BastaBugie n�664 del 13 maggio 2020

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1 DIECI CONSIGLI PER ESSERE MASCHI OGGI
Nel tempo in cui l'uomo appare sempre più incerto e confuso, torniamo a proporre il modello dei cavalieri medievali, cioè degli eroi senza macchia e senza paura
Autore: Roberto Marchesini - Fonte: Il Timone
2 LE FRASI CHOC DEGLI ISLAMICI ITALIANI SULLA CONVERSIONE DI SILVIA: ''MA QUALI TERRORISTI? L'HANNO SOLO RIEDUCATA''
A Roma i musulmani non credono che la conversione di Silvia Romano sia stata forzata: ''Quella è gente che prega, i terroristi siete voi occidentali'' (VIDEO: Le frasi choc sulla conversione di Silvia)
Autore: Elena Barlozzari e Alessandra Benignetti - Fonte: Il Giornale
3 IL RISCATTO PAGATO PER SILVIA ROMANO E' IMMORALE PERCHE' SERVIRA' PER UCCIDERE E SEQUESTRARE ALTRE PERSONE
Musulmani nel mediterraneo: mille anni di rapimenti, uccisioni e conversioni forzate
Autore: Graziano Motta - Fonte: La Nuova Bussola Quotidiana
4 DA SILVIA AD AISHA: IL SEGRETO DI UNA CONVERSIONE (FORZATA?)
La scelta del nome ''Aisha'' ha un significato profondo per l'islam: a 9 anni fu data in moglie al 50enne Maometto da uno dei suoi migliori amici (del resto fu l'Arcangelo Gabriele ad ordinare al profeta di sposarla)
Autore: Francesco Boezi - Fonte: Il Giornale
5 IL LOCKDOWN PER IL CORONAVIRUS E' STATO INUTILE, ANZI... DANNOSO
Le statistiche negli Usa confermano che l'84% dei pazienti ricoverati in ospedale non viaggiava, non lavorava, non frequentava luoghi pubblici (infatti il 66% ha contratto il coronavirus in casa)
Autore: Stefano Magni - Fonte: La Nuova Bussola Quotidiana
6 CONTRO IL CORONAVIRUS LO STATO STA USANDO LA SUA ARMA PIU' EFFICACE: LA BUROCRAZIA
Lo Stato ottiene pochissimi risultati, ma è invece molto efficiente nel bloccare l'iniziativa dei cittadini (in 100 giorni ben 763 provvedimenti emanati e 50 task force istituite per un totale di 1.460 esperti)
Autore: Leone Grotti - Fonte: Tempi
7 IL TERRIFICANTE VIDEO DEI BIMBI NATI DA UTERO IN AFFITTO BLOCCATI IN UCRAINA DAL CORONAVIRUS
La straziante storia dei 46 neonati piangenti che attendono di essere ritirati da chi li ha ordinati e pagati in internet (VIDEO: i bambini prodotti in Ucraina)
Autore: Costanza Miriano - Fonte: Blog di Costanza Miriano
8 DOPO IL CORONAVIRUS SARA' IMPOSSIBILE RIPETERE IL MIRACOLO ECONOMICO ITALIANO DEGLI ANNI '60
Dopo le devastazioni della Seconda Guerra Mondiale, l'Italia (che aveva perso la guerra) realizzò una rinascita che la fece diventare la quarta potenza industriale del mondo, ma oggi mancano le tre premesse di allora
Autore: Antonio Socci - Fonte: Libero
9 OMELIA VI DOM. DI PASQUA - ANNO A (Gv 14,15-21)
Se mi amate, osserverete i miei comandamenti
Fonte: Il settimanale di Padre Pio

1 - DIECI CONSIGLI PER ESSERE MASCHI OGGI
Nel tempo in cui l'uomo appare sempre più incerto e confuso, torniamo a proporre il modello dei cavalieri medievali, cioè degli eroi senza macchia e senza paura
Autore: Roberto Marchesini - Fonte: Il Timone, febbraio 2020 (n.192)

La cavalleria è morta, così si sente spesso dire. Oppure: la cavalleria è roba d'altri tempi! Medioevo, commenta qualcun altro, per indicare una cosa vecchia, morta e sepolta. È proprio così? La cavalleria è roba di un'altra epoca, improponibile all'uomo d'oggi, liquido e tecnologico? Io credo che la cavalleria non sia vecchia: credo che sia eterna. Lo dimostrano l'aner greco, al vir romano, fino al galantuomo (gentleman, all'inglese).
A chi pensa che la cavalleria sia una cosa laica e che non riguardi i cattolici, ricordiamo che san Giovanni Bosco, educatore sommo proponeva ai suoi ragazzi (tra gli altri) uno slogan cavalleresco: piuttosto la morte, ma non il peccato. Don Bosco voleva che i suoi ragazzi fossero cavalieri e proponeva loro quel modello. Il fatto è che nasciamo (anzi: veniamo concepiti) maschi; e abbiamo il compito di diventare uomini. Uomini compiuti, cioè veri uomini: eroi, cavalieri. È come se, assegnandoci un sesso, ci venisse assegnato un compito, un destino da compiere, una vocazione. Non scegliamo chi diventare: scegliamo di aderire ad un progetto, oppure di rifiutarlo.
Per realizzare questo progetto abbiamo bisogno di una guida, di una indicazione. Soprattutto nella società attuale, nella quale l'uomo appare sempre più spaesato, confuso, in balia delle mode e di ogni refolo di vento.

DECALOGO PER IL CAVALIERE MODERNO
Ecco, dunque, un decalogo per il cavaliere moderno; un cavaliere, come si dice attualmente, 2.0.
1) Il cavaliere vive in un mondo metafisico, non un mondo materiale. Sa che «ciò che facciamo in vita riecheggia per l'eternità» (cit. Il gladiatore). Cerca il bene e rifugge il male. Coltiva la propria spiritualità in modo virile e non se ne vergogna. Porta sempre con sé il santo rosario, segno visibile della propria servitù a Maria. Coltiva un rapporto personale con Dio; dedica la sua vita all'imitatio Christi. Poiché Cristo è «il paradigma e l'esemplare
degli uomini-maschi» (Mulieris dignitatem, § 25).
2) Il cavaliere è forte e coraggioso (Giosuè 1). Ha, cioè, sviluppato la virtù della fortezza che consiste nella disponibilità a soffrire, a perdere qualcosa, pur di conseguire il bene. Non ha paura di pagare il fio per le sue azioni, di assumersene la responsabilità. Non gli importa di compromettere la carriera, l'amicizia o la reputazione, se questo e il prezzo della propria personale dignità.
3) Il cavaliere rifugge la reputazione, il rispetto umano; non cerca la compiacenza. Non vuole piacere agli uomini, il cui giudizio è scritto sulla sabbia; bensì a Dio e alla propria coscienza (Galati 1, 10). Prende esempio da Cristo, del quale la gente diceva «è un mangione e un beone, un amico di pubblicani e di peccatori» (Matteo 11,19) e non se ne preoccupava minimamente.
4) Il cavaliere onora la sua parola. Non se la rimangia quando, per rispettarla, deve pagare un prezzo (Salmo 15, 4). Ovviamente, questo vale anche (e soprattutto) per la solenne e pubblica promessa matrimoniale: «Prometto di esserti fedele sempre, nella gioia e nel dolore, nella salute e nella malattia, e di amarti e onorarti per tutti i giorni della mia vita». Ama la verità, cioè Cristo (Giovanni 14, 6); non pronuncia falsità. Se non può essere sincero, tace:; ma non mente.
5) Il cavaliere, se non può parlare bene di qualcuno, non ne parla affatto (cit. Giulio Andreotti). Infatti parla molto poco; così facendo evita di dire continuamente stupidaggini. Non ama i social media, mezzo di maldicenza, mormorazione e derisione; se li usa, lo fa con circospezione e prudenza. Non parla mai degli assenti: se deve dire qualcosa, la dice apertamente, faccia a faccia. Non è volgare né sguaiato.
6) Il cavaliere tratta gli altri secondo la «regola aurea»; come lui stesso vorrebbe essere trattato (Luca 6, 31). È capace di mettersi nei panni degli altri, cosa che è il fondamento della buona educazione. Non tollera prepotenze, ingiustizie e soprusi, soprattutto nei confronti dei più deboli.
7) Il cavaliere rispetta la femminilità della donna, anche se essa stessa non lo fa. Mette la sua forza e le sue doti al di lei servizio, anche se lei non lo chiede e non lo desidera. Non lo deve a lei, ma a se stesso. Non usa le donne, non le seduce.
8) Il cavaliere ama il lavoro. Non lo considera una fonte di soddisfazione e di realizzazione, come fa il borghese. Ma accetta con gioia la punizione divina (Genesi 3, 19) e l'ammonizione dell'apostolo (2 Tessalonicesi 3, 10). Ama la fatica, sa che essa paga sempre. Rifugge l'accidia, peccato mortale.
9) Il cavaliere è povero, nel senso evangelico della parola (Matteo 6, 21). Non è attaccato ai beni materiali (automobili e cellulari compresi) né al denaro; li considera un mezzo (per il sostentamento proprio e della propria famiglia), non un fine. È generoso, fa la carità appena può, e ringrazia chi gliene dà la possibilità.
10) Il cavaliere è casto. Ed è casto perché è libero. Se un uomo è schiavo delle proprie passioni, è semplicemente schiavo (Giovanni 8, 34). Troverà sempre qualcuno disponibile a tenerlo al guinzaglio.

CONCLUSIONE: L'ESERCIZIO UMILE E QUOTIDIANO DELLE VIRTÙ
Ecco, dunque, un decalogo per il cavaliere dei tempi moderni. [...] Lo scrivente non sta proponendo se stesso come modello di cavalleria compiuta, ma come confratello dell'ordine cavalleresco, compagno di viaggio. Siamo tutti in cammino, fino a quando Dio vuole.
Come si vede, il codice qui proposto è composto da virtù (temperanza, giustizia, fortezza,..); e le virtù, essendo abiti (come i vizi) si acquisiscono esercitandole. Ogni giorno, nelle piccole cose quotidiane. È cosi che si conquistano le più alte vette morali: con pazienza e perseveranza (altre virtù). Non è l'exploit di una volta, che fa di noi dei cavalieri; piuttosto l'esercizio umile e quotidiano delle virtù.

Fonte: Il Timone, febbraio 2020 (n.192)

2 - LE FRASI CHOC DEGLI ISLAMICI ITALIANI SULLA CONVERSIONE DI SILVIA: ''MA QUALI TERRORISTI? L'HANNO SOLO RIEDUCATA''
A Roma i musulmani non credono che la conversione di Silvia Romano sia stata forzata: ''Quella è gente che prega, i terroristi siete voi occidentali'' (VIDEO: Le frasi choc sulla conversione di Silvia)
Autore: Elena Barlozzari e Alessandra Benignetti - Fonte: Il Giornale, 12/05/2020

Ci sono tanti aspetti della storia di Silvia Romano ancora da chiarire, ma uno di quelli che sembra aver suscitato maggior interesse nell'opinione pubblica è il segreto della sua conversione.
La scelta di abbracciare la stessa religione dei suoi carcerieri, di quelli che hanno fatto irruzione nella sua vita strappandola alla libertà e agli affetti per 18 mesi, è una cosa che sfugge all'umana comprensione. Non esistono spiegazioni razionali che ci mettano al sicuro da ciò che non riusciamo a decifrare. E così ognuno ricorre alla sua suggestione.
Chi prega Allah se ne compiace e lo prende come un segno della sua grandezza. È il caso dei tanti utenti che in queste ore stanno commentando la notizia sui social arabi tirando in ballo la divina provvidenza: "Grazie ad Allah che le ha indicato la retta via dell'Islam". Qualcun altro, come riferisce Askanews, esulta per "l'impresa dei giovani mujaheddin". "Le strade del Signore sono infinite", ci dice un giovane studioso del Corano che incrociamo davanti alla moschea di via della Marranella, nel quartiere romano di Tor Pignattara, dove la concentrazione di musulmani è altissima. Impossibile, secondo il ragazzo, che la sua conversione sia stata forzata. "È stata una sua decisione, nell'Islam la conversione forzata - spiega - non esiste". E poi, aggiunge: "Se fosse stata costretta, perché quando è tornata in Italia non si è tolta il velo?".

ALLAH GLI HA TOCCATO IL CUORE
È la stessa versione che ci dà Omar, un medico libico sulla trentina che frequenta la moschea di via Capua. "La prova è stata il suo rientro in Italia, era velata e sorridente, credo che Allah le abbia toccato il cuore", spiega. "Secondo me - aggiunge - ha trovato qualcosa che forse le mancava". Il giovane non crede alla versione del rapimento né che il governo italiano abbia pagato un riscatto ai terroristi. "Non sono convinto, per ora le informazioni sono poche e non ci sono certezze, per come la vedo io la ragazza non sembrava particolarmente provata". In ogni caso, ci tiene a precisare, "se si fosse trattato davvero di un sequestro è chiaro che lo condannerei". Ma non tutti qui la pensano così.
Nella kasbah romana c'è anche chi legittima i jihadisti somali di al Shabaab e si surriscalda quando ci sente chiamarli "terroristi". "Quali terroristi? Quella è gente che prega, i terroristi siete voi che lanciate le bombe sui bambini assieme agli americani", ci risponde piccato un musulmano sulla settantina. "Lei è andata lì per seminare discordia e invece ha ricevuto un'educazione e si è arricchita spiritualmente, adesso è libera e felice", continua. Capito come? Secondo il nostro interlocutore ci sarebbe pure da ringraziarli questi tagliagole per aver "educato" Silvia all'Islam facendola uscire dal "buio". "Non è stata una conversione - insiste - ma un ritorno alle origini, il battesimo e la cresima quelli sì che sono atti terroristici perché tutti noi nasciamo musulmani". Nel momento in cui Silvia ha sposato la fede coranica, ci assicura, "è diventata come una sorella, ed i mujaheddin morirebbero per lei". L'anziano non ha dubbi: "È stata trattata da signora, noi le donne le rispettiamo".

QUESTA RAGAZZA HA SENTITO UNA MANCANZA DI SPIRITUALITÀ
Affermazioni forti da cui Siddique Nure Alam, presidente dell'associazione Dhuumcatu e punto di riferimento della comunità islamica di Tor Pignattara che lo conosce come Batchu, prende le distanze. "La questione della conversione di Silvia è stata esasperata, si sono create delle tifoserie da stadio, io - spiega - sono contento che sia stata liberata, il resto sono affari suoi". "Non credo - aggiunge - che l'abbiano trattata male, sennò non si spiegherebbe il suo atteggiamento disteso". Il fatto che la cooperante si sia uniformata ai costumi religiosi dei suoi carcerieri, per Batchu, potrebbe essere dovuto anche al vuoto di valori della società occidentale. "Secondo me - conclude - questa ragazza ha sentito una mancanza di spiritualità, ci sono tanti cattolici che si definiscono tali ma non praticano, credo che venendo in contatto con una religione più forte abbia finito per esserne ispirata".

Nota di BastaBugie
: nel seguente video (durata: 4 minuti) dal titolo "Le frasi choc sulla conversione di Silvia: È un bene, l'hanno rieducata".

Fonte: Il Giornale, 12/05/2020

3 - IL RISCATTO PAGATO PER SILVIA ROMANO E' IMMORALE PERCHE' SERVIRA' PER UCCIDERE E SEQUESTRARE ALTRE PERSONE
Musulmani nel mediterraneo: mille anni di rapimenti, uccisioni e conversioni forzate
Autore: Graziano Motta - Fonte: La Nuova Bussola Quotidiana, 12-05-2020

La vicenda di ostaggi italiani catturati da fondamentalisti musulmani continua a dominare l'interesse dell'opinione pubblica, e di riflesso le cronache, specialmente televisive, con punte critiche ricorrenti, come il caso di Silvia Romano.
Sedici anni orsono suscitò scalpore e polemiche la vicenda delle due Simone, la romana Torretta e la riminese Pari. Si concluse il 5 ottobre 2004 con la loro visita di ringraziamento a Giovanni Paolo II. L'anno successivo suscitò grande interesse la liberazione della giornalista Giuliana Sgrena. Paradossalmente tra la persistente, e diffusa, ignoranza di un fenomeno storico secolare; ma sempre con il coinvolgimento pieno del potere politico.
Ha fatto il suo tempo il coinvolgimento religioso. Importantissimo sino agli albori dell'Ottocento, ebbe come grandi protagonisti due Ordini religiosi - onore e vanto della Chiesa cattolica - cioè gli Ordini dei Trinitari e dei Mercedari, fondati proprio per un'opera meravigliosa di carità - la liberazione degli ostaggi (secondo un calcolo attendibile, più di centomila) - arricchita dalla palma del martirio di tanti suoi membri. Mai però, prima d'ora, si era visto uno spiegamento di uomini, intelligenze, energie e denaro per il riscatto di un'italiana ostaggio dei musulmani che, una volta "liberata", ha affermato di essersi convertita all'Islam, confermando questa sua decisione con un rigoroso abbigliamento per la cerimonia di accoglienza.

LIBERAZIONE?
A questo punto non si capisce di che "liberazione" sia stata oggetto. Come musulmana, Silvia non aveva bisogno di essere riscattata, era titolare di diritti sanciti dalla Sharia e da secolari consuetudini sociali. Forse non le era consentito dai suoi rapitori di venire in Italia, ma i Servizi segreti, italiani e turchi, più quelli dell'inesistente Stato somalo, in mesi e mesi di trattative si presume fossero venuti (o dovessero essere giunti) a conoscenza della sua condizione. Cioè che non in una "liberazione" essi erano impegnati, quanto in un'impresa di sottrazione di una musulmana ad un'emergenza, ormai però ovvia in società islamiche che i fondamentalisti intendono sottomettere pienamente alle loro convinzioni religiose. Convinzioni che Silvia, convertendosi all'Islam, dovrebbe ben conoscere e, se non apprezzare, almeno accettare.
Quindi non si capisce perché abbia aderito al progetto di venire in Italia a spese dei suoi connazionali, su un aereo di Stato, con tutti gli onori e gli applausi riservati ad una "liberata". Non si capisce nemmeno perché di questo non ne sapessero (o non fossero stati informati) il presidente del Consiglio e il ministro degli Esteri. E la pubblica opinione. Alla luce di quanto sopra l'aspetto e il quantum, sempre annebbiato, del "riscatto", dovrà essere portato alla luce.

MILLE ANNI DI RAPIMENTI, UCCISIONI E CONVERSIONI FORZATE
In attesa dunque degli attesi chiarimenti, dei Servizi segreti impegnati e della Magistratura, il caso di Silvia Romano offre l'occasione di evocare all'interessata e a tanti nostri connazionali come, per secoli, siano intercorsi i rapporti tra i musulmani del Mediterraneo e gli europei, in particolare gli italiani. Ricordando fra l'altro che i Mercedari, entrando nell'Ordine, aggiungevano ai tre voti di povertà, castità e ubbidienza quello "di sostituire con la loro persona i prigionieri in pericolo di rinnegare la fede". E che, per consuetudine, chiedevano ai "redenti" di testimoniare ai benefattori "il buon impiego delle loro offerte".
E se si ha desiderio di approfondire queste relazioni, c'è un'abbondanza di studi e libri storici, dalle ricostruzioni affascinanti oppure orripilanti (correlati a episodi di eroismo o di crudeltà), come l'eroica difesa di Famagosta (agosto 1571) di cui fu protagonista Marcantonio Bragadin, pagata con un inenarrabile martirio (fu addirittura scuoiato!) per aver egli disdegnato di convertirsi all'Islam. E a proposito di conversioni - tutte di cristiani deboli o malvagi - le pagine di storia ne sono rivelatrici di parecchie, tra le righe delle guerre tra Venezia e l'Impero ottomano. Fra le più evocate quella di un perfido uomo di mare di origini calabre, conosciuto col nuovo nome di Uluch Alì, che fu Bey di Algeri nonché uno dei tre ammiragli turchi nella famosa battaglia navale di Lepanto (7 ottobre 1571).

Nota di BastaBugie: Tommaso Scandroglio nell'articolo seguente dal titolo "Immorale quel riscatto: i soldi faranno morti e sequestri" spiega perché non è stato moralmente lecito pagare il riscatto per Silvia Romano. Il perché è semplice: gli effetti negativi sopravanzano quelli positivi, infatti quei soldi serviranno per uccidere più di una persona e per sequestrare molte altre persone.
Ecco l'articolo completo pubblicato su La Nuova Bussola Quotidiana il 12 maggio 2020:
Quattro milioni di euro. Tale è stato forse il riscatto pagato per liberare la cooperante Silvia Romano. Da qui un quesito: è stato moralmente lecito pagare questo riscatto? La risposta è negativa. Cerchiamo di comprenderne i motivi.
Il caso, dal punto di vista etico, si inquadra nella cooperazione materiale al male. Nella cooperazione formale, colui che coopera condivide l'intenzione dell'agente principale: Tizio vende un'arma a Caio sia per guadagnarci sia per aiutare Caio a compiere un assassinio. Nella cooperazione materiale, invece colui che coopera non condivide l'intenzione dell'agente principale: è il caso del riscatto per la liberazione della Romano. Coloro che hanno sborsato i quattro milioni di euro non lo hanno fatto con l'intenzione di agevolare i progetti terroristici dei sequestratori, ma lo hanno fatto per vedere libera la Romano.
La cooperazione materiale può essere, a seconda dei casi, lecita o illecita. Per comprendere se è moralmente lecita o illecita occorre applicare il principio del duplice effetto, principio che viene chiamato in causa quando un atto produce un effetto positivo (o più di un effetto positivo) e un effetto negativo (o più di un effetto negativo). Il principio del duplice effetto consta di alcune condizioni che occorre soddisfare affinché l'azione, che produce questi effetti contrastanti, sia moralmente lecita. La prima condizione esige che la natura dell'atto sia buona. È una condizione implicita alla fattispecie interessata dal principio del duplice effetto: si compie l'atto per ottenere l'effetto positivo. In questo caso si paga una somma di denaro per vedere liberata la persona sequestrata. L'atto è in sé moralmente lecito.
La seconda condizione prevede che l'effetto negativo non sia voluto direttamente ma meramente tollerato. Come già accennato, l'agevolazione di future attività terroristiche, tramite il pagamento del riscatto, è effetto tollerato, non ricercato direttamente. La terza condizione chiede che l'effetto negativo non sia causa dell'effetto positivo: l'agevolazione di future azioni terroristiche non ha prodotto la liberazione dell'ostaggio. È dunque effetto negativo che non ha un nesso causale con l'effetto positivo. Un'altra condizione prevede che si versi in stato di necessità: la soluzione di pagare il riscatto era la soluzione ottimale, ossia l'unica soluzione che prometteva i maggiori benefici rispetto agli effetti negativi prodotti. Facciamo dunque il caso che, ad esempio, un intervento militare avrebbe causato più danni che benefici rispetto alla soluzione del pagamento del riscatto.
Veniamo infine ad una quinta condizione che nel caso di specie è quella che fa la differenza: gli effetti positivi devono essere di pari importanza degli effetti negativi o di maggior importanza tenendo altresì in conto la probabilità che si verifichino sia gli effetti negativi che quelli positivi. Nella vicenda del riscatto della Romano gli effetti negativi, assai probabili, sopravanzano per importanza quelli positivi, quindi l'atto risulta essere inefficace, più in particolare risulta essere dannoso. Infatti su un piatto della bilancia abbiamo un duplice effetto buono: la salvezza e la liberazione di una donna. Sull'altro piatto della bilancia abbiamo molti più effetti negativi della medesima natura: quei soldi serviranno per uccidere più di una persona e per sequestrare molte altre persone. Insomma il gioco non vale la candela.
Dunque nella ipotesi del riscatto della cooperante milanese il criterio che non è stato soddisfatto è quello relativo al principio di efficacia o di proporzione. Tommaso d'Aquino spiega che alcune condizioni in cui è calato un atto possono mutarne la natura: da astrattamente buona a concretamente malvagia. L'Aquinate scrive: «un atto che parte da una buona intenzione può diventare illecito, se è sproporzionato al fine» (Summa Theologiae, II-II, q. 64, a. 7 c.). Traduciamo: paghiamo il riscatto con l'intenzione buona di liberare la donna, ma le modalità dell'atto fanno sì che esista una sproporzione tra effetti negativi a danno di quelli positivi, proprio perché i soldi versati avranno salvato e liberato una persona a fronte della morte e incarcerazione di molti più innocenti. Dato che l'atto è alla fine dannoso (o globalmente inteso come dannoso), l'intelletto lo giudica irragionevole e quindi malvagio.

Fonte: La Nuova Bussola Quotidiana, 12-05-2020

4 - DA SILVIA AD AISHA: IL SEGRETO DI UNA CONVERSIONE (FORZATA?)
La scelta del nome ''Aisha'' ha un significato profondo per l'islam: a 9 anni fu data in moglie al 50enne Maometto da uno dei suoi migliori amici (del resto fu l'Arcangelo Gabriele ad ordinare al profeta di sposarla)
Autore: Francesco Boezi - Fonte: Il Giornale, 12/05/2020

Silvia Romano si è convertita all'islam. La questione suscita almeno una domanda.
Mentre buona parte dei commentatori si interroga sulla vicenda in sé, noi abbiamo chiesto un parere a Monsignor Nicola Bux, già collaboratore di Benedetto XVI. Bux è convinto che i cristiani non debbano temere la persecuzione. E che anche le conversioni possano avere delle attenuanti in caso di mancata consapevolezza del soggetto che intraprende un percorso di quel tipo. Ma per il monsignore l'Europa sta correndo dei rischi, che non dovremmo evitare di tenere a mente.
Mons. Bux, possibile che Silvia Romano sia stata convertita o magari sia stata manipolata dagli islamici? La giovane sostiene che la sua adesione all'islam sia stata una scelta spontanea...
Il concilio ricorda che la libertà religiosa riguarda l'immunità dalla coercizione nella società civile. Ma anche che ciò lascia intatta la dottrina cattolica sul dovere morale dei singoli e delle società verso la vera religione e l'unica chiesa di Cristo. Una persona cosciente del suo battesimo conosce tutto questo.
Le risuta normale che una persona finita nelle mani di estremisti islamici finisca per convertirsi?
Dipende dal soggetto. Un cattolico dalla coscienza ben formata sa qual è la vera religione e, di conseguenza, che il suo abbandono, cioè l'apostasia è uno dei peccati più gravi. Si badi che l'islam punisce l'apostasia con la morte. Pertanto, il vero cristiano non teme il martirio per Gesù Cristo. Se invece la coscienza non fosse ben formata o facesse ciò per ignoranza, esiste l'attenuante davanti a Dio.
Quale messaggio per l'identità europea arriva dalla storia di Silvia Romano?
Ricordo un documentario prodotto dalla Rai dieci anni fa. L'indimenticabile Luca De Mata lo intitolò Dio: pace o dominio, perché dal reportage in giro per l'Europa aveva ricavato che l'islam stesse avanzando scaltramente, presentandosi come religione di pace, in realtà puntando al dominio del continente. Celebre l'avvertimento dell'allora vescovo di Izmir (Smirne, ndr) agli europei: i promotori islamici dell'immigrazione in Europa pensano: con le vostre leggi vi invaderemo, con la sharia vi sottometteremo. Che vi cooperino gli europei, è masochismo. La Rai dovrebbe riproporre quel documentario in cinque puntate.
Teme per i cattolici in giro per il mondo?
Dalle statistiche è noto che il cristianesimo cattolico è la religione più perseguitata al globo. Ma i cristiani non temono la persecuzione, perché è la condizione ordinaria del cristianesimo. Gesù Cristo ha detto: "Hanno perseguitato me, perseguiteranno anche voi". Perciò il cristianesimo vince sempre quando è sconfitto. Papa, cardinali, vescovi, sacerdoti e fedeli lo dovrebbero sapere a memoria, non solo, ma anche che alla fine solo la croce di Cristo vince. Lo ricorda Giovanni Paolo II nell'enciclica missionaria Redemptoris missio.
Quindi?
Quindi, i programmi di neo-umanesimo, di fratellanza universale, di dialogo interreligioso senza Cristo, sono destinati al fallimento. Meglio farebbero le chiese europee a spendere tutte le forze, anche finanziarie, anzi la loro vita, nell'unico compito che Cristo ha affidato loro: far conoscere il vangelo a tutte le genti e chiamarle a conversione. Solo l'estensione della fede cattolica può compattare il globo secondo i tempi di Dio. Questo passerà attraverso la persecuzione, la croce, la vera "teologia della liberazione".
Esistono fenomeni di proselitismo studiati ad hoc? Magari adatti pure per gli europei che fanno cooperazione all'estero?
Circa vent'anni fa, ho conosciuto ad Amman dei giovani sauditi che ogni tre mesi, muniti di visto, uscivano dall'Arabia per venire a catechizzarsi per diventare cristiani. Mi mostrarono il materiale propagandistico stampato in arabo, che dal loro paese veniva inviato fino a Londra, documentando il piano di dominio islamico in Europa. Per attuarlo è necessaria l'immigrazione ma anche il proselitismo tra gli europei, specialmente delle Ong, in cui l'identità cristiana o è inesistente o è annacquata. Oggi sappiamo che Londra è in gran parte musulmana, complice anche la pressoché totale sparizione degli anglicani. Ma c'è una pattuglia di cattolici che resiste e vincerà, a costo del martirio.
Silvia ha scelto di chiamarsi Aisha, come una delle mogli di Maometto...
Chissà se prima di cambiar nome e credo, sapeva che santa Silvia è la madre di san Gregorio Magno. E chissà se conosce quanto conclude uno studioso di prima grandezza, dell'islam e della tradizione araba cristiana, della cui amicizia mi onoro, il gesuita egiziano Samir Khalil Samir - citando il Corano al versetto 228 della sura della Vacca e al 34 di quella delle Donne: "Mentre nella concezione cristiana l'uomo e la donna sono messi su un piano di sostanziale parità,in quella musulmana si stabilisce una differenza a livello ontologico, come affermano ancora oggi gli autori musulmani, che presentano il ruolo della donna nell'Islam spiegando che essa, essendo per sua natura più debole fisicamente, più fragile psichicamente e più emotiva che razionale, è inferiore all'uomo e deve sottostare a lui".

Nota di BastaBugie: Ignazio Stagno nell'articolo seguente dal titolo "Silvia Romano adesso si chiama Aisha: ecco cosa significa per l'islam" spiega che la scelta del nome "Aisha" ha un significato profondo nel mondo islamico.
Ecco l'articolo completo pubblicato su Il Giornale l'11 maggio 2020:
Silvia Romano ora è un'islamica. Il suo percorso di conversione, come lei stessa ha raccontato, non è avvenuto sotto costrizione. A metà della sua prigionia ha chiesto un Corano e da lì avrebbe iniziato un percorso di fede che l'ha portata a credere in Allah e nel suo profeta, Maometto.
Ma dalle pieghe del suo racconto emerge anche un altro aspetto. Dopo la conversione, la Romano avrebbe anche cambiato nome. Non è più Silvia, adesso si chiama "Aisha". Sarebbe questo il nome islamico che la ragazza ha scelto durante la sua prigionia e che ha rivendicato una volta tornata a casa, nel suo Paese. Ma perché ha scelto proprio il nome Aisha? Cosa significa nell'islam? Il nome è un omaggio ad Aisha bint Abi Bakr, figlia di Abu Bakr, primo califfo dell'islam. Ma Aisha è stata anche la più importante delle spose di Maometto. Secondo quanto riportato dal testo islamico, Maometto sposò Aisha per superare il lutto della amata moglie Khadija nel 619.
Aisha quando venne promessa in sposa a Maometto aveva solo sei anni e a quanto pare era la figlia di uno dei migliori amici del profeta. A far scattare il matrimonio sarebbe stata la visione dell'Arcangelo Gabriele che avrebbe dato l'ordine a Maometto di sposare Aisha. Il matrimonio tra il profeta e Aisha sarebbe stato consumato quando la sposa aveva nove-dieci anni. Maometto al momento delle nozze aveva 50 anni. Secondo alcuni studiosi dell'islam però l'età di Aisha al momento delle nozze si attesterebbe in una fascia che va dai 14 ai 24 anni e una parte degli studi colloca l'età di Aisha al momento delle nozze a 19 anni. Aisha divenne, secondo i testi dell'islam, la favorita di Maometto. Il legame tra Maometto e Aisha proseguì anche dopo la morte del profeta. Infatti secondo la tradizione, Maometto venne sepolto al momento della sua morte (a 62 anni) nella "camera di Aisha", all'interno della sua stanza. Lì sarebbe stata eretta la Moschea del Profeta. Al momento della morte di Aisha venne posto un sacello vicino al marito.
Ma a quanto pare era vuoto. Il corpo della donna, morta a 62 anni, sarebbe stato collocato nel cimitero medinese di Al Baqi al-Ghrarqad. In arabo il nome di Aisha significa "Madre dei credenti". E dopo la morte di Maometto, la donna divenne un punto di riferimento importante per tutto il mondo islamico. Quanto appreso da Maometto lo confidò al nipote Urwa ibn al-Zubayr. Insomma la scelta di Silvia Romano di farsi chiamare Aisha ha di certo un significato profondo che di fatto spiega anche il percorso di conversione affrontato durante la prigionia in Somalia.

Fonte: Il Giornale, 12/05/2020

5 - IL LOCKDOWN PER IL CORONAVIRUS E' STATO INUTILE, ANZI... DANNOSO
Le statistiche negli Usa confermano che l'84% dei pazienti ricoverati in ospedale non viaggiava, non lavorava, non frequentava luoghi pubblici (infatti il 66% ha contratto il coronavirus in casa)
Autore: Stefano Magni - Fonte: La Nuova Bussola Quotidiana, 08-05-2020

"Questa è una sorpresa: la maggioranza assoluta della gente (contagiata, ndr) era a casa". La scoperta fatta dal governatore di New York, Andrew Cuomo, è quella di una prima statistica completa su dove siano avvenuti i contagi di Covid-19 nello Stato più colpito in assoluto negli Usa. Il 66% dei malati ospedalizzati hanno contratto la malattia mentre era a casa.
"Pensavamo che forse prendessero i mezzi pubblici e abbiamo preso provvedimenti speciali sui mezzi pubblici, ma invece, no, questa gente era letteralmente a casa", ha proseguito il governatore dello Stato di New York, che descrive la scoperta come "uno shock". La statistica è stata pubblicata dopo un sondaggio nei 100 ospedali della città simbolo degli Stati Uniti, su un campione di 1000 pazienti. Il primo luogo di contagio è, appunto, casa propria, con il 66% dei pazienti che ha contratto il Covid nelle quattro mura della propria abitazione, al secondo posto ci sono le case di riposo (18%). Pochissimi i casi di contagio in carcere (meno dell'1%) e fra i senza tetto (appena il 2%). Circa l'84% dei pazienti ricoverati in ospedale non viaggiava, non lavorava, non frequentava luoghi pubblici. La maggioranza schiacciante (73%) ha più di 50 anni. Circa la metà sono cittadini di etnia ispanica o afro-americani. Quasi nessuno è un lavoratore in aziende ritenute essenziali e dunque ancora aperte in tempo di epidemia.

IL FALLIMENTO DEL LOCKDOWN A NEW YORK
"Se vi isolate in casa, se prendete le giuste precauzioni, non contagerete la vostra famiglia" era il mantra di Cuomo, che ha imposto uno dei più duri lockdown degli Stati Uniti (in cui ogni Stato decide autonomamente sulla sua politica sanitaria). Questa notizia giunge alle sue orecchie come una clamorosa smentita. Il problema del lockdown che si riscontra a New York e negli altri Stati nordamericani che lo hanno imposto è molto simile a quello che si riscontra anche in Italia.
La statistica italiana su dove sono avvenuti i contagi è stata pubblicata dall'Istituto Superiore della Sanità il 24 aprile: il 44% è nelle case di riposo, il 24% nelle proprie case, il 10,8% in ospedale o ambulatorio e solo il 4,2% sul posto di lavoro. Le percentuali sono dunque invertite rispetto al caso di New York, ma risulta sempre che, nel corso del lockdown i due principali luoghi del contagio sono la casa di riposo e casa propria, cioè le due "trincee" che in teoria avrebbero dovuto proteggere soprattutto le fasce più deboli della popolazione, anziani e malati. Questo vuol dire che non sono state prese sufficienti precauzioni, né la gente è stata sufficientemente ben informata: i motivi del contagio in casa possono essere molteplici, come un familiare ammalato, un virus entrato attraverso una spesa, una consegna, forse, ma è solo un'ipotesi, anche l'aria condizionata.

IN UN LUOGO CHIUSO I MALATI CONTAGIANO I SANI
Ma queste statistiche dovrebbero suggerire anche altro. Finora il lockdown è stato adottato da governi locali e nazionali, fra cui quello italiano, in modo acritico come se fosse l'unica misura possibile per spezzare la catena dei contagi. Pur essendo economicamente e socialmente costosissima, questa strategia è diventata un fine in sé, invece di essere considerata per quello che è: un espediente per permettere alla sanità di riorganizzarsi dopo lo shock iniziale e mettere in piedi una struttura per individuare, tracciare e isolare gli infetti. La durata prolungata di un lockdown a oltre due mesi (come in Cina e in Italia) o oltre un mese (come New York) rischia di creare la falsa impressione che, se rimanessimo tutti in casa, il morbo si estinguerebbe. Cosa che non avverrà mai. Finché non si scoprono cure risolutive, o non si trova quantomeno il modo di individuare, con la maggior precisione possibile, i malati per metterli in quarantena (separandoli dai sani), il morbo non passa. La quarantena, da che mondo è mondo, è infatti per i malati contagiosi. Non per tutti, sani e malati indiscriminatamente. Il lockdown è come una quarantena imposta a tutti ed è ovvio che in ogni luogo chiuso i malati contagino i sani. Gli esempi migliori di lotta al coronavirus, come Taiwan e Corea del Sud, dimostrano che si è potuto ingabbiare il virus anche senza chiudere i cittadini in casa.

Nota di BastaBugie: Roberto Marchesini nell'articolo seguente dal titolo "L'impatto psicologico del Covid-19 sugli italiani" parla del sondaggio del Barometro Salute Mentale sull'impatto dell'emergenza sulla popolazione.
Ecco l'articolo completo pubblicato su La Nuova Bussola Quotidiana il 10 maggio 2020:
Finalmente abbiamo una valutazione degli effetti psicoogici del Covid-19 sulla popolazione italiana.
Dopo tanti articoli sugli ipotetici danni del virus sulla psicologia degli italiani, ecco presentato uno strumento di valutazione. Si tratta del Barometro Salute Mentale: un progetto dell'Ordine degli Psicologi del Lazio in collaborazione con la Facoltà di Medicina e Psicologia di Sapienza Università di Roma e con l'ENPAP - Ente Nazionale di Previdenza ed Assistenza per gli Psicologi.
L'obiettivo dello strumento è fotografare lo stato di salute mentale e il benessere psicologico della popolazione italiana, durante e dopo l'emergenza legata all'epidemia da Covid-19. I partecipanti vengono divisi per sesso e fasce d'età; dopodiché indicano quale emozione prevale durante la quarantena. Dai dati raccolti fino a oggi si nota che l'età è una variabile che influenza molto sul modo di vivere l'emergenza virale.
Le persone più giovani (<30), ad esempio, riferiscono più frequentemente reazioni ansiose. È la reazione più in linea con le comunicazioni confuse e allarmanti prodotte dai media, da molti medici e dal governo. In qualche modo, conferma quanto avevamo osservato circa la maggior vulnerabilità, da parte dei giovani, rispetto ai messaggi mainstream.
Le persone tra i 30 e i 39 anni manifestano più frequentemente rabbia e preoccupazione per le proprie relazioni. Generalizzando, sono le persone che vivono in modo più attivo la loro vita e le loro relazioni; hanno, in poche parole, fame di vita. Sentono che le misure per il contrasto del virus stanno sottraendo loro tempo prezioso, stanno facendo perdere loro incontri, contatti, opportunità.
Tra i 40 e i 49 anni emerge un maggior attaccamento alle relazioni. Hanno costruito una stabilità affettiva e relazionale, hanno raggiunto la maturità emotiva; apprezzano più di altri l'importanza della famiglia e delle relazioni.
Dai cinquant'anni in su si intensificano le preoccupazioni legate all'isolamento e al senso di solitudine. Questa fascia comprende i tanti anziani che popolano la nostra penisola e che ne costituiscono la fascia d'età più fragile. Va considerato anche che il virus colpisce più frequentemente e in modo più violento proprio questa popolazione. Per questo motivo, il tratto più frequente che queste persone manifestano è quello della solitudine.
Lo strumento presenta, ovviamente, delle importanti limitazioni, sia per quanto riguarda la selezione del campione che per il metodo usato (auto-valutazione). Sono dati che, quindi, vanno presi per quello che sono. Tuttavia possono dare una valutazione, per quanto grossolana, dell'impatto dell'emergenza sulla nostra popolazione.
Abbiamo fornito ai nostri lettori un piccolo vademecum per vivere al meglio questo periodo. Ricordiamo inoltre che il governo ha di nuovo dato la possibilità di svolgere attività all'aria aperta (con le dovute precauzioni): approfittiamone.


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Fonte: La Nuova Bussola Quotidiana, 08-05-2020

6 - CONTRO IL CORONAVIRUS LO STATO STA USANDO LA SUA ARMA PIU' EFFICACE: LA BUROCRAZIA
Lo Stato ottiene pochissimi risultati, ma è invece molto efficiente nel bloccare l'iniziativa dei cittadini (in 100 giorni ben 763 provvedimenti emanati e 50 task force istituite per un totale di 1.460 esperti)
Autore: Leone Grotti - Fonte: Tempi, 7 maggio 2020

Provvedimenti, decreti, ordinanze, Dpcm, protocolli: da oltre 100 giorni la macchina della burocrazia italiana emana articoli, commi, faq senza posa nel tentativo di arginare il coronavirus e alleviare le sue conseguenze sociali ed economiche. E per farlo sempre meglio, la politica si avvale di esperti, task force, commissari, straordinari e non, che richiedono una montagna di carte, un mare magnum di procedure che però alla fine producono scarsi o punto risultati.

323 ARTICOLI DI DPCM E DL CON ALLEGATI E FAQ
Secondo i calcoli del Sole24Ore dal 22 gennaio, giorno in cui il ministero della Salute fece uscire la prima circolare sul virus dal titolo "Polmonite da nuovo coronavirus in Cina", governo e regioni hanno emanato in tutto 763 atti. Più di sette al giorno così suddivisi: 224 sono i provvedimenti centrali di Palazzo Chigi, Protezione civile e commissario straordinario per l'emergenza, 539 gli atti regionali, 22 i decreti legge (9) e i famosi Dpcm, i decreti del presidente del Consiglio Giuseppe Conte (13), 323 gli articoli complessivi di detti dl e dpcm senza considerare una trentina di allegati e altrettante Faq per chiarire che cosa c'è scritto, 127 atti ministeriali tra circolari, ordinanze, decreti e direttive. Ma non finisce qui, perché tra Stato e Regioni sono state istituite ben 50 task force per un totale, tra incarichi e strutture per l'emergenza, di 1.460 esperti.

UNA MONTAGNA DI CARTE INUTILI
È chiaro che politica e burocrazia hanno attinto a tutto il campionario disponibile e la mole degli atti non deve stupire. Quando un governo decide che deve normare anche chi sono i congiunti, fino a quale grado di parentela è concesso un incontro (ma non un abbraccio), quando calcola la distanza esatta che deve intercorrere tra la residenza di una persona e la montagna o il mare per decretare chi può recarvisi e chi no, quando come nota il giornale di Confindustria rispolvera «i vecchi codici Ateco per dire chi apre e chi no, senza contare che le filiere produttive mescolano le aziende ben oltre le schematiche definizioni ferme al secolo scorso», quando discrimina tra le celebrazioni che si possono svolgere in chiesa, quando stabilisce che i parchi sono aperti ma lo scivolo e l'altalena no, che il bar può alzare la saracinesca ma solo se vende sigarette, quando inventa cinque o sei autocertificazioni, sempre più complesse, quando alla seconda settimana di maggio non ha ancora emanato il decreto Aprile, come potrebbe non produrre una montagna di carte inutili?

IL VIRUS DELLA BUROCRAZIA NON DÀ RISULTATI
Per il Sole24Ore è il «virus della burocrazia», che sarebbe anche accettabile se producesse buoni risultati, ma che invece paralizza tutto. Basta guardare i dati: su 241.079 richieste di cassa integrazione in deroga, hanno ricevuto l'assegno solo 32.622 persone. Per avere i prestiti da 25 mila euro garantiti al 100 per cento dallo Stato servono dai quattro ai 21 documenti, ecco perché al 30 aprile ne avevano fatto richiesta solo lo 0,9 per cento delle aziende intitolate ad averlo. A questo disastro si aggiunge quello delle mascherine, il cui costo è stato definito da un'ordinanza della Protezione civile a 50 centesimi e che sono introvabili nel 65 per cento delle farmacie di Roma, Milan, Torino, Genova e Napoli. Chi le ha, le vende al triplo del prezzo fissato dal governo non si sa ancora con quale criterio.
Con il moltiplicarsi delle ordinanze e delle disposizioni, aumentano anche le interpretazioni, le ambiguità, gli errori formali e di sostanza. È il virus della burocrazia, un «moloch che tutto divora e tutto rende vischioso».

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Fonte: Tempi, 7 maggio 2020

7 - IL TERRIFICANTE VIDEO DEI BIMBI NATI DA UTERO IN AFFITTO BLOCCATI IN UCRAINA DAL CORONAVIRUS
La straziante storia dei 46 neonati piangenti che attendono di essere ritirati da chi li ha ordinati e pagati in internet (VIDEO: i bambini prodotti in Ucraina)
Autore: Costanza Miriano - Fonte: Blog di Costanza Miriano, 10 maggio 2020

Quando mi hanno raccontato che a causa dell'emergenza Covid e della chiusura delle frontiere dell'Ucraina 46 bambini partoriti da uteri in affitto erano stati lasciati in un albergo in attesa che i committenti venissero a ritirarli ho pensato: beh, almeno una cosa buona questo virus l'ha fatta. Ha permesso che i bambini restassero con le loro mamme. Che venissero allattati al seno almeno questi mesi. Che qualcuno parlasse loro con la voce che avevano sentito da dentro per nove mesi. Che si addormentassero appoggiati con la testa sul cuore il cui battito avevano imparato a memoria.
Invece quando ho visto il video, ve lo assicuro, mi sono sentita morire. 46 neonati messi uno accanto all'altro, in fila, in cullette di plastica, nella hall di un albergo, l'hotel Venezia a Kiev, piangono disperati. Poi arriva il volto calmo (dovrebbe essere rassicurante ma a me sembra gelido) dell'amministratrice dell'albergo che dice che i neonati sono monitorati dalle baby sitter, e che i genitori possono stare tranquilli.

TUTTO SOTTO CONTROLLO?
Devo dire che il video ufficiale della Biotexcom mostra un'altra situazione: niente pianto disperato dei bambini, tutto pare sotto controllo, musica di carillon in sottofondo, ma per me è forse ancora più angosciante, perché chiunque ha avuto un neonato sa che i bambini NATURALMENTE piangono e vogliono la mamma. Vogliono che si parli con loro, che si canti, che li si sbaciucchi, che si affondi il naso nelle pieghe della loro pelle. Non vogliono un trattamento professionale o i grammi giusti del latte giusto, cosa che sicuramente verrà fatta con la massima cura e professionalità in quell'albergo. E comunque il costo del mantenimento dei bambini, assicura l'azienda, è stato ridotto da 50 a 25 euro al giorno (!).
Ma perché non li hanno lasciati con le mamme, almeno adesso?
Perché infliggere questo dolore che lascerà segni incancellabili nei bambini, privati dell'imprinting materno? Il perché lo sanno anche quelli della Biotexcom, la società che ha organizzato queste gravidanze di donne che ricevono un compenso e lasciano andare il proprio figlio a pochi minuti dalla nascita, spesso senza neanche vederlo. Il perchè è questo: "i bambini delle madri surrogate vengono portati via non appena nascono, per ridurre il rischio di attaccamento", dice letteralmente il sito della Biotexcom. Lo sanno bene, dunque, cosa succede, tra un bambino e la mamma. Lo sa tutta la medicina moderna, che infatti favorisce il rooming in, cioè il fatto che il bambino stia nella stanza dove è ricoverata la mamma, da subito. Lo sa tutta la pediatria che favorisce l'allattamento al seno, e possibilmente a richiesta: quando il bambino lo chiede, la mamma lo attacca al seno. Non come avviene, necessariamente, nelle nursery, a orario fisso. In quel video terribile vediamo poche donne (infermiere professionali? Semplici baby sitter, come dice la signora dell'albergo?) alternarsi tra troppe culle.

IN ITALIA L'UTERO IN AFFITTO È UN REATO, EPPURE...
Le viscere di ogni donna e uomo si spaccano a vedere una cosa simile. Monica Ricci Sargentini, del Corriere della Sera, una collega che si sta battendo tantissimo contro l'utero in affitto, riferisce che [...] in Italia «la gestazione per altri o utero in affitto è un reato e chiunque, in qualsiasi forma, realizza, organizza o pubblicizza la commercializzazione di gameti o di embrioni o la surrogazione di maternità punito con la reclusione da tre mesi a due anni e con una multa da 600.000 a un milione di euro». Poi ha chiamato anche l'ambasciatore, e riferisce: "Chiamo l'ambasciatore italiano in Ucraina Davide La Cecilia per chiedergli se ha ricevuto la lettera della Rete contro l'utero in affitto sul caso dei 46 neonati stipati nella hall di un hotel a Kiev. Non mi lascia nemmeno parlare. Mi zittisce con un no comment. Io rispondo: scusi ma non sa nemmeno cosa voglio chiederle? Lui: va bene, mi dica. Non appena pronuncio la parola bambini dice nuovamente no comment e attacca. Alla faccia della diplomazia. Una reazione veramente scomposta che fa pensare".
Gli amici di Decani ci dicono che tra le coppie che non riescono ad andare a ritirare i bambini (mi dispiace di usare un linguaggio da merce...) "ci sono delle coppie italiane, undici da indiscrezioni di persone vicine alle Biotexcom, sette eterosessuali e quattro omosessuali... L'avvocato della clinica, Denis Herman, sollecita attraverso email e lettere, tutti i clienti a rivolgersi ai Ministeri degli Esteri dei rispettivi Paesi, perché richiedano al Governo ucraino un permesso speciale in deroga alle regole del lockdown, per recarsi a ritirare i neonati. È un orrore senza fine, che ben conosciamo e che combattiamo ogni giorno nella nostra realtà di Kosovo e Metohija. A tal proposito abbiamo affidato a diversi parlamentari il testo di una interrogazione affinché si concentri la massima attenzione su questo caso, richiamando il Sig. Ambasciatore d'Italia in Ucraina, il dott. Davide La Cecilia a vigilare su questa vicenda e si ammonisca il Sig. Ministro degli Esteri, Luigi Di Maio perché si astenga dal concedere qualsiasi tipo di permesso per venire incontro agli interessi di questa azienda. Come da comunicazione del sito, la Biotexcom, "vende" procedure sottese alla maternità surrogata, cioè bambini, per un importo compreso tra i 5.000 e i 15.000 euro. Impossibilitati a rimanere immobili di fronte a questa vera tragedia umana, oltre all'iniziativa parlamentare sopra riportata, abbiamo scritto una lettera sia al Metropolita Onufry della Chiesa Ortodossa Ucraina, che all'elemosiniere del Papa, S.E. Card. Konrad Krajewski, recentemente impegnato nell'aiuto alla comunità transgender di Torvaianica, per individuare qualsiasi azione che possa far cessare questa mercificazioni di innocenti, prendendosi cura dei bambini e delle povere madri, costrette a quest'abominio da una condizione di assoluto degrado morale, culturale e sociale".

MAI PIÙ UTERO IN AFFITTO
Insomma, l'utero in affitto è reato, e ci auguriamo che il governo non si renda complice, dando addirittura permessi in deroga alle severissime regole anti Covid per favorire gli spostamenti di chi ha fatto ricorso a questa pratica. La Biotexcom è solo una delle 48 società accreditate in Ucraina, e pare che ce ne siano anche di non autorizzate. E' sconvolgente per me vedere il sito tradotto in italiano, e raggiungibile da tutti gli italiani, quindi promuovere sotto gli occhi di tutti una pratica che nel nostro paese è reato!
Piuttosto, cogliamo l'occasione di questa pandemia che ha inceppato il meccanismo, facciamo qualcosa di veramente umano. Non so come si possa decidere, sinceramente, perchè in molti casi si tratta di bambini che hanno almeno in parte il patrimonio genetico delle persone che hanno pagato la madre, e capisco sinceramente anche il loro dolore, e l'ansia di questo tempo. È difficile decidere proprio perché si sta cercando di violare la natura. Vorrei dire che il nostro governo dovrebbe lasciare quei bambini alle madri che li hanno partoriti, magari aiutandole economicamente a crescerli, ma capisco che sto sognando, e che non è una questione di facile soluzione. Ma, almeno, se siamo umani, non dico brave persone ma esseri umani, che questo ingranaggio rotto sia l'occasione per dire mai più utero in affitto.

Nota di BastaBugie: ecco il video (durata: 2 minuti) dal titolo "Ucraina, i bambini che aspettano i loro genitori" di un servizio televisivo che parla del video commentato da Costanza Miriano nel precedente articolo.


https://www.youtube.com/watch?v=SJCAkBJtA18

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Fonte: Blog di Costanza Miriano, 10 maggio 2020

8 - DOPO IL CORONAVIRUS SARA' IMPOSSIBILE RIPETERE IL MIRACOLO ECONOMICO ITALIANO DEGLI ANNI '60
Dopo le devastazioni della Seconda Guerra Mondiale, l'Italia (che aveva perso la guerra) realizzò una rinascita che la fece diventare la quarta potenza industriale del mondo, ma oggi mancano le tre premesse di allora
Autore: Antonio Socci - Fonte: Libero, 10 maggio 2020

"Nell'intera storia dell'Italia unita, l'unico choc macroeconomico più grave di quello che si prospetta oggi si è avuto con la Seconda guerra mondiale". Così ha scritto in un tweet di questi giorni Alberto Bagnai indicando poi le statistiche reperibili sul sito della Banca d'Italia.
Ma dopo le devastazioni di quella guerra persa, l'Italia realizzò una rinascita che fece gridare al "miracolo" il mondo intero. Infatti passò alla storia come "il miracolo economico italiano".
Prima della guerra eravamo un paese poco sviluppato, perlopiù analfabeta e agricolo, poi distrutto dai bombardamenti: in pochissimi anni diventammo una delle principali potenze industriali del mondo, conquistando la prosperità e la libertà.
Come fu possibile? Scoprirlo ci sarebbe oggi necessario per ripetere il "miracolo".

LA BELLEZZA CHE SALVÒ L'ITALIA
Un grande economista americano, John Kenneth Galbraith, che fu stretto collaboratore dei presidenti Franklin Delano Roosevelt e John Kennedy, negli anni Ottanta formulò questa tesi: "L'Italia, partita da un dopoguerra disastroso, è diventata una delle principali potenze economiche. Per spiegare questo miracolo, nessuno può citare la superiorità della scienza e dell'ingegneria italiana, né la qualità del management industriale, né tantomeno l'efficacia della gestione amministrativa e politica, né infine la disciplina e la collaboratività dei sindacati e delle organizzazioni industriali. La ragione vera è che l'Italia ha incorporato nei suoi prodotti una componente essenziale di cultura e che città come Milano, Parma, Firenze, Siena, Venezia, Roma, Napoli e Palermo, pur avendo infrastrutture molto carenti possono vantare nel loro standard di vita una maggiore quantità di bellezza".
Questo memorabile pensiero di Galbraith può sembrare poesia, ma contiene una profonda verità. Che però va spiegata. La parola bellezza dice una forza morale che il popolo italiano del dopoguerra aveva in abbondanza dalla sua antica civiltà e che costituiva la sua identità. Non avevamo materie prime, ma avevamo una grande storia e un grande "capitale umano" nel presente.
Dal 1945 giungemmo agli anni Novanta come quarta potenza industriale del mondo: su 18 milioni di imprese presenti in Europa, quelle dislocate in Italia erano 5 milioni. Eravamo più ricchi di inglesi e francesi. Come fu possibile arrivare così in alto dalle macerie del dopoguerra?

COME ERAVAMO E COSA FACEMMO
Lo ha spiegato molto bene Sandro Fontana che, in un libro del 1998, individuava nella Lombardia il cuore del miracolo italiano che coinvolse poi tutta la penisola. Infatti il libro di Fontana aveva questo titolo: "La riscossa dei lombardi". Sottotitolo: "Le origini del miracolo economico nella regione più laboriosa d'Europa 1929-1959" (Mondadori).
Fontana scriveva: "ultima arrivata fra le nazioni industrializzate del nostro continente, (l'Italia) è oggi al primo posto per imprenditorialità diffusa... e al primo posto anche come 'valore aggiunto', cioè come capacità di trasformare materie prime e, quindi, di esportare prodotti finiti... l'Italia si trova ai vertici della graduatoria europea anche per quanto riguarda la capacità di risparmio delle famiglie".
Ecco cos'era accaduto. Già nel primo dopoguerra, nel territorio brianzolo, "si erano manifestati con prepotenza e intensità" scrive Fontana "i sintomi d'una industrializzazione rapida e diffusa, basata sul lavoro a domicilio e sulle piccole attività imprenditoriali, sulla figura del mezzadro-operaio e sull'incremento accelerato della proprietà contadina".
Questo fermento si gelò durante il fascismo che puntava prevalentemente sulla grande industria. Ma, nel secondo dopoguerra, "con l'avvento della democrazia e con la liberalizzazione degli scambi... il 'modello brianzolo', si estende, quasi per gemmazione spontanea a tutta la fascia pedemontana della regione caratterizzata dalla presenza capillare della Chiesa Cattolica e dalla diffusione della piccola proprietà contadina".
Dunque il segreto del miracolo economico italiano può essere racchiuso in questi elementi.

TRE PILASTRI
PRIMO: il capitale umano che aveva le sue radici nella forte mentalità cristiana degli italiani, i quali avevano avuto un'educazione popolare che faceva perno sul valore del lavoro e del sacrificio per la propria famiglia e per il bene comune.
In particolare la Lombardia, come ebbe a spiegare il cardinale Giacomo Biffi, grazie a san Carlo Borromeo, aveva assimilato a livello popolare l'insegnamento del Concilio tridentino, con la sottolineatura del "merito", contro il luteranesimo: il merito legato alle opere, quindi all'etica del lavoro e del dovere, dentro la gioiosa speranza del mondo contadino (e non nel cupo orizzonte calvinista). Si esprimeva così la creatività caratteristica della nostra storia, la genialità italiana che aveva illuminato i secoli in tutti i campi.
SECONDO elemento del successo: una classe dirigente intelligente e lungimirante che - in base alla "dottrina sociale" cattolica e anche per contrastare la presenza del più forte partito comunista d'occidente - fece dilagare la piccola proprietà familiare (sia nell'agricoltura che nell'artigianato, nell'industria e nel commercio) liberando tutte le energie di lavoro e di inventiva.
TERZO: l'aiuto degli Stati Uniti con il Piano Marshall e la sovranità monetaria che permise di fare le politiche economiche che servivano al Paese, in una linea di difesa dell'interesse nazionale che portò anche alla creazione dell'Eni di Enrico Mattei (senza l'Eni e quello che significò per l'approvvigionamento energetico tutto sarebbe stato più difficile).

E OGGI?
Abbiamo oggi queste tre fondamentali risorse? Purtroppo la risposta è no, quasi su tutto.
PRIMO. Si è molto indebolito il substrato di valori tradizionali (anche per la dissoluzione della Chiesa), tuttavia resiste una certa capacità di lavoro e di sacrificio degli italiani, con la loro proverbiale creatività e resiste, nel popolo, un certo patriottismo.
SECONDO. Non abbiamo più una classe dirigente lungimirante che con intelligenza sostenga l'intrapresa e il lavoro. Anzi, oggi si fa l'esatto contrario, vessando gli italiani che lavorano con norme cervellotiche, burocrazie soffocanti e tassazioni infernali. Con l'emergenza Covid in pratica si è dato il colpo di grazia all'Italia produttiva e non si vedono all'orizzonte misure che aiutino la ripresa.
TERZO. Sul piano internazionale ci siamo allontanati dalla storica alleanza, anche economica, con gli Stati Uniti per avvicinarci alla tirannia cinese che negli ultimi 25 anni ha messo fuori mercato l'industria occidentale (e non dimentichiamo che è dalla Cina che ci è arrivato il devastante "regalo" del Covid).
Inoltre la classe dirigente italiana ha rinunciato alla piena sovranità, anzitutto alla sovranità monetaria, privando così il paese della propria moneta, prezioso strumento di politica economica (con l'euro abbiamo pagato un prezzo salatissimo: venti anni di collasso produttivo).
Infine abbiamo rinunciato alla difesa dei nostri interessi nazionali (e perfino dei nostri confini) e siamo nella UE il vaso di coccio delle scelte economiche che privilegiano i paesi egemoni (in primis la Germania) svantaggiando noi.
Ciò significa che non c'è quasi nessuna delle condizioni necessarie per ripetere il "miracolo economico" del dopoguerra. O si verifica una svolta storica, grande e decisa, nel nostro Paese, o siamo condannati veramente alla rovina economica e civile.

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Fonte: Libero, 10 maggio 2020

9 - OMELIA VI DOM. DI PASQUA - ANNO A (Gv 14,15-21)
Se mi amate, osserverete i miei comandamenti
Fonte Il settimanale di Padre Pio

Le letture di questa sesta domenica di Pasqua ci offrono l'occasione per una profonda riflessione su quello che deve essere l'impegno missionario di ogni cristiano. La prima lettura parla della Comunità cristiana di Samaria, sorta in seguito alla predicazione del Diacono Filippo, il quale, animato da grande spirito missionario, si recò ad annunziare il Vangelo ai Samaritani che erano i più disprezzati non solo dagli Ebrei, ma anche dai cristiani. Il messaggio del Vangelo si doveva rivolgere anche a loro.
Come allora, anche oggi esiste la forte tentazione di fare delle preferenze e di escludere qualcuno dai propri interessi apostolici. Al contrario, la carità cristiana deve abbracciare tutti: nessuno deve essere escluso dal cuore del missionario.
«Le folle – afferma la prima lettura –, unanimi, prestavano attenzione alle parole di Filippo» (At 8,6) e ci furono molte conversioni. Allora giunsero in Samaria Pietro e Giovanni a confermare con l'imposizione delle mani, ovvero con il Dono dello Spirito Santo, l'operato di Filippo. Questo particolare ci ribadisce come l'opera missionaria del singolo deve comunque essere controllata e confermata da chi nella Chiesa esercita l'autorità.
La seconda lettura ci dà dei preziosi insegnamenti su come deve essere la nostra testimonianza evangelica. San Pietro, nella sua Prima Lettera, ci esorta ad essere sempre pronti «a rispondere a chiunque vi domandi ragione della speranza che è in voi» (3,15).
I fratelli che vivono attorno a noi, che incontriamo ogni giorno per la strada, che vivono nello stesso nostro palazzo, che sono vicini di porta, hanno mille interrogativi su Dio, sulla Chiesa, sul dolore innocente di tanti bambini, sulle tante ingiustizie che colpiscono l'umanità.
Il cristiano, con il suo comportamento e con le sue parole umili e rispettose, deve essere luce per tanti fratelli, conducendoli alla conoscenza della verità. Ognuno di noi, con un minimo di preparazione, deve saper rispondere alle tante domande che cercano una soluzione convincente. Per far questo, prima di tutto dobbiamo assimilare bene il Vangelo, e, inoltre, dobbiamo leggere e approfondire il Catechismo della Chiesa Cattolica.
Tuttavia, questo «sia fatto con dolcezza e rispetto» (ivi). Non sarà certo per le nostre parole che tanti nostri fratelli troveranno la luce della verità, ma per l'umiltà, la carità e la mitezza che dimostreremo nei loro confronti. Una parola altezzosa, anche se veritiera, allontana da Dio; una parola umile penetra i cuori e conduce a salvezza.
San Pietro ci insegna a rispettare il nostro interlocutore, a non volersi imporre, a non pretendere di "spuntarla" ad ogni costo con verbosa arroganza. La missione è opera d'amore e deve essere animata dall'amore soprannaturale che dobbiamo portare verso il prossimo. I nostri fratelli si devono sentire amati, allora accoglieranno le nostre parole, anche se povere e disadorne.
Inevitabilmente, non incontreremo solo accoglienza e successo, ma anche chiusura e delusione. Il missionario deve mettere in conto tutto questo, pensando che è impossibile riscuotere sempre un buon esito. Spesso il missionario sarà incompreso, deriso e respinto. Ma, come ricorda san Pietro in questa seconda lettura, «se questa è infatti la volontà di Dio, è meglio soffrire operando il bene che facendo il male» (1Pt 3,17).
L'esempio ce lo ha dato Gesù stesso «morto una volta per sempre per i peccati, giusto per gli ingiusti, per ricondurvi a Dio» (1Pt 3,18); l'esempio ce lo hanno dato gli Apostoli, che hanno coronato un lungo e fruttuoso apostolato con la corona del martirio; l'esempio, infine, ce lo hanno dato i missionari in questi duemila anni di Cristianesimo, i quali hanno dovuto affrontare difficoltà di ogni genere, non esclusa la morte.
La risorsa del missionario è Cristo, «messo a morte nel corpo, ma reso vivo nello spirito» (1Pt 3,18). Partecipe del mistero della Croce, il missionario sarà anche partecipe del mistero della Risurrezione.
Dal Vangelo di oggi si può comprendere quella che deve essere l'anima del nostro apostolato. Il brano inizia con una frase molto bella e profonda: «Se mi amate, osserverete i miei comandamenti» (Gv 14,15). È una esigenza dell'amore: se amiamo il Signore, mettiamo volentieri in pratica la sua Volontà, anche quando ciò comporta sacrificio da parte nostra.
Quando si ama il Signore si sente il desiderio di mettersi al suo servizio, per farlo conoscere e amare da tutti. Ecco dunque la fonte dello zelo missionario: l'amore di Dio. Il Signore ci dice di essere suoi testimoni e, se lo amiamo realmente, ciò non ci sarà difficile. Se togliamo l'amore, la missione cade nel nulla e sarà impossibile l'osservanza di tutti gli altri Comandamenti.
Se amiamo, non siamo mai soli: il Signore ci dona il suo Spirito. Lo Spirito di verità che Gesù ha promesso ai suoi discepoli sostiene il missionario nelle difficoltà del compito a lui affidato. Egli deve dimorare in noi, deve agire in noi, e servirsi di noi per illuminare il mondo.
Da questo si capisce il primato della vita contemplativa rispetto a quella attiva. Non possiamo dare ciò che non abbiamo. Se saremo "imbevuti" di Dio, come una spugna gettata nell'acqua, allora potremo beneficare tanti nostri fratelli. La ricchezza di vita interiore traboccherà necessariamente in una vita missionaria piena di buoni frutti.
Chi ama il Signore osserva i suoi Comandamenti e «chi ama me – dice Gesù – sarà amato dal Padre mio e anch'io lo amerò e mi manifesterò a lui» (Gv 14,21). La missione deve essere una risposta a questo amore di Dio per noi. Gesù si manifesterà allora nella nostra vita e sarà il protagonista del nostro apostolato. Lasciamolo agire in noi: più saremo uniti a Lui per mezzo di una preghiera continua, tanto più Lui si manifesterà in noi e tanto più i nostri fratelli potranno "vedere" Dio nella nostra vita.
Chiediamo alla Vergine Maria la grazia di ottenere tutto questo, per la maggiore gloria di Dio e per il bene del prossimo.

Fonte: Il settimanale di Padre Pio

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