporto c'era scritto "Sars coronavirus". Ai sudò freddo e avvisò subito il responsabile del reparto di pneumologia, che non fece nulla. Poi cerchiò il risultato, fece una foto al rapporto e la inviò ad altri otto colleghi in diversi ospedali di Wuhan.
La stessa notte, Ai ricevette un messaggio dal suo ospedale che le intimava di non diffondere informazioni intorno alla malattia misteriosa «per evitare il panico». Due giorni dopo, il capo del comitato di Partito interno all'ospedale la rimproverò per aver «diffuso voci e messo in pericolo la stabilità» e le vietò di diffondere messaggi o immagini relative al virus. «Mi fece sentire come se fossi io a rovinare il futuro di Wuhan. Mi stava punendo solo per aver fatto il mio lavoro. Ma come potevo non dire niente a nessuno davanti a un nuovo virus così pericoloso? Io avevo solo seguito il mio istinto di medico. Se solo potessi tornare indietro, lo direi a tutti: i miei colleghi non sarebbero morti».

NO ALLE MASCHERINE
Ai Fen, proprio come Li Wenliang (morto il 6 febbraio per aver contratto il virus dopo aver denunciato l'epidemia, senza che le autorità lo ascoltassero), obbedì alle autorità ma chiese almeno il permesso di vestire maschere e camici protettivi. Il capo dell'ospedale le rispose di no, perché questo avrebbe potuto allarmare la popolazione. Il risultato è sotto gli occhi di tutti: quattro colleghi di Ai dell'ospedale, compreso Li, sono morti e molti altri si sono ammalati.
«Sempre più pazienti arrivavano al pronto soccorso mentre il raggio dell'infezione si allargava», continua Ai nell'intervista. «Era evidente che il virus poteva essere trasmesso dalle persone». Il 21 gennaio, nota il Guardian, quando le autorità cinesi hanno confermato il pericolo per il nuovo virus, al pronto soccorso dell'ospedale Centrale di Wuhan arrivavano già oltre 1.500 pazienti al giorno, contro una media usuale di neanche 500.
La direttrice del pronto soccorso ricorda il caso di un uomo che guardava fisso nel vuoto mentre un medico gli consegnava il certificato di morte del suo figlio 32enne, quando ancora non si computavano i registri delle vittime del coronavirus. O quello di un padre così malato che non riusciva neanche a scendere dall'automobile. Quando Ai gli si fece incontro per aiutarlo, lui le morì davanti. La dottoressa ha raccontato tutte queste esperienze senza preoccuparsi delle possibili ripercussioni, ma da due giorni, cioè da quando l'intervista è stata pubblicata in Cina, nessuno ha più sue notizie.

EDUCHIAMO WUHAN A RINGRAZIARE IL PARTITO
Se il regime comunista, invece che punire Ai, Li e altri sette medici, avesse dato loro retta forse avrebbe evitato la morte di migliaia di persone. Ma era troppo impegnato a difendere la propria immagine e a non compromettere la riunione provinciale del Partito a Wuhan (7-17 gennaio). Avrebbe almeno potuto ringraziare i medici che hanno affrontato la crisi in prima linea, mentre i vertici del Partito comunista se ne stavano comodamente al riparo a Pechino (il segretario generale e presidente Xi Jinping si è fatto vedere per la prima volta martedì dopo un mese e mezzo).
Invece no, nessun ringraziamento. Anzi, il segretario del Partito di Wuhan, Wang Zhonglin, ha lanciato un'inedita campagna per «educare la popolazione a mostrare gratitudine verso il Partito comunista». Cioè lo stesso Partito che, elogiato in Italia da tanti ammiratori, ha causato la diffusione dell'epidemia in Cina, silenziando per oltre un mese e mezzo tutti coloro che hanno cercato di avvertire la popolazione del rischio che correva.
La campagna di «educazione alla gratitudine», che ha fatto infuriare i cittadini di Wuhan - tanto che il segretario provinciale del Partito, Ying Yong, è dovuto intervenire a mettere una pezza definendoli «eroi» -, è in questi giorni accompagnata da una seconda campagna di propaganda. Quella finalizzata a mettere in dubbio che il coronavirus di Wuhan sia un virus "cinese". Il primo a suonare lo spartito scritto da Pechino è stato l'ambasciatore cinese in Sud Africa, Lin Songtian: «Studi di scienziati di tutto il mondo confermano che ancora non si conosce l'origine del Covid19. L'Oms ripete che bisogna evitare qualunque stigmatizzazione» nei confronti della Cina. Zhang Ping, console generale della Cina a Los Angeles, ha aggiunto in un editoriale sul Los Angeles Times: «Nell'era della globalizzazione virus come questo ci insegnano che le epidemie non hanno confini. Contro la Cina ci sono attacchi ideologici e razzisti». La battaglia del regime contro la realtà procede a passo spedito.

Nota di BastaBugie: cosa ci insegnerà questo periodo storico? E cosa succederà quando all’emergenza sanitaria si sommerà l’emergenza sociale? Ce lo dice Luca Donadel nel suo video sul Coronavirus (durata: 6 minuti) dal titolo "Nove pasti dall'anarchia".


https://www.youtube.com/watch?v=NB0PXL_yaj4

DOSSIER "CORONAVIRUS"
Sì alla prudenza, no al panico

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Fonte: Tempi, 12 marzo 2020

5 - CON IL CORONAVIRUS LA LIBERTA' E' IN PERICOLO
Il premier Conte militarizza il Paese e chiude la bocca all'Istituto Superiore di Sanità (tutti d'accordo... eppure la storia insegna che quando il potere toglie la libertà non garantisce nemmeno la sicurezza e la vita)
Autore: Paolo Gulisano - Fonte: La Nuova Bussola Quotidiana, 23-03-2020

Nelle narrazioni che circolano sui media e sui social, la strategia con cui l'Italia sta affrontando l'epidemia di SARS Covid-19 è la migliore possibile, un modello ovviamente invidiato e ammirato come tutto il resto del Made in Italy. Evidentemente si tratta di una delle forme di training autogeno messe in atto nel Paese, dai flash mob sui balconi ai video con canti patriottici che inondano whatsapp.
Un bagno di sano realismo viene invece da un articolo apparso ieri sul New York Times, a firma di Jason Horowitz, esperto di affari italiani. L'analisi di Horowitz è lucida e impietosa. L'Italia ha commesso una serie di terribili errori strategici nella modalità di affrontare l'epidemia. L'Italia è il Paese in Europa dove l'epidemia si è di gran lunga più diffusa, e questo dovrebbe fare riflettere. Dove il numero di morti ha addirittura superato quello della Cina, che ha un numero di abitanti 25 volte superiore. E' evidente che qualcosa non ha funzionato.
Per certi versi si potrebbe dire che l'Italia sta diventando sì un modello per gli altri Paesi, ma come esempio di come non si debba procedere. In primo luogo, come avevamo fatto già notare un mese fa, al deflagrare dell'epidemia, l'Italia è arrivata impreparata al conflitto, come spesso è accaduto nella sua storia. Molto è stato detto ma molto resterebbe ancora da dire sulla insufficienza di posti letto, in particolare di terapia intensiva, sugli esigui organici medici ed infermieristici, persino sulla scarsità di approvvigionamenti di materiale di prevenzione. Insomma, in termini bellici, è come se il Governo avesse mandato allo sbaraglio i suoi soldati e ufficiali, come quando nella Prima Guerra Mondiale i generali mandavano i reparti al massacro fuori dalle trincee. [...]

MANCATI CONTROLLI E SUCCESSIVA MILITARIZZAZIONE DEL PAESE
Il tutto è stato poi ulteriormente complicato e peggiorato dalle scelte del Governo Conte. Horowitz punta il dito sull'attendismo, sulle incertezze di azione, sulla scarsa comprensione del fenomeno, sui mancati controlli sui rientri dalla Cina, motivati dall'intento di non apparire razzisti, di non fare regali alle forze politiche di opposizione.
Se l'esperienza italiana ha qualcosa da insegnare, fa notare Horowitz, è che le misure per isolare le aree colpite e per limitare gli spostamenti della popolazione devono essere adottate immediatamente, messe in atto con assoluta chiarezza e fatte rispettare rigorosamente. In Italia non è avvenuto. Si è guardato sì al modello draconiano cinese, che ha funzionato (se ha funzionato) perché applicato da una delle più terribili dittature del pianeta, ma lo si è applicato in modo confuso e rabberciato. Lo si è applicato in mezzo alle contraddizioni che venivano dai leader stessi del principale partito di Governo, con la ormai tristemente celebre gita-aperitivo a Milano di Zingaretti mentre i contagi da Covid avevano già raggiunto i 400 casi e i decessi superavano la decina.
Intanto il virus si era da tempo diffuso, silenziosamente, a causa della mancanza di controlli sugli arrivi dalla Cina. Ormai sappiamo che ben prima del celebre caso uno di Codogno il virus era già attivo da settimane in Italia, trasmesso da persone asintomatiche e spesso scambiato per un'influenza stagionale. Si è diffuso in Lombardia, la regione italiana con le più forti relazioni commerciali con la Cina.

CHIUDERE LA BOCCA ALL'ISTITUTO SUPERIORE DI SANITÀ
Nei suoi tentativi di interrompere il contagio, adottati uno per volta, isolando prima le città, poi le regioni, quindi chiudendo il Paese in un blocco intenzionalmente permeabile l'Italia si è sempre trovata un passo indietro rispetto alla traiettoria letale del virus. Ora ci troviamo con dei provvedimenti restrittivi che sono pari se non superiori a quelli della Cina, mentre la curva epidemica continua inesorabilmente a salire. [...]
La tragedia che l'Italia sta vivendo rappresenta un monito per gli altri Paesi europei e per gli Stati Uniti, dove il virus sta arrivando con la stessa velocità.
Molti Paesi hanno già attuato campagne di informazione e di sensibilizzazione della popolazione, hanno provveduto ad approvvigionarsi di materiali di protezione, stanno potenziando gli ospedali, stanno cercando di attuare misure di contenimento del contagio senza ricorre ad eccessive limitazioni delle libertà.
Compresa la libertà di pensare e di ragionare: l'ultima pensata di Conte sarebbe infatti quella di chiudere la bocca all'Istituto Superiore di Sanità, colpevole agli occhi del Premier di avere sottolineato che una percentuale molto significativa delle vittime andrebbe classificata come "morti con Covid" e non morti per Covid. Una distinzione epidemiologicamente importante, perché ci dice che per molte di queste persone l'infezione virale è stata una sorta di colpo di grazia in una situazione clinica già compromessa da altre patologie.
Conte non vuole questo tipo di comunicazione, perché oggi è funzionale alla sua strategia che la gente abbia il terrore della malattia, per non uscire da casa, che è la sua unica arma attualmente a disposizione per la prevenzione di nuovi casi.

Nota di BastaBugie
: Stefano Fontana nell'articolo seguente dal titolo "Senza la libertà non c'è neanche tutela della vita" fa notare che nei commenti dei politici e degli opinionisti così come nelle reazioni della gente, c'è la percezione che quella contro il coronavirus sia una guerra che giustifica la sospensione delle libertà. È un vecchio dibattito che ha visto impegnati molti filosofi, ma la realtà ci dice che quando il potere toglie la libertà non garantisce nemmeno la sicurezza e la vita.
Ecco l'articolo completo pubblicato su La Nuova Bussola Quotidiana il 20 marzo 2020:
Ormai è sulle bocche di tutti: "siamo in guerra!". Si vive quella del coronavirus come la situazione di eccezione di cui si sono occupati i principali teorici della politica, primo fra tutti Carl Schmitt. Secondo lui la sovranità politica consiste nel decidere del caso di eccezione, come nel caso di una guerra dove l'opposizione amico/nemico raggiunge il suo proprio livello politico. L'eccezione si configura tale quando, data la sua urgenza, per fronteggiarla bisogna azzerare tutte le norme, le prassi e le garanzie. Quando vengono meno la norma e il diritto, allora il potere manifesta pienamente se stesso: decide al di fuori del diritto ma la sua decisione ha valore giuridico. Di più: per Schmitt il potere non consiste solo nel decidere davanti allo stato di eccezione, ma anche nel decidere quando ci sia uno stato di eccezione. Senza un potere così inteso, la società viene travolta dalla guerra civile che, secondo Schmitt, è il male peggiore di ogni male.
Non so se Schmitt sarebbe d'accordo a considerare la pandemia in corso come situazione di eccezione paragonabile alla guerra. La gente che dice "siamo in guerra!" la pensa però così, pur non essendo Carl Schmitt. Vengono sospese le norme e le libertà personali in molti ambiti, crescono i poteri esecutivi su quelli legislativi, aumentano i Decreti del Presidente del Consiglio, il Parlamento è in quarantena, spesso la Costituzione non viene rispettata, si attuano soprusi senza nessuna protesta come nel caso della sospensione della messa a Cerveteri, si invita a non usare i contanti per motivi sanitari e intanto si controlla l'uso del denaro.
La percezione della gente è di una situazione di eccezione, un caso estremo con il relativo scontro tra sicurezza e libertà. La vecchia dicotomia di Thomas Hobbes torna di attualità, con la sua sottostante visione pessimistica dell'uomo: l'umanità prova paura davanti a se stessa e solo il potere come decisione la può salvare.
Ernst Jünger, nel suo Trattato del ribelle, metteva in luce il pericolo di una organizzazione capillare della sanità da parte del sistema politico, al quale contrapponeva il valore della libertà: "Le fabbriche della salute, con medici assunti e mal retribuiti, le cui cure sono assoggettate al controllo burocratico, sono sospette: da un giorno all'altro - e non soltanto in caso di guerra - potrebbero assumere un volto inquietante". Ipotizzando l'estensione del potere oltre la sanità, "non è impossibile che proprio da tali schedari ordinati in modo esemplare - egli diceva - escano i documenti che serviranno a internarci, a castrarci o a liquidarci".
Il caso di eccezione chiama in causa la decisione del potere come ultima istanza, ma essendo che al potere spetta anche decidere quando si verifica il caso di eccezione, questo potrà essere individuato domani in un'altra emergenza e domani l'altro in un'altra ancora. Alla fine, per dirla ancora con Jünger, "nessuno di noi può sapere oggi se per caso domani mattina non si troverà a far parte di un gruppo dichiarato illegale".  
Se Jünger teme il sovranismo davanti alla situazione di eccezione, altri sottolineano le difficoltà della democrazia parlamentare a far fronte alle emergenze. Per Donoso Cortes quella borghese è una "classe che discute" (clase discutidora), che ritiene che la società umana sia un grande club, che la verità nasca da sola attraverso la votazione e che, alla richiesta di scegliere tra Cristo e Barabba, risponderebbe istituendo una commissione per esaminare la faccenda. Contro il decisionismo del potere di Schmitt, la democrazia liberale è attendista e irrisoluta: incapace di fronteggiare l'eccezione.
Queste reminiscenze libresche - fatti i debiti aggiornamenti - ci aiutano a capire i valori in gioco oggi in tempo di coronavirus: siamo disposti a rinunciare alla libertà per avere la sicurezza? Vogliamo sottometterci ad un dispotismo decisionista per avere salva la vita?
La sospensione della libertà per la decisione di un potere sovrano davanti ad una situazione di eccezione non è accettabile: chi infatti può dire quando si sia veramente in questa situazione? Se a stabilirlo è il potere, allora la libertà non è solo ridotta per l'emergenza coronavirus ma potenzialmente eliminata. In questo modo si finirebbe per auspicare anche da noi un sistema cinese che però, come tutti sanno, non garantisce la sicurezza, toglie solo la libertà.
Se la pandemia si allargasse ulteriormente si richiederebbe un potere politico mondiale che decidesse per tutti della situazione di eccezione, dal quale però non si tornerebbe più indietro e che certamente non si dimetterebbe dopo la fine del pericolo sanitario, con tutti i costi conseguenti. Quando il potere toglie la libertà non garantisce nemmeno la sicurezza e la vita, nonostante ciò non emerga dai testi di Hobbes, mentre si lascia intravvedere da quelli dello sconsolato Schmitt. Quando per paura si mette la vita in mano al potere in cambio della libertà, non si conserva la vita, dato che la si mette a disposizione, e si perde la libertà.
Per conservare la vita è necessaria la libertà. Junger scriveva che il volto meccanico del sistema sanitario può essere usato a buon fine "se viene fuori la sostanza umana del medico". Se da un lato si deve resistere al decisionismo del potere come risposta alla situazione di eccezione, dall'altro bisogna ripulire il nostro concetto di libertà e di democrazia, ancora troppo legate ad una "clase discutidora", inefficiente e produttrice di rischio. Ma non bisogna rinunciare alla libertà.


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Fonte: La Nuova Bussola Quotidiana, 23-03-2020

6 - NOVE CONSIGLI PER VIVERE CRISTIANAMENTE IN FAMIGLIA AI TEMPI DEL CORONAVIRUS
Come passare in maniera positiva per genitori e figli il tempo della reclusione forzata nelle nostre case
Autore: Andrea Fauro - Fonte: Radio Spada, 20 Marzo 2020

Ormai la speranza che la reclusione in casa per via del Coronavirus duri pochi giorni va via via scemando; molti genitori si sono ritrovati di punto in bianco a riorganizzare le giornate dei propri figli e a domandarsi su come poter tenerli impegnati in maniera costruttiva.
Mi permetto di dare alcuni spunti a quei genitori che avranno la voglia di leggerli; spunti che ovviamente vanno ricalibrati in base all'età, al sesso, al carattere e ai bisogni contingenti dei propri figli.
San Giovanni Bosco soleva avere un certo timore quando vedeva avvicinarsi la fine della scuola e l'inizio delle vacanze estive che non aveva paura di definire come "la vendemmia del diavolo", proprio perché era un tempo che rischiava di essere trascorso male dai giovani che il buon Dio gli aveva affidato.
Per analogia possiamo paragonarlo alla situazione presente, in cui se è vero che si fa di tutto per ricordare ai nostri ragazzi che non stanno in vacanza (e lo testimoniano anche i compiti o le video conferenze da parte dei professori in questi giorni), è anche vero che il tempo a disposizione è notevolmente aumentato per via della brutale interruzione della nostra vita di tutti i giorni.
Ricordiamoci (e ricordiamo ai nostri ragazzi) che il fine dell'uomo è conoscere, amare e servire Dio: questa enorme quantità di tempo che abbiamo a disposizione va quindi organizzata e pianificata di modo tale che possa aiutarci nella nostra santificazione personale, non per l'ozio e la dissipazione; ogni nostra azione deve infatti essere fatta per amor di Dio e per la Sua maggior gloria.

CONSIGLIO N° 1: STACCARE LA SPINA
Salvo i leciti motivi dovuti alla scuola, sarebbe bene moderare (se non eliminare del tutto) l'utilizzo di Tv, tablet, smartphone, videogiochi, ecc. sia per i rischi connessi al loro utilizzo sia per via della mentalità liberale e anticristiana che trasmettono molti film e giochi su consolle, per non parlare dei programmi spazzatura in TV e la carica ansiogena divulgata specialmente in questi giorni.
Ovviamente non basta vietare la tecnologia... occorre anche dare valide alternative: libero spazio quindi a giochi di società da fare in famiglia, sport compatibilmente con gli spazi a disposizione, lettura di buoni libri che narrino la vita di eroi o di santi (belli e appassionanti sono i racconti De Wohl; altri autori consigliati sono Guareschi, Chesterton, Tolkien, Belloc, Benson) per dare ai ragazzi modelli da imitare veri, concreti, che appaghino la loro sete di grandezza... non Superman, Fedez o Jovanotti.
Se capita si approfitti "cum grano salis" anche della visione di buoni film (abbastanza rari ma ce ne sono: The Passion di Mel Gibson, Cristiada di Dean Wright, [...] Undici settembre 1683 di Renzo Martinelli… ma anche film più leggeri come la Trilogia del Signore degli Anelli e Lo Hobbit di Peter Jackson o il Don Camillo interpretato da Fernandel.
Poi la pratica (o scoperta) di qualche hobby come suonare uno strumento, dipingere, scrivere, disegnare, collezionare e catalogare oggetti ecc.

CONSIGLIO N° 2 AVERE UNA VITA REGOLARE
La saggezza popolare insegna: "Presto a letto e presto alzato fanno l'uomo ricco, sano e assennato."
Con la momentanea sospensione della scuola e degli impegni della vita di tutti i giorni, è facile perdere la cognizione del tempo e lasciarsi andare.
Occorre quindi - anche in tempo di reclusione in casa - abituare i ragazzi a mantenere orari fissi nell'andare a letto e nello svegliarsi la mattina, ma anche il rispetto di doveri minimi come il riordino della stanza e il rifacimento del letto; molta cura poi dovrà essere data alla fedeltà alla preghiera e alle buone abitudini circa la vita spirituale. Ovviamente nessuna raccomandazione varrà mai quanto il buon esempio dei genitori; si approfitti quindi di questo tempo per pregare in famiglia!

CONSIGLIO N° 3: RIMANERE UNITI A DIO
Solo rimanendo vincolati al Sommo Bene ci si può santificare: le preghiere del mattino e della sera, la recita del Santo Rosario, così come le preghiere prima e dopo i pasti sono essenziali per ogni cristiano. Ovviamente tutto ciò che può essere fatto in aggiunta (meditazione, devozioni particolari, ecc.) sono benvenute.

CONSIGLIO N° 4: CHI LAVORA, DIO GLI DONA
Questi giorni non passino nella noia e nell'ozio! Educhiamo i ragazzi alla bellezza del lavoro fatto con cura, per amor di Dio e del prossimo. La vita in famiglia offre tante piccole e grandi occasioni per mettersi al servizio di qualcuno facendo piccoli lavoretti commisurati al sesso e all'età, quindi spazio alla fantasia e alle necessità: falciare il prato, imbiancare una parete, stendere i panni, pulizia della casa, riparare un lavandino, lavare i piatti, cucinare, rammendare dei pantaloni, lavare la macchina...

CONSIGLIO N° 5: ARIA APERTA
Che sia lo stare in terrazza o in un balcone in mezzo a piante e fiori coltivati con cura, che sia il breve tratto di strada che ci è ancora concesso di fare per andare a fare la spesa, o il bel giardinetto di casa, non lesiniamo l'idea di far stare il più possibile i nostri ragazzi a contatto con la natura... la stessa natura che essendo stata creata ci rimanda al suo Creatore.

CONSIGLIO N° 6: BEATI I MISERICORDIOSI
Molti nonni e in genere molti anziani e malati, in questo periodo di clausura forzata sono soli. In questa epoca di individualismo, sensibilizziamo i ragazzi a rendere loro qualche servizio andando in farmacia, portando loro la spesa, scrivendo loro delle lettere o anche semplicemente tenendo loro compagnia con una telefonata. Si facciano raccontare qualcosa della loro vita, della loro gioventù, dei sacrifici fatti e delle belle cose vissute... sarà un'occasione per i nostri ragazzi per imparare tante cose interessanti.

CONSIGLIO N° 7: AVVICINARSI A GESÙ MENTRE MOLTI LO ABBANDONANO
Al momento, pare che sia ancora possibile poter andare in chiesa a pregare. Bene... finché si potrà si colga l'occasione per farlo e si inviti i ragazzi a fare altrettanto, tenendo compagnia al Re dei re presente in corpo, sangue, anima e divinità nel Tabernacolo; esponendo le loro necessità, quelle dei propri cari, dei moribondi, della Chiesa e della nostra povera Italia.

CONSIGLIO N° 8: COLTIVARE VERE AMICIZIE
In un tempo in cui la società si allontana sempre più da Dio è sempre più difficile trovare vere amicizie in cui ci si aiuta l'un l'altro a farsi santi, quindi anche se per il momento i nostri ragazzi sono privati della compagnia di buoni amici, non si dimentichino di loro e di pregare per le loro necessità, di contattarli in occasione del Santo Onomastico, del compleanno o anche per semplice cordialità.

CONSIGLIO N° 9: RIFLESSIONE SULL'EDUCAZIONE PARENTALE
Questo tempo può essere sfruttato dai genitori anche per pensare seriamente al bene dell'anima dei propri figli attraverso un'educazione cattolica. [...]
Si può anche approfittare di questo tempo per ingegnarsi su come iniziare un progetto di istruzione parentale cattolica da soli o con altri genitori. [...]
Quindi... spazio alla riflessione, alla preghiera e al coraggio!

Nota di BastaBugie: per approfondire l'importanza e la possibilità di fare insegnamento parentale visto che la responsabilità dell'educazione è dei genitori (e della Chiesa) e non dello Stato, si possono leggere gli articoli del dossier di BastaBugie sul tema dell'educazione parentale.

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Fonte: Radio Spada, 20 Marzo 2020

7 - LE COMMOVENTI STORIE DEI SANTI PRIVATI DELLA MESSA (NON A CAUSA DEL CORONAVIRUS)
Per sopravvivere al divieto di partecipare alla Santa Messa guardiamo all'esempio dei cristiani che ci hanno preceduto in questa triste esperienza
Fonte Sito del Timone, 19 marzo 2020

Con le diocesi di tutto il mondo che annullano le messe pubbliche per le settimane a venire, molti cattolici si sentono già "affamati" per la mancanza dell'Eucaristia. Mentre il mondo sta combattendo una pandemia globale, sembra che la Messa sia più necessaria che mai. Ma se le Messe pubbliche vengono annullate, quelle private continuano e il corpo di Cristo è in grado di elargire le grazie da quelle Messe, specialmente quando facciamo una comunione spirituale.
Tuttavia, come possiamo noi, che dipendiamo dai Sacramenti, sopravvivere a questa crisi quando non possiamo partecipare alla Santa Messa? Bene, ci sono molti santi (e altri milioni di cristiani) che hanno avuto esperienze simili, mesi e anni di sopravvivenza senza i Sacramenti. Guardare a loro può rafforzarci nella perseveranza.

STORIA DEI CRISTIANI GIAPPONESI E COREANI
Sebbene non canonizzati, migliaia e migliaia di cristiani giapponesi hanno vissuto senza sacerdoti per quasi 250 anni. Hanno battezzato i loro figli in segreto, tramandando la fede in lezioni sussurrate, pregando davanti alle immagini della Madonna col Bambino che erano mascherate per apparire come immagini buddiste. Nel 1858 il Giappone riammise infine i missionari, che trovarono 10.000 cristiani nascosti ad attenderli. Immaginate di essere cresciuti con la quasi certezza che nella vostra vita non avreste mai potuto partecipare alla Messa, conoscendo l'Eucaristia solo perché una volta la nonna della vostra nonna è andata a Messa. Tutto ciò mette in un'altra prospettiva l'allontanamento sociale a cui siamo costretti.
I santi del XIX secolo in Corea erano in una situazione simile. Dopo che il Vangelo fu predicato per la prima volta dal Servo di Dio Yi Beok e dai suoi compagni nel 1784, la Chiesa fu gestita interamente da laici fino al 1795. Quando arrivò, Padre James Zhou Wen-Mo scoprì 4.000 cattolici, di cui solo uno aveva visto un prete. Wen-Mo è stato l'unico sacerdote in tutta la Corea per sei anni, fino al suo martirio. Per i successivi 36 anni, non vi furono più messe in Corea fino a quando un piccolo gruppo di sacerdoti francesi arrivò nel 1836 e furono tutti uccisi due anni dopo.
Sant'Isacco Jogues (1607-1646) [vedi foto in alto, N.d.BB] si era preparato per la tortura e il martirio quando si recò in Nord America per evangelizzare i nativi americani. Ma come sacerdote, non si sarebbe aspettato di essere privato dell'Eucaristia, fino a quando le sue mani non furono martoriate dai suoi rapitori. All'epoca, un prete a cui mancavano il pollice o l'indice non era in grado di celebrare la messa, quindi dal momento della sua ferita fino a quando (dopo essere sfuggito ai suoi rapitori) ritornò in Francia, 17 mesi dopo, Padre Jogues non fu in grado di confessare, di celebrare la Messa, o persino di partecipare alla Messa. Gli fu data una dispensa speciale e gli fu permesso di celebrare di nuovo la Messa, nonostante lo stato delle sue mani, e chiese il permesso di tornare in America dopo il suo recupero. Fu ucciso non molto tempo dopo il suo ritorno, ma il suo assassino in seguito si pentì e fu battezzato con il nome di "Isaac Jogues".

GESÙ, NON VOGLIO MORIRE SENZA DI TE
Victoire Rasoamanarivo (1848-1894) era una nobildonna malgascia e convertita al cattolicesimo. Considerata una leader della Chiesa, quando i francesi furono espulsi dal Madagascar nel 1883, i sacerdoti in partenza lasciarono la cura della Chiesa nelle sue mani, insieme a Padre Raphael Rafiringa, un fratello religioso malgascio. Per quasi tre anni, Victoire e Raffaello guidarono i 21.000 cattolici laici del Madagascar, riunendoli ogni domenica per la preghiera comunitaria, anche se non c'erano sacerdoti per celebrare la Messa. Victoire spiegò: «Metto davanti alla mia mente i missionari che dicono la Messa e mentalmente partecipo a tutte le messe che si dicono in tutto il mondo». Tre anni dopo, una vivace comunità affamata di Eucaristia ha dato il bentornato ai loro sacerdoti, tutti molto più grati per la Messa di quanto non fossero stati prima dei loro tre anni senza di essa.
San Marco Ji TianXiang (1834-1900) era un drogato di oppio. Poiché il suo sacerdote non capiva la natura della dipendenza, disse a TianXiang che non poteva essere assolto fino a quando non avesse sconfitto la sua dipendenza, il che significava che non poteva neppure ricevere la comunione. Per 30 anni, TianXiang ha continuato a praticare la fede mentre gli venivano negati i Sacramenti. Non è mai riuscito a purificarsi, ma è morto martire ed è stato canonizzato santo non solo per il suo martirio, ma per i suoi decenni di tentativi di seguire Gesù anche in assenza dei Sacramenti.
Padre Laurentia Herasymiv (1911-1952), come innumerevoli altri cattolici nei campi di concentramento nazisti o gulag sovietici, trascorse gli ultimi mesi della sua vita senza i Sacramenti e nella quasi certezza che non avrebbe avuto opportunità per il viatico o una confessione finale. Arrestato per aver rifiutato di abbandonare la Chiesa cattolica ucraina per l'Ortodossia, fu inviato in Siberia, dove morì a causa di tutto ciò che aveva sofferto per mano dei comunisti. Mentre giaceva morendo, implorò l'Eucaristia, chiamando nel suo delirio: «Gesù, non voglio morire senza di te!».

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Fonte: Sito del Timone, 19 marzo 2020

8 - INDULGENZE E CONFESSIONE DURANTE IL CORONAVIRUS
Testo integrale del decreto della Penitenzieria Apostolica per i fedeli affetti dal morbo Covid-19, gli operatori sanitari, i familiari e tutti coloro che, anche con la preghiera, si prendono cura di essi
Autore: Penitenzieria Apostolica - Fonte: Sito del Vaticano, 19 marzo 2020

«Siate lieti nella speranza, costanti nella tribolazione, perseveranti nella preghiera» (Rm 12,12). Le parole scritte da San Paolo alla Chiesa di Roma risuonano lungo l'intera storia della Chiesa e orientano il giudizio dei fedeli di fronte ad ogni sofferenza, malattia e calamità.
Il momento presente in cui versa l'intera umanità, minacciata da un morbo invisibile e insidioso, che ormai da tempo è entrato prepotentemente a far parte della vita di tutti, è scandito giorno dopo giorno da angosciose paure, nuove incertezze e soprattutto diffusa sofferenza fisica e morale.
La Chiesa, sull'esempio del suo Divino Maestro, ha avuto da sempre a cuore l'assistenza agli infermi. Come indicato da San Giovanni Paolo II, il valore della sofferenza umana è duplice: «È soprannaturale, perché si radica nel mistero divino della redenzione del mondo, ed è, altresì, profondamente umano, perché in esso l'uomo ritrova se stesso, la propria umanità, la propria dignità, la propria missione» (Lett. Ap. Salvifici doloris, 31).
Anche Papa Francesco, in questi ultimi giorni, ha manifestato la sua paterna vicinanza e ha rinnovato l'invito a pregare incessantemente per gli ammalati di Coronavirus.

IL DONO DELLE INDULGENZE
Affinché tutti coloro che soffrono a causa del Covid-19, proprio nel mistero di questo patire possano riscoprire «la stessa sofferenza redentrice di Cristo» (ibid., 30), questa Penitenzieria Apostolica, ex auctoritate Summi Pontificis, confidando nella parola di Cristo Signore e considerando con spirito di fede l'epidemia attualmente in corso, da vivere in chiave di conversione personale, concede il dono delle Indulgenze a tenore del seguente dispositivo.
Si concede l'Indulgenza plenaria ai fedeli affetti da Coronavirus, sottoposti a regime di quarantena per disposizione dell'autorità sanitaria negli ospedali o nelle proprie abitazioni se, con l'animo distaccato da qualsiasi peccato, si uniranno spiritualmente attraverso i mezzi di comunicazione alla celebrazione della Santa Messa, alla recita del Santo Rosario, alla pia pratica della Via Crucis o ad altre forme di devozione, o se almeno reciteranno il Credo, il Padre Nostro e una pia invocazione alla Beata Vergine Maria, offrendo questa prova in spirito di fede in Dio e di carità verso i fratelli, con la volontà di adempiere le solite condizioni (confessione sacramentale, comunione eucaristica e preghiera secondo le intenzioni del Santo Padre), non appena sarà loro possibile.
Gli operatori sanitari, i familiari e quanti, sull'esempio del Buon Samaritano, esponendosi al rischio di contagio, assistono i malati di Coronavirus secondo le parole del divino Redentore: «Nessuno ha un amore più grande di questo: dare la vita per i propri amici» (Gv 15,13), otterranno il medesimo dono dell'Indulgenza plenaria alle stesse condizioni.

LA PREGHIERA PER GLI AFFLITTI
Questa Penitenzieria Apostolica, inoltre, concede volentieri alle medesime condizioni l'Indulgenza plenaria in occasione dell'attuale epidemia mondiale, anche a quei fedeli che offrano la visita al Santissimo Sacramento, o l'adorazione eucaristica, o la lettura delle Sacre Scritture per almeno mezz'ora, o la recita del Santo Rosario, o il pio esercizio della Via Crucis, o la recita della Coroncina della Divina Misericordia, per implorare da Dio Onnipotente la cessazione dell'epidemia, il sollievo per coloro che ne sono afflitti e la salvezza eterna di quanti il Signore ha chiamato a sé.
La Chiesa prega per chi si trovasse nell'impossibilità di ricevere il sacramento dell'Unzione degli infermi e del Viatico, affidando alla Misericordia divina tutti e ciascuno in forza della comunione dei santi e concede al fedele l'Indulgenza plenaria in punto di morte, purché sia debitamente disposto e abbia recitato abitualmente durante la vita qualche preghiera (in questo caso la Chiesa supplisce alle tre solite condizioni richieste). Per il conseguimento di tale indulgenza è raccomandabile l'uso del crocifisso o della croce (cf. Enchiridion indulgentiarum, n.12).
La Beata sempre Vergine Maria, Madre di Dio e della Chiesa, Salute degli infermi e Aiuto dei cristiani, Avvocata nostra, voglia soccorrere l'umanità sofferente, respingendo da noi il male di questa pandemia e ottenendoci ogni bene necessario alla nostra salvezza e santificazione. [...]
Dato in Roma, dalla sede della Penitenzieria Apostolica, il 19 marzo 2020,
Solennità di San Giuseppe, Sposo della B.V. Maria, Patrono della Chiesa Universale.

Nota di BastaBugie: il card. Mauro Piacenza, nella sua carica di Penitenziere Maggiore, ha firmato lo stesso giorno del decreto sopra riportato anche una nota dal titolo "Io sono con voi tutti i giorni (Mt 28,20)" riguardante il sacramento della confessione nell'attuale situazione di pandemia.
Ecco il testo completo pubblicato dal Sito del Vaticano il 19 marzo 2020:
La gravità delle attuali circostanze impone una riflessione sull'urgenza e la centralità del sacramento della Riconciliazione, unitamente ad alcune necessarie precisazioni, sia per i fedeli laici, sia per i ministri chiamati a celebrare il sacramento.
Anche in tempo di Covid-19, il sacramento della Riconciliazione viene amministrato a norma del diritto canonico universale e secondo quanto disposto nell'Ordo Paenitentiae.
La confessione individuale rappresenta il modo ordinario per la celebrazione di questo sacramento (cf. can. 960 CIC), mentre l'assoluzione collettiva, senza la previa confessione individuale, non può essere impartita se non laddove ricorra l'imminente pericolo di morte, non bastando il tempo per ascoltare le confessioni dei singoli penitenti (cf. can. 961, § 1 CIC), oppure una grave necessità (cf. can. 961, § 1, 2° CIC), la cui considerazione spetta al Vescovo diocesano, tenuto conto dei criteri concordati con gli altri membri della Conferenza Episcopale (cf. can. 455, § 2 CIC) e ferma restando la necessità, per la valida assoluzione, del votum sacramenti da parte del singolo penitente, vale a dire il proposito di confessare a tempo debito i singoli peccati gravi, che al momento non era possibile confessare (cf. can. 962, § 1 CIC).
Questa Penitenzieria Apostolica ritiene che, soprattutto nei luoghi maggiormente interessati dal contagio pandemico e fino a quando il fenomeno non rientrerà, ricorrano i casi di grave necessità, di cui al summenzionato can. 961, § 2 CIC.
Ogni ulteriore specificazione è demandata dal diritto ai Vescovi diocesani, tenuto sempre conto del supremo bene della salvezza delle anime (cf. can. 1752 CIC).
Qualora si presentasse la necessità improvvisa di impartire l'assoluzione sacramentale a più fedeli insieme, il sacerdote è tenuto a preavvertire, entro i limiti del possibile, il Vescovo diocesano o, se non potesse, ad informarlo quanto prima (cf. Ordo Paenitentiae, n. 32).
Nella presente emergenza pandemica, spetta pertanto al Vescovo diocesano indicare a sacerdoti e penitenti le prudenti attenzioni da adottare nella celebrazione individuale della riconciliazione sacramentale, quali la celebrazione in luogo areato esterno al confessionale, l'adozione di una distanza conveniente, il ricorso a mascherine protettive, ferma restando l'assoluta attenzione alla salvaguardia del sigillo sacramentale ed alla necessaria discrezione.
Inoltre, spetta sempre al Vescovo diocesano determinare, nel territorio della propria circoscrizione ecclesiastica e relativamente al livello di contagio pandemico, i casi di grave necessità nei quali sia lecito impartire l'assoluzione collettiva: ad esempio all'ingresso dei reparti ospedalieri, ove si trovino ricoverati i fedeli contagiati in pericolo di morte, adoperando nei limiti del possibile e con le opportune precauzioni i mezzi di amplificazione della voce, perché l'assoluzione sia udita.
Si valuti la necessità e l'opportunità di costituire, laddove necessario, in accordo con le autorità sanitarie, gruppi di "cappellani ospedalieri straordinari", anche su base volontaria e nel rispetto delle norme di tutela dal contagio, per garantire la necessaria assistenza spirituale ai malati e ai morenti.
Laddove i singoli fedeli si trovassero nella dolorosa impossibilità di ricevere l'assoluzione sacramentale, si ricorda che la contrizione perfetta, proveniente dall'amore di Dio amato sopra ogni cosa, espressa da una sincera richiesta di perdono (quella che al momento il penitente è in grado di esprimere) e accompagnata dal votum confessionis, vale a dire dalla ferma risoluzione di ricorrere, appena possibile, alla confessione sacramentale, ottiene il perdono dei peccati, anche mortali (cf. CCC, n. 1452).
Mai come in questo tempo la Chiesa sperimenta la forza della comunione dei santi, innalza al suo Signore Crocifisso e Risorto voti e preghiere, in particolare il Sacrificio della Santa Messa, quotidianamente celebrato, anche senza popolo, dai sacerdoti.
Come buona madre, la Chiesa implora il Signore perché l'umanità sia liberata da un tale flagello, invocando l'intercessione della Beata Vergine Maria, Madre di Misericordia e Salute degli infermi, e del suo Sposo San Giuseppe, sotto il cui patrocinio la Chiesa da sempre cammina nel mondo.
Ci ottengano Maria Santissima e San Giuseppe abbondanti grazie di riconciliazione e di salvezza, in attento ascolto della Parola del Signore, che ripete oggi all'umanità: «Fermatevi e sappiate che io sono Dio» (Sal 46,11), «Io sono con voi tutti i giorni» (Mt 28,20).


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Fonte: Sito del Vaticano, 19 marzo 2020

9 - OMELIA V DOM. DI QUARESIMA - ANNO A (Gv 11, 1-45)
Chi crede in me, anche se muore, vivrà
Fonte Il settimanale di Padre Pio

Il Vangelo di oggi ci presenta il miracolo della risurrezione di Lazzaro. Con questa pagina abbiamo la descrizione più ampia e particolareggiata di un miracolo in tutta la Bibbia. Quando ormai la sua vita volgeva al termine, Gesù si ritirò nei luoghi dove aveva iniziato il suo ministero pubblico, nella regione oltre il Giordano. A Gerusalemme, infatti, l'atmosfera si era fatta incandescente e i suoi nemici lo cercavano a morte. Nel frattempo, la casa dei tre amici carissimi di Gesù, Lazzaro, Marta e Maria, fu visitata dal dolore. Lazzaro era gravemente infermo e le due sorelle desideravano ardentemente una visita di Gesù. Ci fu chi raggiunse il Signore per portare la notizia, ma Gesù non si precipitò da loro e, soltanto dopo due giorni, si mise in cammino per andare a Betània dai tre amici. Gli Apostoli erano allarmati per il fatto che vi era il rischio per Gesù di incappare in quelli che lo volevano uccidere. Ma Gesù li rassicurò con questa frase: "Se uno cammina di giorno, non inciampa, perché vede la luce di questo mondo; ma se cammina di notte, inciampa, perché la luce non è in lui" (Gv 11, 9-10). Con questa frase Gesù voleva far comprendere ai Discepoli che nessuno poteva nuocergli prima che fosse venuta l'ora delle tenebre, ovvero l'ora stabilita da Dio per il compimento del Disegno di salvezza. Nel frattempo, Lazzaro morì, e quando infine giunse Gesù, egli giaceva ormai da quattro giorni nel sepolcro.
Nel racconto di questo miracolo colpisce un particolare: la compassione di Gesù per la morte di questa persona a Lui tanto cara, e per il dolore delle due sorelle, Marta e Maria. "Gesù […] si commosse profondamente" (Gv 11,33) e "scoppiò in pianto" (Gv 11,35). Il Cuore di Gesù è sempre sensibile alle nostre afflizioni, anche e soprattutto quando ci sembra di essere dimenticati. Pur avendo appreso della malattia di Lazzaro, Gesù rimase ancora per due giorni nel luogo dove si trovava. Quando infine arrivò a Betània, Marta non nascose il suo dolore per quell'assenza e disse: "Signore, se tu fossi stato qui, mio fratello non sarebbe morto!" (Gv 11,21). In un certo senso, Marta si sentiva abbandonata proprio nel momento del bisogno.
Anche noi tante volte ci lamentiamo, ci sentiamo soli nel nostro dolore e non ci accorgiamo che proprio in quel momento Gesù soffre con noi e ci porta ancora di più nel suo Cuore, come ha fatto con Lazzaro, Marta e Maria. Il Signore permise quella sofferenza affinché, per mezzo di essa, Dio venisse glorificato (cf Gv 11,4). Il Signore aspettò il quarto giorno per far risaltare ancora di più il miracolo da Lui operato. "Commosso profondamente" (Gv 11,38), fece rimuovere la pietra e gridò a gran voce: "Lazzaro, vieni fuori!" (Gv 11,43). Lazzaro ritornò in vita e, a quella vista, molti credettero nel Messia.
Questo miracolo è pieno di significati. Prima di tutto preannunzia la Morte e Risurrezione di Gesù. Di lì a poco, Gesù doveva morire per noi sulla croce, per poi risorgere glorioso. Tuttavia, c'è una grande differenza fra le due risurrezioni. Lazzaro tornò in vita, per poi morire di nuovo alcuni anni dopo; Gesù invece risorse glorioso, dischiudendo a noi le porte della Vita eterna. Il miracolo operato dal Signore preannunzia anche la nostra risurrezione che avverrà alla fine dei tempi. La fede ci assicura che il nostro corpo non rimarrà nella tomba, risorgerà per riunirsi all'anima e vivrà eternamente. Anche a noi, Gesù griderà "vieni fuori!" (Gv 11,43). A quelle parole divine il nostro corpo risorgerà per non morire più e, se l'anima sarà in Paradiso, risorgerà glorioso, come quello del Signore.
Il miracolo della risurrezione di Lazzaro simboleggia anche la risurrezione spirituale di ciascuno di noi, dalla morte del peccato alla vita soprannaturale. Questo dono lo abbiamo ricevuto con il santo Battesimo. Per questo motivo, la pagina del Vangelo di oggi, insieme con quelle delle domeniche precedenti, rientrava nell'antica catechesi di preparazione per il Battesimo. Nella terza domenica di Quaresima, con l'episodio della Samaritana al pozzo di Sicar, abbiamo meditato sul Battesimo come fonte di purificazione; nella quarta domenica, con il racconto del cieco nato, abbiamo riflettuto sul Battesimo come luce che illumina la nostra vita; infine, con il brano del Vangelo della risurrezione di Lazzaro, siamo invitati a riflettere sul Battesimo come rigenerazione dell'uomo, come il Sacramento che ci dona la vita immortale.
Arrivati al termine di questa omelia, vorrei indicare un piccolo pensiero da fare nostro e da portare, per così dire, a casa, per poi meditarlo nei prossimi giorni. Il pensiero riguarda proprio il Battesimo. Facciamo un serio esame di coscienza: sono fedele alle promesse battesimali, ovvero all'impegno di credere e di rinunciare al peccato, oppure mi sto adeguando sempre di più alla mentalità di questo mondo?
Per essere fedeli alle promesse del Battesimo, il segreto è quello di mettere la nostra vita nelle mani della Madonna e di pregarla ogni giorno. Lei, che è stata la prima discepola del Signore, Colei che ha vissuto il Vangelo con assoluta fedeltà, aiuterà anche noi ad essere fedeli e a vivere come figli della luce.

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Fonte: Il settimanale di Padre Pio

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