BastaBugie n�155 del 27 agosto 2010

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1 E' MORTO CABIBBO, IL GRANDE FISICO ITALIANO A CUI E' STATO NEGATO IL PREMIO NOBEL PERCHE' CATTOLICO
Nominato dal Papa presidente della Pontificia Accademia delle Scienze, ha fatto grandi scoperte scientifiche (individuate sei differenti tipi di quark)
Autore: Franco Gabici - Fonte: Avvenire
2 NELL'ANNO INTERNAZIONALE DEDICATO AI GIOVANI L'ONU CI RIFILA LE SOLITE IDEOLOGIE
Il motto è 'energia, passione e creatività', ma in fondo sono le solite campagne per l'aborto, la contraccezione, l'educazione anti-famiglia, ecc.
Autore: Riccardo Cascioli - Fonte: Avvenire
3 IL GOVERNO SCRIVE LA PROPRIA AGENDA BIOETICA UTILIZZANDO DATI FALSI!
Sotto gli occhi di tutti le conseguenze della legge sull'aborto, l'introduzione della RU 486, e tra poco la pillola dei 5 giorni dopo...
Autore: Giacomo Rocchi - Fonte: Comitato Verità e Vita
4 OLANDA, COPPIE GAY ANCHE NEI LIBRI DI TESTO DELLE SCUOLE MEDIE
Le unioni sono formate da uomo e donna... o da persone dello stesso sesso!
Autore: Francesca Bertoldi - Fonte: Avvenire
5 A PADOVA MUSULMANI CACCIANO I BIMBI DAL PARCO GIOCHI
I genitori cristiani ricordano che è un luogo pubblico e non si possono rimproverare i bambini perché fanno chiasso
Autore: Cesare Arcolini - Fonte: ilgazzettino.it
6 LE PRETESTUOSE ACCUSE A RADIO VATICANA, RIEPILOGHIAMO UNA VICENDA ESEMPLARE DI ATTACCO ALLA CHIESA
Quando perfino Umberto Veronesi difende il Vaticano
Autore: Vittorio Messori - Fonte: Corriere della Sera
7 ECCO PERCHE' GIULIANO FERRARA SCEGLIE FINI E CE L'HA TANTO CON BERLUSCONI
Bisogna diffidare dei finti amici come Ferrara perché in realtà sono i più pericolosi nemici
Autore: Claudio Bernabei - Fonte: Centro Culturale Lepanto
8 SUORE E PRETI MISSIONARI PER LIBERARE I BIMBI DAI BORDELLI DI MEZZO MONDO
Intervista al presidente dell’associazione contro lo sfruttamento sessuale dei bambini
Autore: Lucia Bellaspiga - Fonte: Avvenire
9 OMELIA PER LA XXII DOMENICA TEMPO ORDINARIO - ANNO C - (Lc 14,1.7-14)

Fonte: Il settimanale di Padre Pio

1 - E' MORTO CABIBBO, IL GRANDE FISICO ITALIANO A CUI E' STATO NEGATO IL PREMIO NOBEL PERCHE' CATTOLICO
Nominato dal Papa presidente della Pontificia Accademia delle Scienze, ha fatto grandi scoperte scientifiche (individuate sei differenti tipi di quark)
Autore: Franco Gabici - Fonte: Avvenire, 18 agosto 2010

Nicola Cabibbo, scomparso a Roma lunedì sera all’età di 75 anni (era nato a Roma il 10 aprile 1935), apparteneva a quella generazione di fisici che ha dato contributi fondamentali alla fisica delle particelle elementari; un campo ostico che difficilmente si presta alla grande divulgazione, ma che gioca un ruolo importantissimo nella comprensione di molti fenomeni. Cabibbo, docente di fisica delle particelle elementari all’Università di Roma, era un nome molto noto ai fisici di tutto il mondo, che vedevano in lui un vero pioniere nel suo campo.
Laureatosi in fisica a soli 23 anni con Bruno Touschek, il padre del primo acceleratore italiano di particelle costruito a Frascati, già nel 1961 pubblica un articolo sulla sezione d’urto, un lavoro fondamentale per chi studia i fenomeni di collisione delle particelle elementari, e due anni dopo firma sulla prestigiosa rivista Physical Review Letters l’articolo che lo avrebbe reso famoso in tutto il mondo dove introduceva una famosa costante, conosciuta oggi come «angolo di Cabibbo», per spiegare certe trasformazioni di particelle. Ma il nome del fisico italiano è finito anche nella cosiddetta «Matrice di CKM», dove Ckm è l’acronimo dei tre cognomi Cabibbo, Kobayashi e Maskawa. La «matrice di CKM» è un modello che ha consentito di prevedere l’esistenza di sei differenti tipi di quark, i mattoni ultimi della materia che combinandosi in diversi modi formano le particelle elementari (protoni, neutroni, elettroni...). Non a caso il nome di Cabibbo è il primo della «triade»; fu Cabibbo, infatti, coi suoi studi, ad aprire la strada a questo nuovo filone di studi volti alla comprensione dei meccanismi che spiegano l’intima struttura della materia. Ma grande fu la sorpresa dei fisici, soprattutto italiani, quando si apprese la notizia che la giuria di Stoccolma aveva conferito il Nobel per la fisica ai due ricercatori giapponesi che facevano parte della triade «Ckm», Makoto Kobayashi e Toshihide Maskawa, senza la minima menzione alle ricerche di Cabibbo.
Qualcuno, probabilmente a ragione, avanzò l’ipotesi che l’esclusione di Cabibbo dal Nobel fosse stata causata dall’essere il fisico italiano il presidente della Pontificia Accademia delle Scienze, della quale faceva parte fin dal 1993. Va anche ricordato che Cabibbo è considerato anche il padre dei super calcolatori Ape (Array Processor Experiment), macchine che attualmente sono in grado di effettuare un miliardo di miliardo di operazioni al secondo!
Da uomo di fede Cabibbo considerò sempre con grande equilibrio il rapporto fra scienza e fede, convinto che tra scienza e fede dovesse esserci «rispetto reciproco». Riteneva, inoltre, che non dovessero essere imposti dei limiti alla ricerca scientifica, ma che occorresse «fare attenzione alle possibili applicazioni e alle implicazioni etiche». E su quest’ultimo punto Cabibbo affermava che, se da un lato le religioni potevano dare gli input sull’etica, dall’altro era importante che la comunità scientifica avesse un ruolo positivo nell’elaborazione della morale. Non nascondeva che certe questioni potevano generare qualche imbarazzo fra religione e ricerca ma, parafrasando una famosa frase che Galilei passò a Cristina di Lorena («L’intenzione dello Spirito Santo essere d’insegnarsi come si vadia al cielo, e non come vadia il cielo»), sosteneva che l’uomo deve aspettarsi dalla fede la salvezza e non la spiegazione del mondo. Del resto era anche convinto che la scienza non potesse mettere in difficoltà la fede, perché le scoperte scientifiche sono 'vere' e ciò non può essere in contrasto con la creazione. Secondo Cabibbo infine  la Chiesa, dopo aver rivolto le proprie attenzioni ai temi dell’evoluzionismo e della biologia, avrebbe dovuto presto confrontarsi anche con la fisica, soprattutto dopo i possibili sviluppi legati al funzionamento del più grande acceleratore di particelle del mondo, il Large Hadron Collider (Lhc) del Cern di Ginevra. E a questo proposito non condivideva la definizione di «particella di Dio» data al famoso «bosone di Higgs» al quale i fisici stanno dando da tempo la caccia. «Chiamare il bosone di Higgs la particella di Dio – commentò Cabibbo – è stata la trovata stravagante di un collega americano, ma con Dio non ha nulla a che fare». Cabibbo ha giocato un ruolo fondamentale anche nella politica della ricerca.
Dal 1985 al 1993, infatti, è stato a capo dell’Istituto nazionale di Fisica nucleare (Infn) e sotto la sua presidenza sono stati inaugurati i Laboratori nazionali del Gran Sasso, mentre dal 1993 al 1998 è stato presidente dell’Enea, l’Agenzia nazionale per le nuove tecnologie, l’energia e lo sviluppo economico sostenibile. L’attuale presidente dell’Infn, Roberto Petronzio, che fu allievo di Cabibbo, così ha commentato la morte del grande fisico: «Scompare uno scienziato dotato di un pensiero profondo e un grande maestro. Cabibbo è stato fra i protagonisti assoluti della scuola romana di fisica». Per il fisico Giorgio Parisi, uno dei suoi allievi più influenti, «è stato senza dubbio il punto di riferimento di un’intera generazione di fisici. A livello umano era una persona contagiosa. Si vedeva chiaramente che si divertiva a fare la fisica, che per lui era come se fosse un gioco». Molto significativo anche il commento di Luciano Maiani, presidente del Cnr: «Lavorare con lui era sorprendente. Conosceva tutta la fisica e aveva dimensioni intellettuali pari a quelle di Enrico Fermi». Proprio alcuni giorni fa per i suoi studi sull’«interazione debole» era stata conferita a Cabibbo la Medaglia Dirac, che equivale a un Nobel per la fisica; quasi un risarcimento per quel Nobel mancato che fece gridare allo scandalo. Molti parlarono di «scippo». Ma Cabibbo non offrì nessun commento e anche per questo dimostrò ancora una volta tutta la sua grandezza.

DOSSIER "SIC TRANSIT GLORIA MUNDI"
Personaggi morti dal 2009 al 2019

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Fonte: Avvenire, 18 agosto 2010

2 - NELL'ANNO INTERNAZIONALE DEDICATO AI GIOVANI L'ONU CI RIFILA LE SOLITE IDEOLOGIE
Il motto è 'energia, passione e creatività', ma in fondo sono le solite campagne per l'aborto, la contraccezione, l'educazione anti-famiglia, ecc.
Autore: Riccardo Cascioli - Fonte: Avvenire, 13 agosto 2010

Largo ai giovani, si usava dire una volta, e l’espressione viene ora attualizzata dalle Nazioni Unite che hanno inaugurato ieri l’Anno Internazionale dedicato appunto ai giovani. Lo scopo dichiarato di questo ennesimo anno celebrativo è mettere i giovani al centro delle varie politiche di sviluppo, pace e solidarietà. L’Onu, impegnata nel raggiungimento degli Obiettivi del Millennio, punta su «energia, passione e creatività» dei giovani in questa lotta per sradicare la povertà e le disuguaglianze. Tutto bello, tutto condivisibile finché siamo all’enunciazione dei princìpi. Entrando però nel dettaglio delle proposte e delle iniziative non si possono non rilevare alcune incongruità e contraddizioni.
Una prima questione riguarda l’esistenza stessa dei giovani che, in numero di un miliardo circa, rappresentano circa il 18% della popolazione mondiale. Ebbene, oltre l’85% di loro vive nei Paesi in via di sviluppo, il 62% solo in Asia.
Vale a dire: la stragrande maggioranza di loro vive in quei Paesi dove le stesse agenzie dell’Onu – e alcuni governi occidentali – promuovono aggressive politiche di controllo delle nascite all’interno dei programmi di sviluppo. La contraddizione appare evidente: come si può essere credibili nel puntare sui giovani quando poi si investono miliardi di dollari per fare in modo che i giovani non nascano?
La seconda questione riguarda il nodo fondamentale della maturazione dei giovani: l’educazione. È questa anche la prima priorità per questo Anno internazionale. Non sorprendentemente l’Onu insiste anzitutto sull’istruzione, visto che oltre 150 milioni di loro sono analfabeti, e di questi due terzi sono ragazze. Ma nei documenti dell’Anno e in quelli che preparano le conferenze internazionali previste sul tema, emerge con chiarezza una posizione ideologica. Vale a dire il tentativo di «sottrarre» i giovani alle famiglie. Famiglia e ruolo dei genitori non sono mai citati nei programmi che riguardano l’educazione, e non è un caso.
Sulla spinta dei Paesi nord­europei, da almeno un ventennio le agenzie dell’Onu promuovono un sistema educativo statalista, in cui l’interlocutore diretto dei giovani è lo Stato – o un’entità sovrastatale quale è l’Onu – mediato al massimo dalle organizzazioni giovanili (l’educazione tra pari).
Basta dare un’occhiata ai documenti internazionali per rendersi conto che quando la famiglia è chiamata in causa, generalmente avviene in chiave negativa, ovvero come luogo di costrizioni da cui difendere il singolo individuo.
Eppure la realtà dimostra che la piena maturazione dell’individuo è possibile soltanto all’interno di una famiglia che, non a caso, la Dichiarazione Universale dei diritti dell’uomo considera la cellula base della società.
L’approccio proposto dall’Onu somiglia invece a un’opera di indottrinamento. Tanto più che si lega alla terza questione da esaminare, ovvero il contenuto dell’educazione. Nei prossimi giorni si svolgerà a Leon, in Messico, la Conferenza mondiale dei giovani, l’appuntamento più importante di questo anno celebrativo. La bozza di dichiarazione finale indica come priorità i diritti sessuali e riproduttivi e la richiesta di garantire «l’accesso universale alla salute riproduttiva». Il che, nel linguaggio dei promotori, significa contraccezione e aborto. Per essere ancora più espliciti, è in atto il tentativo di rendere universale ciò che sta accadendo in alcuni Paesi occidentali, ovvero la possibilità per gli adolescenti di usare contraccettivi e abortire senza il consenso dei genitori.
Se dovesse prevalere un simile approccio, potremmo già considerare fallito l’obiettivo dell’Anno internazionale, perché un’educazione così intesa non può generare persone mature capaci di offrire un apporto creativo alla società, ma soltanto individui che seguono una strada già scelta per loro da adulti, la cui unica autorità in materia magari è un posto da burocrate internazionale.

Fonte: Avvenire, 13 agosto 2010

3 - IL GOVERNO SCRIVE LA PROPRIA AGENDA BIOETICA UTILIZZANDO DATI FALSI!
Sotto gli occhi di tutti le conseguenze della legge sull'aborto, l'introduzione della RU 486, e tra poco la pillola dei 5 giorni dopo...
Autore: Giacomo Rocchi - Fonte: Comitato Verità e Vita, 9 agosto 2010

E’stata presentata l’agenda bioetica del Governo, un documento nel quale si rivendica una linea costante dell’esecutivo e si indicano delle linee di azione per il futuro.
Sembrerebbe una buona notizia (anche se i politici sono soliti proclamare pubblicamente le proprie ottime intenzioni per il futuro e i cittadini hanno imparato che i proclami sono una cosa, ma le effettive realizzazioni sono un’altra …).
Ma la lettura del documento fa scoprire come questa “linea di azione” si fondi su affermazioni false e così, giunga a propositi non condivisibili.
Sentiamo cosa dice il governo:

“LA LEGGE 194 CHE CONSENTE, A CERTE CONDIZIONI, L’INTERRUZIONE DELLA GRAVIDANZA, NON CONSIDERA L’ABORTO COME DIRITTO MA COME ESTREMA E DOLOROSA RATIO, DA EVITARE, OVE POSSIBILE, CON INTERVENTI DI PREVENZIONE A FAVORE DELLA VITA”.
L’affermazione è gravemente falsa: la legge 194, nei primi novanta giorni dal concepimento, riconosce l’aborto come un diritto individuale assoluto della donna, che può interrompere la gravidanza sulla base della sola volontà e per qualunque motivo; nei mesi successivi la legge permette, per di più, l’aborto eugenetico, menzionando le possibili malattie o malformazioni del bambino come causa di ricorso ad esso.
Gli “interventi di prevenzione a favore della vita” sono facoltativi (non è nemmeno obbligatorio il passaggio in un consultorio) e resi vani dal previo riconoscimento alla donna di abortire se lo vuole.

“IN QUESTO SENSO, VOGLIAMO SCONGIURARE L’EVENTUALITÀ CHE L’INTRODUZIONE DI NUOVE TECNICHE (AD ESEMPIO IL METODO FARMACOLOGICO) PORTI A UNA CONCEZIONE DELL’ABORTO NON COME PROBLEMA SOCIALE MA COME DIRITTO PRIVATO, APPRODANDO ALL’ABORTO A DOMICILIO”.
L’aborto è già un “diritto privato”, tanto che i Giudici civili risarciscono le donne che sono state impedite ad esercitare questo diritto. Quella che viene chiamata “privatizzazione dell’aborto” è già stata attuata con la contraccezione abortiva, con la cd. “pillola del giorno dopo” e lo sarà ancor di più con la cd. “pillola dei cinque giorni dopo”: tutte pratiche capaci di uccidere l’embrione già formato e che la legge 194, insieme con il Governo, si guardano bene dal vietare, fingendo che, se non vi è “gravidanza” non vi possa essere “interruzione di gravidanza”, anche se un embrione viene ucciso impedendogli di essere accolto nel corpo della madre.

“PROPONIAMO UN PIANO FEDERALE PER LA VITA, DA COSTRUIRE NELLA COLLABORAZIONE TRA IL MINISTERO E LE REGIONI, CHE FINALMENTE DIA PIENA APPLICAZIONE ALLA PARTE FINORA MENO CONSIDERATA DELLA LEGGE 194, QUELLA DELLA TUTELA DELLA MATERNITÀ E DELLA PREVENZIONE.”
Non esiste una “parte buona” della legge 194 e il fatto che quegli ipocriti articoli che parlano di prevenzione non abbiano trovato attuazione è inevitabile conseguenza della natura della legge: davvero pensiamo che la “tutela della maternità” possa venire da una legge che legittima l’uccisione dei bambini non ancora nati?
 
“SIAMO UN PAESE “MODELLO” PER LA BATTAGLIA CONTRO L’ABORTO: ABBIAMO TASSI DI ABORTIVITÀ TRA PIÙ BASSI IN EUROPA, IN COSTANTE DIMINUZIONE DAGLI ANNI OTTANTA”.
Il sottosegretario Roccella si è dimenticata dei cinque milioni di bambini uccisi in questi trent’anni? E di tutti quelli soppressi con la contraccezione abortiva e le “pillole che uccidono”? Si è forse dimenticata delle donne straniere che, negli ultimi anni, sono venute nel nostro paese e che, in forza della assoluta libertà di abortire, hanno ripetuto l’uccisione del bambino tre, quattro, cinque volte? Si è dimenticata degli aborti clandestini, la cui sparizione era un obbiettivo sbandierato all’epoca di approvazione della legge, che sono sempre decine di migliaia ogni anno?

“VOGLIAMO DIFENDERE LA LEGGE ITALIANA SULLA PMA, APPROVATA DAL PARLAMENTO, CONFERMATA DA UN REFERENDUM, E SOSTANZIALMENTE RICONFERMATA DALL’INTERVENTO DELLA CORTE COSTITUZIONALE CHE NE HA LASCIATO INVARIATO L’IMPIANTO. LA NOSTRA LEGGE NON CONSENTE PRATICHE DI SELEZIONE EUGENETICHE, E LEGA L’ACCESSO ALLA PMA ALL’INFERTILITÀ.”
Che una legge sia approvata dal Parlamento pare scontato; che sia confermata da un referendum non la rende di per sé una legge giusta (fu confermata da un referendum anche la legge sull’aborto). Il sottosegretario finge che la legge permetta l’accesso alle sole coppie infertili e, soprattutto, finge che essa non permetta pratiche di selezione eugenetica: la selezione eugenetica degli embrioni è insita nelle stesse tecniche di fecondazione in vitro, che lo considerano un prodotto, una cosa senza alcuna dignità; come la Corte Costituzionale ha sancito (e prima della Corte i giudici civili), la legge permette la produzione di un numero di embrioni indefinito, permette che alcuni siano congelati (ovviamente dopo essere stati selezionati) e non vengano trasferiti nel corpo della madre, permette la diagnosi genetica preimpianto, permette l’accesso alle tecniche a coppie che non sono sterili, non impedisce l’accesso ai singoli, mediante trucchi facilissimi e non puniti, rende di fatto possibile la fecondazione eterologa.
Soprattutto quella legge permette che ogni anno 70.000 - 80.000 embrioni (un numero che cresce ogni anno) vengano prodotti con la certezza della loro morte, così sommandosi questo enorme numero a quello dei bambini abortiti.

“IL CASO ENGLARO, PUR NELLA TRAGICA CONCLUSIONE, MEGLIO DI OGNI ALTRO HA INDICATO LE PRIORITÀ DEL GOVERNO RIGUARDO AL VALORE INDISCUSSO DELLA VITA. SI CONFERMA IL PRINCIPIO DI PRECAUZIONE E UN NO FERMO A OGNI FORMA DI EUTANASIA. L’IMPEGNO DEL GOVERNO PER ARRIVARE A UNA LEGGE NAZIONALE CHE STABILISCA IL PRINCIPIO DEL CONSENSO INFORMATO E ASSICURI L’ATTUAZIONE DELL’ARTICOLO 32 DELLA COSTITUZIONE E LA LIBERTÀ DI SCEGLIERE LE TERAPIE È STATO, IN QUESTI MESI, COSTANTE.”
L’uccisione volontaria di Eluana Englaro non ha niente a che vedere con il principio del consenso informato e con la libertà di scegliere le terapie: è stata – il Sottosegretario Roccella sembra non accorgersene – l’eutanasia praticata su una disabile incosciente in ragione dell’inaccettabilità per gli altri del suo stato.
Il problema non è, quindi, quello di permettere a tutti di esprimere la propria volontà di essere ucciso in un futuro incerto, ma quello di impedire che disabili come Eluana Englaro, bambini prematuri, anziani dementi, pazienti gravi, vengano fatti morire negando loro le cure necessarie.
La legge sulle dichiarazioni anticipate di trattamento, invece, permette proprio queste pratiche, sia pure nascondendole sotto la falsa rivendicazione secondo cui “nessuno può decidere per te!”.

Diffidiamo di “agende bioetiche”, soprattutto se basate sulla preventiva accettazione che leggi ingiuste siano buone e che progetti su cui si sta formando un consenso in Parlamento siano destinati a produrre leggi buone.
Il dovere della verità impone di guardare con realismo a quello che succede davvero: ai bambini e agli embrioni che vengono uccisi, alle donne lasciate sole nella desolazione dell’aborto, ai vecchi, disabili e deboli cui verrà presto prospettato un “dovere di morire”.

Fonte: Comitato Verità e Vita, 9 agosto 2010

4 - OLANDA, COPPIE GAY ANCHE NEI LIBRI DI TESTO DELLE SCUOLE MEDIE
Le unioni sono formate da uomo e donna... o da persone dello stesso sesso!
Autore: Francesca Bertoldi - Fonte: Avvenire, 7 agosto 2010

Non unione tra «un uomo e una donna » ma «tra due persone, anche dello stesso sesso». I libri di scienze olandesi hanno deciso di cambiare la definizione di «coppia». L’iniziativa, de-stinata a sollevare polemiche, è della casa editrice scolastica Noordhoff che, per il prossimo anno, ha preparato testi di biologia per le scuole primarie e secondarie, in cui verrà riportata la nuova accezione. Già da settembre, gli alunni potrebbero così trovarsi ad usare i libri “modificati”. I primi saranno gli studenti di Amsterdam. Il sindaco Eberhard van der Laan ne ha reso obbligatoria l’adozione in tutti gli istituti della capitale, adducendo come motivazione quella di promuovere «la tolleranza nei confronti degli omosessuali ed evitare quelle azioni ostili a cui ancora si assiste nella nostra società ». In realtà, l’iniziativa va ben più in là. Perché modifica in modo radicale il concetto di coppia. Non solo. In uno dei capitoli si legge: «Gli omosessuali possono perfettamente creare le loro famiglie e allevare i figli. Non c’è niente di strano in questo ». Dalla scienza si passa, dunque, ad affermazioni di tipo sociale e politico, niente affatto neutre. Non tutti, infatti, concordano sul fatto che la famiglia possa essere composta indipendentemente da persone dello stesso sesso o da un uomo e una donna. Ancora più delicata, poi, la questione dei figli. Ci si aspetta ora una forte presa di po-sizione dei cattolici olandesi.
Il Paese è stato il primo al mondo a consentire i matrimoni omosessuali, nel 2001 col “Same Sex Marriage Act”. Le coppie gay, con le nozze, acquistano gli stessi diritti delle coppie formate da uomo e donna. Compresa la possibilità, dopo tre anni, di adottare dei bambini, purché siano olandesi, per evitare controversie con altri Paesi.
Attualmente, i matrimoni tra persone di uguale sesso sono circa il 3 per cento del totale. Nonostante la legislazione “permissiva”, negli ultimi anni, in base ad uno studio realizzato dall’Università di Amsterdam, si sono registrati numerosi episodi di intolleranza verso gli omosessuali, soprattutto nelle scuole o nei luoghi di lavoro. Segno che l’equazione tra concessione e “strappi” legislativi e alta accettazione sociale non è sempre valida.

Fonte: Avvenire, 7 agosto 2010

5 - A PADOVA MUSULMANI CACCIANO I BIMBI DAL PARCO GIOCHI
I genitori cristiani ricordano che è un luogo pubblico e non si possono rimproverare i bambini perché fanno chiasso
Autore: Cesare Arcolini - Fonte: ilgazzettino.it, 11 agosto 2010

«Il giardino è comunale, ma qui ognuno fa quello che vuole. Ci siamo stancati». A parlare è stato ieri mattina un gruppo di genitori italiani di Noventa Padovana (Padova) che hanno segnalato un episodio che potrebbe dare il via a non poche polemiche: «Ci sono alcuni giorni in cui i genitori del Bangladesh e dell'India si mettono a pregare all’interno del giardino "Gli Aceri" e pretendono che i nostri bambini stiano zitti o meglio ancora abbandonino lo spazio verde. Questo è inaccettabile».
Emergono poi una serie di problematiche parallele da non trascurare: «Premesso che la parola razzismo non rientra nel nostro vocabolario, non è possibile che le famiglie straniere fruiscano del parco e poi lo lascino in condizioni pietose. Bottiglie vuote, lattine, pezzi di carta, avanzi di cibo. Tutto rigorosamente per terra. Ci siamo stancati di dover pulire le loro immondizie. Occorre una regolamentazione del parco più severa, in modo tale che il rispetto e l'educazione emergano. Così proprio non può andare avanti».
Tornando all'episodio cardine della polemica proseguono: «Questo non è un luogo di preghiera. Ci sono giostre, spazi per correre e giocare con la palla. I posti dove pregare sono altri. La nostra libertà non ha prezzo. Non accetteremo più di sentirci rimproverare perché i nostri bambini fanno chiasso durante i loro momenti spirituali». Ieri pomeriggio, in concomitanza col mese del Ramadan nel parco c'erano alcune famiglie musulmane. Nessuno, però, ha voluto fornire spiegazioni sulla vicenda.

Fonte: ilgazzettino.it, 11 agosto 2010

6 - LE PRETESTUOSE ACCUSE A RADIO VATICANA, RIEPILOGHIAMO UNA VICENDA ESEMPLARE DI ATTACCO ALLA CHIESA
Quando perfino Umberto Veronesi difende il Vaticano
Autore: Vittorio Messori - Fonte: Corriere della Sera, 27 luglio 2010

Troppo spesso, lo si sa, i media hanno la memoria corta. Così, giornali, telegiornali, siti e blog Internet si sono gettati su una notizia  che hanno scambiato per ghiotta novità: la Chiesa rovina i bambini non solo con le violenze sessuali, ma anche con le   radiazioni delle potentissime antenne della Radio Vaticana. Si è citata, per prova della nuova vergogna, una perizia del tribunale di Roma che, in realtà, nessuno ha ancora visto. Comprensibile che padre Federico Lombardi, direttore della Radio oltre che della Sala Stampa vaticana, abbia espresso “ vivo stupore“ per il ritorno di una vicenda che, dopo decenni di polemiche, sembrava terminata. Vicenda davvero esemplare, dove un ambientalismo catastrofista si unisce alla propaganda anticattolica di un certo radicalismo.
Proprio per questo carattere esemplare, vale la pena di ricostruire le tappe di un     tormentone che oggi si vorrebbe ricominciare. Ecco, allora, i fatti. Con una legge del 1952, furono concessi dal Governo italiano allo Stato della Città del Vaticano tre chilometri quadrati a Nord di Roma, nella località detta Santa Maria in Galeria. Su quel terreno sono state elevate le antenne che diffondono la voce della Chiesa in tutto il mondo. Accanto agli impianti vaticani, anche la Marina Militare costruì il suo centro di comunicazioni. A quel tempo, il terreno circostante era deserto per chilometri, come avveniva spesso nella campagna romana. Ma, con gli anni, la zona si coprì di costruzioni, molte delle quali abusive, nell’inerzia del Comune. È anche da quegli abitanti irregolari – sobillati a lungo e a tappeto da comitati ad hoc creati dai Verdi più estremisti, fiancheggiati da gruppi anticlericali- che, decenni dopo, partì l'attacco contro la Radio Vaticana. Così, la gente che si era costruita la casa proprio a ridosso degli impianti, a dispetto ogni legge urbanistica, fu spinta a manifestare contro “il cinismo omicida della Chiesa“ che attentava alla salute loro e dei figli. La Radio era accusata, infatti, di diffondere "elettrosmog". Il nome, va detto, è a suo modo suggestivo, ma, secondo molti esperti autorevoli, indica una realtà inafferrabile se non inesistente. Molti oncologi, a cominciare dal più illustre, Umberto Veronesi, negano che esista un legame tra il cancro e le infinite onde (radio, televisioni, linee di alta tensione, cellulari, telecomandi) che attraversano il nostro corpo. L’inesistenza, o la innocuità,  di un “elettrosmog“ è sostenuta  da molti altri esperti di chiara fama e vi è contrasto di opinioni nella stessa Unione Europea, pur rispettosa sino alla bigotteria  dell'”ecologicamente corretto". E invece, per attaccare la Radio Vaticana (e, di striscio, la Marina Militare) gli agit-prop suggerirono agli abitanti dei dintorni di andare in cerca di casi di leucemia infantile, denunciando che questi erano stati provocati dai cattivi "preti" e chiedendo adeguati risarcimenti economici. I “preti“ in realtà, si attenevano alle prescrizioni dell'Istituto internazionale, lo Icnirp, che in base al "principio di precauzione",  stabilisce i limiti delle emissioni. Limiti che, come constatò una Commissione del ministero italiano della Sanità, non erano superati a Ponte Galeria.
Ma, approfittando di un periodo in cui erano nella maggioranza di governo, i Verdi  fecero approvare una legge ad hoc che pose al campo elettrico dei limiti “restrittivi sino al ridicolo“, com’è stato osservato. Grazie a questa legge mirata, si stabilì che -anche se di rado- le antenne vaticane superavano i paletti. Si fece appello, così, alla Regione Lazio, la quale nominò un’altra Commissione, che stabilì che i casi di leucemia, anche infantile, erano statisticamente omogenei alle altre zone del Lazio.
Le cifre date dai propagandisti possono impressionare, ma solo se non si confrontano con la media non solo laziale ma italiana ed europea. Assoluzione, dunque, per la Radio la quale, peraltro, per calmare gli animi (“Vaticano=cancro“ dicevano gli striscioni dei militanti giunti dal centro di Roma) aveva adottato misure che avevano abbassato  i limiti  anche al di sotto della punitiva legge italiana.
Ma “catastrofisti“ e “mangiapreti” pretesero una nuova Commissione, questa volta internazionale, dopo quella regionale e quella nazionale. Gli ulteriori luminari, convocati da varie nazioni, indagarono e presentarono un rapporto che così  concludeva: “I dati da noi raccolti non confermano un'associazione tra gli impianti radio e le leucemie infantili. Anzi, non v'è alcuna base biologica né consistenza epidemiologica su una eventuale relazione tra esposizione a radiofrequenze e rischio tumori”.
Eppure, con instancabile tenacia, si riuscì ad ottenere che la Corte di Cassazione annullasse per un vizio di forma i processi precedenti e si ripartisse ex novo con un ennesimo procedimento, dove il reato addebitato ai responsabili della Radio era fantasioso, non essendosi trovato nulla di meglio. Si trattava, in effetti, del “getto pericoloso di cose”, previsto dall'articolo 674 del Codice Penale.
Nel 2001 una Commissione mista italo-vaticana giunse a un accordo definitivo  e l’anno seguente (nonché in quelli successivi), gli esperti del nostro governo, dopo avere proceduto a sofisticati controlli, si rallegrarono con la Radio perché il livello delle emissioni era ancor più basso di quanto pattuito e ribadì che non vi era alcun pericolo per la salute pubblica.
A conferma, comunque, della strumentalizzazione sta, tra gli altri, un particolare: tra i consulenti della Radio Vaticana, dunque tra gli scienziati schierati a favore della innocenza delle sue antenne  e della innocuità delle “onde“, primeggia proprio quell’Umberto Veronesi che dicevamo e  che non ha mai fatto mistero della sua estraneità, spesso polemica, al cattolicesimo. Ma, come ha detto il professore,“l’onestà scientifica deve contrastare ideologie, ossessioni, superstizioni, leggende metropolitane“.
Quanto alle leucemie infantili, forse il maggior esperto italiano, il pediatra prof. Andrea Pession, nega egli pure, a nome dei colleghi, un legame dimostrabile tra cancro e onde.
Ma qualche malizioso è andato oltre: molte grandi aziende sono in lista di attesa per procedere all’interramento di tutte le linee elettriche ad alta tensione che attraversano il Paese sui grandi tralicci. Una commessa epocale, da molti  miliardi di euro. Ma l’affare sarebbe  possibile solo se i governi italiano ed europeo  riconoscessero l’esistenza e la dannosità di quello che gli ambientalisti chiamano “elettrosmog“. Così, proprio i Verdi favorirebbero uno dei maggiori guadagni dell’inviso “capitalismo“. Un buon esempio di "eterogenesi dei fini ".

Fonte: Corriere della Sera, 27 luglio 2010

7 - ECCO PERCHE' GIULIANO FERRARA SCEGLIE FINI E CE L'HA TANTO CON BERLUSCONI
Bisogna diffidare dei finti amici come Ferrara perché in realtà sono i più pericolosi nemici
Autore: Claudio Bernabei - Fonte: Centro Culturale Lepanto, 11 agosto 2010

La reazione scomposta di Giuliano Ferrara in seguito alla decisione di Silvio Berlusconi di mettere Gianfranco Fini di fronte alle conseguenze delle proprie innumerevoli prese di posizione contro la politica del PdL e del suo leader, reazione concretatasi in una irata intervista concessa al “Corriere della Sera” del 30 luglio c.a., dove accusa il Presidente del Consiglio di aver cacciato una persona che voleva “continuare lealmente a collaborare nello stesso partito” (e qui ricordiamo che da mesi autorevoli finiani sostenevano che la frattura fra Fini e Berlusconi era insanabile, mentre il Ferrara se la prendeva principalmente con Berlusconi: “Tutto sommato direi che il Cav. dovrebbe preoccuparsi, per una volta, della sua lealtà verso gli altri”).
Nella stessa intervista l’”elefantino” afferma che l’immagine del Premier “è brutta”, ed è “di forte faziosità”.
Ferrara si domanda inoltre: “L’anomalia Berlusconi ha prodotto delle cose importanti, ma ha ancora delle cose da dire al Paese?” e si risponde: ”L’anomalia berlusconiana oggi produce più che altro instabilità”.
Successivamente, pur avendo ripreso toni più diplomatici, non rinuncia ad attribuire ad un “Silvio Berlusconi, sempre più curioso nei suoi comportamenti” una “ricezione follemente provocatoria del suo ruolo”.
Come mai la rottura fra i due cofondatori del PdL ha tanto scosso il Ferrara?
La risposta è nel fatto che egli ha dovuto constatare l’ennesimo fallimento della linea adottata in Italia dalla Sinistra fin dai tempi di Gramsci e Togliatti, ossia di “modernizzare” l’opinione pubblica italiana tramite l’ausilio di partiti che si presentano con una facciata di CentroDestra ma che di fatto dovrebbero veicolare l’Italia Cattolica, quella stessa che rifiutò la Riforma luterana e calvinista, quella stessa che oppose alla Rivoluzione francese i moti delle Pasque veronesi, dei Viva Maria, dei Sanfedisti e via dicendo, verso il rifiuto della quasi bimillenaria fedeltà alla Cattedra di Pietro.
Lungi dall’affidarsi esclusivamente alle capacità del Partito Comunista di egemonizzare e dirigere i corpi sociali italiani, un celebre editoriale della rivista “L’Ordine nuovo”, che gli studiosi tendono ad attribuire al Togliatti piuttosto che al direttore Gramsci, esprime chiaramente il calcolo che sia il Partito Popolare di Don Sturzo a dissolvere le resistenze cristiane, “modernizzando” infine l’Italia.
Ricordiamo che l’ala più “moderna” del capitalismo italiano, ossia la FIAT di Agnelli, chiese al Gramsci di tenere dei corsi alle proprie maestranze.
Tale linea Togliatti la seguì, con l’appoggio del PCUS di Mosca, fino alla sua morte.
Essa fu ribadita dall’analisi che Enrico Berlinguer fece del fallimento della politica di Salvador Allende in Cile, nel 1973.
Tuttavia, malgrado le “conquiste” nichiliste dell’introduzione del divorzio e dell’aborto, la Democrazia Cristiana in mezzo secolo di governo si dimostrò incapace di portare al suicidio la Cattolicità italiana.
La Sinistra volle quindi provare l’esperimento di dare al Partito Socialista, che negli anni di governo del CentroSinistra aveva voluto sottolineare il suo distacco dal PCI, una capacità di conquistare il consenso degli Italiani di Destra.
Il segretario socialista Bettino Craxi varò quindi il cd. “socialismo tricolore”, e lasciò circolare nell’opinione pubblica voci che lo volevano “figlio segreto” del Duce Benito Mussolini.
Il fallimento anche di questo tentativo coincise con la fine della cd. I Repubblica.
Gli stessi ambienti intellettuali che avevano sostenuto il tentativo craxiano convinsero allora un brillante imprenditore di quell’entourage a formare dal nulla un nuovo movimento, denominato dopo accorti sondaggi “Forza Italia”, destinato a conquistare il consenso dell’Italia Cattolica per poi, finalmente, modernizzarla.
Il caso, o la Provvidenza, volle però che questo imprenditore avesse non solo una grande capacità comunicativa, ma anche una capacità di entrare in sintonia con le aspettative del suo popolo oggettivamente superiore alla media dei nostri contemporanei, e per di più, reso edotto dalla fine che l’establishment aveva riservato al Craxi, fosse deciso a seguire assai più i desideri del Popolo Sovrano piuttosto che quelli degli ingrati Poteri Forti.
Nasce così l’anomalia Berlusconi, come viene spregiativamente chiamata da quegli intellettuali che trovano assurdo che il rappresentante di un Popolo Sovrano segua le sue indicazioni invece di quelle di un’oligarchia che ha dichiarato guerra alla umana natura ed al suo Creatore.
Alla Forza Italia del 1994, movimento che nacque anche con l’appoggio ed i consigli di Marco Pannella, si è sostituita quindi la realtà politica che oggi si qualifica come quella parte degli Italiani, tutt’ora la maggioranza, che sono sostenitori di Silvio Berlusconi e basta.
Molti degli intellettuali che accompagnavano Berlusconi all’inizio della sua avventura politica si sono quindi scoraggiati; altri invece non demordono, come appunto il nostro Giuliano Ferrara.
Giuliano Ferrara, che dal Partito Comunista passò a sostenere il tentativo craxiano e poi la prima Forza Italia, più volte amaramente deluso, ora ha come solo fine la “riduzione del danno”, ossia cercare di limitare quanto più riesce la libertà d’azione di Berlusconi, sempre con l’aria di consigliarlo per il meglio.
Solo per rimanere a questo ultimo anno, ricordiamo come il Ferrara tentò di convincere il leader del PdL a non tenere, alla fine della campagna per le elezioni regionali, la grande manifestazione del 20 marzo u.s. in Piazza San Giovanni a Roma.
L’intuizione del Cavaliere di organizzare in appena una settimana un evento che risollevasse l’elettorato del PdL dallo sconcerto provocato dal pasticcio della presentazione delle liste elettorali, fu definita sulla prima pagina del quotidiano diretto dal Ferrara “una tremenda cazzata”, e successivamente un articolo apparso sullo stesso quotidiano, oltreché deridere l’organizzazione dell’evento per pretesi trucchi miranti a mimetizzare un possibile fiasco: “Pure a mettere il palco a metà dello sterrato, pure a fare ombra con migliaia di grandi bandiere”, concludeva presagendo il fallimento: “Ma certo, dà un’angoscia, piazza San Giovanni...’Piazza Grande’, per dirla con Lucio Dalla. Troppo grande. Un San Giovanni Moderato, speriamo non decollato”.
Ovviamente l’intuizione del Cavaliere fu coronata da un inaspettato successo sia di folla che di risultato elettorale.
Fini era diventato così un elemento indispensabile secondo Ferrara per allontanare Berlusconi dal popolo italiano: “Ma lui ha cercato e cerca di battersi per un partito meno legato al puro gesto populista del capo. Io credo che su questo abbia ragione lui (…) Berlusconi è uno che nei suoi momenti migliori ha tenuto dentro anche Pannella! (…) a Berlusconi torna utile avere dentro Fini, sennò diventa il reuccio populista”.
In effetti le intenzioni programmatiche manifestate dall’ambiente finiano hanno suscitato l’approvazione di un “grande vecchio” del Comunismo italiano come Alberto Asor Rosa: “I think tank della Fondazione Fare Futuro ci avevano promesso (…) una destra liberale moderna, aperta persino alle acquisizioni storiche ideali e al costume di una certa sinistra – la tolleranza, una legalità umanitaria, i diritti dell’uomo e dell’ambiente”, come anche dell’autorevole editorialista de “La Stampa” Barbara Spinelli, esponente della Sinistra di establishment, la quale esalta “la cultura della legalità che il Presidente della Camera andava difendendo con forza (…) La sinistra non ha avuto né il coraggio né l’anticonformismo del Presidente della Camera”.
Il deputato pidiellino di estrazione radicale Benedetto Della Vedova spiega infatti così la sua decisione di schierarsi con Fini: “E’ l’unico che ha capito che va rilanciato il connotato moderato, liberale ed europeo del PdL. Invece demonizziamo la Ru486, facciamo campagne confessionali e sull’immigrazione stiamo con Le Pen”.
Ma la frustrazione per i continui fallimenti del progetto togliattiano non hanno impedito a Giuliano Ferrara di spingersi anche più in là e di corteggiare la Destra Cattolica, presentando alle elezioni velleitarie liste "antiaborto" (che non ne chiedevano l’abolizione) e pubblicando articoli di suoi esponenti costretti a vedere i loro meritori scritti apparire al fianco, ad esempio, ad una intera pagina dedicata alla parlamentare del Partito Democratico Anna Paola Concia, nota omosessualista, la quale viene appunto esaltata per il suo fascino sessuale.
La visione che l’elefantino ha della sessualità tende infatti a contraddire l’asserzione che “Il Foglio quotidiano” abbia “un impianto filosofico integralmente ratzingeriano”.
Quando SS. Papa Benedetto XVI ha colto l’occasione del pur fazioso e malamente motivato attacco al Vaticano con il pretesto della pedofilia clericale per imporre agli uomini di Chiesa una più decisa difesa della Castità, il “ratzingeriano” quotidiano non si è schierato con il Romano Pontefice ma ha anzi deprecato “la resa senza condizioni alla ossessiva campagna secolarista sulla pedofilia del clero”.
Giuliano Ferrara d'altronde, già da tempo ha cercato di problematizzare la questione, pubblicando diversi articoli pro e contro quello che è stato definito, bestializzando la natura umana, l’educazione sessuale dei cuccioli d’uomo.
Presagiamo ulteriori fallimenti per il pur astuto calcolo togliattiano.

Fonte: Centro Culturale Lepanto, 11 agosto 2010

8 - SUORE E PRETI MISSIONARI PER LIBERARE I BIMBI DAI BORDELLI DI MEZZO MONDO
Intervista al presidente dell’associazione contro lo sfruttamento sessuale dei bambini
Autore: Lucia Bellaspiga - Fonte: Avvenire, 10 luglio 2010

«I panni sporchi si lavano in casa, ma certe volte è bene lavarli al torrente». E lui, Marco Scarpati, avvocato che nei processi come nella vita ha scelto di difendere la parte debole - le vittime più inermi di orchi spesso intoccabili - è appena tornato dall’Oriente, dove di panni da lavare ce ne sono fin troppi, spesso per colpa di turisti del sesso partiti dall’Italia. «In Thailandia ho trovato una Bangkok deserta a causa dei recenti scontri, ma i pedofili occidentali si sono riversati in Laos e Cambogia». Silenzioso e impunito, il fenomeno dunque dilaga nell’indifferenza dei media, che passano sopra a un vero olocausto di dimensioni drammatiche. Lo sanno bene persone come Scarpati, presidente di Ecpat Italia (End child prostitution pornography and trafficking), l’associazione che da vent’anni opera in 80 Paesi contro lo sfruttamento sessuale dei bambini e delle bambine, «uno dei mercati più proficui per le organizzazioni criminali, insieme a droga e armi». È un raro tipo di avvocato idealista, Scarpati, «dichiaratamente laico e fermamente ateo » ma innamorato della vita, specie quella fragile, al punto da fare la spola tra i 19 Paesi di cui è il referente (dall’estremo Oriente all’Africa, dall’Est Europa al Centro e Sud America) e non di rado tornare da moglie e figlie con una piccola vittima da proteggere tra le mura domestiche. «Non si guadagna come difendendo i potenti - ammette - ma quando ci guardiamo allo specchio quel che vediamo è decente», sorride.

QUALI ALTRE NOTIZIE PORTA DALL’ORIENTE?
La situazione è orribile un po’ ovunque, e ad opporvisi sono soltanto i missionari e le Ong. Nelle Filippine in prima linea ci sono frati e suorine spesso giovani quasi quanto le ragazzine che insieme andiamo a liberare: si tolgono il velo per non farsi riconoscere e vengono con noi di Ecpat nei bordelli. Anche in Sri Lanka a combattere con forza c’è la Chiesa cattolica, penso soprattutto ai gesuiti.

TORNIAMO IN ITALIA. LEI HA ORMAI AFFRONTATO MOLTI CASI DOLOROSI DI PEDOFILIA, DIFENDENDO SEMPRE LE VITTIME.
Comprendo perfettamente che anche il pedofilo, come qualsiasi persona compia un reato, ha diritto a una difesa, ma io sinceramente avrei grossi problemi con me stesso a stare da quella parte. Finora ho seguito più di 120 casi, sempre molto complicati perché c’è di mezzo la psiche dei bambini, che già di per sé è delicata, ma in più di bambini che sono stati plagiati. Infatti occorre chiarire subito una cosa: il pedofilo non è, come si scrive spesso, un sadico che odia i bambini e fa loro del male, anzi, si presenta come una persona buona, un amico dolce, cui il bambino si affida perché non lo vive come pericoloso ma come un 'big brother', un grande fratello buono, e questo ne aumenta la pericolosità. Così il bimbo entra nel suo gioco, ne fa parte e il problema diventa enorme nei processi, quando non vuole tradirlo e, se lo fa, si macera in sensi di colpa spaventosi.

TRA I CASI PIÙ GRAVOSI CHE LEI HA SEGUITO C’È QUELLO DI MARCO DESSÌ, EX MISSIONARIO IN NI­CARAGUA.
Proprio in questi giorni si ripete il processo di secondo grado, dopo che la Cassazione lo aveva annullato per un vizio di forma... La prima denuncia a don Dessì risale al 1990, quando un giornalista in visita nella missione in Nicaragua si accorge che qualcosa non va e si rivolge ai superiori. Purtroppo per molti anni il prete è stato solo spostato dalla canonica a una casa accanto e ha potuto ancora commettere i reati, oggi prescritti. Il giro di vite clamoroso avviene nel 2006, quando il Vaticano invia in Nicaragua due religiosi a indagare e questi tornano con un mare di prove che lo inchiodano. Subito le due associazioni cattoliche che finanziano la missione mi hanno contattato per difendere le vittime e - lo dico da ateo - la Congregazione per la Dottrina della fede ha operato in modo magistrale. Il Vaticano ha ordinato a Dessì di venire in Italia, unico modo perché potesse essere controllato dai Carabinieri e poi arrestato. Da giurista e da laico dico che si è agito con volontà ferrea di fare giustizia, in stretta collaborazione tra la Chiesa e la procura, e altri miei colleghi hanno esperienze analoghe. I ragazzini nicaraguegni, venuti in Italia a testimoniare e tenuti sotto protezione per mesi, sono stati accolti con le loro famiglie alla Congregazione per la dottrina della fede, dove gli è stato chiesto perdono a nome di tutta la Chiesa: ricordo le loro lacrime di gioia. Anche il promotore di giustizia, monsignor Scicluna, ebbe un ruolo fondamentale.

OVVERO?
«La giustizia divina farà il suo corso - disse - ma quella ordinaria ha altri compiti, la procura deve agire». In effetti la Chiesa è stata più severa dei tribunali, ha già messo la sua parola definitiva riducendo allo stato laicale Dessì e proibendogli per sempre di tornare in Nicaragua, mentre la giustizia ordinaria si è bloccata a causa della solita lentezza dei processi e pochi giorni fa l’imputato (che in primo grado ha preso 12 anni) è stato scarcerato per decorrenza dei termini. È una brutta pagina di giustizia italiana, spero si arrivi presto a una sentenza definitiva.

COME GIUDICA LE PAROLE DEL PAPA SUI PRETI PEDOFILI?
Un caso come quello di Dessì è la prova evidente che si respira un nuovo clima: se in passato certamente qualche copertura c’è stata, oggi eventuali colpevoli sanno che non c’è alcuna accondiscendenza. Chi accusa il Papa è in malafede: ciò che ha detto e ha fatto non ha precedenti in nessun’altra realtà, che siano istituzioni o Stati. Già quando Papa era Wojtyla, l’allora cardinale Ratzinger alzò chiara e netta la sua voce durante la Via Crucis del 2005: «Quanta sporcizia c’è nella Chiesa, e proprio anche tra coloro che nel sacerdozio dovrebbero appartenere a lui...». Ma splendida è oggi la sua lettera ai cattolici irlandesi, un vero e proprio manifesto che naturalmente vale per tutti: «La giustizia di Dio esige che rendiamo conto delle nostre azioni senza nascondere nulla. Riconoscete apertamente la vostra colpa, sottomettetevi alle esigenze della giustizia».

EPPURE ANCORA QUALCUNO LO CRITICA.
Chi alza il coperchio della pentola è investito dalla vampata. Tra qualche anno la storia gli renderà merito.

Fonte: Avvenire, 10 luglio 2010

9 - OMELIA PER LA XXII DOMENICA TEMPO ORDINARIO - ANNO C - (Lc 14,1.7-14)

Fonte Il settimanale di Padre Pio, (omelia per il 29 agosto 2010)

Nulla piace a Dio se non l’umiltà e tutto ciò che si fa con umiltà. Questa frase potrebbe benissimo sintetizzare il messaggio delle letture di oggi. Rileggiamo ora con attenzione tre frasi della prima lettura. La prima è questa: «Figlio, compi le tue opere con mitezza, e sarai amato più di un uomo generoso» (Sir 3,17). Non è tanto l’opera buona che compiamo a darci merito e ad essere apprezzata dal prossimo, ma è soprattutto l’umiltà con cui la facciamo. Insegnava san Vincenzo de Paoli che la nostra carità sarà gradita al povero solo se sarà accompagnata dall’umiltà di cuore, altrimenti diventerebbe solo una umiliazione.
La seconda frase su cui mi piace soffermarmi è la seguente: «Quanto più sei grande, tanto più fatti umile, e troverai grazia davanti al Signore» (Sir 3,18). Vantarsi del bene che abbiamo e del bene che riusciamo a fare è come rubare la gloria a Dio. Al contrario, ringraziare di cuore il Signore, ritenersi indegni di tutto ciò che Egli ci dona, e dare a Lui ogni gloria, è la migliore garanzia per continuare a ricevere i suoi benefici e per continuare a riceverne di sempre più grandi.
La terza frase è la seguente: «Ai miti Dio rivela i suoi segreti» (Sir 3,19). Con questa frase comprendiamo chiaramente quelle che sono le preferenze di Dio. Egli, usando un linguaggio umano, è attratto dall’umiltà di cuore e nei confronti degli umili la sua generosità non ha limiti. Quanto più si è miti ed umili di cuore, tanto più ci si avvicina al Cuore di Gesù e si comprendono i suoi segreti quasi per connaturalità. Facciamoci caso: ovunque Gesù e Maria sono apparsi su questa terra, si sono manifestati a persone umili, di cuore e di condizione. E questo fin dall’inizio, da quando a Betlemme gli angeli andarono ad invitare gli umili pastori per adorare il Bambino Gesù.
Il brano del Vangelo di oggi ci presenta una breve ma bellissima parabola, quella dell’invito ad un pranzo di nozze. Gesù, per raccontare questa parabola, prese spunto da un banchetto che si era tenuto in casa di un fariseo, banchetto al quale era stato invitato anche lui. Egli, allora, prese la parola e disse: «Quando sei invitato va’ a metterti all’ultimo posto, perché quando viene colui che ti ha invitato ti dica: amico, vieni più avanti!» (Lc 14,10). In questo caso, colui che è invitato al primo posto fa una bella figura davanti a tutti; se, al contrario, occupando il primo posto, è costretto a cederlo ad un ospite più ragguardevole, egli riceve una umiliazione.
Così avviene anche nella nostra vita. Se ci facciamo piccoli ed umili di fronte a Dio e al prossimo, allora saliremo molto in alto. Diversamente, se ci gonfiamo di superbia, rimarremo sempre nella nostra meschinità. Al termine della parabola, Gesù infatti disse: «Perché chiunque si esalta sarà umiliato, e chi si umilia sarà esaltato» (Lc 14,11).
Tutti i Santi sono stati umili, altrimenti non sarebbero stati innalzati da Dio così tanto. Un santo che si distinse in modo particolare per l’umiltà fu san Francesco d’Assisi. Un giorno frate Masseo gli chiese: «Perché tutto il mondo viene dietro a te?». San Francesco ci pensò un attimo e poi disse con piena convinzione: «Vuoi sapere perché? Perché Dio, fra tutti i peccatori, non vide nessuno più vile di me. Per questo motivo egli ha scelto me per confondere la nobiltà, la grandezza, la fortezza, la bellezza e la sapienza del mondo, affinché si sappia che ogni virtù e ogni bene viene da Lui e non dalla creatura, e nessuna persona possa gloriarsi» (cf FF 1838).
San Francesco era talmente umile che diceva a se stesso: «Se l’Altissimo avesse concesso grazie così grandi a un ladrone sarebbe più riconoscente di te, Francesco» (FF 717). E così scriveva nella lettera rivolta a tutti i fedeli: «Mai dobbiamo desiderare di essere sopra gli altri, ma anzi dobbiamo essere servi e soggetti ad ogni umana creatura per amore di Dio» (FF 199).
Impariamo da san Francesco e anche noi andremo molto in alto.

Fonte: Il settimanale di Padre Pio, (omelia per il 29 agosto 2010)

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